ATTO CAMERA

INTERPELLANZA 2/00259

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 99 del 17/10/2013
Firmatari
Primo firmatario: MELILLA GIANNI
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 17/10/2013


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO delegato in data 17/10/2013
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interpellanza 2-00259
presentato da
MELILLA Gianni
testo di
Giovedì 17 ottobre 2013, seduta n. 99

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   nel gennaio 2005 la società Snam Rete Gas Spa ha presentato un progetto relativo alla realizzazione un metanodotto denominato «Rete Adriatica» da Massafra (Taranto) a Minerbio (Bologna), di 687 chilometri e il cui percorso interessa 10 regioni;
   l'infrastruttura energetica ha una condotta di un metro e 20 centimetri di diametro, pressione di esercizio di 75 bar, e dovrebbe essere interrata a 5 metri di profondità;
   il metanodotto è suddiviso in 5 lotti: Massafra-Biccari; Biccari-Campochiaro; Sulmona-Foligno; Foligno-Sestino e Sestino-Minerbio;
   nel lotto Sulmona-Foligno, di 167,7 chilometri, definito dalla stessa Snam «uno dei tratti più sensibili dell'intero progetto» è prevista anche la costruzione di una centrale di compressione e spinta, da ubicarsi a Sulmona, in località Case Pente nei pressi del cimitero;
   la centrale di compressione e spinta dovrebbe occupare una superficie di circa 12 ettari, con una previsione di spazi per ulteriori ampliamenti; sono previsti tre turbo compressori alimentati a gas di 11 megawatt ciascuno, per complessivi 99 megawatt termici; è previsto un camino di 14 metri e tre caldaie con camino di 6,5 metri; è inoltre prevista, la realizzazione di quattro fabbricati, strade asfaltate, parcheggi di automezzi, basamenti di calcestruzzo armato per le apparecchiature, una strada esterna carrabile di larghezza commisurata al transito di autoarticolati;
   l'opera, oltre che della centrale, consiste anche di quattro gasdotti di collegamento con la rete esistente di Snam Rete Gas (metanodotto Campochiaro-Sulmona). Le quattro condotte hanno una lunghezza complessiva pari a 1,880 chilometri e diametro DN 1200 ciascuna;
   nella sintesi non tecnica dello studio di impatto ambientale, al capitolo «motivazioni dell'intervento» si legge che la realizzazione della nuova centrale di compressione a Sulmona è «a supporto» del nuovo metanodotto «Rete Adriatica»;
   l'opera (centrale di compressione e quattro linee di collegamento alla rete esistente) presenta un impatto molto elevato sul territorio, non solo sotto il profilo ambientale ma anche dal punto di vista della salute, della sicurezza dei cittadini e delle conseguenze negative sull'economia locale;
   al pari del metanodotto, che corre lungo l'intera dorsale appenninica, la centrale di compressione con annesse linee di collegamento è collocata in un territorio altamente sismico. Il sito scelto, in zona sismica di primo grado, è nei pressi della faglia attiva di Monte Morrone, dormiente da circa 1900 anni e, secondo gli esperti, prossima al risveglio. Infatti l'ultimo evento di attivazione di faglie risale al IIo secolo d.C. L'area della catena appenninica in cui si trova il bacino di Sulmona è unanimemente ritenuta un'area con elevata probabilità di occorrenza di un forte terremoto, con una magnitudo attesa che può arrivare a 6.7 della scala Richter. I sismologi pongono particolare attenzione sull'origine geologica della Conca Peligna (piana con depositi alluvionali come quella dell'Aquila) che, in caso di terremoto, amplifica notevolmente l'onda sismica per effetto dell'accelerazione. Nella zona dove dovrebbe sorgere la centrale, tra Sulmona e Cansano, il 29 marzo 2009 (pochi giorni prima del sisma dell'Aquila) si è avuto un evento tellurico di forte intensità;
   il sito individuato dalla Snam appare incompatibile con il PRG del comune di Sulmona che classifica l'area a verde agricolo e non consente, pertanto, insediamenti di tipo industriale, per i quali esiste una zona appositamente destinata e attrezzata;
   la centrale, unitamente alle quattro linee di collegamento con la rete Snam esistente, è inoltre in contrasto con il vincolo di rispetto cimiteriale: la realizzazione dell'infrastruttura energetica rappresenterebbe un pericolo per i visitatori del luogo sacro in quanto non risulterebbero rispettate le distanze di sicurezza previste per legge. Inoltre sarebbe impedito in futuro l'ampliamento del cimitero stesso;
   un ulteriore vincolo esistente è quello idrogeologico essendo la zona (vallone Rascito) interessata da fenomeni alluvionali che possono raggiungere anche notevole intensità, fino ad interessare, come è avvenuto in passato, il vicino cimitero;
   il sito individuato dalla Snam parrebbe incompatibile con la normativa regionale relativa all'adeguamento del piano regionale per la tutela della qualità dell'aria (deliberazione del C.R. n. 74/4 del 25 settembre 2007). Tale normativa sancisce espressamente il divieto di insediamento di nuove attività industriali e artigianali con emissioni in atmosfera in aree esterne alle aree industriali infrastrutturate nell'ambito delle procedure autorizzative ai sensi del decreto-legge 3 aprile 2006, n. 152;
   l'impianto è collocato in un contesto ambientale e paesaggistico di pregio, su una delle porte di accesso al Parco nazionale della Majella, in un'area limitrofa e circondata da quattro siti della Rete Natura 2000. Il territorio in cui ricadrebbe l'insediamento è al centro del sistema delle aree protette abruzzesi comprendente tre parchi nazionali, un, parco regionale e diverse riserve naturali e oasi; esso inoltre è crocevia per raggiungere alcuni dei borghi più belli d'Italia, caratterizzati da elevati valori storici, monumentali e culturali (su 21 esistenti in regione ben 7 sono nel comprensorio peligno); il percorso del metanodotto, lungo la dorsale appenninica, interferisce pesantemente con l'elevata qualità ambientale dei territori attraversati e sostanzialmente coincide con il tracciato del progetto APE (Appennino Parco d'Europa), considerato il più importante progetto di sistema avviato nel nostro Paese finalizzato alla conservazione della natura;
   l'area di Case Pente, sede dell'intervento, è considerata dalla sovrintendenza per i beni archeologici dell'Abruzzo «un complesso archeologico tra i più importanti ed inediti dell'area peligna». Essa è infatti interessata da strutture, reperti e stratificazioni che documentano un insediamento italico-romano. Nella zona fu rinvenuta la nota iscrizione detta «dei Callitani» e il sarcofago di età romana contenente le spoglie di Numisia. Nelle vicinanze sono presenti le strutture della chiesetta rupestre di S. Angelo in Vetulis;
   desta molta preoccupazione l'inquinamento dell'aria in conseguenza delle emissioni previste dalla centrale (monossido di carbonio, ossidi di azoto, PM10,PM2,5 e altro). Ciò a causa della specifica conformazione della Conca Peligna, circondata da rilievi alti anche 2000 metri e caratterizzata da particolari condizioni meteo-climatiche, con scarsa ventilazione e bassa piovosità, aggravate dal fenomeno dell'inversione termica. Tutto ciò fa sì che le sostanze inquinanti emesse dalla centrale ristagnino, costituendo così un grave fattore di rischio sanitario sia per gli esseri umani che per l'ambiente circostante. Al riguardo è stato lanciato un allarme attraverso un documento sottoscritto da circa 200 operatori tra medici, biologi e veterinari della Valle Peligna. Anche l'inquinamento acustico e luminoso prodotti dalla centrale costituirebbero elemento di forte disturbo non solo per un luogo sacro come il cimitero ma anche per le specie animali (in particolari uccelli migratori e mammiferi) dal momento che la zona funge da corridoio faunistico;
   la realizzazione dell'opera avrebbe una incidenza molto negativa anche sulla già molto debole economia locale, in particolare sull'agricoltura e sul turismo, due settori in forte sofferenza che però per questo territorio rappresentano la speranza della ripresa economica per il futuro. La ulteriore sottrazione di terreno agricolo rappresenterebbe una grave penalizzazione trattandosi di terreni che sono tra i più fertili della vallata e in cui sono presenti coltivazioni di pregio come uliveti, vigneti, frutteti e il famoso aglio rosso di Sulmona. Ad essere colpite, anche a causa dell'inquinamento (fenomeno delle piogge acide) non sarebbe però solo l'agricoltura ma anche diverse altre attività del comparto alimentare esistenti nella zona come caseifici, apicoltura e allevamenti. Un grave danno verrebbe arrecato al turismo in quanto l'irreversibile manomissione dell'ambiente e del paesaggio (si richiama qui la Convenzione europea del paesaggio, ratificata dall'Italia nel 2006) si ripercuoterebbe negativamente sull'intero settore, a cominciare dalle attività ricettive e di ristorazione presenti nell'area e più in generale nell'intero territorio. Un ulteriore elemento di impoverimento del tessuto economico e sociale è dato dal deprezzamento del patrimonio immobiliare come conseguenza dell'insediamento della centrale e del metanodotto. C’è da considerare, infine, che la trasformazione dell'area da agricola in industriale rappresenterebbe un fattore di attrazione per ulteriori insediamenti peggiorando così ancora di più la situazione
   da quanto fin qui rappresentato si deduce che l'opera – essendo di mero attraversamento territoriale in quanto finalizzata al disegno perseguito da SNAM e ENI di diventare l’«hub» del gas per il sud Europa – se da un lato porterà notevoli vantaggi economici alle società multinazionali coinvolte nel progetto, dall'altro produrrà solo danni e rischi per i territori interessati e in particolare per Sulmona e la Valle Peligna;
   i due decreti ministeriali relativi all'opera (di pubblica utilità del dicembre 2010 e di compatibilità ambientale del marzo 2011) appaiono all'interpellante fortemente irragionevoli; infatti non si comprende come possa essere considerato di utilità pubblica un progetto destinato a procurare enormi profitti a privati mentre nello stesso tempo espone i territori e le comunità che in essi vivono a così gravi pericoli e limitazioni; né come lo stesso progetto possa essere ritenuto «compatibile» sotto l'aspetto ambientale dal momento che esso, anziché essere sottoposto ad una VIA unica, è stato suddiviso in cinque parti e conseguentemente assoggettato a cinque diverse e separate VIA; è stata elusa la valutazione ambientale strategica (VAS) necessaria per i piani o programmi che possono avere effetti sensibili sull'ambiente; non risulta se sia stata fornita una spiegazione documentata sotto il profilo tecnico del perché il tracciato della «Rete Adriatica», inizialmente previsto appunto lungo la fascia Adriatica, sia stato invece dirottato lungo la dorsale appenninica, con criticità sicuramente maggiori rispetto alla costa; non sono mai state prese in considerazione valide alternative come ad esempio quella del passaggio in mare; l'opera è stata licenziata positivamente pur in presenza di evidenti carenze progettuali rilevate dalla stessa Commissione nazionale VIA, come la mancanza degli studi di dettaglio sulla sismicità e quelli sulla qualità dell'aria;
   su richiesta della società proponente, nell'agosto del 2011, è stato operato uno sdoppiamento delle procedure autorizzative, dando priorità alla procedura relativa alla centrale di compressione e perfino attribuendo alla stessa una finalità prioritaria (ovvero il pompaggio del gas di stoccaggio di San Salvo) che è diversa da quella prevista negli atti progettuali prodotti dalla Snam. Tale sdoppiamento procedurale ad avviso dell'interpellante è illegittimo dal momento che l'intero iter autorizzativo, compresi i due decreti ministeriali, ha sempre riguardato l'opera unitaria denominata «Metanodotto Sulmona-Foligno DN 1200 mm (48”) P=75 bar e Centrale di compressione di Sulmona»;
   nel luglio scorso il Governo ha impugnato davanti alla Corte costituzionale la legge della regione Abruzzo n. 14 del 7 giugno 2013 relativa alla installazione di centrali di compressione a gas in aree sismiche. Secondo il Governo la legge regionale sarebbe incostituzionale perché prescrive che per la collocazione e realizzazione delle centrali è necessario effettuare uno «studio particolareggiato della risposta sismica locale attraverso specifiche indagini geofisiche, sismiche e geologiche di dettaglio». La posizione assunta dal Governo appare assurda perché arriva a sostenere che studiare il territorio sotto il profilo del rischio sismico sarebbe addirittura contro la nostra Costituzione. Non esiste nessuna norma nazionale che vieti tali studi; anzi, i disastrosi i terremoti dell'Aquila e dell'Emilia-Romagna, hanno posto in evidenza come una sempre più precisa conoscenza del territorio sia condizione essenziale per l'adozione di efficaci misure di prevenzione a tutela della pubblica incolumità. La norma della regione Abruzzo, impugnata in maniera secondo l'interpellante irragionevole dal Governo, va in questa direzione, avendo come finalità quella di garantire diritti costituzionali fondamentali quali quelli alla salute e alla sicurezza dei cittadini. La posizione del Governo, inoltre, appare ancora più illogica ed incomprensibile perché la regione Abruzzo non ha fatto altro che recepire ed inserire in un propria legge, utilizzando addirittura gli stessi termini, una precisa prescrizione contenuta nel parere della Commissione nazionale VIA relativo proprio al progetto della Snam «Metanodotto Sulmona-Foligno e centrale di compressione di Sulmona», parere che è stato recepito integralmente dal Governo con il decreto di compatibilità ambientale. La situazione francamente paradossale perché il Governo, impugnando la legge regionale, è come se avesse impugnato il proprio decreto;
   proprio per i motivi fin qui sommariamente riassunti, l'opera ha incontrato ed incontra una decisa opposizione non solo da parte dei cittadini ma anche delle istituzioni locali (comune di Sulmona, provincia dell'Aquila e regione Abruzzo) i cui rispettivi consigli hanno più volte espresso la loro formale e motivata contrarietà. In particolare il consiglio regionale d'Abruzzo ha approvato al riguardo, con voti unanimi, due leggi e due risoluzioni;
   l'opera nel suo complesso (metanodotto e centrale) è fortemente contestata lungo l'intera area appenninica, tanto che contro di essa hanno espresso il loro motivato «no», oltre al consiglio regionale d'Abruzzo, anche quelli dell'Umbria e delle Marche, nonché le province dell'Aquila, di Perugia e di Pesaro-Urbino e molti comuni tra cui spiccano, oltre a Sulmona, L'Aquila e Foligno;
   recependo la volontà espressa dai cittadini e dalle istituzioni dei territori interessati dall'opera, la Commissione ambiente della Camera dei deputati ha approvato, alla unanimità, in data 26 ottobre 2011, una risoluzione (n. 7-00518) che, «impegna il Governo ad assumere tutte le iniziative di competenza, anche dopo un necessario approfondimento attraverso un tavolo tecnico, e in accordo con le amministrazioni interessate, per disporre la modifica del tracciato ed escludere la fascia appenninica al fine di evitare, sia gli alti costi ambientali che ne deriverebbero, sia l'elevato pericolo per la sicurezza dei cittadini dovuto al rischio sismico che metterebbe a dura prova la vulnerabilità del metanodotto»;
   finora, da parte del Governo, non è stata data alcuna attuazione alla risoluzione della Commissione ambiente della Camera dei deputati né è stato convocato il tavolo, con tutti i soggetti interessati, per la individuazione di una soluzione alternativa al progetto presentato dalla Snam –:
   1) se non intendano revocare i due decreti ministeriali relativi all'opera, stante la «palese violazione delle disposizioni comunitarie e nazionali che impongono la valutazione complessiva degli interventi proposti come interpretato dalla giurisprudenza comunitaria e da quella amministrativa nazionale» così come opportunamente rilevato dalla Commissione ambiente della Camera dei deputati;
   2) se non intendano revocare l'impugnazione da parte del Governo della legge della regione Abruzzo n. 14 del 7 giugno 2013 per l'assoluta irragionevolezza di tale impugnazione e anche perché la regione, attraverso la sua legge, non fa altro che recepire una prescrizione della Commissione nazionale VIA in merito alla necessità di studi sismici di dettaglio, prescrizione che a sua volta è stata fatta propria dal Governo, attraverso l'emanazione del decreto di compatibilità ambientale relativo all'opera;
   3) se non intendano fermare ogni procedura autorizzativa in atto e disporre – come deliberato dalla Commissione ambiente della Camera – la modifica del tracciato escludendo la dorsale appenninica, anche attraverso la convocazione di un apposito tavolo che veda la partecipazione di tutte le parti interessate (rappresentanti istituzionali, società proponente ed espressioni della società civile).
(2-00259) «Melilla».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

sicurezza pubblica

gasdotto

sisma

Abruzzo

sismologia

impatto ambientale

inquinamento atmosferico