ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01780

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 903 del 22/12/2017
Firmatari
Primo firmatario: BINETTI PAOLA
Gruppo: MISTO-UDC-IDEA
Data firma: 22/12/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BUTTIGLIONE ROCCO MISTO-UDC-IDEA 22/12/2017
CERA ANGELO MISTO-UDC-IDEA 22/12/2017
DE MITA GIUSEPPE MISTO-UDC-IDEA 22/12/2017
PISICCHIO PINO MISTO-ALTRE COMPONENTI DEL GRUPPO 22/12/2017


Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Mozione 1-01780
presentato da
BINETTI Paola
testo di
Venerdì 22 dicembre 2017, seduta n. 903

   La Camera,

   premesso che:

    attualmente, nella maggior parte dei Paesi europei, le risposte fornite dalle autorità pubbliche alla questione della dipendenza (a prescindere dalla sua causa: disabilità, malattia, età, incidenti e altro) sono insufficienti o mancano del tutto. Di conseguenza, molti familiari, in particolar modo le donne, devono ovviare a questa mancanza. Le solidarietà familiari non possono in nessun caso esonerare lo Stato o le autorità pubbliche dal loro dovere di fornire adeguatamente l'aiuto necessario per la vita delle persone che dipendono da altri per compiere gli atti della vita quotidiana. Il riconoscimento e il sostegno dei familiari che si prendono cura di una persona della famiglia non autosufficiente permetterebbero di mantenere e/o di migliorare la qualità di vita sia degli assistenti che delle persone assistite;

    tramite questo riconoscimento si potrebbe preservare la qualità di vita delle famiglie stesse: tutelare la salute fisica e psichica dei familiari assistenti, mantenere i legami familiari normali tra genitori e figli e all'interno della coppia, prevenire l'insorgere di un impoverimento finanziario, permettere la conciliazione della vita professionale/vita familiare e mantenere i diritti di ognuno dei suoi membri;

    pur ricordando che in Italia, analogamente a quanto succede in altri Paesi c'è un aumento degli aiuti per le persone dipendenti (alloggio, mobilità, educazione e formazione, occupazione, risorse, servizi adeguati, e altri), sembra che i familiari assistenti che offrono la loro disponibilità (a volte obbligata) e un aiuto gratuito, dovrebbero imperativamente ottenere il riconoscimento della loro attività tramite un certo numero di diritti. Questi diritti devono, inoltre, permettere ai familiari assistenti di fare una scelta consapevole, ovvero se diventare o meno aiutante, in accordo con la persona aiutata. Il familiare assistente è quindi l'uomo o la donna che, a titolo non professionale, per difetto o per scelta, viene in aiuto ad una persona dipendente che vive nel proprio ambiente;

    il familiare assistente è una persona, non professionista, che aiuta in via principale e continua un congiunto malato cronico e/o disabile, non autosufficiente, dipendente dai familiari negli atti della vita quotidiana per numerosi anni, se non per tutta la sua vita. Questo aiuto può essere fornito in modo più o meno continuo e può assumere varie forme e ricalca analoghe prestazioni offerte da professionisti specializzati, che vanno da un'assistenza di tipo infermieristico ad attività di tipo educativo, dalle pratiche amministrative alle attività domestiche, dall'azione di vigilanza al sostegno psicologico e altro. Numerose ricerche e studi sul territorio hanno già evidenziato la solitudine e l'abbandono in cui vivono i familiari assistenti e spesso anche tutta la famiglia;

    la distinzione fondamentale, rispetto ad altre figure che si prendono cura delle persone con grave disabilità, è intrinsecamente legata al carattere di familiarità: si tratta di un familiare, liberamente scelto tra i diversi membri che compongono una famiglia, che deve altrettanto liberamente accettare questo ruolo, senza che si crei una sorta di obbligatorietà, anche se il senso di responsabilità legato al ruolo familiare che ricopre potrebbe esercitare una pressione non indifferente;

    la persona disabile e/o non autosufficiente deve sempre avere la possibilità di scegliere il suo familiare assistente non professionista all'interno della sua famiglia o del suo ambiente. Se non è in grado di esprimere questa scelta, occorre fare di tutto affinché la sua volontà sia rispettata. Reciprocamente, il familiare che si prende cura di un familiare non autosufficiente deve poter scegliere di svolgere il suo ruolo di aiuto a tempo pieno o parziale, conciliando eventualmente questo ruolo con un'attività professionale. Questa scelta deve essere libera e consapevole, e deve poter essere rivista in ogni momento;

    è venuto dunque il momento che le istituzioni prendano in considerazione le buone prassi esistenti in Europa nei confronti delle persone con disabilità e dei loro familiari. Considerando poi la crisi economica, tuttora in atto in Italia come in Europa, si ritiene che si debba porre l'attenzione sui bisogni dei familiari assistenti, per garantire il diritto, in particolare alle donne, di lavorare e mantenere il posto di lavoro per consentire una migliore qualità di vita alla persona non autosufficiente. È necessario garantire i diritti dei familiari assistenti, di prevenirne la povertà, l'esclusione, la solitudine e lo stress, anche per migliorare la qualità della vita della persona assistita e di tutta la famiglia;

    la posizione di familiare che si prende cura di un familiare deve essere riconosciuta e tenuta in considerazione come tale in tutte le politiche sanitarie e di protezione sociale. Questo riconoscimento sociale deve «ufficializzare» il ruolo del familiare assistente. Il familiare che si prende cura di un familiare non autosufficiente ha diritto a delle infrastrutture di cura ed a varie reti di sostegno morale e psicologico su cui appoggiarsi;

    i familiari assistenti non sono operatori socio-assistenziali, badanti e neppure volontari; sono prima di tutto ed essenzialmente familiari della persona che assistono. In tutta Europa sono per l'83 per cento donne, che aiutano e curano in silenzio qualcuno che è parte integrante della famiglia. Un figlio, un fratello, un genitore, comunque un parente stretto, senza che ci sia un vincolo lavorativo, ma solo l'intensità dei rapporti affettivi che caratterizzano la vita di famiglia. Il loro lavoro non è attualmente riconosciuto, ma occorre tener presente che i familiari assistenti non sono indistruttibili, spesso sono stanchi, malati, e la loro speranza di vita è ridotta. Non hanno orario, si prendono cura del congiunto senza tregua e in mille modi diversi: lavori domestici, cure, sostegno morale, psicologico, sociale, per dare a tutti, e non solo alla persona assistita, una migliore qualità di vita;

    queste persone chiedono una risposta sociale adeguata che possa costituire un aiuto concreto; anche se non ridurrà mai l'impatto familiare della disabilità, potrà sempre contribuire a sostenere nel familiare assistente una visione positiva, che lo faccia sentire parte di una famiglia sociale più allargata, in cui è sempre possibile trovare solidarietà e aiuti specifici. Si chiede per il familiare assistente quello che ognuno vorrebbe trovare per sé stesso se si trovasse in una situazione analoga, anche perché, pensando all'invecchiamento e alle difficoltà dei grandi anziani, è molto probabile che prima o poi chiunque si dovrà confrontare con un'analoga problematica di cura;

    oggi, per citare qualche dato, si valuta che l'80 per cento delle ore di presa in carico delle persone non autosufficienti venga erogato gratuitamente da un familiare. Queste ore trascorse per la cura di un congiunto non possono essere dedicate al lavoro remunerato, all'inclusione sociale e al diritto alla previdenza sociale. Appare dunque necessario far cambiare urgentemente le mentalità e riflettere sui problemi dell'isolamento, della solitudine e della povertà alla quale vanno incontro i familiari assistenti;

    si chiede il riconoscimento del lavoro di cura dei familiari assistenti, perché, da un lato, ciò permetterebbe di migliorare la qualità di vita della persona assistita e, dall'altro, consentirebbe di preservare la qualità di vita di tutta la famiglia, in particolare consentirebbe:

     di tutelare la salute fisica e psichica dei familiari assistenti;

     di mantenere i legami familiari normali tra genitori e figli e all'interno della coppia;

     di prevenire l'impoverimento economico e l'isolamento;

     di favorire la conciliazione «vita familiare/vita professionale»;

     di salvaguardare i diritti di ognuno dei suoi membri;

    il familiare che si prende cura di un familiare non autosufficiente deve, nell'ambito delle sue prestazioni assistenziali, beneficiare dei diritti sociali e dei mezzi per accompagnare la persona disabile e/o non autosufficiente in qualsiasi attività della vita sociale. Deve beneficiare di pari opportunità in materia di occupazione e lavoro, con riferimento a organizzazione dei tempi di lavoro, congedi e ferie, misure per un reinserimento nel lavoro, mantenimento dei regimi di protezione sanitaria e sociale; accessibilità universale, con riferimento a trasporti, alloggio, cultura, struttura d'inquadramento, comunicazione e altro, anche mediante un'integrazione economica; pensione, tramite riconoscimento del suo status di familiare che si prende cura di un familiare non autosufficiente; convalida delle acquisizioni, tramite il riconoscimento della sua esperienza nella funzione di aiuto;

    analogamente a quanto accade in Europa, è più che mai urgente il riconoscimento giuridico del lavoro di cura del familiare assistente, come definito dalla Carta europea del familiare assistente, redatta nel 2007 dalla Coface, la Confederazione delle organizzazioni di famiglie con persone disabili dell'Unione europea, con sede a Bruxelles. Questa Carta ha come obiettivo non solo il riconoscimento dei diritti dei familiari che si prendono cura di un familiare non autosufficiente, ma intende anche dar loro una visibilità sociale in questo aiuto che forniscono spesso a scapito della loro vita personale, familiare e/o professionale. La finalità della Carta è quella di ottenere che i familiari che si prendono cura di un familiare non autosufficiente abbiano gli stessi diritti e le stesse opportunità di qualsiasi altro cittadino. Il documento è in fase di attuazione in molti Paesi europei. Il 25 novembre 2011 è stata presentata la Raccomandazione in favore del riconoscimento giuridico del lavoro di cura del familiare assistente. Il 26 giugno 2017 a Bruxelles, presso il Parlamento europeo, si è tenuta una conferenza organizzata dalla Coface sul tema Conciliazione, lavoro e presa in carico familiare: una sfida per i familiari assistenti in Europa. Obiettivo dell'evento è stato sostanzialmente quello di dare visibilità a tutte le persone che nell'ombra eseguono in silenzio il lavoro di assistenza, mettendo spesso in pericolo la propria stessa salute e la vita personale;

    a Bruxelles Coface e Unapei – Federazione di associazioni francesi che rappresentano e tutelano le persone con disabilità intellettiva e i loro familiari — hanno presentato i risultati del progetto Grundtvig, denominato «L'autovalutazione dei bisogni espressi dai familiari assistenti: un punto di partenza per ottenere degli aiuti». Successivamente è stata consegnata a Marian Harkin, europarlamentare presidente del gruppo sui familiari assistenti, una raccomandazione redatta congiuntamente dai partner del progetto Grundtvig. «In particolare – spiega Anna Maria Comito, presidente di Co.Fa.As. “Clelia” – con questa conferenza si è voluto incoraggiare e stimolare la messa in atto di politiche globali, chiedendo agli Stati membri di non operare tagli sui fondi dedicati all'assistenza, perché sono deleteri per la qualità della presa in carico e della vita delle persone non autosufficienti. Si è chiesto invece di investire nella creazione di strutture e di servizi di prossimità di qualità che permetterebbero alle famiglie una reale scelta per conciliare la vita professionale e quella familiare»;

    alcune battaglie sul riconoscimento giuridico della figura del familiare assistente sono state condotte con fermezza da molti anni e si sono tradotte nella proposta e nella conseguente approvazione dell'articolo 33 della legge n. 104 del 1992 (tre giorni di permessi mensili pagati e l'avvicinamento del posto di lavoro al domicilio) e dell'articolo 80 della legge n. 388 del 2000, sul diritto di usufruire di due anni di prepensionamento o di congedi frazionati. È stato questo il primo passo verso l'obiettivo del riconoscimento giuridico del lavoro di cura del familiare assistente;

    nella XVII legislatura anche la legge del «Dopo di noi» ha posto con chiarezza il problema, ma il focus della legge resta la persona con grave disabilità e prende le mosse proprio dalla scomparsa di chi possa prendersi cura di lui, magari dopo averlo fatto per anni;

    in questo momento sono questi gli obiettivi che si intendono promuovere a tutti i livelli:

     rafforzamento della visibilità del ruolo dei familiari assistenti;

     sensibilizzazione delle istituzioni, particolarmente di quelle con funzioni legislative, sindacali e governative, nei confronti del lavoro di cura;

     messa in atto di misure di supporto (sociali, economiche, giuridiche e sanitarie), volte a migliorare la qualità di vita del familiare assistente e della persona assistita;

     sviluppo di reti di servizi di sollievo, di informazioni, formazione e sostegno, al familiare assistente e al suo entourage;

     attuazione dei dieci punti contenuti nella Carta europea redatta da Coface-Handicap;

     sensibilizzazione e formazione degli operatori sui bisogni reali dei familiari assistenti;

     difesa degli interessi dei familiari assistenti nel settore dell'occupazione, del mantenimento del posto di lavoro (part-time, flessibilità), della protezione sociale del prepensionamento, del riconoscimento del lavoro di cura come crediti formativi e altro;

     attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie;

    la persona non autosufficiente e il familiare sono i primi esperti dei loro bisogni e delle risposte adatte a soddisfarli; devono obbligatoriamente intervenire alle procedure di valutazione personalmente o farsi rappresentare da una persona delegata da loro. La valutazione deve essere continua e coinvolgere sia l'assistito che il suo assistente familiare, oltre alle autorità pubbliche: valutazione dei bisogni sia della persona aiutata, che della persona che aiuta; valutazione dei servizi resi a scadenza regolare e/o su richiesta; spetta inoltre alle autorità pubbliche sorvegliare il corretto adempimento e la qualità dell'accompagnamento della persona aiutata, e formulare le necessarie raccomandazioni,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per riconoscere e valorizzare la figura dell'assistente familiare come figura essenziale del processo di cura che coinvolge le persone con grave disabilità, qualsiasi sia il tipo di disabilità e qualsiasi sia la sua origine;

2) ad adottare iniziative per dichiarare il carattere usurante del lavoro di cura continuativo nell'ambito familiare;

3) a valutare l'assunzione di iniziative per tener conto anche ai fini pensionistici, del carattere usurante del lavoro di assistenza e cura, permettendo alla figura dell'assistente familiare di ridurre gli anni necessari a conseguire la pensione in rapporto all'intensità delle cure richieste dalla oggettiva condizione del familiare malato;

4) ad adottare iniziative per facilitare la creazione di unità di appoggio alla famiglia in modo che la persona assistita possa essere accolta, sia pure per brevi periodi, in case famiglia, residenze sanitarie assistenziali, in centri di lungodegenza, e altre strutture che possono offrire un costante e sistematico aiuto sul piano formativo e psicologico agli assistenti familiari.
(1-01780) «Binetti, Buttiglione, Cera, De Mita, Pisicchio».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

sicurezza sociale

vita lavorativa

durata del lavoro