ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01779

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 901 del 20/12/2017
Firmatari
Primo firmatario: BERNINI MASSIMILIANO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 20/12/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BENEDETTI SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE 20/12/2017
COZZOLINO EMANUELE MOVIMENTO 5 STELLE 20/12/2017
SPESSOTTO ARIANNA MOVIMENTO 5 STELLE 20/12/2017
LOMBARDI ROBERTA MOVIMENTO 5 STELLE 20/12/2017
GIORDANO SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE 20/12/2017
TERZONI PATRIZIA MOVIMENTO 5 STELLE 20/12/2017
MICILLO SALVATORE MOVIMENTO 5 STELLE 20/12/2017
BUSTO MIRKO MOVIMENTO 5 STELLE 20/12/2017
DE ROSA MASSIMO FELICE MOVIMENTO 5 STELLE 20/12/2017


Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Mozione 1-01779
presentato da
BERNINI Massimiliano
testo di
Mercoledì 20 dicembre 2017, seduta n. 901

   La Camera,

   premesso che:

    sono moltissime le aree del nostro Paese interessate dal fenomeno dello smaltimento illecito dei rifiuti, con il caso più eclatante rappresentato dalla famigerata «Terra dei Fuochi», un vasto territorio ricompreso tra le province di Napoli e Caserta interessate dall'interramento di rifiuti tossici e speciali, spessissimo sotto il controllo della criminalità organizzata e specializzata nel traffico dei rifiuti, nonché nell'innesco dei roghi di rifiuti, a nocumento della sicurezza e della salute pubblica;

    anche la provincia di Viterbo è interessata da fenomeni di smaltimento illecito dei rifiuti, anche di natura industriale, utilizzati nelle attività di recupero ambientale di cave dismesse e precedentemente coltivate per l'estrazione di inerti e pietra destinati all'edilizia;

    le attività estrattive in molti casi si sono spinte fino l'affioramento delle falde e unitamente alle attività di bonifica illecite e non controllate, hanno esposto le risorse idriche utilizzate per i fabbisogni primari della popolazione e per le attività agricole, al serio rischio di una contaminazione da rifiuti industriali;

    nel «Rapporto Cave» di Legambiente del 2017 viene citata la «groviera» a nord di Roma come luogo in cui l'impatto connesso alle attività estrattive ha assunto dimensioni enormi e incontrollate (basti citare il sequestro di una cava di 13 ettari a Civita Castellana, aperta in assenza della autorizzazione paesaggistica e del nullaosta idrogeologico). Secondo il predetto rapporto, si contano nel Lazio 260 cave attive e 475 cave dismesse e/o abbandonate;

    l'8 aprile 2016 a seguito del servizio televisivo di Sky Tg24 andava alla ribalta delle cronache la vicenda del recupero ambientale, con materiale illecito, di un'attività estrattiva nelle località Pascolaro e Bivio del Pellegrino nel comune di Graffignano (Viterbo); l'area finì al centro delle indagini del Corpo forestale dello Stato tra il 2006 e il 2007, e il procedimento penale presso la procura della Repubblica del tribunale di Viterbo, come spesso accade in analoghi processi per traffico illecito di rifiuti, cadde in prescrizione e attualmente non è in atto alcuna azione risarcitoria nei confronti dei colpevoli, nonostante i documentati scempi e i rischi per la salute pubblica

    in merito al predetto procedimento penale, nella relazione del 7-8 novembre 2007, pratica AS/07-29, dell'Arpa Lazio – sezione provinciale di Viterbo e del Cfs-Nipaf, tra i «considerando» si legge: «la zona interessata dal materiale contenente presumibilmente idrocarburi e/o oli pesanti, ricade nelle vicinanze dell'autostrada A1 e della linea ferroviaria; la stessa è attraversata da strade di scorrimento locale; la stessa viene utilizzata come zona di caccia e di pesca; durante gli scavi si è riscontrata una falda acquifera superficiale a circa 2,5 metri; nelle vicinanze scorre il fiume Tevere; il terreno viene utilizzato per le coltivazioni agricole; si ritiene necessaria un'opera tempestiva di ripristino ambientale con bonifica atta a non estendere la contaminazione all'ambiente circostante e a non provocare danni all'uomo. In via precauzionale i verbalizzanti ritengono necessaria un'indagine anche alle acque citate»;

    nella medesima relazione si legge che «sono stati inoltre eseguiti alcuni carotaggi in località Pascolaro su terreni di proprietà dell'Azienda Agricola “Il Casettone” limitrofi a quelli dell'ICI srl nell'area ex laghetto. Tali terreni, per quanto appreso dal CFS, erano gestiti dalla ICI SrI. Tramite carotatrice (cubaggio circa 0,3 m3) è stato eseguito nell'area dell'ex laghetto un campionamento di materiale solido palabile alla profondità di circa due metri che risultava visivamente diverso da quello di superficie. Nel terreno di proprietà dell'azienda su cui erano in svolgimento attività di aratura, è stata riscontrata in superficie la presenza di materiale di colore scuro che emanava un odore pungente. In questo punto sono stati eseguiti degli scavi e, già ad una profondità di 80 centimetri, si è riscontrata la presenza di materiale nero che emanava un odore riconducibile ad idrocarburi. Tale materiale si presentava almeno fino alla profondità di tre metri. Durante le operazioni di scavo si avvertiva nell'aria un odore pungente ed un principio di irritazione agli occhi. Per questo motivo le operazioni di scavo non sono state protratte ulteriormente e si è provveduto al repentino interramento del materiale con uno strato di circa 20 centimetri di materiale visivamente terroso. Dopo questa operazione si percepiva ugualmente l'odore pungente nella zona circostante. Per quanto sopra, a scopo precauzionale, l'area veniva sottoposta a sequestro da CFS»;

    in merito alla predetta vicenda, preoccupano le parole del vice prefetto di Viterbo, audito il 20 febbraio del 2017 dai membri dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati che si riportano per inciso: «voglio ricordare un'altra criticità sicuramente molto importante, anche se ai fini dell'individuazione dei responsabili, essendo la vicenda datata al 2007, c'è in corso un'attività di polizia giudiziaria che non so che sbocchi potrà avere. Mi riferisco al comune di Graffignano, che è al confine con la provincia di Terni, diviso dal Tevere. Su quest'area a ridosso delle sponde del Tevere, che è stata stimata in circa 142 ettari, è stata evidenziata una grande movimentazione di rifiuti speciali con grande presenza di metalli pesanti. Questa è una bomba ecologica della quale bisogna capire la portata, perché, essendo una cosa che risale a dieci anni fa, con i dilavamenti delle piogge e l'erosione delle sponde da parte dell'acqua del fiume, noi non sappiamo se vi sia stato un trasporto in altri siti, attraverso il fiume, di questi metalli»;

    nell'ambito della suddetta audizione la dirigente dell'area I della prefettura di Viterbo dichiarava: «sono soltanto ipotesi, perché al momento non abbiamo ancora un piano di caratterizzazione. Sono state fatte diverse conferenze di servizio. Il sindaco in questo caso è intervenuto con il potere sostitutivo per cui, insieme all'Università della Tuscia, è stato fatto un modello preliminare concettuale di caratterizzazione e siamo in attesa di effettuare la caratterizzazione, che ci darà contezza dell'effettivo danno ambientale, per poi procedere alla bonifica. Il problema è l'ingente somma di danaro che serve per tutta l'attività, che si presume solo per la caratterizzazione vada oltre un milione di euro» e «la proprietà è di una società privata che lavorava inerti. Nel 2007 fu denunciato il riversamento di rifiuti. Questo, però, avvenne nel 2007 e poi l'area fu sottoposta a sequestro. Soltanto oggi arriviamo a una stima di 142 (ettari), perché non è mai stato fatto un piano di caratterizzazione che ci consenta di individuare precisamente l'entità del danno e la dimensione dell'area compromessa»;

    in data 23 giugno 2016 la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati elaborava la «relazione territoriale sulla regione Veneto», da cui si prendeva atto, al punto 12.3 pagina 121 dell'allegato, che dall'indagine relativa alla Nuova Esa s.r.l. nel Comune di Marcon, sarebbe emerso un traffico illecito di rifiuti a livello nazionale, svolto miscelando rifiuti speciali pericolosi (terre di bonifica, scorie e polveri da fonderia, fanghi industriali e di drenaggio); al riguardo, la Corte di cassazione con sentenza n. 47870/11 del 19 ottobre 2011, è intervenuta prima del maturare della prescrizione del reato ascritto, accertando che i rifiuti pericolosi venivano miscelati in modo sistematico con quelli non pericolosi senza osservare alcuna prescrizione, attribuendo quindi codici CER diversi da quelli che avrebbero dovuto essere indicati, inviandoli ad impianti che erano autorizzati solo al recupero ma non allo smaltimento dei rifiuti; nella fase dibattimentale, secondo quanto riportato nella relazione della Commissione a pagina 124, emergeva che «partite di rifiuti, per un quantitativo di 1 milione 400 kg derivanti dalla la miscelazione anche di rifiuti pericolosi, definiti “oleosi”, venivano inviate alla ditta Inerti Centro Italia ICI di Graffignano, esercente attività di recupero in regime semplificato»;

    nell'audizione del 20 febbraio 2017 vengono evidenziati altri fatti che interessano la provincia di Viterbo, come la cava oggetto di illecito smaltimento nel 2005 nel comune di Castel Sant'Elia, i 7.000 metri cubi di rifiuti speciali interrati prima del 2004 ad Orte, presso una ex fornace di laterizi ormai dismessa, contenenti metalli pesanti destinati a diventare composto per miscelazione come materia prima per un impasto, e l'incendio presso il centro di stoccaggio di materiale plastico «CITE» ad Onano del 2016, sprigionante una nube probabilmente tossica e i cui cumuli carbonizzati giacciono lì da allora;

    nella provincia di Viterbo rimangono irrisolte altre situazioni come lo smaltimento nelle tre cave nei comuni di Capranica, Vetralla (Località Cinelli) e Castel Sant'Elia dei rifiuti tossici provenienti dal nord Italia, intercettati nel 2005 dai carabinieri, e le emissioni odorigene, ascrivibili ad acido solfidrico (come evidenziato dall'Arpa Lazio), delle attività di recupero svolte in una ex cava nel comune di Soriano nel Cimino;

    i fatti in questione unitamente alle inchieste della magistratura «Giro D'Italia», «Re Mida» e «Longamanus» che hanno messo in luce la presenza di organizzazioni eco-criminali nazionali ben radicate, operanti per diversi anni in sordina anche nel viterbese, preoccupano i residenti che spesso si organizzano in comitati e associazioni allo scopo di sensibilizzare la popolazione e le istituzioni sulla vasta entità del fenomeno;

    il Veneto si colloca tristemente in testa a tutte le classifiche in tema di inquinamento ambientale, anche a livello europeo, per gli innumerevoli agenti inquinanti che lo colpiscono, a cui si aggiungono fenomeni di illegalità diffusa in merito alla gestione dei rifiuti e delle discariche abusive, come emerge dai lavori della suddetta Commissione d'inchiesta parlamentare; il quadro è allarmante dati i 1.500 impianti di trattamento di rifiuti speciali, anche pericolosi, che con un meccanismo illecito vengono poi smaltiti presso altri impianti compiacenti mediante la falsificazione dei documenti di accompagnamento, come dimostra la sentenza della Corte di cassazione precedentemente citata;

    è emblematico in tal senso il coinvolgimento di tutte le imprese indagate che hanno operato nella realizzazione dell'autostrada A/31, cosiddetta «Valdastico Sud», che collega Vicenza a Rovigo, ma occorre sottolineare che sul territorio regionale veneto esistono 485 siti contaminati, con i responsabili che svaniscono nel nulla e la collettività costretta a sobbarcarsi i danni. È il caso della discarica di Ca’ Filissine, nel comune di Pescantina, in provincia di Verona, presso la quale la Daneco Impianti, dopo una gestione dissennata, ha lasciato al piccolo comune e alla regione Veneto gli oneri connessi alla messa in sicurezza della discarica; in particolare, gravano sul territorio comunale 1.700.000 metri cubi di rifiuti speciali conferiti in quasi 13 anni che generano molta preoccupazione, vista la vicinanza con la falda idropotabile;

    la Commissione d'inchiesta ha affrontato altresì per la regione Veneto, la questione dell'inquinamento prodotto dai Pfas (sostanze perfluoroalchiliche) che rischiano di compromettere irreversibilmente la falda di Almisano, la seconda falda freatica più grande ed importante d'Europa;

    la contaminazione da Pfas nelle acque (superficiali e profonde) è stata segnalata in Veneto da Irsa-Cnr in tre anni (2011-’12-’13); l'inquinamento dovuto a queste sostanze, classificate dallo Iarc come potenzialmente cancerogene, è andato espandendosi fino ad interessare un'area di più di 150 chilometri quadrati (dato ARPAV 2015) nell'ambito delle province di Vicenza, Verona, Padova, Rovigo, con 70 comuni interessati e circa 350.000 persone coinvolte; il primo monitoraggio effettuato dalla regione Veneto sulle acque di rete o di pozzo ha riscontrato in 31 comuni valori di queste sostanze oltre la soglia e per tutelare la salute della popolazione sono state emesse ordinanze per la chiusura o la limitazione dell'uso di pozzi in molti comuni della zona interessata;

    l'Arpav, nel corso di un monitoraggio su tutta la rete delle acque del Veneto, per lo studio della diffusione della contaminazione che aveva interessato anche alcuni pozzi destinati a rifornire gli acquedotti di numerosi comuni, nelle acque sotterranee rileva valori di contaminazione maggiori o uguali a 100 ng/l in 21 comuni, 15 in provincia di Vicenza, 3 in provincia di Padova e 3 in provincia di Verona;

    da un successivo monitoraggio condotto sempre dall'Arpav (2016), si evidenzia come la contaminazione è confermata con valori percentuali ben oltre i limiti previsti dal decreto legislativo 13 ottobre 2015, n. 172, attuativo della direttiva 2013/39/UE che indica i limiti rispettivamente in 0.1 e 0.2 microgrammi/l per acque superficiali interne ed altre acque di superficie; esiste un andamento crescente della contaminazione che arriva anche a 2.000 microgrammi/litro nelle acque sotterranee;

    un primo studio di biomonitoraggio dell'Istituto superiore di sanità, concluso lo scorso anno su un campione rappresentativo della popolazione residente, esposta e non esposta, ha evidenziato che i livelli di Pfas nel siero degli esposti sono significativamente superiori ai livelli dei non esposti: oltre 70 ng/g siero nel siero degli esposti, concentrazione prossima allo zero nei non esposti;

    per quanto riguarda le ricadute che tale contaminazione ha sul piano sanitario, diverse ricerche e monitoraggi condotti sulla popolazione dimostrano la correlazione tra esposizione a Pfas e malattie evidenziate, tra cui lo studio condotto dall'Enea, «Esposizione a sostanze perfluoroalchiliche ed effetti sulla popolazione» (maggio 2016); questo studio ha confrontato la mortalità nei comuni con superamenti della concentrazione di Pfas e con superamenti della concentrazione di Pfos con quella dei comuni dove le analisi dimostravano assenza di inquinamento (somma PFAS=0); per alcune delle 16 patologie in studio si osserva un aumento del rischio di morte nei comuni inquinati; in particolare, si rilevano aumenti della mortalità, statisticamente significativi, per diabete e infarto miocardico acuto nella popolazione maschile dei comuni in cui le misure di concentrazione di Pfas superano i livelli di performance, e per diabete, malattie cerebrovascolari, infarto e Alzheimer, nella popolazione femminile; sempre secondo l'Enea, gli aumenti di mortalità nell'area costituita dai comuni con superamenti della concentrazione di Pfos riguardano il diabete, le malattie cerebrovascolari e l'infarto in entrambi i sessi, e tumore del rene e malattia di Alzheimer nelle sole donne,

impegna il Governo:

1) in attuazione del principio di precauzione, ad assumere le iniziative di competenza per accertare l'esistenza, nonché l'eventuale reale entità, del danno ambientale, ai sensi dell'articolo 300 del decreto legislativo n. 152 del 2006, dovuto alla contaminazione delle falde acquifere profonde e superficiali, nonché dei terreni interessati dall'attività, presumibilmente illecita, svolta nel sedime di cava, interessando altresì le aree limitrofe;

2) ad attuare, per quanto di competenza, le misure di prevenzione e riparazione, previste dal decreto legislativo n. 152 del 2006, volte alla messa in sicurezza permanente e all'isolamento in modo definitivo delle fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente;

3) ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché vengano attuati interventi di bonifica e di ripristino ambientale atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee;

4) ad assumere iniziative per stanziare adeguate risorse per avviare nella provincia di Viterbo, tramite il Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (Snpa), la mappatura su vasta scala dei terreni, partendo dalle aree più a rischio, individuate all'esito delle indagini e delle verifiche delle agenzie ambientali, nonché tenendo conto delle segnalazioni delle associazioni ambientaliste e dei cittadini, al fine di pervenire alla classificazione degli stessi terreni in base al grado di contaminazione;

5) a promuovere, per quanto di competenza, un piano generale di bonifica anche sulla base delle evidenze emerse dalla mappatura e dalle analisi sopracitate e ad assumere iniziative per prevedere lo stanziamento di risorse adeguate, anche straordinarie, necessarie alla sua attuazione;

6) in caso di inadempimento e/o impossibilità nell'individuazione dell'operatore responsabile, a esercitare la facoltà di cui all'articolo 305, comma 2, lettera d), del decreto legislativo n. 152 del 2006, adottando le misure di ripristino necessarie con diritto di rivalsa esercitabile nei confronti di chi abbia causato o comunque concorso a causare le spese stesse nei termini di cui all'articolo 305, comma 3;

7) a valutare se sussistano i presupposti per rivalersi in sede civile per il risarcimento del danno nei confronti del responsabile o dei responsabili dell'inquinamento dei territori sopradescritti, per legge tenuti alla bonifica dell'intero sito;

8) a promuovere, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità (Iss), indagini epidemiologiche sullo stato di salute della popolazione, a partire da quella maggiormente esposta, in base alle risultanze delle indagini delle agenzie ambientali.
(1-01779) «Massimiliano Bernini, Benedetti, Cozzolino, Spessotto, Lombardi, Silvia Giordano, Terzoni, Micillo, Busto, De Rosa».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

rifiuti

protezione dell'ambiente

sanita' pubblica