ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01703

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 854 del 20/09/2017
Firmatari
Primo firmatario: CARFAGNA MARIA ROSARIA
Gruppo: FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 20/09/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GIORGETTI ALBERTO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 20/09/2017
RUSSO PAOLO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 20/09/2017
OCCHIUTO ROBERTO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 20/09/2017


Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Mozione 1-01703
presentato da
CARFAGNA Maria Rosaria
testo di
Mercoledì 20 settembre 2017, seduta n. 854

   La Camera,

   premesso che:

    il tema degli enti locali in crisi (deficitari, pre-dissestati e dissestati) è da molti anni oggetto di analisi e recentemente la questione è, purtroppo, tornata ad assumere rilevanza strategica in ragione del fatto che un numero crescente di comuni, anche di grandi dimensioni, presenta nei propri bilanci fattori di squilibrio tali da mettere a rischio la certezza di assicurare l'assolvimento delle funzioni e di garantire i servizi indispensabili;

    la situazione è particolarmente grave laddove gli enti in dissesto finanziario, che negli ultimi anni hanno notevolmente ridotto le spese per erogazioni di prestazioni nel settore sociale, non riescano ad assicurare i livelli essenziali delle prestazioni, con conseguente impatto sulle fasce più deboli della popolazione;

    i dati dell'ultimo documento di ricerca, pubblicato a fine giugno 2017 dalla Fondazione nazionale dei commercialisti ed elaborato in base alle rilevazioni più recenti ottenute da varie fonti (Ministero dell'interno, Corte dei conti, Istituto per la finanza e l'economia locale), indicano una ripresa, negli ultimi anni, di fenomeni di crisi finanziaria degli enti locali, evidenziata in primo luogo dalla dinamica dei dissesti e confermata dal quadro offerto dalle altre situazioni di deficit;

    si tratta di fenomeni particolarmente concentrati nelle regioni del Mezzogiorno e fra gli enti locali di piccole dimensioni, fino a rappresentare, in alcune aree, una condizione quasi endemica;

    alla fine del 2016, secondo lo studio citato, in Italia si contano ben 107 enti in dissesto e 151 in predissesto, poi saliti a fine maggio 2017 a quota 163 secondo la contabilità dell'Ifel, l'Istituto per la finanza locale che fa capo all'Associazione nazionale dei comuni. In pratica, in pochi mesi, alla lista se ne sono aggiunti 12. A questi elenchi vanno poi sommati altri 67 comuni che sempre a fine 2016 risultavano «deficitari», ovvero ad un passo dal default perché presentano «gravi e incontrovertibili condizioni di squilibrio»;

    solo lo scorso anno sono stati 17 i comuni che hanno dichiarato «bancarotta» e altri 6 lo hanno fatto nei primi mesi del 2017, a conferma di un trend che a partire dal 2012 ha visto impennarsi notevolmente i numeri degli enti in crisi, passati dai 3-5 all'anno del periodo 1999-2009 ai 18-24 dell'ultimo quadriennio;

    da ultimo, nell'elenco dei comuni in dissesto sono entrate Benevento (capoluogo di provincia con oltre 60 mila abitanti) e Acri (Cs), che si affiancano così a città come Viareggio, Castellammare di Stabia, Vibo Valentia, Milazzo, Augusta, Bagheria, cui vanno poi aggiunte le amministrazioni provinciali di Caserta e Vibo Valentia. Non mancano le situazioni croniche, visto che in ben 16 casi sui 106 censiti dai commercialisti ci si trova di fronte a situazioni di doppio dissesto. Ovvero l'ente in crisi, come ad esempio è capitato, tra le altre, alla città di Potenza, non ha ancora concluso la prima procedura che è costretto ad aprirne un'altra;

    c'è grossa preoccupazione per città particolarmente popolose come Napoli, che sembra avere difficoltà a rispettare i vincoli del piano di riequilibrio pattuiti nel 2012, Torino, su cui la Corte dei conti ha già sollecitato adeguate contromisure, e poi Roma, dove il debito dell'Atac (1,3 miliardi di euro) rischia di far saltare il bilancio dell'intero comune;

    Campania, Calabria e Sicilia sono le regioni in cui si concentra il maggior numero di enti in difficoltà; il quadro generale che emerge è comunque quello di una situazione finanziaria diffusa prevalentemente nelle regioni del Sud (42 per cento di enti deficitari, 59 per cento di enti in pre-dissesto e 70 per cento di enti in dissesto), e nelle isole, in particolare in Sicilia (37 per cento di enti deficitari, 19 per cento di enti in predissesto e 21 per cento di enti in dissesto);

    come accennato, gli indicatori mostrano, negli ultimi anni, una ripresa del numero e della gravità delle situazioni locali caratterizzate da difficoltà finanziaria. Si tratta di dati che pongono necessariamente in evidenza l'inadeguatezza dell'attuale normativa. È infatti significativa, a tal proposito, la curva in ascesa dei casi di dissesto, dopo anni nei quali il fenomeno è risultato in contrazione o quasi in azzeramento grazie alle soluzioni alternative individuate dalle norme per consentire agli enti di evitare la dichiarazione di default;

    l'attuale contesto normativo in materia di crisi finanziarie degli enti locali individua una prima fase di intervento, cosiddetta di pre-dissesto e, in caso di mancato raggiungimento dei necessari equilibri di bilancio, la successiva dichiarazione di dissesto. La disciplina di riferimento è oggi quasi interamente contenuta nel Titolo VIII del TUEL, articoli 242 e seguenti del decreto legislativo n. 267 del 2000, recante disposizioni per gli «enti locali deficitari o dissestati»;

    tra le diverse questioni legate più specificatamente agli enti che cercano di ripianare il proprio disavanzo, evitando così la «bancarotta», è necessario innanzitutto porre rimedio alle problematiche emerse a seguito dell'entrata in vigore della disciplina sull'armonizzazione dei sistemi contabili, di cui al decreto legislativo n. 118 del 2011 e successive modificazioni. Quest'ultima, infatti, prevede che il disavanzo derivante da riaccertamento straordinario dei residui sia ripianato in un periodo di trent'anni. Analogo termine è previsto per la restituzione dell'anticipazione di liquidità erogata agli enti in predissesto;

    pertanto, al momento, in relazione a fattispecie sostanzialmente analoghe (ripiano dei disavanzi), convivono, nell'ordinamento degli enti locali, tre diversi termini:

     il termine triennale di cui all'articolo 193 del decreto legislativo n. 267 del 2000, previsto in caso di disavanzo derivanti da ordinari fatti di gestione;

     il termine decennale di cui all'articolo 243-bis del decreto legislativo n. 267 del 2000 (il comma 5 dell'articolo 243-bis prevede che il consiglio dell'ente locale, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla data di esecutività della delibera di dissesto, deliberi un piano di riequilibrio finanziario pluriennale della durata massima di dieci anni, compreso quello in corso, corredato del parere dell'organo di revisione economico-finanziario);

     il termine trentennale stabilito per il ripiano del disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui e per la restituzione dell'anticipazione di liquidità;

    la differenza nei termini crea difficoltà di gestione del proprio bilancio da parte degli enti locali in piano di riequilibrio;

    gli enti che hanno avviato la procedura di riequilibrio finanziario si sono infatti trovati a coprire la quota di disavanzo inserita nel piano di riequilibrio nel tempo massimo di dieci anni, mentre la quota di disavanzo generata da una procedura sostanzialmente analoga – il riaccertamento straordinario imposto dalla riforma contabile – è ripianabile in trenta anni;

    è pertanto necessario rendere omogenee due delle fattispecie indicate, ovvero la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale di cui all'articolo 243-bis del TUEL e quella finalizzata al ripiano del maggiore disavanzo di amministrazione derivante dal riaccertamento straordinario dei residui, di cui al decreto legislativo n. 118 del 2011 in una prospettiva temporale trentennale;

    è quindi fondamentale offrire la facoltà agli enti sottoposti a piano di riequilibrio di spalmare in 30 anni, invece degli originari 10 anni, anche le quote di disavanzo non ripianate all'atto del riaccertamento straordinario dei residui. Questa misura consentirebbe agli enti di riportare in avanti nel tempo il maggior disavanzo che altrimenti va a gravare molto nei primi 10 anni e meno negli ultimi 20 anni, consentendo quindi, nel rispetto della scadenza trentennale (ex articolo 3, comma 16, del decreto legislativo n. 118 del 2011), di avere maggiore disponibilità negli anni immediatamente successivi all'emersione del disavanzo, che si ha difficoltà a ripianare, vista la condizione di crisi finanziaria in cui si trovano gli enti;

    inoltre, si rende necessario integrare la disciplina di cui all'articolo 243-bis del decreto legislativo n. 267 del 2000 con la possibilità di attivare transazioni della durata di massimo trenta anni con l'erario e con gli enti previdenziali. Ciò, oltre a ridurre il debito rateizzandolo, consente, nel contempo, di dare certezza ai debiti erariali e previdenziali, sia per ciò che riguarda il quantum, che per quanto attiene alla scansione temporale;

    in questo modo, si rende più sostenibile il percorso di riequilibrio finanziario degli enti in predissesto evitando il rischio di diffusione dei default che, coinvolgendo anche i debiti fiscali e previdenziali delle aziende e delle società controllate, potrebbe avere anche ripercussioni negative in termini di gettito;

    non vi è però traccia di specifiche azioni volte al superamento di situazioni assai critiche che vedono coinvolti in particolare gli enti in dissesto finanziario, che negli ultimi anni hanno notevolmente ridotto le spese per erogazioni di prestazioni nel settore sociale, e che attualmente non riescono a garantire i livelli essenziali delle prestazioni, con conseguente impatto sulle fasce più deboli della popolazione;

    è necessario quindi offrire un sostegno agli enti che hanno aderito alla procedura di equilibrio finanziario pluriennale – di cui agli articoli 243-bis e seguenti del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali – con specifico riferimento ai casi in cui l'adesione al piano stesso abbia comportato una riduzione delle spese per finalità sociali, in particolare nel Mezzogiorno,

impegna il Governo

1) ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche attraverso specifici interventi normativi, volta a:

   a) offrire agli enti sottoposti a piano di riequilibrio la possibilità di coprire le quote di disavanzo inserite nel piano di riequilibrio e non ripianate all'atto del riaccertamento straordinario dei residui nel tempo massimo di 30 anni, invece degli attuali 10 anni;

   b) consentire agli enti locali in predissesto di riformulare il piano di riequilibrio rendendo così pienamente operativa la facoltà di ricomprendere i debiti fuori bilancio anche emersi dopo l'approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale, ancorché relativi a obbligazioni sorte antecedentemente alla dichiarazione di predissesto;

   c) offrire agli enti la possibilità di attivare transazioni della durata di massimo trenta anni con l'erario e con gli enti previdenziali;

   d) fornire un sostegno finanziario agli enti assoggettati alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, con specifica destinazione al finanziamento di spese nel settore sociale, al fine di limitare in ogni modo l'impatto negativo del taglio delle spese degli enti sulle fasce più deboli della popolazione, e garantire servizi essenziali e diritti primari ai cittadini;

2) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta ad una complessiva revisione della normativa in materia di crisi finanziarie degli enti locali, per evitare che un'eccessiva dilazione nel tempo per la risoluzione delle situazioni debitorie gravi oltremisura sulle generazioni future.
(1-01703) «Carfagna, Alberto Giorgetti, Russo, Occhiuto».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

crisi monetaria

disavanzo

debito