ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01605

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 781 del 19/04/2017
Firmatari
Primo firmatario: BONAFEDE ALFONSO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 19/04/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
COZZOLINO EMANUELE MOVIMENTO 5 STELLE 19/04/2017
FERRARESI VITTORIO MOVIMENTO 5 STELLE 19/04/2017
AGOSTINELLI DONATELLA MOVIMENTO 5 STELLE 19/04/2017
BUSINAROLO FRANCESCA MOVIMENTO 5 STELLE 19/04/2017
SARTI GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE 19/04/2017
SPADONI MARIA EDERA MOVIMENTO 5 STELLE 19/04/2017
GAGNARLI CHIARA MOVIMENTO 5 STELLE 19/04/2017
GRILLO GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE 19/04/2017
LOREFICE MARIALUCIA MOVIMENTO 5 STELLE 19/04/2017


Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Mozione 1-01605
presentato da
BONAFEDE Alfonso
testo di
Mercoledì 19 aprile 2017, seduta n. 781

   La Camera,
   premesso che:
    «il Forteto» era considerata una delle principali comunità toscane di recupero per minori disagiati; la cooperativa agricola, «il Forteto», fondata nel 1977 nella azienda agricola di Bovecchio, comune di Barberino di Mugello (Firenze), negli ultimi anni è stata al centro di una vicenda giudiziaria per abusi sessuali e maltrattamenti anche su minori e bambini presi in affido, costretti a lavori durissimi, punizioni corporali e abusi sessuali;
    Rodolfo Fiesoli, detto il «profeta», insieme al cofondatore Luigi Goffredi, si avvalevano di falsi titoli di studio come quello in psicologia, nel 1985 furono processati e condannati ad una pena di reclusione per maltrattamenti aggravati ed atti di libidine nei confronti degli ospiti della comunità; nonostante questi gravissimi capi di imputazione Fiesoli ha continuato ad essere a capo della comunità e, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo fatto ancora più grave, il tribunale avrebbe continuato ad affidare minori alla struttura, di cui se ne contano almeno 60 fino al 2009; nel 1975 inizia l'esperienza della «Comune del Forteto», progetto basato su una proposta di comunità agricola produttiva caratterizzata da una totale promiscuità sessuale fra i suoi partecipanti. A rivestire il ruolo di leader è Rodolfo Fiesoli, coadiuvato da Luigi Goffredi, entrambi coinvolti, sin dalla fine degli anni Settanta, in un'inchiesta penale per supposti atti di zoofilia e pedofilia commessi all'interno della cooperativa;
    il 30 novembre 1978 Rodolfo Fiesoli viene arrestato su richiesta del giudice Carlo Casini che aveva aperto un procedimento per abusi sessuali ne «il Forteto»;
    il 1o giugno 1979 Fiesoli lascia il carcere per tornare alla comune «il Forteto» dove, lo stesso giorno, affidato dal tribunale dei minori, giunge il primo bambino down; l'allora presidente del tribunale, Giampaolo Meucci, grande amico di don Milani, afferma di non credere nell'indagine del giudice Casini e di ritenere «il Forteto» una comunità accogliente e idonea;
    nel 1982 la cooperativa acquista una proprietà di circa cinquecento ettari nel comune di Dicomano (Firenze) e vi si trasferisce. L'azienda continuerà a prosperare per diventare oggi un'azienda con un fatturato da 18-20 milioni di euro all'anno, con circa 130 occupati;
    nel 1985 viene emessa la sentenza di condanna per Luigi Goffredi e Rodolfo Fiesoli. Fiesoli viene condannato a due anni di reclusione per maltrattamenti nei confronti di una ragazza a lui affidata, atti di libidine violenta e corruzione di minorenne;
    dalla sentenza emerge «istigazione da parte dei responsabili del Forteto alla rottura dei rapporti tra i bambini che erano loro affidati e i genitori biologici»;
    nel 1998 la Corte europea dei diritti dell'uomo riceve la richiesta di ricorso contro l'Italia e, in particolare, contro l'operato del tribunale dei minori di Firenze, da parte di due donne con doppia cittadinanza, italiana e belga, cui il tribunale per i minorenni di Firenze aveva imposto di interrompere ogni relazione con i rispettivi figli, collocati presso la comunità «il Forteto». Le donne, inoltre, denunciarono trattamenti violenti e inumani nei confronti dei minori, con una scolarizzazione pressoché inesistente;
    il 13 luglio 2000 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia per l'affidamento alla comunità dei due bambini, a pagare una multa di 200 milioni di lire come risarcimento dei danni morali;
    il 20 dicembre 2011 Rodolfo Fiesoli viene arrestato con l'accusa di atti di pedofilia commessi all'interno della cooperativa;
    nella relazione finale della commissione d'inchiesta della regione Toscana (15 gennaio 2013) vengono elencati i nominativi dei politici che a livello locale e nazionale, nonché magistrati e professionisti, avevano frequentazioni con la comunità «il Forteto»;
    il 17 giugno 2015, la sentenza di primo grado ha fissato una condanna a 17 anni e mezzo di reclusione per il «profeta» e fondatore della comunità Rodolfo Fiesoli;
    le conclusioni della relazione finale della Commissione d'inchiesta bis su «individuazione e analisi delle responsabilità politiche e istituzionali relativamente alla vicenda il Forteto» della regione Toscana, Commissione costituita a sua volta da tutte le forze politiche che fanno parte del consiglio regionale toscano, istituita a settembre 2015 e risoltasi il 22 giugno 2016, così dispongono:
     «Tanti attori. Tanti – troppi – segmenti di competenza. Di quei segmenti, ciascuno degli attori del dramma Forteto ha omesso di compiere un pezzetto. Ciascuno si giustifica asserendo di essersi contenuto nel perimetro burocraticamente assegnato dalle normative; troppo poco, quando si tratta dell'integrità dei bambini. Per di più in alcune occasioni, come è stato rilevato ripetutamente, neppure quel minimo sindacale è stato fatto per un Forteto che non solo vive di regole proprie al suo interno, ma riusciva a imporne i riflessi anche all'esterno condizionando l'operato di giudici, medici, assistenti sociali, politici...
     La commissione d'inchiesta sulle responsabilità politiche e istituzionali della vicenda Forteto ha agito nel rispetto delle sue prerogative e dei poteri attribuiti alle commissioni d'inchiesta regionali, limiti che non hanno consentito un approfondimento tale da considerarsi esaustivo. Anche per questo la commissione auspica che vengano al più presto predisposti ulteriori strumenti, come una commissione d'inchiesta parlamentare, che potrebbero far emergere nuove gravi responsabilità ancora sconosciute.
     Non è un caso se una vicenda come quella del Forteto si è verificata in Toscana e non altrove: l'egemonia prima culturale che politica che vi è stata ha provocato inevitabili atteggiamenti di conformismo a ogni livello. Dolo, pigrizia o più semplicemente un conformarsi al sistema che sia, è questa la subcultura al cui interno magistrati, politici e tutti gli altri protagonisti di questa brutta storia si sono mossi. E poiché Il Forteto era considerato automaticamente – e nonostante ogni evidenza – come il fiore all'occhiello del sistema Toscana, la stragrande maggioranza dei soggetti che avevano responsabilità hanno preferito chiudere uno o due occhi incolonnandosi in buon ordine nel corteo plaudente Il Forteto»;
    le motivazioni della sentenza del 15 luglio 2016, emesse dalla II sezione penale della Corte d'Appello di Firenze e depositate l'11 gennaio 2017, hanno confermato, sostanzialmente, l'impianto delle condanne inflitte in primo grado a 10 imputati, che erano coinvolti nella gestione della comunità del Mugello evidenziando, anche, la corresponsabilità della cooperativa del Forteto:
     «... 4) L'appello del responsabile civile ha puntato alla separazione della figura della Cooperativa dai singoli soggetti coinvolti nei maltrattamenti, in assenza a sua detta di una occasionalità necessaria come richiesta dalla giurisprudenza al fine di ritenere il collegamento tra le due posizioni. Invero la sentenza ha pienamente dimostrato il contrario, e non solo sulla scorta degli atti formali di affidamento dei minori alla Cooperativa o al suo Presidente (all'epoca PEZZATI), tutti puntigliosamente elencati alle pagine 954 e 955 e rispondenti alla documentazione allegata agli atti, ma sulla base dell'esame della vicenda sostanziale come emersa dalla istruttoria dibattimentale, in cui i soci della cooperativa, quali erano innanzitutto FIESOLI e GOFFREDI, oltre a tutti gli altri imputati, interagivano direttamente con i minori sull'onda degli spostamenti indifferenziati che il primo operava all'interno della comunità tra “coppie funzionali” da lui designate. Dunque intanto non si può parlare in proposito di famiglie affidatarie nel senso classico della parola, appunto perché non di coppie sposate o conviventi o comunque effettive e reali si tratta, ed in ogni caso sin dalla sua costituzione nel 1977 la Cooperativa del Forteto aveva espresso tra i suoi fini quello di accogliere ed ospitare persone disadattate anche minori di età (articolo 4 lett. j) dello statuto approvato nel 1978) : pertanto l'oggetto sociale (sebbene mutato nel 2014 quando tale lettera è stata soppressa) comprende esplicitamente siffatta opera di assistenza strettamente collegata ai fini mutualistici dell'attività agricola peculiare della comunità. Che poi tale Cooperativa si sia enormemente ampliata, che nel tempo sia nata la Fondazione (nel 1998) e la Associazione (nel 2005), tutto ciò non scalfisce il nucleo fondamentale di partenza e lo stretto rapporto sin dall'inizio intercorso tra il responsabile di fatto della Cooperativa RODOLFO FIESOLI, disinvolto e costante interlocutore del Tribunale per i Minorenni nonché manovratore degli affidi interni alla comunità, ed ogni singolo soggetto entrato nel Forteto, così come si profila più che significativo l'epistolario altrettanto costante tra il presidente della Cooperativa STEFANO PEZZATI e lo stesso Tribunale per i Minorenni o i servizi sociali, sia pure per indicare di volta in volta le coppie di affidatari del nuovo minore ammesso. Altrettanto sintomatica la risposta del medesimo circa la definizione della Cooperativa non come “comunità di accoglienza”, ma come insieme di famiglie affidatarie, al fine di sottrarla al controllo degli enti preposti sulla base della legge sull'affidamento familiare n. 184 del 1983 e le successive delibere del consiglio regionale citate dalla sentenza (pag. ]07), cosicché, mancando – in quanto non istituito se non recentemente – un Centro Affidi come previsto dalla legge regionale, di fatto la cooperativa/comunità è rimasta lungamente svincolata da qualsiasi controllo pubblico. Sulla base di tale equivoco essa si vorrebbe ancora una volta sottrarre oggi alla responsabilità civile da reato, ai sensi dell'articolo 2049 cc. quando gli stessi affidatari, come i minori affidati, divenuti maggiorenni, sono stati fatti soci della medesima cooperativa ed hanno fornito la loro prestazione lavorativa nel caseificio o nell'agricoltura, riscuotendo una minima parte dello stipendio (150 euro mensili o poco più) e lasciando il resto alla cassa comune. In proposito anche alcune recenti pronunce giurisprudenziali, di cui si riportano le massime, confortano la prospettazione del pieno coinvolgimento dell'attuale responsabile civile: “Ai fini della responsabilità civile per fatto illecito commesso dal dipendente, è sufficiente un rapporto di occasionalità necessaria tra il fatto dannoso e le mansioni esercitate dal dipendente, che ricorre quando l'illecito è stato compiuto sfruttando comunque i compiti da questo svolti, anche se il dipendente ha agito oltre i limiti delle sue incombenze e persino se ha violato gli obblighi a lui imposti. (In applicazione di tale principio, la &C. ha ritenuto civilmente responsabile del reato di maltrattamento di minori una cooperativa appaltatrice del servizio di assistenza in favore dei bambini di un nido, presso il quale le imputate avevano svolto l'attività di maestre educatrici alle dipendenze della predetta cooperativa)”» Sez. 6, Sentenza n. 17049 del 14/04/2011.
     «Ai fini della sussistenza della responsabilità civile dell'imprenditore per fatto illecito commesso dal dipendente, non è necessaria l'esistenza di una stabile rapporto di lavoro subordinato essendo sufficiente che l'autore del fatto illecito sia legato all'imprenditore temporaneamente ad occasionalmente e che l'incombenza disimpegnata abbia determinato una situazione tale da agevolare a rendere possibile il fatto illecito e l'evento dannoso. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto civilmente responsabile del reato di lesioni volontarie aggravate una società che gestiva una casa di riposo per anziani presso la quale l'imputato svolgeva mansioni di assistente)», (Sentenza n. 32461 del 22 marzo 2013);
    posto dunque che la comunità quale affidataria di una serie di minori ha visto al suo interno la commissione di abusi e maltrattamenti da parte di alcuni soci della cooperativa il Forteto, che ha incarnato per anni nei fatti quel modello di commistione tra lavoro agricolo e caseario e gestione collettiva di situazioni di minori disadattati in affidamento, cresciuti in seno ad essa e consegnati via via a coppie funzionali anche mutate nel tempo, e che tale coacervo ha senz'altro contribuito a creare una cortina di protezione rispetto all'esterno, tale da non facilitare di fatto il controllo su quanto di illecito vi avveniva, in danno dei soggetti ospitati e successivamente divenuti soci, le rimostranze della difesa tese all'esclusione del responsabile civile si palesano infondate e correttamente sono state superate dal Tribunale. Rimane la perplessità per quella cortina che ha resistito per così tanto tempo alle intrusioni dall'esterno, mistificando valori di solidarietà;
    si tratta di accoglienza e laboriosità che le istituzioni pubbliche condividevano, non intuendo, in mancanza di controlli seri, ciò che realmente avveniva in seno alla comunità e che non si palesava al visitatore al quale anzi veniva proposto un modello imbellito ed edulcorato di vita comunitaria che gli ospiti interni si guardavano bene dallo smentire;
    non senza da ultimo sottolineare, anche se la risalenza nel tempo non consente un più approfondito esame, che i minori inizialmente ammessi in comunità venivano sfruttati come piccoli operai agricoli, con orari e turni di lavoro massacranti, punizioni anche corporali e quant'altro riportato per citare solo un documento significativo ed impietoso, in atti – nella spassionata lettera del 2003 di Salvatore Amidei, ospite del Forteto poi suicidatosi, descrittiva delle pesanti, insopportabili condizioni di assoggettamento fisico e psicologico dei bambini affidati alle «cure» degli adulti seguaci del Fiesoli,

impegna il Governo:

1) ad avviare ogni iniziativa di competenza al fine di accertare le motivazioni e le eventuali responsabilità politiche e istituzionali per cui la comunità «il Forteto», anche a seguito della condanna in secondo grado di Fiesoli per abusi sessuali e maltrattamenti, abbia successivamente ottenuto decine di minori disagiati in affidamento;

2) ad attivare con urgenza tutte le procedure finalizzate all'eventuale commissariamento della cooperativa «Il Forteto».
(1-01605) «Bonafede, Cozzolino, Ferraresi, Agostinelli, Businarolo, Sarti, Spadoni, Gagnarli, Grillo, Lorefice».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

ricorso per inadempienza

violenza sessuale

giurisdizione minorile