ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01398

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 697 del 24/10/2016
Abbinamenti
Atto 1/01395 abbinato in data 24/10/2016
Atto 1/01399 abbinato in data 24/10/2016
Atto 1/01400 abbinato in data 24/10/2016
Atto 1/01402 abbinato in data 24/10/2016
Atto 1/01403 abbinato in data 24/10/2016
Atto 1/01404 abbinato in data 25/10/2016
Atto 1/01407 abbinato in data 25/10/2016
Atto 1/01408 abbinato in data 25/10/2016
Firmatari
Primo firmatario: GRILLO GIULIA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 24/10/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
LOREFICE MARIALUCIA MOVIMENTO 5 STELLE 24/10/2016
GIORDANO SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE 24/10/2016
MANTERO MATTEO MOVIMENTO 5 STELLE 24/10/2016
COLONNESE VEGA MOVIMENTO 5 STELLE 24/10/2016
DI VITA GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE 24/10/2016
NESCI DALILA MOVIMENTO 5 STELLE 24/10/2016
BARONI MASSIMO ENRICO MOVIMENTO 5 STELLE 24/10/2016
CECCONI ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE 24/10/2016
DALL'OSSO MATTEO MOVIMENTO 5 STELLE 24/10/2016


Stato iter:
25/10/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 24/10/2016
Resoconto LOREFICE MARIALUCIA MOVIMENTO 5 STELLE
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 24/10/2016
Resoconto LENZI DONATA PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO GOVERNO 25/10/2016
Resoconto DE FILIPPO VITO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SALUTE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 25/10/2016
Resoconto MONCHIERO GIOVANNI CIVICI E INNOVATORI
Resoconto RONDINI MARCO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto CALABRO' RAFFAELE AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Resoconto BRIGNONE BEATRICE MISTO-ALTERNATIVA LIBERA-POSSIBILE
Resoconto NICCHI MARISA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto RIZZETTO WALTER FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto RUSSO PAOLO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto NESCI DALILA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto LENZI DONATA PARTITO DEMOCRATICO
 
PARERE GOVERNO 25/10/2016
Resoconto DE FILIPPO VITO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SALUTE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 24/10/2016

DISCUSSIONE IL 24/10/2016

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 24/10/2016

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 25/10/2016

DISCUSSIONE IL 25/10/2016

PROPOSTA RIFORMULAZIONE IL 25/10/2016

NON ACCOLTO IL 25/10/2016

PARERE GOVERNO IL 25/10/2016

RESPINTO IL 25/10/2016

CONCLUSO IL 25/10/2016

Atto Camera

Mozione 1-01398
presentato da
GRILLO Giulia
testo presentato
Lunedì 24 ottobre 2016
modificato
Martedì 25 ottobre 2016, seduta n. 698

   La Camera,
   premesso che:
    nel mese di dicembre 2012, nel corso di una conferenza stampa, l'allora Ministro della salute Renato Balduzzi ha documentato, con slide esplicative, il progressivo definanziamento del servizio sanitario nazionale che negli anni intercorsi tra il 2012 e il 2015 ha portato ad una riduzione di circa 25 miliardi di euro;
    le successive note di aggiornamento al documento di economia e finanza hanno confermato il trend di definanziamento del servizio sanitario nazionale ed infatti, già nel 2013, questo Governo prevedeva una riduzione progressiva dell'incidenza della spesa sanitaria sul prodotto interno lordo, dal 7,1 per cento al 6,7 per cento, stime di riduzione di spesa che sono state confermate con le successive note di aggiornamento al documento di economia e finanza fino ad arrivare all'ultimo documento di economia e finanza del 2016 dove si stima che nel triennio 2017-2019 il rapporto tra spesa sanitaria e prodotto interno lordo decrescerà dello 0,1 per cento all'anno, per arrivare nel 2019 al 6,5 per cento;
    il decrescere dell'incidenza sul prodotto interno lordo è un elemento inquietante perché si traduce in «meno salute» e si pone al di sotto della media dei Paesi OCSE e al di sotto dell'accettabilità, con inevitabili ripercussioni sulla qualità e l'efficacia dell'assistenza sanitaria e sull'aspettativa di vita, che già studi e ricerche hanno documentato in recentissimi e accreditati rapporti (rapporto Osserva salute dell'anno 2015 e rapporto Istat 2016);
    le stime di spesa annunciate nei diversi documenti di economia e finanza sono state puntualmente corroborate dalle misure finanziarie introdotte nelle leggi di stabilità che hanno concretamente ridotto il livello di finanziamento del servizio sanitario nazionale, peggiorando ulteriormente le stime di spesa già decrescenti e sconfessando le risorse stabilite dal patto per la salute 2014-2016 per il finanziamento del fondo sanitario nazionale e fissate in 109,928 miliardi di euro per il 2014, in 112,062 per il 2015 e in 115,444 per il 2016;
    dunque, se la legge di stabilità 2014 ha ridotto il fondo sanitario nazionale di 1 miliardo e 150 milioni la successiva legge di stabilità del 2015, pur non prevedendo riduzioni dirette del livello di finanziamento del fondo sanitario nazionale, ha determinato una riduzione indiretta del finanziamento del servizio sanitario regionale, anche più rilevante, prevedendo che le regioni contribuissero alla finanza pubblica per circa 4 miliardi di euro, come successivamente concordati in sede di Conferenza Stato-regioni nel mese di luglio 2015 ove si è raggiunta l'intesa per un taglio alla sanità di 2 miliardi e 352 milioni di euro per il 2015 e il 2016;
    il decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, in attuazione anche dell'intesa Stato-regioni del luglio 2015, ha quindi stabilito che il livello del finanziamento del servizio sanitario nazionale a cui concorre lo Stato è ridotto dell'importo di 2.352 milioni di euro a decorrere dal 2015;
    la legge di stabilità 2016 ha operato un ulteriore taglio alla sanità per 1 miliardo e 800 milioni di euro, fissando in 111 miliardi di euro il finanziamento per il 2016, comprensivi di 800 milioni di euro da destinare ai nuovi livelli essenziali di assistenza che, come noto, non sono stati ancora introdotti;
    l'effetto dei tagli sul livello di finanziamento previsto dal patto salute 2014-2016 sono pertanto i seguenti:
     anno 2015: scende da 112,062 a 109,715 miliardi di euro (112,062 - 2,352 miliardi = 109,710);
     anno 2016: scende da 115,444 a 111,097 miliardi di euro (115,444 - 2,352 miliardi - 1,800 miliardi = 111,092);
    nel documento di economia e finanza 2016 si è cristallizzata l'ulteriore previsione di riduzione della spesa pubblica in sanità nella misura corrispondente alle risultanze dell'accordo Stato-regioni dell'11 febbraio 2016, ove si prevede, a carico del servizio sanitario nazionale, quanto stabilito dalla legge di stabilità 2016 la quale al comma 680 ha disposto tagli per: 3.980 milioni per il 2017 e 5.480 milioni per il 2018 e 2019, quale contributo dovuto dalle regioni alla finanza pubblica, tagli che si sommano a quelli previsti nel medesimo accordo Stato-regioni di 100 milioni per la prevenzione e gestione del rischio sanitario e di 280 milioni di euro agli investimenti in edilizia sanitaria;
    i dati del «Rapporto Osserva salute 2015», pubblicato dall'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, delineano un quadro allarmante sullo stato di salute del Paese e, per la prima volta nella storia, l'aspettativa di vita degli italiani è in calo, ciò come diretta conseguenza di una riduzione della prevenzione; emerge un quadro dove i cittadini sono meno attenti alla salute, aumenta il consumo di alcol e aumenta l'obesità e la copertura vaccinale, anche per le profilassi obbligatorie, è inferiore agli obiettivi minimi stabiliti; gli anziani rinunciano a vaccinarsi contro le influenze (si è passati dal 64 per cento al 49 per cento); aumenta l'incidenza delle patologie, in specie di quelle tumorali e anche per quei tumori ove la prevenzione si è dimostrata altamente efficace (come ad esempio i tumori al seno); inquietanti sono infine i dati relativi all'aumento consistente della mortalità che rilevano per l'anno 2015 54.000 morti in più;
    anche il «rapporto Osserva salute 2015» conferma la diminuzione delle risorse pubbliche destinate alla salute dei cittadini e soprattutto delle risorse per la prevenzione alla quale è destinata l'irrisoria percentuale del 4,1 per cento del totale della spesa sanitaria; ugualmente si conferma la drastica riduzione delle spese per il personale sanitario;
    alla sottrazione delle risorse economiche si aggiunge la grave e perdurante sottrazione delle risorse umane, attraverso il blocco del turnover e attraverso altre misure di contenimento della spesa sul personale che hanno generato un aumento dell'età media dei dipendenti, un incremento dei carichi di lavoro e dei turni straordinari di lavoro del personale (nonostante la direttiva europea – recepita con legge n. 161 del 2014 entrata in vigore dal 25 novembre 2015 ed ancora inapplicata – abbia imposto all'Italia di adeguare l'orario di lavoro anche del personale sanitario), nonché una sempre più diffusa abitudine a ricorrere a varie forme di lavoro flessibile e precario anche in settori molto delicati dal punto di vista assistenziale (dal pronto soccorso alla rianimazione), determinando un progressivo indebolimento della sanità pubblica che in tal maniera e in queste condizioni emergenziali non è più in grado di rispondere ai bisogni della popolazione, con un conseguente aumento delle liste di attesa e limitazioni dell'offerta di cura e assistenza, soprattutto nella componente socio-sanitaria;
    con l'approvazione di una mozione del M5S il Governo si era impegnato allo sblocco del turnover e all'attuazione delle procedure di mobilità interregionale del personale sanitario ed anche con la legge di stabilità 2016 si era condivisa la necessità di porre in essere procedure concorsuali straordinarie per l'assunzione di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico sulla base delle valutazioni dei fabbisogni regionali, in particolare per l'applicazione della già citata legge dello Stato n. 161 del 2014, impegni che allo stato attuale non risultano essere stati rispettati nonostante continue e ripetute giustificazioni avanzate nel corso delle diverse interrogazioni parlamentari che ne chiedevano conto;
    altro grave vulnus al servizio sanitario nazionale è stato inferto dal decreto ministeriale 9 dicembre 2015 sull'appropriatezza prescrittiva, introdotta dal decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, con il quale sono state individuate le condizioni di erogabilità e le indicazioni prioritarie per la prescrizione appropriata delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale ad alto rischio di inappropriatezza; questo ha significato collocare al di fuori delle condizioni di erogabilità numerose prestazioni (circa 203) che saranno pagate dai cittadini; il decreto, tuttora vigente, dovrebbe essere abrogato, almeno secondo quanto risulta dalla bozza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui livelli essenziali di assistenza che pur mantiene alcune condizioni di appropriatezza prescrittiva per talune prestazioni di specialistica ambulatoriale (circa 40); è chiaro ed evidente che con il meccanismo dell'appropriatezza prescrittiva o delle condizioni di erogabilità si è di fatto voluto spostare sui cittadini il costo di una parte delle prestazioni che erano garantite dal servizio sanitario nazionale pubblico e universalistico;
    il documento di economia e finanza 2016 ha evidenziato altri due dati significativi: la riduzione del numero delle ricette, in misura pari al 2,3 per cento circa rispetto al 2014 e la crescita della quota di compartecipazione a carico dei cittadini (aumento dei ticket), con un incremento di circa l'1 per cento rispetto al 2014; tale correlazione di fattori (riduzione di ricette e aumento di ticket) sono il segnale drammatico della tendenza ad un minore ricorso alle cure da parte dei cittadini, in ragione di costi non più sostenibili sia del prezzo dei farmaci e delle prestazioni sanitarie e sia del livello di compartecipazione, elementi questi che testimoniano quanto e come siano i cittadini a pagare lo smantellamento di fatto del servizio sanitario pubblico, operato proprio attraverso la progressiva sottrazione di risorse umane ed economiche;
    quanto rilevato dal documento di economia e finanza 2016 in riferimento alla riduzione del numero delle ricette e all'aumento del ticket trova conferma nel 18o rapporto Pit salute «Sanità pubblica, accesso privato», elaborato dal Tribunale per i diritti del malato e cittadinanzattiva, laddove evidenzia che i cittadini sono oggi costretti a sacrificare la propria salute oppure sono costretti a rivolgersi al privato a causa dei tempi delle liste di attesa e del costo insostenibile dei ticket, elementi per l'appunto sintomatici della inaccessibilità al servizio pubblico sanitario e del suo smantellamento, tempi e costi insostenibili anche con riguardo a prestazioni ed esami di routine, come una semplice ecografia per la quale, secondo il rapporto citato, occorrono nove mesi di attesa anche per l'area oncologica; questi ostacoli costringono dunque ad un bivio: rinuncia o sanità privata, bivio che si dissolve in inevitabile rinuncia laddove il reddito delle famiglie è praticamente inesistente o non consente di rivolgersi al privato;
    i dati del rapporto del Tribunale del malato e cittadinanzattiva sono inquietanti e le segnalazioni sui lunghi tempi di attesa sono al 58,7 per cento; quasi ugualmente ripartite fra esami diagnostici (36,7 per cento), interventi chirurgici (28,8 per cento) e visite specialistiche (26,3 per cento), i cittadini devono attendere fino a 13 mesi per una risonanza magnetica e, dinanzi a tali dati, Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-cittadinanzattiva ha affermato che «Ci vogliono abituare a considerare l'intramoenia e il privato come normali canali di accesso alle prestazioni sanitarie di cui si ha bisogno (...). Le difficoltà di accesso anche in oncologia sono un grave campanello di allarme, purtroppo inascoltato»;
    il ricorso all’intramoenia è dunque spesso una conseguenza obbligata per il cittadino dinanzi alle lunghe liste di attesa e alle inefficienze del servizio sanitario nazionale, in netto contrasto con quanto previsto dalle norme che avevano introdotto tale istituto. La legge n. 120 del 2007, concernente l'attività libero-professionale intramuraria, prevede il progressivo allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell'ambito dell'attività istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime di libera professione intramuraria, proprio al fine di assicurare che il ricorso a quest'ultima sia la conseguenza della libera scelta del cittadino e non già la conseguenza di una carenza nell'organizzazione dei servizi resi nell'ambito dell'attività istituzionale;
    l'Anac, con la determina n. 12 del 2015 concernente l'aggiornamento del piano nazionale anticorruzione colloca tra gli eventi a rischio di corruzione proprio l'attività intramoenia laddove vi sia, ad esempio, l'errata indicazione al paziente delle modalità e dei tempi di accesso alle prestazioni in regime assistenziale, la violazione del limite dei volumi di attività previsti nell'autorizzazione, lo svolgimento della libera professione in orario di servizio, il trattamento più favorevole dei pazienti trattati in libera professione. Tra le possibili misure di contrasto l'Anac individua: l'informatizzazione delle liste di attesa, l'obbligo di prenotazione di tutte le prestazioni attraverso il Cup aziendale o sovraziendale con gestione delle agende dei professionisti in relazione alla gravità della patologia, l'aggiornamento periodico delle liste di attesa, la verifica periodica del rispetto dei volumi concordati in sede di autorizzazione, l'adozione di un sistema di gestione informatica dell'attività libero-professionale intramuraria dalla prenotazione alla fatturazione, l'adozione di una disciplina dei ricoveri in regime di libera professione e la previsione di specifiche sanzioni;
    l'8 giugno 2016 sono stati presentati i dati della ricerca Censis-Rbm assicurazione salute sulla sanità integrativa dai quali emerge che dal 2013 al 2015 la spesa sanitaria privata è aumentata del 3,2 per cento. (oltre 35 miliardi di euro) e che nell'ultimo anno ben 11 milioni (2 milioni in più rispetto al 2012) di cittadini hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie; il 72,6 per cento di 10 milioni di cittadini che ricorrono di più al privato dichiara che il ricorso al privato è determinato dai tempi lunghi delle liste di attesa; già i dati OCSE, nel 2014 rilevavano che la spesa privata in Italia aveva raggiunto i 33 miliardi di euro (+2 per cento rispetto al 2013), precisando che la differenza sostanziale rispetto ad altri Paesi europei è che l'82 per cento è out-of-pocket (di tasca propria), con una spesa pro-capite di oltre 500 euro all'anno;
    anche l'Agenas nella sua relazione sulla compartecipazione alla spesa nelle regioni per l'anno 2015 rileva che «la conseguenza di ticket elevati, come già alcune evidenze dimostrano, sono la rinuncia alle prestazioni ovvero la “fuga” dal Servizio Sanitario Nazionale verso strutture sanitarie private, spesso in grado di offrire prestazioni a tariffe concorrenziali rispetto ai ticket. Il rischio, nel perdurare di tali situazioni, è la scomparsa di livelli di assistenza previsti ma di fatto superati da incoerenti misure della compartecipazione»;
    la cosiddetta «sanità integrativa» come concepita dal decreto legislativo n. 502 del 1992 ha l'esclusiva finalità di favorire l'erogazione di forme di assistenza sanitaria integrativa rispetto a quelle assicurate (e che devono essere assicurate) dal servizio sanitario nazionale e tali forme integrative sono quindi finalizzate a coprire solo prestazioni non essenziali e non incluse nei livelli essenziali di assistenza; pertanto, i cosiddetti fondi integrativi o le polizze assicurative non possono e non devono sostituirsi al primo pilastro del sistema pubblico di salute che è e rimane il servizio sanitario nazionale, basato sui principi di universalità, equità e solidarietà, come diretta attuazione dell'articolo 32 della Costituzione;
    invece per quanto sopra premesso in relazione alla crescita esponenziale della spesa sanitaria privata, come anche rilevato al riguardo dal citato studio CENSIS-RBM salute, è evidente che queste forme di sanità integrativa si sta o via via rivelando o le si stanno prospettando alla generalità dei cittadini come uniche forme risolutive dell'inaccessibilità alle cure e all'assistenza e come l'unica forma di superamento delle difficoltà in cui versa il sistema pubblico di salute;
    in tale quadro, dunque, di fronte a questo tangibile smantellamento del servizio sanitario pubblico, prendono corpo e s'inseriscono le diverse soluzioni o proposte di partenariato pubblico-privato, se non addirittura chiaramente «di copertura assicurativa» dei bisogni assistenziali, che questo Governo introduce, o ai sistematicamente, in tutti i suoi provvedimenti; emblematica è ad esempio la legge sul «dopo di noi» ove si disciplina la detraibilità delle spese sostenute per le polizze assicurative finalizzate alla tutela delle persone con disabilità grave ed eleva il limite di tale detrazione o laddove prevede soluzioni dispositive dei patrimoni dei disabili finalizzate alla tutela degli stessi;
    la sostenibilità economica del servizio sanitario nazionale non può e non deve passare attraverso una compressione del diritto alla salute e non può passare attraverso la riduzione di risorse economiche e umane, né può passare attraverso una privatizzazione di fatto, ma attraverso un efficace smantellamento di tutte le diseconomie, gli sprechi e le sacche di opacità e corruzione che non possono essere risolte solo con accordi, protocolli o dichiarazioni d'intenti ma piuttosto con un effettivo e immediato sistema sanzionatorio che arrivi finanche a rimuovere, con immediatezza, i funzionari o i dirigenti ritenuti responsabili di danno erariale dalla Corte dei Conti;
    il rapporto della Rete europea contro le frodi e la corruzione in sanità stimava in sei miliardi di euro la quantità di risorse sottratte alla sanità italiana, cifra peraltro non ritenuta esaustiva dal «libro bianco» di ISPE (Istituto per la promozione dell'etica) secondo il quale tali cifre non tengono conto dell'indotto (inefficienza e sprechi) correlato agli eventi corruttivi accertati dalla magistratura, indotto che porta a stimare il costo della corruzione addirittura in 23,6 miliardi di euro l'anno;
    un'efficace lotta alla corruzione deve coinvolgere tutti i cittadini e tutti i funzionari pubblici sollecitando, attraverso tutele ed incentivi specifici, uno spirito di servizio che porti a segnalare ogni forma di illecito e ogni evento corruttivo, tutele specifiche che garantiscano il denunciante attraverso un anonimato inviolabile e incentivi che prevedano forme di premialità su quanto ritorna all'amministrazione in termini di risarcimento per danno erariale e come conseguenza della denuncia o segnalazione fatta;
    i dati sulla corruzione in sanità rilevano la forte sperequazione regionale esistente nel nostro Paese anche in termini di garanzia, qualità, efficacia ed efficienza ed infatti i dati diffusi dal rapporto succitato ripartiscono così i fenomeni corruttivi: 41 per cento al Sud, 30 per cento al Centro, il 23 per cento al Nord e il 6 per cento è costituito da diversi reati compiuti in più luoghi;
    con il recente decreto-legge sugli enti territoriali il Governo è intervenuto sui costi standard (introdotti per dare attuazione al federalismo fiscale e per controllare gli sprechi nella sanità), senza affrontare in maniera incisiva la sperequazione regionale esistente che per l'appunto si rileva anche nei fenomeni corruttivi succitati e, continuando a prendere a riferimento regioni «modello», non tiene conto delle condizioni di partenza delle regioni e delle variabili determinate dalle carenze strutturali presenti in alcune aree territoriali, atte ad incidere sui costi delle prestazioni, variabili che andrebbero individuate sulla base di specifici indicatori socio-economici, ambientali, culturali e di deprivazione;
    il decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, sugli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera non fa altro che cronicizzare la sperequazione esistente tra le regioni prevedendo che le stesse provvedano alla riduzione della dotazione dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario regionale, ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti (come determinati dal «decreto Balduzzi»), comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, facendo riferimento alla popolazione residente in base ai criteri utilizzati per il computo del costo standard per il macro-livello di assistenza ospedaliera ai fini della determinazione del fabbisogno sanitario standard regionale, numero di posti letto incrementato o decrementato in relazione alla mobilità tra regioni;
    per quanto riguarda l'offerta di posti letto ospedalieri a livello europeo, l'Italia (3,7 posti ogni mille abitanti) si colloca al di sotto della media europea (5,5 posti letto) e il meccanismo indicato dal succitato decreto n. 70 del 2015 penalizza, nella programmazione della dotazione dei posti letto, quelle regioni italiane che risultano avere un saldo positivo di mobilità e che di fatto finanziano il sistema sanitario di regioni ritenute virtuose proprio attraverso le risorse provenienti dalla mobilità attiva;
    la riduzione dei posti letto della rete ospedaliera, nelle intenzioni del «decreto Balduzzi», era e doveva essere armonizzata con un'implementazione dell'assistenza territoriale, dei presidi sul territorio anche attraverso i cosiddetti ospedali di comunità, ma alla tanta solerzia nel definire i tagli dei posti letto non ha fatto da contraltare la definizione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi dei presidi territoriali/ospedali di comunità previsti nel punto 17 del patto della salute 2014-2016;
    lo stravolgimento operato sull'assistenza ospedaliera e territoriale ha colto impreparati tutti i cittadini che non sanno più a quale servizio rivolgersi per soddisfare i loro bisogni di salute e assistenza, che assistono inermi a chiusure di presidi e ospedali e che si vedono quotidianamente respinti nei loro accessi al servizio sanitario nazionale; al riguardo non è stato concepito neanche un piano di comunicazione a favore dei cittadini e per favorire il pieno funzionamento del nuovo sistema di assistenza territoriale su tutto il territorio nazionale;
    l'idea d'implementare l'assistenza territoriale attraverso una riorganizzazione delle cure primarie, anche al fine di efficientare l'assistenza ospedaliera ed in particolar modo la rete emergenza-urgenza, non sembra sortire i benefici auspicati nel «decreto Balduzzi», considerato che tale riorganizzazione non ha fatto i conti con il serio problema della progressiva carenza dei medici di famiglia e rispetto alla quale già nel 2012 l'Enpam e la Fimmg rilevavano una stima drammatica sui pensionamenti e sulle susseguenti carenze assistenziali, stimando che dal 2015 al 2025 sarebbero andati in pensione complessivamente circa 40.000 tra medici di medicina generale, guardie mediche e pediatri, con un'impennata di 25.000 pensionamenti che rischiano di non essere sostituiti, e già allora si temeva che, per i successivi 10 anni, 25 milioni di italiani sarebbero potuti rimanere senza assistenza;
    il 2 agosto 2016 nel corso di un'audizione in Senato nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla sostenibilità del servizio sanitario nazionale, con particolare riferimento alla garanzia dei principi di universalità, solidarietà ed equità, la Fimmg ha presentato gli ulteriori dati sulle prospettive occupazionali e di pensionamento e ribadisce: «Ulteriore sfida, che dovrà essere affrontata dall'ACN (Accordo collettivo nazionale), è quella del rapido ricambio generazionale determinato oltre che dall'età media avanzata dei medici attivi, da una tendenza al prepensionamento (che passa dal 10 per cento del 2005 al 40 per cento degli ultimi anni) e che aumenta la necessità di formare medici alla medicina generale in numero adeguato alle crescenti esigenze»;
    la riorganizzazione delle cure primarie e il processo di de-ospedalizzazione richiede oltre che un concreto rafforzamento dell'assistenza territoriale anche un robusto investimento in prevenzione, investimento che deve essere garantito con risorse economiche adeguate e con professionisti dedicati e, in tale ottica, il decreto-legge n. 158 del 13 settembre 2012, cosiddetto «decreto Balduzzi», nella sua attuazione, sta svelando tutte le sue debolezze correlate al principio ispiratore del decreto medesimo: la spending review; ed è così che si assiste quotidianamente all'accorpamento di strutture sanitarie, alla creazione di mega distretti lontani dai cittadini e alla chiusura inaccettabile di punti nascita; l'esigenza di assicurare la continuità assistenziale è insoddisfatta così come appare insoddisfatta l'integrazione tra cure territoriali e ospedaliere;
    sarebbe stato lungimirante, probabilmente anche più economico, dare attuazione alla normativa vigente in materia di consultori familiari, nati e concepiti proprio quale integrazione di compiti e funzioni di natura sanitaria, sociosanitaria e sociale; il consultorio, vicino al cittadino, doveva rappresentare il luogo multiprofessionale di prevenzione e assistenza primaria e di tutela socio-sanitaria attraverso un supporto multidisciplinare alla persona, alla coppia e alla famiglia in tutto le varie fasi del suo evolversi; il consultorio dovrebbe rispondere in maniera personalizzata, attraverso consulenze e prestazioni specialistiche, a tutte le problematiche connesse alla sessualità, all'infertilità e alla contraccezione, alla gravidanza, alla nascita e al post partum, all'interruzione volontaria di gravidanza, alla menopausa, ai problemi andrologici, al disagio psicologico e al disagio familiare, alla ludopatia e alle dipendenze, ai fenomeni di bullismo, al disagio dei giovani, all'integrazione culturale di immigrati, alla violenza sulle donne e sui minori. Per affrontare tutto questo è sufficiente dare attuazione ad una delle leggi più civili che il legislatore sia stato in grado di concepire, assicurando figure professionali come ginecologi, ostetriche, infermieri, assistenti sociali, mediatori culturali, linguistici e legali;
    dal 1975, anno della legge sui consultori, si è invece percorsa una strada ad ostacoli e da un'attuazione a macchia di leopardo nelle diverse regioni italiane si è passati ad un progressivo e incalzante depotenziamento e al loro smantellamento. Nel contempo, si sono percorse strade legislative, anche informative, sulla salute e cultura di genere, sul disagio psicologico, sulla prevenzione, sulla sana alimentazione, sul sostegno alle famiglie assolutamente fallimentari; in tal senso emblematica è la triste e recente campagna sul fertility day ove si sono disvelate concezioni retrograde sulla maternità responsabile, umilianti per l'identità di genere e di etnia, mentre sulla tutela del parto fisiologico ci si arena, ormai da troppe legislature, senza garantire di fatto condizioni del parto appropriate e anche più economiche che riducano i costi connessi all'abuso nel ricorso al parto cesareo;
    sulla maternità responsabile non si risolve il serio problema di politiche efficaci per la famiglia, non si consente alle donne di conciliare i tempi della famiglia con i tempi del lavoro, non si forniscono servizi e sostegni reddituali adeguati, non si risolve il serio problema dell'assenza di professionisti non obiettori che di fatto rende non pienamente applicabile la legge n. 194 sull'interruzione di gravidanza, con conseguenze anche drammatiche e pressoché quotidiane sulla salute delle donne in alcuni casi costrette addirittura ad aborti clandestini; il recente inserimento dei contraccettivi in fascia C è un ritorno al passato ed una compromissione inaccettabile del diritto della donna;
    sui problemi alimentari, sulle dipendenze e sulla ludopatia s'intraprendono politiche economiche di fatto incentivanti e non s'interviene in maniera incisiva sulla pubblicità diretta e indiretta;
    sulle malattie rare, sull'autismo e sulla non autosufficienza le risorse che vengono stanziate sono sempre e comunque esigue e anche laddove stanziate tendono ad essere utilizzate non già per garantire un'assistenza diretta o per soddisfare i bisogni assistenziali sottesi quanto piuttosto a coprire costi connessi ai fattori burocratici o organizzativi; esempio emblematico sono le risorse di 5 milioni di euro stanziate per il fondo che aveva come fine la cura e l'abilitazione dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, mentre dal recente schema del decreto del Ministero della salute, diffuso dagli organi di stampa, emerge che tale fondo sarà destinato per l'emanazione di linee guida, linee di indirizzo e per progetti di ricerca anziché per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, come previsto all'articolo 3 della legge n. 134 del 2015;
    è ormai una costante il mancato aggiornamento del decreto che individua i livelli essenziali di assistenza (ancora oggi questo decreto non è in Gazzetta ufficiale) e conseguentemente anche l'elenco delle malattie rare. Questo ritardo non è accettabile quando una malattia rara è riconosciuta e certificata dai presidi della rete, pertanto è necessario prevedere che una malattia rara debba essere inserita in tempo reale nel registro nazionale delle malattie rare, evitando lungaggini burocratiche che nulla hanno a che fare con l'identificazione della malattia rara, assicurando altresì in tempo reale ogni esenzione di cura e assistenza;
    come risulta dal documento di economia e finanza 2016, nel 2015 la spesa sanitaria corrente è risultata pari a 112.408 milioni, con un tasso di incremento dell'1 per cento rispetto al 2014 e l'incremento di circa 1,1 miliardi di euro è dovuto principalmente alla dinamica della spesa per prodotti farmaceutici; nonostante ciò, si continua a non intervenire per garantire la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi dei farmaci che sono contrattati dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) secondo procedure negoziali e accordi non trasparenti e secretati, per il tramite delle cosiddette clausole di riservatezza, clausole «bocciate» anche dall'Antitrust;
    è proprio questo meccanismo di fissazione del prezzo dei farmaci e i fondi insufficienti che determinano anche l'indisponibilità dei farmaci innovativi e di quelli necessari alla cura dell'epatite C ed, invece che incidere sulla governance farmaceutica, si prediligono misure atte a realizzare una vera e propria «guerra tra poveri ammalati», assicurando i farmaci per l'epatite C prima a coloro che sono quasi «sul letto di morte», mentre i «meno gravi» possono aspettare o addirittura sperare di aggravarsi per avere diritto al farmaco; è necessario intervenire con urgenza adottando un piano nazionale di eradicazione del virus dell'epatite C e assicurando a tutti coloro che ne hanno bisogno il farmaco necessario;
    sull'eccessiva spesa farmaceutica si adottano politiche di contenimento su farmaci necessari alla salute già compromessa dei cittadini, ma non si adottano politiche di prevenzione lungimiranti, come ad esempio quelle sull'uso di antibiotici. Il comunicato stampa dell'Agenzia nazionale del farmaco del 10 maggio 2016 ha lanciato l'allarme sullo sviluppo di resistenze antimicrobiche sia nella medicina umana che veterinaria e rappresenta oggi una minaccia seria alla salute globale; è necessario che si adottino politiche di prevenzione e cooperazione atte a modificare i comportamenti di tutti gli attori coinvolti: allevatori, medici, consumatori e pazienti. Al riguardo l'Unione europea, nell'ottica della One Health, è attiva da più di 15 anni nel contrasto a tale minaccia con una serie di piani e di azioni che spaziano da attività di prevenzione delle infezioni microbiche e della loro diffusione, al controllo sull'utilizzo appropriato e prudente dei farmaci sia in medicina umana ed animale, allo sviluppo di nuovi antibiotici e al miglioramento della comunicazione, educazione formazione per operatori e pazienti;
    anche sul fronte dei vaccini le politiche messe in piedi da questo Governo sono ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo di totale asservimento nei confronti delle case farmaceutiche, confortate da un contesto che non elimina all'origine l'esistenza di qualsivoglia conflitto di interesse tra le case farmaceutiche e chi è chiamato a decidere o ad esprimere pareri sull'immissione in commercio dei vaccini e agevolate dall'assenza di informazioni e studi indipendenti riguardo ai dati relativi agli studi preclinici e clinici relativi agli effetti dei vaccini, anche a distanza di anni. Al riguardo, la somministrazione obbligatoria di vaccini in associazione, di fatto monopolizza in poche case farmaceutiche la produzione degli stessi vaccini con inevitabili e rilevanti costi a carico del servizio sanitario nazionale ed infatti, a legislazione vigente, sono prescritti come obbligatori 4 vaccini in età pediatrica e, non essendo forniti in formato singolo o di vaccino tetravalente, si offre ai cittadini, come unica soluzione, il ricorso all'esavalente che contiene anche altri due vaccini, non obbligatori ma fortemente consigliati. Un piano vaccinale efficace dovrebbe fondarsi su un sistema pubblico nazionale informatizzato che dia conto a tutti i cittadini della certificazione e registrazione dei vaccini, dei dati relativi agli studi preclinici e clinici, degli esiti, anche negativi, e dei susseguenti indennizzi;
    il dominus della spesa sanitaria nelle strutture sanitarie è il direttore generale e sulla sua gestione manageriale occorre intervenire efficacemente, in tal senso la recente approvazione del decreto legislativo sulla dirigenza sanitaria attuativo della legge «delega Madia» prevede la valutazione dell'operato dei direttori generali e la verifica dei risultati aziendali, ma la prospettata decadenza degli stessi dall'elenco nazionale dei direttori generali in caso di valutazioni negative o di inadempienze sulla trasparenza non appare risolutiva laddove consente il reinserimento nell'elenco e laddove non prospetta alcuna ipotesi di revoca dell'incarico e di divieto di rinnovo di conferimento d'incarichi in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, in presenza di condanna anche non definitiva, da parte della Corte dei conti;
    appare altresì inconcepibile e incomprensibile che meccanismi imparziali e trasparenti di selezione e valutazione sulla dirigenza non trovino applicazione in tutti quegli enti vigilati dal Ministero della salute e che pure rappresentano il vertice dell'intero sistema sanitario, dal quale si snodano tutte le politiche sanitarie del paese, e senza che il Parlamento possa in alcun modo indagare o valutare la discrezionalità operata dal Ministro della salute nella scelta di tali dirigenti; le recentissime nomine dirigenziali avvenute, ad esempio, all'interno, dell'Aifa, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non rispondono e non soddisfano né le vigenti norme sull'accesso alla dirigenza nel pubblico impiego né tanto meno le norme sulla dirigenza sanitaria di recente approvazione;
    la legge n. 833 del 23 dicembre 1978 istitutiva del servizio sanitario nazionale ha dato all'Italia la patente di uno dei migliori sistemi di salute pubblica al mondo e nonostante le successive riforme, ivi inclusa la riforma del titolo V della parte II della Costituzione, ne abbiano mutato sostanzialmente l'evoluzione e la struttura, ha consentito al nostro Paese di mantenere saldo il principio dell'universalità come sancito dall'articolo 32 della Costituzione, ed in tal senso anche l'Oms ha considerato che il servizio sanitario nazionale del nostro Paese uno dei migliori al mondo per la correlazione esistente tra lo stato di salute della popolazione e il soddisfacimento dei bisogni assistenziali;
    i miliardi di euro tagliati al servizio sanitario nazionale succitati sono la conseguenza degli obblighi contenuti nel «Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria», ennesimo tassello di patti interni al sistema dell'euro atti a vincolare i bilanci statali;
    con la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, l'Italia ha introdotto nella propria Costituzione il pareggio di bilancio, agli articoli 81 e 97, così limitando in via definitiva la tutela dei diritti fondamentali, tra cui il diritto alla salute e le riferite misure di contenimento della spesa pubblica sono funzionali a perpetuare l'emissione di moneta da parte della banca privata Bce, in cambio della quale lo Stato s'indebita senza alcun controvalore in beni o servizi; dunque la progressiva diminuzione delle risorse per la sanità deriva, dalle suindicate misure correlate al meccanismo di indebitamento pubblico, il quale di fatto azzera la sovranità popolare di cui all'articolo 1 della Costituzione,

impegna il Governo:

1) a salvaguardare il servizio sanitario nazionale pubblico e universalistico attraverso iniziative volte a un recupero integrale di tutte le risorse economiche sottratte in questi anni con le diverse misure di finanza pubblica, garantendo una sostenibilità economica effettiva ai livelli essenziali di assistenza attraverso il finanziamento del fondo sanitario nazionale, senza alcuna condizione correlata all'appropriatezza prescrittiva o a condizioni di erogabilità o a successivi e aleatori decreti attuativi;
2) a disincentivare ogni forma di sanità integrativa che non sia finalizzata all'esclusiva copertura di prestazioni non essenziali e non incluse nei livelli essenziali di assistenza;
3) a garantire i livelli essenziali di assistenza anche attraverso percorsi di assistenza personalizzati e vicini al cittadino oltreché adeguatamente accessibili, riordinando il sistema di accesso alle prestazioni nell'ottica di ridurne i tempi di attesa e disincentivando il ricorso alla sanità privata quale diretta conseguenza dell'inefficienza del servizio sanitario nazionale, eliminando altresì ogni forma di spreco che derivi da una non appropriata organizzazione dei servizi e dell'assistenza, da una governance sanitaria non adeguata, da un mancato ammodernamento tecnologico e digitale del servizio sanitario nazionale e dall'assenza di efficaci politiche sulla trasparenza e sulla prevenzione della corruzione;
4) ad assumere iniziative per garantire al servizio sanitario nazionale le risorse umane di cui necessita, provvedendo allo sblocco del turnover, all'attuazione delle procedure di mobilità interregionale del personale sanitario in relazione alle piante organiche e attivando le procedure concorsuali straordinarie già previste nella legge di stabilità 2016;
5) a rispettare, pienamente e in tempi rapidi, gli impegni presi con la mozione n. 1-01009 approvata il 15 ottobre 2015 e concernente l'adozione di provvedimenti efficaci e sistematici volti a prevenire i meccanismi e le prassi amministrative che favoriscono l'insorgenza di fenomeni di corruzione in ambito sanitario, dando altresì concreta attuazione alle normative già esistenti in favore della trasparenza, in particolare al decreto legislativo n. 33 del 2013, e completando l'informatizzazione del sistema sanitario nazionale previsto dall'articolo 14 del patto per la salute, entro e non oltre le scadenze programmate dall'Agenda digitale, con particolare riferimento al fascicolo sanitario elettronico, alle ricette digitali, alla dematerializzazione di referti e cartelle cliniche e alle prenotazioni e ai pagamenti on-line;
6) a dare attuazione concreta ai costi standard e alla centralizzazione degli acquisti, uniformando le spese e la variazione dei costi per l'acquisto e la fornitura di dispositivi, farmaci ospedalieri, materiali, apparecchiature e servizi in ambito sanitario;
7) ad assumere iniziative per introdurre dei correttivi nella determinazione dei fabbisogni standard delle regioni italiane più in difficoltà, in cui le carenze strutturali inevitabilmente determinano variazioni sui costi delle prestazioni, tenendo conto delle condizioni geomorfologiche e demografiche, nonché delle condizioni di deprivazione e di povertà sociale;
8) ad adottare iniziative atte a controllare i prezzi dei farmaci, garantendo che le intese in materia di prezzi siano trasparenti e conoscibili, con evidenza del metodo utilizzato per la definizione del prezzo e degli utili, anche modificando il sistema di rimborso dei farmaci e avviando un processo di riordino dell'Aifa;
9) ad assumere iniziative per introdurre disposizioni normative efficaci, anche all'interno del prossimo disegno di legge di bilancio, rispetto all'importazione di medicinali che, sebbene registrati anche in Italia, sono di fatto indisponibili, garantendo un'adeguata attività, in collaborazione con le regioni, per l'individuazione di pazienti eleggibili per i trattamenti e il rilascio della relativa prescrizione medica, assicurando un concreto monitoraggio e controllo presso i luoghi di produzione dei medicinali equivalenti;
10) ad assumere iniziative per stanziare risorse sufficienti per l'acquisto di medicinali innovativi eliminando ogni disparità nell'accesso ai farmaci per l'epatite C, ossia i criteri di priorità correlati alle condizioni di gravità della malattia;
11) ad assumere iniziative volte a prevedere la revoca dell'incarico o il divieto di rinnovo di conferimento di incarichi in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, in presenza di condanna anche non definitiva, da parte della Corte dei conti, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose, per i direttori generali, i direttori amministrativi e di direttori sanitari, nonché, ove previsto dalla legislazione regionale, per i direttori dei servizi socio-sanitari, delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale;
12) a prevedere, secondo i dettami riportati nel decreto legislativo n. 171 del 2016 sulla dirigenza sanitaria e comunque in attuazione dei principi ispiratori della cosiddetta «delega Madia», procedure di avviso pubblico per l'individuazione dei direttori generali di tutti gli enti sottoposti alla vigilanza del Ministero della salute, a partire dall'AIFA che fissa al 16 novembre 2016 la scadenza del mandato del proprio direttore generale, assicurando valutazioni e verifiche del loro operato da rendere note alle commissioni parlamentari competenti;
13) a prevedere, all'interno del prossimo disegno di legge di bilancio, per il periodo successivo a quello di attuazione del nuovo patto della salute 2014-2016, la rivisitazione del calcolo per la definizione dei posti letto indicato in premessa eliminando, attraverso una programmazione quinquennale, gli aspetti relativi all'incremento o decremento degli stessi per effetto della mobilità tra le regioni, facendo comunque salvi i posti letto attualmente disponibili nelle regioni italiane, assicurando che eventuali maggiori oneri, provenienti dall'incremento dei posti letto, o da altri servizi sanitari (ad esempio prevenzione collettiva, assistenza domiciliare), da parte delle regioni con saldo di mobilità passiva trovino copertura attraverso la riduzione progressiva – nel quinquennio – delle quote cedute dalle stesse nei confronti delle regioni con saldo di mobilità positiva;
14) ad attivarsi affinché, entro il corrente anno, siano definiti i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi dei presidi territoriali/ospedali di comunità previsti nel punto 17 del Patto della salute 2014-2016;
15) ad attivarsi affinché, entro il corrente anno, ogni singola regione e provincia autonoma provveda all'analisi dei fabbisogni per la corretta espletazione delle attività previste nell'atto di indirizzo per la medicina convenzionata sul modello previsto all'articolo 1, comma 541, lettera b), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e affinché siano fornite tutte le informazioni rispetto alla configurazione della rete informatica per il corretto collegamento dei vari attori della medicina convenzionata;
16) a predisporre, entro il corrente anno, il piano di comunicazione a favore dei cittadini per favorire il pieno funzionamento e la conoscibilità del nuovo sistema di assistenza territoriale su tutto il territorio nazionale;
17) ad attivarsi per una politica efficace di prevenzione sull'uso degli antibiotici, dotando gli ospedali di servizi di microbiologia permanente, adottando iniziative efficaci che mirino alla riduzione del consumo degli antibiotici, promuovendo l'introduzione di dosi unitarie o pacchetti personalizzati al fine di evitare autoprescrizioni da parte dei cittadini, attivando una formazione specifica per gli operatori, nonché campagne di sensibilizzazione e informazione di educazione sanitaria per tutti i cittadini, affinché agiscano in modo proattivo per ridurre la minaccia alla resistenza antibiotica umana e animale;
18) ad attivarsi affinché, nell'ambito della definizione della metodologia di valutazione dei parametri di riferimento relativi a volumi, qualità ed esiti delle cure, previsti all'articolo 1 commi 526 e 536, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, si tenga conto del rispetto dell'articolo 1, comma 4, lettera g) della legge 3 agosto 2007, n. 120, «Disposizioni in materia di attività liberoprofessionale intramuraria e altre norme in materia sanitaria», nonché della concreta attuazione dalla determinata dell'ANAC 28 ottobre 2015, n. 12, piano nazionale anticorruzione – aggiornamento, prevedendo, in caso di mancato rispetto, delle conseguenze penalizzanti;
19) ad assumere iniziative normative affinché sia prevista la presentazione alle Camere, per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, del «nuovo» piano nazionale sulle liste di attesa, affinché sia valutata anche possibilità di interruzione dell'attività libero professionale intramuraria e sia inclusa, anche con il supporto dell'Agenzia per l'Italia digitale (AGID), una piattaforma tecnologica, sul modello del piano nazionale esiti, per il monitoraggio e l'implementazione del rispetto dei tempi di attesa delle prestazioni di tutti gli enti del sistema sanitario nazionale, piattaforma che sia accessibile a tutti i cittadini e che rappresenti un importante indicatore da inserire nella griglia di monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza (LEA), per gli anni a partire dal 2017;
20) a formulare un piano vaccinale in funzione di un sistema pubblico nazionale informatizzato che produca ogni dato utile sugli studi preclinici e clinici e che, anche a distanza di anni, produca tutte le informazioni sugli esiti, anche negativi, concernenti la somministrazione di vaccini, consentendo un'esauriente informazione per tutti i cittadini nonché una scelta consapevole e condivisa, che dia conto chiaro ed effettivo sulla obbligatorietà o meno delle vaccinazioni, e ad assumere iniziative di tipo normativo che eliminino qualsiasi conflitto di interesse tra le case farmaceutiche e chi è chiamato a decidere o ad esprimere pareri sull'immissione in commercio dei vaccini, consentendo altresì la somministrazione dei quattro vaccini obbligatori in età pediatrica in formato singolo o di vaccino tetravalente;
21) ad assumere iniziative per stanziare risorse ulteriori e comunque prioritariamente destinate all'assistenza diretta delle persone non autosufficienti e con disabilità e prevedere che l'acquisto dei farmaci di fascia C necessari per il trattamento delle malattie rare, nonché dei trattamenti considerati non farmacologici, quali alimenti, integratori alimentari, dispositivi medici e presìdi sanitari, nonché la fruizione di prestazioni di riabilitazione motoria, logopedica, neuropsicologica e cognitiva e di interventi di supporto e di sostegno sia per il paziente che per la sua famiglia, che siano stati prescritti dai presìdi della rete individuati dalle regioni ai sensi dell'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279, siano inclusi nei livelli essenziali di assistenza (LEA) al di fuori delle scadenze previste per l'adozione del decreto di aggiornamento dei LEA medesimi, prevedendone se necessario un apposito stanziamento;
22) a dare completa e capillare attuazione alla legge n. 405 del 1975 sui consultori quali presidi indispensabili per l'integrazione sociosanitaria e di prevenzione, garantendo che siano dotati di risorse economiche adeguate e di professionisti in grado di realizzare un approccio multidisciplinare compiuto, assicurando altresì una completa esigibilità dei diritti delle donne in relazione alla legge n. 194 del 1978 e su tutto il territorio nazionale, superando ogni problema organizzativo legato all'assenza diffusa di personale sanitario non obiettore;
23) a garantire la donna nel suo diritto alla maternità assicurando un'efficace promozione del parto fisiologico e l'accesso ai luoghi del parto che siano vicini alla sua residenza ovvero assumendo iniziative volte a modificare le disposizioni normative che hanno indotto alla chiusura dei punti nascita con meno di 500 parti all'anno.
(1-01398) «Grillo, Lorefice, Silvia Giordano, Mantero, Colonnese, Di Vita, Nesci, Baroni, Cecconi, Dall'Osso».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

vaccino

prodotto farmaceutico

diritti della donna