ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01115

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 554 del 25/01/2016
Abbinamenti
Atto 1/00976 abbinato in data 26/01/2016
Atto 1/01097 abbinato in data 26/01/2016
Atto 1/01101 abbinato in data 26/01/2016
Atto 1/01112 abbinato in data 26/01/2016
Atto 1/01113 abbinato in data 26/01/2016
Atto 1/01114 abbinato in data 26/01/2016
Atto 1/01117 abbinato in data 26/01/2016
Atto 1/01118 abbinato in data 26/01/2016
Atto 1/01119 abbinato in data 26/01/2016
Atto 1/01120 abbinato in data 26/01/2016
Atto 1/01122 abbinato in data 26/01/2016
Atto 6/00197 abbinato in data 26/01/2016
Firmatari
Primo firmatario: CARFAGNA MARIA ROSARIA
Gruppo: FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 25/01/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PRESTIGIACOMO STEFANIA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/01/2016
OCCHIUTO ROBERTO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/01/2016
RUSSO PAOLO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/01/2016
CATANOSO GENOESE FRANCESCO DETTO BASILIO CATANOSO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/01/2016
CESARO LUIGI FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/01/2016
DE GIROLAMO NUNZIA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/01/2016
DI STEFANO FABRIZIO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/01/2016
GALLO RICCARDO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/01/2016
GIAMMANCO GABRIELLA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/01/2016
GULLO MARIA TINDARA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/01/2016
NIZZI SETTIMO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/01/2016
PETRENGA GIOVANNA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/01/2016
ROTONDI GIANFRANCO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/01/2016
SANTELLI JOLE FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/01/2016
SARRO CARLO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/01/2016
SAVINO ELVIRA FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/01/2016
SISTO FRANCESCO PAOLO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/01/2016
VELLA PAOLO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 25/01/2016


Elenco dei co-firmatari che hanno ritirato la firma
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma Data ritiro firma
CESARO ANTIMO SCELTA CIVICA PER L'ITALIA 25/01/2016 25/01/2016
Stato iter:
26/01/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 26/01/2016
Resoconto OCCHIUTO ROBERTO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 26/01/2016
Resoconto MISIANI ANTONIO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto SISTO FRANCESCO PAOLO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto CARLONI ANNA MARIA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto MAGORNO ERNESTO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto BURTONE GIOVANNI MARIO SALVINO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto BRUNO BOSSIO VINCENZA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto MASSA FEDERICO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto TARTAGLIONE ASSUNTA PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO GOVERNO 26/01/2016
Resoconto DE VINCENTI CLAUDIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 26/01/2016
Resoconto PISICCHIO PINO MISTO
Resoconto PASTORELLI ORESTE MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI)
Resoconto ROMANO FRANCESCO SAVERIO MISTO-ALLEANZA LIBERALPOPOLARE AUTONOMIE ALA-MAIE-MOVIMENTO ASSOCIATIVO ITALIANI ALL'ESTERO
Resoconto BALDASSARRE MARCO MISTO-ALTERNATIVA LIBERA-POSSIBILE
Resoconto PALESE ROCCO MISTO-CONSERVATORI E RIFORMISTI
Resoconto TAGLIALATELA MARCELLO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto PIEPOLI GAETANO DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto ATTAGUILE ANGELO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto BIANCHI DORINA AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Resoconto MATARRESE SALVATORE SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto D'ATTORRE ALFREDO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto RUSSO PAOLO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto DE LORENZIS DIEGO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto COVELLO STEFANIA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto BARBANTI SEBASTIANO MISTO
Resoconto CRIPPA DAVIDE MOVIMENTO 5 STELLE
 
PARERE GOVERNO 26/01/2016
Resoconto DE VINCENTI CLAUDIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 26/01/2016

DISCUSSIONE IL 26/01/2016

PROPOSTA RIFORMULAZIONE IL 26/01/2016

NON ACCOLTO IL 26/01/2016

PARERE GOVERNO IL 26/01/2016

RESPINTO IL 26/01/2016

CONCLUSO IL 26/01/2016

Atto Camera

Mozione 1-01115
presentato da
CARFAGNA Maria Rosaria
testo presentato
Lunedì 25 gennaio 2016
modificato
Martedì 26 gennaio 2016, seduta n. 555

   La Camera,
   premesso che:
    dall'ultimo Rapporto SVIMEZ sull'economia del Mezzogiorno emerge la fotografia di un Paese diviso e diseguale, dove il Sud scivola sempre più nell'arretramento: nel 2014, per il settimo anno consecutivo il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3 per cento); il divario di Pil pro capite è tornato ai livelli di 15 anni fa; negli anni di crisi 2008-2014 i consumi delle famiglie meridionali sono crollati quasi del 13 per cento e gli investimenti nell'industria in senso stretto addirittura del 59 per cento; nel 2014, quasi il 62 per cento dei meridionali ha guadagnato meno di 12 mila euro annui, contro il 28,5 per cento del Centro-Nord;
    la crisi, nel 2014 (e nella prima parte del 2015, con un miglioramento di fiducia di famiglie e imprese, favorito dalla caduta del prezzo dei prodotti petroliferi), si attenua nella maggior parte delle regioni del Centro-Nord, molto meno, invece, in tutte quelle del Sud;
    per il Sud è scattato infatti un vero e proprio allarme povertà: sulla base dei redditi rilevati nel 2013, in Italia è a rischio di povertà il 18,1 per cento delle persone, ma la differenza fra aree territoriali è notevole: nel Centro-Nord risulta esposto al rischio di povertà un individuo su dieci, nel Mezzogiorno uno su tre. La regione italiana in cui è più alto il rischio di povertà è la Sicilia (41,8 per cento), seguita dalla Campania (37,7 per cento). Inoltre, risulta un profondo divario tra le aspettative delle nuove generazioni in termini di realizzazione personale e professionale e di concrete occasioni di impiego qualificato sul territorio;
    il quadro è quello di un Paese dove «dal 2000 al 2013 il Sud è cresciuto la metà della Grecia». Un'Italia spaccata in due, dove c’è una regione come il Trentino Alto Adige, che registra un reddito pro capite di 37.665 euro e, contemporaneamente, la Calabria che si ferma a 15.807 euro;
    si registrano dati allarmanti sul fronte dell'occupazione in particolare per giovani e donne. Nel 2014, il numero degli occupati nel Mezzogiorno si è fermato a quota 5,8 milioni, segnando il livello più basso almeno dal 1977, anno da cui sono disponibili le serie storiche dell'Istat. Per quanto riguarda l'occupazione femminile, secondo lo studio «al Sud lavora solo una giovane su cinque». Le donne, infatti, continuano a lavorare poco: «nel 2014 a fronte di un tasso di occupazione femminile medio del 64 per cento registrato in Europa in età 35-64 anni, il Mezzogiorno è fermo al 35,6 per cento»;
    il capitolo «giovani e lavoro» mostra una frattura senza paragoni in Europa: il Sud negli anni 2008-2014 perde 622 mila posti di lavoro tra gli under 34. Particolarmente colpiti i più giovani: gli under 24 nel 2014 registrano un tasso di disoccupazione del 35,5 per cento nel Centro-Nord e quasi del 56 per cento al Sud;
    sette anni di recessione sono stati inevitabilmente segnati, oltre che dalla crisi occupazionale di giovani e donne, da crescenti fenomeni di esclusione sociale. Tale divario ha determinato negli anni Duemila la ripresa dei flussi di emigrazione, prevalentemente tra i giovani;
    in deciso ribasso anche la capacità produttiva; rispetto ai livelli pre-crisi il Sud ha perso oltre il 30 per cento, contro il -17 per cento del Centro-Nord e il -5 per cento della media della Ue. In questo quadro pesa decisamente il crollo delle agevolazioni concesse alle imprese private: dal 2008 al 2013 sono scese al Centro-Nord del -17 per cento, passando da 3,2 a 2,6 miliardi di euro, mentre al Sud sono sprofondate del 76 per cento, passando da 5,5 a 1,3 miliardi di euro. Le agevolazioni alle imprese del Mezzogiorno sul totale nazionale si sono quindi dimezzate: erano il 63,5 per cento nel 2008, sono diventate il 33,2 per cento nel 2013;
    nel 2015 le prospettive non migliorano, con particolare riferimento al divario con il resto del Paese, che non diminuisce. L'indicatore dell'occupazione è lievemente in crescita, ma si tratta comunque di un dato su cui hanno influito le nuove disposizioni del Jobs act, che di fatto ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo rappresentano un «imbroglio»: ci sono state solo trasformazioni di contratti esistenti in contratti a tutele crescenti, agevolati dagli sgravi contributivi su cui hanno potuto contare i datori di lavoro. Nonostante questo, il dato dei primi nove mesi del 2015 relativo agli occupati nelle regioni meridionali, non ha superato la soglia psicologica dei sei milioni, arrestandosi a 5 milioni e 970 mila;
    va rilevato che il Mezzogiorno ha contribuito in maniera fondamentale alla copertura finanziaria delle risorse stanziate per gli sgravi contributivi che hanno agevolato le assunzioni in tutta Italia. Per recuperare i 3,5 miliardi di euro necessari a coprire lo sgravio contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato per il periodo 2015-2018, come previsto dalla legge di stabilità del 2015, il Governo ha infatti dato mandato all'Agenzia di coesione territoriale di «prelevare» le risorse, non ancora oggetto di impegni giuridicamente vincolanti alla data del 31 dicembre 2014, dai Piani di azione coesione i cui interventi sono concentrati prioritariamente nelle quattro Regioni dell'area convergenza dei fondi strutturali (Calabria, Campania, Sicilia e Puglia);
    ora, dei ben 2.928 milioni di euro recuperati, dei quali 2.228 milioni di euro dai piani di azione coesione a titolarità delle regioni e 700 milioni dai programmi ministeriali, il Meridione ha contribuito con risorse per il 98,7 per cento mentre, per le assunzioni incentivate, le realtà regionali del Sud si fermano alla soglia del 31 per cento. È infatti il Centro-nord a utilizzare maggiormente le risorse per lo sgravio contributivo: ben 794 mila assunzioni incentivate nel 2015, pari al 69 per cento, a fronte dei 364 mila rapporti di lavoro registrati al Sud; quello della copertura finanziaria della decontribuzione è stato un vero e proprio «scippo» a danno del Mezzogiorno, a fronte del quale non vi è stato un significativo «ritorno» di risorse;
    l'indicatore degli investimenti continua, anche per il 2015, a far segnare valori negativi. Come negli anni scorsi, dunque, sono i bassi investimenti a condizionare le prospettive di ripresa del Sud. Dal picco del 2007, infatti, gli investimenti fissi lordi sono calati di oltre 34 miliardi di euro, toccando nel 2014 il valore minimo di 55 miliardi. Particolarmente forti i cali dell'industria e delle costruzioni, dimezzati dal 2000 a oggi. Decrementi ingenti fanno registrare anche gli investimenti pubblici. Al netto delle partite finanziarie, tra il 2009 ed il 2013, la spesa in conto capitale della pubblica amministrazione si è ridotta di oltre 5 miliardi di euro, ben al di sotto dei valori del 2000. La flessione dell'attività produttiva è stata quindi molto più profonda nel Mezzogiorno, con effetti negativi che appaiono ormai strutturali e spiegano la maggiore difficoltà di crescita e la minore capacità di ancorarsi alla ripresa internazionale. La crisi ha depauperato le risorse del Mezzogiorno e il suo potenziale produttivo: la forte riduzione degli investimenti ha diminuito la sua capacità industriale, che, non venendo rinnovata, ha perso ulteriormente in competitività; la riattivazione degli investimenti, privati e pubblici si conferma insomma come la chiave della possibile ripartenza, soprattutto al Sud, dove di più si sono ridotti;
    in questo scenario, lo Svimez ha già avvertito che «il Sud è ormai a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l'assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all'area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente»;
    il quadro delineato pone in evidenza i problemi, le forti insufficienze, i ritardi e le specificità che affliggono il Mezzogiorno d'Italia;
    la cosa, purtroppo, non sorprende, anche a fronte della consapevolezza dell'immobilismo del Governo Renzi, che, sin dal suo insediamento, non ha mai inserito il tema del Mezzogiorno tra le priorità della sua agenda, non comprendendo che, senza crescita del Sud, non c’è crescita del Paese; anzi, l'Esecutivo in carica ne ha addirittura ostacolato lo sviluppo, depauperandolo e utilizzando i fondi spettanti alle regioni del Sud come «bancomat» per finanziare tutt'altro;
    il Governo ha infatti decurtato il cofinanziamento nazionale ai fondi comunitari per le tre grandi regioni del Sud che sono in fondo alla classifica per capacità di spesa: Campania, Calabria e Sicilia, portandolo dal 50 per cento al 26 per cento per il periodo 2014-2020. Come già argomentato, l'Esecutivo ha inoltre impegnato 3,5 miliardi del fondo di coesione per finanziare la defiscalizzazione del Jobs Act;
    il Governo ha deciso altresì di non procedere al rifinanziamento delle misure contenute nel decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, che ha previsto incentivi per l'autoimprenditorialità e l'autoimpiego, al fine di favorire lo sviluppo di una nuova imprenditorialità nelle aree economicamente svantaggiate del Paese; il rifinanziamento si rendeva necessario proprio perché tale strumento è diventato negli ultimi anni il principale strumento di sostegno alla realizzazione e all'avvio di piccole attività imprenditoriali da parte di disoccupati o persone in cerca di prima occupazione, perlopiù giovani e donne, ma l'Esecutivo, nonostante i diversi solleciti, ha scelto deliberatamente di non proseguire un percorso virtuoso, in grado di favorire l'ampliamento della base produttiva e occupazionale;
    nonostante gli annunci immediatamente successivi alla diffusione degli allarmanti dati Svimez, e ipotetici master plan presentati dall'Esecutivo con tanto di hashtag #zerochiacchiere, la legge di stabilità 2016 approvata dalla maggioranza non prevede alcun progetto di rilancio dell'area del Mezzogiorno del Paese: le misure previste risultano inidonee e carenti, e gli interventi destinati alla ripresa degli investimenti privati nelle regioni meridionali si limitano ad un credito di imposta di 600 milioni di euro (finanziato con risorse già attribuite al Sud), e ad una promessa di misure per la decontribuzione (esonero sempre al 40 per cento dei contributi) sulle assunzioni del 2017;
    da parte del Governo, quindi, si tratta ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo solo di un palliativo inutile e incapace di innescare un processo virtuoso di ripresa, totalmente inadeguato a sostenere il quanto mai necessario rilancio degli investimenti, e, quindi, la crescita di reddito capace di generare gettito;
    il Governo ha infatti rinunciato persino alla decontribuzione rafforzata per il Mezzogiorno, reclamata da più parti, utile sicuramente a stimolare adeguatamente le scelte di investimento delle imprese;
    per il momento, l'onere di sostenere la crescita economica al Sud resta quindi soprattutto sulle spalle della politica di coesione e dei fondi strutturali europei, i cui interventi della programmazione 2014-20 stanno ora prendendo il via. È fondamentale che queste risorse vengano utilizzate tempestivamente per far fronte ad emergenze reali. Anche su questo punto, il Governo si è mostrato carente, in particolare nel coordinamento della destinazione dei fondi 2007-2013; in particolare dopo il passaggio di Graziano Delrio, da sottosegretario alla Presidenza del Consiglio a Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Premier ha avocato a sé la delega per la gestione dei fondi comunitari, determinando di fatto un vuoto di guida su una tematica così importante e delicata, che si è trovata priva di un responsabile politico governativo in grado di catalizzare i fondi dell'Unione europea sulle priorità del Mezzogiorno, anche attraverso l'efficientamento dell'Agenzia per la coesione territoriale;
    contrariamente al luogo comune corrente, la spesa pubblica pro capite della Pubblica amministrazione nel Mezzogiorno è più bassa del 20 per cento (2.934 euro in meno) rispetto al resto del paese; del 25 per cento (per circa 4.900 euro) se si considera il settore pubblico allargato (Ferrovie, Anas, Enel ed altro); contrariamente ad un altro luogo comune, i dipendenti pubblici nel Sud (diminuiti di 130 mila unità tra il 2000 e il 2013) sono il 5 per cento della popolazione residente, esattamente nella media nazionale. Il lavoro pubblico rappresenta però il 19 per cento dell'occupazione complessiva contro il 14 per cento del Centro-nord. Il problema, dunque, non è nella ipertrofica dimensione dell'impiego pubblico, quanto nella limitata estensione di quello privato: la risposta è quindi nello sviluppo dell'impresa privata, nella crescita di reddito capace di generare gettito;
    sviluppo dell'impresa privata significa innanzitutto tutela delle imprese che già operano nel Mezzogiorno; significa rafforzare gli impianti produttivi esistenti adottando ogni opportuna iniziativa in grado di aumentarne la capacità competitiva. È fondamentale dunque avviare un piano straordinario per le imprese, in grado di metterle nelle condizioni di operare correttamente: il piano dovrà necessariamente comprendere iniziative volte a rafforzare i presidi di legalità nel Mezzogiorno, ad assicurare servizi, mobilità, accesso al credito;
    il tema centrale dell'emergenza non è solo di tipo economico, ma anche di natura sociale e culturale: l'approccio alle politiche per il Mezzogiorno deve essere a 360 gradi; gli investimenti da redistribuire in particolare nell'area meridionale del Paese riguardano necessariamente anche il capitale sociale;
    è evidente tra l'altro come all'interno della questione meridionale generale e del gap economico e sociale creatosi tra nord e sud esista una questione che investe anche il sistema universitario e che rischia di trasformarsi rapidamente in un danno incalcolabile per il Meridione: le università meridionali, infatti, hanno perso 45.000 immatricolati negli ultimi 10 anni, mentre il Centro-Nord, dopo un'iniziale perdita, ha superato la crisi di immatricolazioni. Le università del Sud riescono a «trattenere» poco più del 60 per cento dei diplomati meridionali, nel mentre pochissimi studenti del Centro-Nord si immatricolano nelle università del Sud. Il sistema universitario del centro-nord, invece, oltre ai diplomati locali riesce ad attrarre altri 2 diplomati su 10 provenienti dal sud;
    questo fenomeno non può essere semplicisticamente motivato dall'attrazione «intellettuale» esercitata dalle grandi università o città del Nord. In realtà, un motivo rilevante – e inadeguatamente valutato – è rappresentato dalle scarse risorse del diritto allo studio e dall'iniqua distribuzione delle stesse. Di recente, su tale argomento, non sono mancati gli interventi degli studenti, dei docenti, della CRUI, degli enti del diritto allo studio. Tuttavia, la cifra messa in campo dal Governo (circa 160 milioni di euro) non è aumentata. Sulle scarsissime risorse messe in campo dalle Regioni, tra loro molto differenti, si discute poco, ma ancora meno si discute sull'iniquo meccanismo di distribuzione dei fondi statali alle regioni. Infatti la ripartizione dei fondi è paradossalmente basata sulla ricchezza delle regioni: di fatto, le regioni che riescono a dare un maggiore numero di borse di studio, perché più ricche, ottengono di più dallo Stato, mentre quelle più povere ottengono di meno. Tale distribuzione di risorse attiva un circolo vizioso per il quale sempre più risorse vanno al Nord e sempre meno al Sud;
    altro allarme che riveste il Mezzogiorno, riguarda il tema delle reti infrastrutturali dei trasporti, la cui carenza ricopre, ormai da diverso tempo, caratteri emergenziali e di precarietà, provocando notevoli disagi ai cittadini e all'intera economia del Sud;
    l'area del Mezzogiorno presenta innanzitutto bassissimi livelli di connettività ferroviaria al suo interno, in termini sia di estensione della rete, sia di velocità commerciale. La competitività del trasporto ferroviario delle merci è bassa e necessita di interventi di riequilibrio, mentre sul lato dei servizi di trasporto ferroviari passeggeri sono bassi i livelli di qualità percepita, a causa di scarsa accessibilità e carenza di servizi. Per non parlare dell'assenza di collegamenti ad alta velocità, oggetto di annunci che non hanno ancora avuto seguito;
    la rete stradale si presenta come particolarmente congestionata, anche a causa dei continui lavori mai terminati, e necessita di una riduzione dei flussi; considerando che il trasporto aereo è previsto in crescita esponenziale nei prossimi anni, occorre altresì un efficientamento della capacità aeroportuale di gestione dello spazio aereo;
    tali servizi rivestono un interesse strategico e di cruciale importanza non solo sul piano della garanzia del diritto fondamentale alla mobilità dei cittadini, ma anche per lo sviluppo dell'economia dell'intero paese, nonché per la forte vocazione turistica del Mezzogiorno che, soprattutto nei periodi estivi, riscontra un consistente afflusso di visitatori;
    è assolutamente necessario intervenire per innalzare il livello di competitività del sistema attraverso il potenziamento delle infrastrutture e attrezzature portuali e interportuali, incluso il loro adeguamento ai migliori standard ambientali, energetici e operativi; anche in tal senso, il Governo si è mostrato ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo assolutamente carente nei propri interventi: nulla è stato fatto per colmare il gap infrastrutturale del Sud attraverso investimenti specifici;
    tantomeno si investe in tema di giustizia, su cui il Sud, particolarmente colpito dai fenomeni di criminalità organizzata, soffre una carenza di organico degli uffici giudiziari che non può più essere in alcun modo sottovalutata; a titolo di esempio, basta citare la direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che ha competenza su quattro delle cinque province della Calabria, e su sette circondari, rappresentando il terzo distretto italiano, e che registra la presenza di soli sei magistrati. Un presidio che dovrebbe vigilare su una situazione di criminalità che ha assunto rilievo nazionale per la sua pericolosità, tanto di radicamento nel territorio regionale quanto di collegamento ed estensione nell'intero territorio nazionale e transnazionale, non consente neanche la copertura minima dell'assegnazione di un magistrato per circondario;
    sul fronte ambientale, la scarsa attenzione mostrata dall'Esecutivo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo troppo concentrato a promuovere se stesso con interventi da spot elettorale che si rivelano inconsistenti ed inefficaci alla prova dei fatti, ha raggiunto l'apice con la vicenda della Terra dei Fuochi, su cui il Governo preferisce investire sullo smaltimento delle ecoballe, continuando ad ignorare il vero problema della zona, che va affrontato partendo dalla bonifica del sottosuolo, inquinato dallo sversamento di rifiuti tossici;
    anche sul fronte sanitario, il Governo continua ad affrontare le questioni con un approccio sbagliato: la ripartizione del fondo sanitario nazionale dovrebbe essere calcolata con attenzione particolare alla popolazione residente, ai tassi di mortalità della popolazione, ai bisogni sanitari ed agli indicatori epidemiologici territoriali rispetto a particolari situazioni legate ai territori; oggi tutto questo non avviene, e la quota spettante alle regioni si determina solo in base alla frequenza dei consumi sanitari per età e per sesso. Un calcolo che, come appare subito evidente, premia i territori che contano nella propria popolazione il maggior numero di anziani, e che conseguentemente penalizza le regioni meridionali;
    dato il quadro e dati alla mano, è evidente come il Mezzogiorno abbia pagato il prezzo più alto della crisi: non solo non si può permettere di perdere le risorse ad esso destinate, ma dovrebbe ricevere di più in termini di piani strategici e di interventi straordinari. Più in generale, non basta concentrare l'attenzione sui fondi strutturali. Certo, è utile individuare procedure innovative, per concentrarne in modo strategico l'utilizzo, per velocizzarne la spesa, in maniera che questi non vengano restituiti, come troppo spesso è accaduto nel corso degli anni passati. Ma i fondi strutturali dell'Unione europea sono risorse aggiuntive che non devono essere considerate risorse ordinarie, come invece per troppi anni è stato fatto nel nostro Paese;
    è evidente però come non si stia affatto andando in questa direzione. La quota degli investimenti nel bilancio dello Stato diminuisce costantemente. Aumenta soltanto la spesa corrente, nonostante la spending review, e la parte di investimenti per il Sud è ancora più bassa;
    l'Italia è praticamente spaccata in due, per gli investimenti, la crescita, il reddito pro capite, l'occupazione e il lavoro. È necessario agire concretamente con interventi immediati, implementando una serie di azioni volte a risollevare il Mezzogiorno dalla situazione drammatica in cui scivola anno dopo anno,

impegna il Governo:

   a promuovere ogni opportuna iniziativa finalizzata al rilancio economico e sociale del Mezzogiorno d'Italia e, in particolare:
    a) ad adottare ogni iniziativa per una negoziazione a livello europeo volta ad applicare nel Mezzogiorno un regime di fiscalità di vantaggio, sulla scia di quanto già disposto per le Azzorre, per Madeira e per le isole Canarie, avviando nelle quattro regioni obiettivo convergenza, in particolare nelle aree in cui insistono autorità portuali, la costituzione di zone franche di fiscalità di vantaggio in cui applicare, attraverso l'utilizzo dei fondi europei, un taglio lineare di IRES e IRAP per un ciclo di programmazione, dando vita ad un processo di aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico utilizzando le deroghe vigenti nei Trattati dell'Unione europea sugli aiuti di Stato, nelle «regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione»;
    b) ad attivarsi a livello europeo per negoziare la possibilità di un diverso utilizzo delle risorse assegnate per la formazione professionale, introducendo l'opportunità di finanziare direttamente voucher formativi con le imprese, volti a percorsi di apprendistato;
    c) ad assumere iniziative per compensare il ridimensionamento delle quote di cofinanziamento dei fondi strutturali nell'ambito dei programmi operativi regionali del Mezzogiorno, e prevedere adeguate risorse aumentando la spesa in conto capitale ordinaria dello Stato in favore delle aree territoriali che rientrano nel «piano di convergenza», al fine di sostenere l'economia meridionale e il capitale sociale dell'area, i servizi di pubblica utilità e alla persona, la messa in sicurezza dei territori;
    d) ad adottare ogni iniziativa volta a rafforzare l'attività e la capacità competitiva degli impianti produttivi che già operano nel Mezzogiorno, attraverso il potenziamento dei presidi di legalità, l'implementazione di interventi mirati a colmare il gap infrastrutturale e di servizi, nonché misure specifiche volte a garantire l'accesso al credito, sostenendo altresì politiche di decontribuzione rafforzata, in particolare per le nuove imprese che decidono di investire nella zona creando conseguentemente sviluppo e posti di lavoro;
    e) ad intervenire per riqualificare la spesa ordinaria dello Stato, inclusa quella dei grandi asset pubblici, che rappresenta quasi il 95 per cento della spesa pubblica nelle regioni del Mezzogiorno, per migliorarne qualità ed efficienza;
    f) ad adottare opportune iniziative volte a sostenere il diritto allo studio negli atenei meridionali, per evitare che il depauperamento delle università del Sud accentui ancora di più il divario nel Paese;
    g) ad assumere iniziative per prevedere il rifinanziamento delle misure contenute nel decreto legislativo n. 185 del 2000, riguardanti le attività di auto impiego ed auto imprenditorialità citate in premessa, che i dati statistici e la realtà del Paese considerano validi strumenti d'incentivazione alle imprese e allo sviluppo occupazionale, in particolare nelle aree particolarmente svantaggiate;
    h) ad avviare quanto prima un grande piano per lo sviluppo delle reti infrastrutturali del Mezzogiorno, volto ad estendere e potenziare, anche attraverso lo sviluppo della rete ad alta velocità, la rete ferroviaria meridionale, favorire l'intermodalità per le merci, efficientare le infrastrutture portuali e aeroportuali esistenti, potenziare la rete stradale, e, in particolare, ripristinare una situazione di normalità in quelle arterie stradali attualmente interessate da lavori di manutenzione e/o messa in sicurezza, consentendo ad automobilisti e trasportatori di poter circolare regolarmente;
    i) ad adottare ogni opportuna iniziativa al fine di razionalizzare e finalizzare in maniera corretta i fondi europei, e ad individuare, nel quadro di un ampio confronto con le regioni e le amministrazioni del Mezzogiorno, le opportune soluzioni, anche di carattere normativo, volte ad assicurare il tempestivo utilizzo delle risorse dei fondi strutturali, facendo ricorso, ove necessario, all'esercizio del potere sostitutivo nei confronti delle amministrazioni che si dovessero rivelare inadempienti;
    l) a prevedere in tempi rapidi iniziative volte a potenziare l'attività di coordinamento delle politiche per la coesione territoriale, superando la cronica incapacità nell'imprimere una svolta decisiva nella qualità della spesa dei fondi europei, con evidenti ripercussioni sullo sviluppo nelle aree sottoutilizzate del Mezzogiorno;
    m) ad intervenire con misure che garantiscano la massima tutela dei livelli essenziali e di fabbisogno di assistenza in ambito sanitario, e nei servizi sociali in tutte le regioni del Mezzogiorno.
(1-01115) «Carfagna, Prestigiacomo, Occhiuto, Russo, Catanoso, Luigi Cesaro, De Girolamo, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Giammanco, Gullo, Nizzi, Petrenga, Rotondi, Santelli, Sarro, Elvira Savino, Sisto, Vella».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

soppressione di posti di lavoro

Mezzogiorno

donna