ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00322

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 157 del 22/01/2014
Firmatari
Primo firmatario: RIZZETTO WALTER
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 22/01/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PRODANI ARIS MOVIMENTO 5 STELLE 22/01/2014
BECHIS ELEONORA MOVIMENTO 5 STELLE 22/01/2014
BALDASSARRE MARCO MOVIMENTO 5 STELLE 22/01/2014
ROSTELLATO GESSICA MOVIMENTO 5 STELLE 22/01/2014
COMINARDI CLAUDIO MOVIMENTO 5 STELLE 22/01/2014
CHIMIENTI SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE 22/01/2014
TRIPIEDI DAVIDE MOVIMENTO 5 STELLE 22/01/2014
PINNA PAOLA MOVIMENTO 5 STELLE 22/01/2014
GRANDE MARTA MOVIMENTO 5 STELLE 22/01/2014
MUCCI MARA MOVIMENTO 5 STELLE 22/01/2014
GIGLI GIAN LUIGI PER L'ITALIA 24/01/2014


Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 24/01/2014

Atto Camera

Mozione 1-00322
presentato da
RIZZETTO Walter
testo di
Venerdì 24 gennaio 2014, seduta n. 159

   La Camera,
premesso che:
ad oggi, una moltitudine di piccole e medie imprese italiane versa in una situazione di gravissimo disagio finanziario, a causa del mancato pagamento di crediti maturati a vario titolo, in Libia per forniture di beni e servizi effettuate nei confronti di amministrazioni ed enti libici;
a riguardo, sussistono due flussi di crediti rimasti insoluti, ossia quelli conseguenti alla sospensione dei pagamenti da parte della Libia con l'approvazione dell'embargo entrato in vigore il 5 aprile 1992, ratificato anche dal Governo italiano, nonché quelli antecedenti alla crisi politico-istituzionale che ha colpito la Libia nel febbraio 2011;
per quanto concerne il primo flusso di crediti, ossia quelli sorti in periodo precedente al 1992, si rileva che, nell'anno 2002, è stata istituita una commissione mista italo-libica, formata da rappresentanti della Banca Ubae e da funzionari del Ministero delle finanze libico, incaricata di verificare e certificare tali crediti delle società italiane;
nel mese di novembre dello stesso anno, le imprese hanno consegnato la documentazione comprovante i crediti, affinché la commissione Ubae predetta potesse effettuarne l'accertamento;
nel mese di febbraio 2003, alla presenza del Ministro degli Affari esteri, dei rappresentanti dell'Ubae, del Ministero del Tesoro libico e dell'Ali (Associazione libico italiana) sono stati illustrati i risultati raggiunti dalla procedura di verifica dei crediti;
nel mese di aprile 2003, è stato richiesto agli enti libici di confermare i crediti esaminati, nonché di comunicare eventuali posizioni debitorie delle aziende italiane nei confronti degli enti libici medesimi, al fine di valutare la possibilità di eventuali compensazioni, ma, sebbene pervenute le dichiarazioni di riconoscimento di debito da parte degli enti libici, il contenzioso è rimasto irrisolto in quanto le promesse di pagamento avanzate non hanno avuto alcun seguito;
nell'agosto del 2008, è stato siglato il noto Trattato di amicizia tra l'Italia e la Libia, poi recepito con legge dello Stato italiano, ma, inspiegabilmente, con lo stesso non è stato previsto un accordo risolutorio della questione relativa al pagamento dei crediti delle imprese italiane;
nel tempo, alcuni crediti sono stati estinti attraverso delle transazioni, sia direttamente che indirettamente, mediante indennizzi del Sace e, peraltro, è stata a suo tempo avanzata una proposta delle autorità libiche di transigere definitivamente il contenzioso in oggetto attraverso un pagamento parziale al Governo italiano, il quale, tuttavia, non ritenne di doversi surrogare alle imprese creditrici per il timore di dovere fronteggiare richieste giudiziali di risarcimento danni da parte di alcune società non aderenti all'accordo transattivo;
è stato allestito un tavolo tra i due Paesi per la risoluzione finale dei crediti pregressi, che ha comportato anche la visita di una missione libica in Italia, alla quale doveva ripetersi un ulteriore e definitivo incontro a Tripoli, tuttavia, quest'ultimo in seguito non è stato più convocato dalle autorità libiche;
attualmente, dedotti i crediti estinti, sono circa sessanta le imprese che non hanno ancora ottenuto la liquidazione dei crediti sorti in periodo precedente all'embargo del 1992, per un importo complessivo di circa 350.000.000 di euro, rispetto al recupero dei quali l'intervento della recente crisi politico istituzionale libica ha interrotto le trattative pendenti;
come già premesso, tale crisi che ha colpito la Libia nel febbraio 2011, oltre ad avere arrestato le trattative in corso per la riscossione dei crediti precedenti al 1992, ha determinato il blocco dei pagamenti anche di un secondo flusso di crediti, mettendo in grave difficoltà circa 132 imprese italiane che hanno operato per amministrazioni ed enti libici;
a riguardo di queste imprese presenti in Libia, solo due erano assicurate con SACE, posto che, tutte le altre imprese operavano nella convinzione di essere tutelate dal Trattato di amicizia tra Italia e Libia per quanto concerne il rispetto dei reciproci patti;
sebbene non sia stato possibile acquisire i crediti legittimamente maturati, gli stessi sono stati già iscritti a bilancio per l'adempimento degli obblighi civilistici e fiscali, pertanto, di fronte alla grave crisi economico-finanziaria, il danno alle imprese coinvolte è aggravato dall'impossibilità di dar corso al pagamento delle imposte, con il rischio di vedersi irrogare sanzioni anche di tipo penale;
per un importo complessivo di circa 650.000.000 di euro, attualmente, sono circa cento le imprese che devono ancora riscuotere i propri crediti antecedenti alla crisi del 2011, dei quali il Ministro degli Affari Esteri è in possesso della documentazione giustificativa ottenuta con due censimenti effettuati, rispettivamente, degli anni 2011 e 2012;
nel mese di aprile del 2011, la III Commissione (Affari esteri) ha approvato una risoluzione relativa ai problemi delle imprese che operavano nei Paesi del Mediterraneo in crisi, e, successivamente, nel maggio 2011, è stata presentata una proposta di legge, la n. 4394, non esaminata, a tutela delle imprese italiane coinvolte nella crisi socio-politica sviluppatasi in Libia, Tunisia ed Egitto;
il 2 agosto 2011, sono stati presentati quattro ordini del giorno (Compagnon, UdC - 4551-19; Gidoni, LN - 4551-1; Gottardo, PdL - 4551-20; Rosato, PD - 4551-23) relativi ai crediti maturati ed alla sospensione delle imposte, accettati dal Governo Berlusconi ma che non risulta sono stati attuati;
al Parlamento europeo, le risposte ad alcune interrogazioni (Angelilli, Cancian ed altri E-008353/2011 risposta 14 novembre 2011; Serracchiani E-007827/2011 risposta del 25 ottobre 2011; Oreste Rossi risposta del 4 gennaio 2012) presentate al Consiglio europeo affermavano la possibilità di autorizzare la liquidazione dei crediti maturati mediante l'impiego dei fondi libici congelati, in particolare, a quelle imprese che operavano con enti pubblici o ad essi equiparabili;
il Governo Monti ha accettato l'ordine del giorno presentato il 16 dicembre 2011 (Gidoni 9/4829-A/194) e non ancora attuato, con il quale veniva impegnato «ad avvalersi della facoltà prevista dal citato articolo 9 della citata legge n. 212 del 2000 che autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze a differire con proprio decreto i termini per il pagamento dei tributi (.....)», nonché «a valutare l'opportunità di concedere indennizzi o anticipi sui crediti maturati in Libia, per la quota non riconosciuta da coperture assicurative, a favore delle imprese italiane, sia persone fisiche sia persone giuridiche, che dimostrino, mediante idonea documentazione, di essere state operanti in Libia alla data del 17 febbraio 2011»;
per quanto concerne i crediti connessi agli eventi rivoluzionari del 2011, negli ultimi mesi del medesimo anno, su forti e continue pressioni da parte della Confindustria, Assafrica e della Camera di Commercio italolibica, è stato istituito un tavolo presso la Farnesina al quale parteciparono, oltre a tali soggetti, banca Ubae, Unicredit, e i rappresentanti dei Ministeri delle finanze, dello sviluppo economico e degli affari esteri;
nella predetta sede, si svolsero due riunioni durante le quali la Camera di commercio italo-libica propose la costituzione di un fondo di garanzia a tutela delle imprese coinvolte, iniziativa che avrebbe evitato il tracollo di alcune aziende (eventi in seguito accaduti);
tale richiesta nacque per contrastare le manifeste e forti resistenze del Ministero dell'economia e finanze rispetto alla adozione di temporanei strumenti di sospensione degli oneri fiscali e contributivi, proposta con l'intento di alleviare la situazione delle imprese coinvolte sino alla concreta liquidazione dei crediti;
sebbene si raggiunse un accordo volto a dare seguito alla costituzione del fondo, vista anche la disponibilità da parte del sistema bancario presente a supportare detta iniziativa, il Ministero degli affari esteri, successivamente, non si è più adoperato per raggiungere tale obiettivo;
nel mese di gennaio 2012, è stata sottoscritta la dichiarazione di Tripoli dall'allora Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, e il Capo del Governo provvisorio libico Abdel Rahim Al Kib, con l'obiettivo di determinare una nuova concezione dei rapporti rispetto al trattato di amicizia firmato nel 2008 e, da un punto di vista operativo, ha definito un accordo – seppure labile – fra i due Governi sul recupero dei crediti legittimi fra i rispettivi enti e imprese;
in data 2 febbraio 2012, ha avuto risposta un'interpellanza parlamentare urgente (Gottardo – 2-01336) da parte di Staffan de Mistura, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri, il quale ha confermato che i fondi libici congelati sono stati sbloccati a seguito della fine del conflitto e, di conseguenza, non sarebbero stati più disponibili per far fronte al risarcimento delle imprese;
ad ogni modo, il Sottosegretario di Stato, in riscontro alla predetta interpellanza, dava conto dell'impegno del Governo a risolvere, in brevi tempi, le questioni della riscossione dei crediti e della sospensione delle imposte;
nel tempo, si sono susseguite ulteriori azioni con l'obiettivo di indurre il Governo ad adottare concreti provvedimenti per una definitiva risoluzione della questione, ma, ad oggi, le imprese risultano di fatto «abbandonate» e molte di queste non hanno ancora ottenuto la certificazione dei legittimi crediti maturati e la sospensione delle imposte in applicazione dell'articolo 9 della legge 27 luglio 2000, n. 212;
la Camera di commercio italo-libica è da sempre impegnata per favorire una soluzione delle complesse problematiche, procedurali e finanziarie, per la liquidazione dei crediti delle imprese italiane maturati in Libia, sia quelli precedenti all'embargo del 1992 che alla crisi politico-istituzionale del 2011, tuttavia, tali sforzi sono risultati vani di fronte all'immobilità delle istituzioni;
è urgente ed improrogabile il concreto supporto alle società che hanno operato in Libia, anche considerando che si tratta di piccole e medie imprese che sono un fondamentale patrimonio per lo sviluppo economico dell'Italia, posto che hanno investito risorse finanziarie ed umane per creare nuovi orizzonti produttivi, economici ed imprenditoriali;
è indispensabile consentire alle stesse il rilancio della propria produttività, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e mantenere le attività lavorative, nonché i connessi contratti che erano in corso, allontanando il rischio di essere sostituite da società straniere pronte ad approfittare della crisi finanziaria in cui versano ingiustamente tali realtà;
negli ultimi anni, già molte di tali imprese sono fallite a causa della sofferenza finanziaria e dei danni economici patiti, pertanto, non si può rischiare l'estinzione di ulteriori realtà imprenditoriali, indispensabili per il nostro Paese poiché strategiche per uscire dalla attuale crisi economica;
si ritiene inaccettabile che i Governi che si sono succeduti, nonostante gli impegni assunti, non si siano adoperati concretamente per sostenere le imprese creditrici, che non solo non hanno ottenuto la soddisfazione delle legittime pretese creditorie, ma neanche delle agevolazioni efficaci, tali da consentire alle stesse di potere resistere alle gravi difficoltà economiche sino alla riscossione delle somme dovute;
è indispensabile che il Governo italiano proceda alla certificazione dei crediti non ancora vidimati e promuova una trattativa dura ed efficace con le competenti autorità libiche, per indurle a saldare i debiti pregressi, costituendo all'uopo un fondo le cui risorse economiche siano attribuite alle imprese italiane operanti in Libia a soddisfazione dei crediti accertati, consentendo alle stesse di sottrarsi al fallimento e riprendere le attività che avevano in corso nel territorio libico,

impegna il Governo:

ad adottare, immediatamente, idonee iniziative per ottenere la liquidazione dei crediti maturati dalle imprese operanti in Libia e che hanno presentato la relativa documentazione comprovante il titolo;
a costituire, nuovamente, un tavolo di concertazione tra il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro degli affari esteri e il Ministro dell'economia e finanze, nonché i competenti enti di rappresentanza, quali camera di commercio italo-libica, Confindustria e Assafrica, al fine di raggiungere un'intesa per la risoluzione del contenzioso in questione e per l'immediata istituzione di un fondo patrimoniale destinato a liquidare i crediti maturati dalle imprese italiane in Libia;
ad assumere, urgentemente, idonee iniziative normative al fine di disporre la sospensione delle imposte prevedendo la posticipazione delle scadenze ad una data successiva alla liquidazione dei crediti maturati in Libia.
(1-00322) «Rizzetto, Prodani, Bechis, Baldassarre, Rostellato, Cominardi, Chimienti, Tripiedi, Pinna, Grande, Mucci, Gigli».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

indennizzo

Libia

credito

piccole e medie imprese

regione mediterranea CE

risorsa economica

utilizzazione degli aiuti