ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00190

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 82 del 23/09/2013
Abbinamenti
Atto 1/00156 abbinato in data 02/12/2013
Atto 1/00266 abbinato in data 02/12/2013
Atto 1/00267 abbinato in data 02/12/2013
Atto 1/00269 abbinato in data 02/12/2013
Atto 1/00270 abbinato in data 02/12/2013
Atto 1/00271 abbinato in data 02/12/2013
Atto 6/00040 abbinato in data 09/12/2013
Firmatari
Primo firmatario: FRATOIANNI NICOLA
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 23/09/2013
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
MIGLIORE GENNARO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 23/09/2013
PILOZZI NAZZARENO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 23/09/2013
KRONBICHLER FLORIAN SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 23/09/2013
FARINA DANIELE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 23/09/2013
SANNICANDRO ARCANGELO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 23/09/2013
DI SALVO TITTI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 23/09/2013
PIAZZONI ILEANA CATHIA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 23/09/2013
BOCCADUTRI SERGIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 23/09/2013
COSTANTINO CELESTE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 23/09/2013
NICCHI MARISA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 23/09/2013
AIELLO FERDINANDO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 23/09/2013
PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 23/09/2013
PELLEGRINO SERENA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 24/09/2013


Stato iter:
09/12/2013
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 02/12/2013
Resoconto FRATOIANNI NICOLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 02/12/2013
Resoconto PELLEGRINO SERENA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
 
PARERE GOVERNO 09/12/2013
Resoconto MANZIONE DOMENICO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (INTERNO)
 
DICHIARAZIONE VOTO 09/12/2013
Resoconto FEDRIGA MASSIMILIANO LEGA NORD E AUTONOMIE
Resoconto FRATOIANNI NICOLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto MARAZZITI MARIO SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto PALESE ROCCO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto LOREFICE MARIALUCIA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto ZAMPA SANDRA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 24/09/2013

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 02/12/2013

DISCUSSIONE IL 02/12/2013

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 02/12/2013

ATTO MODIFICATO IL 04/12/2013

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 09/12/2013

NON ACCOLTO IL 09/12/2013

PARERE GOVERNO IL 09/12/2013

RESPINTO IL 09/12/2013

CONCLUSO IL 09/12/2013

DISCUSSIONE IL 09/12/2013

Atto Camera

Mozione 1-00190
presentato da
FRATOIANNI Nicola
testo di
Lunedì 9 dicembre 2013, seduta n. 134

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, così come modificato dall'articolo 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94, ha introdotto nell'ordinamento italiano il «reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato»;
    l'Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per non aver rispettato il principio del non-respingimento, contenuto nella convenzione di Ginevra del 1951;
    l'articolo 13 della Costituzione recita che «la libertà personale e inviolabile (...) non è ammessa forma alcuna di detenzione, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge»;
    a fronte del dettato costituzionale, tuttavia, nei centri di identificazione ed espulsione, quanto ha luogo è, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, una vera e propria detenzione regolata da provvedimenti amministrativi, caratterizzata peraltro da pratiche disomogenee sul territorio e da sostanziali disparità di condizioni di trattenimento, in violazione del principio di uguaglianza;
    secondo i dati di Famiglia cristiana, che riprendono quelli elaborati dalla direzione generale della giustizia penale del Ministero della giustizia, paradossalmente, prima dell'introduzione del reato attualmente previsto e punito dall'articolo 10-bis del decreto legislativo n. 286 del 1998, il numero di espulsioni per coloro che si trovavano in Italia in maniera irregolare era addirittura maggiore: il 49 per cento nel 2003 contro il 28 per cento del 2012;
    secondo quanto riportato nel rapporto «Costi disumani. Spesa pubblica per il contrasto all'immigrazione irregolare» – redatto a cura dell'associazione Lunaria e, recentemente, presentato in sede di audizione dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica – dal 2005 al 2011 sono stati impegnati 143,8 milioni di euro in media all'anno per allestire, gestire, mantenere e ristrutturare il sistema dei centri (cda, cpsa, cara, cie). «In particolare per i CIE i dati identificabili negli avvisi pubblici per l'affidamento della loro gestione in base ai capitolato unico di appalto di gara del novembre 2008, portano a stimare i soli costi di funzionamento in almeno 25,1 milioni di euro l'anno, cui aggiungere i costi di manutenzione ordinaria e straordinaria (non quantificabili con solo riferimento ai CIE), i costi per la sorveglianza dei Centri (non inferiori a 26,3 milioni l'anno), i costi di missione del personale di scorta che procede all'esecuzione dei rimpatri coatti (il cui costo medio annuale può essere stimato in 3,6 milioni di euro). I costi minimi sicuramente riconducibili al sistema di detenzione amministrativa nei CIE sono dunque pari ad almeno 55 milioni di euro l'anno»;
    i centri di identificazione ed espulsione (cie), istituiti dalla legge 6 marzo 1998, n. 40, e previsti dal testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), sono strutture di trattenimento degli stranieri in condizione di irregolarità, destinati all'espulsione;
    l'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, così come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, cosiddetta legge «Bossi-Fini», prevede che «quando non sia possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento», «il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso» il centro di identificazione ed espulsione, e che, quindi, tali strutture siano destinate al trattenimento, convalidato dal giudice di pace, dei cittadini stranieri extracomunitari irregolari e destinati all'espulsione;
    a far data dall'8 agosto 2009, con l'entrata in vigore della legge 15 luglio 2009, n. 94 (il cosiddetto pacchetto sicurezza), il termine massimo di permanenza degli stranieri in tali centri è passato da 60 giorni a 180 giorni complessivi, rafforzando così la loro natura di luoghi di permanenza obbligatoria e, nei fatti, di luoghi di detenzione amministrativa delle e dei migranti;
    secondo i dati forniti dalla polizia di Stato, nel 2012 erano 7.944 (7.012 uomini e 932 donne) i migranti trattenuti in tutti i centri di identificazione ed espulsione operativi in Italia. Di questi, solo la metà (4.015) sono stati effettivamente rimpatriati con un tasso di efficacia (rapporto tra rimpatriati e trattenuti) del 50,54 per cento. Rispetto al 2010, il rapporto tra i migranti rimpatriati rispetto al totale dei trattenuti nei centri di identificazione ed espulsione è cresciuto di appena il 2,3 per cento, mentre, rispetto al 2011, l'incremento del tasso di efficacia nei rimpatri è risultato addirittura irrilevante (+0,3 per cento);
    il citato articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, al comma 2 dispone che in tali centri lo straniero è trattenuto «con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza e il pieno rispetto della sua dignità»;
    l'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, specifica che le modalità del trattamento nei centri di identificazione ed espulsione «devono garantire, nel rispetto del regolare svolgimento della vita in comune, la libertà di colloquio all'interno del centro e con visitatore proveniente dall'esterno, in particolare con il difensore che assiste lo straniero, e con i ministri di culto, la libertà di corrispondenza, anche telefonica, ed i diritti fondamentali della persona» e che in tali centri devono essere presenti «i servizi sanitari essenziali, gli interventi di socializzazione e la libertà di culto» e i «servizi predisposti per le esigenze fondamentali di cura, assistenza, promozione umana e sociale»;
    all'interno dei centri di identificazione ed espulsione si sono verificate gravi violazioni dei diritti umani, come denunciato sia da inchieste ed articoli di stampa, sia dalle associazioni di volontariato e dalle associazioni per la tutela dei diritti umani, tra le quali anche Amnesty International e Medici senza Frontiere, e fin dall'indagine interministeriale presentata dall'ambasciatore Staffan de Mistura nel 2007;
    sono numerosissimi gli atti di autolesionismo e tentativi di suicidio che sono stati anche denunciati da autorevoli organizzazioni impegnate nel campo dei diritti;
    in particolare, come risulta dall'indagine «Arcipelago CIE» realizzata tra febbraio 2012 e febbraio 2013 da Medici per i diritti umani (Medu) e pubblicata a maggio 2013, la struttura dei centri di identificazione ed espulsione è simile a quella dei centri di internamento. «L'inattività forzosa per prolungati periodi di tempo, in spazi angusti ed inadeguati, insieme all'incertezza sulla durata e l'esito del trattenimento, rendono il disagio psichico dei migranti uno degli aspetti più preoccupanti e di più difficile gestione all'interno dei centri»;
    da un punto di vista prettamente sanitario, le indagini di Medici per i diritti umani evidenziano, inoltre, che «in generale all'interno dei Centri di identificazione e di espulsione, non è previsto personale medico specialistico anche laddove sarebbe certamente necessario»;
    dalle visite effettuate da molti parlamentari nei centri di identificazione ed espulsione italiani sono emerse diverse criticità, prima fra tutte l'altissima compressione dei diritti fondamentali: pur in presenza di un titolo di detenzione solo amministrativo, ai fini dell'identificazione, dell'espulsione o del rimpatrio, si è riscontrata la presenza di persone private della libertà personale per lunghissimi periodi di tempo, impossibilitate a svolgere alcun tipo di attività ricreativa, lavorativa e formativa;
    l'assenza di un regolamento «comune» per tutti i centri di identificazione ed espulsione, presenti in Italia, e la presenza di soli regolamenti adottati dalle prefetture di competenza, determina un diverso grado di flessibilità nei diritti concessi, anche sulla base della diversa interpretazione delle «ragioni di sicurezza»;
    altro dato preoccupante è costituito dalla forte eterogeneità e promiscuità delle persone presenti all'interno dei centri di identificazione ed espulsione: vi si trovano persone che hanno a lungo risieduto legalmente in Italia e che, ad un certo punto, per le ragioni più diverse, hanno perso il permesso di soggiorno (cosiddetti overstayer); richiedenti asilo che hanno potuto presentare richiesta di protezione internazionale solo dopo essere giunti ai centri di identificazione ed espulsione e che, dunque, non sono stati trasferiti in un centro di accoglienza per richiedenti asilo; ex detenuti, a fine pena, che sono stati poi trasferiti nei centri di identificazione ed espulsione in attesa di identificazione o di rimpatrio, nonché numerose persone che sono state a lungo trattenute nei centri di identificazione ed espulsione, poi rilasciate e che, nuovamente fermate, vi rientrano;
    inoltre, è stata riscontrata all'interno dei centri di identificazione ed espulsione la presenza di persone coniugate con cittadini italiani e persone le cui condizioni di salute risultano incompatibili con il trattenimento, persino minori, nonostante le norme vigenti lo vietino;
    in particolare, ha destato preoccupazione la presenza nei centri di identificazione ed espulsione di un elevato numero di ex detenuti che, dopo aver scontato pene anche di diversi anni, vengono trattenuti per ulteriori lunghi periodi di tempo all'interno degli stessi, nonostante la direttiva interministeriale del 30 luglio 2007, dei Ministri pro tempore Amato e Mastella, stabilisca che, in linea con le indicazioni del rapporto «De Mistura», l'identificazione per detenuti debba avvenire in carcere, e non più negli allora centri di permanenza temporanea, da considerarsi come luoghi destinati più utilmente al riconoscimento di altri soggetti; si tratta di un riconoscimento che si presenta problematico e che richiede un considerevole impiego di forze dell'ordine, sia per gli impegnativi compiti di sorveglianza che per quelli di accompagnamento presso i tribunali competenti;
    tutti gli aspetti critici rilevati nel corso delle visite nei centri di identificazione ed espulsione da parte di delegazioni di parlamentari sono resi più gravi dall'allungamento del termine massimo di permanenza all'interno delle strutture che, senza riuscire a facilitare il problema dell'identificazione e dei rimpatri, ha finito per creare una sorta di limbo giuridico, caratterizzato dalla negazione di diritti, anche fondamentali, nel quale i trattenuti possono permanere fino a 18 mesi e al quale occorre urgentemente porre rimedio;
    incessanti sono ormai le rivolte da parte degli immigrati trattenuti per protestare contro le difficili condizioni e le gravi violazioni dei diritti umani fondamentali, come dimostrano da ultimo le rivolte al centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d'Isonzo;
    all'interno del centro di identificazione ed espulsione di Crotone si è anche verificata la morte di un immigrato, con conseguente chiusura dello stesso;
    nel giugno del 2012, in concomitanza con l'emersione di lacune strutturali che avevano portato alla chiusura del «Serraino Vulpitta» di Trapani e del «Malgrado tutto» di Lamezia Terme, nonché di gravi inadempienze contrattuali emerse in numerosi centri, la Ministra dell'interno pro tempore, Anna Maria Cancellieri, ha istituito una task-force, con il compito di analizzare la situazione in cui versano i centri di identificazione ed espulsione, relativamente agli aspetti di carattere normativo, organizzativo e gestionale, al fine di elaborare proposte normative atte a migliorare l'operatività dei centri di espulsione ed assicurarne l'uniformità di funzionamento a livello nazionale;
    in precedenza, nel luglio 2006, con decreto del Ministro dell'interno pro tempore, Giuliano Amato, venne istituita la commissione cosiddetta De Mistura, il cui citato rapporto fu depositato il 31 gennaio 2007;
    la commissione, istituita nel 2012 ha visto, quali componenti, esclusivamente funzionari del Ministero dell'interno; mentre la commissione del 2006 era composta sia da membri ministeriali, sia da appartenenti all'associazionismo (una commissione «mista»);
    la commissione De Mistura (del 2006) operò visitando tutti i centri, incontrando le prefetture, le questure, ascoltando le associazioni dei vari territori, gli enti locali e le persone trattenute; esaminò, inoltre, i documenti che le venivano sottoposti e raccolse direttamente migliaia di dati, anche attraverso l'utilizzo di apposite schede di rilevazione;
    la citata commissione già evidenziò la difficoltà a eseguire i provvedimenti di espulsione, ritenendo dunque che «l'approccio normativo complessivo ai fenomeno andrebbe profondamente modificato riconducendo l'espulsione alla sua natura di provvedimento necessario da applicarsi come ultima ratio, laddove tutte le altre possibilità di regolarizzare si siano rivelate in concreto non possibili»;
    le conclusioni della commissione De Mistura non trovarono attuazione, né sembrano esser state considerate nell'impostazione dell'indagine del 2012. Le risultanze dei due rapporti appaiono estremamente diverse, così come le conclusioni: mentre la commissione De Mistura, dopo avere analizzato tutte le criticità presenti nei luoghi di detenzione amministrativa, concludeva per il «superamento» degli allora centri di permanenza temporanea ed assistenza attraverso il loro «svuotamento», la più recente task-force ha elaborato un «Documento programmatico» che, pubblicato solo ad aprile 2013, e quindi in fase di dimissione del Governo pro tempore, è volto ad implementare i centri di detenzione amministrativa, individuando le criticità prevalentemente imputabili a condotte delle persone trattenute;
    le soluzioni prospettate nel progetto di revisione del «sistema cie», tutto condensato in un rapporto di 27 pagine, più allegati (cosiddetto rapporto Ruperto), muove dal presupposto della necessità dei centri di identificazione ed espulsione e prevede numerose novità sia dal punto di vista amministrativo che da quello del funzionamento vero e proprio;
    in tal senso, in tale rapporto si coglie una sorta di ulteriore discostamento delle prassi e delle normative sul trattenimento amministrativo in Italia, rispetto alla direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, nota come «direttiva rimpatri»;
    ogni passo dello stesso, infatti, apre un elemento di problematicità: ad esempio, nel prendere atto del fatto che i centri di identificazione ed espulsione operano con capienza ridotta a causa del danneggiamento dei locali causato dai trattenuti, non si affronta il correlato tema per cui il forte ribasso dei corrispettivi previsti dalle convenzioni agli enti gestori ha portato alla diminuzione del personale degli stessi, nonché all'ulteriore abbassamento della qualità minima del sistema complessivo dei servizi con conseguenze anche gravi per le persone trattenute;
    nel rapporto si annuncia poi che molti immigrati senza documenti potranno essere rimpatriati con maggiore velocità utilizzando non i centri di identificazione ed espulsione, ma i centri di primo soccorso e accoglienza, che, con procedimenti spesso informali, comportano il rischio del ricorso alle espulsioni cosiddette collettive, in violazione degli accordi di Schengen, la cui pratica è da ritenersi altresì illegittima secondo l'articolo 4 del protocollo 4 allegato alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
    altro aspetto su cui il rapporto si sofferma molto è la necessità di prevenire e contenere gli atti di ribellione, isolando in appositi spazi i rivoltosi e addirittura i «potenziali» rivoltosi, prevedendo celle speciali in carceri speciali;
    sul tema la sentenza del tribunale di Crotone 12 dicembre 2012, n. 1410, ha stabilito che i protagonisti della rivolta nel centro di identificazione ed espulsione di Crotone – i quali, saliti sul tetto della struttura, hanno lanciato alcuni oggetti contundenti contro le forze dell'ordine – non sono colpevoli di danneggiamento e offesa a pubblico ufficiale in quanto agirono per «legittima difesa» e la reazione degli stranieri alle «offese ingiuste» è da considerarsi proporzionata; il giudice ha infatti ritenuto che, nel caso dei centri di identificazione ed espulsione, si tratta di «strutture – nel loro complesso – ai limite della decenza, intendendo tale ultimo termine nella sua precisa etimologia, ossia di conveniente alla loro destinazione: che è quella di accogliere essere umani. E, si badi, esseri umani in quanto tali, e non in quanto stranieri irregolarmente soggiornanti sul territorio nazionale per cui lo standard qualitativo delle condizioni di alloggio non deve essere rapportato al cittadino straniero irregolare medio (magari abituato a condizioni abitative precarie), ma al cittadino medio, senza distinzione di condizione o di nazionalità o di razza»;
    da ultimo, il caso Alma Shalabayeva ha evidenziato che, secondo quanto dichiarato dal presidente Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica, in un articolo pubblicato su L'Unità del 17 luglio 2013, «accade che la politica dei respingimenti venga praticata con brutale efficienza nei confronti di migliaia di anonimi immigrati e richiedenti asilo» e che, dunque, tale caso istituzionale «potrebbe rappresentare l'occasione per ripensare a fondo la materia e per interrogarsi, in particolare, sulla legittimità di queste forme di rimpatrio: quante espulsioni espongono lo straniero al rischio di trattamenti illegali e crudeli?»,

impegna il Governo:

   a ripensare radicalmente l'attuale sistema di detenzione amministrativa, ingiustificabile e ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo illegittimo in uno Stato di diritto, e che risulta, peraltro, inefficace per quanto attiene all'effettività dei provvedimenti di espulsione, inutilmente costoso ed altamente lesivo dei diritti umani fondamentali;
   ad intraprendere urgenti iniziative normative tese ad abrogare l'articolo 10-bis del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, concernente il cosiddetto «reato di clandestinità»;
   ad assumere iniziative per riformare l'intera disciplina dell'ingresso, del soggiorno e dell'allontanamento dei cittadini stranieri;
   ad ampliare i canali di ingresso regolare, a garantire l'ingresso per la ricerca di lavoro, anche per contrastare il grave fenomeno della tratta degli esseri umani, nonché ad introdurre meccanismi di regolarizzazione ordinaria;
   ad introdurre politiche migratorie atte a garantire effettive possibilità di inserimento sociale dei migranti.
(1-00190)
(Nuova formulazione) «Fratoianni, Migliore, Pilozzi, Kronbichler, Daniele Farina, Sannicandro, Di Salvo, Piazzoni, Boccadutri, Costantino, Nicchi, Aiello, Palazzotto, Pellegrino».

Classificazione EUROVOC:
SIGLA O DENOMINAZIONE:

DL 1998 0286

EUROVOC :

espulsione

migrazione illegale

migrante

migrazione coatta

asilo politico

integrazione dei migranti

traffico di persone