Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 186, sul lavoro marittimo - A.C. 1328
Riferimenti:
AC N. 1328/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 51
Data: 19/07/2013
Descrittori:
LAVORATORI PORTUALI   MARINAI E MARITTIMI
ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE DEL LAVORO ( OIL )   RATIFICA DEI TRATTATI
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari


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Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 186, sul lavoro marittimo

19 luglio 2013
Elementi per l'istruttoria legislativa



Indice

Contenuto dell'accordo|Contenuto del disegno di legge|



Contenuto dell'accordo

La Convenzione sul lavoro marittimo è stata adottata in seno all'Organizzazione internazionale del lavoro (Convenzione OIL n. 186) è stata adottata dalla 94ma sessione marittima della Conferenza internazionale del lavoro in data 23 febbraio 2006 a Ginevra. Caratteristica fondamentale della Convenzione è quella di contenere un insieme di standard globali, quasi alla stregua di un testo unico, risultanti da numerosi strumenti (Convenzioni o Raccomandazioni) in materia di lavoro marittimo che l'OIL ha adottato a partire dal 1920 per assicurare progressivamente migliori condizioni di vita e di lavoro per i marittimi e una più equa concorrenza per gli operatori e gli armatori. Essendo stato raggiunto il 20 agosto 2012 il previsto numero di ratifiche per l'entrata in vigore a livello internazionale dopo 12 mesi, la Convenzione inizierà a dispiegare i suoi effetti per l'appunto dal 20 agosto 2013

La Convenzione si compone di un Preambolo e di 16 articoli, strettamente connessi a un corpus di Regole con il relativo Codice applicativo. Gli articoli e le regole configurano l'insieme delle norme obbligatorie, mentre il Codice ne fissa le condizioni applicative, a loro volta distinte in standard obbligatori e linee guida non obbligatorie: il Codice risulta quindi essere lo strumento di flessibilità affidato alla discrezionalità degli Stati membri, almeno per quanto concerne la parte non obbligatoria.

 

Il Preambolo contiene l'esplicita finalizzazione della Convenzione alla creazione di "uno strumento unico e coerente che comprenda il più possibile tutte le norme aggiornate contenute nelle attuali convenzioni e raccomandazioni internazionali del lavoro marittimo nonché i principi fondamentali riportati" in una serie di altre convenzioni internazionali del lavoro appresso elencate.

 

L'articolo I contiene gli obblighi generali degli Stati ratificanti la Convenzione in esame, ciascuno dei quali, operando anche congiuntamente alle altre Parti della Convenzione medesima, si impegna a darle l'attuazione con l'obiettivo di conseguire un livello di impiego dignitoso per la gente di mare.

 

L'articolo II reca una serie di definizioni, nonché di previsioni relative all'applicabilità della Convenzione, la quale è appunto in linea generale applicabile a tutti i marittimi: in caso di dubbio sull'applicabilità ad alcune categorie di lavoratori del mare o ad alcune imbarcazioni, la decisione è presa dall'autorità competente di ciascuno Stato membro – ovvero, a norma delle definizioni precedentemente fornite, il ministro, l'ufficio statale o altra autorità preposta all'emanazione e all'applicazione di regolamenti, decreti e altre misure aventi forza di legge nello specifico settore - dopo opportuna consultazione con le organizzazioni degli armatori e dei marittimi.

 

L'articolo III prevede la verifica, da parte di ciascuno Stato membro, della compatibilità della sua legislazione – nel contesto della Convenzione in esame – con il rispetto della libertà di associazione e del diritto di contrattazione collettiva, con l'eliminazione di ogni forma di lavoro forzato e del lavoro minorile, nonché di ogni discriminazione in materia di occupazione.

 

In base all'articolo IV tutti i marittimi hanno diritto ad un luogo di lavoro sicuro nel rispetto di tutte le norme di sicurezza, come anche a condizioni eque di impiego, a dignitose condizioni di lavoro e di vita a bordo delle navi, alla tutela della salute e a misure previdenziali e di protezione sociale. E' posto in capo a ciascuno Stato membro della Convenzione l'obbligo di vigilare affinché tali diritti vengano effettivamente assicurati, mediante applicazione di disposizioni della Convenzione in esame o con ogni altro mezzo giuridico o contrattuale.

 

Sulla scorta dell'articolo V, ciascuno Stato membro si incarica di far rispettare la presente Convenzione dalle navi battenti la propria bandiera: tuttavia, anche uno Stato membro diverso da quello di bandiera può ispezionare le navi di un altro Stato membro della Convenzione per verificarne il rispetto. Particolarmente rilevante è poi la previsione per la quale alle navi battenti la bandiera di Stati che non abbiano ratificato la Convenzione in esame non dovranno essere applicati trattamenti più favorevoli rispetto a quelli di cui beneficiano le navi battenti la bandiera di uno Stato ratificante.

 

Di grande rilevanza è l'articolo VI, nel quale vengono stabiliti gli statuti giuridici delle Regole e delle parti del Codice collegati alla convenzione in esame, prevedendo l'obbligatorietà del corpus delle regole e delle disposizioni della parte A del Codice. In ogni caso, comunque, ciascuno Stato membro dovrà dare seguito adeguatamente anche alle linee-guida della parte B del Codice stesso. Anche per quanto concerne la parte A del Codice, tuttavia, è lasciata una certa discrezionalità allo Stato membro nel raggiungere gli obiettivi prefissati attraverso proprie disposizioni legislative, regolamentari o di carattere contrattuale, purché in tal modo venga effettivamente conseguito l'obiettivo.

 

I rimanenti articoli della Convenzione riguardano le consuete clausole finali, ma anche le procedure di emendamento alla Convenzione e al Codice ad essa collegato (rispettivamente gli articoli XIV e XV), nonché l'istituzione del Comitato tripartito speciale (articolo XIII) incaricato di monitorare l'applicazione della Convenzione in esame per conto del Consiglio di amministrazione dell'Ufficio internazionale del lavoro: il Comitato tripartito speciale - composto da due rappresentanti designati dal governo di ciascuno degli Stati ratificanti, nonché da rappresentanti degli armatori e dei marittimi designati dal Consiglio di amministrazione dell'Ufficio internazionale del lavoro – è inoltre dotato di una competenza particolare nel campo degli standard sul lavoro marittimo. Il Comitato tripartito speciale è pure competente, in base all'articolo VII, per le consultazioni che ogni Stato membro ritenga di dover intraprendere su deroghe o applicazione flessibile di qualche sezione della Convenzione, qualora tale Stato membro sia privo sul suo territorio di organizzazioni degli armatori e dei marittimi.

 

Per quanto concerne l'entrata in vigore (articolo VIII), questa è subordinata al trascorrere di 12 mesi dopo la ratifica della Convenzione da parte di almeno 30 Stati che rappresentino il 33 per cento della stazza lorda della flotta mercantile mondiale – tale condizione, come già rilevato, si è verificata il 20 agosto 2012. La possibilità di denunciare (articolo IX) la presente Convenzione esiste, ma solo dopo 10 anni dall'entrata in vigore di essa, tramite apposita notifica al depositario della Convenzione, che è il Direttore dell'Ufficio internazionale del lavoro (articoli XI e XII). L'entrata in vigore della Convenzione in esame comporterà la revisione di numerose Convenzioni OIL, che sono dettagliatamente elencate all'articolo X.

 

Per quanto riguarda il corpus delle Regole e il Codice collegati alla Convenzione essi si articolano in cinque titoli, ovvero:

Titolo 1:        requisiti minimi per il lavoro dei marittimi a bordo delle navi

Titolo 2:        condizioni di impiego

Titolo 3:        alloggi, strutture ricreative, alimentazione e servizio mensa

Titolo 4:        tutela della salute, assistenza sanitaria, tutela del benessere e sicurezza sociale

Titolo 5:        verifica di conformità e applicazione delle disposizioni.

Si commentano di seguito soltanto le Regole di ciascun Titolo, alle quali le disposizioni obbligatorie e facoltative del Codice mirano a dare più minuta attuazione.

 

Titolo 1:

Regola 1.1   nessuna persona al di sotto dei 16 anni può essere ingaggiata per lavorare a bordo di una nave, salvo specifici casi di età minima ancora superiore.

Regola 1.2   nessun marittimo può essere impiegato a bordo di una nave se privo del certificato medico che ne attesti l'idoneità all'esercizio delle proprie funzioni

Regola 1.3   per poter lavorare a bordo di una nave ciascun marittimo deve essere in possesso di un titolo o di un certificato di formazione professionale, compreso un corso individuale sulla sicurezza personale a bordo delle navi.

Regola 1.4   è previsto che tutti i marittimi debbano poter accedere a un sistema adeguato e affidabile di collocamento gratuito per l'impiego a bordo di una nave.

 

Titolo 2:

Regola 2.1 - Le condizioni di impiego di un marittimo devono essere definite in un contratto redatto in termini chiari e in conformità alle norme del Codice collegato alla Convenzione: tale contratto va inteso come comprensivo di norme contenute in contrattazioni collettive applicabili al caso specifico.

Regola 2.2 - Proprio in relazione al contratto di cui sopra, si prevede la regolare e integrale retribuzione di tutti i marittimi per il lavoro eseguito.

Regola 2.3 - Ogni Stato membro assicura la regolamentazione dell'orario di lavoro della gente di mare, fissando altresì il numero massimo di ore di lavoro e quello minimo di ore di riposo in relazione a un periodo stabilito.

Regola 2.4 - Va garantito ai marittimi impiegati su navi battenti bandiera di uno Stato membro della Convenzione, da parte di tale Stato, il diritto a ferie annuali retribuite, nonché a permessi a terra per tutelare il proprio benessere e la propria salute, laddove compatibili con le esigenze pratiche del loro servizio.

Regola 2.5 . Ogni Stato membro deve esigere che le navi battenti la sua bandiera forniscano una garanzia finanziaria che assicuri il debito rimpatrio della gente di mare in caso di necessità, senza alcuna spesa a carico dei marittimi.

Regola 2.6 - I marittimi hanno diritto a un'adeguata indennità qualora riportino lesioni, o soffrano danni o disoccupazione per la perdita della nave o per un naufragio.

Regola 2.7 - A bordo di ciascuna nave vi dovrà essere numero di marittimi sufficiente per garantire la sicurezza e l'efficienza di esercizio.

Regola 2.8 - Ciascuno Stato membro della Convenzione dovrà adottare politiche per favorire l'occupazione nel settore marittimo e favorire altresì una sempre maggiore qualificazione professionale degli addetti del settore.

 

Titolo 3:

Regola 3.1   si dovrà assicurare su ciascuna nave l'esistenza di locali per l'alloggio e di locali ricreativi dignitosi per i marittimi impiegati a bordo, e che ne promuovano la salute e il benessere.

Regola 3.2   su ciascuna nave dovranno essere serviti alimenti e acqua potabile di qualità appropriata e di valore nutrizionale adeguato, tenendo anche in considerazione le diverse appartenenze culturali e religiose. A tale scopo si dovrà verificare anche la qualificazione professionale dei marittimi impiegati come cuochi di bordo.

 

Titolo 4:

Regola 4.1   ogni Stato membro è responsabile per la tutela della salute di tutti i marittimi impiegati a bordo di navi battenti la sua bandiera, inclusa l'assistenza sanitaria immediata e adeguata, che linea di principio dovrà essere fornita a titolo gratuito si favorirà inoltre l'accesso alle strutture mediche presenti a terra per i marittimi imbarcati su navi e che necessitino di assistenza sanitaria d'urgenza.

Regola 4.2   si dovranno adottare misure a favore dei marittimi in servizio sulle navi per assicurare loro il diritto a un'assistenza materiale da parte dell'armatore per far fronte le conseguenze derivanti da malattie, infortuni o decessi verificatisi in servizio.

Regola 4.3   si dovrà assicurare un ambiente di lavoro favorevole per la sicurezza e per la prevenzione di infortuni per tutti i marittimi.

Regola 4.4   si dovrà favorire l'accessibilità ai marittimi delle strutture sociali di assistenza eventualmente esistenti a terra, promuovendone altresì lo sviluppo, come anche di strutture culturali, ricreative e informative.

Regola 4.5   ogni Stato membro si adopera affinché tutti i marittimi e le persone eventualmente a loro carico beneficino di condizioni di previdenza sociale non meno favorevoli di quelle di cui godono i lavoratori a terra.

 

Titolo 5:

Regola 5.1   ciascuno Stato membro è responsabile dell'adempimento degli obblighi della presente Convenzione sulle navi che battono la sua bandiera: a tale scopo istituisce un efficace sistema di ispezione e certificazione delle condizioni del lavoro marittimo, eventualmente avvalendosi della collaborazione di istituzioni pubbliche o di altri organismi, come anche di un altro Stato membro di cui riconosca la competenza.

Regola 5.2   è qui contemplata la responsabilità dello Stato di approdo, diverso da quello di bandiera della nave interessata ma comunque anch'esso membro della Convenzione in esame, nel contribuire alle attività di ispezione marittima.

Regola 5.3   ogni Stato membro porta altresì la responsabilità per l'applicazione delle previsioni della Convenzione in esame in merito al reclutamento, collocamento e tutela sociale dei marittimi che siano suoi cittadini o residenti, nel caso di loro impiego su navi straniere.

 

 

 



Contenuto del disegno di legge

Il disegno di legge in esame è stato approvato l'8 luglio scorso dal Senato: nel corso dell'iter presso l'altro ramo del Parlamento è stato soppresso l'articolo 4, che recava modifiche in materia di legge regolatrice del contratto di arruolamento.

 

L'articolato è organizzato in due capi: il capo I contiene gli artt. 1 e 2, recanti rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione della Convenzione OIL 186 sul lavoro marittimo e relativi Allegati, mentre il capo II (articoli da 3 a 6) detta le disposizioni di adeguamento dell'ordinamento interno.

 

In particolare, l'articolo 3 modifica il codice della navigazione. In particolare, il comma 1 novella l'articolo 368 del Codice, al fine di prevedere che la disciplina del rimpatrio di stranieri arruolati su navi italiane, di cui al Libro II, Titolo IV, Capo V del Codice, trovi sempre applicazione e non, come attualmente previsto, solo a condizione di reciprocità (ossia, a condizione che lo Stato di cui lo straniero arruolato è cittadino assicuri eguale trattamento ai cittadini italiani arruolati su navi che battono la sua bandiera).

 

I commi 2 e 3 novellano gli articoli 1091 e 1094 del Codice della navigazione, che prevedono i delitti, rispettivamente, di diserzione e di inosservanza di ordine da parte di componente dell'equipaggio, circoscrivendo l'ambito di applicazione della sanzione penale alle sole condotte che cagionino un pericolo per la vita e l'incolumità fisica delle persone ovvero per la sicurezza della navigazione. Nei casi in cui, invece, non si configuri una violazione dei suddetti beni primari e le condotte siano esclusivamente lesive dell'efficienza e del buon andamento dell'organizzazione di bordo, la sanzione penale viene sostituita da una sanzione amministrativa pecuniaria.

 

Come evidenziato nella Relazione illustrativa del disegno di legge A.S. 589, «Il Comitato europeo dei diritti sociali, ritiene che le norme in questione, nella formulazione vigente, siano in contrasto con quanto indicato nell'articolo 1, comma 2, della Carta sociale europea e ne richiede l'abrogazione. La Commissione di esperti per l'applicazione delle convenzioni e raccomandazioni OIL, ritiene che le stesse violino i principi contenuti nella Convenzione OIL n. 105 del 1957 -- convenzione sul contrasto al lavoro forzato -- articolo 1, lettera c) e ne richiede, quantomeno, la modifica al fine della trasformazione delle sanzioni penali in amministrative».

 

Il comma 2 novella la fattispecie di diserzione, di cui all'art. 1091 del Codice della navigazione prevedendo la reclusione da 1 a 3 anni per il componente dell'equipaggio che non si reca a bordo ovvero abbandona la nave o l'aeromobile mettendo in pericolo la vita o l'incolumità fisica delle persone ovvero mettendo a rischio la sicurezza della nave o dell'aeromobile. In tutte le altre ipotesi, la condotta è depenalizzata e il responsabile sanzionato con la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 a 10.000 euro.

 

 Il comma 3 novella l'art. 1094 del Codice della navigazione, relativo al delitto di inosservanza di ordine da parte di componente dell'equipaggio. La disposizione mantiene la rilevanza penale nel caso in cui:

  • l'inosservanza dell'ordine mette in pericolo la vita o l'incolumità delle persone, ovvero la sicurezza della nave, galleggiante o aeromobile (reclusione da 6 mesi a 3 anni);
  • l'inosservanza riguarda un ordine dato per la salvezza della nave, del galleggiante o dell'aeromobile o per soccorso da prestare a nave, galleggiante, aeromobile o persona in pericolo (reclusione da 1 a 4 anni).

Il disegno di legge sanziona tutte le altre ipotesi a titolo di illecito amministrativo.

 

Si evidenzia che il disegno di legge non disciplina le modalità di accertamento e riscossione delle sanzioni amministrative. La Relazione illustrativa dell'A.S. 589 chiarisce che «si demanda all'apprezzamento dell'autorità competente alla ricezione del rapporto (Capo del compartimento marittimo), nell'alveo dell'iter di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, in tema di irrogazione di sanzioni pecuniarie amministrative, la possibilità di liquidare la sanzione pecuniaria, a fronte della disamina degli scritti difensivi del contravventore, con una compiuta graduazione dell'importo della sanzione al livello di responsabilità del contravventore, definito in funzione del rango e delle mansioni ricoperte nell'organizzazione di bordo».

Si valuti l'opportunità di inserire queste previsioni nell'articolato del disegno di legge di ratifica.

 

L'articolo 4, al comma 1, in coerenza con la regola 1.1, comma 1, della Convenzione modifica l'articolo 119 del codice della navigazione, prevedendo che possano conseguire l'iscrizione nelle matricole della gente di mare i cittadini italiani o comunitari di età non inferiore ai sedici anni, anziché ai quindici anni (come prevede attualmente la norma in esame), che abbiano i requisiti stabiliti dal regolamento per ciascuna categoria.

È necessario, inoltre, modificare anche la normativa di rango secondario, e segnatamente il regolamento recante la disciplina del collocamento della gente di mare, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 2006, n. 231.

 

Nell'allegato al predetto regolamento, infatti, vengono indicate le qualifiche professionali del personale marittimo ed i relativi requisiti minimi, ivi compresa l'età minima di ammissione al lavoro. Le uniche due qualifiche professionali per le quali l'allegato richiede ancora un'età minima di 15 anni, sono il mozzo ed il piccolo di camera (per le altre qualifiche contemplate dall'allegato, infatti, viene richiesta un'età minima di 18 anni). Il comma 2 della proposta normativa, pertanto, modifica l'età minima stabilita per le due qualifiche professionali in questione, prevedendo che essa sia di 16 anni, anziché di 15.

 

L'articolo 5 , al comma 1, sostituisce il secondo e terzo comma dell'articolo 4 della legge n. 1602/1962, riguardante l'accertamento della idoneità fisica della gente di mare.

 

Attualmente l'articolo 3 della citata legge 1602/1962 prevede che gli iscritti nelle matricole della prima e della seconda categoria della gente di mare non possono essere arruolati se non producono un certificato, conforme al modello approvato dal Ministro per la marina mercantile, attestante la loro attitudine fisica al lavoro al quale debbono essere impiegati a bordo, rilasciato da un medico della competente Cassa marittima per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie della gente di mare. L'articolo 4, dopo aver definito il contenuto necessario del certificato, stabilisce che esso ha una validità di due anni dalla data del rilascio e che se il periodo di validità scade in corso di viaggio, il certificato resta valido fino alla fine del viaggio.

 

In base alle nuove disposizioni introdotte è previsto che il certificato medico rilasciato, anche in lingua inglese, ha una validità di due anni ridotta ad uno se il marittimo ha meno di 18 anni. Viene rimessa ad un decreto del Ministro della salute, di concerto con quello delle infrastrutture e dei trasporti, la previsione di un periodo di validità più breve, anche in considerazione delle specifiche mansioni svolte dal marittimo.

Con un decreto analogo vengono disciplinati i casi nei quali per motivi di urgenza, o se la validità del certificato scade durante un viaggio, il marittimo può essere autorizzato a lavorare sulla base di un certificato provvisorio valido fino al porto di scalo successivo e comunque non superiore a tre mesi.

 

Il comma 2 stabilisce poi che le navi passeggeri che effettuano navigazione internazionale breve e lunga e che trasportano più di 100 persone,devono avere a bordo un medico qualificato responsabile dell'assistenza sanitaria.

 

L'articolo 6 abroga l'articolo 36 della legge n.1045 del 1939.

 

L'articolo 36 della legge n.1045 del 1939 prevede che qualora tra i componenti l'equipaggio a bordo delle navi mercantili nazionali vi siano persone di colore, a queste dovranno essere riservate sistemazioni di alloggio, di lavanda e igieniche, separate da quelle del restante personale e rispondenti ai loro usi e costumi; la norma prevede, poi, che a tale personale di colore vengano assicurate a bordo le condizioni per confezionare il vitto secondo le proprie abitudini e i propri costumi.
La legge n. 1045 del 1939 si inscrive in un contesto storico contrassegnato dall'affermarsi di una legislazione di stampo razzista e segregazionista, volta a discriminare da un lato gli ebrei, dall'altro le persone native del'Africa orientale, sottoposta ad occupazione italiana.

 

Si fa presente che le vicende della legge n. 1045 del 1939 si intersecano a più riprese con il procedimento di riduzione dello stock normativo attuato nella XVI legislatura, in attuazione della delega prevista dall'articolo 14 della legge n. 246/2005. Con tale disposizione di delega  lo Stato si è posto per la prima volta l'obiettivo di ridurre drasticamente lo stock normativo, facendo ordine nella massa dei provvedimenti emanati dall'unità d'Italia fino al 31 dicembre 1969, attraverso la ricognizione di tutte le disposizioni di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore. Tutte le altre disposizioni sono considerate abrogate, a meno che non interessino alcuni settori esclusi dalla cosiddetta "ghigliottina" (cioè l'abrogazione generalizzata).

 

L'abrogazione della legge n. 1045 del 1939 era stata inizialmente prevista dalla voce n. 23144 dell'allegato 1 al decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200; successivamente, la voce relativa alla legge n. 1045 è stata soppressa dall'ambito dell'allegato dalla legge di conversione del decreto (legge 18 febbraio 2009, n. 9). Conseguentemente, la permanenza in vigore della legge nella sua integrità è stata confermata dal decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179,  recante la ricognizione delle disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246 (voce n. 632 dell'allegato 1).

 

L'articolo 7 reca la norma di copertura finanziaria (comma 1), mediante la quale si fa fronte agli oneri derivanti dalle spese per la partecipazione di funzionari italiani alle riunioni del Comitato tripartito speciale di cui all'articolo XIII della Convenzione: a tali oneri, valutati in 1.480 euro per il 2013 e 2.960 euro a decorrere dal 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente del bilancio triennale 2013-2015 nell'ambito del Programma Fondi di riserva e speciali dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con parziale utilizzo dell'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.

 

In base al comma 2, secondo quanto previsto dalla legge di contabilità generale dello Stato (articolo 17, comma 12, legge n. 196/2009), viene disposta una specifica clausola di salvaguardia a fronte di scostamenti rispetto agli oneri previsti rilevati in sede di monitoraggio dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che ne riferisce al Ministro dell'economia e delle finanze. Quest'ultimo provvede mediante riduzione, nella misura necessaria alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dal monitoraggio, delle dotazioni finanziarie di parte corrente – aventi natura di spese rimodulabili secondo la definizione fornita dall'art. 21, co. 5, lett. b), della L. n. 196/2009 - destinate alle spese di missione nell'ambito del pertinente Programma di spesa del Ministero interessato. Per l'anno in cui si verifica lo scostamento sarà ridotto per pari importo il limite del 50% della spesa sostenuta nell'anno 2009 posto alle spese per missioni delle pubbliche amministrazioni dall'art. 6, comma 12 del decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010.

Sulle cause degli scostamenti e l'attuazione delle misure previste nel comma 2 il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce senza ritardo con apposita relazione alle Camere (comma 3).

 

Il provvedimento si inquadra nell'ambito della materia politica estera e rapporti internazionali dello Stato, demandata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera a), Cost.).

 

Nella relazione tecnica allegata al disegno di legge si afferma anzitutto che l'unica norma della Convenzione in esame che comporti spese è rinvenibile nell'articolo XIII, che prevede la partecipazione di rappresentanti italiani alle riunioni del Comitato tripartito speciale incaricato di monitorare l'applicazione della Convenzione: il resto delle previsioni vengono definite di carattere essenzialmente ordinamentale, e quindi applicabili a valere sugli ordinari stanziamenti dei Ministeri interessati. A carico dello Stato risultano specificamente i due rappresentanti che verranno inviati del Ministero delle infrastrutture dei trasporti, e che tra spese di missione e di viaggio comporteranno un onere, parametrato a due sessioni l'anno, pari a 1.480 euro per ciascun funzionario. Nella relazione tecnica è spiegato altresì che, per motivi di competenza tecnica, uno dei due rappresentanti designati dal governo proverrà presumibilmente dalla Direzione generale del trasporto marittimo e l'altro dal Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto.

 

Il disegno di legge è altresì corredato da un'analisi tecnico-normativa (ATN) e da un'analisi di impatto della regolamentazione (AIR).

L'ATN evidenzia anzitutto, in base all'articolo 80 della Costituzione, come la necessità dell'autorizzazione parlamentare alla ratifica della Convenzione OIL n. 186 derivi dalla modifica degli articoli del codice della navigazione che la partecipazione alla Convenzione comporta. L'ATN prosegue rilevando come la ratifica della Convenzione porti ad un ampliamento del campo di operatività della depenalizzazione, proprio per le modifiche all'apparato sanzionatorio del codice della navigazione. Inoltre, la compatibilità della ratifica della Convenzione 186 con l'ordinamento dell'Unione europea è assicurata dall'essere tale ratifica proprio conforme a quanto prospettato dal Comitato europeo dei diritti sociali in tema di modifica delle specifiche discipline del settore marittimo. Viene infine rilevato come il provvedimento comporti effetti abrogativi espliciti nei confronti dell'articolo 36 della legge 16 giugno 1939, n. 1045, nonché effetti abrogativi impliciti in ordine all'articolo 20 del regio decreto 20 maggio 1897, n. 178.

 

In base all'AIR l'impatto della ratifica della Convenzione sarà soprattutto nei confronti della vigente disciplina nazionale del lavoro marittimo, assicurata dal decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271. Viene inoltre evidenziato come il provvedimento in esame miri ad assicurare la ratifica tempestiva da parte del nostro Paese della Convenzione 186 entro il 20 agosto 1013, ovvero, come già osservato, entro il termine di entrata in vigore a livello internazionale della Convenzione stessa. Ciò è particolarmente rilevante poiché in tal modo anche gli armatori italiani potranno ottenere dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il rilascio delle certificazioni attestanti la conformità delle proprie navi alla normativa ormai prossima ad entrare in vigore sul piano internazionale in ordine alla sicurezza e alle condizioni di lavoro a bordo delle navi. La mancata ratifica comporterebbe probabilmente una perdita di competitività per i nostri armatori, sia perché le navi battenti bandiera italiana correrebbero il rischio di provvedimenti di fermo amministrativo da parte delle autorità dei paesi di scalo, sia perché anche in considerazione di tale rischio gli operatori dell'attività di commercio internazionale via mare privilegerebbero i vettori di Stati esteri già in possesso della certificazione di conformità alla Convenzione 186. L'AIR individua  in primis nel Ministero delle infrastrutture dei trasporti, e poi nel Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e nel Ministero della salute i soggetti responsabili dell'attuazione della Convenzione in esame. Infine, il Ministero degli affari esteri, effettuerà ogni due anni una valutazione dell'impatto della regolamentazione (VIR), sulla scorta dei dati raccolti dalle capitanerie di porto nel corso delle attività istituzionali di controllo.