Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari sociali
Titolo: Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario - AA.C. 259, 262 , 1312, 1324 - Elementi per l'istruttoria legislativa - terza edizione
Riferimenti:
AC N. 1312/XVII   AC N. 259/XVII
AC N. 262/XVII   AC N. 1324/XVII
Serie: Progetti di legge    Numero: 40
Data: 29/10/2013
Descrittori:
PERSONALE SANITARIO   RESPONSABILITA ' PROFESSIONALE
Organi della Camera: XII-Affari sociali


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Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario

29 ottobre 2013
Elementi per l'istruttoria legislativaterza edizione



Indice

Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|



Contenuto

 

 



Quadro normativo

Responsabilità civile del medico

Profili generali

La responsabilità civile del medico è, in generale, apparsa da sempre come un particolare genus della più ampia responsabilità del prestatore d'opera. Nell'evoluzione della responsabilità risarcitoria ruolo centrale ha avuto la giurisprudenza di legittimità che, nellambito delle sue funzioni di nomifilachia, ha introdotto profondi cambiamenti nel campo della responsabilità medica dovendo confrontarsi, in particolare, con la normativa costituzionale, quella codicistica e delle legislazioni speciali nazionali .

La norma di riferimento è, in ogni caso, costituita dall'art. 2236 c.c. che prevede che "se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave". La disposizione dell'art. 2236 c.c. non trova, tuttavia, applicazione per i danni ricollegabili a negligenza o imprudenza, dei quali il professionista, conseguentemente, risponde anche solo per colpa lieve (Cass. sent. n. 6464 del 1994).

Quando si tratti di interventi che siano al di fuori dell'ipotesi della speciale difficoltà presupposta dall'art. 2236, occorre, quindi, rifarsi alla disciplina generale prevista dall'art. 1176 c.c. (Diligenza nell'adempimento) che prevede, al secondo comma, che "Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata". Si tratta, quindi, dell'obbligo di usare la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1176, primo comma) col quid pluris di una scrupolosa attenzione derivante dalle difficoltà della professione esercitata, venendo in tale ipotesi in considerazione la colpa lieve (Cass. sent. 8470/1994). Successivamente, Cass., sent. n. 3492 del 2002, ha ulteriormente precisato che in tema di risarcimento del danno, il medico (nel caso di specie, chirurgo), nell'adempimento delle obbligazioni contrattuali inerenti alla propria attività professionale, è tenuto ad una diligenza che non è solo quella del buon padre di famiglia ex art.1176, primo comma, c.c., ma è quella "qualificata" prescritta dal secondo comma dello stesso art. 1176, che comporta il rispetto di tutte le regole e gli accorgimenti che nel loro insieme costituiscono la conoscenza della professione medica (più recentemente, nell'identico senso, Cass. sent. n. 2334 del 2011).

In riferimento al contenuto della prestazione, la giurisprudenza ha da tempo osservato (Cass., sentenze n. 231 del 1969 e n. 3044 del 1972) come le obbligazioni inerenti l'esercizio della professione sanitaria sono di comportamento e non di risultato, in quanto "il professionista assumendo l'incarico si impegna a prestare la propria opera intellettuale e scientifica per raggiungere il risultato sperato, ma non per conseguirlo. In conseguenza l'inadempimento del sanitario è costituito non già dall'esito sfortunato della terapia e dal mancato conseguimento della guarigione del paziente, ma dalla violazione dei doveri inerenti allo svolgimento dell'attività professionale". Tale assunto non rileva, al contrario, per alcune attività mediche per le quali è ravvisabile un'obbligazione di risultato, come la chirurgia estetica, le protesi sostitutive, gli esami di laboratorio, la diagnosi istopatologica, la trasfusione di sangue, ecc..

Per quel che riguarda la natura giuridica della prestazione, sia del medico che dalla struttura sanitaria, nei confronti del paziente giurisprudenza concorde ritiene avere natura contrattuale.

Tale opinione è autorevolmente suffragata da Cassazione, Sezioni Unite civili, sentenza n. 577 del 2008, secondo cui la responsabilità civile dei medici nei confronti dei pazienti assume carattere contrattuale e si basa sull'obbligazione nascente da "contatto sociale", che costituisce un vero e proprio contratto di prestazione d'opera i cui caratteri trovano fondamento nell'affidamento che il paziente pone nel sanitario. In relazione alla responsabilità della struttura, la sentenza afferma l'irrilevanza che il paziente si sia affidato ad una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale o a una casa di cura privata (convenzionata o meno) o a un medico di fiducia cha abbia ivi effettuato un intervento: in ogni caso, per la Cassazione, si configura una responsabilità contrattuale sia del medico che della struttura sanitaria.

Hanno ricordato le Sezioni Unite come la Suprema Corte abbia costantemente inquadrato anche la responsabilità della struttura sanitaria nella responsabilità contrattuale, sul rilievo che l'accettazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto (Cass. n. 1698 del 2006; Cass. n. 9085 del 2006; Cass. 28 maggio 2004, n. 10297; Cass. 11 marzo 2002, n. 3492; 14 luglio 2003, n. 11001; Cass. 21 luglio 2003, n. 11316). A sua volta anche l'obbligazione del medico dipendente dalla struttura sanitaria nei confronti del paziente, ancorché non fondata sul contratto, ma sul "contatto sociale", ha natura contrattuale (Cass. 22 dicembre 1999, n. 589; Cass. 29 settembre 2004, n. 19564; Cass. 21 giugno 2004, n. 11488; Cass. n. 9085 del 2006). Per diverso tempo tale legame contrattuale è stato interpretato e disciplinato sulla base dell'applicazione analogica al rapporto paziente-struttura delle norme in materia di contratto di prestazione d'opera intellettuale vigenti nel rapporto medico-paziente, con il conseguente e riduttivo appiattimento della responsabilità della struttura su quella del medico. Da ciò derivava che il presupposto per l'affermazione della responsabilità contrattuale della struttura fosse l'accertamento di un comportamento colposo del medico operante presso la stessa. Più recentemente, invece, dalla giurisprudenza il suddetto rapporto è stato riconsiderato in termini autonomi dal rapporto paziente-medico, e riqualificato come un autonomo ed atipico contratto a prestazioni corrispettive (da taluni definito contratto di spedalità, da altri contratto di assistenza sanitaria) al quale si applicano le regole ordinarie sull'inadempimento delle obbligazioni di cui all'art. 1218 del codice civile. Da ciò consegue l'apertura a forme di responsabilità autonome dell'ente, che prescindono dall'accertamento di una condotta negligente dei singoli operatori, e trovano invece la propria fonte nell'inadempimento delle obbligazioni direttamente riferibili all'ente. Questo percorso interpretativo, anticipato dalla giurisprudenza di merito, ha trovato conferma nella sentenza n. 9556 del 2002 delle stesse Sezioni Unite, seguita poi da altre delle sezioni semplici (Cass. n. 571 del 2005; Cass. n. 1698 del 2006) che si è espressa in favore di una lettura del rapporto tra paziente e struttura (nel caso specifico, privata) che valorizzi la complessità e l'atipicità del legame che si instaura, che va ben oltre la fornitura di prestazioni alberghiere, comprendendo anche la messa a disposizione di personale medico ausiliario, paramedico, l'apprestamento di medicinali e di tutte le attrezzature necessarie anche per eventuali complicazioni. In virtù del contratto, la struttura deve quindi fornire al paziente una prestazione assai articolata, definita genericamente di "assistenza sanitaria", che ingloba al suo interno, oltre alla prestazione principale medica, anche una serie di obblighi c.d. di protezione ed accessori. Così ricondotta la responsabilità della struttura ad un autonomo contratto (di spedalità), la sua responsabilità per inadempimento si muove sulle linee tracciate dall'art. 1218 c.c., e, per quanto concerne le obbligazioni mediche che essa svolge per il tramite dei medici propri ausiliari, l'individuazione del fondamento di responsabilità dell'ente nell'inadempimento di obblighi propri della struttura consente quindi di abbandonare il richiamo, alquanto artificioso, alla disciplina del contratto d'opera professionale e di fondare semmai la responsabilità dell'ente per fatto del dipendente sulla base dell'art. 1228 c.c. (responsabilità per fatto degli ausiliari).

Ciò comporta che si può avere una responsabilità contrattuale della struttura verso il paziente danneggiato non solo per il fatto del personale medico dipendente, ma anche del personale ausiliario, nonché della struttura stessa (insufficiente o inidonea organizzazione).

In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell'onere probatorio, l'attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare il contratto (o il contatto sociale) e l'aggravamento della patologia o l'insorgenza di un'affezione ed allegare l'inadempimento del medico, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato. Competerà al medico e alla struttura sanitaria dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante.

Nel caso, frequente, di responsabilità del medico operante in una struttura sanitaria (sia pubblica che privata) l'errore medico dà origine ad una "responsabilità solidale" della struttura sanitaria e del medico per il danno cagionato al paziente, nel senso che soggetti diversi sono chiamati a rispondere in via solidale a diverso titolo, ovvero sulla base di titoli autonomi di responsabilità (artt. 2043 e 1218 c.c. per il medico; 2049 e 1228 c.c. per la struttura sanitaria) per il medesimo evento.

Cass. sent. n. 23918 del 2006 - in un caso di danno alla salute subito da una paziente per trattamenti medici inidonei, ascrivibili in parte alla casa di cura presso cui era stata ricoverata e in parte al medico curante dopo la dimissione – ha ritenuto che "quando un medesimo danno è provocato da più soggetti, per inadempimenti di contratti diversi, intercorsi rispettivamente tra ciascuno di essi e il danneggiato, tali soggetti debbono essere considerati corresponsabili in solido, non tanto sulla base dell'estensione alla responsabilità contrattuale della norma dell'art. 2055 c.c., dettata per la responsabilità extracontrattuale, quanto perché, sia in tema di responsabilità contrattuale che di responsabilità extracontrattuale, se un unico evento dannoso è imputabile a più persone, al fine di ritenere la responsabilità di tutte nell'obbligo risarcitorio, è sufficiente, in base ai principi che regolano il nesso di causalità ed il concorso di più cause efficienti nella produzione dell'evento (dei quali, del resto, l'art. 2055 costituisce un'esplicitazione), che le azioni od omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrlo.

L'ente che abbia risarcito l'illecito del proprio medico potrà agire in regresso nei suoi confronti ex art. 2055, comma 2, c.c.; se l'azione di regresso è proposta da una struttura sanitaria pubblica nei confronti di un medico proprio dipendente, titolare dell'azione è la Corte dei Conti (art. 83, RD 2440/1923 e art. 52, RD 1214/1934)

In un certo senso diverso, ancorchè connesso al tema in oggetto, è quello attinente alla responsabilità professionale del medico per la violazione dell'obbligo del c.d. consenso informato, per tale intendendosi l'obbligazione di fornire al paziente le precise informazioni relative al trattamento sanitario affinchè costui presti il proprio consenso ad esso. Nella fattispecie non viene in esame la correttezza del trattamento sanitario, bensì la mera omissione di informazione cui era tenuto il sanitario (tra le altre, Cass. civile., Sez. III, sentenze nn. 5444/2006, 10741/2009 e 2847/2010, 20984 del 2012) che comporta comunque la sussistenza di responsabilità civile nei confronti del paziente.

In relazione agli oneri probatori, in presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito in base alle regole dell'arte, dal quale siano tuttavia derivate conseguenze dannose per la salute, ove tale intervento non sia stato preceduto da un'adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento, non potendo altrimenti ricondursi all'inadempimento dell'obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute (Cassazione, sent. n. 2847 del 2010).

Per quanto concerne il danno risarcibile, al paziente spetta un risarcimento per danno alla persona che, in questi ultimi anni, è stato oggetto di numerosi interventi della giurisprudenza.

Particolarmente importanti, in quanto ritenute capaci di aver rivoluzionato il criterio risarcitorio, sono le cd. sentenze gemelle del 2008 della Corte di Cassazione.

Sostanzialmente, si tratta di quattro sentenze (nn. 26972; 26973; 26974; 26975) pronunciate dalla Cassazione a Sezioni Unite, tutte depositate in data 11 novembre 2008; che secondo molti osservatori avrebbero determinato la scomparsa di alcune componenti di danno che, per tradizione, facevano parte del danno non patrimoniale con particolare riferimento al danno biologico, morale ed esistenziale.

A proposito del danno biologico, la Cassazione, con la sentenza 12408 del 2011, al fine di una univoca liquidazione di tale danno da parte dei diversi uffici giudiziari ha previsto l'assunzione come riferimento «equo» da prendere in considerazione per tutto il territorio nazionale le tabelle elaborate dal tribunale di Milano nel 2009 (nuove tabelle sono state approvate il 6 marzo 2013)

In realtà, il danno biologico è sostanzialmente rifluito, con il danno morale (che la Suprema corte ha statuito essere risarcibile anche di assenza un illecito penale essendo sufficiente la lesione di un interesse costituzionalmente rilevante, quale il diritto alla salute, Cass. sent. n. 8827 del 2003), all'interno dell'unica voce "danno non patrimoniale" previsto dall'art. 2059 c.c.. Come da ultimo precisato, anche quello esistenziale è, in casi estremi, danno risarcibile (vedi ultra).

Infatti, dopo che le recenti della Cassazione (sentenze n. 12408/2011 e n. 14402/2011) hanno ritenuto applicabili alla fine della determinazione del danno biologico le tabelle del tribunale di Milano del 2009, Cassazione, sent. 12 settembre 2011, n. 18641 ha affermato che le pronunce delle Sezioni Unite del 2008 "ad una più attenta lettura, non hanno mai predicato un principio di diritto funzionale alla scomparsa per assorbimento ipso facto del danno morale nel danno biologico, avendo esse viceversa indicato al giudice del merito soltanto la necessità di evitare duplicazioni risarcitorie". Secondo la Cassazione deve ritenersi "escluso che la modifica del 2009 della tabelle del tribunale di Milano, che la Corte di cassazione ha dichiarato applicabili, da parte dei giudici di merito su tutto il territorio nazionale, abbia cancellato la fattispecie del danno morale" Del resto, prosegue la Suprema "…la fattispecie del danno morale, da intendersi come "voce" integrante la più ampia categoria del danno non patrimoniale, trova rinnovata espressione in recenti interventi normativi (e, segnatamente, nel d.P.R. 3 marzo 2009, n. 37 e nel d.P.R. 30 ottobre 2009, n. 181), che distinguono, concettualmente, ancor prima che giuridicamente, tra la "voce" di danno cd. biologico, da un canto, e la "voce" di danno morale, dall'altro, con la conseguenza che di siffatta distinzione, in quanto recata da fonte abilitata a produrre diritto, il giudice del merito non può prescindere nella liquidazione del danno non patrimoniale"

Nella stessa relazione introduttiva alle tabelle milanesi del 2009 si precisa che l'Osservatorio per la giustizia civile di Milano, "a seguito del nuovo indirizzo giurisprudenziale, rilevata l'esigenza di una liquidazione unitaria e constatata l'inadeguatezza dei valori monetari finora utilizzati, propone la liquidazione congiunta del danno non patrimoniale conseguente alla lesione permanente della integrità psicofisica suscettibile di accertamento medico legale e del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di dolore, sofferenza soggettiva in via di presunzione in riferimento a un dato tipo di lesione, vale a dire la liquidazione congiunta dei pregiudizi in passato liquidati a titolo di danno biologico standard, personalizzazione del danno biologico, danno morale". Ne deriva che i valori indicati nelle Tabelle milanesi non sono altro che la somma di quanto, sempre nei casi standard, si dovrebbe liquidare a titolo di danno biologico e a titolo di danno morale.

La sentenza n. 18641 del 2011 della Cassazione- oltre a ribadire l'opportunità di applicare le Tabelle milanesi - afferma anche la necessità di personalizzare la liquidazione del danno non patrimoniale, liquidando in via equitativa un'ulteriore somma rispetto al valore previsto dalle tabelle, nelle ipotesi in cui, a seguito di analitica disamina rimessa al giudice di merito, si ritenga sussistente un "danno esistenziale" particolarmente grave, inteso come uno sconvolgimento irrimediabile dell'esistenza e un gravissimo peggioramento della qualità della vita.

Ne deriverebbe - fermo restando quanto precisato in materia di danno esistenziale - che il danno risarcibile attualmente comprende:

  • il danno emergente (cioè le diminuzioni patrimoniali immediatamente conseguenti il danno quali le spese di cura e di assistenza, il mancato reddito per assenza dal lavoro, etc.) ed il lucro cessante (cioè il danno conseguente le future diminuzioni patrimoniali quali: la diminuita capacità di produrre reddito) che deriva dall'invalidità temporanea e/o permanente o dalla morte stessa del paziente che produce un reddito;
  • il danno non patrimoniale, comprensivo di quello derivante dalle sofferenze emotive subite (cd. danno morale) e del danno biologico, quello economicamente più rilevante, derivante della lesione dell'integrità psico-fisica del paziente.

La legge Balduzzi: prime pronunce giurisprudenziali

Le novità introdotte dalla legge 189/2012 (di conversione, con modifiche, del decreto-legge n.158/2012), cd. legge Balduzzi, dal nome dell'allora Ministro della saalute) hanno sensibilmente riformato il settore della responsabilità penale del medico, lasciando tuttavia inalterata quella civile.

L'art. 3, comma 1, della legge 189/2012 ha previsto che l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l'obbligo di cui all'articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo.

L'art. 3, comma 1, della legge 189 ha, quindi, reso penalmente irrilevante l'errore medico se il sanitario dimostra di essersi comportato conformemente alle indicate linee guida. Spetterà al giudice ovviamente valutare caso per caso la corrispondenza di tale operato alle linee guida ma, anche ove venisse riconosciuta la sola colpa lieve, il professionista responsabile sarà comunque tenuto a rispondere civilmente del suo operato ai sensi dell'art. 2043 c.c. risarcendo il danno provocato al proprio paziente.

Nonostante l'art. 2043 c.c. citato dall'art. 3 della legge 189 faccia riferimento alla responsabilità extracontrattuale (cosiddetta aquiliana) è, tuttavia da tempo pacifico nella giurisprudenza che la responsabilità del medico (ma anche dell'ente ospedaliero, delle cliniche, ecc.) per inesatto adempimento della sua prestazione abbia natura contrattuale, con la conseguenza che trova applicazione, in tali ipotesi, il regime proprio di questo tipo di responsabilità sia in riferimento alla ripartizione dell'onere della prova, ai principi delle obbligazioni da contratto d'opera intellettuale relativamente alla diligenza e al grado della colpa e alla prescrizione ordinaria (quindi, ad esempio, l'onere della prova non è del paziente ma della struttura sanitaria, la prescrizione non è quella breve, quinquennale, ma quella ordinaria, di 10 anni).

Il citato articolo 3 ha previsto anche l'adozione, entro il 30 giugno 2013, di un provvedimento regolamentare allo scopo di agevolare l'accesso alle polizze assicurative da parte degli esercenti le professioni sanitarie,anche in attuazione dell'articolo 3, comma 5, lettera e), del decreto-legge 138/2011,che statuisce il principio dell'obbligo del professionista di stipulare,a tutela del cliente, idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale, sulla base di alcuni princìpi e criteri direttivi. Il citato provvedimento non è stato ad oggi ancora adottato.
Viene in ogni caso esclusa, a carico degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, ogni copertura assicurativa della responsabilità civile ulteriore rispetto a quella prevista, per il relativo personale, dalla normativa contrattuale vigente. Vengono poi dettate disposizioni sul risarcimento del danno biologico conseguente all'attività dell'esercente della professione sanitaria e prescritto l'aggiornamento almeno quinquennale degli albi dei consulenti tecnici dei giudici

Anche secondo le prime pronunce giurisprudenziali successive al decreto Balduzzi, il regime di accertamento della responsabilità civile sanitaria non ha subito mutamenti.

La responsabilità del medico come della struttura sanitaria ha (ancora) natura contrattuale, ed anche l'obbligazione del medico dipendente dell'azienda sanitaria nei confronti del paziente, seppur fondata sul contatto sociale, costituisce vincolo contrattuale. Ne deriva l'applicazione del regime proprio di questo tipo di responsabilità secondo i principi delle obbligazioni da contratto in tema di riparto sia dell'onere probatorio sia dei termini di prescrizione dell'azione giudiziaria.

Questo è quanto emerge da tre recentissime sentenze, due di legittimità ed una di merito, che si sono espresse sulla responsabilità civile del medico.

Le sentenze della Cassazione ribadiscono che "la materia della responsabilità civile segue le sue regole consolidate, e non solo per la responsabilità aquiliana del medico, ma anche per la c.d. responsabilità contrattuale del medico e della struttura sanitaria, da contatto sociale" (Cass. sentenza n. 4030 del 2013), per cui "il paziente ha il solo onere di dedurre qualificate inadempienze, in tesi idonee a porsi come causa o concausa del danno, restando poi a carico del debitore convenuto l'onere di dimostrare o che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa essergli mosso, o che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno" (Cass. sentenza n. 6093/2013; nello stesso senso, ex pluris, Cass. sent. n. 15993 del 2011).

Il Tribunale di Arezzo, nella recente sentenza 14 febbraio 2013, ribadisce i criteri di accertamento della responsabilità medica, finora consolidati nell'applicazione delle regole della responsabilità contrattuale. In conformità con l'orientamento giurisprudenziale di legittimità riaffermato di recente con le menzionate pronunce n. 4030/13 e 6093/13, viene escluso dal giudice di merito un ritorno al modello antecedente il 1999, secondo cui era possibile richiedere il risarcimento per danno ingiusto in via aquiliana.

Per il citato tribunale non sussistono ragioni per ritenere che la novella introdotta dalla legge Balduzzi abbia inciso direttamente sull'attuale costruzione della responsabilità medica. Il riferimento all'art. 2043 c.c. che si trova nel secondo periodo dell'art. 3 della legge Balduzzi costituisce – per il giudice aretino - solo il richiamo ad un obbligo e non il richiamo di una intera disciplina cosicché lo stesso riferimento risulterebbe del tutto neutro rispetto alle regole da applicare, che continuano ad essere quelle proprie del negozio giuridico. Viene sottolineato anche il fatto che se il richiamo all'art. 2043 c.c. imponesse l'adozione di un modello extracontrattuale, l'applicazione rigorosa della norma ne comporterebbe l'applicazione anche alle ipotesi pacificamente contrattuali (quale i rapporti fra pazienti e medici liberi professionisti), dal momento che il primo periodo dell'art. 3 comma 1 considera tutte le possibili ipotesi di condotte sanitarie idonee ad integrare reato.

Inoltre considerato il richiamo a tutte le ipotesi di cui al primo periodo, l'estensore ritiene non consentito il ripristino del modello aquiliano alle sole fattispecie di responsabilità da contatto, come invece affermato dal Tribunale di Varese con sentenza del 26 novembre 2012 n. 1406.

L'interpretazione dell'art. 3, comma 1, secondo periodo, della legge Balduzzi in conformità con la collocazione sistematica e con la ratio dell'intervento legislativo, coinciderebbe con il solo obiettivo di far salvo il risarcimento del danno anche in caso di applicazione dell'esimente penale per colpa lieve.

Sicurezza delle cure e responsabilità delle strutture e del personale sanitario

Come sottolineato in uno dei Quaderni del Massimario della Corte suprema di Cassazione, il tema della responsabilità professionale dell'esercente le professioni sanitarie è stato dibattuto a lungo negli ultimi anni anche per l'aumento considerevole delle richieste di risarcimento danni da parte del paziente-danneggiato.

Come rilevato dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 282 del 2002 e n. 338 del 2003, "salvo che entrino in gioco altri diritti o doveri costituzionali", non è "di norma, il legislatore a poter stabilire direttamente e specificamente quali siano le pratiche terapeutiche ammesse, con quali limiti e a quali condizioni", poiché "la pratica dell'arte medica si fonda sulle acquisizioni scientifiche e sperimentali, che sono in continua evoluzione, la regola di fondo in questa materia è costituita dalla autonomia e dalla responsabilità del medico che, sempre con il consenso del paziente, opera le scelte professionali basandosi sullo stato delle conoscenze a disposizione". Dunque, "autonomia del medico nelle sue scelte professionali e obbligo di tener conto dello stato delle evidenze scientifiche e sperimentali, sotto la propria responsabilità, configurano un altro punto di incrocio dei principi di questa materia".

Sicurezza delle cure

La gestione del rischio clinico in sanità (clinical risk management) rappresenta l'insieme delle azioni messe in atto per migliorare la qualità delle prestazioni sanitarie e garantire la sicurezza dei pazienti. In tale quadro, diviene fondamentale la segnalazione di tutti gli eventi di particolare gravità, potenzialmente evitabili, che possono comportare morte o grave danno al paziente e che conseguentemente determinano una perdita di fiducia dei cittadini nei confronti del servizio sanitario. L'Intesa del 20 marzo 2008, concernente la gestione del rischio clinico e la sicurezza dei pazienti e delle cure, ha previsto l'attivazione, presso il Ministero della salute, dell'Osservatorio Nazionale sugli Eventi Sentinella attraverso il Sistema Informativo per il Monitoraggio degli Errori in Sanità. È in questa prospettiva che, con il Decreto Ministeriale 11 dicembre 2009, è stato istituito il Sistema Informativo per il Monitoraggio degli Eventi sentinella in Sanità (SIMES), che opera attraverso la piattaforma del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) e consente a tutte le Aziende, le Regioni e le Province Autonome di segnalare gli eventi occorsi, le cause e i fattori contribuenti individuati e le azioni predisposte al fine di ridurre la probabilità di accadimento dell'evento stesso. Nel giugno 2011, il Ministero della salute ha pubblicato le Linee guida per gestire e comunicare gli Eventi Avversi in sanità, con l'obiettivo di definire una cornice concettuale di riferimento al verificarsi di un evento avverso.

Le Linee guida individuano due fasi principali rispetto alle quali predisporre le procedure per la gestione dell'evento avverso:
Fase 1: Analisi dell'evento con le seguenti azioni prioritarie:
1. Segnalazione dell'evento;
2. Identificazione dei fattori causali e/o contribuenti;
3. Azioni di miglioramento e valutazione.
Fase 2 : Azioni di comunicazione e di contenimento del danno e/o di ristoro, con le seguenti azioni prioritarie:
1. Esprimere rincrescimento e relazionarsi con il paziente e con i familiari;
2. Attivare le azioni di sostegno agli operatori;
3. Attivare una comunicazione istituzionale esterna veritiera, completa, seria ed esaustiva;
4. Favorire la definizione stragiudiziale.
Ciascuna delle azioni previste nelle due fasi viene declinata in Raccomandazioni basate su evidenze di letteratura, che saranno oggetto di periodica verifica di aderenza a standard raccomandati.

Il 4° Rapporto di Monitoraggio degli eventi sentinella, del febbraio 2013, riporta i dati riferiti a sei anni di attività del sistema di monitoraggio e fornisce il quadro delle tipologie di eventi sentinella, del contesto e delle modalità di accadimento. Finalità dell'analisi è l'individuazione delle possibili azioni da mettere in atto per contrastare il ripetersi di tali gravi eventi, anche attraverso l'elaborazione di raccomandazioni. Sul sito del Miistero della salute sono presenti le Raccomandazioni agli operatori che rappresentano le azioni da intraprendere per prevenire specifici eventi avversi.

Tra il 2005 e il 2011, sono 1723 le segnalazioni di eventi sentinella accaduti nelle strutture del SSN. L'evento più segnalato (22,3%) è la "morte o grave danno per caduta di paziente", seguito dal "suicidio o tentato suicidio di paziente in ospedale" (15,7%). L'evento ha comportato la morte del paziente nel 36,8% dei casi, mentre si è verificato un trauma grave nel 14,4% dei casi e un reintervento chirurgico nel 10,3%. Gli eventi segnalati si sono verificati principalmente nei reparti di degenza (38,4%), seguiti dalla sala operatoria (19,6%), e l'area di assistenza maggiormente interessata è stata la medicina generale (13,0%), seguita da ostetricia e ginecologia (11,2%).

D'altra parte, l'Intesa del 2008 ha anche previsto l'istituzione, presso l'Agenas, dell'Osservatorio Buone Pratiche per la Sicurezza dei Pazienti, con funzione di monitoraggio e raccolta degli interventi realizzati dalle strutture sanitarie di ogni regione per accrescere la sicurezza dei pazienti e delle cure. Il programma Individuazione delle pratiche migliori rivolte al miglioramento della sicurezza delle cure si è sviluppato in linea con le strategie internazionali e risponde a quanto stabilito dal Reflection paper on healthcare quality della Commissione europea che prevede l'impegno dell'Unione Europea nel raccogliere le esperienze e le migliori pratiche degli Stati membri nell'ambito della qualità e sicurezza, in modo che tutti i cittadini dell'UE possano potenzialmente beneficiare di un'assistenza sanitaria di alta qualità, ovvero efficace, sicura e rispondente alle esigenze e alle preferenze dei pazienti. Risultati recenti dell'azione di monitoraggio e di diffusione delle buone pratiche sono contenute in una pubblicazione dell'Agenas interamente dedicata al tema.

La Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi regionali, ha intrapreso, negli ultimi sei mesi della XVI legislatura, una specifica inchiesta sulle coperture assicurative presso le aziende sanitarie ed ospedaliere. L'inchiesta intendeva accertare il costo sostenuto dalle strutture sanitarie per la copertura dei rischi connessi ad errori sanitari, verificare l'ammontare delle somme corrisposte ai pazienti a titolo di risarcimento e conoscere le modalità adottate per l'affidamento del servizio di assicurazione. I risultati dell'indagine sono stati pubblicati nel Documento conclusivo della Commissione. Il Documento conclusivo sottolinea che, nel periodo preso in esame, i premi assicurativi richiesti alle Aziende sanitarie sono sensibilmente aumentati; contemporaneamente sono stati ritirati dal mercato prodotti di garanzia della responsabilità civile professionale medica, a favore di prodotti dedicati a specializzazioni, considerate meno rischiose. In particolare, crescono del 4,6% annuo i premi assicurativi che le aziende pagano alle compagnie, in conseguenza di un altrettanto marcato aumento delle richieste di risarcimento, ma calano del 75% i danni liquidati. L'incremento dei premi assicurativi versati tra il 2006 e il 2011 risulta pari al 23%, passando da 288 milioni di euro complessivamente versati nel 2006 a 354 milioni del 2011. Il premio medio annuo assicurativo, pagato dalle aziende sanitarie a livello nazionale, passa da 2 milioni di euro nel 2006 a 2,7 nel 2011, con un incremento del 35%. Altissimo anche l'incremento delle richieste di risarcimento, aumentate del 24%. Diminuiscono invece le somme dei risarcimenti. Nello stesso intervallo temporale, gli importi pagati dalle compagnie assicuratrici per risarcimento passano dai 191 milioni del 2006 ai 91 milioni del 2011, con una riduzione del 75%. Il Documento conclusivo sottolinea che la copertura assicurativa gestita direttamente dalla regione di riferimento, e non dalle singole ASL, rappresenta un importante fattore di riduzione di spesa. Un Fondo Regionale Assicurativo è però presente in sole 4 regioni (20,7%): la Toscana con 16 aziende sanitarie (45,7 %), il Friuli Venezia Giulia con 9 centri (25,7%), la Liguria anch'essa con 9 aziende (25,7%), la Basilicata con un'azienda sanitaria (2,9%). Sono invece 122 le aziende (il 72,2%) che si affidano alle compagnie assicurative. Il settore è sostanzialmente in mano a un numero ristretto di compagnie, dominato dalla AM Trust Europe (con cui, nel 2011-2012, ben il 46% delle aziende sanitarie ha stipulato una polizza).

In Italia, secondo le stime contenute nel Rapporto ANIA sull'assicurazione italiana, le denunce pervenute alle imprese assicuratrici sono state, nell'ultimo triennio, in media, 32.000 all'anno. Per risarcire i danneggiati, le imprese hanno pagato o accantonato nel 2010 circa 800 milioni di euro, a fronte di 500 milioni di premi incassati. L'ANIA ha anche fornito, nel corso di una audizione presso la Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali, i dati statistici in suo possesso sulla copertura assicurativa di responsabilità civile per le strutture sanitarie (sia pubbliche che private con esclusione delle strutture quali case di riposo, laboratori di analisi, centri diagnostici, università), dai quali risulta che la stima dei premi del lavoro diretto italiano per il settore delle strutture sanitarie per il 2010 (ultimo anno disponibile) è pari a 290 milioni di euro, mentre la stima del numero di sinistri denunciati alle imprese di assicurazione italiane relativi alle strutture sanitarie è nel 2010 pari a 21.353. Rispetto agli anni precedenti si può osservare che, dopo il decremento registrato nel periodo dal 2000 al 2003 (quasi il 30% in meno), il numero dei sinistri è rimasto costante fino al 2004 (circa 16.500), mentre dal 2008 è tornato a incrementarsi per attestarsi sui livelli toccati nei primi anni del 2000. Le percentuali relative ai sinistri liquidati (numeri e importi) sono relativamente basse per le generazioni più recenti di sinistri. Ad esempio, alla fine del primo anno di presa in carico da parte della compagnia (2010), appena il 10% dei sinistri risulta essere liquidato, per un importo inferiore al 4%. Le percentuali crescono poi al crescere dell'anzianità della generazione dei sinistri, attestandosi a valori superiori al 90% per quelle con oltre dieci anni di sviluppo. Vale la pena evidenziare come per i sinistri della generazione 1994, alla fine del 2010, ossia dopo 16 anni, risultano ancora pendenti il 4% dei sinistri per un importo a riserva pari al 9% del totale costo sinistri.

Medicina difensiva

In letteratura, la medicina difensiva viene così definita: "La medicina difensiva si verifica quando i medici ordinano test, procedure e visite, oppure evitano pazienti o procedure ad alto rischio, principalmente (ma non necessariamente) per ridurre la loro esposizione ad un giudizio di responsabilità per malpractice. Quando i medici prescrivono extra test o procedure per ridurre la loro esposizione ad un giudizio di responsabilità per malpractice, essi praticano una medicina difensiva positiva. Quando essi evitano certi pazienti o procedure, essi praticano una medicina difensiva negativa" (OTA, Office of Technology assessment, USA).

Le prassi della medicina difensiva negativa consistono nell'astensione da e nel rifiuto, da parte dei medici di compiere azioni e interventi potenzialmente rischiosi per l'elevata probabilità di incorrere in una responsabilità civile o, peggio, penale connessa al loro operato. La medicina difensiva positiva, invece, consiste nell'opposto comportamento per cui i sanitari, proprio per evitare successive chiamate in responsabilità, prescrivono esami diagnostici in eccesso, o sottopongono i pazienti ad indagini e terapie inutili, o comunque costose, perché non possano successivamente vedersi contestate in giudizio le scelte di cura effettuate. Nell'uno e nell'altro caso si verifica un grave disservizio: nel primo, direttamente ai danni del paziente che potrebbe, qualora il fenomeno non venga arginato per tempo, incontrare difficoltà nella ricerca di un professionista adeguato che sia disposto alla presa in carico del suo caso; nel secondo, invece, il danno sarebbe direttamente di tipo economico e corrisponderebbe ad una spesa inappropriata per servizi sanitari costosi e inutili.

I risultati dell'Indagine conoscitiva nazionale sulla medicina difensiva del 2010 rilevano che molte delle prescrizioni per farmaci e visite specialistiche nascono per ragioni di medicina difensiva. Il fenomeno è più accentuato presso i medici giovani, o comunque con meno esperienza, residenti nelle regioni del sud e nelle isole, spinti dal timore di ricevere un esposto o una denuncia da parte dei pazienti nonché dalla supposta necessità di prevenire e possibili sanzioni da parte delle strutture e dei servizi di appartenenza. La probabile incidenza economica della medicina difensiva sulla spesa sanitaria è stata valutata, sempre dalla richiamata Indagine, fra il 10 e l'11%.



Contenuto delle proposte di legge

Proposta di legge A.C. 259

La proposta di legge A.C. 259 (Fucci) si compone di un unico articolo contenente una delega al Governo per l'emanazione di un decreto legislativo finalizzato a riportare a dimensioni fisiologiche il contenzioso giudiziario in ambito sanitario. A tale proposito, infatti, la relazione illustrativa al provvedimento, dopo aver sottolineato l'elevato numero di cause intentate nei confronti dei medici, evidenzia che la quasi totalità di esse si conclude con l'assoluzione e che tale situazione ha comportato, tra l'altro, un aumento vorticoso del costo delle assicurazioni private.

I princìpi e criteri direttivi ai quali dovrà conformarsi il decreto legislativo - da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, su proposta del Ministro della salute e del Ministro dello sviluppo economico - riguardano:

  • l'estensione a tutte le strutture dell'obbligo assicurativo relativo al primo grave rischio o alla colpa grave, per fatto del chirurgo o della struttura;
  • una individuazione più precisa del concetto di colpa grave in ambito sanitario;
  • l'obbligatoria introduzione di un sistema di valutazione del rischio clinico composto da un Osservatorio nazionale, da agenzie regiuonali e da unità di gestione istituite nelle ASL e nelle aziende ospedaliere;
  • previsione di forme di copertura assicurativa da parte delle ASL e delle aziende ospedaliere per il personale sanitario in caso di eventuale rivalsa da parte delle sezioni regionali della Corte dei conti;
  • introduzione di forme di conciliazione obbligatoria e facoltà di avviare nei confronti dell'assicuratore un'azione diretta per il risarcimento dei danni.

Proposta di legge A.C. 262

La proposta di legge A.C. 262 (Fucci) detta alcune disposizioni dirette ad affrontare il tema della responsabilità professionale del personale sanitario.

Essa si compone di 8 articoli.

L'articolo 1 individua le finalità del provvedimento diretto al riconoscimento della particolare delicatezza e natura delle professione medica, a limitare il ricorso alla medicina difensiva, a garantire il diritto dei pazienti a ricevere le migliore cure possibili nonché un adeguato risarcimento per gli eventuali danni subiti per dolo da parte del medico (comma 1).

Va osservato che le disposizioni sopra descritte, oltre ad affermare princìpi in parte già vigenti nell'ordinamento giuridico, includono tra questi la limitazione di un eventuale risarcimento ai danni subiti dai pazienti ai soli casi di dolo da parte del medico, diversamente dall'attuale disciplina della responsabilità dell'esercente una professione sanitaria, illustrata in precedenza.

Il comma 2 definisce di natura contrattuale il rapporto tra medico e paziente, prevedendo che prima del ricovero venga stipulato tra le due parti un contratto che espressamente non comporti per il medico l'obbligo di guarire il paziente bensì quello di prestargli le cure appropriate e necessarie secondo le conoscenza scientifiche acquisite.

Come sopra ricordato la natura contrattuale del rapporto tra medico e paziente (sia pure originata da "contatto sociale") è stata costantemente ribadita dalle pronunce giurisprudenziali.

L'articolo 2 introduce l'obbligo per le ASL e per le strutture ospedaliere pubbliche o private di stipulare una copertura assicurativa per responsabilità civile per i danni derivanti da errori medici. Conseguentemente viene posta ad esclusivo carico delle strutture sanitarie in cui è avvenuto l'intervento medico la responsabilità civile per i danni subìti dai pazienti a causa di imperizia da parte del personale sanitario.

Pertanto il danneggiato da prestazioni sanitarie ricevute in strutture per le quali sussiste l'obbligo della copertura assicurativa, potrà esercitare l'azione di risarcimento soltanto nei confronti dell'assicuratore entro i limiti delle somme per cui è stata stipulata l'assicurazione

La disposizione citata si pone in relazione con la norma dell'articolo 1 che limita il diritto dei pazienti ad un adeguato risarcimento da parte del medico ai danni subiti per dolo di quest'ultimo.

L'articolo 3 introduce un tentativo di conciliazione obbligatoria stragiudiziale prima di avviare l'azione di risarcimento nei confronti dell'assicuratore, a conclusione del quale quest'ultimo, ove non ritenga immotivata la richiesta di risarcimento, presenta al richiedente un'offerta di risarcimento. Solo qualora il richiedente rifiuti l'offerta potrà esercitare l'azione diretta.

A tale scopo, entro un anno dall'entrata in vigore della legge è prevista l'istituzione di appositi servizi per la conciliazione presso le regioni e le province autonome, che ne stabiliscono la composizione, assicurando, in ogni caso, la presenza adeguata della componente costituita da giudici civili e di quella costituita da medici in rappresentanza delle commissioni mediche.

L'articolo 4 prevede l'obbligo per le ASL e le strutture ospedaliere di dotarsi di uffici legali in servizio permanente ai quali possa rivolgersi il personale sanitario in presenza di situazioni di emergenza per la salute dei pazienti per ricevere informazioni sulle possibili conseguenze legali derivanti dal loro comportamento.

In merito alla disposizione sopra descritta non appare chiaro il significato dell'espressione "in servizio permanente", riferita agli uffici legali di nuova istituzione. Inoltre la funzione degli uffici legali istituiti sembrerebbe limitata a quella di una consulenza preventiva in favore del personale sanitario che si trovi a dover affrontare una situazione di emergenza, senza estendersi ad un eventuale supporto successivo nel caso di instaurazione di una causa.

Viene poi data facoltà alle ASL e alle strutture ospedaliere di avviare nei confronti dei propri dipendenti, soltanto nei casi in cui sia accertata una loro responsabilità per dolo, le conseguenti azioni disciplinari e di trattenere dallo stipendio le somme equivalenti all'aumento del costo delle polizze assicurative da essi causato. Viene tuttavia previsto che la disposizione ora illustrata non si applichi qualora venga accertato che il sanitario ha agito seguendo le indicazioni dell'ufficio legale.

La norma ora descritta sembra quindi escludere la facoltà delle ASL e delle strutture ospedaliere di esercitare azioni nei confronti dei propri dipendenti per i comportamenti di questi ultimi colposi o gravemente colposi.

Suscita inoltre perplessità l'esclusione di questa facoltà in presenza di un comportamento doloso anche qualora sia accertato che il sanitario ha agito seguendo le indicazioni dell'ufficio legale.

L'articolo 5 prevede che le regioni e le province autonome istituiscano entro un anno dall'entrata in vigore della legge l'ufficio di valutazione del rischio di responsabilità civile del personale sanitario, il cui compito è quello di formulare alle ASL ed alle strutture ospedaliere, pubbliche o private, indirizzi vincolanti per la prevenzione dei contenziosi attraverso l'adozione delle migliori pratiche mediche, organizzative e legali. Spetta agli udffici citati la raccolta annual dei dati sul contenzioso civile in campo sanitario e l'invio di una relazione al Ministero della salute e alle competenti commissioni parlamentari.

Proposta di legge A.C. 1312

La proposta di legge A.C. 1312 (Grillo ed altri) si compone di 13 articoli diretti anch'essi a disciplinare il tema della responsabilità professionale del personale sanitario, il controllo della qualità delle prestazioni e delle cause di decesso nelle strutture sanitarie pubbliche e private.

L'articolo 1 pone il principio generale secondo il quale la responsabilità civile per danni a persone causati dal personale sanitario medico e non medico è posta a carico della struttura sanitaria, pubblica o privata accreditata, conformemente alla disciplina della responsabilità civile. L'ambito della citata responsabilità viene esteso ai danni conseguenti a tutte le prestazioni erogate dalla strutture sanitarie, incluse le prestazioni ambulatoriali e diagnostiche e quelle rese nello svolgimento di attività libero-professionale intramuraria. Sono tuttavia esclusi da essa i danni conseguenti alle prestazioni escluse totalmente dai livelli essenziali di assistenza, di cui all'allegato 2A del D.P.C.M. 29 novembre 2001, tra le quali si ricordano la chirurgia estetica, le medicine non convenzionali, le vaccinazioni non obbligatorie in occasione di soggiorni all'estero. Viene poi prevista un'azione disciplinare della struttura sanitaria nei confronti dei dipendenti responsabili del danno qualora il fatto sia stato commesso con sentenza passata in giudicato. In caso di avvenuto risarcimento, sempre in presenza di fatto doloso, la struttura sanitaria può esercitare anche azione di rivalsa nei confronti dei responsabili. Entrambe le azioni possono essere esercitate anche in caso di colpa grave purché sia indotta dall'assunzione di sostenze stupefacenti.

Diversamente, in caso di colpa grave per imperizia e negligenza accertata con sentenza passata in giudicato, il direttore generale, sentito il collegio di direzione, dispone nei confronti del dipendente il parziale recupero delle somme corrisposte per il risarcimento. L'ammontare della restituzione è fissato in modo equitativo e il recupero avviene attraverso trattenute sullo stipendio nella misura massima di un quinto per un periodo non superiore a cinque anni. L'articolo 2 pone l'obbligo della copertura assicurativa per le strutture sanitarie pubbliche o private: essa viene qualificata come condizione di esercizio dell'attività e concerne la responsabilità civile verso terzi per i danni cagionati dal rispettivo personale sanitario medico e non medico. Il relativo contratto può essere stipulato con qualsiasi impresa autorizzata all'esercizio dell'assicurazione della responsabilità civile verso terzi, con massimali adeguati. La definizione dei criteri per la determinazione dei limiti dei massimali, con riferimento alla tipologia delle strutture sanitarie, viene poi rimessa ad un decreto del Ministro della salute previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni. Fermo restando il rispetto dei limiti dei massimali stabiliti con il decreto, viene consentito alle strutture sanitarie pubbliche o private di stipulare il contratto di assicurazione per il risarcimento dei danni minori anche secondo massimali diversi e di stipulare contratti di assicurazione integrativi . L'impresa di assicurazione ha poi l'obbligo di rinnovare il contratto e, anche in caso di pregressa sinistrosità, l'incremento annuale del premio non può superare il 5%, mentre in caso di riduzione di sinistrosità la percentuale di riduzione del permio non può essere inferiore al 10%.

L'articolo 3 definisce quale oggetto della garanzia assicurativa il risarcimento del danno derivato al terzo dall'inadempimento o da altro comportamento anche colposo per fatto comunque riconducibile alla responsabilità della struttura sanitaria pubblica o privata che ha erogato la prestazione. Essa comprende anche il risarcimento del danno o l'indennizzo spettante allo Stato, all'ente territoriale di riferimento e alla struttura sanitaria, limitatatamente al rapporto di acccreditamento o di convenzione, per fatto colposo del dipendente che determina un pregiudizio di natura patrimoniale o non patrimoniale. Viene poi stabilita l'efficacia della garanzia assicurativa a favore dei soggetti che svolgono attività lavorativa presso la struttura sanitaria e per i quali è prevista l'iscrizione obbligatoria all'INAIL nonché di quelli che svolgono la loro attività nelle strutture a titolo precario od occasionalmente. L'articolo 4 prevede e disciplina l'ufficio di monitoraggio del rischio clinico istituito dalla regione presso ogni struttura sanitaria pubblica o privata, collegato ad una rete nazionale, al quale il responsabile di ogni reparto ha l'obbligo di segnalare tutti gli eventi avversi o rischiosi collegati alla somministrazione di farmaci o terapie o all'effettuazione di esami diagnostici. l'ufficio, valutate le segnalazioni, individua poi le azioni da porre in essere per la riduzione o l'eliminazione del rischio. Vengono poi previste forme di elaborazione e fornitura dei dati raccolti in tema di rischio clinico da una banca dati nazionale e da banche dati regionali. L'articolo 5 in tema di responsabilità del medico sancisce in primo luogo l'applicazione a quest'ultimo di sanzioni disciplinari per la violazione delle disposizioni in tema di consenso informato, escludendo in ogni caso la sua responsabilità qualora egli abbia agito nell'interesse della vita e della salute del paziente e nel rispetto dei criteri elaborati dalla scienza medica. L'articolo 6 disciplina il tentativo obbligatorio di conciliazione e l'azione giudiiziaria per il risarcimento del danno prevedendo che il risarcimento sia chiesto dal danneggiato direttamente all'assicuratore e che, nel caso il danneggiato intenda promuovere azione dinanzi al giudice civile, condizione di procedibilità di quest'ultima sia il previo esperimento del tentativo di conciliazione. Viene poi disciplinato il contenuto della domanda di risarcimento inviata all'impresa di assicurazione, le modalità con cui quest'ultima formula un'offerta per il risarcimento o indica i motivi per cui non ritiene di fare alcuna offerta, l'intervenuta accettazione o non accettazione della somma offerta. Vengono poi disciplinate le conseguenze dell'intervenuta o della mancata conciliazione.

L'articolo 7 prevede il diritto dei danneggiati a ricevere dalla struttura sanitaria e dal professionista un'informativa sulle cause e sulle circostanze dei danni subiti, mentre l'articolo 8 fissa in dieci anni dal momento della conoscenza del danno la prescrizione del dirirtto al risarcimento dei danni derivanti da attività sanitaria, e prevede alcune cause di sospensione della prescrizione. L'articolo 9 prevede l'istituzione presso il Ministero della salute di una banca dati nazionale per la gestione dei dati relativi alla degenza e alle cure dei pazienti e provenienti dalle strutture sanitarie operanti nel territorio nazionale, secondo modalità definite da un decreto del Ministro della salute da emanare entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge. L'articolo 10 prevede la compilazione entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge da parte di tutte le strutture sanitarie pubbliche o private operanti sul territorio nazionale di una cartella clinica digitale multimediale per ogni paziente che consenta la condivisione delle informazioni cliniche tra strutture e territorio nonché la realizzazione di un sistema integrato per la gestione informatizzata delle cartelle cliniche e per la loro successiva archiviazione, contenente una serie di informazioni e diretto ad alcune finalità. L'articolo 11 rimette alle autorità sanitarie nazionali e regionali, nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, la promozione di programmi per garantire un corretto monitoraggio della qualità delle prestazioni socio-sanitarie, dei decessi e degli eventi sfavorevoli, attraverso l'analisi delle cartelle cliniche, all'interno di tutte le strutture sanitarie operanti sul territorio nazionale. I programmi individuano le cause che hanno contribuito alla scarsa qualità delle prestazioni per predisporre un adeguato piano di prevenzione e prevedono un'analisi delle informazioni disponibili, lo sviluppo di un sistema di monitoraggio degli eventi sfavorevoli e delle componenti critiche, l'attivazione di sportelli di segnalazione tutelata da parte delle strutture sanitarie pubbliche o private. L'articolo 12 dispone l'abrogazione dell'articolo 3 del D.L. 158/2012 (c.d. Decreto Balduzzi), convertito, con modificazioni, dalla legge 189/2012, che disciplina la responsabilità professionale dell'esercente le professioni sanitarie, mentre l'articolo 13 dispone sulla copertura finanziaria del provvedimento.

Proposta di legge A.C. 1324

La proposta di legge A.C. 1324 (Calabrò), nei suoi 15 articoli, è diretta ad introdurre un'organica disciplina del tema della responsabilità professionale del personale sanitario, relativa sia agli aspetti sostanziali - quali quelli dell'imputazione della responsabilità, dell'obbligo della copertura assicurativa e della prescrizione del diritto al risarcimento del danno - che a quelli procedimentali e tecnici - quali la disciplina dell'obbligatorio tentativo di conciliazione e la previsione di unità di gestione del rischio clinico all'interno delle strutture sanitarie -.

L'articolo 1 individua, quale finalità della legge, quella di garantire l'alleanza terapeutica tra medico, paziente e struttura sanitaria, mediante una specifica disciplina della responsabilità professionale del personale sanitario che contemperi il diritto alla salute del paziente e quello del medico di agire in scienza e coscienza. Viene poi data una precisa definizione di atto medico, qualificato come trattamento medico-chirurgico adeguato alle finalità terapeutiche ed eseguito da un esercente una professione medica o sanitaria per prevenire, diagnosticare, curare o alleviare una malattia fisica o psichica.

L'articolo 2 stabilisce il principio che sia sempre a carico della struttura sanitaria la responsabilità civile per i danni a persone occorsi nella struttura stessa e causati dal personale sanitario medico o non medico. La responsabilità attiene a tutte le prestazioni erogate nelle strutture sanitarie pubbliche o private accreditate, con la sola eccezione di quelle totalmente escluse dai livelli esenziali di assistenza di cui al d.p.c.m.29 novembre 2001 - tra le quali si ricordano la chirurgia estetica non conseguente ad incidenti, malattie, malformazioni congenite, le medicine non convenzionali, alcune tipologie di prestazioni di medicina fisica, riabilitativa e ambulatoriale - . Soltanto in presenza di dolo o colpa grave - riconosciuti con sentenza passata in giudicato - la struttura sanitaria adotterà poi misure conseguenti e diverse nei confronti dei dipendenti responsabili del danno. In caso di dolo, infatti, oltre all'azione di rivalsa, la struttura sanitaria avvia azione disciplinare nei confronti del dipendente responsabile del danno. In caso di colpa grave per imperizia o negligenza o nei casi in cui si sia giunti ad una risoluzione stragiudiziale viene disposto nei confronti del dipendente - da parte del direttore generale sentito il collegio di direzione - il parziale recupero del risarcimento del danno, mediante trattenute sullo stipendio nella misura massima di un quinto e per un periodo non superiore a cinque anni.

L'articolo 3 introduce l'obbligo per le strutture sanitarie di di stipulare uan copertura assicurativa che copra sia la responsabilità civile verso terzi (RCT) che quella verso i prestatori d'opera (RCO). Il massimale minimo per singolo sinistro, viene fissato con cadenza biennale, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

Va osservato che la disposizione in commento non chiarisce, a parte la necessaria intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, con quale atto vada definito il citato massimale minimo.

Entro sei mesi dall'Intesa citata le regioni e le province autonome adottano linee guida per l'attuazione dell'obbligo di stipulazione della polizza assicurativa: la stipulazione e la vigenza della polizza in coerenza con le linee guida, vengono qualificate come condizioni per l'accreditamento o la convenzione di enti o strutture private e per il finanziamento delle attività di istituto per le aziende sanitarie e ospedaliere del Servizio Sanitario Nazionale. Viene tuttavia precisato che in sede di prima applicazione il massimale non può essere inferiore a 10 milioni di euro per singolo sinistro, nonché al risarcimento massimo riconosciuto nel biennio precedente in sede giudiziaria e stragiudiziaria per i danni causati dalle prestazioni sanitarie. Viene infine stabilito che l'assicuratore non possa opporre al terzo che chiede il risarcimento alcuna eccezione di carattere contrattuale. L'unica eccezione opponibile è quella del mancato versamento del premio per la quale ipotesi si fa rinvio alle disposizioni dell'articolo 1901 del codice civile, che prevede la sospensione dell'assicurazione fino al momento del pagamento del premio e la risoluzione di diritto del contratto nel caso in cui entro sei mesi dalla scadenza della rata o del premio l'assicuratore non agisca per la riscossione.

L'articolo 4 definisce il contenuto della garanzia assicurativa. Viene precisato, in primo luogo, che per effetto della richiesta di prestazioni sanitarie si instaura tra la struttura destinataria della richiesta ed il soggetto richiedente un rapporto di carattere contrattuale. La garanzia assicurativa copre il risarcimento del danno derivato ad un terzo per fatto comunque riconducibile alla responsabilità della struttura sanitaria erogante, nonché il risarcimento del danno o l'indennizzo che spetta allo Stato, all'ente territoriale di riferimento, nonché all'azienda , ente o struttura accreditata, per il fatto colposo del dipendente che abbia determinato un pregiudizio patrimoniale o di altra natura. Viene poi precisato l'ambito di applicazione della garanzia assicurativa per responsabilità civile verso prestatori d'opera (RCO). Essa infatti riguarda i soggetti che a qualsiasi titolo svolgono attività lavorativa presso le strutture sanitarie e per i quali è prevista l'iscrizione obbligatoria all'assicurazione dell'INAIL, nonché i soggetti che a titolo precario e senza corrispettivo frequentano anche occasionalmente le struttutre a fini di apprendimento.

L'articolo 5 detta norme in tema di tentativo obbligatorio di conciliazione e azione giudiziaria per il risarcimento del danno.

Viene stabilito in primo luogo che il danneggiato da prestazioni sanitarie in strutture obbligate all'assicurazione, esercita azione risarcitoria nei confronti dell'assicuratore, entro i limiti delle somme per le quali è stata stipulata l'assicurazione. Il tentativo di conciliazione è obbligatorio e rappresenta condizione di procedibilità dell'eventuale successiva azione risarcitoria dinanzi al giudice civile. Viene poi definito il contenuto necessario della richiesta di risarcimento che deve essere inviata all'impresa di assicurazione dal danneggiato o dagli aventi diritto al risarcimento, con l'indicazione degli elementi da inserire: qualora manchi uno degli elementi prescritti vengono stabiliti termini entro i quali l'impresa di assicurazione può richiedere le necessarie integrazioni e termini, decorsi inutilmente i quali, la domanda si intende respinta. L'impresa di assicurazione, dal canto suo, è tenuta, entro centoventi giorni dal ricevimento della richiesta di risarcimento completa dei requisiti prescritti, ad inviare al danneggiato o agli aventi diritto la comunicazione di una congrua offerta di risarcimento o, in alternativa, dei motivi per i quali non ritiene di procedere a nessuna offerta. In pendenza del citato termine gli aventi diritto non possono rifiutare gli accertamenti necessari alla valutazione del danno. Se entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione il danneggiato o gli aventi diritto dichiarano di accettare la somma loro offerta, l'impresa di assicurazione provvederà al pagamento nei venti giorni successivi, in caso contrario il tentativo di conciliazione si intende fallito. L'intervenuta conciliazione preclude la proposizione di querela o vale come remissione di querela se già presentata. Infine qualora la mancata conciliazione sia imputabile a condotta delle parti contraria a buona fede, il giudice ne potrà tener conto sia quale argomento di prova ai sensi dell'articolo 116, secondo comma, c.p.c., che ai fini della derterminazione e imputazione delle spese di lite ai sensi dell'articolo 91 c.p.c.. L'articolo 6 dà facoltà alle regioni e alle province autonome di istituire un apposito fondo di garanzia per la responsabilità civile del personale di tutte le strutture sanitarie ubicate sul rispettivo territorio, attribuendo ad esso le risorse finanziarie necessarie, sostitutivo delle polizze assicurative: queste ultime continuerebbero ad avere efficacia fino alla loro scadenza e comunque non oltre due anni dall'istituzione del fondo.

Viene poi rimesso ad un accordo quadro di ciascuna regione e provincia autonoma, da stipulare con le organizzazioni sindacali del personale sanitario firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro - sentite le associazioni di categoria del settore assicurativo -, la definizione dei contenuti minimi della garanzia previsti dalle polizze e dalla gestione del citato fondo di garanzia.

L'articolo 7 consente alle regioni e alle province autonome di istituire un fondo di solidarietà sociale per il risarcimento delle vittime da alea terapeutica (FAT) per l'erogazione di indennizzo ai pazienti per i danni sofferti non riconducibili a responsabilità professionale del personale sanitario o della struttura sanitaria. Esso si pone come garanzia nel caso di gravi sinistri da patologie a rischio indicate ogni biennio con decreto del Ministro della salute.

L'articolo 8 dispone in termini di prescrizione fissando in cinque anni - decorrenti dal momento della conoscenza del danno - il tempo necessario alla prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da attività sanitaria per la quale vige l'obbligo di assicurazione.

Viene poi qualificato il concetto di "conoscenza del danno", definita come la presa di coscienza consapevole delle conseguenze dannose delle prestazioni sanitarie e del loro consolidamento nella sfera fisica o psichica del paziente. La prescrizione è sospesa per il tempo necessario ad ottenere le informazioni e la documentazione ad esse relativa, nonché per la durata della procedura conciliativa. Va ricordato che, in linea generale, si sensi dell'articolo 2947, comma 1 del codice civile, il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato. L'articolo 9 prevede l'istituzione in ciascuna regione e provincia autonoma, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, di un albo dei consulenti tecnici d'ufficio per le vertenze relative alla responsabilità professionale del personale sanitario. Spetta alle regioni definire le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento dell'albo salva la garanzia di un'idonea e qualificata rappresentanza di specialisti medici e delle professioni sanitarie nonché il coinvolgimento delle società scientifiche. In tema di nomina dei consulenti tecnici d'ufficio - di cui all'articolo 61 c.p.c. - dispone l'articolo 10 prevedendo che, in tutte le cause di responsabilità professionale dei sanitari, la nomina deve avvenire tra persone iscritte al competente albo. Mentre è consentito il conferimento dell'incarico a un consulente iscritto all'albo di un'altra regione o provincia autonoma per la nomina di persone non iscritte ad alcun albo il giudice, in mancanza di accordo tra le parti, deve chiedere l'autorizzazione al presidente del tribunale competente che, se ritiene fondati i motivi, provvede con ordinanza. L'articolo 11 prevede l'istituzione all'interno di ciascuna struttura sanitaria di una unità di gestione del rischio clinico con il compito di definire, anche attraverso arbitrati, le procedure previste dalla legge, di individuare le situazioni e le prestazioni sanitarie potenzialmente rischiose, anche sotto il profilo dell'organizzazione del lavoro, indicando le soluzioni per il loro superamento, di interagire con i soggetti coinvolti e con l'assicuratore nel caso in cui si verifichi un fatto che comporti l'attivazione della copertura assicurativa obbligatoria e di prestare consulenza in materia assicurativa. Inoltre le regioni e province autonome possono istituire nelle strutture sanitarie unità operative semplici o dipartimentali di gestione del rischio clinico e osservatori dei contenziosi e degli errori nelle prestazioni sanitarie.
Viene rimesso all'Age.Na.S (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) dall'articolo 12 il coordinamento di un Sistema nazionale di monitoraggio e di valutazione della gestione del rischio clinico, in collaborazione con il Ministero della salute, le regioni e le province autonome. Le modalità attuative e le funzioni del Sistema nonché le strutture nazionali e regionali che collaborano con esso sono definite, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, con apposita Intesa adottata in sede di Conferenza Stato-regioni.
Analogamente a quanto osservato in relazione all'articolo 3, comma 2, anche la disposizione in commento non indica l'atto normativo deputato a recepire il contenuto dell'Intesa.
L'articolo 13 sancisce l'inderogabilità delle disposizioni della legge da parte della contrattazione collettiva pubblica o privata relativa alla dirigenza ed al comparto sanitario. L'articolo 14 sancisce, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge, la perdita di efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 21 del contratto collettivo nazionale di lavoro dell'area della dirigenza medico-veterinaria del SSN, di cui all'accordo del 3 novembre del 2005, che pone a carico delle aziende sanitarie la copertura assicurativa della responsabilità civile di tutti i dirigenti dell'area, e bne disciplina la copertura.
In proposito va osservato che la disposizione in commento appare ultronea in quanto è lo stesso articolo 2 del Contratto collettivo nazionale citato che stabilisce la vigenza della parte normativa dello stesso fino al 31 dicembre 2005.
Infine, l'articolo 15 dispone l'inapplicabilità ai medici dipendenti delle strutture sanitarie, a decorrere dall'entrata in vigore della legge, degli obblighi assicurativi dei cui all'articolo 3, comma 5, lettera e) del Decreto-legge n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148/2011, che prevede che a tutela del cliente, il professionista è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale.


Relazioni allegate o richieste

Si tratta di proposte di legge di iniziativa parlamentare, corredate, pertanto, della sola relazione illustrativa.



Necessità dell'intervento con legge

La materia della responsabilità civile del prestatore d'opera, in generale, e del personale sanitario, in particolare, trova la sua disciplina in norme contenute nel codice civile o in leggi speciali. Si giustitica, pertanto, l'utilizzazione dello strumento legislativo.



Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

 Il tema della responsabilità professionale appare riconducibile alla materia "Giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale", oggetto di potestà legislativa esclusiva ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera l) della Costituzione.