XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 18 di Lunedì 10 febbraio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SEMPLIFICAZIONE LEGISLATIVA ED AMMINISTRATIVA

Audizione del Presidente di Confetra, Nereo Marcucci.
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 
Marcucci Nereo , Presidente di Confetra ... 3 
Tabacci Bruno , Presidente ... 9 
Taricco Mino (PD)  ... 10 
Tabacci Bruno , Presidente ... 11

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente di Confetra, Nereo Marcucci.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente di Confetra, Nereo Marcucci, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla semplificazione legislativa ed amministrativa, alla quale siamo impegnati ormai da diverse settimane. Immaginiamo di poter concludere i lavori entro il 31 marzo prossimo.
  Il presidente di Confetra potrà illustrarci la situazione del settore della logistica, che, al pari degli altri settori che stiamo investigando con l'aiuto delle parti sociali, presenta molte ombre e poche luci. Credo che una piccola luce si sia accesa nell'esame in Commissione del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, cosiddetto «Destinazione Italia», in ordine alla riduzione dei tempi per lo sdoganamento delle merci. Si tratta di un piccolo passo nella giusta direzione.
  Mi auguro che dal presidente Marcucci, cui cedo volentieri la parola, possano venire ulteriori suggerimenti sulla strada da seguire. Lo ringrazio per la sua partecipazione e anche per la documentazione che riterrà opportuno fornire alla Commissione.
  Do la parola al dottor Nereo Marcucci.

  NEREO MARCUCCI, Presidente di Confetra. Grazie, presidente, grazie per l'invito. A proposito della luce che rammentava nelle sue parole, proprio questa mattina siamo stati informati che l'obbligo che veniva inserito attraverso un emendamento al provvedimento citato ha trovato – e francamente non ne dubitavamo – un inciampo. In merito a quella norma, che noi ritenevamo un'utile leva di Archimede, perché attraverso il contingentamento dei tempi si procedesse alla riorganizzazione del settore, la Commissione bilancio ha ritenuto che si debbano sentire le amministrazioni interessate, in ordine alla loro possibilità di rispettare quei tempi.
  So che è una battuta abusata, ma credo che, come sempre, si chieda al cappone se ami il Natale o al tacchino se ami il Giorno del Ringraziamento. È quindi con un approccio molto rispettoso delle funzioni parlamentari, ma anche abbastanza realistico, che mi appresto a questa audizione, della quale di nuovo ringrazio per la sensibilità dimostrata nella convocazione.
  È inutile dire che condividiamo l'analisi da cui è partita l'indagine conoscitiva, circa il ruolo predominante che ha ormai assunto l'iniziativa legislativa come decretazione d'urgenza, con la relativa richiesta di fiducia da parte del Governo. Paradossalmente, le cose che dirò meriterebbero una decretazione d'urgenza, atteso che solo con interventi di sburocratizzazione e di razionalizzazione possiamo pensare di consolidare il livello dei traffici attualmente esistenti e, quindi, la salute delle imprese del nostro settore. Confetra le rappresenta praticamente tutte, dall’handlingPag. 4aeroportuale al terminalismo portuale, al trasporto, al magazzinaggio e via dicendo.
  Solo con interventi di sburocratizzazione e di razionalizzazione da realizzare in tempi molto brevi possiamo pensare di poter mantenere l'attuale assetto di aziende e di occupazione. D'altra parte, il mercato europeo è un mercato tutto contendibile, non ci sono più riserve o aree protette e, in particolare, l'area più produttiva del nostro Paese, il nord dell'Italia, è diventata un mercato contendibile – per origine e destinazione – da parte dei competitori europei.
  Dividerei in due sottotitoli le proposte che Confetra ritiene siano da suggerire alla Commissione parlamentare per la semplificazione. La prima, rendendoci conto delle modalità attraverso le quali può essere perseguita, è la riforma del Titolo V della seconda parte della Costituzione per quanto riguarda la politica dei trasporti.
  Nessun Paese europeo ha fatto l'errore che abbiamo fatto noi, anche se la storia del federalismo nei singoli Paesi europei è assai diversa dalla nostra: in nessun Paese europeo l'organizzazione dell'innervamento composto da nodi, reti stradali, ferrovie, piattaforme merci, interporti, piastre logistiche, è stato delegato a una legislazione concorrente. È del tutto evidente che vi sono interlocuzioni fra centro e periferia, ma, poi, sulle questioni essenziali è il centro che decide.
  Il Governo Monti avviò la revisione del Titolo V della Costituzione, in particolare per quanto attiene le materie da normare secondo il principio della legislazione concorrente. Tra queste, come è noto, sono stati posti i porti, gli aeroporti e le infrastrutture di trasporto. Rendendoci conto delle circostanze nelle quali si svolge l'odierna audizione e della precarietà degli assetti istituzionali, riteniamo che si debba di nuovo svolgere questo tema, cercando di dare al Paese una regia unitaria e ripristinando ruoli di pianificazione, regolazione e gestione dei quali, francamente, si è perso il segno.
  Il sistema ferroviario italiano è un insieme di pianificazione, regolazione e gestione in capo al gestore, ma questo è un ulteriore problema. La questione essenziale è che noi non riusciremo a ragionare con l'Europa di core network o di investimenti – parlo del Connecting Europe Facility – se non riusciremo a dare una regia unitaria, ripristinando la politica logistica e dei trasporti come legislazione unitaria, in capo allo Stato.
  Il secondo pacchetto, invece, riguarda cose possibili in tempi ragionevoli, altrettanto essenziali. Dopo il September 11th, 2001, negli Stati Uniti sono state unificate tutte le funzioni amministrative di controllo, di safety and security, in un solo soggetto: U.S. Customs and Border Protection.
  Noi abbiamo 78 procedimenti amministrativi, 18 amministrazioni diverse e, normalmente, l'espletamento dei controlli appartiene – in sequenza e non in parallelo – ad amministrazioni diverse.
  Nella documentazione che lascerò agli atti della Commissione sono riportati i dati – non sospetti di partigianeria – del Rapporto annuale della Banca mondiale, che quantifica in 18 giorni il tempo necessario a importare una determinata merce in Italia e in 19 giorni il tempo necessario a fare un'esportazione, contro i 7 giorni dell'Olanda, i 9 della Germania e i 10 di Francia e Spagna.
  Per un Paese che attraverso il proprio Governo si ripromette di aumentare il numero di aziende esportatrici – il titolo è «Internazionalizzazione delle imprese» –, questo gap di 7 giorni, questo costo aggiuntivo di 7 giorni, dovuto al numero di amministrazioni che, autonomamente, presiede a una parte dei controlli, rappresenta un handicap non solo per la maggiore internazionalizzazione – ma anche per gli attuali traffici.
  Piuttosto che immaginare chissà quali futuri positivi, mi accontenterei di consolidare e difendere ciò che abbiamo, cioè il mercato domestico, che, essendo ormai per ragioni oggettive – la logistica si esprime ormai a livello europeo – mercato contendibile, rischia di diminuire ulteriormente, Pag. 5per questo «delta» di costi derivanti dai tempi in cui le nostre amministrazioni procedono ai controlli.
  Qualche passo in avanti è stato fatto con l'introduzione del cosiddetto «Sportello unico doganale», cioè con l'interoperabilità tra uffici di sanità marittima, aree di frontiera e dogane. Il punto è che lo Sportello unico doganale non riduce le tempistiche: impone alle singole amministrazioni di lavorare in modo coordinato ma, a monte, ognuna delle singole amministrazioni continua a ragionare in termini autonomi e a realizzare i propri compiti con i tempi che ritiene necessari.
  Se facciamo lo splitting dello spread di tempi, fra quello necessario in Italia e quelli necessari nei Paesi Bassi, Germania, Spagna e Francia, verifichiamo che non differiscono tanto i tempi di realizzazione delle autorizzazioni doganali, ma i tempi necessari all'espletamento delle carte che devono essere prodotte a monte.
  Su questo aspetto, salto la mia profonda delusione per quello che è accaduto, oggi, in Commissione Bilancio, e credo che per recuperare competitività attraverso interventi a costo zero dal punto di vista finanziario – mi rendo conto che non sono a costo zero dal punto di vista della distribuzione dei poteri all'interno delle pubbliche amministrazioni – occorrerebbe fare alcune cose. Sarebbe intanto opportuno inserire – nell'ambito del citato decreto «Destinazione Italia» – le proposte dell'onorevole Oliaro, senza domandare alle amministrazioni interessate, ma rendendo le amministrazioni interessate destinatarie di un processo di riorganizzazione e di miglioramento. Inoltre – nelle more di un processo di unificazione di tutte le competenze sul modello degli Stati Uniti, dell'Olanda e della Germania – sarebbe opportuno stabilire per l'Agenzia delle dogane l'obbligo di coordinare tutte le amministrazioni periferiche coinvolte nei processi di importazione e di esportazione. Infine, occorrerebbe raccomandare all'Agenzia delle dogane la modifica delle istruzioni relative allo sdoganamento in mare.
  Mi rendo conto di utilizzare un linguaggio difficilmente accessibile, ma le cose che sto dicendo si riferiscono al fatto che noi riusciamo, sempre, a fare il peggio in Europa. Oggi, in tutta Europa, è consentito consegnare i documenti per lo sdoganamento delle merci quando la nave è in rada e, comunque, quando è in determinate condizioni di comunicazione con il porto di sbarco; però abbiamo messo la regola secondo cui bisogna comunicarlo con ventiquattro ore di anticipo. Sarebbe di tutta evidenza che, se una nave fa più scali nel nostro Paese e, quindi, da Genova va a Livorno o da Livorno va a Napoli, le ventiquattro ore di anticipo non ci siano; però riusciamo ogni volta a far percepire agli operatori privati – che ho il privilegio di rappresentare – che si sta esercitando non una funzione, ma un potere. Spesso questo potere – ma qui si va nelle lamentele – è un non senso, dal punto di vista dell'utilità per l'erario e per gli operatori privati, tanto che come Confetra riteniamo – e ci stiamo lavorando attraverso la nostra partecipazione al CNEL – che l'unica soluzione possibile sia l'istituzione della dogana unica europea: bisognerebbe cioè sostituire l'attuale convergenza sul codice doganale comunitario – che poi viene interpretato e declinato a livello nazionale talvolta in modo non europeo – con una dogana unica europea, della quale le dogane dei singoli Paesi diventerebbero terminali, obbligati, quindi, a un'omogeneità comportamentale.
  Inoltre, più che di una semplificazione o di una sburocratizzazione, si tratta di assumere consapevolezza del fatto che la legge n. 84 del 1994, recante il riordino della legislazione in materia portuale, ha stabilito come nel 1994 si dovessero superare i monopoli e affidare porzioni di porto – economicamente sensate – ai cosiddetti terminal operator, ai soggetti portuali, attraverso procedure trasparenti. In quella legge non si dice nulla di che cosa accada a fine concessione.
  Noi non proponiamo di prolungare il termine all'infinito, come peraltro è stato fatto negli ultimi sessant'anni per le concessioni balneari, ma c’è un lack, un vuoto, Pag. 6che è urgente risolvere. La legge è del 1994; da allora sono trascorsi vent'anni; il massimo di periodo concessorio dato ai terminalisti portuali è stato di vent'anni, quindi, stanno maturando i tempi di conclusione di gran parte delle concessioni a suo tempo assentite, ad esempio nel porto di Genova.
  Nel vuoto normativo si può presumere che vi sia anche uno stop agli investimenti, per incertezza dei periodi di ammortamento, cosa che, peraltro, sta accadendo. In ogni caso, non sosteniamo che le concessioni debbano essere prorogate in automatico, ma riteniamo che ci debba essere consapevolezza del vuoto normativo sul quale si deve intervenire.
  Confetra rappresenta tutta la filiera della logistica, con decine di migliaia di aziende associate e diverse centinaia di migliaia di lavoratori, quindi e mi rendo conto che vi debbo proporre le priorità dei singoli segmenti della filiera che rappresentiamo.
  Per i trasporti eccezionali, per effetto di nuovo di quel federalismo del quale ho parlato all'inizio, i due terzi della rete stradale nazionale sono passati dalla competenza dell'ANAS a quella delle regioni, con la seguente conseguenza: un trasporto eccezionale che dal Friuli Venezia Giulia dovesse scendere in Calabria avrebbe la necessità di ottenere autorizzazioni diverse in ogni regione che deve attraversare, realizzando una media di 5 autorizzazioni che dipendono da 180 – non sto sbagliando il numero – diversi enti competenti per la viabilità (province, compartimenti ANAS, società autostradali, autorità portuali e quant'altro).
  Faccio notare che in un Paese che ha la nostra stessa tradizione mediterranea, la Francia, le autorizzazioni per i trasporti eccezionali hanno durata quinquennale e sono valide per tutto il territorio nazionale, a costo zero. Sempre in Francia, che da questo punto di vista consideriamo il cugino più rappresentabile, il sistema è in grado di disegnare l'itinerario di passaggio del trasporto eccezionale, anche perché lì esiste il catasto delle strade, che da noi è ancora un'utopia.
  Non intendo recriminare sulla situazione del catasto delle strade, che non credo sia di competenza di questa Commissione, ma rilevo soltanto che questo è un altro dei disastri conseguenti a un federalismo che si è determinato in anni nei quali questa iniziativa sembrava dovesse risolvere molti problemi: forse ne ha risolto qualcuno e, certamente, ne ha creato qualcun altro. In particolare, le nostre aziende – che tra l'altro si qualificano a livello europeo per la loro qualità e per la dimensione dei carichi che riescono a trasportare – vivono un calvario ogni volta che debbono muoversi a livello interregionale. Se si potesse arrivare a un'autorizzazione periodica e unica, magari non chiederemmo il costo zero in nome dell'attuale situazione di finanza pubblica.
  Ancora sul trasporto, mi riferisco all'archivio unico nazionale dei veicoli. Con la legge di stabilità è stato fatto un passo avanti: l'unificazione in un unico archivio telematico dei dati concernenti la proprietà e le caratteristiche tecniche dei veicoli.
  In altra sede, cioè in un'audizione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, auspicai che questa unificazione potesse segnalare alle forze di polizia e a chi fosse interessato i 2,5-3,5 milioni di veicoli che circolano sulle nostre strade non assicurati, immaginando che la banca dati dell'ANIA potesse essere «compatibilizzata» con la banca dati del Ministero e che si potesse diminuire questo numero di mezzi che circolano sulle nostre strade che, anche a causa della crisi, stanno diventando un numero imponente.
  Considerando che, se si utilizzano banche dati e si creano enti, questi devono avere una missione, riteniamo che con l'archivio unico nazionale dei veicoli, introdotto con la legge di stabilità del 2014, si concluda la vita o della Motorizzazione civile o dell'ACI. Propenderemmo per sostenere che non abbia più senso il PRA e, conseguentemente, l'ACI. Il Pubblico registro automobilistico fu inventato negli anni ’30, quando i nostri vecchi compravano l'auto ipotecandola, perché la pagavano Pag. 7a rate. Questa roba non c’è più; ci siamo inventati mestieri da far svolgere a questo e a quello: mi rendo conto che esiste un dato occupazionale per cui bisognerebbe trovare soluzioni, ma la coerenza è necessaria.
  La legge di stabilità unifica i dati in un unico archivio, che deve essere ricondotto alla gestione della Motorizzazione civile e, quindi, a una funzione statuale, con il superamento di soggetti che sono stati utili storicamente, ma che oggi, evidentemente, non lo sono più, salvo fargli fare un mestiere più proficuo, che potrebbe essere quello della banca dati dei non assicurati.
  Tutto il nostro settore, poi, risente in modo trasversale della disciplina sulla responsabilità solidale negli appalti. La nostra richiesta – che reitero oggi rispetto alle precedenti audizioni, che sono state diverse negli anni – è che qui si compia una scelta. Noi abbiamo una normativa diversa, rappresentiamo aziende che normalmente hanno degli appalti, hanno numerose esternalizzazioni, numerosi outsourcing e, quindi, possiamo controllare la regolarità fiscale dell'appalto, cioè se le ritenute fiscali sui redditi dei lavoratori impiegati nell'azienda siano state regolarmente fissate, e abbiamo il potere/dovere di controllare se l'appaltatore abbia regolarizzato la situazione fiscale dell'appalto. Non abbiamo invece lo stesso potere per quanto riguarda gli aspetti retributivi e contributivi. La conclusione è che su questi aspetti abbiamo responsabilità solidale, cosa che paradossalmente è diventata uno schermo utile per i malfattori, che possono sostenere rispetto ai propri lavoratori che non c’è problema, in quanto, qualora loro non pagassero, pagheremmo noi come committente. La situazione per cui le nostre aziende si trovano, spesso, a dover far fronte alle inadempienze retributive e contributive delle aziende alle quali sono stati dati appalti sta diventando un fenomeno estremamente significativo, sul quale abbiamo chiesto – e ottenuto – l'apertura di un tavolo di ripristino della legalità presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che avrà la sua prima riunione collegiale giovedì prossimo.
  Dall'altra parte, in termini di semplificazione e di sburocratizzazione, o ci viene consentito di controllare i comportamenti retributivi e contributivi, o non si vede perché dobbiamo rispondere noi per il comportamento di terzi. Questa delega delle responsabilità statuali in capo a soggetti privati va di moda, però, credo che in questo caso i princìpi generali dell'ordinamento sul dolo, sulla colpa e sulla terzietà nelle responsabilità dovrebbero essere ripresi in considerazione.
  Sulla materia fiscale e sulle condizioni per consolidare i traffici portuali e aeroportuali nel nostro Paese sussistono sostanzialmente un capitolo realistico e uno, probabilmente, meno realistico. Quello realistico riguarda le black list. Noi condividiamo l'attenzione posta dai decisori sulla possibilità di acquistare servizi o di insediarsi in Paesi cosiddetti black list, ma «la strada dell'inferno è lastricata di buone intenzioni». Cito solo un esempio, che immagino possa essere compreso: se un'azienda compra noli nave da Mediterranean Shipping Company (MSC), che tutti conosciamo per le crociere che pubblicizza in televisione, ma che è anche il secondo carrier al mondo, purtroppo il secondo carrier al mondo ha sede a Ginevra e la Svizzera è Paese black list. Se voglio fare un trasporto sino a Genova, non posso dunque che contare su MSC, perché è l'unica compagnia che copre quella tratta, ma, alla verifica fiscale, quell'importo non mi viene considerato come costo da portare in bilancio. Sono importi notevoli: ci sono aziende che, ogni anno, comprano noli nave per 40-50 milioni di euro i quali, appostati a costi, generano profitti mai realizzati, sui quali si paga il 30 per cento di imposte.
  Le nostre aziende stanno incrementando la loro fuga dai porti e dagli aeroporti nazionali – quelle importanti che possono, che hanno le spalle solide –, perché non è possibile che una norma giusta e condivisa contro il trasferimento di capitali all'estero e le sovrafatturazioni sia diventata, paradossalmente, un ulteriore handicap per le nostre imprese esportatrici, i cui spedizionieri comprano Pag. 8noli in questi Paesi o da aziende in essi insediate. Questo vale, ovviamente, anche per gli acquisti, per origine e destinazione delle merci. Come Confetra stiamo lavorando a una soluzione, che spero possa essere formulata nel mese di marzo. Fermo restando il principio che siamo contrari all'evasione fiscale, in tutte le sue forme, tale soluzione dovrebbe suggerire agli imprenditori le carte, i faldoni da tenere, per dimostrare – in sede di verifica – la propria buona fede.
  Ritengo, però, che questa sia una soluzione dovuta all'intelligenza, da una parte, della Guardia di finanza e, dall'altra, dell'Agenzia delle entrate. Ritengo, inoltre, che anche il Parlamento debba avere consapevolezza di ciò, in un mondo in cui tutto cambia e in cui, ad esempio, gli Emirati Arabi stanno diventando uno dei massimi soggetti di interscambio con il nostro Paese, essendo però un Paese black list: bisogna quindi attivarsi per far sì che la normativa prenda atto delle dinamiche economiche, essendo ciò ampiamente giustificato anche dallo stato in cui versa il nostro Paese.
  Formulo un'altra considerazione in punta di penna, perché debbo farlo, ma mi rendo conto di ciò che sto dicendo: il nostro è l'unico Paese al mondo – non in Europa – che ha il cosiddetto «servizio di riscontro». Ho lavorato per tanti anni per aziende straniere e una delle difficoltà maggiori che ho avuto è stata quella di spiegare cosa fosse la Guardia di finanza. Non esiste in nessun altro Paese al mondo il cosiddetto «servizio di riscontro»: quando le merci sono state bollinate dalla dogana – una dogana, quella italiana, che oggi ha strumenti invidiabili di controllo, di intelligence - sfugge alla mia intelligenza – e a quella di molti – perché, subito dopo, possa esserci un riscontro della Guardia di finanza che, in molte circostanze, crea, ovviamente, costi aggiuntivi e, quindi, un dirottamento dei traffici.
  Noi apprezziamo il lavoro che il Corpo della Guardia di finanza svolge a difesa del territorio, ma c’è già il controllo della dogana, e fra l'altro in tutti i Paesi europei, ormai – salvo la suddivisione fatta sei mesi fa, nel Regno Unito, tra controlli sulle merci e controlli sulle persone – tutti i controlli sono unificati in un solo board, in un solo ente. Noi non solo non abbiamo l'unificazione, ma abbiamo anche il riscontro in capo alla Guardia di finanza. Mi rendo conto che è difficile superare queste circostanze, però è mio dovere rappresentarle.
  Vado dal difficile al facile e mi avvio a concludere, sapendo che i tempi di un'audizione non possono essere infiniti. Pagamento cumulativo dei bolli auto: nei Paesi dove esiste il bollo auto – in altri, come il presidente sa bene, essendo un esperto, il bollo è compreso nel costo del carburante – le aziende che hanno più di un mezzo pagano con un solo bollettino, con un solo bonifico, con un solo strumento finanziario. Fra l'altro, data la situazione economica di molte aziende di trasporto, ora è tornata la vecchia abitudine di pagare trimestre per trimestre. Un'azienda che abbia, ad esempio, 1.000 camion, ogni tre mesi si trova a compilare 1.000 bollettini. Al di là del fatto che, ogni volta, spende 3.500 euro e quindi 14.000 euro l'anno – che per un'azienda di 1.000 camion non sono un problema – il problema è nella compilazione, e nel segnale che si vuole o non si vuol dare quando si parla di uno Stato amico, che comprende, che semplifica e che sburocratizza.
  Credo che la cosa più semplice sarebbe pagare il bollo auto sui moduli F24, come si pagano tante altre cose. Nelle more di una soluzione, considerato che abbiamo la Motorizzazione civile, il PRA e più controlli di quanti ne desidereremmo, si dovrebbe riuscire a consentire l'unificazione nei pagamenti, quantomeno riducendo i tempi dell'impiegato adibito a questa mansione. Mi rendo conto che sono andato dalle stelle (Guardia di finanza) alle stalle, ma il mare è fatto di gocce.
  Auspicheremmo infine che, con riferimento a tutti quegli enti che non hanno un ruolo e che se lo inventano giorno per giorno – e che quindi rappresentano un costo per la comunità e, attraverso l'affermazione di questa sorta di ruolo, si ripercuotono negativamente sulla fluidità, Pag. 9che è un fattore economico del nostro lavoro – si procedesse alla loro soppressione o all'assegnazione agli stessi di un ruolo che abbia un senso – nella filiera – di snellimento, di fluidificazione o di miglioramento.
  Per alcuni di questi non vediamo la possibilità di una conversione, come nel caso emblematico del Pubblico registro automobilistico e, francamente, dell'ENAC, in quanto non ci sembra che dal 1997, data di istituzione di questo ente, le cose nel trasporto aereo siano migliorate mentre, probabilmente, con la Direzione generale dell'aviazione civile del Ministero dei trasporti si sarebbe fatto meglio.
  Comunque, il principio è che ci deve essere la pianificazione dei decisori, la regolazione dell'Autorità dei trasporti e, sotto la regolazione, la gestione, che non credo debba essere affidata a ulteriori anelli di una catena infinita, che crea costi e disservizi.
  Abbiamo condiviso l'orientamento espresso da più parti, anche dal nuovo segretario del Partito democratico, di togliere alle Camere di commercio la titolarità del registro delle imprese. Riteniamo inoltre che si debbano mantenere quegli enti, registri ed elenchi che appartengono alla cultura europea, che servono quindi, come nella cultura europea, a dare pubblicità agli appartenenti a una categoria, quale, ad esempio, il registro elettronico nazionale delle imprese di autotrasporto.
  Una volta che abbiamo il registro elettronico nazionale delle imprese di autotrasporto, abbiamo ancora bisogno dell'albo degli autotrasportatori ? Mi fermo al punto di domanda, però con un'affermazione: forse un primo passo dovrebbe consistere nell'obbligo di autofinanziamento trasparente e solo per i servizi resi, privilegiando il rapporto diretto tra lo Stato e i destinatari finali di aiuti e sovvenzioni, considerando residuali tutti i casi di interposizione. Traducendo: alcuni albi sono destinatari di risorse nazionali che, poi, loro suddividono. Ne è tipico esempio l'albo degli autotrasportatori, che è il soggetto deputato a restituire ai singoli autotrasportatori alcuni vantaggi economici, che riguardano i pedaggi piuttosto che altro. Siccome nel passaggio di risorse queste si disperdono e all'utilizzatore finale ne vengono sempre meno, i nostri suggerimenti sono: mantenere solo albi e ordini che abbiano caratteristiche europee di identificazione del soggetto; superare tutti gli altri; qualora non sia possibile superarli, perché le resistenze in questo Paese sono molteplici, che gli stessi si autofinanzino.
  Lo Stato, quindi, privilegi nelle dazioni, negli sconti, in tutte le sue manifestazioni di aiuto il rapporto diretto con l'utilizzatore finale, con il percettore, evitando di passare per canali nei quali, normalmente, si «incistano» quantità a volte rilevanti di quelle risorse, creando due soggetti scontenti: il destinatario finale, che vede arrivare meno risorse e noi, perché si incistano poteri che, poi, si trasformano in lobby.
  Ho cercato di delineare il panorama. Vi ringrazio dell'attenzione e della pazienza con cui ci avete ascoltati e mi rendo conto che quello presentato è un pacchetto di richieste assai pesante; però torno al punto di partenza: nessuna di queste può incontrare l'obiezione che non ci sono risorse, perché sono tutti interventi a costo zero – ad alto costo politico, a zero costo economico e finanziario – e, anzi, sono a saldo positivo, perché attuando questi interventi si difendono i traffici portuali, aeroportuali e il traffico domestico, che è uno dei pochi che ci sono rimasti. Al nord saliamo poco o niente e, in prospettiva, potremmo competere sui mercati contendibili leggermente al di là delle Alpi.

  PRESIDENTE. Apprezziamo, presidente Marcucci, la sua relazione ampia e pertinente e, anche se di essa verrà redatto un resoconto stenografico, se lei potesse tradurla in un documento da farci pervenire nei prossimi giorni, sarebbe per noi estremamente utile, in modo che anche i colleghi oggi assenti possano avvalersi della qualità delle argomentazioni e delle proposte sviluppate.
  Il ragionamento del presidente Marcucci lega la dimensione della logistica e Pag. 10del trasporto a un mercato europeo, che è sempre più contendibile e che, quindi, non giustifica segmentazioni e divisioni territoriali, che spesso sono del tutto arbitrarie rispetto al muoversi del trasporto aereo, stradale, ferroviario o marittimo.
  In particolare, ha evidenziato la necessità che si vada verso un recupero di una legislazione unitaria in materia di politiche trasportistiche, poiché la riforma del Titolo V della Costituzione, sui temi del trasporto e della logistica, ha indicato una strada che nessun altro in Europa persegue. Tra l'altro, calza a pennello l'esempio dei trasporti eccezionali, che vengono segmentati regione per regione: è il risultato dell'applicazione del predetto Titolo V, che vede le regioni destinatarie di una competenza specifica su questa materia.
  Oltre a condividere quanto affermato in proposito, potrei aggiungere che quando, subito dopo l'entrata in vigore della riforma del Titolo V, da presidente della Commissione Attività produttive mi sono trovato a contestare quella logica, gli argomenti utilizzati erano proprio questi. Lo stesso discorso vale per l'energia, per il turismo, per competenze che, macroscopicamente, non possono essere attribuite come se il territorio fosse spezzettabile. Nel caso dei trasporti, è evidente che si tratta – casomai – di una dimensione nazionale, e sempre più di una dimensione europea, posto che le problematiche della logistica non sono influenzabili dai confini regionali.
  Il nostro ospite ha formulato una serie di proposte, dallo Sportello unico doganale, al fatto che le procedure amministrative italiane non sono competitive e che c’è un gap tra il tempo di sdoganamento che abbiamo in Italia e quello degli altri Paesi. Ha poi sollevato anche questioni più pratiche, come l'archivio unico nazionale dei veicoli – con la soppressione del PRA e dell'ACI – da cui fare emergere la banca dati dei non assicurati, che sono una piaga sempre più evidente e, da ultimo, la questione del bollo auto cumulativo, con la particolarità che vi deve essere un addetto che, trimestralmente, compila i moduli uno ad uno.
  Mi è parso molto interessante il riferimento in materia fiscale ai Paesi black list, perché indubbiamente il problema esiste, come si vede anche dalle vicende di queste ore con la Svizzera. Al di là della finanza, ci sono anche altri argomenti sui quali la rotta di collisione – tra la dimensione europea e la loro – è molto evidente.
  Ci sono quindi molti elementi utili e condivido il fatto che non si tratti di una lista della spesa per la quale si chiedano risorse, bensì si tiene conto di interventi che toccano sia la natura legislativa che quella amministrativa, campi cui la Commissione dovrebbe dedicarsi. Quindi il suo contributo, da questo punto di vista, è assolutamente pertinente, e di questo la ringrazio.
  Do ora la parola al vicepresidente della Commissione, onorevole Taricco, che è stato anche un amministratore regionale molto capace.

  MINO TARICCO. Ringrazio per la qualità e la concretezza dell'esposizione e condivido l'approccio culturale di fondo. Mi hanno colpito le motivazioni addotte a supporto delle richieste avanzate, il ragionamento sulla corrispondenza tra gli strumenti per operare e la responsabilità solidale, tema interessante da riportare in una riflessione complessiva sul tema della semplificazione.
  Personalmente, condivido l'approccio sul superamento e la riduzione di enti che non abbiano una funzione specificatamente motivata e credo che alcuni «timidi passi» fatti recentemente debbano trovare concreta attuazione nel superamento di un dualismo esistente che, lì come altrove, è causa non soltanto di maggiori costi, ma anche di complicazione burocratica e amministrativa.
  Mi ha fatto sorridere, ma non mi stupisce più di tanto – anche se non mi sono mai occupato di trasporti – la riflessione sull'attuale pagamento dei bolli auto, che mi sembra una follia, ma una follia che purtroppo riscontriamo in molti casi analoghi.
  Come diceva il presidente, sarà interessante ripercorrere questi temi e, al limite, se ne avremo bisogno, vi chiederemo precisazioni puntuali sul merito Pag. 11delle questioni, quando arriveremo all'estensione di un testo normativo che, alla luce del complesso delle audizioni svolte, se recupererà tutti i suggerimenti ottenuti, evidenzierà un sostanzioso quadro di necessaria riforma.
  Come avete giustamente evidenziato, questa è una questione cruciale: se vogliamo tornare a competere ad armi pari con altre aree del mondo, che hanno approcci molto più semplificati dei nostri, cercheremo di fare buon uso delle indicazioni che ci avete fornito.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare il nostro ospite, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.05.