XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 16 di Mercoledì 5 febbraio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SEMPLIFICAZIONE LEGISLATIVA ED AMMINISTRATIVA

Audizione del Presidente dell'Ance, Paolo Buzzetti, e del Segretario Generale di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa.
Tabacci Bruno , Presidente ... 2 
Buzzetti Paolo , Presidente dell'Ance ... 2 
Spaziani Testa Giorgio , Segretario Generale di Confedilizia ... 5 
Tabacci Bruno , Presidente ... 8 
Angioni Ignazio  ... 8 
Sollo Pasquale  ... 9 
D'Adda Erica  ... 10 
Tabacci Bruno , Presidente ... 10 
Buzzetti Paolo , Presidente dell'Ance ... 10 
Spaziani Testa Giorgio , Segretario Generale di Confedilizia ... 13 
Tabacci Bruno , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 8.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente dell'Ance, Paolo Buzzetti, e del Segretario Generale di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Presidente dell'Ance, Paolo Buzzetti, e del Segretario Generale di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa.
  L'audizione di oggi ci permette di soffermarci sul settore dell'edilizia, la cui importanza per l'economia è ben nota. Come più volte ricordato alle parti sociali che stiamo audendo in queste settimane, chiediamo di avere il quadro della situazione e utili suggerimenti per possibili interventi del Parlamento, anche di natura legislativa.
  L'indagine conoscitiva prosegue con grande impegno, perché ci siamo dati il termine del 31 marzo e per quella data dovremmo approvare un documento completo, che faccia il punto di questa tormentata vicenda che in questi anni non ha prodotto grandi risultati, ma in cui anzi si rileva un incremento della complicazione, che non aiuta certo la crescita dell'economia.
  Do la parola al Presidente dell'ANCE, Paolo Buzzetti.

  PAOLO BUZZETTI, Presidente dell'Ance. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti, grazie per quest'audizione sul tema importantissimo della semplificazione. Non è un tema che riesce a far ripartire nell'immediato l'economia, perché servono ricette più forti e una spinta più propulsiva alla situazione economica, ma sul periodo medio-lungo, da un punto di vista strategico per il Paese, è invece fondamentale, perché, se vogliamo riprendere una crescita seria, lo possiamo fare soltanto attraverso alcune riforme fondamentali come questa di semplificare la vita delle aziende.
  Infatti, la tassazione esagerata e la complicazione e lunghezza dei passaggi burocratico-amministrativi, autorizzativi e anche di ordinario funzionamento delle attività, nel settore edile producono danni molto rilevanti. Sia nell'attività privata sia negli appalti pubblici, infatti, dipendiamo completamente dal funzionamento del Paese e quindi di conseguenza ne derivano tempi troppo lunghi.
  Tutte le classifiche ci collocano purtroppo agli ultimi posti in Europa, e questo è veramente incredibile. La Banca mondiale ci mette solo davanti alla Grecia per rapidità nelle pratiche amministrative e per efficienza nel funzionamento della pubblica amministrazione.
  Vi sono alcune ragioni storiche evidenti quali la gioventù del Paese (160 anni), il collasso dello Stato dopo il periodo del fascismo, quando l'amministrazione sabauda collassò con i fenomeni di urbanizzazione selvaggia. Sicuramente non hanno aiutato eventi della nostra storia come il ’68 in quanto, senza alcuna intenzione di esprimere un giudizio su quel periodo Pag. 3storico, ebbe allora inizio la rottura della responsabilità, completata con alcuni provvedimenti degli anni ’90 che hanno contribuito fortemente a rompere il meccanismo di responsabilità nell'amministrazione pubblica.
  Oggi la cosa grave è la ricerca della verità formale, cioè che le carte siano a posto, non l'obiettivo di arrivare al risultato come premio del funzionamento dell'amministrazione, ma soltanto il tentativo di far sì che nessuno abbia la responsabilità di quello che sta accadendo. Spesso, quindi, gli amministratori pubblici sono abbandonati a se stessi, di fronte alla responsabilità dei propri atti, che spesso finiscono in tribunale. C’è un'eccessiva quantità di norme e di leggi, e sarebbe fondamentale mettere a posto quelle già esistenti piuttosto che produrne di nuove per quanto riguarda le nostre questioni.
  In questa situazione gli investimenti privati, che pure sarebbero utili, sia nostrani sia dall'estero, ovviamente non vengono. Potete pensare ad esempio all'incertezza dei diritti dal punto di vista della concessione di un finanziamento privato in un'opera pubblica, ai tempi assurdamente lunghi negli appalti, laddove tra l'aggiudicazione di una gara e l'inizio dei lavori i tempi si sono ormai triplicati rispetto al recente passato, e non se ne capiscono le ragioni.
  Lei, presidente, citava gli interventi semplificatori, evidenziando come non abbiano avuto grande effetto in questi anni, ed è vero, però ci sono stati tanti tentativi parlamentari di semplificare, tutti apprezzabili, ma spesso si è intervenuto solo su una parte del processo, non su tutto il processo preso in esame, per cui in talune situazioni da una parte si è accelerato molto, ma poi si è rallentato. Il permesso di costruire ne è un esempio, in quanto si procede velocemente, ma poi si devono produrre una serie di pareri, il che fa perdere molto tempo.
  Tutto questo ci porta a ritenere che, se vogliamo agire, bisogna riprendere le materie che ci riguardano e affrontarle con lo strumento del testo unico, che metta insieme gli obiettivi della razionalizzazione e della semplificazione.
  Non ho citato l'altro elemento importante che crea grande confusione nel nostro settore, il nuovo Titolo V della Parte seconda della Costituzione, che è stato modificato nel 2001 e che ha prodotto un'ulteriore complicazione tra Regioni e Stato centrale. Lì ci sono molti aspetti sia per le infrastrutture, sia nella sovrapposizione delle norme in campo urbanistico, che causano costantemente problemi cui occorrerebbe rimediare.
  Dovete considerare la presenza di oltre 21 mila leggi e decreti-legge a livello statale, e di 25 mila leggi regionali, che vanno a influire su tutte le vicende. Da questo punto di vista, quindi, bisogna realizzare una grande opera di semplificazione. Se si sta tornando alla centralità dello Stato in alcune funzioni, bisogna però andare decisi in questa direzione dopo un periodo di federalismo.
  Noi abbiamo più settori, da quello dell'edilizia propriamente detta a quello degli appalti pubblici o della fiscalità, che non mi metterò a dettagliare, ma per i quali vi abbiamo presentato una serie di suggerimenti.
  Sarebbe opportuno studiare e accompagnare la valutazione e la definizione delle riforme legislative con l'attuazione concreta dei processi di riforma, in quanto la certezza dei tempi è fondamentale per attrarre investimenti privati in edilizia, e una serie di esempi dimostra purtroppo come spesso questo sia disatteso. Occorre quindi un testo unico anche in questo campo.
  Desidero citare l'esempio dell'autorizzazione per le attività di recupero dei rifiuti, dove una recente procedura semplificata fa sì che le relative operazioni possano partire novanta giorni dopo che la Provincia ha ricevuto la comunicazione. Sembrerebbe una cosa molto rapida, peccato però che accanto a tale comunicazione serva procedere comunque, ove richiesto, alla verifica dell'assoggettabilità alla procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA), al rilascio dell'autorizzazione Pag. 4alle emissioni in atmosfera, al rispetto delle procedure in materia edilizia e degli eventuali vincoli idrogeologici e/o vincoli paesaggistici, per cui devono essere rilasciati permessi che fanno perdere molto tempo. Aver introdotto quella procedura semplificata per le attività di recupero dei rifiuti non serve quindi assolutamente a nulla.
  Bisogna andare, inoltre, verso una fiscalità semplificata per aiutare il processo di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, che sappiamo essere nelle città la grande scommessa del futuro. C’è un fisco di tipo ottocentesco che blocca le attività edilizie a ogni tappa, mentre servirebbe un fisco che tassi correttamente, ma, come avviene negli altri Paesi, alla fine del processo produttivo, sul risultato. Siamo invece l'unico settore tassato prima sulla materia prima e poi sulla lavorazione della stessa, mentre sarebbe corretto farlo in fondo.
  Su questo tema della fiscalità, voglio inoltre sottolineare come la Tasi e tutte le tassazioni nuove abbiano reintrodotto una patrimoniale sugli immobili che, al di là del valore stesso, sta creando grande confusione. Bisognerebbe rimettervi mano sia dal punto di vista del valore tributario che della confusione che ne deriva per il cittadino, come abbiamo visto in questi giorni.
  C’è poi il tema della responsabilità solidale, per cui l'impresa viene chiamata a svolgere compiti prettamente dello Stato nel controllare i fornitori e i subappaltatori, ad esempio sulla regolarità dei contributi pagati sulla manodopera. In questo campo, si assiste veramente ad una ritirata dello Stato rispetto alle funzioni che deve svolgere, con una conseguente responsabilizzazione dell'impresa, che poi riesce solo con grande difficoltà a svolgere fino in fondo questi compiti.
  C’è, poi, tutto il tema delle compensazioni tra i crediti e i debiti tributari delle imprese, dove si è cercato di creare questo meccanismo e l'intento è stato lodevole, ma gli strumenti messi in campo non funzionano affatto. Bisognerebbe rimetterci le mani in profondità e individuare un meccanismo semplice per cui l'impresa che ha un credito con l'amministrazione pubblica possa compensare rispetto al pagamento che non riceve. Ripeto, l'intento perseguito è giustissimo, ma lo strumento adottato non funziona.
  Sulle opere pubbliche abbiamo la fortuna di dover recepire le nuove direttive europee, quindi di uniformarci a indirizzi europei molto importanti, e questa è l'occasione per rimettere ordine nella normativa nazionale del settore. Anche qui serve un testo unico, è fondamentale, perché tante norme di legge sono ormai incongruenti in seguito alle modifiche introdotte.
  Ad esempio, ci sono alcune norme sulla contabilità dello Stato che sono ormai totalmente superate dalle modifiche normative successive e che però non risultano abrogate. Inoltre, sono state introdotte alcune norme sulla tracciabilità dei flussi finanziari in materia di appalti, con lo scopo lodevole di perseguire la malavita organizzata, ma esperti in materia legale capirebbero subito che tali norme non si connettono affatto con il tessuto normativo in cui sono state inserite. Così anche quelle sui ritardati pagamenti.
  Altre norme entrano improvvisamente in vigore perché si usa il decreto-legge, per cui una norma va a colpire un punto preciso, ma rompe la logica giuridica del contesto. Per questo dicevo che l'occasione del recepimento delle nuove norme europee in materia di appalti è fondamentale e bisogna semplificare perché i tempi del processo per la realizzazione di un'opera pubblica si sono triplicati. Spesso questo è attribuibile non al cantiere, ma a tutta la fase burocratico-amministrativa precedente.
  Desidero sottolineare inoltre il tema della trasparenza, per la quale ci battiamo molto. Si parla spesso del momento dell'aggiudicazione e qui ci sono le proposte dell'offerta economicamente più vantaggiosa, dell'esclusione automatica delle offerte anomale, degli importi sotto soglia e sopra soglia, dove noi siamo portatori di Pag. 5interessi ma non siamo mai stati ascoltati dai Governi che si sono succeduti e nemmeno dal Parlamento.
  È chiaro che la correttezza dei comportamenti dipende dagli uomini, però alcuni metodi di gara possono garantire la trasparenza ma non sono applicati per varie ragioni, su cui non mi dilungo. Ci vorrebbero meccanismi quali Albi di fiducia, in alcuni casi Commissari di livello nazionale e meccanismi matematici di gara che abbiamo studiato con grande attenzione e potrebbero aiutare molto.
  Vorrei sottolineare infine come sul mercato del lavoro ci siano tantissime cose da fare, perché si è andati anche qui a complicare tantissimo le carte. Per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro, ad esempio, chi conosce il cantiere sa che contano dieci cose fondamentali, mentre ci siamo riempiti di carte su carte, ci sono sessanta passaggi burocratici per autorizzare l'apertura di un cantiere e montagne di carte inutili.
  Se arriva un ispettore in cantiere, bisogna portargli un pacco di autorizzazioni mentre le cose fondamentali sono assolutamente di meno, e su quelle bisognerebbe non derogare con durezza estrema, snellendo però la montagna di burocrazia che si è imposta.
  Per modernizzare il settore c’è la possibilità di avere una serie di recepimenti normativi e di semplificazioni che riguardano il risparmio energetico e le nuove tecnologie, dove il recepimento delle norme europee spesso trova grandi difficoltà, anche perché mancano le necessarie riflessioni tecniche che il Paese deve fare per poi dare al legislatore la possibilità di recepire bene le direttive europee.
  Faccio solo un esempio: oggi una casa di qualità viene dichiarata tale dalla pubblicità, ma manca un soggetto in grado di garantirlo con una certificazione oggettiva. In alcune regioni più ricche, come il Trentino-Alto Adige, ci sono soggetti certificatori che ormai hanno conquistato il mercato, però occorre che a livello nazionale ci sia un'uniformità di parametri che sono tecnici prima, ma normativi poi, per avere la certezza che il cittadino compri una casa di adeguata qualità. Vi ringrazio.

  GIORGIO SPAZIANI TESTA, Segretario Generale di Confedilizia. Ringrazio la Commissione per l'invito a esprimere come Confedilizia il punto di vista della proprietà immobiliare e in questo caso, oltre che delle imprese, anche dei singoli cittadini, su un tema fondamentale, con riferimento al quale lei, presidente, ha usato parole forti, definendo drammatica l'assenza di semplificazione dal punto di vista legislativo e amministrativo nel nostro Paese.
  Il nostro punto di vista è il medesimo e le ragioni sono state esposte anche nelle precedenti audizioni di esponenti istituzionali e di esponenti della società civile. Molte ragioni sono legate alla configurazione stessa del nostro ordinamento e del nostro impianto normativo. Si è già fatto riferimento al problema della riforma del Titolo V della Costituzione, che anche nel nostro settore ha creato molti problemi, oltre a crearne – credo – al funzionamento dello Stato in generale e al Governo con la necessità di continue impugnazioni e di un enorme contenzioso anche su materie collegate all'edilizia e al settore immobiliare.
  L'accento secondo noi deve essere posto anzitutto sugli aspetti fiscali, perché riteniamo che il problema della normativa tributaria sia fondamentale, anzitutto per l'accavallarsi di interventi da parte dello Stato centrale e dei Comuni soprattutto sulle imposte che riguardano il settore immobiliare.
  Al riguardo, crediamo che sia difficile suggerire interventi singoli che possano cambiare un andamento davvero preoccupante. Probabilmente si possono adottare due linee di indirizzo. Una è quella rimessa alla scelta di Governo e Parlamento, cioè quella di cambiare completamente strada, con riferimento alla complessità degli adempimenti richiesti e alla scarsa chiarezza degli interventi legislativi.
  L'altra è quella più forte, che è stata richiamata anche in precedenti audizioni, di intervenire almeno sui princìpi. Qui si Pag. 6è parlato della necessità di codici, di testi unici, esigenza fortemente presente anche nel sistema tributario. Ma in campo tributario è assolutamente necessario intervenire almeno su alcuni princìpi, e qui mi riferisco a un provvedimento legislativo davvero bistrattato in tutti questi anni in cui avrebbe dovuto trovare applicazione, lo Statuto del contribuente, che è una legge ordinaria del 2000. Oggi possiamo serenamente riconoscere che ha fallito i propri obiettivi, pur contenendo princìpi fondamentali e condivisibili.
  Una strada allora potrebbe essere quella di costringere il legislatore a rispettare alcune regole, e in questo senso credo che l'unica via sia quella di dare forza costituzionale a un provvedimento che esprime dei princìpi fondamentali. Vorrei citare qualche esempio solo a titolo di chiarimento per la Commissione, che già conosce molti temi, ma che per quanto riguarda il nostro settore deve concentrarsi su alcuni aspetti in particolare.
  Cito quindi due o tre punti fondamentali dello Statuto del contribuente, che sono princìpi di civiltà giuridica, ma quasi mai sono stati applicati o comunque sono stati spesso violati. Un principio fondamentale è quello della irretroattività delle leggi tributarie, che viene riaffermato con forza anche nel primo articolo della legge delega sulla riforma fiscale, che ha compiuto un ulteriore passo ieri in Senato, laddove si dichiara che si dovrà rispettare in particolare il vincolo di irretroattività delle norme tributarie di sfavore.
  Cito subito un esempio che ci riguarda direttamente. Con la legge di stabilità è stata introdotta, con decorrenza 1o gennaio 2013, una norma fortemente negativa nei confronti del nostro settore, perché introduce un nuovo tributo, peraltro iniquo a parere nostro, anche se non è questa la sede per giudicarlo, sugli immobili che i proprietari non riescono ad affittare.
  Sia le imprese che le persone fisiche necessitano di una programmazione delle spese da sostenere, e introdurre alla fine dell'anno un tributo che ha decorrenza dall'anno stesso pone ai cittadini problemi che giustamente lo Statuto del contribuente si proponeva di eliminare.
  Ci sono altri princìpi continuamente violati, da ultimo anche con la legge di stabilità e con provvedimenti successivi, quali ad esempio l'impossibilità di prevedere a carico dei contribuenti adempimenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dall'adozione dei provvedimenti attuativi.
  È ormai prassi comune introdurre tributi o fissare scadenze vicinissime al momento in cui i contribuenti sono chiamati a versare le imposte o ad adempiere ad obblighi dichiarativi, e qui c’è necessità di intervenire anche considerando, in particolare nel settore immobiliare, il rapporto fra Stato e Comuni, fra legislazione statale e regolazione comunale.
  In queste audizioni si è parlato anche di un problema importante sul quale la Corte costituzionale ha espresso parole forti, quello della disinvoltura con cui in passato si è legiferato attraverso i decreti-legge. Lo Statuto del contribuente prevede che non si possa disporre con decreto-legge l'istituzione di nuovi tributi, né prevedere l'applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti. Credo che sia un principio, non dico sconosciuto ai più, ma sicuramente non quotidianamente all'attenzione del legislatore e dello stesso Parlamento, che a volte, forse involontariamente, lo viola.
  Ritengo quindi che la strada non possa che essere quella di dare forza costituzionale, quindi cogenza assoluta, a questi princìpi di civiltà giuridica. Si può intervenire, infatti, su questo o quel settore, si possono fare più proposte, ma la difficoltà è quella di dosare la foga nel legiferare, soprattutto in sede di approvazione di provvedimenti di valenza finanziaria.
  Esempi di legislazione complessa anche nell'ambito di provvedimenti condivisibili che vanno incontro a esigenze del cittadino li abbiamo avuti in campo immobiliare con l'introduzione di un provvedimento che come Confedilizia avevamo Pag. 7chiesto da anni, la tassazione sostitutiva sulla locazione, la cosiddetta «cedolare secca».
  Si è faticato molto a spiegare i contenuti di questa norma, per far capire quanto questa disposizione fosse importante, perché avrebbe dovuto essere palese, trattandosi di un'imposta secca che andava a sostituire un'imposta che interveniva sul reddito complessivo, ma gli adempimenti previsti, soprattutto nel primo anno di applicazione, hanno portato molti contribuenti a non applicare addirittura un regime di favore.
  Questo è davvero paradossale, anche perché in questo caso la norma si proponeva non solo di facilitare e agevolare i contribuenti interessati, i proprietari e indirettamente anche gli inquilini, ma anche di produrre effetti positivi in favore dell'erario, attraverso l'emersione, che c’è stata, di contratti e di materia imponibile.
  Cito altri esempi recenti perché è necessario porsi il problema, ma è inutile prevedere interventi singoli se non si interviene sui princìpi. Esempi recentissimi sono quelli dell'imposizione nuova sulla casa attraverso la cosiddetta imposta unica comunale (IUC), che si compone in realtà di tre tributi che addirittura avranno tre modalità diverse o comunque la possibilità da parte dei Comuni di prevedere tre modalità diverse sia di versamento, sia di dichiarazioni, sia di termini di versamento.
  L'esempio sotto gli occhi di tutti della cosiddetta mini IMU rende superflue ulteriori spiegazioni sull'esigenza di rispettare almeno le più elementari necessità del cittadino di conoscere preventivamente i contenuti e comunque i termini per l'applicazione di provvedimenti, in questo caso per il pagamento di imposte.
  Qui un ragionamento dovrebbe essere fatto anche con riferimento al rapporto tra legislazione statale e regolazione comunale. Ogni tanto raduniamo le cose più curiose delle delibere comunali in materia di ICI e poi IMU, per dimostrare come la fantasia (è bene chiamarla in questo modo) dei Comuni si esprima a volte in maniera davvero eccessiva. Qui bisognerebbe forse superare qualche tabù dal punto di vista del rispetto delle prerogative dei Comuni, per fissare però dei paletti nel rispetto degli interessi dei cittadini.
  Un altro esempio recente è quello di una norma potenzialmente destinata, nelle intenzioni di chi l'ha varata, a superare il problema dell'evasione fiscale nel settore immobiliare, che però sta producendo effetti negativi nei confronti dei contribuenti: l'obbligo di tracciabilità dei canoni di locazione. Infatti, in un sistema nel quale la trasparenza è già data dall'obbligo di registrazione dei contratti, non sta producendo alcun effetto positivo nell'ambito dell'evasione, che comunque è colpita già da sanzioni fortissime, ma purtroppo ha effetti negativi sui cittadini onesti, che in molti casi non hanno la possibilità di accedere o comunque in questo caso avranno necessità di spendere per accedere a strumenti bancari o similari per il pagamento dei canoni di locazione.
  Questi erano alcuni esempi sulla materia fiscale, ma la necessità di semplificazione normativa e amministrativa c’è in tanti altri settori. Quello della certificazione energetica è certamente un settore in cui l'intreccio di competenze fra Stato e Comuni ha prodotto effetti molto negativi, intreccio che in questo caso si ricollega anche alla legislazione europea.
  Qui parliamo di una legislazione molto travagliata, che nel decreto-legge Destinazione Italia, in corso di conversione, ha gli ultimi atti e che nasce nel 2005 con una previsione da parte di una direttiva europea di alcuni obblighi in materia di certificazione energetica, oltre che di risparmio energetico in generale. La trasposizione in Italia di questi principi e le successive modifiche da parte del legislatore italiano hanno dimostrato anche in questo campo come sia necessario intervenire con misure di semplificazione.
  L'ultimo caso che cito è quello dell'introduzione, per fortuna dopo diversi mesi eliminata, di una sanzione fortissima, addirittura quella della nullità dei contratti per la mancata allegazione dell'attestato di prestazione energetica nei contratti di locazione e di compravendita, nullità eliminata Pag. 8con il citato decreto-legge Destinazione Italia. È un esempio di come la trasposizione in Italia di una normativa che in partenza ha delle caratteristiche (nella legislazione europea non si prevede assolutamente una sanzione così forte di tipo civilistico per il mancato assolvimento di un obbligo) rischi di avere effetti negativi.
  Su questa materia, inoltre, si innesta il problema delle Regioni, su cui sarà necessario un intervento specifico perché la necessità di verificare a livello regionale obblighi, sanzioni e termini di adempimento con riferimento alla certificazione energetica sta creando problemi notevoli agli operatori.
  Cito due ultimi esempi di settori in cui c’è necessità di coordinamento e di interventi. Uno è quello della difesa idrogeologica, tema di estrema attualità. C’è grande polemica, c’è fermento da parte di tutti nel commentare la situazione drammatica nel nostro Paese. Qui da tempo si doveva e poteva intervenire, almeno per riordinare le competenze dei tanti enti, come è stato più volte ribadito in Parlamento anche con una serie di audizioni specifiche, senza però purtroppo fare nulla in concreto.
  Ci sono competenze stratificate, non ultima quella dei Consorzi di bonifica, messa in dubbio attraverso interrogazioni parlamentari. È necessario accorpare e utilizzare più proficuamente gli enti di maggiore forza a livello territoriale, per non disperdere i denari dei contribuenti. Faccio l'esempio dei Consorzi di bonifica, dove c’è una tassazione diffusa attraverso i contributi richiesti ai cittadini.
  L'ultimo elemento che voglio citare attraverso esempi che possono costituire spunto per interventi normativi di carattere generale è quello delle cosiddette «leggi a pagamento». Abbiamo avuto recentemente più esempi. Nel nostro settore l'ultimo esempio è quello di un decreto in materia di installazione di antenne, mentre prima c'era stato quello in materia di revisione di impianti di ascensori, quindi tutti argomenti legati alla casa.
  Infine, è diffusa prassi del legislatore o comunque nei decreti attuativi richiamare normative tecniche, senza pubblicarle e metterle a disposizione dei contribuenti: si tratta di normative tecniche prodotte da enti di certificazione vari, italiani ed europei, i cui contenuti sono spesso molto complessi e di difficile accesso, che il cittadino deve addirittura acquistare per procurarsi gli elementi da seguire per adempiere alle disposizioni normative che le richiamano.
  Crediamo che su questo settore si debba intervenire, perché la normativa tecnica con riferimento agli impianti e ai vari adempimenti collegati al settore immobiliare è sempre più estesa, spesso iniquamente estesa, laddove con il pretesto della sicurezza spesso si impongono adempimenti eccessivi.
  In questo ambito un principio fondamentale potrebbe essere quello previsto dal giudice amministrativo in relazione a un decreto in materia di ascensori, per cui, nel caso in cui ci si voglia riferire a normative tecniche private di enti di certificazione, lo Stato debba mettere a disposizione dei cittadini questa normativa, evitando di costringerli a pagare per apprenderne i contenuti dai consulenti.
  Mi fermo qui, ringraziando ancora il presidente e la Commissione tutta per aver voluto ascoltare il parere di Confedilizia.

  PRESIDENTE. Grazie. Do ora la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  IGNAZIO ANGIONI. Grazie, presidente. Constatavo ancora una volta che, al di là del settore di provenienza, alcune indicazioni che giungono alla Commissione nei diversi incontri fin qui svolti si accomunano decisamente. Evidentemente la questione della semplificazione dell'eccessiva burocratizzazione dello Stato dipende non tanto dai singoli settori, quanto da un impianto generale.
  Credo che, più che parlare di una generica innovazione, di una destrutturazione delle norme o dei regolamenti, bisognerebbe introdurre il concetto di una Pag. 9vera e propria lobby o di diverse lobbies della iperburocratizzazione dello Stato.
  In questi ultimi anni, diverse leggi sono state fatte, leggi moderne, che perseguono obiettivi accettabili, però alcune hanno finito per appesantire addirittura gli iter burocratici. Abbiamo competenze eccellenti, ma la mancanza di decreti attuativi pesa su quelle leggi, per cui l'individuazione delle lobbies di questa iperburocratizzazione dovrebbe essere argomento di discussione tra le associazioni di categoria, che dovrebbero anche tracciare i profili di queste lobbies.
  Due cose, rapidamente. La prima sulla riforma del Titolo V del Parte seconda della Costituzione, altro argomento ricorrente nelle conversazioni di queste settimane. Vi chiedo quale a vostro parere possa essere un rapporto equilibrato Stato-Regione, stante il fatto che nessun rappresentante del mondo delle imprese, io credo, voglia tornare a un nuovo centralismo statale.
  Ieri il Presidente Squinzi ha dichiarato in questa Commissione che negli enti pubblici ci vorrebbe più responsabilità politica e meno responsabilità dei funzionari amministrativi, dicendo una cosa molto precisa e per certi versi censurando o superando la stagione innovativa rappresentata dagli anni ’90 con le leggi sulla pubblica amministrazione.
  La seconda considerazione muove dalla consapevolezza che il mondo dell'edilizia sta attraversando la crisi peggiore dal dopoguerra a oggi, del tutto superiore a quella degli anni ’90, e il dottor Buzzetti e l'avvocato Spaziani Testa hanno evidenziato come, più che di misure di settore, abbiate bisogno di misure di sistema.
  Vorrei sapere però quali possano essere le due o tre misure di semplificazione che possano aiutare la ripresa del settore. Ne avete citata una a proposito di opere pubbliche e di appalti, ma credo che il nodo sia quello delle stazioni appaltanti. Vorrei sapere quindi tra Comuni, Province, Regioni e Stato quali enti presentino le procedure più farraginose e più lunghe, e perché. Grazie.

  PASQUALE SOLLO. Quello delle costruzioni è un settore che mi affascina molto, che ho vissuto quando ero sindaco e, pur non essendo ingegnere o architetto (sono un commercialista), mi occupavo molto di questo settore.
  Credo che il vostro mondo sia vittima del sistema della burocrazia italiana. Nel settore privato c’è il problema del sistema autorizzativo che è caratterizzato da una lungaggine e soprattutto da una produzione di carte inutili e molto spesso duplici.
  Per quanto riguarda il sistema dei pubblici appalti, vorrei segnalare una questione, chiarendo anche che io sono contrario alle offerte anomale, che a mio avviso vanno tolte perché spesso, soprattutto al Sud, sono causa di turbative d'asta. Da sindaco, notavo che spesso in alcune zone c'erano sempre ditte dello stesso paese che vincevano: a Napoli vincono le ditte di Marano, nelle zone del mio paese spesso vincevano ditte di Casal di Principe, e io mi ponevo il problema, perché mi ritenevo un sindaco onesto e avevo fiducia nei funzionari.
  Coinvolsi anche il prefetto dell'epoca, ma mi rendevo conto che il sistema era pulito e scientifico, con l'offerta economicamente più bassa. Loro facevano dei calcoli molto semplici: consideravano la media del ribasso con cui in passato ci si era aggiudicati gli appalti e con un sistema scientifico di 80-90 imprese appartenenti alla stessa cordata venivano presentate solo offerte che con i decimali andavano intorno a quei 4-5 punti. Avevano quindi il 90-95 per cento di possibilità di aggiudicarsi un appalto. Ecco come un appalto pur nella legge diventa truccato.
  Lei diceva che mai nessuno ha voluto ascoltare i vostri consigli, mentre io credo che, essendo voi esperti del settore, dovremmo farlo.
  Inoltre, abbiamo parlato di testi unici e anche noi riteniamo che sia la soluzione. L'uscita del Codice De Lise fu accolta con molto consenso, per cui vorrei chiedervi se possa essere un'esperienza da ripetere o la ritenga superata.Pag. 10
  Sulla riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione il collega Angioni ha già chiesto e io credo che ce ne dobbiamo occupare. È una delle riforme che dobbiamo fare. È nato nel 2001 per creare una sorta di federalismo di funzioni, ma, invece di semplificare, ha complicato; serviva a trasferire funzioni dallo Stato alle Regioni e agli enti locali rendendo tutto più semplice, ma in Italia la nostra bravura consiste nel rendere complicate anche le cose più semplici.

  ERICA D'ADDA. Credo che dovreste darci alcune indicazioni sui testi unici, ovvero se riteniate opportuna questa valutazione, perché o hanno una struttura stabile nel tempo oppure rischiano di essere dei testi che, potrebbero continuamente essere stravolti da una decretazione e da una legislazione che sopravviene di continuo.
  Bisognerebbe quindi definire bene come vogliamo i testi unici, prima di trovarci di nuovo in una situazione di complicazioni invece che in una situazione di stabilizzazione delle norme. Grazie.

  PRESIDENTE. Do quindi la parola al Presidente dell'Ance, Paolo Buzzetti, per la replica.

  PAOLO BUZZETTI, Presidente dell'Ance. Grazie, presidente. L'onorevole Angioni ha posto tre domande. Per quanto riguarda l'individuazione delle lobbies della iperburocratizzazione, penso che la prima questione sia che il Parlamento, ma in generale il ministro di turno, di fronte alle situazioni che non funzionano (e purtroppo abbiamo molti difetti nei nostri funzionamenti ordinari), pensi di risolverle con un provvedimento legislativo.
  Nel caso della sicurezza dei cantieri, ad esempio, l'intervento legislativo è stato massiccio, pensando di risolvere il problema con una ulteriore normazione. Lo stesso è avvenuto nei lavori pubblici, dove abbiamo assistito e assistiamo anche in questi giorni all'intenzione di intervenire solo sul piano normativo, e certe volte questi interventi, pur lodevoli da un punto di vista dell'intenzione, fanno saltare l'impianto della normativa esistente.
  Pensiamo al tema dei ritardati pagamenti. Noi siamo in prima linea, anche perché più sacrificati da anni, in una forte battaglia di intervento sui tempi dei pagamenti. Anche qui credevamo che non si pagasse per colpa dell'Europa, poi siamo andati a Bruxelles dove ci è stato detto che siamo noi italiani la causa dei ritardi nei pagamenti. Questo però ha ultimamente portato, per cercare di pagare il subappaltatore e il fornitore che non ricevono quanto dovuto, a delle forzature. È corretto cercare di salvare le aziende, ma alcune forzature vanno a scardinare il complessivo impianto normativo.
  Credo che bisognerebbe fermarsi e capire che la prima lobby è proprio quella del mondo politico che cerca di risolvere i problemi attraverso un ulteriore intervento normativo. Qui tocca a voi vedere come questi interventi normativi siano inseriti in un'opera possibilmente di riduzione delle norme e comunque di interventi che tengano conto di un'analisi di effetti e conseguenze di questi interventi.
  Si procede invece di corsa con i decreti-legge ed i relativi emendamenti, che quasi sempre arrivano all'ultimo secondo, e capisco che a volte si tratti di mille emendamenti da ridurre a quindici, però in questo modo si fanno dei disastri. Il mondo della rappresentanza poi interviene su questo per difendere gli interessi e naturalmente ne viene fuori il noto risultato, quindi bisognerebbe fermarsi e ragionarci sopra.
  La seconda domanda riguarda il rapporto Stato/Regioni. Non sono esperto della materia, ma ho sempre ritenuto che purtroppo le Regioni abbiano scardinato l'impianto statale italiano, che di per sé presentava dei problemi mai completamente risolti.
  Nelle materie che ci riguardano il Titolo V del 2001 – e il rapporto Stato/Regioni che ne è derivato – ha peggiorato largamente la situazione, perché ha lasciato una sovrapposizione di competenze irrisolte in campo urbanistico prima di Pag. 11tutto, ma anche nel settore dei lavori pubblici. In questo caso, quindi, auspicherei francamente più Stato. Non vorrei risponderle dicendo che ho una visione statalista ma, se entriamo nel merito delle nostre proposte sul Titolo V, dico che serve più Stato perché a un certo punto bisogna intervenire.
  Se infatti un'opera deve passare attraverso le Regioni, al di là dell'ascoltare i cittadini e accogliere le istanze locali, se ci affidiamo ai ragionamenti degli enti locali, certe cose non si fanno più. E, invece, a un certo punto bisogna decidere. Quindi, a nostro avviso, è inevitabile tornare indietro rispetto alla confusione generata nel 2001, pur con le più lodevoli intenzioni.
  Le risponderei quindi, spero non superficialmente, che su molte norme noi siamo più statalisti. Questo vale per i lavori pubblici, ma mi permetto di dire anche nell'urbanistica. Noi crediamo che alcune cose importanti sarebbe bene che prevedessero sul livello nazionale una normazione statale non discutibile, perché affidarle alle Regioni provoca anche delle sperequazioni di mercato: a volte, a distanza di cinquanta chilometri, ti trovi con normative completamente differenti e dal punto di vista della competizione tra imprese e della velocità delle cose si creano sperequazioni tra i cittadini, oltre che tra le imprese. Anche lì bisognerebbe intervenire in questo senso.
  Il Presidente Squinzi ha ragione quando esprime un concetto che fa leva sulla responsabilità nella pubblica amministrazione che condivido perfettamente. Negli anni ’90, sull'effetto di Tangentopoli, si è intervenuti per togliere il funzionamento delle responsabilità negli enti locali tra il politico e chi dirigeva l'aspetto tecnico. Questo ha prodotto un abbandono del senso di responsabilità e ha fatto sì che il tecnico si ritrovi scoperto nelle scelte da compiere, abbandonato a se stesso, e questo ha rotto la catena della responsabilità della Pubblica amministrazione.
  È quindi corretto ritenere che debba ritornare una maggiore responsabilità politica anche sulla struttura tecnica negli enti locali. Di questo sono convinto, perché uno degli errori fondamentali che commettiamo è pensare al reato mentre facciamo le norme, cioè pensare che il reato ci sia sicuramente. Forse, purtroppo abbiamo ragione, perché conosciamo il nostro Paese ed è quasi sempre così, ma si deve pensare a un funzionamento normale e corretto, e poi naturalmente controllare.
  Quello che manca completamente nel Paese è il controllo: nelle amministrazioni pubbliche non controlla più niente nessuno.
  Lei ci ha chiesto di indicare tre semplificazioni importanti, che non so se sono in grado di scegliere. Sicuramente auspichiamo una semplificazione nel campo della regolamentazione della responsabilità solidale sia fiscale che rispetto alla filiera dell'impresa. Questa è una priorità. Non si può chiedere al cittadino imprenditore di fare il poliziotto, di fare il controllo fiscale di tutte le imprese con cui viene a contatto. È una finzione formale...
  Siamo infatti il Paese (ricorderete il film La Grande Guerra) del bollo tondo, uno guarda il certificato e va avanti, non si riesce a controllare se il fornitore abbia pagato regolarmente tutti gli operai, ci affidiamo a pezzi di carta, mentre le responsabilità sono gravissime e frenano.
  Un tempo, quando avevamo imprese strutturate, perché adesso purtroppo le abbiamo tutti ridotte al lumicino, dicevo sempre che avevamo più avvocati che ingegneri, perché in effetti fare tutte queste verifiche e questi controlli portava a questa conseguenza. Nel campo dei lavori pubblici (ritornerò subito sulla questione dei metodi di gara) abbiamo possibilità di semplificazioni dal punto di vista delle procedure dei pagamenti.
  L’iter dei passaggi per ottenere il famoso certificato e poter andare via con la fattura è diventato complicatissimo e quindi anche lì si potrebbe sfoltire, come anche nella fase approvativa del progetto a monte della gara. Il progetto oggi subisce un percorso lentissimo e lunghissimo prima di arrivare alla fase di approvazione.
  Una terza cosa fondamentale è che tra l'aggiudicazione e l'inizio dei cantieri c’è Pag. 12un tempo, che forse è ignorato completamente da tutti coloro che non ci incappano, ma è diventato lunghissimo e può produrre conseguenze negative.
  Sulle approvazioni urbanistiche c’è da sbizzarrirsi nello scegliere le norme più urgenti da semplificare per giungere rapidamente all'approvazione dei passaggi urbanistici. Una norma che credo sia ormai approvata a livello nazionale è quella di lasciare alle Giunte dei Comuni la possibilità di alcune rettifiche su importanti interventi urbanistici da approvare, perché il passaggio in Consiglio Comunale a volte, sempre con l'attenzione di voler controllare a tutti i costi in via preventiva, aveva prodotto degli allungamenti incredibili e su questo c’è la possibilità di passare in Giunta. Se vuole, forniremo volentieri alla Commissione un elenco, più che delle tre, delle dieci cose principali da semplificare. Grazie per la sollecitazione.
  Il senatore Sollo ha detto una cosa vera e purtroppo, mi spiace dirlo, ma quello della corruzione è un male che affligge il mondo delle gare pubbliche. Lei ha ragione, non è una cosa debellata. Tangentopoli funzionava con un coinvolgimento della politica nazionale e delle segreterie dei partiti, oggi è un problema meno strutturato, ma purtroppo molto diffuso.
  La soluzione con la «S» maiuscola non c’è, perché è prima di tutto una questione di etica e di comportamenti individuali, però qualcosa si può fare. In merito all'esclusione automatica dell'offerta anomala, il problema è se dare discrezionalità all'amministrazione pubblica o dare scelta al mercato. Questo è il bivio in cui ci dibattiamo sin dagli anni ’90. In realtà, prima c'era la discrezionalità dell'amministrazione pubblica, e io francamente sono di questa opinione, sarebbe questa la cosa corretta: la discrezionalità deve venire dall'amministratore pubblico che sceglie.
  Un tempo, le amministrazioni pubbliche, anche quelle locali, che erano più forti, avevano la discrezionalità. Il direttore dei lavori aveva l'ingegnere capo ed esisteva un elenco scritto e non scritto delle cattive e delle buone imprese: l'ingegnere capo riceveva la segnalazione dal direttore dei lavori, che gli diceva chi non doveva più invitare. Era molto discrezionale, però c'era un controllo, che in seguito si è sfasciato e si è ritenuto che lasciare al mercato fosse meglio, però poi ci sono le turbative d'asta !
  Credo che in un Paese che cresce e si riqualifica sarebbe da ridare fiducia e selezione all'amministrazione pubblica e quindi ci vorrebbe più amministrazione pubblica nella discrezionalità. La Comunità europea sta andando verso l'offerta economicamente più vantaggiosa, che significa progetto e prezzo, dando al prezzo un'importanza maggiore, ma dicendo che questo è il ragionamento. Ogni volta che c’è un'offerta economicamente più vantaggiosa (e ce ne sono tante), si scatena il putiferio della supposta discrezionalità male applicata.
  Abbiamo proposto che, come esiste nei concorsi per avvocati, si facciano delle liste di commissari a livello nazionale o regionale, in cui pescare a sorteggio il Capo della Commissione aggiudicatrice, inserendone poi altri due dell'ente locale. Non so se costa, ma, se vogliamo risolvere il problema, si ha la possibilità di un soggetto perseguibile, che sta in un elenco, su cui si effettuano i controlli a campione, di persone che dovrebbero essere al di sopra di ogni sospetto con potere di Presidente di Commissione.
  Questa sarebbe già una cosa forte, invece di lasciare i tre membri alla stazione appaltante che si sceglie chi vuole. Dal punto di vista dell'esclusione automatica, andando sotto soglia, cioè sotto i valori di 2,5, fare l'offerta economicamente più vantaggiosa ha poco senso. Lo facciamo per le rotatorie, dove il progetto non ha questa centralità.
  In questo senso sarebbe opportuno intervenire non facendo applicare l'offerta economicamente più vantaggiosa e applicando invece le medie. Sulle medie quanto lei ha detto è corretto e sappiamo bene che hanno sviluppato la capacità di mandare una lettura dentro la busta senza aprirla.Pag. 13
  Noi abbiamo studiato un metodo matematico, che vorremmo fosse preso in considerazione, che introduce alcune irregolarità in quella previsione da fare semplicemente con calcoli matematici, quindi una sorta di casualità non prevista, che può permettere di far saltare il meccanismo di una combine tra molte delle imprese che partecipano. Vorremmo che questo metodo fosse analizzato, ma non c’è stato ministro o situazione parlamentare che fino adesso l'abbia preso in considerazione.
  Per le gare d'importo molto alto, infine, si deve seguire l'indirizzo internazionale, che fa ragionare in maniera preventiva i non tanti soggetti che vi partecipano per addurre le osservazioni sui progetti, e dopo si svolge la gara. Questo permette una maggiore trasparenza ed evita eventuali ricorsi successivi.
  Sul Titolo V lei aveva chiesto cosa proponessimo di introdurre, ma ho risposto prima parlando delle questioni generali.
  Concludo rispondendo alla senatrice D'Adda, che ci aveva chiesto di esprimerci sui testi unici. Noi pensiamo che il testo unico deve essere pensato come uno strumento di semplificazione, ma siamo d'accordo con lei che adesso pretendere di fare un testo unico in cinque minuti sarebbe un'operazione di grandissima difficoltà. Raccogliere in testi unici le norme è per noi espressione di una tendenza alla semplificazione normativa rispetto al partorire norme confuse, che non ci permettono di avere una guida da seguire.
  Vorrei concludere dicendo che le osservazioni fatte mi inducono a inserire nelle tre cose prioritarie una molto grave, lesiva del comportamento delle imprese dal punto di vista dei diritti: la soppressione delle riserve e della possibilità di produrre contenzioso, che è stata introdotta recentemente. Questo sarebbe un punto da rivedere, perché si è rotta la fisiologicità del funzionamento regolare del rapporto tra impresa e amministrazione pubblica con lo scopo di risparmiare, ma non è lì che avviene il vero risparmio nelle vicende ordinarie.
  Come vedete, quindi, il lavoro che state facendo è per noi fondamentale nel momento in cui si pone davvero lo scopo di agire su un salto del Paese per il futuro. Per riprenderci l'economia del mercato interno adesso servono altre cose: i pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione, un intervento di spesa pubblica per quel che ci possiamo permettere in opere di manutenzione del Paese, interventi che mirino a ripristinare il credito degli istituti bancari nei confronti delle famiglie e delle imprese. Una botta (permettetemi di dire) keynesiana immediata aiuterebbe la ripresa ed è la cosa che manca al Paese in questo momento.
  Per ritornare competitivi, come non siamo da vent'anni e più, servono però riforme strutturali come questa di cui vi state interessando, in cui è questione non di terminare un mese prima o un mese dopo, ma di produrre un lavoro che vada a invertire la tendenza al caos normativo che ormai si sta generando, che riprenda le linee direttrici e che dia davvero delle norme che semplifichino e rendano più ristretti i tempi e più certe le cose da fare e le procedure.
  La certezza delle procedure infatti è importante quanto la riduzione dei tempi, se vogliamo che investitori privati esteri e italiani tornino davvero, perché così non vengono e hanno ragione perché il quadro cambia ogni cinque minuti.
  Qualora aveste tempo, domani al Tempio di Adriano facciamo un importante dibattito su una proposta, che speriamo venga accolta, di impiego delle risorse per gli interventi di manutenzione sul territorio, di cui c’è grande bisogno, perché abbiamo i soldi, abbiamo la possibilità di intervenire, ma non possiamo farlo per una serie di problemi che, se avrete modo di partecipare, ascolterete. Speriamo dunque che qualcosa si muova anche in questo senso. Grazie.

  GIORGIO SPAZIANI TESTA, Segretario Generale di Confedilizia. Brevemente, qualche accenno con riferimento in particolare agli aspetti legislativi posti dagli onorevoli Angioni e D'Adda. Ci veniva sollecitato un Pag. 14parere più specifico in merito alla questione del riparto delle competenze legislative fra lo Stato e le regioni e anche da parte nostra non fatico a dire che auspichiamo una maggiore concentrazione di competenze in capo allo Stato.
  Forse, però, il problema più grave è quello dell'ambiguità che si crea. Qui abbiamo fatto degli esempi (urbanistica, lavori pubblici, energia con riferimento al tema della certificazione energetica), ma è più grave l'ambiguità che si pone in molti casi nell'ambito della legislazione concorrente.
  L'impresa e il cittadino che ha meno difese rispetto ad altri fatica nel momento in cui deve «saltellare» fra la legislazione statale e quella regionale per comprendere quale sia l'effettivo obbligo che a lui spetta di adempiere, spesso senza giungere a un risultato sicuro anche con riferimento ad adempimenti che prevedono pesanti sanzioni introdotte anche dalle regioni, a volte legittimamente, a volte meno.
  Il problema si pone poi con riferimento al contenzioso e quindi a tutta la fase in cui la legge regionale o anche quella statale è soggetta a giudizio da parte della Corte costituzionale; quindi, forse, il primo intervento consiste nell'agire sulle materie concorrenti per superare alcune ambiguità che si creano e più in generale rendere chiaro il quadro normativo.
  Ho accennato a qualche elemento, ma vorrei tornare brevemente al tema tributario e all'esigenza di una semplificazione in termini di numero di tributi. Si era iniziata la discussione della legge di stabilità per il 2014 con l'idea di introdurre un tributo unico sugli immobili a livello locale, si è mantenuto il nome – nel senso che si è introdotta una sigla nuova con la parola «unica» –, ma si è addirittura aumentato il numero dei tributi, senza eliminare quelli esistenti.
  Non li ho citati, infatti, ma altri intervengono anche a livello locale sul settore immobiliare, ci sono le imposte di scopo comunali e provinciali che i rispettivi enti possono introdurre, nel campo dei rifiuti c’è il tributo provinciale per l'ambiente. In sostanza, era l'occasione per ridurre ad unità questa legislazione confusa, che richiede anche costi di gestione da parte degli stessi enti e costi per i cittadini. Avevamo fatto una proposta che qui rilanciamo e che ha contenuti sostanziali, oltre che di semplificazione, che era quella di una vera ed effettiva tassa sui servizi, che è stata introdotta secondo noi solo nominalmente attraverso la Tasi, perché non si crea quel vero federalismo competitivo che è necessario a livello comunale, cioè il controllo del livello dei servizi fornito al cittadino, proprietario o inquilino che sia, collegato poi al livello di imposizione fiscale che al cittadino stesso viene richiesto.
  Se si intervenisse con questa riforma forse ambiziosa, ma certamente seria e innovativa, molti problemi sarebbero risolti. Ribadisco in ogni caso che la proposta di più ampio respiro è quella di dare rango costituzionale allo Statuto del contribuente, perché questo risolverebbe molti problemi.
  Qui mi ricollego anche all'osservazione della senatrice D'Adda, perché l'esperienza dei testi unici non è incoraggiante, nel senso che, al di là del termine che dà l'idea di stabilità, se si tratta di leggi ordinarie e quindi si consente, come si deve consentire, al legislatore la possibilità di intervenire su quella legge, il fatto di intervenire su un testo unico o su un'altra legge ordinaria non scoraggia il legislatore.
  Addirittura, potrebbe esserci il rischio che, attraverso un eccessivo potere dato agli uffici – perché la forma è solitamente quella del decreto legislativo –, con il pretesto del testo unico si vada non solo a riordinare, ma anche a prevedere interventi modificativi spesso fuori controllo, che potrebbero produrre più danni che benefici.
  Forse, più che i testi unici, nel campo tributario servirebbe un vero e proprio codice, nel senso non di raggruppare la normativa, ma di stabilire per tutti i tributi, come si fa in altri Paesi, un sistema di regole generali (come è tradizione dei codici esistenti in altri campi in Italia) per Pag. 15quanto riguarda la riscossione, l'accertamento, i presupposti impositivi applicabili a tutti i tributi.
  Uno strumento come questo forse avrebbe la forza di resistere di più alle intemperie legislative, però sappiamo che tentativi e commissioni di studiosi e cattedratici sono state impostate più volte, ma non si è mai giunti al risultato. Questa però potrebbe essere una soluzione: codice tributario nel quale far confluire come applicazione concreta anche i successivi, nuovi tributi che si introducessero a livello locale.

  PRESIDENTE. Grazie, sono particolarmente soddisfatto delle cose che ho sentito perché secondo me siamo arrivati vicini al punto di analisi che doverosamente dovremo fare.
  La distinzione tra statalismo e statualità è fondamentale, perché statalismo è una cattiva parola se c’è un’ interpretazione in negativo della statualità, ma la statualità dà il senso di una dimensione, soprattutto in un processo di federalismo europeo. Questa è la condizione minima sulla quale ragionare.
  Non so se ne avremo la capacità e la forza ma, se non arriviamo a esprimere un giudizio profondamente critico sulla storia del regionalismo italiano, non ne usciremo, perché il regionalismo italiano è nato sul presupposto di una ripartizione di potere nella fase più acuta del consociativismo. Che senso ha ipotizzare che tutta la competenza sulla sanità debba essere attribuita alla regione, rappresentando oggi la spesa sanitaria gran parte del bilancio delle regioni stesse ?
  Se il tema è l'universalità delle prestazioni sanitarie, come si può immaginare che la traduzione sia dentro uno schema di ripartizione di poteri ? Ovviamente se torniamo indietro con la memoria e analizziamo la situazione politica degli anni ’60, che hanno portato alla nascita delle regioni, e magari aggiungiamo (guarda caso sempre in quel periodo) il mutamento della filosofia della finanza locale con l'introduzione, attraverso il decreto Stammati del 1977, del criterio della cosiddetta «spesa storica», capiamo perché un Paese che era politicamente a macchia di leopardo si è dato una sistemata in termini di rapporti di forza, che però oggi paghiamo duramente, perché è evidente che quell'assetto politico non c’è più, ce n’è uno profondamente diverso, ma quell'assetto di potere era funzionale all'idea che le forze politiche escluse dal governo centrale potessero ripartirsi il governo del livello locale.
  Come si possa smantellare questa cosa io non lo so, è una responsabilità da far tremare i polsi, però noi stiamo sprofondando dentro una concezione di questo tipo e la riforma del Titolo V è stata la tardiva rappresentazione di quell'equilibrio di potere che si è andato immaginando negli anni ’70.
  Autonomia senza responsabilità non sta in piedi – il tema che lei ha citato dei controlli o della responsabilità della pubblica amministrazione –, ma è il frutto (Bassanini, che è un mio amico, non me ne vorrà) di quella concezione particolare per cui l'amministrazione terza è stata spogliata e abbiamo immaginato di sostituirla con uno spoil system che di volta in volta attribuiva a dei dirigenti poteri che non erano in grado di esercitare.
  La percezione del problema dunque c’è, ma non so se riusciremo ad andare in profondità, perché c’è una cultura che lancia degli slogan e non va alla radice più profonda della questione. D'altro canto, invece di unire il Paese, l'abbiamo sostanzialmente diviso e l'idea della divisione del Paese è in contrasto con l'idea di un federalismo europeo, perché non possiamo andare in Europa con degli spezzoni di territorio, e nel frattempo abbiamo perso il controllo di interi pezzi del territorio italiano, ad esempio dal punto di vista della criminalità.
  Ringrazio i nostri ospiti per questo importante contributo. Procedendo nell'indagine si capisce che le questioni non sono settoriali, ed è giusto che la percezione sia piena, perché diversamente ci illuderemmo che il tema della semplificazione Pag. 16possa essere affrontato attraverso singole misure. C’è un dato culturale che sta a monte e su cui prima o poi dovremo giungere alla conclusione.
  Nel ringraziare i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.40.