XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Giovedì 30 gennaio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SEMPLIFICAZIONE LEGISLATIVA ED AMMINISTRATIVA

Audizione di una delegazione di rappresentanti di R.ETE. Imprese Italia.
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 
Bussoni Mauro , Segretario generale di Confesercenti ... 3 
Tabacci Bruno , Presidente ... 9 
Prataviera Emanuele (LNA)  ... 9 
Tabacci Bruno , Presidente ... 11 
Sollo Pasquale  ... 11 
Pagliari Giorgio  ... 11 
Taricco Mino (PD)  ... 13 
Tabacci Bruno , Presidente ... 13 
Bussoni Mauro , Segretario Generale Confesercenti ... 14 
Tabacci Bruno , Presidente ... 16 
Cerminara Roberto , Responsabile commercio e legislazione d'impresa di Confcommercio ... 16 
Tabacci Bruno , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 8.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di una delegazione di rappresentanti di R.ETE. Imprese Italia.

  PRESIDENTE. Nella seduta di oggi procederemo all'audizione di una delegazione qualificata di R.ETE. Imprese Italia che riunisce Casartigiani, CNA, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti. Per Confesercenti, sono presenti il segretario generale, dottor Mauro Bussoni, l'avvocato Giuseppe Dell'Aquila, responsabile dell'area legislativa, e il dottor Giuseppe Fortunato, responsabile per le relazioni istituzionali; per Confcommercio, il dottor Roberto Cerminara, responsabile per il commercio e la legislazione d'impresa, l'avvocato Francesca Stifano, responsabile per le relazioni istituzionali, e la dottoressa Ilaria Di Croce, del settore lavoro e relazioni sindacali; per Casartigiani, il dottor Beniamino Pisano, responsabile dell'area fiscale; per il CNA, il dottor Marco Capozi, responsabile per le relazioni istituzionali, e la dottoressa Maria Rita Sofi, dell'area legislativa; per Confartigianato, la dottoressa Daniela Polimeni, delle relazioni istituzionali.
  Sapete che siamo all'interno dell'indagine conoscitiva sulla semplificazione legislativa e amministrativa e l'incontro di oggi fa riferimento alle imprese, le quali spesso sono quelle che portano il peso più complicato di un assetto legislativo e amministrativo che, appunto, fa premio sulla complicazione e pesa sui bilanci delle imprese e delle famiglie. Quindi, voi siete i protagonisti di questo mondo.
  Il campo artigianale e commerciale ha un'importanza strategica per la nostra economia, ma si situa anche lungo un complicato crinale di competenze tra Stato e regioni. Sapete, tra l'altro, che in questi giorni si inizia ad affrontare un tema assai complesso, che è quello della revisione del Titolo V, e quindi è importante capire quali iniziative possono essere promosse come Commissione per avviare un'efficace opera di semplificazione tra Stato e regioni. Questa è la chiave di volta, sulla base, tra l'altro, delle esperienze che voi avete compiuto con la vostra organizzazione nell'ambito delle diverse regioni italiane.
  Ieri, incontrando il settore agricolo, abbiamo avuto conferma di una situazione che è diversa da regione a regione, con problematiche assai complicate, che non aiutano il sistema produttivo italiano a muoversi, ad esempio, sui mercati internazionali con la necessaria efficacia.
  Do la parola ai nostri ospiti, a cominciare dal dottor Bussoni.

  MAURO BUSSONI, Segretario generale di Confesercenti. Grazie, presidente. Proprio lei lo scorso 19 novembre, nell'introdurre la seduta della Commissione parlamentare per la semplificazione, non nascondeva Pag. 4come fosse necessaria un'azione concreta ed efficace per fronteggiare una situazione che sul fronte della semplificazione non esitava a definire drammatica.
  Purtroppo da allora la situazione non è migliorata, anzi probabilmente si è anche un po’ complicata. Occorre evidenziare la necessità, per quanto ci riguarda, di un approccio più organico alla formulazione delle norme, sia per quanto riguarda la forma (il ricorso alla decretazione d'urgenza per l'emanazione di norme di semplificazione, seppur necessario nell'immediato per dare risposte alle urgenze della crisi economica, rappresenta comunque una stortura) sia per quanto riguarda la fruibilità e la leggibilità dei testi normativi, al fine di non ingenerare dubbi interpretativi in fase applicativa.
  Sarebbe opportuno far rivivere la delega del cosiddetto «Taglia-leggi», che aveva previsto, oltre alla ricognizione dello stock normativo del nostro Paese, anche un successivo intervento di riordino della legislazione di rango primario, che nell'intenzione del legislatore avrebbe dovuto dare avvio ad una nuova stagione di compilazione e codificazione, sulla scorta del modello francese.
  A ciò va sommata l'esigenza di rendere più incisivi gli strumenti di analisi d'impatto della normativa che, seppur da tempo introdotti nell'ordinamento, non risultano vincolanti per l'iniziativa legislativa del Governo destinata alle piccole e medie imprese, determinando la moltiplicazione degli oneri amministrativi a carico dei destinatari.
  Lo Statuto del contribuente, che noi a suo tempo abbiamo accolto con soddisfazione, di fatto rimane inapplicato. Sarebbe opportuno affiancare gli strumenti finora operativi – purtroppo scarsamente efficaci anche a causa dell'uso eccessivo della decretazione d'urgenza, per la quale, come è noto, non è obbligatoria l'analisi di impatto della regolazione – con l'applicazione del Test piccole e medie imprese, ovvero con la valutazione preventiva di impatto che, grazie al diretto coinvolgimento delle associazioni di categoria, può rappresentare il punto di partenza per l'introduzione di meccanismi di controllo dell'incidenza normativa sul tessuto imprenditoriale in termini di costi-benefici, in linea con le politiche europee.
  R.ETE. Imprese ha già avuto modo di affermare, in altre occasioni istituzionali, che nel quadro della crisi recessiva in atto portare avanti i processi di semplificazione normativa e di snellimento burocratico è un'azione necessaria per riavviare l'economia, ridisegnando una traiettoria di crescita e recuperando il forte gap concorrenziale che separa l'Italia dagli altri Paesi europei.
  L'utilizzo crescente della telematica nelle relazioni fra imprese e amministrazioni rappresenta indubbiamente un elemento di primaria importanza che, tuttavia, da solo non basta. Occorre, infatti, riuscire a coniugare l'innovazione tecnologica con quella dei processi organizzativi e soprattutto con un cambio di approccio culturale. In questo caso, per quanto riguarda le piccole e medie imprese, andrebbe decisamente favorita l'informatizzazione e la dotazione tecnologica.
  In questi cinque anni non sono molti i risultati concreti che possono essere menzionati. Il costo per avviare un'impresa rimane abnorme. Per incrementare la produttività e l'efficienza è, dunque, indispensabile predisporre un ambiente favorevole all'impresa e alla concorrenza. Senza un'informatizzazione efficiente degli uffici pubblici non sarà possibile procedere nel dichiarato obiettivo di una vera autostrada telematica che consenta la reale velocizzazione di ogni procedimento in cui è coinvolta un'impresa.
  Occorre dare finalmente piena attuazione, senza riserve mentali, alla riforma avviata nel 2008, con il SUAP (Sportello unico per le attività produttive) telematico e con le Agenzie per le imprese. In questo modo, pubblico e privato lavorano insieme, in sinergia e contemporaneamente in concorrenza, nell'interesse delle imprese, dando piena attuazione all'obiettivo di completamento del Portale impresa in un solo giorno e rendendolo il principale Pag. 5strumento per lo svolgimento delle procedure telematiche che riguardano l'attività dell'impresa.
  Occorre, inoltre, riconoscere in modo esplicito e definitivo la funzione pubblica attribuita dal legislatore alle Agenzie per le imprese e assicurare alle stesse la disponibilità degli strumenti atti ad attendere al meglio al loro compito, a cominciare dall'accesso gratuito alle banche dati pubbliche.
  In relazione al miglioramento delle tecnologie digitali e, in particolare, alle norme sull'uso della moneta elettronica, ieri abbiamo assistito all'ennesimo balletto. In tema di semplificazione tocchiamo con mano come, molto spesso, le cose si complicano. A ogni modo, non si tiene conto degli oneri per le imprese e, probabilmente, si fa un regalo alle banche senza tener conto che, comunque, l'obbligo di utilizzo della moneta elettronica per alcune tipologie di imprese ha un costo insopportabile.
  In Italia, il problema non è porre delle norme per decreto, bensì diminuire il costo della moneta elettronica, che oggi costa troppo. L'utilizzo del POS, i canoni telefonici e il costo delle transazioni sono tali che, per alcune categorie, è impossibile utilizzarla. Come dicevamo ieri, i tabaccai e i benzinai, per esempio, se accettano la moneta elettronica, perdono rispetto ai margini di guadagno che hanno su alcuni prodotti, come il rinnovo del bollo, l'acquisto di carburanti per somme inferiori ai 50 euro e quant'altro.
  Auspicavamo, quindi, che ci fosse un rinvio del provvedimento almeno al 2015 e che si utilizzasse in modo più intelligente il sistema per favorire la fruizione della moneta elettronica, abbattendone i costi di utilizzo.
  R.ETE. Imprese ha più volte proposto un sistema di certificazione che alleggerirebbe estremamente le procedure di controllo, liberando altre importanti funzioni alle pubbliche amministrazioni. In tal senso, si potrebbero prevedere, nelle varie legislazioni di settore, richiami specifici alle certificazioni come garanzia presunta di conformità a determinati obblighi giuridici, permettendo all'impresa che ne disponga di essere automaticamente considerata conforme ad alcuni requisiti normativi.
  Semplificare vuol dire anche evitare di introdurre nuovi oneri non previsti dalle normative comunitarie nella fase di recepimento delle stesse. Dovranno essere eliminati tutti gli elementi di complicazione introdotti in sede di recepimento, ovvero si dovrà evitare l'introduzione di nuovi oneri non previsti dalle direttive europee. Le imprese non dovranno mai subire un altro SISTRI.
  Si dovrà proseguire, dunque, nella stessa direzione tracciata dalla Commissione europea, con la consultazione sugli atti più gravosi per le piccole e medie imprese, osservandone i risultati ed estendendo le azioni a livello nazionale e locale.
  Vogliamo evidenziare come prioritaria, in questa sede, la necessità di definire forme nuove e coordinate per l'effettuazione di controlli sulle imprese. Le linee-guida faticosamente concordate nel tavolo istituzionale regioni-Governo scontano una problematica attuazione e non possono certo di per sé definirsi un risultato, ma solo un punto di arrivo.
  Semplificazione in materia di ambiente, energia e sicurezza sul lavoro: nel programma di lavoro della Commissione per la semplificazione viene evidenziata la criticità dell'eccessivo ricorso alla decretazione d'urgenza. Questo è un problema fondamentale che bisognerebbe cercare di superare.
  Per quanto concerne le specifiche problematiche, quando si parla di semplificazione in tema ambientale non può non affrontarsi il tema del SISTRI, il sistema di tracciabilità dei rifiuti varato con decreto del Ministero dell'ambiente nel 2009, che ha subìto nel tempo, con circa diciassette diversi interventi normativi, innumerevoli proroghe e differimenti a causa dell'evidente inapplicabilità delle procedure e dell'inefficienza del sistema. Un sistema, questo, che è costato molto alle imprese, che rischia di costare ancor di più e che ancora non ha avuto una definizione.Pag. 6
  In merito, poi, alle emissioni dei gas fluorurati ad effetto serra, l'obiettivo di prevenirle e di ridurle al minimo è uno degli impegni assunti dall'Unione europea e dagli Stati membri. Per contribuire ad adempiere a questi obblighi, l'Unione ha emanato, nel 2006, il regolamento n. 842. Questi adempimenti sono decisamente onerosi e prevedono un aggravio di costi per le piccole imprese, che in questo settore sono decisamente maggioritarie.
  Va, infine, ricordato il tema dei RAEE, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Per tali rifiuti, oltre a cogliere l'opportunità del recepimento della nuova direttiva UE definendo un sistema di gestione degli stessi realmente efficace ed efficiente, occorre intervenire sulle procedure e sugli adempimenti burocratici previsti dallo schema di decreto ed è necessario operare una semplificazione al fine di evitare inutili e costose duplicazioni a carico delle imprese.
  Ulteriori interventi di semplificazione dovrebbero essere introdotti anche in relazione alla disciplina in tema di controlli ambientali. Non esiste, infatti, in Italia un'unica autorità competente in tema di ispezioni ambientali. La proposta è quella di affidare ad un unico ente il ruolo di autorità competente per la pianificazione e l'esecuzione delle ispezioni.
  In tema di energia, le azioni di semplificazione si rendono necessarie sia nell'ambito della produzione, in particolar modo per ciò che attiene alla produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, che sul tema dei diritti del consumatore di energia elettrica, quale utente domestico o per usi produttivi.
  La relativa novità e la complessità di questo mercato richiedono un focus particolare sugli strumenti attraverso i quali i consumatori possono far valere i propri diritti nei confronti dei venditori che, essendo relativamente pochi, a fronte di una collettività di clienti molto ampia, tendono ad avere quel comportamento tipico nei contratti di massa, in cui frequentemente i diritti vengono calpestati per la sproporzione del potere contrattuale fra le parti.
  Per quanto riguarda la sicurezza sui luoghi di lavoro, è il caso di revisionare i procedimenti per la valutazione dei rischi delle microimprese, da definire attraverso forme assolutamente semplici ed efficaci, che possano essere consapevolmente gestite dai piccoli imprenditori e dai loro collaboratori. Le norme sono uguali per grandi imprese e micro imprese. È una follia rispettarle per le micro.
  L'idea è quella di favorire una gestione della salute e della sicurezza sul lavoro da parte delle imprese che sia diretta a perseguire il rispetto dei livelli di tutela, limitando l'utilizzo delle risorse aziendali per adempimenti meramente formali. Occorre prevedere misure di semplificazione che eliminino tutta una serie di attività formali per consentire ai datori di lavoro pubblici e privati di concentrare attenzione, risorse e attività su adempimenti necessari a raggiungere e mantenere ovunque quei livelli di tutela della salute e della sicurezza che sia le normative internazionali che quelle italiane impongono.
  Si tratta di ridefinire i livelli generali di tutela in relazione all'attività economica, rielaborando la classificazione oggi vigente con i codici ATECO, in modo che il rischio sia più rispondente alle attività produttive e alle realtà dimensionali italiane.
  Passiamo ora alle attività a basso rischio infortunistico. Attualmente i percorsi formativi minimi riguardanti i soli settori di attività a rischio basso presentano un monte ore decisamente eccessivo e spropositato per attività con scarsa incidenza di rischi, spesso con riferimento alla fase formativa che affronta i soli aspetti generali. Obblighiamo a corsi di formazione che per alcune imprese sono assolutamente inutili.
  Per quanto concerne le prevenzioni lavorative di breve durata, anche in questo caso, nel commercio e nel turismo, nei servizi e nell'artigianato, occorre prevedere misure più incisive di semplificazione degli adempimenti relativi all'informazione, formazione e sorveglianza sanitaria applicabili alle prestazioni che implichino una permanenza dei lavoratori in azienda per un periodo non superiore a cinquanta Pag. 7giornate lavorative nell'anno solare di riferimento. Le attività stagionali in questo senso sono il punto di riferimento.
  Durata certa e consultazione dei lavoratori. Un adempimento inutile, gravoso, che andrebbe decisamente eliminato, è l'obbligo di apporre la data certa. Tale prescrizione non tiene, infatti, conto del fatto che già oggi è obbligo e, quindi, responsabilità del datore di lavoro datare e firmare il documento. Si tratta di una duplicazione, oltretutto, sanzionata e assolutamente inutile.
  Attività di controllo e vigilanza. Occorrerebbe favorire una riorganizzazione delle attività per rendere le ispezioni più selettive in base al criterio del rischio, valorizzare le imprese che rispettano le norme con una maggiore collaborazione, promuovere il coordinamento fra i vari uffici dell'organismo di controllo. Capita a volte che in un'azienda si susseguano controlli da parte delle Unità sanitarie locali, da parte degli ispettorati del lavoro, da parte della Guardia di finanza. Un coordinamento sarebbe auspicabile.
  Passiamo alla semplificazione in materia fiscale. Il sistema fiscale del nostro Paese, nonostante diversi tentativi di semplificazione, ha raggiunto un livello di complicazione tale per cui pensare di poter realizzare una vera semplificazione senza mettere mano all'impianto generale dell'ordinamento tributario appare una missione decisamente impossibile. Per realizzare una semplificazione reale occorre ridefinire dalle fondamenta il sistema fiscale. Pur riconoscendone l'importanza, il disegno di legge delega in materia, non lontano dall'approvazione definitiva, non appare sufficientemente ampio e incisivo per una vera semplificazione del nostro sistema.
  Aggiungiamo che in questi ultimi anni gli adempimenti che prevedono trasmissioni periodiche di dati all'Agenzia delle entrate finalizzati alla lotta all'evasione sono cresciuti enormemente. Dal 2008 a oggi contiamo dieci nuovi adempimenti o comunicazioni di dati. Evito di elencarveli, ma ci sono: dalle comunicazioni dei rapporti con imprese residenti in Paesi inclusi nella cosiddetta blacklist alla novità degli elenchi intra-UE, alla limitazione alla compensazione per ruoli superiori ai 1.500 euro e via elencando.
  Non va dimenticato che nel 2010 una stima del costo relativo ai soli tre adempimenti modello 770, dichiarazione IVA e rimborsi IVA calcolato ufficialmente dal Governo pesava sulle imprese per 2,6 miliardi di euro, importo oggi decisamente aumentato secondo le nostre stime, considerando i più recenti obblighi comunicativi.
  R.ETE. Imprese Italia ritiene inoltre che, proprio al fine di evitare il continuo proliferare di adempimenti, sia necessario prevedere un credito di imposta finalizzato a compensare gli oneri che le piccole e medie imprese debbono sostenere per adempimenti prettamente utilizzati per finalità di controllo.
  Vanno stigmatizzate le difficoltà che sta incontrando la gran parte dei contribuenti a causa dei recentissimi interventi in materia di IMU, TARI e TASI, sia per quanto attiene ai calcoli della cosiddetta mini-IMU dovuta ai comuni, sia per le difficoltà di pagamento in tempo utile di TARI e TASI.
  Andrebbe istituito l'obbligo per i comuni di predisporre e di inviare ai contribuenti e ai cittadini i bollettini precompilati di versamento di tutti i tributi facenti parte della cosiddetta IUC e di attribuire quale termine di versamento un determinato numero di giorni, decorrenti dalla ricezione dei predetti bollettini precompilati.
  R.ETE. Imprese Italia propone di abrogare la responsabilità solidale per quanto riguarda gli appalti – anche qui c’è un tipo di responsabilità a catena, che mette ingiustamente in difficoltà gli imprenditori – e di introdurre in modo strutturale la compensazione delle imposte dovute.
  Infine, un ambizioso progetto di semplificazione dovrebbe basarsi su quattro priorità: riordino dei testi unici di tutte le disposizioni fiscali per tipologia di soggetto; stabilità nelle disposizioni che impongono gli adempimenti fiscali; concreta irretroattività delle disposizioni tributarie Pag. 8e costituzionalizzazione dello Statuto del contribuente; attuazione del principio che i controlli fiscali non devono incrementare gli oneri burocratici a carico delle imprese.
  Semplificazione in materia di lavoro. Con riferimento agli adempimenti preliminari per l'instaurazione e la gestione del rapporto di lavoro, deve essere introdotto il principio per cui tutti i dati già in possesso della pubblica amministrazione non devono essere richiesti all'azienda.
  I Centri di servizio associativi potrebbero essere dei validi collaboratori della macchina dello Stato. È opportuno introdurre il principio della necessaria telematizzazione e dematerializzazione di ogni documento cartaceo.
  Processo del lavoro: va eliminato il procedimento di conciliazione obbligatoria presso la Direzione territoriale del lavoro introdotto dalla cosiddetta legge Fornero, in quanto la prassi ha dimostrato che tale procedimento è del tutto inefficace rispetto alla deflazione del contenzioso.
  Andrebbe eliminato, secondo noi, il rito relativo al licenziamento introdotto dalla legge Fornero n. 92 del 2012. Tale rito, il cui schema è già in discussione alla Corte costituzionale, ha determinato incertezze applicative e inutili lungaggini nella pretesa del diritto che non aiutano né le imprese, né i lavoratori.
  In materia di apprendistato, l'attribuzione ai contratti collettivi di lavoro della disciplina dell'istituto, compresa la formazione in azienda, rappresenta un elemento di facilitazione per l'utilizzo dell'apprendistato professionalizzante costruito sulle esigenze delle imprese. È, quindi, una normativa che va lasciata alla determinazione dei contratti collettivi.
  Passiamo al tema del lavoro a chiamata: la legge Fornero ha introdotto l'obbligo di comunicazione preventiva da parte del datore di lavoro in occasione di ogni chiamata del lavoratore o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni. Richiediamo la soppressione di questo adempimento, che è assolutamente infruttuoso e inutile.
  Per quanto riguarda le dimissioni, R.ETE. Imprese Italia segnala l'opportunità di sopprimere la procedura prevista dall'articolo 4 della legge per la convalida delle dimissioni. La procedura introdotta, infatti, pone tutti gli elementi in capo al datore di lavoro, rendendo l'atto del recesso eccessivamente burocratico. Al contrario, dovrebbero essere previste modalità dichiarative ricadenti esclusivamente sul lavoratore che abbia deciso di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro.
  Vanno poste – richiamo gli altri punti solamente come titolo – correzioni alla cassa integrazione, alle norme sul licenziamento, ai tirocini formativi, che potrebbero rappresentare un'opportunità di inserimento al lavoro dei giovani. Anche le norme riguardanti i disabili sono fonte di complicazione nel rapporto fra lavoro e azienda. Si aggiungono tutti i temi legati alla trasferta e al trasfertismo e alle agevolazioni contributive.
  Occorre anche intervenire sull'incremento dei costi. Per esempio, con l'introduzione dell'ASpI si è andato a penalizzare l'apprendistato, che doveva essere l'elemento di ingresso nel mercato del lavoro più conveniente.
  Un altro aspetto che andrebbe assolutamente ripensato è il contributo di licenziamento che viene versato all'INPS. Anche questo è un onere che le aziende fanno fatica a sopportare.
  Andiamo al tema del credito. Come sapete, le associazioni hanno un sistema che in questi anni si è rivelato particolarmente utile per le imprese e che è rappresentato dai Confidi.
  Ai nostri Confidi vengono posti obblighi per quanto riguarda la garanzia e i controlli, che sono pari a quelli delle banche, molto spesso inutili perché comunque tutta l'attività dei Confidi passa dalle banche stesse e le azioni di controllo rischiano di essere fatte doppiamente.
  Quindi, vanno articolati controlli di vigilanza a scala della dimensione quantitativa e istituzionale degli intermediari finanziari, in primis per i Confidi; va semplificato il processo valutativo degli intermediari finanziari, per quanto concerne Pag. 9le ditte individuali, le società di persone e, più in generale, per le imprese fino a cinque addetti; vanno semplificate le modalità di applicazione dei parametri dimensionali delle piccole e medie imprese; va creato un registro unico per le agevolazioni in regime de minimis.
  Sotto il profilo della normativa in materia di antiriciclaggio, di cui al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, una semplificazione richiesta è quella della non duplicazione degli adempimenti mediante l'esonero dei Confidi stessi dalla normativa in questione, perché gli adempimenti sulle medesime operazioni sono già svolti da banche o da altri intermediari finanziari.
  Come dicevamo prima, dunque, va semplificato il processo valutativo degli intermediari finanziari per quanto concerne le ditte individuali e le imprese fino a cinque addetti; vanno anche semplificate le modalità di applicazione dei parametri dimensionali delle piccole e medie imprese che hanno caratteristiche diverse fra il nostro Paese e gli altri Paesi europei; va creato un registro unico per quanto riguarda le agevolazioni in regime di de minimis.
  Un'altra semplificazione significativa per le nostre imprese, che non ha ancora trovato attenzione, riguarda la richiesta di semplificazione delle disposizioni in merito alla cosiddetta patente a punti per le imprese edili.
  Ho cercato di fare una descrizione il più veloce possibile di tutte le questioni che ci interessano come rappresentanti delle imprese e delle associazioni facenti capo a R.ETE. Imprese Italia. Abbiamo redatto un documento corposo, articolato e descrittivo, che vi faremo pervenire nella giornata di oggi.
  Ovviamente siamo a disposizione adesso, ma anche successivamente, per dare un contributo, se ce lo chiederete. Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Bussoni. Mi pare che la sua relazione sia molto ampia e le preannuncio che il suo documento sarà utilizzato pienamente dalla nostra Commissione.
  Prima di dare la parola ai colleghi della Camera e del Senato vorrei sapere se qualcuno di voi intende integrare l'introduzione, peraltro molto ampia, del dottor Bussoni. Diversamente, diamo la parola ai colleghi. Poi, in relazione alle questioni che verranno sollevate, sarà compito vostro distribuirvi gli oneri delle risposte.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  EMANUELE PRATAVIERA. Buongiorno, presidente. Saluto i colleghi e soprattutto i nostri ospiti.
  Sono Emanuele Prataviera, rappresentante della Lega Nord, parlamentare, figlio di un artigiano e aspirante artigiano. Capisco, quindi, perfettamente molte delle cose che avete detto. Non essendo commerciante, ma essendo artigiano, mi limiterò a quello che vedo, a quello che sento, a ciò che in prima persona ho vissuto e sto vivendo e a quello che mi viene riportato, soprattutto per quanto riguarda il commercio.
  Precedentemente, ho anche svolto un'esperienza amministrativa come assessore alla provincia di Venezia nel settore viabilità e, quindi, qualche bando l'ho seguito e ho avuto modo di vedere in alcuni casi ciò che lei ha denunciato, ovvero la corresponsabilità in tema di appalti. Credo che quello sia un tema molto secondario, ma i cui effetti per un'azienda, se viene – ahimè – coinvolta in un sistema del genere, sono assolutamente drammatici. La mia azienda è stata anche sfiorata negli anni passati da un'attività di questo tipo e posso dire che non si dorme la notte.
  Proprio sul fatto che non si dorme la notte credo che la classe politica dovrebbe iniziare a ragionare. Io vengo dal territorio veneto, che ha registrato decine di morti di imprenditori negli ultimi anni, che non sono morti perché non riuscivano più a mantenere i debiti fatti per lo yacht o per la casa in Croazia, ma sono morti perché Pag. 10non riuscivano a guardare i propri dipendenti quando dovevano prendere delle decisioni drastiche.
  Mi scuso per il leggero ritardo. Purtroppo, ero qui fuori al telefono a parlare proprio con un imprenditore che si stava sfogando su quello che sta succedendo anche nel nostro territorio.
  Vengo da una parte del Paese in cui è molto facile emigrare all'estero: a 140 chilometri di distanza c’è la Slovenia, a un'ora e venti minuti di autostrada c’è la Carinzia. Voi sapete perfettamente che alcuni vostri colleghi, molti dei quali io conosco – Sandro Venzo, per fare i nomi, o Marco Nardìn – che sono veneti, hanno provocato anche quel dibattito bellissimo, lo scorso anno, «L'erba del vicino», per andare a vedere come funziona in Carinzia. Non si va via solamente per il regime fiscale impositivo che grava sul nostro territorio, ma anche proprio per la competizione sulla semplificazione, sulla capacità di fare impresa e anche sulla capacità di far sopravvivere l'impresa nei confronti della pubblica amministrazione.
  Avete fatto benissimo a ricordare e a dire quello che sostengo io, non solo qui dentro, dal momento in cui ci siamo insediati, ossia che la semplificazione è un oceano, che però ha vari livelli, dal livello comunale a quello camerale, a quello degli uffici periferici dello Stato, a quello centrale.
  Per non andare oltre e non voler ripetere cose già dette, vado al punto. Vorrei chiedervi le vostre impressioni, perché ciò che bisogna fare credo sia bene o male chiaro a tutti.
  Non so se si sia ripetuto anche l'anno scorso in giro per l'Italia o solo in provincia di Venezia, ma io ho ricevuto una cosiddetta carta di credito della rappresentatività proprio da Confcommercio e da R.ETE. Imprese Italia lo scorso anno, durante la campagna elettorale. Rispetto a questa mi hanno detto: «Noi, a prescindere da chi votiamo, vi diamo, se sarete eletti, una carta di credito. Sfruttatela per fare gli interessi della collettività».
  Alcune cose che in questi mesi stanno andando avanti non mi convincono in pieno. Innanzitutto vorrei chiedervi qual è la vostra impressione riguardo agli studi di settore. Non dirò ciò che penso io, ovviamente.
  Poi, per fare un'altra domanda importante, vorrei sapere qual è la vostra impressione in merito all'approccio dello Stato, in generale, nei confronti delle imprese che sono già vive in competizione con le imprese che devono nascere. Mi sembra che l'atteggiamento normativo e l'atteggiamento del dialogo, del dibattito politico degli ultimi mesi siano più tesi a ragionare sulle nuove imprese che devono nascere. Logica ottima, buonissima, ma poi ci si dimentica delle aziende che sono già vive, magari sempre di giovani, visto che la logica è quella di far crescere l'imprenditoria giovanile. Ci si dimentica che magari qualche ragazzo, cinque o sei anni fa, e non un millennio fa, ha avviato un'attività con tanto entusiasmo, in condizioni di mercato interno e esterno completamente diverse da quelle odierne e adesso è un po’ abbandonato a se stesso.
  Vorrei svolgere un'ultima riflessione sul mondo della scuola. Non mi sembra – ma mi sono un po’ distratto – che voi abbiate toccato questo tema. Io credo invece che scuola e università, integrazione tra mondo dell'istruzione e mondo produttivo siano, se non un fattore di semplificazione in senso stretto, un fattore di semplificazione enorme nel medio-lungo periodo. Credo che, se uscisse una generazione che è in grado di capire dove vive, perché vive e come deve sopravvivere, cioè lavorando e rispettando l'articolo 1 della nostra Costituzione, la scuola avrebbe un'enorme opportunità. Peraltro, l'approccio che ultimamente si ha con gli stage è un po’ abusato sia dalle istituzioni che, talvolta, dalle aziende.
  Mi ero dimenticato l'ultima domanda – presidente, sa che io sono prolisso – sulle aperture domenicali e l'orario di esercizio. Il mio modello è quello austriaco: alle 17 gli uffici chiudono e chiudono anche i negozi. I negozi la domenica non sono assolutamente aperti, salvo una o due giornate all'anno, (e non al mese). Questo Pag. 11permette alle famiglie di vivere serenamente e agli imprenditori di avere una vita.

  PRESIDENTE. Grazie. Noi abbiamo un quarto d'ora per porre dei quesiti e poi ridaremo la parola ai nostri ospiti. Il punto, però, è che noi non siamo qui per fare un inventario delle problematiche dei settori produttivi, ma per affrontare le questioni legate ai temi della semplificazione legislativa e amministrativa e, quindi, è su questo che dobbiamo concentrare la nostra attenzione.
  È chiaro, infatti, che, per esempio, sul tema fiscale il problema non è il quantum, bensì le procedure di cui si parla. Viceversa, è fuori discussione che in Italia c’è una pressione fiscale eccessiva per chi paga le tasse.

  PASQUALE SOLLO. Per diversi motivi mi sembra quasi di stare a casa. Non sono un artigiano, ma ho fatto per vent'anni il commercialista e lo sono ancora, quindi conosco l'ambiente dal punto di vista professionale. Ho anche fatto per dieci anni il sindaco, quindi conosco i problemi amministrativi delle imprese anche dall'altro versante. Inoltre, sono figlio di artigiani e commercianti.
  Peraltro, mio cognato, Matteo Biancofiore, che è pugliese, mentre io sono napoletano, è stato presidente regionale di Confcommercio per due mandati, per cui ogni volta che mi incontrava mi intratteneva su tutte queste problematiche.
  Come diceva il presidente, conosciamo benissimo le problematiche delle imprese, soprattutto di quelle medie e piccole, quindi ha fatto bene a porre l'accento su questo. Anche ieri, tra l'altro, sono state evidenziate le stesse procedure. Credo che lei abbia usato il termine giusto, ossia «follia», perché non si può pretendere che un'impresa piccola segua le stesse procedure di una grande.
  Ho notato, poi, che lei ha messo l'accento – cosa che mi è piaciuta molto – su alcuni elementi che ho vissuto anche nella mia attività politica.
  Il primo è relativo al ricorso alla decretazione d'urgenza, che toglie il senso alle leggi, ai testi unici e a qualsiasi altro provvedimento, visto che poi tutto viene superato da essa.
  In secondo luogo, il richiamo a due problematiche che ritengo estremamente importanti nel vostro settore. Apparentemente sembrano banali, ma credo siano il cardine di tutto.
  Innanzitutto, basterebbe attuare e semplificare il SUAP, che non è mai entrato realmente in funzione, non soltanto – come sosteneva lei – per un problema telematico, ma anche per l'inefficienza degli enti locali. Trovo sia fondamentale avere la possibilità di risolvere tutto online, senza produrre documentazione cartacea inutile, soprattutto perché molto spesso questa si duplica in vari enti. Insomma, non serve dare all'ASL quello che si è già dato al comune.
  Il secondo problema – che vedo di più difficile soluzione – è che occorrerebbe intervenire sulle banche. Sono a favore del fatto che ci debba essere meno circolazione di contanti e un maggior ricorso alla moneta elettronica. È vero però che i costi diventano alti. Io sono uno di quelli che per fare il pieno di benzina o al ristorante pagano con carta di credito perché credo che la tracciabilità sia estremamente importante. Benché siamo un Paese fiscalmente tartassato, siamo probabilmente anche il Paese dei più grandi evasori fiscali del mondo. Questo è noto. Mi pare che lei abbia posto l'accento su questo e volevo capire in che termini si potrebbero abbattere i costi, se soltanto attraverso le commissioni bancarie o anche in altro modo.
  Non le faccio domande sull'ambiente perché, lei non lo ricorderà, ma ci siamo già visti al Senato e abbiamo parlato del SISTRI. Ieri la proroga non è stata votata e in pratica il sistema dovrà entrare in funzione, sperando che le cose vadano nel migliore dei modi. Ultimamente abbiamo anche affrontato il problema dei rifiuti derivanti da apparecchi elettrici ed elettronici. Poiché ne abbiamo già parlato, eviterò di entrare nel merito.

  GIORGIO PAGLIARI. Se ho ben inteso, mi pare che nella relazione sui profili Pag. 12sintetici emergano elementi che erano già stati oggetto di riflessione in altre occasioni. È tuttavia molto importante che emergano anche qui, poiché credo che siano quei problemi di fondo che andrebbero affrontati per iniziare un processo di vera semplificazione.
  Il tema primario rimane quale pubblica amministrazione vogliamo configurare, a quale tipo di pubblica amministrazione pensiamo. Possiamo avere, per estrema sintesi, due tipi di pubblica amministrazione: una pubblica amministrazione che svolge una funzione di controllo preventivo e una pubblica amministrazione che svolge una funzione di controllo successivo, repressivo. È un tema radicale, il tema su cui si snoda una riflessione che riguarda una strada radicale di semplificazione.
  Da questa scelta discende poi un'impostazione che può ridurre davvero a poco il tema delle norme sui rapporti tra la pubblica amministrazione e i cittadini. Passare al controllo successivo vuol dire sostanzialmente accettare l'idea che il privato, dovendo rispettare la legge, possa iniziare le attività imprenditoriali, salvo poi il verificare da parte dell'amministrazione se questa attività è stata iniziata nel rispetto della legge.
  Questo tipo di modello non è etereo, da altre parti ha applicazione e pone in Italia il tema di un cambiamento radicale di impostazione, come anche sicuramente il tema di una pubblica amministrazione che deve essere molto professionale, molto indipendente e molto autonoma, perché, se non vogliamo la totale anarchia, abbiamo bisogno che la fase di controllo successivo sia davvero seria.
  Credo tuttavia che la modernizzazione del rapporto passi di qui.
  Capisco che non è il momento politico ma, se volessimo davvero fare una riflessione radicale, credo che quanto meno lo potremmo porre come problema, che non avrebbe minore dignità di altre riforme istituzionali, se posso così esprimermi.
  La seconda considerazione, se ho colto bene la relazione, è quella emersa anche ieri, trattando del decreto cosiddetto «Milleproroghe» in Senato. Mi riferisco, cioè, al problema di un sistema ordinamentale – come abbiamo detto tante volte – che è assolutamente gigantesco, un sistema incomprensibile e illeggibile che, per altro verso, è anche uno degli strumenti più utili all'attività corruttiva.
  Presidente, credo che bisognerebbe davvero fare questo primo sforzo per riuscire ad ottenere i testi unici compilativi, per partire da questa base e avere sempre un quadro di riferimento certo.
  Se ho colto bene, da questo punto di vista, un'altra cosa che emerge da questa relazione è il problema di studiare un modello di tecnica legislativa che impedisca la disorganicità degli interventi di oggi, che renda sempre possibile ricondurre con chiarezza la modifica al quadro ordinamentale e alla fattispecie cui si riferisce e che impedisca quelle norme che hanno dieci righe di riferimenti normativi e due parole di modifica legislativa.
  Capisco che non ci è mai riuscito nessuno, però mi pare anche di poter dire che nessuno ci ha mai pensato seriamente, nessuno ci ha mai provato davvero fino in fondo. Se riuscissimo a ottenere un obiettivo di questa natura, molte delle lamentele verrebbero meno, ma voglio dire anche che verrebbero meno molti degli alibi che possono essere espressi e portati avanti.
  L'ultimo elemento è legato a un accenno che è stato solo parziale, ma che secondo me – chiedo peraltro se sia così – avrebbe potuto essere molto più ampio, cioè il tema dell'amministrazione della giustizia, che non credo che per la rete delle imprese si riduca solo al problema della conciliazione davanti al giudice del lavoro.
  Salvo che le imprese italiane non abbiano una visione diversa della macchina della giustizia da quella che hanno quantomeno gli avvocati, credo che quel problema per il sistema imprenditoriale non sia meno importante di tutti gli altri problemi, soprattutto per quello che riguarda la giustizia civile, ma anche per Pag. 13quanto riguarda la giustizia amministrativa e probabilmente anche la giustizia tributaria.
  Del resto, non c’è bisogno di dire molto altro: abbiamo un sistema che nega giustizia, abbiamo un sistema che non consente il chiarimento delle questioni giuridiche e che consente – nel bene e nel male, perché qui poi nessuno è innocente – di approfittare dell'inefficienza della giustizia per fare abusi, per fare arbitrarietà, per vivere nell'illegalità quando conviene.
  Questo come prodotto o sintesi finale è un danno per tutti, perché la volta che ci si guadagna si pareggia poi con la volta in cui ci si rimette, e complessivamente si vive in un sistema che non dà le risposte nei tempi rapidi necessari e che non dà sicurezza a nessuno.

  MINO TARICCO. Grazie, presidente. Anch'io vengo da un territorio, la provincia di Cuneo, dove il tessuto di piccole, piccolissime e medie imprese è praticamente la vita del territorio: 70.000 imprese su 560.000 abitanti dicono di una presenza di piccolissime imprese. Io sono un piccolo agricoltore e conosco bene questa realtà.
  Sicuramente su alcune delle questioni che voi avete posto siamo tutti d'accordo. Il tema è poi quello di capire come si riesce concretamente a darvi corpo. Le due questioni che voi avete posto, da una parte l'arrivare a fare in modo che l'ente pubblico non richieda dati di cui è già in possesso e, dall'altra, l'arrivare ad avere dall'ente pubblico la pre-compilazione di tutti i versamenti che dovrebbero essere fatti, credo stiano entrando nella consapevolezza collettiva. Il problema è di fare il passaggio di renderle concretamente operative.
  Credo anche che il richiamo che voi avete fatto alla necessità di testi unici che darebbero organicità alle discipline di settore sia un dato condiviso.
  Nelle passate audizioni mi ha colpito molto – sono andato a leggere un po’ di cose e l'idea è molto interessante – il lavoro che fece a suo tempo la Francia, a normativa vigente, di ricostruire e riportare dentro testi unici tutta la normativa che esisteva in tutti i settori. Credo che, quando avremo di fronte una legislatura che abbia l'ambizione di durare qualcosa in più per poter programmare e portare a termine un lavoro, una delle questioni su cui avviare immediatamente un percorso che porti a questo risultato potrebbe essere sicuramente questa.
  Inoltre, credo che sulle questioni che voi avete posto del rapporto tra adempimenti e dimensione aziendale, per quel che riguarda soprattutto le tematiche della sicurezza e dell'ambiente, il tema sia di capire il rapporto poi calato nelle scelte concrete. Su questo credo ci sia da parte della Commissione, anche alla luce delle audizioni che già ci sono state, un sufficiente terreno di condivisione.
  C’è una cosa che mi ha interessato e colpito molto nella relazione che avete esposto e su cui vi chiederei qualche elemento in più di chiarimento. Voi avete fatto riferimento in modo positivo al tema di demandare a una contrattazione o ad accordi tra le parti per quanto concerne – se non ho capito male – materie che hanno a che fare con la formazione professionale: apprendistato, lavoro e via elencando.
  Devo dire che è la prima volta in un intero ciclo di audizioni che questo tema viene posto in modo così puntuale e la cosa mi interessa molto. Immaginare un sistema nel quale sotto una certa dimensione aziendale tutta una serie di adempimenti sia demandata all'accordo tra le parti dal vostro punto di vista è un dato positivo ? Se sì, ci fornite qualche elemento in più ? Ripeto, è la prima volta che ci viene posto questo dato, ma è molto interessante questo tipo di questione, perché si pone a metà strada tra il tutto e il niente. Mi piacerebbe qualche parola in più su questo tema.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Sono le 9.05. Sono state focalizzate molte questioni e credo che, se gli interlocutori si diffondono nelle risposte, abbiamo quello che ci serve.Pag. 14
  Do la parola al nostro ospite per la replica.

  MAURO BUSSONI, Segretario Generale Confesercenti. Spero di poter rispondere in modo adeguato a tutte le questioni poste.
  Onorevole Prataviera, lei ha posto una serie di considerazioni. Fanno piacere le cose che ha detto condividendo quello che noi abbiamo affermato.
  Entriamo nella materia della semplificazione: lei ci chiedeva cosa pensiamo degli studi di settore. Sugli studi di settore abbiamo lavorato. Hanno rappresentato un momento di collaborazione fra privati e macchina dello Stato assolutamente utile. Sono stati, credo, molto utili anche per le imprese in una fase di crisi e di difficoltà.
  Gli studi di settore si sono adeguati e hanno permesso comunque di individuare eccessive rigidità rispetto ai parametri che erano stati a suo tempo definiti. Gli studi di settore sono un lavoro in progress. Permettono di adeguare comunque sempre le attività di impresa rispetto ai parametri di comparazione che possono essere adottati.
  Come lei sa, sugli studi di settore ci sono opinioni molto diverse. Noi siamo convinti, come R.ETE. Imprese Italia, che abbiano rappresentato un momento importante nel rapporto fra imprese e fisco. Il limite degli studi di settore è questo: chi è in regola con gli studi di settore non ha praticamente alcun tipo di beneficio. Se tutto questo permettesse comunque di aver qualche plus in più, probabilmente lavoreremmo tutti meglio. Rimane comunque una serie di adempimenti burocratici inutili e, quindi, diamo valore alle cose che vengono fatte bene e che possono avere un futuro.
  Lei in qualche modo ci ha chiesto – dico due cose che non c'entrano con l'argomento, però lei le ha trattate – quale sia il nostro atteggiamento nei confronti di un'impresa che vive rispetto ad un'impresa che entra. Per quanto ci riguarda, sono tutte imprese da tutelare.
  Il dramma nel nostro Paese, con la crisi che c’è stata, è che si affacciano al mondo dell'impresa molti giovani, alcuni senza lavoro, molti inoccupati, e molto spesso l'avvio di un'impresa viene fatto senza la dovuta preparazione. Le imprese che hanno aperto negli ultimi anni hanno un ciclo di vita molto breve: dopo quattro anni circa il 50 per cento delle imprese è fuori.
  C’è un problema di sostegno alle imprese, c’è un problema di ambiente economico-normativo che le dovrebbe accogliere in termini diversi, c’è una situazione che nei confronti delle imprese andrebbe gestita in modo diverso. Gli irrigidimenti bancari e via dicendo hanno creato comunque uno sconvolgimento dal quale non so quando riusciremo ad uscire.
  Rispetto alla partita della scuola, lei ci ha richiamato dicendo che non abbiamo detto niente rispetto a questo tema. Non abbiamo detto quasi niente. In realtà abbiamo fatto riferimento ai tirocini formativi, che rappresentano un'opportunità eccezionale di collegamento fra scuola e lavoro. Lo stesso apprendistato potrebbe rappresentare, comunque, materia di collegamento fra scuola e lavoro, prevedendo comunque delle possibilità di collaborazione fra imprese e scuola.
  È fondamentale il rapporto scuola-lavoro. È fondamentale il problema della formazione, un problema che viene trattato poco. Si parla sempre della formazione continua per i lavoratori dipendenti, che è assolutamente importante perché dà opportunità di occupazione di natura alternativa; non si parla mai di formazione continua per quanto riguarda gli imprenditori, anche qui non cogliendo quell'aspetto che è tipico della nostra economia, che è fatta di tantissime micro e piccole imprese. Vi sono imprenditori che avrebbero bisogno costantemente di avere tutto quel sostegno, anche dal punto di vista conoscitivo e culturale, che nessuno dà. Su questo è da tanto tempo che chiediamo che venga fatto qualcosa, però purtroppo rimaniamo molto spesso inascoltati.
  Sulle carte di credito e la tracciabilità, il fatto che comunque tutto abbia un'emersione è un auspicio anche nostro. Pag. 15In un Paese dove tutti pagano, e pagano il giusto, e dove le regole vengono rispettate da tutti, magari avvenisse. Però, a volte si utilizzano sistemi che hanno l'effetto contrario.
  Non si può chiedere a un'impresa di mettere il POS e di utilizzare la carta di credito quando questo porta comunque l'impresa a gestire un'attività in perdita. È una follia. Se il problema è quello della tracciabilità e dell'evasione, ci sono altri mezzi. Si facciano scelte di natura diversa.
  Quello dei costi delle transazioni bancarie è un problema che va affrontato. In altri Paesi hanno invertito il tema e hanno dato agevolazioni a chi pagava con carta di credito. Pagare con carta di credito costa meno. Oppure, vogliamo imporre il POS a tutte le imprese e introdurne l'obbligo ? Diamo un credito d'imposta, permettiamo comunque di recuperare quello che viene perso dalle imprese.
  Anche i limiti imposti per quanto riguarda l'utilizzo del contante in Italia creano problemi. Le imprese turistiche, quelle frontaliere, hanno un gap di natura competitiva con le imprese turistiche dell'Austria e altre, anche per un utilizzo semplice del denaro contante. Su questo andrebbe fatta una riflessione.
  Per rispondere al senatore Sollo, la decretazione d'urgenza è un problema sul quale bisognerebbe fare una riflessione di natura diversa. È vero che la pubblica amministrazione spesso non è in grado di assolvere alle esigenze delle imprese. Ci sono, però, le Agenzie delle imprese. Le Agenzie delle imprese possono rappresentare uno strumento efficace di coordinamento e di collegamento fra i problemi delle imprese e l'inefficienza delle amministrazioni pubbliche. Le associazioni sono chiamate a gestirle.
  Su questo creiamo, anche qui, un ambiente che ci permetta di gestire un rapporto in termini diversi, proprio secondo quanto veniva auspicato dal senatore Pagliari: rendiamo efficiente la pubblica amministrazione, facciamo in modo che le imprese abbiano la possibilità di agire e di intervenire, di avviare l'attività velocemente, e facciamo un'efficace azione di controllo. Il problema è che non funziona né l'uno, né l'altro aspetto: non c’è semplicità in ingresso e non ci sono controlli adeguati successivamente.
  Venendo al problema della giustizia, da noi si dice che si deve preoccupare chi ha dei crediti e non chi ha dei debiti. Quello della giustizia civile è un problema enorme. I tempi certi per quanto riguarda le imprese non ci sono e il diritto tributario viene calpestato costantemente: Statuto del contribuente e Statuto delle imprese non vengono rispettati. Ci sono dei problemi evidenti. Oltretutto, in un Paese dove non funziona la giustizia, dove non funzionano le regole, il rischio che ci sia la tentazione da parte di tanti di non rispettarle perché poi dopo si rimarrà impuniti è un rischio che penalizza molto tutto l'ambiente delle imprese e del lavoro.
  Onorevole Taricco, lei poneva la questione dei rapporti in tema di lavoro. I contratti collettivi di lavoro rappresentano un accordo fra mondo datoriale e mondo del lavoro. Si possono semplificare tante cose.
  Per l'apprendistato sono previsti tirocini e momenti formativi. Si facciano in azienda. Nelle piccole imprese il vero contributo che si dà al giovane lavoratore, al tirocinante, a chi entra nel mondo del lavoro è seguire fianco a fianco l'attività dell'imprenditore. Le attività di formazione a tavolino le deve dare la scuola. In merito è possibile fare interventi assolutamente di natura semplificativa, in accordo fra imprese e lavoratori, senza che ci sia un sistema normativo che vincola caratteristiche di natura diversa. Ogni contratto è in grado di agire in materia di apprendistato, cogliendo le specificità dei vari settori, dal commercio al turismo, all'artigianato.
  Ben venga, quindi. Io ne ho fatto una descrizione velocissima, ma lei, quando vedrà il nostro documento, troverà specificati esattamente tutti gli aspetti.
  Svolgo una digressione ulteriore rispetto alle aperture domenicali. Non è un tema relativo alla semplificazione. O meglio, è stata semplificata la norma. Noi auspichiamo che, rispetto al tema delle Pag. 16liberalizzazioni, si faccia una valutazione sull'impatto che le liberalizzazioni hanno nei confronti delle imprese. Forse, norme maggiormente valutate e rispettose dell'ambiente e delle esigenze di tutte le imprese non avrebbero portato a un provvedimento così drastico.
  Presidente, spero di aver risposto a tutti e ringrazio.

  PRESIDENTE. Se c’è qualcuno della delegazione che intende intervenire, può farlo.

  ROBERTO CERMINARA, Responsabile commercio e legislazione d'impresa di Confcommercio. Sono Roberto Cerminara, responsabile del settore commercio e legislazione d'impresa di Confcommercio. Aggiungo solo una battuta relativamente a un aspetto molto importante che hanno sottolineato il senatore Pagliari e anche altri onorevoli che sono intervenuti prima, cioè quello della pubblica amministrazione.
  È un tema fondamentale. Il senatore Pagliari ci chiedeva quale pubblica amministrazione vogliamo, quale modello. Tutti, come avete sentito, desidereremmo semplicemente che l'ordinario funzionasse in maniera affidabile. È, devo dire, veramente singolare che in questa Commissione poche settimane fa l'ANCI, parlando del SUAP, del quale sono note le criticità e certamente la non brillantezza media dei servizi offerti, abbia proposto addirittura che il SUAP diventi incubatore d'impresa.
  Perché è singolare ? Perché la considerazione immediata che viene è: non si riesce a far funzionare l'ordinario e si pensa di far consulenza di altissimo profilo ? Con quali risorse ? In un momento di spending review e di Patto di stabilità proporre questo tipo di idea a noi sembra veramente velleitario.
  Ripeto, noi abbiamo un modello alternativo e in concorrenza al SUAP, che è quello delle Agenzie per le imprese. Vorremmo tanto che questo modello potesse essere supportato, perché è un modello che non costa e perché è un modello che sta dando risultati.
  Rimaniamo sul concreto. I tempi non sono certo facili e le imprese non hanno tempo di aspettare di vedere i SUAP diventare incubatori di impresa. Le imprese muoiono.

  PRESIDENTE. Grazie anche per questa precisazione, che ci aiuta a discernere.
  Ringrazio molto i nostri ospiti per il loro utile contributo e i colleghi che sono intervenuti. Avverto che la Commissione tornerà a riunirsi lunedì pomeriggio a partire dalle 15.00 per l'audizione delle rappresentanze sindacali e del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti. Hanno già confermato la loro partecipazione Susanna Camusso, segretario generale della CGIL, Fulvio Giacomassi, segretario confederale della CISL, Antonio Foccillo, segretario confederale della UIL, e Giovanni Centrella, segretario generale dell'UGL. Prego i colleghi di fare uno sforzo lunedì e, se è possibile per loro, di essere presenti.
  Grazie e buona giornata.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.20.