XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Mercoledì 29 gennaio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SEMPLIFICAZIONE LEGISLATIVA ED AMMINISTRATIVA

Audizione di una delegazione del Coordinamento Associativo Agrinsieme, della Confederazione Nazionale Coldiretti e della Confederazione Produttori Agricoli (Copagri).
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 
Giansanti Massimiliano , Presidente Confagricoltura di Roma ... 3 
Tabacci Bruno , Presidente ... 5 
Calabria Gianfranco , Area sindacale di Coldiretti ... 5 
Tabacci Bruno , Presidente ... 8 
Fravili Enrico , Ufficio segreteria di Presidenza Copagri ... 8 
Tabacci Bruno , Presidente ... 10 
Sollo Pasquale  ... 10 
Covello Stefania (PD)  ... 11 
Taricco Mino (PD)  ... 12 
Tabacci Bruno , Presidente ... 13 
Giansanti Massimiliano , Presidente Confagricoltura di Roma ... 13 
Calabria Gianfranco , Area sindacale di Coldiretti ... 15 
Tabacci Bruno , Presidente ... 16 
Calabria Gianfranco , Area sindacale di Coldiretti ... 16 
Tabacci Bruno , Presidente ... 16 
Fravili Enrico , Ufficio segreteria di Presidenza Copagri ... 16 
Tabacci Bruno , Presidente ... 17

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 8.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di una delegazione del Coordinamento Associativo Agrinsieme, della Confederazione Nazionale Coldiretti e della Confederazione Produttori Agricoli (Copagri).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di una delegazione del Coordinamento Associativo Agrinsieme, della Confederazione Nazionale Coldiretti e della Confederazione Produttori Agricoli (Copagri), che apre il breve ciclo dedicato all'ascolto dell'associazionismo imprenditoriale, professionale e sindacale.
  Rammento che domani l'indagine proseguirà, sempre alle ore 8, con l'audizione di una delegazione di R.E.T.E. Imprese Italia.
  Ringrazio per la loro presenza il dottor Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura di Roma, l'avvocato Matteo Milanesi, responsabile dell'area normativa di Fedagri, la dottoressa Cristina Chirico, responsabile dell'ufficio internazionale presso la Federazione italiana agricoltori, l'avvocato Gianfranco Calabria, dell'area sindacale di Coldiretti, il dottor Enrico Fravili, dell'ufficio segreteria di Presidenza di Copagri, nonché, sempre per Confagricoltura, il dottor Antonio Vincenti e l'avvocato Giorgio Buso.
  Ai nostri ospiti chiediamo di darci un quadro della situazione del settore agricolo, che ci interessa particolarmente per la strategicità del comparto e perché chi opera in agricoltura, soprattutto nella prospettiva multifunzionale degli ultimi anni, ha un carico di adempimenti che derivano non soltanto dall'attività agricola, ma da tutte quelle connesse.
  In secondo luogo, le competenze legislative in materia, dopo la riforma del Titolo V, sono state trasferite alle regioni, nel perdurare però di una vasta competenza statale finalizzata, per esempio, alla tutela dell'ambiente e della salute. Tra l'altro, questo discorso deve essere svolto nella prospettiva della riforma annunciata del Titolo V.
  Vorremmo capire dai nostri ospiti quali iniziative possiamo promuovere come Commissione per avviare un'efficace opera di semplificazione tra Stato e regioni, avvertendo che la decisione assunta dalla Commissione è quella di completare l'indagine conoscitiva entro il 31 di marzo e poi mettersi in condizioni di proporre al Parlamento un testo organico di riforma della complessa materia legata alla semplificazione amministrativa e legislativa.
  In base a quanto concordato dovrei dare la parola, nell'ordine, al dottor Giansanti, all'avvocato Milanesi, alla dottoressa Chirico, all'avvocato Calabria e al dottor Fravili. A seguito di questi interventi ci saranno le domande rivolte dai colleghi ed eventualmente da me.

  MASSIMILIANO GIANSANTI, Presidente Confagricoltura di Roma. Grazie e buongiorno. Io sono qui in rappresentanza Pag. 4di Agrinsieme, che riunisce le imprese del mondo dell'agricoltura e del mondo della cooperazione.
  Non mi dilungherò molto su cos’è oggi la burocrazia anche nel comparto agricolo. Un dato generale che abbiamo censito è che oggi un terzo delle nostre giornate lavorative viene dedicato a questo termine odioso che è la burocrazia, ossia un terzo delle nostre giornate lo passiamo a compilare registri e quant'altro.
  È evidente che il mondo delle imprese agricole e della trasformazione italiane, un mondo che vuole essere sempre più competitivo, un mondo che è in grado di stare sul mercato in un momento come quello attuale – il che dimostra che il settore dell'agricoltura e dell'agrindustria è un settore trainante – vuole avere un minor carico burocratico per la propria competitività. Per questo il tema della semplificazione per noi è di importanza fondamentale.
  Il disegno di legge sulla semplificazione che è in discussione al Senato va nella giusta direzione. Sappiamo che è stata proposta una serie di emendamenti che cercano di raccogliere anche istanze che vengono dal mondo delle associazioni.
  Noi partiamo dal presupposto che la discussione in merito alla semplificazione debba basarsi e concentrarsi soprattutto su tre aspetti fondamentali. Il primo è il rispetto della proporzionalità, ossia il carico della burocrazia deve essere proporzionato alla dimensione aziendale. Non possiamo chiedere a una piccola azienda di farsi carico di numerosi adempimenti, che forse una grande azienda può attuare più semplicemente. Per le piccole e medie aziende questo carico il più delle volte costringe molti imprenditori a prendere decisioni dolorose, fino ad arrivare alla chiusura delle aziende agricole stesse.
  Un secondo aspetto deve tener conto ovviamente della misurazione degli oneri amministrativi, in particolar modo per il settore dell'agricoltura. Il terzo elemento da considerare è che andrà effettuato poi un monitoraggio di quello che è l'effettivo impatto del carico burocratico che pesa sull'azienda agricola stessa.
  Rispetto a questi tre cardini, che per noi sono fondamentali, abbiamo individuato quattro linee di azione su cui ci auguriamo si possa intervenire.
  La prima riguarda i controlli amministrativi aziendali: riteniamo che sia sempre più importante cercare di assicurare un coordinamento dei controlli e delle verifiche che vengono attuate all'interno delle aziende dell'agroalimentare; questo perché il settore dell'agricoltura, in particolar modo, è soggetto a numerosi controlli e numerose ispezioni. Vuoi perché produciamo beni primari, vuoi perché ovviamente si tratta di un tema sensibile, proprio per questo motivo sono molti i controlli che avvengono all'interno delle aziende agricole e molto spesso accade che la stessa verifica venga compiuta da più organi o più istituzioni; quindi, sarebbe opportuno avere una concentrazione e uno scambio di informazioni più attento tra gli organi di ispezione proprio per evitare che il più delle volte la stessa indagine venga condotta da più enti.
  Le duplicazioni – e non solo queste – derivano dalla complessità del tessuto normativo che grava sulle imprese agricole, costituito da una trama statale già di per sé complicata, cui si aggiungono le trame regionali e talora comunali o di altri enti.
  Sarebbe dunque importante evitare duplicazioni, attraverso un costante scambio di informazioni tra i vari organi competenti e l'istituzione di un registro unico dove poter caricare, da parte degli organi di vigilanza, tutte le verifiche e le ispezioni svolte presso le aziende agricole.
  Un altro filone per noi fondamentale sarà quello dei rapporti tra Pubblica amministrazione e mondo delle imprese, con particolare riguardo alla necessità di digitalizzare tutto ciò che è cartaceo e, in particolar modo per il comparto dell'agricoltura, il fascicolo unico aziendale.
  Questo è un tema fondamentale perché consente di avere on line una serie di dati comuni che permetterebbero alle pubbliche amministrazioni stesse di avere immediatamente un quadro chiaro su che cosa sia un'azienda agricola, mentre oggi ci troviamo ancora in molti casi a dover Pag. 5produrre documentazione cartacea e a dover avere molto tempo per poter valutare e analizzare l'azienda agricola.
  Il terzo aspetto, cui guardiamo con grande attenzione, concerne la semplificazione che possa favorire la crescita delle aziende. Da tempo noi stiamo chiedendo con forza maggiori strumenti sul tema delle reti aziendali.
  Come Agrinsieme abbiamo fortemente voluto il riconoscimento delle reti anche nel comparto dell'agroindustria, quindi una maggior propensione da parte del legislatore a favorire la crescita delle reti aziendali. Dovremmo prevedere anche strumenti che possano agevolare la nascita di reti aziendali, che possano favorire lo scambio di documenti e quindi una maggior semplificazione anche in termini di produzione di tali documenti all'interno delle reti aziendali e poter prevedere anche all'interno delle misure future del Piano di sviluppo rurale delle maggiori disponibilità finanziarie a favore delle reti aziendali stesse.
  Sempre in quest'area di intervento, non posso non sottolineare la necessità di abrogare il cosiddetto spesometro per tutte quelle aziende agricole che hanno un volume di affari sotto i 7 mila euro; credo che chiedere alle piccolissime imprese agricole di essere equiparate alle grandi aziende agricole o alle medie aziende agricole sia assolutamente un grande errore.
  Infine, chiediamo misure in materia ambientale e di aiuti pubblici. Siamo prossimi all'introduzione del SISTRI. Le aziende del nostro comparto non vogliono assolutamente sottrarsi a quella che è la tracciabilità dei rifiuti agricoli, ma certo è che così come è impostata, questa costituisce un forte gravame in termini di produzione documentale per le aziende agricole stesse.
  Mi rendo conto che chiedere di stravolgere la legge sia un qualcosa di impossibile, ma anche in questo caso, per le piccole e medie aziende – quindi quelle che realmente producono pochissimi rifiuti – sarebbe opportuna la possibilità di rivedere il tema della tenuta dei registri e quant'altro, considerando anche la possibilità, eventualmente, di esonero per alcune aziende; mi riferisco in particolar modo all'articolo 39 del decreto legislativo n. 205 del 2010.
  Inoltre, vorrei segnalare alla vostra attenzione il tema dei gas fluorurati, che è un altro tema che incide pesantemente su tutte quelle aziende agricole che hanno una cella frigo o un refrigeratore, quindi dal mondo della zootecnia, al mondo della trasformazione, al mondo dell'ortofrutta. Siamo tenuti a farci carico di una serie di adempimenti normativi che sono assolutamente pesanti per il settore dell'agricoltura e dell'agroindustria.
  Sarebbe opportuno che di questo si possa far carico, ovviamente, chi mette in commercio questi macchinari, senza che se ne debba far carico l'azienda agricola.
  Questi sono a nostro avviso i temi su cui dovrà esserci una forte attenzione; siamo anche pronti a fornire una serie di indicazioni, qualora ci venissero richieste, anche rispetto a misure per poter favorire una ripartenza del settore dell'agricoltura e della agroindustria in genere.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Giansanti, che è intervenuto in rappresentanza di Agrinsieme.
  Do la parola all'avvocato Calabria per Coldiretti.

  GIANFRANCO CALABRIA, Area sindacale di Coldiretti. Grazie, signor presidente.
  Ho apprezzato molto le parole con cui ha introdotto la seduta della Commissione: è necessario, anche in questa materia particolarmente sensibile qual è la semplificazione amministrativa e normativa, ricondursi metodologicamente al quadro costituzionale vigente. Il suo incipit è assolutamente condivisibile, pur in pendenza di una potenziale riforma del Titolo V della Costituzione.
  Oltre al riparto di competenze tra Stato e Regioni, è essenziale rifarci a quello che è un cardine del nuovo Titolo V, cioè la costituzionalizzazione del principio di sussidiarietà, che per la prima volta ha trovato albergo nella Costituzione, all'articolo 118.Pag. 6
  L'intera vicenda della semplificazione amministrativa, a nostro avviso, deve necessariamente essere scrutinata sulla base del necessario perseguimento dei princìpi di semplificazione e razionalizzazione insiti, appunto, nel principio di sussidiarietà sia verticale, tra i diversi livelli di governo, ma soprattutto orizzontale tra soggetti privati che affiancano in chiave sussidiaria la Pubblica amministrazione.
  A me piacerebbe, signor presidente e signori commissari, sottolineare che nella locuzione «semplificazione amministrativa» in realtà si includono due aspetti: uno strettamente semplificatorio, che ha una valenza interna di razionalizzazione delle procedure, e uno più specificamente finalizzato allo snellimento burocratico, che consiste, in un ambito di democratizzazione dell'azione amministrativa, nella dequotazione di alcune parti della fase pubblica a favore di soggetti privati particolarmente titolati a svolgere funzioni amministrative.
  È chiaro che questa vicenda deve essere letta, come dicevo precedentemente, alla luce del comma quarto dell'articolo 117 della Costituzione, che assegna alle regioni una competenza legislativa esclusiva in materia agricola.
  La Corte Costituzionale in più occasioni, che non sto qui naturalmente ad analizzare (rinvio in proposito al documento che ho messo a disposizione dei signori commissari), ha sancito che l'aspetto strettamente procedimentale-amministrativo, quindi anche di semplificazione, non è un aspetto che può autonomizzarsi rispetto alla parte sostanziale, cioè alla materia agricola.
  La Commissione non può quindi non considerare, in questo importantissimo lavoro che sta svolgendo, anche gli aspetti di semplificazione amministrativa, che sono già in vigore nell'ambito della legislazione regionale. Ho visto, tra l'altro, che la Conferenza dei Presidenti delle regioni ha presentato a questa Commissione un importantissimo documento che analizza questi aspetti.
  Conseguentemente, faccio un solo esempio su tutti, rinviando al documento. C’è la tematica, strettamente finalizzata alla sburocratizzazione, del cosiddetto Sportello unico per le attività produttive (SUAP), che da più parti è considerato come una sorta di deus ex machina, che avrebbe dovuto risolvere tutti i problemi del rapporto tra impresa e Pubblica amministrazione.
  Non possiamo non considerare, tuttavia, che questo strumento, che è stato incardinato nell'ambito della competenza legislativa statale, poiché è finalizzato a consentire alle imprese di avere un livello minimo di prestazioni equivalenti su tutto il territorio, deve necessariamente essere orientato nella sua applicazione alle finalità alle quali è ispirato, cioè la semplificazione amministrativa.
  Molto spesso l'applicazione della conferenza di servizi all'interno del procedimento dello Sportello unico rischia, per quanto riguarda il settore primario, che ha una sorta di diritto amministrativo «speciale», di essere in realtà un appesantimento burocratico, in quanto molte leggi regionali che troverete elencate nel documento di Coldiretti hanno individuato delle procedure deflattive dell'attività amministrativa di interesse delle imprese agricole, fondate sul rapporto sussidiario tra la Pubblica amministrazione e quei soggetti privati esercenti funzioni pubbliche, che sono i centri autorizzati di assistenza agricola. Mi spiego meglio e vado subito avanti per non tediare ulteriormente i signori commissari.
  A noi piacerebbe che, fermo restando – ed è questo quello che chiediamo alla illustrissima Commissione – il ruolo ineliminabile dello Sportello unico quale punto unico di accesso alla Pubblica amministrazione, i signori commissari proponessero o impegnassero il Governo a individuare degli strumenti normativi analoghi a quelli che sono già in vigore, ad esempio nell'ambito della legislazione sul turismo (Codice del turismo), che al pari dell'agricoltura è una materia di competenza residuale delle regioni.
  È molto interessante quanto è previsto dal Codice del turismo, ad esempio, all'articolo 17, laddove dice che la normativa Pag. 7sullo Sportello unico si applica alle imprese esercenti attività turistica fatta salva l'applicazione di normative regionali che siano in melius rispetto al nucleo essenziale dello Sportello unico delle attività produttive. Il riferimento, come ripeto, è a quell'elenco di leggi regionali che voi trovate nel nostro documento.
  Tra l'altro, la lettura che sto facendo è conforme non solo alla giurisprudenza costituzionale e del Consiglio di Stato in materia, ma anche a una norma essenziale per l'interpretazione dell'intero sistema di semplificazione tra Stato e regioni, che è l'articolo 29 della famosissima legge n. 241 del 1990, in base al quale, fermi restando i livelli essenziali di prestazioni procedimentali previsti dallo Stato, alle Regioni è dato adito di intervenire in melius a favore delle imprese agricole.
  Secondo noi una presa di posizione di questo tipo e un'agevolazione del processo di applicazione di quelle normative regionali che individuano nella sussidiarietà orizzontale uno strumento trasversale di semplificazione potrebbero costituire un argomento al cui approfondimento invitiamo la spettabile Commissione che ci ospita.
  Precedentemente il dottor Giansanti parlava della necessità di razionalizzare i controlli sulle imprese agricole. È assolutamente condivisibile. C’è un'altra richiesta esplicita che ci sentiamo di fare alla Commissione. È stata sbandierata come uno strumento di assoluta novità una norma contenuta in uno dei vari decreti-legge del Governo Monti: mi riferisco al decreto n. 5 del 2012, convertito nella legge n. 35 del 2012, che all'articolo 14 parlava di razionalizzazione delle procedure di controllo. Purtroppo si ripete quella che ormai è una cronicizzazione dei ritardi nell'emanazione della normativa secondaria attuativa della legislazione di rango primario.
  Il citato articolo 14 rinviava a regolamenti delegificanti per individuare le modalità di razionalizzazione e di unificazione delle procedure di controllo. Sarebbe estremamente auspicabile che questa Commissione impegnasse il Governo a emanare tali regolamenti, che ancora tardano a vedere la luce. Ad esempio, il settore vitivinicolo potrebbe costituire un banco di prova in ambito agricolo.
  Strettamente connesso a queste brevi note afferenti alla semplificazione amministrativa è il problema della semplificazione legislativa o, meglio, normativa in materia agricola. Molto spesso accade che nell'ambito della semplificazione cosiddetta «normativa» si confonda il fine con i mezzi.
  Si assiste, cioè, a una sorta – mi consenta il termine, signor presidente – di follia iconoclasta nei confronti della normativa vigente, alla quale consegue un intervento a gamba tesa volto ad abrogare interi corpus normativi, ovvero una sorta di ricorso agli strumenti di delegificazione che obiettivamente alcune volte rischiano di rendere ancora più contraddittoria la normativa vigente.
  Mi riferisco, per quanto riguarda il settore agricolo, a una vicenda che abbiamo vissuto sulla nostra pelle, cioè i due tentativi di emanare un Codice agricolo nel quale si è pensato di trasferire a un decreto del Presidente della Repubblica norme che erano contenute in fonti legislative senza il necessario coordinamento e soprattutto senza la necessaria autorizzazione al Governo.
  A noi piacerebbe molto che nelle proposte legislative pendenti ovvero in quelle che saranno formulate si circoscriva una delega – se vogliamo parlare di legge delega – al Governo chiara, con tempi certi, con criteri e principi direttivi certi, senza rinviare ex abrupto a regolamenti delegificanti. Soprattutto la delega non deve essere come quella sulla quale si basava il tentativo di emanare il Codice agricolo, una cosiddetta delega mobile, in relazione alla quale individuare il termine finale per l'esercizio del potere governativo era di per sé estremamente complesso. Lo ha per altro evidenziato chiaramente il Consiglio di Stato nel parere sullo schema del Codice agricolo, che non ha mai visto la luce.
  Un'ultima cosa, e mi scuso per l'eventuale lungaggine del mio intervento. In Pag. 8questo periodo si parla tantissimo di gestione del territorio e di tutela dell'assetto idrogeologico. A noi piacerebbe moltissimo che una norma di grande apertura e di grande civiltà giuridica come la norma sugli appalti ambientali contenuta nell'articolo 15 del decreto legislativo n. 228 del 2001, recante orientamento e modernizzazione del settore agricolo, diventasse patrimonio comune di Stato, regioni ed enti locali.
  A tal fine sarebbe estremamente interessante che questa Commissione interessasse il Governo affinché si concluda un accordo nell'ambito della Conferenza unificata Stato-regioni ed enti locali finalizzato a cristallizzare e a evidenziare il ruolo di affiancamento che l'impresa agricola può avere con la Pubblica amministrazione per tutte le vicende che riguardano la tutela del territorio e l'assetto idrogeologico, per il naturale e connaturato legame dell'impresa agricola stessa con il territorio.
  Mi consenta un'ultima battuta, signor presidente. Certo, bisogna capire a cosa è finalizzato il cosiddetto «spesometro» al quale faceva riferimento l'amico Giansanti. Se si legge la norma che ha introdotto questo adempimento minimale per le imprese agricole cosiddette marginali, si nota subito che è una norma – come si suol dire – teleologicamente orientata, cioè una norma finalizzata alla tutela non solo dell'assetto fiscale dello Stato, ma soprattutto di alcuni princìpi ed esigenze di tracciabilità dei flussi dei prodotti alimentari. Per questo è una norma che, a nostro avviso, deve essere assolutamente mantenuta e la cui abrogazione sarebbe del tutto deleteria.
  Vi ringrazio nuovamente, signor presidente e signori commissari, e vi rinvio al nostro documento.

  PRESIDENTE. Grazie all'avvocato Calabria, che ha illustrato il documento della Coldiretti.
  Diamo ora la parola al dottor Fravili di Copagri.

  ENRICO FRAVILI, Ufficio segreteria di Presidenza Copagri. Grazie, presidente. Saluto tutti i componenti della Commissione e i colleghi presenti stamattina.
  Se mi permette, vorrei iniziare con una battuta: se un Paese cosiddetto civile è costretto a costituire una Commissione per la semplificazione, vuol dire che in questo caso il problema esiste, è sentito e crea problemi. Oggettivamente, mi sembra una situazione un po’ kafkiana, paradossale. Noi rischiamo di farci del male da soli, nonostante il nostro sistema imprenditoriale e produttivo sia capace di superare ben altri ostacoli, come sta dimostrando, nonostante le condizioni in cui si trova il Paese e, nella fattispecie, proprio il settore agroalimentare.
  Sono contento che qui oggi si parli dell'importanza e della strategicità del settore agroalimentare. Personalmente, come agronomo di campagna, sono trenta o quarant'anni che aspetto questo momento di rivalsa del settore. Finalmente la gente comincia a rendersi conto che, se non si sta sul territorio, il territorio viene giù, e che i primi difensori del sistema idrogeologico e ambientale sono gli agricoltori.
  Evviva ! Meglio tardi che mai. Non so se entrerò nella terra promessa, ma sicuramente la sto cominciando a vedere. Sarà merito dell'Expo 2015 ? Non lo so. Vediamo un attimo quello che succede. Comunque, fuor di battuta, noi ci aspettiamo che la Commissione sappia fare una sorta di sintesi dei vari interventi e delle varie proposte che vengono dal mondo imprenditoriale tutto, quindi non solo dal mondo agricolo, perché di lavoro da fare ce ne è tanto.
  Mi permetto, molto umilmente, di consigliare di fare le cose facili: cominciamo da un punto e iniziamo a dipanare la matassa, senza avere la pretesa di sciogliere questo nodo, come Alessandro il Macedone con il nodo di Gordio, con un colpo di spada. Ci vuole molta pazienza, ma ci vuole anche una certa sollecitudine nell'affrontare questo tipo di problematiche.
  Abbiamo lasciato un breve documento che può essere implementato, può essere sicuramente arricchito, può essere fatto meglio, ma è una base per ricordare quali Pag. 9sono alcuni dei punti nevralgici che coinvolgono il settore agricolo quando si tratta di rapportarsi con la Pubblica amministrazione.
  Intanto, bisogna ricordarsi di un fatto: il problema esiste a livello nazionale, ma è particolarmente sentito a macchia di leopardo. Questo significa che purtroppo esistono regioni che funzionano meglio. Il nodo della questione è proprio questo problema, legato, come diceva l'avvocato Calabria, alle diversità territoriali.
  È un problema che si presenta molto di più in alcune regioni e molto di meno in altre. Non sempre questo coincide con il discorso dell'arretratezza del Sud, come si suol dire. Mi è capitato di avere a che fare con regioni del Sud, come la Campania, dove determinate cose, per quello che riguardava la nostra organizzazione e altre questioni, sono andate particolarmente veloci e con altre regioni del cosiddetto «Centro-Nord», tipo l'Umbria, dove alcune questioni si sono arenate, senza scendere nello specifico e nel particolare.
  Prima di tutto è presente su tutto il territorio nazionale il discorso del rallentamento e dell’«invischiamento» di un'azienda, sia essa agricola o artigianale. Non è un problema di settori produttivi, ma è proprio un problema legato ai legacci che bloccano l'azienda. Come la bloccano ? L'eccesso di carico burocratico, ovvero l'eccesso di complicazioni ha anche un ruolo di effetto leva e di ritardo.
  Mi spiego meglio: se un'azienda, nel caso dei PSR (Piani di sviluppo rurale) – vi porto un'esperienza personale e particolare – deve aspettare anche quattro anni o quattro anni e mezzo per avere un contributo, o è un'azienda solida dal punto di vista imprenditoriale, o altrimenti su quel contributo non ci può e non ci deve fare affidamento. Quando un contributo per fare degli investimenti produttivi mi arriva con 48 mesi di ritardo rispetto alla domanda che ho presentato, nel frattempo sono cambiate addirittura le macchine e le tipologie degli strumenti che adopero. In 48 mesi cambiano le cose.
  Pensiamo a una banca che pretende i soldi in tempi certi. Io dico sempre agli imprenditori che se vogliono fare un investimento attraverso i contributi pubblici, lo possono fare se hanno le spalle e le coperture per farlo da soli, e il contributo sarà una sorta di sopravvenienza attiva. Altrimenti non ne escono. Ho incontrato aziende che si sono rovinate per questo. Voi immaginate qual è il problema per un'azienda strutturata. Pensate che tipo di effetto può avere questa cosa su un'azienda che deve nascere e su un giovane imprenditore.
  Cerco di essere più sintetico possibile e di non perdermi nel discorso. L'effetto leva di cui parlavo prima si ripercuote lungo tutta la catena. Se l'imprenditore decide di rinunciare a quel contributo e di non usare i fondi pubblici, le risorse rischiano di essere rimandate a Bruxelles. Questo non è un rischio, è non certezza. Non voglio citare giornali e statistiche. Inoltre questo mette in moto un circuito vizioso per cui non si compra la macchina, la macchina non si vende, non si compra l'attrezzatura e via discorrendo. È una sorta di effetto al ribasso, che ha delle ripercussioni, come effetto leva, lungo tutta la catena produttiva, perché, come dicevo all'inizio, l'agricoltura non è soltanto produzione di beni.
  Il ragionamento su che cosa fare molto spesso viene affidato alla buona volontà. Guardate quello che è successo a livello del Ministero delle politiche agricole con riguardo alla gestione e alla costituzione della banca dati per l'esportazione delle paste alimentari. Come dicevano i miei colleghi, si è deciso di digitalizzare determinati adempimenti, fermo restando che quelli fiscali e burocratici che devono essere tradotti su pezzi di carta vidimati e bollati restano. Invece tutto quello che riguarda una sorta di censimento e di informazione del settore pubblico, anche a livello internazionale, sull'esportazione di queste paste ci è stato presentato una settimana fa dal Ministero. È una cosa che funziona.
  Se tutto ciò è stato fatto in un settore particolarmente delicato come quello (parliamo di digitalizzazione in senso generale) non vedo perché non si possa fare, per Pag. 10esempio, per i cereali. Ogni volta che ci riuniamo come gruppo di lavoro per il settore cereali c’è sempre il problema di sapere quanto si è prodotto. In questo Paese non si riesce a capire – un altro degli effetti delle complicazioni burocratiche – quali sono le realtà produttive. Non si riesce mai a sapere, per dirlo a Bruxelles, quanto grano duro abbiamo prodotto, quanto grano tenero abbiamo prodotto, quanto ne importiamo; e questo non il 1o gennaio 2014 per il 2013, ma anche a distanza di mesi.
  Per quale motivo è possibile fare determinate cose nel settore dell'esportazione delle paste alimentari e non, per esempio, nella quantificazione delle nostre produzioni ?
  Prima il collega della Coldiretti accennava a una sorta di rivisitazione del diritto regionale e via discorrendo. Mi perdonerà, non sono un avvocato. Faccio un altro mestiere, quindi se ho capito male può anche correggermi.
  A noi, come Copagri, verrebbe da pensare una cosa: nel momento in cui determinate questioni si arenano – lo dico così come viene – a livello regionale, perché non pensare a una sorta di cabina di regia che riesca a sorpassare, senza stravolgere l'ordinamento regionale, le competenze e i diritti delle regioni, ma semplicemente provando a risolvere i problemi che non riescono a essere risolti in sede locale ? D'altra parte, per quale motivo questo problema deve ricadere sempre e comunque sulle spalle del cittadino, dell'imprenditore e dell'agricoltore ?
  Non è possibile. Qualcuno mi deve sollevare dal problema di non riuscire ad avere i contributi dopo quattro anni di controlli, con il primo controllo, il secondo controllo, il controllo cartaceo. Non è possibile.
  Mi viene un dubbio, per chiudere questo brevissimo intervento: non sarà che in tutta questa situazione di confusione, di stratificazione, di complicazione burocratica, qualcuno ci guadagna ? A un certo punto, noi diciamo – e su questo concordano tutte quante le organizzazioni professionali – che, al di là del quantum, sono miliardi che si perdono.
  Per quale motivo, allora, se si perdono tutti questi soldi, nessuno si è mai mosso nel vero senso alla parola ? La battuta è una provocazione. C’è qualcuno che ci guadagna ? Il cui prodest, di ciceroniana memoria, alla fine, a pensar male, lo fa venire in mente. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Sicuramente c’è qualcuno che ci guadagna. Questo mi sembra del tutto evidente. Se un Paese si costruisce sulla complicazione, vuol dire che c’è un rapporto di forza, a sostegno dei complicatori, che va smontato; il che non è semplice, né facile. Diversamente, non saremmo qui a discutere di queste cose.
  È come discutere della centralità dell'agricoltura. È evidente che, rispetto agli anni Cinquanta, quello era che il luogo da cui si fuggiva e tutto il sistema sociale, sociologico, la struttura era immedesimata in una condizione del tutto diversa.
  Pensate a come erano le campagne e le città. È ovvio che oggi, di fronte alla nemesi, alla conclusione di un ciclo, si deve riconoscere che è lì che bisogna tornare, anche se con una dimensione qualitativa del tutto differente, però noi ci occupiamo di cose più pedestri e quindi vedremo come uscirne.
  Do la parola ai colleghi parlamentari che hanno osservazioni da svolgere e poi a voi per eventuali e ulteriori precisazioni.

  PASQUALE SOLLO. Signor presidente, devo dire la verità: ho letto già ieri sera alcuni documenti che sono stati mandati via mail. Se ricordo bene, erano quelli di Copagri e Coldiretti.
  Non interloquisco con l'avvocato Calabria della Coldiretti, visto che già ne ho avuto occasione come componente della Commissione ambiente al Senato. Anche se parlavamo di altre problematiche, abbiamo comunque affrontato il tema della burocrazia.
  È singolare che sia Copagri che Agrinsieme inizino più o meno dicendo la stessa cosa. Ieri sera, sorridevo leggendo la Pag. 11relazione predisposta da Copagri, per cui se si crea una Commissione in materia vuol dire che il problema esiste e faceva l'esempio del tempo che ci vuole rispetto alla burocrazia francese o spagnola, se ricordo bene.
  Il dottor Giansanti inizia dicendo che, se un terzo della giornata di lavoro se ne va per la burocrazia, vuol dire che il problema esiste.
  Volevo semplicemente notare questo. La relazione del dottor Giansanti mi è molto piaciuta, per la verità, perché ha inquadrato tre problematiche fornendo quattro tipi di soluzioni diverse.
  Ho notato che metteva soprattutto l'attenzione su un aspetto che credo sia fondamentale: il fatto che probabilmente nel settore agroalimentare non ci sia distinzione tra media, piccola e grande impresa per la produzione di pratiche amministrative. Lei metteva in risalto questo. L'ha fatto sul discorso del ricavometro alla fine, ma non solo su quello. Anche in tema di documenti ambientali ha fatto l'esempio del SISTRI. Il momento di tracciabilità dei rifiuti diventa di difficile soluzione.
  Le chiedo in che modo ritiene che si possano distinguere e graduare gli oneri amministrativi, nel settore fiscale, tra grande e piccola impresa. Ritengo che sia estremamente importante, perché, se noi graviamo la piccola impresa di tutte le formalità della grande impresa, alla fine rischiamo di ammazzarla.
  Noi, invece, mettiamo al centro soprattutto l'aspetto dei finanziamenti. L'esempio è già stato fatto tre o quattro volte. Probabilmente molte aziende non partono perché chi ha, come diciamo noi a Napoli, le spalle intere, le ossa dure, magari può aspettare anche due o tre anni per avere un finanziamento. Invece, chi non ce la fa non parte proprio.
  È stato messo in risalto qualcosa che il Governo ha già fatto col decreto del fare (decreto-legge n. 69 del 2013) soprattutto con la vendita diretta, con l'articolo 30-bis. Ritiene che questa sia la strada giusta e che bisogna proseguire su questa strada, oppure in che modo si può risolvere il problema ? Mi sembra comunque che il decreto del fare sia stato considerato un segnale estremamente importante verso il settore agroalimentare.

  STEFANIA COVELLO. Buongiorno, presidente. Un benvenuto a tutti gli operatori del settore.
  Io sono una parlamentare calabrese del Partito Democratico. Mi presento agli operatori del settore. Essendo anche componente, insieme al vicepresidente della Commissione Taricco, della Commissione agricoltura, sono pienamente convinta che da questo momento di grande crisi possa, invece, derivare un grande e profondo elemento di rinascita economica, proprio partendo da quello che può essere il volano di sviluppo del Paese Italia, ossia agricoltura e turismo.
  Partendo da questo presupposto, noi sappiamo bene, perché vi riceviamo in audizione settimanalmente e abbiamo un contatto diretto con tutti voi, l'importanza che questo settore, questo comparto può rappresentare per l'Italia, soprattutto in una staffetta generazionale che deve partire dall'esperienza e, nel contempo, dare una nuova linfa vitale.
  Da questo deriva che dobbiamo prendere atto – ne parlavamo anche col ministro Franceschini quindici giorni fa, in seno a questa Commissione; lo diceva qualcun altro oggi – che la politica ha preso coscienza del fatto che l'Italia forse raggiunge il Guinness dei primati in termini di numero di leggi. Noi vogliamo occuparci fortemente, con il pragmatismo e l'autorevolezza del presidente Tabacci – e ce ne stiamo fortemente occupando – della questione relativa all'abrogazione di tutte le norme inutili che non fanno altro che allontanare il cittadino dalla coscienza che esistono le leggi e che vanno studiate, conosciute e osservate.
  Partendo da questo presupposto, condivido il fatto che bisogna distinguere, però, la semplificazione dalla sburocratizzazione. Da una parte, quindi, ci troviamo di fronte alla semplificazione delle normative e, dall'altra, a una sburocratizzazione Pag. 12anche in termini di evitare la duplicazione e la sovrapposizione di adempimenti e oneri burocratici.
  Ecco perché evidentemente la riduzione dei costi amministrativi per le imprese agricole può costituire l'elemento determinante per consentire all'agricoltura italiana di affrontare la concorrenza dei competitor internazionali.
  Noi, dal canto nostro possiamo essere – e lo siamo, secondo me – i primi in assoluto in termini di qualità, però noi come classe politica e come Stato dobbiamo consentirvi di essere competitivi nel mercato attraverso lo snellimento burocratico, che significa riduzione delle spese, non solo dal punto di vista della tassazione, ma anche dal punto di vista di tutte quelle burocrazie che disincentivano i giovani ad avvicinarsi a questo settore.
  Ecco perché siamo a completa disposizione. Da una parte dobbiamo effettuare una distinzione tra regioni, perché effettivamente ci sono regioni che recepiscono immediatamente il problema e altre no. Noi non possiamo penalizzare quelle regioni che invece vogliono rispondere immediatamente a questo problema.
  Dall'altra parte, invece, come Commissione per la semplificazione dobbiamo forse prendere in mano la situazione – e il presidente sicuramente lo farà – affinché possa crearsi una sorta di cabina di regia uniforme (e non, come giustamente diceva lei, a macchia di leopardo) che, partendo dal presupposto della semplificazione e dello snellimento burocratico, possa mettere in condizioni voi di essere competitivi.
  Faccio un esempio: siamo i primi in assoluto nella vendita delle clementine nel mondo, ma dalla Calabria c’è la difficoltà a immettere nel mercato questi meravigliosi prodotti, per i problemi di natura infrastrutturale, per la burocrazia che impatta negativamente sull'imprenditore agricolo e naturalmente per l'accesso al credito. Dovremmo soffermarci soprattutto su quest'ultimo problema, non solo per rendere la vita più semplice agli imprenditori agricoli. Questo influirà positivamente, a catena, anche sul settore economico.

  MINO TARICCO. Grazie, presidente. Io vorrei cogliere questa opportunità per porre ai nostri ospiti due questioni, sulle quali mi interesserebbe avere un loro punto di vista.
  L'organizzazione del comparto agricolo, proprio in virtù degli assetti costituzionali, ha incentrato in modo molto forte gran parte della gestione di tutti i percorsi procedimentali in capo alle regioni. Le regioni hanno organizzato in modo molto diversificato buona parte dell'impianto complessivo. Cito, ad esempio, le vicende del fascicolo unico e di tutte le procedure dei programmi di sviluppo rurale, che hanno visto regioni che hanno gestito in proprio, regioni che hanno dato la gestione alle province, regioni che hanno gestito attraverso agenzie regionali. Sostanzialmente, c’è un panorama organizzativo il più variegato immaginabile.
  A questo si aggiunge la vicenda degli organismi pagatori regionali. Il percorso, in teoria, così come era stato congegnato all'inizio, prevedeva in ogni regione un organismo pagatore. Di fatto sono otto le regioni e province autonome che si sono dotate di organismi pagatori, tra l'altro, anche questi, organizzati in modi completamente diversi. Sono molto diversi anche da come è organizzata su questo tema la stessa AGEA.
  In più, abbiamo marce molto diverse tra regioni per quel che riguarda i sistemi gestionali e quindi la semplificazione, in capo per un verso ai centri di assistenza agricola e per altro verso direttamente alle aziende.
  Ho scoperto in questi giorni che, ad esempio, tutta una serie di cose che davo per scontate e che ci sono nella mia regione, in termini di supporto informatico per la gestione, in altre regioni d'Italia non ci sono. Questo mi ha stupito molto, perché davo per scontato che alcuni standard fossero assolutamente uniformi dappertutto. Invece non è così.Pag. 13
  Dal vostro punto di vista, vi sono degli elementi che dopo questo percorso di esperienza cominciano a dire che alcune cose funzionano meglio e alcune cose funzionano peggio ? Perché in un quadro di ripensamento complessivo questo tipo di dato non è ininfluente.
  Seconda questione: lo spesometro ne è un esempio molto concreto, ma abbiamo centinaia di esempi di questo genere, nei quali l'esigenza di semplificare si scontra con altri interessi pubblici, soprattutto in campo ambientale, fiscale e della garanzia della qualità e della tracciabilità delle produzioni.
  Dal vostro punto di vista vi sono delle linee comuni, che emergono su questa questione ? Sovente compariamo, probabilmente anche in modo molto improprio, la nostra legislazione con la legislazione francese o altre legislazioni che sono oggettivamente molto più semplici, dopodiché noi (che sia un vizio o una virtù avremo tempo di discuterne) abbiamo sviluppato dei modelli di garanzia della qualità dei percorsi che sono oggettivamente diversi da quelli di molti altri Paesi.
  Anche qui, dal vostro punto di vista è possibile intervenire drasticamente e, se sì, quali potrebbero essere i capisaldi di un ragionamento del genere per ridurre da una parte il gap che abbiamo rispetto ad altri Paesi in termini di quantità e qualità di burocrazia o di complicazione, dall'altra parte senza che questo voglia dire smantellare un sistema, che comunque va nella direzione di differenziare le nostre produzioni rispetto ad altre produzioni ?

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, darei la parola ai nostri interlocutori, aggiungendo che la questione della asimmetria nella qualità delle legislazioni regionali è una questione di grande evidenza, e non c’è dubbio che, a distanza di qualche decennio dall'istituzione delle regioni, una riflessione sulla loro struttura debba essere compiuta, anche perché la dimensione nella quale ci collochiamo è quella europea, non quella microregionale.
  Diversamente, saremmo molto velleitari sul punto specifico e questo comporta anche un ridisegno non solo di natura giuridico-amministrativa, ma anche di natura territoriale, perché è chiaro che un numero così rilevante di regioni, talora territorialmente esigue, è difficile reggerlo sul terreno istituzionale.
  A fronte poi della cancellazione delle province, questo problema si pone con tutta evidenza.

  MASSIMILIANO GIANSANTI, Presidente Confagricoltura di Roma. Grazie. Io partirei, presidente, dalla asimmetria. Ha ragione quando fa riferimento alla asimmetria, perché quello che lei diceva -ahimè – si ripercuote anche sulla asimmetria delle aziende, perché ovviamente abbiamo un gap rispetto alle nostre colleghe europee, ma non posso non segnalare che spesso esistono anche gap dentro il territorio italiano, perché il funzionamento delle normative regionali molto spesso determina andamenti economici difformi tra regione e regione.
  Personalmente ho più aziende agricole nel Lazio e in Emilia-Romagna, quindi potrei parlare delle mie esperienze produttive, di cosa significa fare l'agricoltore in Emilia-Romagna piuttosto che nel Lazio. Se partissi da questi dati personali, potrei rappresentare a voi come esista un'Italia dell'Emilia-Romagna e un'Italia del Lazio. Vi sono normative in Emilia-Romagna che nel Lazio non esistono e Vi saranno magari modi di fare o normative nel Lazio che in Emilia-Romagna non esistono.
  Questo ovviamente determina un conto economico per la mia azienda dell'Emilia-Romagna e un conto economico per la mia azienda nel Lazio. Mi capita spesso, ad esempio, di confrontarmi, toccando ad esempio il tema degli organismi di pagamento regionale, con agricoltori della regione Lombardia.
  In Lombardia, il contributo della politica agricola comunitaria viene di fatto anticipato attraverso un intervento finanziario della regione (lo stesso avviene in Piemonte) prima dell'estate: un agricoltore Pag. 14presenta la domanda entro il 15 di maggio di ogni anno e dopo due mesi ha un 50 per cento, un acconto sostanzioso nella propria disponibilità.
  Un agricoltore della regione Lazio ancora oggi è in attesa di ricevere l'acconto. Allora, voi capite che di due aziende italiane che vogliono competere sui mercati (per non parlare della regione Calabria) e vogliono presentarsi sul mercato, una parte con una dotazione finanziaria e un'altra parte senza dotazione finanziaria. Siamo due aziende italiane, ma di fatto non siamo aziende italiane o comunque non siamo aziende comparabili.
  Quando si tocca il tema della semplificazione e della sburocratizzazione, concordo che bisogna semplificare e sburocratizzare, perché continuo a dire negli interventi che mi vengono concessi che, al di là di tutto, le aziende oggi stanno in piedi se in fondo al bilancio c’è una voce «più» anziché «meno». Se continuiamo a chiedere la semplificazione e la sburocratizzazione, ma tutto questo grande tema poi incide solamente sotto il punto di vista dei costi e non sotto il punto di vista dei ricavi, è evidente che le aziende alla lunga chiudono.
  Qualche giorno fa, guardavo la televisione e mi ha colpito un'intervista (mi sembra fosse Linea Blu, quindi poco sull'agricoltura, se non parte pesca), in cui l'intervistatrice chiedeva a un signore anziano di una piccola isola della Sicilia, non ricordo se fosse Lipari: «Tu che fai qui nel Paese ?». Quello rispondeva: «Facevo l'allevatore, ma non lo faccio più». «E perché non lo fai più ?». «Non lo faccio più perché, da quando devo compilare il registro e applicare il bollino agli animali, ne avevo pochi e non mi conveniva fare più l'allevatore». L'intervistatrice allora chiedeva: «E che fai ?». «Niente, adesso faccio il pensionato. Ho smesso tutto e, quindi, nell'isola non si mangia più carne isolana».
  Questo dà la dimensione di cosa significhi semplificazione e sburocratizzazione all'interno di un'azienda agricola, ancorché sia grande o piccola: quando il carico burocratico va ad appesantire il conto economico di un'azienda agricola, l'azienda agricola – grande, piccola o media che sia – chiude.
  Cosa fare è difficile da dire in poche parole. Credo che il tema della semplificazione e della sburocratizzazione, come ribadito dai colleghi qui presenti, sia il tema centrale oggi di che cosa può rendere più o meno competitiva un'azienda in Italia e soprattutto all'estero.
  Fare una distinzione tra dimensioni, come mi veniva chiesto prima, diventa difficile. Potrei dire che sicuramente c’è un dato economico che definisce che cosa sia un'azienda grande o un'azienda piccola o media. È anche vero che, fatte le debite proporzioni (io sono qui a rappresentare il mondo dell'agricoltura e il mondo della cooperazione), è evidente che il mondo della cooperazione in termini dimensionali e numerici è costituito da aziende che possono facilmente essere comparate alla piccola, media e anche grande industria.
  La grande azienda agricola italiana equivale né più né meno a una piccola azienda del commercio piuttosto che dell'industria. Un'azienda agricola che abbia centinaia o migliaia di ettari ha 1, 2 o 3 persone che si occupano dell'amministrazione, mentre un'azienda agricola che ha poche decine di ettari o pochi ettari è evidente che non può permettersi di avere un contabile, una persona responsabile degli aspetti burocratici.
  Rispetto a 1 milione di aziende agricole che oggi abbiamo sul territorio italiano, come Confagricoltura qualche tempo fa abbiamo svolto un'analisi di tutte quelle aziende che avessero un volume di affari superiore a 100.000 euro, con un numero di dipendenti almeno pari o superiore a 5, quindi dare una dimensione minimamente comparabile con altre realtà in altri settori, per cui si scendeva sotto 100.000 imprese agricole. Questi sono i numeri: 100.000 e 1 milione. Questo per poter dare una risposta.
  Ultimo aspetto, per rispondere con un passaggio all'onorevole Taricco. È evidente che la garanzia della tracciabilità deve essere un must per le produzioni italiane. Certamente non credo che possiamo farci Pag. 15dir nulla in termini di qualità, mentre in termini di quantità siamo importatori netti di tante derrate alimentari, quindi ovviamente non potremo mai combattere contro le grandi produzioni e le grandi sfide.
  Certo è che questo dogma della tracciabilità e della qualità, se ha un comune sentire, un comune denominatore, dall'altra parte non deve indurre a far chiudere delle aziende.
  È evidente che le aziende prima devono avere un'economicità, e poi possiamo percorrere sicuramente il tema della qualità, che è l'unico tema che oggi il mondo ci riconosce. Quando poi il mercato mondiale riconosce al made in Italy un valore aggiunto, un plus, è perché riconosce in quella produzione un merito qualitativo che altri non hanno.
  L'importante è avere prima una voce positiva sul bilancio economico, poi potremo avere forse slancio per poter dare qualità ai nostri prodotti.

  GIANFRANCO CALABRIA, Area sindacale di Coldiretti. L'onorevole Taricco diceva prima che le regioni hanno un ruolo forte che potrebbe, in alcuni casi, essere considerato una sorta di intraprendenza adespota delle regioni. In realtà, sappiamo benissimo che, negli ultimi dieci anni, ci sta pensando la Corte costituzionale a mettere i paletti a questo ruolo forte delle regioni.
  Lei sa benissimo, onorevole, che il contenzioso costituzionale, con la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, è aumentato del 600 per cento negli ultimi anni. Quindi, l'Avvocatura dello Stato, su incarico della Presidenza del Consiglio dei ministri, è un baluardo, alcune volte anche eccessivo, rispetto all'autonomia delle regioni.
  Obiettivamente la materia agricola non può non tener conto del fatto che la regionalizzazione, almeno per quanto riguarda il settore primario, è ormai un dato acquisito a livello costituzionale e si ripercuote sull'attività quotidiana delle imprese agricole.
  Per quanto riguarda più specificamente l'oggetto dell'indagine conoscitiva avviata dalla Commissione, ossia la semplificazione amministrativa, e il riferimento a eventuali cabine di regia che l'onorevole Covello, se non sbaglio, citava poc'anzi, a me piacerebbe sottolineare come la finalità del legislatore statale, così come del Governo nazionale, deve essere quella di cristallizzare i livelli essenziali delle prestazioni procedimentali che sono a garanzia non solo della libertà del cittadino, ma anche della libertà di iniziativa economica dell'impresa, per quanto ci riguarda.
  Detto questo, pur nelle asimmetrie che esistono tra tutte le regioni, Coldiretti ha voluto fare, nel documento a vostra disposizione, uno screening di esempi di legislazione regionale che in realtà, lungi dall'essere asimmetrici oppure scoordinati, rappresentano a nostro avviso un potenziale passo avanti nel senso dello snellimento amministrativo, del quale bisogna necessariamente tener conto.
  Ci sono 19 leggi regionali che attuano, per la prima volta in Italia in modo organico – sono norme che sostanzialmente si assomigliano l'una alle altre – la sussidiarietà orizzontale, che non vuol dire altro, scendendo nel tecnico, che una dequotazione dell'intervento pubblico in alcune fasi del procedimento amministrativo, con assunzione di responsabilità di queste fasi del procedimento in capo a soggetti privati particolarmente qualificati, che si collocano come privati esercenti funzioni amministrative.
  Se è vero, onorevole Taricco, che nell'ambito regionale obiettivamente esiste un coacervo di discipline che spesso sono contraddittorie, anche tra regioni finitime, è anche vero che, per quanto riguarda lo specifico ambito di attività della Commissione, dovremmo approfondire l'opportunità di valutare queste leggi regionali, che lei trova nel documento, come esempio di semplificazione in melius che si aggiunge in modo assolutamente omogeneo ai livelli minimi garantiti a livello nazionale (dallo Sportello unico per le attività produttive alle agenzie per le imprese).
  Se vuole conoscere una mia opinione sugli organismi pagatori regionali, le dico che l'Unione europea ritiene essenziale e Pag. 16necessario soltanto un organismo di coordinamento con il quale debba interfacciarsi la Commissione europea.
  Dagli omissis nella mia risposta (mi permetta di farlo) può capire come la penso su questo punto. Peraltro – mi consenta, onorevole – tra tutte le leggi regionali che prevedono strumenti di semplificazione in melius a favore di imprese agricole, quella che è stata completamente inattuata è proprio la legge regionale del Piemonte, il che ci è molto dispiaciuto. Si faccia portatore, magari, anche nella sua terra di origine, di questa problematica.
  Il senatore Sollo chiedeva, inoltre, come individuare criteri di demarcazione tra le varie tipologie di imprese agricole anche a livello dimensionale. Rispondo che non è facile, come diceva giustamente il collega Giansanti. Personalmente ho un cavallo di battaglia nella razionalizzazione dei controlli, di cui parlavamo poc'anzi: l'attuazione del famoso articolo 14 del decreto-legge n. 5 del 2012 del Governo Monti.
  La razionalizzazione e la proporzionalità dei controlli hanno come punto di riferimento, come stella polare, non la dimensione dell'impresa, che vuol dire tutto e il contrario di tutto, ma il rischio inerente all'attività controllata. Ora, è chiaro che un'impresa che produce componenti per lo shuttle (cito un esempio paradossale) deve sottostare a controlli anche di sostenibilità ambientale diversi, evidentemente, rispetto all'impresa che produce mele biologiche in Trentino. Questo è un dato che vorrei la Commissione facesse proprio qualora ritenesse di interessare il Governo all'emanazione di questi quanto mai attesi regolamenti sulla razionalizzazione e semplificazione dei controlli.
  Il presidente Tabacci giustamente ha fatto un passaggio importante sulla asimmetria tra le regioni e sul fatto che della stessa rischiamo di pagare lo scotto anche a livello comunitario. Tuttavia, signor presidente, finché non sarà cantierata la riforma bis del Titolo V della Parte II, è giocoforza agire con gli strumenti dei quali abbiamo la disponibilità. La ringrazio.

  PRESIDENTE. Siamo qui per la semplificazione perché c’è la complicazione che in parte è diretta conseguenza della riforma del Titolo V operata nel 2001.

  GIANFRANCO CALABRIA, Area sindacale di Coldiretti. Mi consenta, signor presidente, a quale anno risale il primo rapporto organico sulla necessità di semplificazione amministrativa e sburocratizzazione ? Al 1979, il cosiddetto «rapporto Giannini». Se nel 2014 siamo ancora qui evidentemente, signor presidente, il problema c’è ed è interesse di tutti cercare di risolverlo o perlomeno di alleviarne le conseguenze.

  PRESIDENTE. Infatti noi stiamo esaminando anche come la struttura legislativa è andata sovrapponendosi, perché la complicazione è anche conseguenza della sommatoria della legislazione nazionale con le legislazioni regionali. Quindi, è evidente che c’è un problema molto complesso per noi che, però, ci fa perdere terreno. Qui siamo di fronte al fatto che il peso sulle aziende, sulle famiglie, è insopportabile. Questo significa che dentro il PIL italiano c’è una quota parte legata alla complicazione più o meno scientifica che si realizza nella struttura istituzionale del Paese.

  ENRICO FRAVILI, Ufficio segreteria di Presidenza Copagri. Cercherò di essere sintetico, anche perché molte cose sono state dette, nel rispondere comunque ad alcune osservazioni molto interessanti che abbiamo ascoltato.
  Sì, il decreto del Fare può essere un buon inizio. Dicevo prima che non dobbiamo complicarci la vita, dobbiamo fare le cose semplici. Non voglio essere anglosassone perché mi picco di essere italiano e sono orgoglioso di esserlo, con tutte le complicazioni che ne derivano, però alcune cose si possono copiare senza per questo sentirsi sminuiti. Cerchiamo, quindi, di fare le cose semplici. Partiamo da un inizio: il decreto del Fare dà alcune risposte sul discorso della commercializzazione, però vogliamo dire che molte Pag. 17aziende in questa direzione si sono già mosse per conto proprio, quindi la parte imprenditoriale ha sorpassato o quanto meno è stata raggiunta dalla parte normativa ? Possiamo dirlo, anche perché la parte normativa deve recepire la parte migliore del Paese, quindi non ci trovo nulla di vergognoso e di strano in questo.
  A proposito delle osservazioni sulla cabina di regia, la mia era una sorta di provocazione; se il discorso della cabina di regia è perseguito e approvato da tutti può essere utile per poter cominciare a dare delle risposte. A un certo punto bisognerà pure prendere delle decisioni; non si può continuare a rimanere con la famosa situazione a macchia di leopardo.
  Attenzione, il discorso dell'agroalimentare che può diventare una sorta di colonna portante, una pietra su cui costruire questo edificio del rilancio della nostra economia ci espone, come è successo ieri – e su questo abbiamo prodotto dei comunicati stampa, noi come penso tutti gli altri colleghi – a degli attacchi voluti e mirati. Avete letto quello che è successo ieri a proposito dell'olio d'oliva e dell'esportazione negli Stati Uniti: ci hanno detto, in pratica, che noi produciamo ed esportiamo «mondezza».
  È ovvio che se noi passiamo tutto il tempo a parlare di quant’è buono il made in Italy e di quanto sono cattivi gli altri perché ci portano via 50-60 miliardi di euro soltanto di Italian sounding nel mondo (questi sono dati acclarati), da qualche parte, se comincio a spingere su questo acceleratore per migliorare la situazione dell'agroalimentare, qualcuno ci sparerà addosso a palle incatenate, come si diceva durante le battaglie del Settecento sui velieri antichi, per disalberarci. Ci dobbiamo aspettare una risposta di questo genere; non possiamo pensare che – passatemi il termine poco formale – ce la passino in cavalleria.
  È già iniziata una sorta di battaglia nei confronti delle nostre eccellenze produttive, anzi c’è sempre stata, altrimenti non ci sarebbero il «parmesan» o il «reggianito» in giro per il mondo. Di questo dobbiamo essere certi; non potremo passare come degli scolaretti in mezzo a questa che è una guerra. Noi dobbiamo mettere il nostro Paese, i nostri imprenditori in condizioni di affrontare una guerra del genere. Non voglio fare fantapolitica, però gli articoli ci sono e ieri hanno cominciato a pubblicarli sul New York Times, non su Espresso o Panorama (per essere bipartisan).
  Per concludere, cerchiamo di partire dalla fine. Il problema in Italia, risalendo la corrente, è sempre che, alla fine, nessuno paga; il comportamento di un burocrate e di un funzionario molto spesso è fortemente pesante nei confronti dell'impresa agricola, ma nessuno è in condizioni di far valere i propri diritti nei confronti di queste persone, né di dire loro che hanno causato, ad esempio, un danno di 200 mila euro nel corso di quattro anni – a parte quello che diceva il collega a proposito della differenza fra regioni e regioni – a causa del ritardo che come imprenditore ha dovuto subire.
  È necessario che cominciamo ad affrontare questo discorso. Non è possibile che in Italia non ci sia la possibilità di sanzionare determinati comportamenti. Alla fine, nessuno viene chiamato a rispondere di questo freno a mano tirato quando le imprese cercano di fare sviluppo.

  PRESIDENTE. Penso che, a questo proposito, ed entriamo nel campo della semplificazione amministrativa, ci dobbiamo porre anche il problema degli effetti che si sono determinati a seguito delle riforme da spoil system che hanno trasformato la Pubblica amministrazione non in una realtà terza, ma in qualche cosa che rispondeva di volta in volta a chi vinceva. Rispetto all'esperienza francese, per citarne una, questo non è un elemento che ci dà forza, perché lo spoil system ha portato, come effetto, ad aggiungere, dequalificando la qualità delle strutture portanti del nostro Paese. Chi ha visto come erano i ministeri 25-30 anni fa – basterebbe pensare al Ministero dell'Industria o del Tesoro – sa a cosa mi riferisco. Io li ho visti dall'interno e ho una memoria Pag. 18storica; gli interlocutori allora erano signori con i tripli baffi, eppure non avevano la responsabilità che hanno oggi sul piano formale. Il mio maestro, Marcora, diceva che tutti i venerdì lui firmava – per cui non si poteva dire che il ministro non aveva firmato – tutte le carte prodotte dalle diverse direzioni generali. C'era, quindi, un'iniezione di responsabilità diretta e precisa sulla struttura burocratica del ministero, in particolare quello dell'industria. Su questi temi saremo costretti a interrogarci.
  Sul tema della frammentazione, è giusto che qualcuno abbia fatto riferimento al Codice del turismo, ma l'interpretazione che ne abbiamo dato è stata quella di parcellizzare nel mondo l'idea di un turismo microlocalistico, che ha fatto ridere. Altro che difendere il made in Italy, si è scelto di vendere Caltagirone o Loano. Se all'estero fanno fatica a conoscere il Molise, immaginiamo cosa possano sapere di Caltagirone o di Loano. Tuttavia, sono state fatte fior di spedizioni: ricordo una esposizione del turismo a Tokyo dove si elencarono situazioni che riguardavano dalla Lombardia alla Sicilia che oggettivamente considerate in questo modo fanno ridere.
  Non vorrei che, a forza di parcellizzarci, perdessimo di vista il fatto che la dimensione italiana è una dimensione che può essere considerata minima. Se si ha l'idea di parcellizzarla significa che non si realizza nemmeno la massa critica per poter stare sul campo. Questo vale per diversi comparti e vale anche per la nostra immagine di fondo.
  Ringrazio gli intervenuti. Considero questa audizione importante per la strategicità del settore agricolo e anche per gli elementi molto significativi che sono emersi dalle testimonianze e dai tre documenti che ci sono stati forniti. Vi ringraziamo e speriamo di poter arrivare a qualche conclusione positiva.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.25.