XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Lunedì 20 gennaio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SEMPLIFICAZIONE LEGISLATIVA ED AMMINISTRATIVA

Audizione di una delegazione della Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle regioni e delle province autonome, di una delegazione della Conferenza delle regioni e delle province autonome, di una delegazione dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e di una delegazione dell'Unione delle province d'Italia (UPI).
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 
Ciminiello Concettina , Assessore della regione Lazio ... 3 
Simi Andrea , Dirigente del segretariato generale della regione Lazio ... 4 
Lepri Tiziano , Assessore della provincia di Firenze e coordinatore nazionale assessori area istituzionale, organizzazione e personale dell'UPI ... 5 
Tabacci Bruno , Presidente ... 6 
Mauro Giovanni  ... 6 
Tabacci Bruno , Presidente ... 8 
Mauro Giovanni  ... 8 
Tabacci Bruno , Presidente ... 8 
Mauro Giovanni  ... 8 
Tabacci Bruno , Presidente ... 8 
Angioni Ignazio  ... 8 
Taricco Mino (PD)  ... 10 
D'Adda Erica  ... 10 
Tabacci Bruno , Presidente ... 11 
Ciminiello Concettina , Assessore della regione Lazio ... 11 
Simi Andrea , Dirigente del segretariato generale della regione Lazio ... 12 
Lepri Tiziano , Assessore provincia di Firenze e Coordinatore nazionale assessori area istituzionale, organizzazione e personale dell'UPI ... 12 
Ciminiello Concettina , Assessore della regione Lazio ... 13 
Tabacci Bruno , Presidente ... 14 

ALLEGATO 1: Memoria consegnata dalla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle regioni e delle province autonome ... 15 

ALLEGATO 2: Memoria consegnata dall'Associazione nazionale dei comuni italiani ... 22

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 16.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di una delegazione della Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle regioni e delle province autonome, di una delegazione della Conferenza delle regioni e delle province autonome, di una delegazione dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e di una delegazione dell'Unione delle province d'Italia (UPI).

  PRESIDENTE. La seduta odierna fa seguito all'audizione del Ministro per gli affari regionali, Graziano Delrio, e vede la presenza di rappresentanti delle regioni, delle province e dei comuni, che ringrazio per la loro partecipazione. All'ultimo momento non hanno potuto partecipare alla seduta né il presidente Brega, coordinatore della Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative, trattenuto a Perugia da gravi motivi di famiglia, né il sindaco di Modena, Giorgio Pighi, rappresentante dell'ANCI, a causa del maltempo legato allo storico aumento del Secchia, che io ben conosco perché, prima di gettarsi nel Po, passa attraverso Quistello, che è il Paese dove sono nato.
  Sono presenti il direttore dalla Conferenza dei presidenti dei consigli regionali, il dottor Paolo Pietrangelo, e i dirigenti dell'ANCI, il dottor Campioni e la dottoressa Di Cecca, che invito a depositare i documenti redatti dalle rispettive associazioni, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato ai resoconti della seduta odierna.
  Il focus sul sistema regionale e delle autonomie sarà completato lunedì 10 febbraio, con l'audizione dei rappresentanti del tavolo istituzionale per la semplificazione, che non è stato possibile audire oggi.
  Do la parola ai nostri ospiti per lo svolgimento delle loro relazioni.

  CONCETTINA CIMINIELLO, Assessore della regione Lazio. Buonasera, presidente, e grazie.
  Abbiamo presentato un documento ufficiale. Vorrei in ogni caso svolgere alcune considerazioni, che riguardano la semplificazione e la riduzione degli oneri amministrativi, con il presupposto di una riorganizzazione istituzionale, che naturalmente deve andare di pari passo con il processo di semplificazione.
  Il legislatore statale ha interpretato la semplificazione come un esercizio di tipo comunicativo, agendo il più delle volte attraverso norme unilaterali e talvolta oserei dire punitive nei riguardi di alcuni soggetti, come ad esempio la cosiddetta «casta» dei funzionari pubblici.
  Un approccio diverso al tema della semplificazione è già stato sperimentato e ha già prodotto alcuni risultati. Si tratta del tavolo istituzionale istituito presso la Pag. 4Conferenza unificata, un tavolo di concertazione e di condivisione che ha dato i suoi risultati positivi.
  Per quanto riguarda la regione Lazio, mi consenta di dire che la nostra regione ha attuato, attraverso le tecnologie informatiche, un sistema di comunicazione istituzionale con il Dipartimento della funzione pubblica, e quindi siamo costantemente aggiornati sulle procedure in corso.
  È importante che questo tavolo istituzionale che – anche se ciò non è condivisibile – lo Stato vuole regolamentare, venga rinnovato. È fondamentale che le regioni ne siano il fulcro ed abbiano una comunicazione con il territorio, con gli stakeholders e con le imprese interessate. Insomma, bisogna partire dalla condivisione di tutti i centri coinvolti, con il risultato finale di avere una riduzione dei costi della burocrazia amministrativa, in modo da poter agevolare le imprese.
  È quindi prioritario per noi rinnovare il patto di collaborazione tra tutti i livelli di governo, attraverso l'individuazione di una nuova agenda comune per la semplificazione, come impegno minimo e improcrastinabile a proseguire il lavoro tecnico svolto nel corso dell'ultimo anno e mezzo, grazie all'impegno di tutti e anche naturalmente del Dipartimento.

  ANDREA SIMI, Dirigente del segretariato generale della regione Lazio. Non credo di avere molto da aggiungere a quanto ha detto la dottoressa Ciminiello. Non possiamo che richiamarci al documento che abbiamo messo a punto in sede di coordinamento delle regioni, un documento ampio e motivato, che reca in allegato i contributi venuti dalle singole regioni.
  Complessivamente, il sistema delle regioni vede la questione in un modo abbastanza uniforme. Ovviamente ci sono opinioni diverse, ma nel complesso c’è una grande uniformità di intenti. Riteniamo opportune queste nuove norme che sono nel disegno di legge di semplificazione n. 958, che è attualmente all'esame del Senato, ma che noi mettiamo in pratica come se già fossero legge, che concernono l'agenda e il tavolo per la semplificazione.
  Come ha detto molto bene l'assessore Ciminiello, è importante la sede del tavolo per la semplificazione, perché è opportuno aggredire il problema della complicazione burocratica attraverso un approccio condiviso tra i vari livelli di governo, che volenti o nolenti ci sono. Si può disquisire in eterno sulla validità o meno del Titolo V, su come è stato attuato, sul tipo di assestamento che gli ha dato la Corte costituzionale, ma non è questa la sede, o meglio potrebbe esserlo in un futuro se i processi di riforma andranno avanti, se ci sarà la modifica dell'ordinamento del Senato e se ci sarà una revisione dell'ordinamento delle Conferenze, conseguente a questa modifica.
  L'importante è avere un approccio condiviso ai problemi. L'esperienza recente di questo tavolo è sicuramente positiva. Per esempio, si stanno mettendo a punto moduli unificati. Una delle cose che maggiormente sono lamentate dalle imprese è la diversità delle procedure amministrative, che è attestata da una diversità oggettiva nella modulistica. Un'impresa che lavora in più realtà territoriali si trova a dover esperire dei procedimenti diversi, a dover riempire moduli diversi e a dover acquisire dati diversi, con un evidente grave dispendio, anche economico, in termini di ore-uomo.
  L'approccio che si è avuto negli ultimi anni, attraverso la misurazione degli oneri amministrativi, non viene assolutamente rinnegato, anzi il programma che è dentro l'agenda prevista dal disegno di legge di semplificazione lo conferma. Anche questo è un fatto positivo.
  Come emerge, a tratti, in questo documento, resta da parte delle regioni un certo fastidio per un approccio diverso che si è seguito in molti casi precedenti, anche attraverso l'attrazione surrettizia, nella competenza statale, di materie che oggettivamente, ai sensi del Titolo V, incidono sulla realtà organizzativa, e quindi sono assolutamente di riserva regionale. Questo è stato il maggiore punto di frizione tra la semplificazione amministrativa promossa Pag. 5attraverso norme dello Stato e la semplificazione delle regioni.
  Faccio un'ultima annotazione. Quella che viene chiamata «semplificazione normativa», cioè la manutenzione dell'ordinamento giuridico, cui ha fatto un ampio cenno il Ministro Delrio nel suo intervento, è un elemento sicuramente importante.
  Credo che una delle caratteristiche della modernità sia il grande incremento della valenza tecnica delle normative, ossia il fatto che le normative coprono una serie di ambiti tecnici. Questi ambiti tecnici non tollerano più una normazione di tipo codicistico tradizionale, e da qui deriva l'esigenza dei codici di settore. A fronte della frantumazione che si sta verificando, con una sovrapposizione continua di norme negli ordinamenti giuridici, anche per colpa dell'apporto comunitario, questa tendenza alla ricomposizione in pezzi unitari della conoscenza legislativa attraverso codici settoriali è sicuramente da vedere con favore. Questo sia a livello statale, che a livello regionale. Nella regione Lazio, come in altre regioni, si sta facendo un ampio ricorso a testi unici, che sono la versione regionale dei codici. Credo di non dover aggiungere altro.

  TIZIANO LEPRI, Assessore della provincia di Firenze e coordinatore nazionale assessori area istituzionale, organizzazione e personale dell'UPI. Innanzitutto ringrazio il presidente della Commissione per averci dato l'opportunità di essere ascoltati su questo tema indubbiamente di rilievo. Rispetto a questo tema noi condividiamo la necessità, sottolineata da chi mi ha preceduto, di mantenere un livello di collaborazione e di condivisione fra i livelli istituzionali tale da permettere che le normative di semplificazione non si trasformino in ulteriori complicazioni, come a volte è avvenuto.
  Per far questo, occorre che ci sia un approccio al tema sistemico, razionale e possibilmente complessivo e allo stesso tempo un livello alto di condivisione fra i livelli istituzionali che interferiscono fra di loro e anche con imprese e cittadini.
  Abbiamo depositato una nostra nota, che spero sia utile ai lavori della Commissione, così come abbiamo depositato, ovviamente nel luogo opportuno, le nostre osservazioni sul disegno di legge di semplificazione attualmente in discussione. Non mi soffermo su questi aspetti che sono trattati in quelle note.
  Ci tengo solo a sottolineare un aspetto che in questo momento particolare ci riguarda e ci interessa molto: il rapporto tra la semplificazione amministrativa e la semplificazione istituzionale, ovvero le riforme di carattere istituzionale. Abbiamo visto che uno degli argomenti all'attenzione del vostro lavoro, che è stato anche oggetto di alcune considerazioni dello stesso Ministro Delrio nel corso della precedente audizione, è il tema del Titolo V della Costituzione e dell'intervento riformatore sullo stesso.
  Sicuramente la revisione della riforma costituzionale del 2001 appare ormai essere un tema condiviso. Direi che è anche necessaria, per alcune cose che indubbiamente in questi anni non hanno funzionato bene. Mi riferisco in particolar modo all'individuazione delle funzioni, soprattutto in tema di materie concorrenti, che ha prodotto un contenzioso considerevole.
  Vorremmo sottolineare che sarebbe auspicabile che la riforma del Titolo V desse anche un impulso alle forze politiche e alle istituzioni, che si traduca nella effettiva attuazione di quella riforma. Infatti, a nostro giudizio, alcune cose non hanno funzionato perché non si è dato corso ai princìpi e alle innovazioni che nella riforma del Titolo V erano contenuti, a partire dall'articolo 119, la cui attuazione, faticosa e discutibile, è in corso, e che paradossalmente è stato attuato solo per le province. La provincia è l'unico livello che ha conosciuto la fiscalizzazione dei trasferimenti statali.
  Tra l'altro, da un punto di vista economico, questo è stato utile per lo Stato, in quanto il processo di fiscalizzazione ha portato all'azzeramento dei trasferimenti e all'assunzione della perequazione da parte Pag. 6dello stesso sistema delle province. Infatti, facciamo la perequazione attraverso risorse provinciali.
  Ci auguriamo quindi che questo processo sia seguito dall'impegno per dare attuazione ai princìpi innovativi della riforma del Titolo V, che sostanzialmente erano il principio di sussidiarietà, di adeguatezza e l'incardinamento delle funzioni amministrative sui livelli istituzionali individuati dalla stessa Costituzione.
  Partendo da questo tipo di valutazione, e dato anche che è stato uno degli argomenti trattati dal Ministro Delrio nella precedente audizione, noi non possiamo che sottoporre alla vostra attenzione, anche in questa sede, la necessità di un'approfondita riflessione sulla riforma in discussione riguardante il sistema delle province e le unioni di comuni. In questo percorso vediamo degli elementi non di semplificazione e miglioramento, ma di confusione, e forse anche di complicazione ulteriore dell'organizzazione degli assetti istituzionali.
  Il documento contiene dei riferimenti specifici anche su questo tema, e non vorrei occupare ulteriormente il vostro tempo. L'approccio che noi crediamo debba essere richiamato è quello dell'individuazione delle funzioni secondo il principio di sussidiarietà e del riconoscimento, che è nei fatti, di un livello intermedio di esercizio di funzioni amministrative.
  Mi pare che anche le ultime osservazioni del presidente della Corte dei conti sul disegno di legge abbiano messo in evidenza la necessità delle funzioni di area vasta. Lo stesso disegno di legge, contraddicendosi, a un certo punto parla proprio di funzioni di area vasta e di ampliamento delle stesse. Auspichiamo quindi un approccio che parta dall'individuazione delle funzioni secondo il principio di «chi fa che cosa», cancellando le duplicazioni e ritornando al testo costituzionale.
  Concludendo, siccome pare che non solo sia di attualità, ma possa anche essere iscritto a breve nell'agenda politica un intervento di riforma del Titolo V (ne stiamo discutendo in queste ore), secondo noi sarebbe opportuno che in questa riflessione si riconducesse anche l'intervento che riguarda le province e che, in ogni modo e in ogni caso, sarà necessario. Siamo d'accordo sulla necessità di questo intervento, però auspichiamo che sia ricondotto all'interno del percorso di revisione del Titolo V della Costituzione, per evitare di fare qualche pasticcio e non dare nessuna mano a un percorso di semplificazione assolutamente necessario, e che noi condividiamo. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'assessore. C’è una troupe televisiva che deve fare qualche ripresa. Sospendiamo brevemente la seduta.

  La seduta, sospesa alle 16.58, riprende alle 17.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIOVANNI MAURO. Grazie, presidente. Chiedo scusa per il lieve ritardo che non mi ha consentito di ascoltare completamente l'intervento del rappresentante delle regioni.
  Credo che l'intervento dell'assessore Lepri, che ringrazio, debba essere tenuto in grandissima considerazione in questo momento. Siamo in una Commissione bicamerale, che ha deciso di svolgere un'indagine conoscitiva sulla semplificazione, partendo dal punto di vista che la semplificazione è cosa buona e giusta, che va sempre nell'interesse del popolo sovrano, che attraverso gli organismi di rappresentanza tende a essere ben governato.
  Presidente, il problema che oggi ci poniamo e che credo dobbiamo cominciare ad affrontare con grande determinazione, anche in questa Commissione bicamerale e nell'ambito dell'indagine conoscitiva, è ciò che stiamo vivendo di diverso e di importante rispetto ai tempi in cui abbiamo avviato l'indagine stessa.
  All'ordine del giorno delle Aule parlamentari vi è la questione, sollevata dall'assessore Lepri, della riforma delle province, Pag. 7che interviene dopo che la Corte costituzionale ha bocciato una precedente proposta di riforma e dopo che il Governo ha annunciato una riforma costituzionale di cui non è ancora stato avviato l’iter.
  Tutto questo, dal punto di vista della semplificazione, è una tragedia. Non lo saprei definire diversamente. Dopo l'approvazione presso l'Assemblea della Camera, si avvia di nuovo la discussione nell'Assemblea del Senato di una riforma delle province che non ha praticamente nessuna speranza di poter sopravvivere oltre la seconda o la terza settimana dall'eventuale approvazione definitiva, anche al Senato, per via dei ricorsi alla Corte Costituzionale, che saranno così numerosi che saranno necessarie tutte e due le mani per poterli contare.
  Al Senato la scorsa settimana abbiamo audito ben sei costituzionalisti, appartenenti alle diverse scuole e con diverse simpatie politiche. Tutti hanno ricordato l'infondatezza costituzionale e gli errori procedurali. Tutto questo, dal punto di vista della semplificazione della vita amministrativa del cittadino, in cosa si traduce ? Non appena votato, eventualmente, malauguratamente e sciaguratamente, anche dal Senato lo stesso testo che è stato varato dalla Camera, cosa succederà al cittadino utente, fruitore e sovrano, nel periodo in cui verrà varata la nuova norma e quindi le province saranno abrogate, o perlomeno svuotate dei loro poteri ? Propagandisticamente si dice che le province verranno abrogate, invece si tratta soltanto di svuotarle dei loro poteri e di farle convivere con aree metropolitane, facendo fare i referendum ai comuni per sapere se vogliono o no aderire.
  Non è vero che non sappiamo cosa succederà al cittadino fruitore in questo interregno, perché ci sono due importanti porzioni del nostro territorio che già vivono questo dramma. Sono la regione Sardegna e la regione Sicilia. Nella regione Sardegna, grazie a un referendum popolare, si è avviata l'abolizione e siamo in un periodo terribile in cui i ricorsi presentati alla Corte costituzionale mettono le province in una sorta di limbo senza poteri. Non si capisce di chi sono le competenze, e quindi le responsabilità, e chi deve dare concretamente le risposte.
  In Sicilia la chiamano la «riforma Giletti», perché è stata annunziata in un noto talk-show televisivo, proprio a conduzione di Giletti. Il presidente della regione lancia l'abolizione e la realizza velocissimamente in virtù degli annunci di tipo propagandistico. Il risultato è che i diversamente abili che devono frequentare le scuole non hanno più la possibilità di esservi trasportati; le scuole non hanno più la possibilità di essere riscaldate oppure di avere l'ordinaria manutenzione, con grande preoccupazione dei responsabili degli edifici e con grande disdoro per coloro che frequentano le nostre scuole; la viabilità è allo stallo.
  Pongo questa domanda ai cortesi rappresentanti in maniera strumentale, perché desidero che nel documento conclusivo che sarà discusso alla fine dell'indagine conoscitiva queste cose siano ricordate e supportate. Dal vostro punto di vista, sarebbe opportuno bloccare la riforma di una parte delle competenze che fanno riferimento al titolo V della Costituzione, cioè del riordino ?
  Vi pongo questa domanda oggi, alla vigilia di un importante dibattito che si svolgerà in Senato. Secondo voi occorrerebbe bloccare questa riforma, in attesa che si riordinino complessivamente competenze e ruoli nell'ambito delle riforme preannunziate ?
  Dal punto di vista della semplificazione della vita del cittadino, quali strumenti suggerite di approntare al Parlamento e quali mettere da parte, per evitare ingarbugliamenti, sovrapposizioni di normative, di legislazioni e di riordini ?
  Do molta importanza anche a ciò che dirà il rappresentante delle regioni. È ormai acclarato che uno dei fattori della competizione nel campo economico sono i sistemi istituzionali. Sempre più spesso, quando si parla di un sistema istituzionale moderno e che possa essere competitivo con gli altri sistemi istituzionali, in questa competizione sempre più stretta e più Pag. 8pregnante con i Paesi confratelli europei, si pensa al sistema delle macroregioni come elemento di modernità.
  Cosa ne pensereste se nella riforma del Titolo V dovesse trovare ampia condivisione l'idea di realizzare delle macroregioni, che potrebbe riverberarsi a cascata sulla gestione dell'area vasta e la gestione comunale ? La mia domanda è tendenziosa – me ne rendo conto –, ma trasparente. Vorrei conoscere il vostro giudizio su quello che viviamo in questo momento, cercando di proiettarlo nella vita di questa Commissione e di questa indagine, che spero veda la luce prima della prossima primavera. Grazie.

  PRESIDENTE. Era inevitabile che il collega Mauro sollevasse questo problema, che aveva già sollevato. Noi siamo di fronte ad una problematica di altra natura, che è quella di un Paese che sta rasentando il ridicolo. Nella competizione mondiale siamo diventati i campioni del mondo della complicazione, e lo facciamo assommando i difetti dello Stato centrale a quelli delle articolazioni periferiche.
  Anche alla luce dei questionari su cui vi state impegnando in queste settimane, per raccogliere una serie di elementi critici sulle cose di cui oggi anche un quotidiano nazionale dà notizia, direi che questo è un elemento specifico della nostra audizione.
  Questo non significa mettere tra parentesi questioni di altra natura, però oggi siamo nel pieno della presenza di tutta l'articolazione dello Stato, che, se mai, avremmo dovuto rivedere già da un bel po’, dal momento in cui sono entrate in funzione le regioni nel 1970.
  Il Titolo V ha determinato una condizione per cui c’è una sovraesposizione della legislazione nazionale accanto a quella regionale, con effetti a cascata che sono di fronte ai nostri occhi.

  GIOVANNI MAURO. Presidente...

  PRESIDENTE. Senatore Mauro, lei è troppo esperto per credere che dobbiamo fare un dibattito io e lei. Io e lei faremo un dibattito in sede di redazione del documento conclusivo. Adesso stiamo raccogliendo le opinioni delle istituzioni che abbiamo convocato. È chiaro ?

  GIOVANNI MAURO. Colgo nel suo intervento delle notazioni di incompetenza sul tema dell'indagine. Tra l'altro, abbiamo convocato in audizione le province nel momento in cui un ramo del Parlamento le ha già semplificate del tutto, abolendole. Non so cosa potrebbero dirci di questa estrema semplificazione che è stata fatta sulle province.
  Siccome stiamo discutendo di livelli di governo, e non si può non parlarne dal punto di vista della creazione degli atti amministrativi e della loro interferenza per realizzare la semplificazione amministrativa, io ribadisco la pertinenza della mia domanda e, secondo la cortesia degli intervenuti, dell'eventuale risposta. Ritengo infatti che non si possa prescindere, nella creazione dell'atto amministrativo, e quindi nel superamento dell'eventuale disagio che si crea tra vari livelli di creazione degli atti, dalla fonte degli atti stessi.

  PRESIDENTE. Grazie, senatore Mauro. Credo di aver interpretato correttamente i temi del programma che sono stati approvati dalla Commissione e su questa linea mi sono mosso.

  IGNAZIO ANGIONI. Tra le diverse cose che ho ascoltato nelle relazioni che sono state fatte, ce n’è una, espressa all'inizio della relazione che l'assessore Ciminiello ci ha rappresentato, che condivido particolarmente: la semplificazione degli oneri burocratici deve necessariamente andare di pari passo con la riforma istituzionale complessiva.
  Negli ultimi anni, ma in particolare negli ultimi mesi, stiamo probabilmente confondendo un po’ le due cose. La cornice istituzionale non è neutra, per entrare nel merito della sburocratizzazione del nostro Paese, che è il superamento di quella zavorra che, come alcuni di voi dicevano, rende il nostro Paese scarsamente competitivo rispetto a tutti gli altri.Pag. 9
  Mi sembra di poter dire, anche stasera, che condividiamo una fotografia che mette il nostro Paese in una condizione di particolare fragilità per tutto quello che riguarda la farraginosità del nostro sistema, che è probabilmente una delle primissime condizioni che rendono la nostra economia scarsamente attrattiva per gli investimenti esterni, ma anche per quelli interni. La cornice istituzionale diventa centrale nel porci il problema di come possiamo superare queste condizioni che dicevamo. Non parliamo quindi solo dei costi della burocrazia, ma anche di una riforma istituzionale complessiva.
  Ho percepito una richiesta di rivisitazione del Titolo V, che mi sembra in assoluta sintonia con quello che sento muoversi all'interno del Parlamento, in particolare al Senato, del quale faccio parte, ma anche alla Camera. Vorrei sapere da voi se questa percezione è esatta. Si parla della riforma del Titolo V e del superamento di tutta l'attività di concertazione tra Stato e enti locali, ed in particolare tra Stato e regioni, che ha creato nuova burocrazia e un appesantimento degli iter burocratici. Vorrei sapere però se siamo d'accordo su un principio. Io sono assolutamente convinto che riformare il Titolo V vuol dire fare degli aggiustamenti e riconcepire di sana pianta alcune norme, ma a partire da un presupposto: non possiamo tornare ad essere un Paese neocentralista. In altre parole, la riforma del Titolo V non può voler dire neocentralismo da parte dello Stato.
  In questi anni abbiamo capito che probabilmente è meglio che alcune funzioni siano gestite dall'amministrazione centrale dello Stato, ma, a mio giudizio, abbiamo capito anche che è bene che altre funzioni siano gestite direttamente dalle regioni e dagli enti locali, che però devono avere gli strumenti necessari per metterle in pratica.
  Alla riforma del Titolo V non sempre è seguita una messa a disposizione di tutto quel bagaglio di strumenti che le regioni, ma in particolare i comuni e le province avrebbero dovuto avere e che invece non hanno avuto.
  C’è una particolare condizione che mi appassiona particolarmente – lo dico quasi come battuta – e che altre volte ho già posto in questa Commissione: a fronte di una cornice abbastanza comune in tutta Italia, ci sono poi delle condizioni del tutto particolari. Le leggi sono le stesse, il Titolo V funziona per tutti, la nostra Carta costituzionale in generale funziona per tutti, ma ci sono delle condizioni regionali molto diverse e altamente inique rispetto alla fruizione dell'attività amministrativa da parte dei cittadini.
  Come è possibile che, a parità di leggi nazionali di riferimento, ci siano delle regioni che in pochissimi mesi riescono ad aprire e chiudere positivamente una conferenza di servizi e regioni che invece iniziano le stesse conferenze e ci mettono due o tre anni per chiuderle, o a volte non le chiudono neppure ? È una questione di amministratori ? È una questione di leggi regionali ? Oppure è una questione che fotografa una pubblica amministrazione, in particolare degli enti locali, molto diversa da zona a zona del nostro Paese ?
  Il collega ricordava il provvedimento del Governo sulla riforma delle province, che è contenuto nel testo sull'istituzione delle città metropolitane, che ha appena preso avvio. Questo provvedimento non supera formalmente il concetto di provincia, ma supera quello di provincia come ente rappresentativo dei cittadini. Ci sarebbe quindi un ente di secondo livello, in cui i comuni, come si ricordava, potrebbero entrare attraverso un referendum. Questo ente continuerebbe a svolgere attività di area vasta.
  Sappiamo che insieme a quella riforma aleggiano riforme anche più incisive e più draconiane sul superamento della funzione di ente intermedio tra regione e comune. Io credo che oggi abbiamo un'occasione del tutto particolare per sapere cosa voi pensiate della possibilità che nel nostro sistema istituzionale non esista un ente intermedio istituzionalizzato tra comune e regione.
  Vorrei chiedervi rapidamente un'ultima cosa. Spero che non vi sembri una provocazione. Ogni volta che parliamo di Pag. 10pubblica amministrazione italiana, dovremmo ringraziare i nostri funzionari pubblici per il lavoro che fanno, in una condizione non sempre agevole, immersi in una marea di norme non sempre intellegibili e neppure applicabili.
  Nonostante questo, vi chiedo se, a vostro giudizio, il nostro sistema di formazione amministrativa dei pubblici funzionari è all'altezza della nostra situazione, al netto delle riforme delle quali stiamo parlando, o se, anche in quel caso, potremmo fare riferimento a Paesi, anche a noi vicini (ovviamente il primo esempio che viene in mente è quello francese), che prevedono un tipo di formazione particolare, indirizzata a formare dei funzionari pubblici non solo all'altezza, come i nostri senz'altro sono, ma che siano davvero profondi conoscitori della materia. Vi ringrazio.

  MINO TARICCO. Innanzitutto mi scuso perché non ho sentito la relazione introduttiva e quindi magari porrò questioni su temi che avete già anticipato. Mi preme porre due questioni puntuali, che in parte sono già state richiamate dai colleghi.
  Nel nostro percorso di verifica degli elementi di oggettiva burocratizzazione e complicazione dell'architettura e del funzionamento del Paese, abbiamo trovato tante situazioni puntuali, attinenti a singoli comparti. Come già emergeva, abbiamo trovato una serie di questioni che sicuramente sono all'origine di una complicazione o di una mancata semplificazione nell'architettura istituzionale.
  Il tema che in queste settimane sta rubando spazio importante sui giornali è la revisione del Titolo V e il necessario ridisegno e riassegnazione di competenze, per definire in modo puntuale chi fa che cosa e per stabilire, se è possibile, che un solo soggetto faccia una cosa. Dal vostro punto di vista, questa revisione può risolvere significativi livelli di sovrapposizione e di concorrenza che di fatto complicano i percorsi e gli iter ?
  Credo che negli ultimi 25 anni vi sia stata una progressiva esternalizzazione di funzioni e di competenze, che sono state affidate a soggetti esterni agli enti pubblici. Sono nate agenzie, società, enti, di tutto e di più. Nel momento in cui si parla di semplificazione dell'architettura istituzionale, quale lettura voi date alla necessità di mettere mano a questo panorama che si è creato ? Ha un senso immaginare di semplificare questo quadro e di riportare all'interno di enti pubblici funzioni e compiti che sono stati portati all'esterno ?
  Lo spiego in maniera più brutale: parliamo del superamento delle province, mentre ci sono decine di enti a dimensione provinciale che lavorano fuori dalla provincia per svolgere funzioni che hanno una regia politica all'interno delle province, come, ad esempio, gli ambiti territoriali ottimali (ATO) per la gestione dei rifiuti e dei servizi idrici. Mi riferisco a funzioni di area vasta, in molti casi coincidente con la dimensione provinciale, che però sono gestite da enti autonomi, coordinati, nominati, a governo istituzionale articolato e vario. Ha un senso, dal vostro punto di vista, ragionare anche su questi soggetti e, se va fatto, in che modo ? Grazie.

  ERICA D'ADDA. Ho anch'io due domande molto puntuali, come il collega che mi ha preceduto. Innanzitutto vorrei sapere se credete che, all'interno di questa necessità di riforma strutturale del nostro Paese dal punto di vista istituzionale, si parli sempre troppo poco di un elemento che, a mio avviso, è comunque da mettere in discussione positivamente, ovvero il numero eccessivo dei nostri comuni. Va bene essere un Paese dei municipi, va un po’ meno bene quando questi municipi superano il numero di 8.000 o quando hanno dimensioni tali che non sono in grado di sostenere nemmeno il compito che dovrebbero svolgere.
  In questo caso – ripeto un termine già usato da chi è intervenuto e che mi è piaciuto – la semplificazione non deve essere usata come uno strumento mediatico e un po’ «politicizzato» di comunicazione. Se vogliamo fare una vera e propria semplificazione, dobbiamo toccare anche dei nodi che possono essere impopolari.Pag. 11
  Faceva bene l'onorevole Taricco a ricordare il problema degli ambiti territoriali ottimali, che sono legati alla struttura provinciale. Mi pare però – mi correggerete se sbaglio – che spesso usiamo come sinonimi, o quasi come termini intercambiabili, «area vasta» e «ente provinciale». L'area vasta nacque come un concetto molto diverso. All'interno della stessa provincia spesso vi sono pezzi di aree contigue di altre province che sono ad esse molto più vicine e che quindi hanno interessi sociali, infrastrutturali ed economici molto più vicini alla provincia cui non appartengono rispetto ad altre aree della stessa provincia.
  Dobbiamo stare attenti a capire che cosa intendiamo.
  A mio avviso, il titolo V era necessario, ed è stato in parte usato, per far passare alcuni messaggi, passatemi l'espressione – «di moda». Dobbiamo stare attenti, perché nel momento in cui tocchiamo tutta la struttura, il rischio di fare dei danni, che poi diventano deficit difficilmente recuperabili in un tempo accettabile, potrebbe essere davvero pericoloso.
  Io sono assolutamente favorevole a una semplificazione e ad un riassetto istituzionale vero, quasi rifondativo delle nostre istituzioni, ma proprio per questo sono dell'idea che vada fatto bene, anche se in tempi non lunghi. Le cose vanno fatte bene, in tempi assolutamente ragionevoli.

  PRESIDENTE. Ringrazio i senatori e i deputati che sono intervenuti.
  Do la parola ai nostri auditi per le loro considerazioni in relazione alle domande che sono state avanzate.

  CONCETTINA CIMINIELLO, Assessore della regione Lazio. Prenderò spunto da alcune considerazioni e alcune domande fatte, e lascerò la parola per un'integrazione al dottor Simi, per la parte più specifica.
  Quando ho detto che il presupposto di una semplificazione è una riorganizzazione istituzionale, mi riferivo alla riforma del Titolo V, senza svuotarlo del suo contenuto e della sua natura. Si tratta di adeguarci, sia costituzionalmente che istituzionalmente, ai vari livelli istituzionali, con procedimenti amministrativi per livelli. Per spiegarmi meglio, sul procedimento amministrativo, quante modifiche sono state fatte sulla legge n. 241 del 1990, senza mai interagire con le regioni per quei procedimenti amministrativi che con esse interferivano ?
  Il problema è una sana ripartizione di competenze. Tutte quelle competenze che riguardano la specificità del territorio debbono essere lasciate alla competenza regionale. Tutto ciò che invece può avere riflessi a livello nazionale si può ripartire. L'importante è che vi sia una legislazione nazionale che si adegui al nuovo assetto. Quante volte è stata adoperata la decretazione d'urgenza ?
  Essendo un ex funzionario – ho fatto il direttore generale per tredici anni al Ministero dell'economia e delle finanze –, ed essendo da poco in politica, può immaginare quanto io senta personalmente la questione e la ringrazio di aver ricordato il lavoro dei funzionari. Non è una questione di formazione: i nostri funzionari sono molto formati. In particolare, io ho trattato lo scambio di funzionari con l’École nationale d'administration francese e vi assicuro che sono veramente allo stesso livello. I nostri funzionari hanno un particolare: sono completamente demotivati, in parte a causa dei continui cambi a livello politico. Infatti, la politica definisce gli obiettivi strategici e quindi è necessario un continuo adeguamento da parte dei funzionari.
  C’è anche una demotivazione derivata dalla mancanza di considerazione. Così come i politici, anche i funzionari sono continuamente in televisione ma certamente i mass media non li aiutano. Mi creda: la mia non è una presa di posizione dovuta al nazionalismo o ad altro. Certamente questa mancanza di continuità influisce molto. Non si fa in tempo ad adattarsi a un obiettivo strategico che questo cambia. Credo che questo problema riguardi anche la politica.
  Vorrei rispondere all'onorevole Taricco, che non ha sentito la prima parte dell'intervento. Pag. 12Le posso dare solo un'opinione personale, perché l'argomento riguardante le unioni di comuni e l'abolizione delle province non ha nulla a che vedere con la semplificazione amministrativa. Quello di cui lei parla sono i livelli costituzionali e istituzionali. Se vuole una mia opinione, posso dirle che prima va definito il livello di organizzazione e poi si può passare al procedimento. Non bisogna confondere la semplificazione amministrativa con quella istituzionale o costituzionale. La semplificazione amministrativa è una cosa; se vogliamo riorganizzare il livello governativo è un'altra.
  Se me lo consente, presidente, vorrei passare la parola al dottor Simi per alcune osservazioni specifiche.

  ANDREA SIMI, Dirigente del segretariato generale della regione Lazio. Gran parte dei discorsi che sono stati fatti a seguito del nostro intervento ha finito per vertere su un problema di organizzazione dello Stato, che è grandemente di livello costituzionale. Con questo mi sento, seppure a titolo personale, di concordare con quanto ha detto l'assessore della provincia di Firenze.
  Chiaramente è molto difficile intervenire a risistemare questi livelli, senza intervenire in qualche modo anche sulla Costituzione e sull'assetto di competenze che è stato delineato nel 2001. Peraltro, questo assetto di competenze delineato nel 2001 non era in sé negativo, perché, come risulta dal nostro documento, cercava di rispondere ad alcuni princìpi enucleati già attraverso la legge «Bassanini» (la n. 59 del 1997): sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, cui io aggiungo la prossimità. Questi sono i princìpi cui dobbiamo informarci.
  Purtroppo il reticolo delle competenze si è assestato con molta difficoltà su questi princìpi. In altre parole, i procedimenti amministrativi sono fortemente frammentati e i centri di imputazione della responsabilità amministrativa non sono ben chiari. Per quanto riguarda i funzionari, condivido quanto è stato detto: i nostri funzionari sono molto ben formati. Anche la nostra Scuola superiore è una buona scuola e abbiamo altre scuole di eccellenza, come quella del Ministero degli interni e quella delle finanze.
  Noi non abbiamo un gap di formazione, ma abbiamo un gap per come sono organizzati i procedimenti. I procedimenti sono deresponsabilizzanti. Il funzionario che entra nell'amministrazione, all'inizio della sua carriera, esce da queste belle scuole molto motivato, con un'impronta manageriale e con un certo spirito. Poi vede la prassi amministrativa concreta e, nel 99 per cento dei casi, si adegua, e quindi quella sua spinta tende un po’ a morire.
  Come ho spesso sostenuto, essendo un cultore della materia, temo che il problema sia generazionale. Fino a che non sarà completamente trapassata la generazione alla quale io e anche quelli un po’ più giovani di me appartengono, sarà difficile un cambiamento di mentalità e di organizzazione dell'amministrazione.
  È ovvio che lo Stato francese è uno Stato più semplice del nostro, che ha meno livelli istituzionali. Noi abbiamo più livelli istituzionali e abbiamo delle complessità oggettive, però è chiaro che le funzioni degli enti di area vasta restano. È stato detto bene dalla senatrice D'Adda: questi intrecci sono inevitabili. Ad esempio, è chiaro che un'autorità di bacino insiste su più province. Esistono delle funzioni che per loro natura non possono essere confinate nella casellina della provincia o della regione. Da questo punto di vista, bisogna sempre far riferimento a quei princìpi quando si organizza qualcosa che rileva.

  TIZIANO LEPRI, Assessore provincia di Firenze e Coordinatore nazionale assessori area istituzionale, organizzazione e personale dell'UPI. Mi pare che sul Titolo V vi sia una valutazione condivisa: si dovrebbe trattare di un intervento di miglioramento della disciplina costituzionale, che cerchi di rendere più attuabili i princìpi che stavano alla base di quella riforma. Questa almeno è la nostra valutazione. È necessario intervenire sul Titolo V, proprio per Pag. 13salvaguardarne e valorizzarne i princìpi ispiratori, che erano princìpi non di centralismo, ma di decentramento amministrativo e legislativo parafederale (qualcuno lo chiamava così).
  Per quanto riguarda la semplificazione, come si può pensare di intervenire sotto un profilo istituzionale ? Ferme restando le cose che diceva chi mi ha preceduto, cioè che ci sono comunque delle aree di riferimento che possono essere anche diverse, tendenzialmente, secondo noi, occorrerebbe applicare il Titolo V e poi ripartire in ogni caso, laddove possibile, da quei livelli che lì sono scritti, secondo i princìpi che vi sono enucleati. Bisogna poi provare, se non a eliminare, per lo meno a disboscare quella boscaglia di enti associativi, istituzionali e societari – che, li abbiamo censiti, sono circa 7.000 – che stanno fra i comuni e le regioni e si occupano di una miriade di cose, in molti casi svolgendo parte di funzioni amministrative.
  Questo potrebbe essere un intervento di natura istituzionale che, a nostro giudizio, darebbe sicuramente una mano anche alla semplificazione amministrativa. Anche questo sarebbe un modo per eliminare le sovrapposizioni, sempre seguendo i princìpi e i criteri scritti nella Costituzione.
  Nella riforma del Titolo V, ci debbono stare le province ? Noi pensiamo che ci possano stare, perché un ente intermedio è presente in molti Paesi, anche europei, e non solo in Italia, naturalmente in molti casi con modalità organizzative e di governo diverse. Ci sono enti strumentali dei comuni, o comunque a elezione indiretta. Questo è più che altro un tema di natura politica. Comunque credo che un livello che, forse impropriamente, viene identificato di area vasta (non è un termine che ho inventato io, ma l'ho letto nel disegno di legge presentato dal Ministro Delrio), ovvero un livello intermedio delle funzioni amministrative, secondo i princìpi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, ci debba essere, come c’è nella gran parte dei Paesi.
  È ovvio che nei casi di regioni molto piccole si può porre un problema di sovrapposizione, ma il legislatore costituzionale ha già compiuto questa scelta quando, istituendo la regione Valle d'Aosta, ha previsto che non vi fosse la provincia. In quei casi naturalmente è possibile avere un intervento, costituzionale o istituzionale, di carattere differenziato.
  Questo non è assolutamente da escludere, così come non è da escludere, in una discussione che ovviamente va molto oltre quella di stasera, che siano le regioni a avere la funzione e la competenza di individuare l'ente e istituirlo all'interno delle regioni stesse.
  Sul sistema formativo abbiamo anche noi esperienza di una classe di funzionari preparata, che ha anche un livello di identificazione alto con l'istituzione. È anche vero quello che diceva il dottor Simi: a volte succede che l'inserimento di forze nuove si scontra con procedure molto sedimentate che tagliano le ali a qualcuno.
  Sul numero dei comuni, abbiamo tante questioni che ci riguardano cui pensare, che non ci permettiamo di intervenire su questo argomento in maniera specifica. Permettetemi una garbata battuta. Certamente quando si parla di assetti istituzionali abbiamo regioni dove le differenze dimensionali sono considerevoli e comuni dove lo sono ancora di più. Ovviamente per le province le differenze dimensionali sono molte meno, ma si può migliorare anche in quel campo. Indubbiamente nell'organizzazione dei comuni questa forbice c’è. È un tema che potrebbe essere affrontato.
  L'Unione delle province, in una vita precedente della discussione sull'organizzazione delle province, si era resa disponibile a riorganizzare le circoscrizioni. La cosa non ha avuto seguito, però noi avevamo messo questa disponibilità sul tavolo e avevamo lavorato con l'allora Ministro Patroni Griffi per una riforma che poi non ha avuto esito. Grazie.

  CONCETTINA CIMINIELLO, Assessore della regione Lazio. Chiedo scusa, ho dimenticato di rispondere all'onorevole Taricco che aveva fatto una domanda sulle società collegate. Nel momento in cui Pag. 14vengono affidate a queste società delle procedure amministrative, queste faranno parte della semplificazione, ma io credo che, semmai, dovrebbero far parte di un processo di spending review, perché non vengono delegate le funzioni amministrative.

  PRESIDENTE. Ringrazio le delegazioni che hanno partecipato alla seduta, fornendo il loro utile contributo, e ovviamente i colleghi senatori e deputati che hanno partecipato e sono intervenuti.
  Avverto che la Commissione tornerà a riunirsi lunedì 27 gennaio alle ore 15,00, procedendo all'audizione di rappresentanti di Rete imprese Italia, nonché delle organizzazioni del mondo della cooperazione, dell'agricoltura e dell'edilizia.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.50.

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ALLEGATO 1

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ALLEGATO 2

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