XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Martedì 10 dicembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SEMPLIFICAZIONE LEGISLATIVA ED AMMINISTRATIVA

Audizione del Capo del Direttorato per la Governance pubblica e lo Sviluppo territoriale dell'OCSE, Rolf Alter.
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 
Alter Rolf , Capo del Direttorato per la Governance pubblica e lo Sviluppo territoriale dell'OCSE ... 4 
Tabacci Bruno , Presidente ... 8 
Sollo Pasquale  ... 8 
D'Ottavio Umberto (PD)  ... 9 
Taricco Mino (PD)  ... 9 
Pagliari Giorgio  ... 9 
Mucci Mara (M5S)  ... 10 
D'Adda Erica  ... 11 
Tabacci Bruno , Presidente ... 12 
Alter Rolf , Capo del Direttorato per la Governance pubblica e lo Sviluppo territoriale dell'OCSE ... 12 
Tabacci Bruno , Presidente ... 15 

ALLEGATO ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 9.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Capo del Direttorato per la Governance pubblica e lo Sviluppo territoriale dell'OCSE, Rolf Alter.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Capo del Direttorato per la Governance pubblica e lo Sviluppo territoriale dell'OCSE, Rolf Alter.
  Ringrazio sentitamente il dottor Alter per la disponibilità dimostrata e per la prontezza con cui ha risposto al nostro invito. La Commissione che ho l'onore di presiedere annette molta importanza alla sua audizione.
  Mi sia consentito di spendere due parole di presentazione reciproca. La Commissione parlamentare per la semplificazione è stata istituita da una legge del 2005, con compiti consultivi su provvedimenti del Governo. In questa legislatura la Commissione, composta di venti deputati e venti senatori, intende svolgere un ruolo importante ed assumere nuove funzioni che la rendano un effettivo punto di snodo delle politiche di semplificazione tra Parlamento e Governo.
  Uno dei primi atti della Commissione è stata la deliberazione di un'indagine conoscitiva sulla semplificazione legislativa e amministrativa, di cui l'audizione di oggi è un elemento decisivo. L'indagine conoscitiva nasce nel presupposto che la semplificazione normativa e amministrativa costituisce uno dei nodi fondamentali per lo sviluppo del Paese, obiettivo condiviso da tutte le forze politiche e rilanciato di volta in volta dal Governo.
  Questo obiettivo deve fare i conti con taluni fattori che ne ostacolano il perseguimento: un sistema di regole sempre più complesso e globalmente integrato, composto da un insieme di linee di indirizzo e regolazioni internazionali, europee, statali, regionali, provinciali e comunali; prassi legislative statali che privilegiano l'utilizzo della decretazione d'urgenza, anche per la definizione di interventi ordinamentali, non consentendo né una progettazione legislativa a monte, né un'adeguata istruttoria parlamentare a valle; anche da tali prassi discende una diffusa volatilità dei testi normativi, che diventa difficile implementare; una sempre più spiccata tendenza a trasformare gli atti legislativi in una sorta di portaerei, sulla cui pista di decollo vengono collocati numerosi aerei, che poi stentano a prendere il volo: gli atti legislativi cioè sono sempre meno autoapplicativi, demandando la loro attuazione ad un numero crescente di adempimenti, talora difficilmente riconducibili al sistema delle fonti. Pag. 4
  A tal proposito, nel disegno di legge di conversione del decreto-legge relativo alla semplificazione ci sono più di cinquanta adempimenti ai quali la legge stessa fa rinvio.
  La diffusa e convinta aspirazione trasversale alla semplificazione amministrativa fatica a trovare lineare applicazione, dovendo fare i conti con politiche settoriali, ove spesso prevalgono i fattori di complicazione, dovuti talora anche alla rivendicazione di ruolo da parte dei soggetti rappresentativi delle diverse categorie e a un sistema di controlli e sanzionatorio non sempre adeguato e efficace.
  L'auspicio della Commissione è che l'indagine conoscitiva possa consentire una piena presa di coscienza dello stato dell'arte nella fase iniziale della legislatura, permettendo di individuare le migliori pratiche da diffondere e le criticità da superare, attraverso l'interazione con tutti i soggetti interessati: istituzioni, imprese, sindacati, liberi professionisti e cittadini.
  In questa chiave, l'audizione del direttore Alter assume particolare rilievo. Come sapete, l'OCSE da molti anni, nell'ambito della sua strategia volta a favorire lo sviluppo economico e democratico dei Paesi membri, sta prestando particolare interesse ai temi della trasparenza e della semplificazione normativa ed amministrativa. L'OCSE sottopone regolarmente ad esame i Paesi membri, che monitora costantemente.
  L'audizione consentirà di acquisire il punto di vista di un soggetto particolarmente qualificato ed esterno al sistema Paese (una sorta di arbitro), e quindi in grado di analizzarlo con occhio più distaccato e con sofisticati strumenti di analisi.
  In particolare sarà interessante acquisire una valutazione del direttore Alter sulle misure di semplificazione assunte nell'ultimo biennio, in particolare a partire dai due decreti-legge n. 1 e n. 5 del 2012, rispettivamente dedicati a liberalizzazioni e semplificazioni, e dai progressi registrati nell'attività di misurazione e semplificazione degli oneri amministrativi, nonché un suggerimento in merito all'implementazione dell'attività in essere.
  Detto questo, ringrazio ancora il nostro ospite e cedo la parola al dottor Rolf Alter.

  ROLF ALTER, Capo del Direttorato per la Governance pubblica e lo Sviluppo territoriale dell'OCSE. Buongiorno, signore e signori. È un grande piacere essere qui con voi, presidente e onorevoli commissari. Come ho già detto altre volte, mi dispiace non poter intervenire in italiano. Ai tedeschi piace parlare bene l'italiano, ma io ancora non ci sono arrivato e quindi chiedo la vostra indulgenza se mi esprimo in inglese.
  Noi possiamo guardare ad una lunga e tradizionale cooperazione tra Italia e OCSE in materia di politiche di regolazione. L'ultima pubblicazione dell'OCSE su questo tema è intitolata «Per una migliore regolazione in Europa: l'Italia», un rapporto che abbiamo pubblicato nel mese di giugno 2013, che dà una rassegna molto ampia dello stato dell'arte della riforma normativa, e in particolare della semplificazione in Italia.
  Ci siamo dedicati a questo argomento in modo particolare all'inizio del Governo Monti, quando abbiamo cercato di supportare quel Governo nel portare avanti questo dossier così importante. Ricorderete che il dottor Angel Gurría, segretario generale dell'OCSE, è arrivato in Italia pochi giorni dopo la conferma del Presidente Letta come Presidente del Consiglio. La riforma della regolazione era di nuovo all'ordine del giorno, come, d'altra parte, il nostro supporto alle politiche volte a garantire integrità e trasparenza alla riforma della pubblica amministrazione.
  Vorrei richiamare la vostra attenzione su un'altra importante pubblicazione del novembre di quest'anno, «Il governo in uno sguardo 2013», dove c’è un'analisi comparativa dei diversi sistemi di governo dei 34 Paesi membri dell'OCSE.
  Presidente, lei nella Sua introduzione ha detto che questo tema è molto importante per il Governo Letta e per la Camera dei deputati in questa legislatura. Condivido Pag. 5pienamente questa valutazione: le politiche di regolazione sono fondamentali, non soltanto per quanto riguarda le buone politiche in astratto, ma anche per garantire la competitività del sistema Paese, la soddisfazione e la fiducia dei cittadini rispetto al governo e allo Stato. Senz'altro l'obiettivo è garantire che le finalità delle politiche pubbliche vengano attuate nel modo migliore.
  Stamattina il segretario della Commissione mi ha cortesemente mostrato un po’ il palazzo, e ho avuto modo di vedere l'aula della Commissione bilancio. Ovviamente la Commissione bilancio è anch'essa una Commissione molto importante (su questo non c’è dubbio alcuno), ma quando andiamo a vedere l'impatto delle politiche di regolazione sull'attuazione delle politiche pubbliche, sulla posizione competitiva dell'economia e sul rapporto tra cittadini e Stato, mi sento di affermare che le politiche di regolazione hanno un'importanza perlomeno uguale.
  Io sono convinto che il nostro lavoro, trasversale a tutti i Paesi dell'OCSE, dimostra che delle buone politiche di regolazione sono un ingrediente importantissimo delle buone politiche pubbliche.
  Sono stato invitato per parlare in modo più approfondito delle questioni attinenti alla semplificazione. Voglio dire subito che l'Italia è in prima linea per questo impegno verso la semplificazione, e non da oggi. Se ripercorriamo una delle importanti iniziative assunte all'inizio degli anni 2000, ricordo che all'epoca ci fu quasi una pulizia generale di tutte le norme che non avevano più una funzione. Fu deciso di eliminare tutte queste norme inutili. Molti Paesi all'epoca hanno guardato l'esempio italiano, ossia il modo in cui l'Italia intraprese questo passo così coraggioso.
  Nel corso degli anni 2000 sono state adottate molte ulteriori iniziative di semplificazione. A seconda delle varie formule, tagliamo le norme, tagliamo gli enti o tagliamo gli oneri. Sono questi i tre filoni. Ci si chiede quindi quali sono le norme e gli enti ancora necessari e ovviamente c’è un controllo costante su quali sono gli oneri normativi imposti all'economia che debbono essere eliminati.
  A livello di OCSE, in linea generale, ci siamo posti obiettivi molto ambiziosi. Molti Paesi membri hanno intrapreso iniziative di riduzione degli oneri regolativi, per cercare di aumentare l'energia e lo spirito di iniziativa nel settore privato, per garantire ai Paesi di diventare più competitivi nell'attrarre investimenti esteri e per la creazione di impresa.
  Parliamo di cifre molto importanti. Nel 2011-2012, ci si è posti l'obiettivo del 25 e poi del 32 per cento di riduzione degli oneri. Sono cifre veramente cospicue. Ho letto che questo corrisponderà più o meno a una riduzione degli oneri di 20 miliardi di euro. È una cifra molto ragguardevole. Se consideriamo in che modo vengono oggi passati al vaglio i bilanci, questo è effettivamente un dato molto significativo.
  Ovviamente voi conoscete queste cose molto meglio di quanto uno straniero possa farlo, e quindi mi sembra utile darvi anche un quadro generale delle iniziative in corso in altri Paesi, per poi concentrarsi un po’ sull'agenda ottimale.
  La semplificazione, o riduzione degli oneri, è un processo che necessita di molta pazienza, ma anche di altre due cose. Da un lato bisogna garantire che i provvedimenti volti alla semplificazione vengano effettivamente attuati, perché decidere di semplificare il quadro normativo è una cosa, e realizzare questa semplificazione è una cosa diversa. Io credo che qui ci sia un elemento importante. Non si tratta soltanto di realizzare i risparmi auspicati, ma anche di garantire che si diffonda una percezione positiva nei destinatari dei provvedimenti.
  Come è successo in altri Paesi, e forse anche in Italia, molto spesso questi programmi di semplificazione così importanti non vengono percepiti dagli imprenditori e dal settore privato nella loro entità autentica o auspicata. C’è un aspetto di comunicazione: state informando tutti delle iniziative in corso ? Governo e Parlamento Pag. 6stanno cercando di far sì che tutti comprendano l'importanza dei programmi di semplificazione ?
  In secondo luogo, state garantendo che i destinatari e i potenziali beneficiari di questi provvedimenti siano coinvolti nella configurazione dei programmi e nella progettazione ? Secondo me, c’è un insegnamento importante che ormai possiamo dare per assodato: il settore privato deve sentirsi coinvolto nell'impegno.
  Di conseguenza, optare per la semplificazione e individuare gli oneri da tagliare non deve essere un'attività riservata all'apparato dello Stato, ma deve essere estesa ai potenziali beneficiari. Dunque consultazione e partecipazione sono fattori essenziali. Su queste cose in Italia si può un po’ migliorare la situazione. Questo vale anche per molti altri Paesi.
  Un altro aspetto importante non è tanto l'entità quantitativa dei programmi di semplificazione, ma piuttosto il modo in cui essi vengono concepiti. Ho già parlato della partecipazione.
  Un altro aspetto fondamentale è che siano trasversali a tutti i livelli di governo. All'inizio degli anni 2000 l'Italia si è avviata su un percorso di decentramento molto importante, aumentando le iniziative e i poteri decentrati ai livelli locali di governo. La potestà si è quindi spostata ad altri centri.
  Secondo voi, si è fatto abbastanza per garantire che l'impegno di semplificazione in qualche maniera percoli verso il basso a tutti i livelli di governo ? Questo è molto importante, perché l'imprenditore, soprattutto quello di una piccola o media impresa, in realtà non è interessato a capire se l'onere proviene da un livello di governo centrale, regionale o municipale. Questo non è importante. Per l'imprenditore si tratta di un onere tout court, quindi è importante definire chiaramente i diversi passaggi. Penso che questo possa essere un aspetto di potenziale interesse per la Commissione. Anche su questo credo che ci sia margine per ulteriori miglioramenti.
  In terzo luogo, la semplificazione non riguarda soltanto il settore privato, ma anche i cittadini in senso lato, che sono gli elettori. La percezione dei cittadini e l'interazione dei cittadini con lo Stato sono aspetti critici fondamentali.
  Anche in questo campo, l'Italia ha realizzato importanti riforme amministrative. Ad esempio, abbiamo lavorato molto con il Ministro Brunetta, nel momento in cui apportava significativi cambiamenti all'amministrazione. Son tutte cose che ovviamente voi sapete molto meglio di noi. Mi riferisco, ad esempio, ai canali elettronici, all'accesso, agli sportelli unici.
  Ricordo tutto questo per dire che la semplificazione deve anche occuparsi degli auspici dei cittadini, nel momento in cui, ad esempio, devono chiedere un permesso edilizio, un certificato di nascita o una patente. Tutti questi atti fanno parte dell'interazione tra cittadini e Stato.
  Faccio due altre osservazioni e poi potremo avere un dibattito. Dicevo poc'anzi che i tre obiettivi sono: tagliare le leggi, tagliare gli enti e tagliare gli oneri. Questa è la dimensione che possiamo chiamare «riduzione». Che cosa avviene invece per quanto riguarda il flusso costante di norme che vengono prodotte in maniera continua ? Ovviamente ogni nuovo intervento legislativo aumenta il corpus legislativo e regolamentare, e quindi la semplificazione deve prefiggersi altri due obiettivi. Il primo è migliorare il procedimento legislativo. Le politiche di regolazione in realtà possono contribuire a questo miglioramento, nel senso di promuovere le analisi di impatto della regolamentazione. Ciò significa che nel momento in cui si approva una legge si verifica anche il suo potenziale impatto: costi e obiettivi.
  A confronto con molti altri Paesi, soprattutto europei, in Italia oggi si è già lavorato molto per quanto riguarda le analisi di impatto della regolamentazione. So che l'anno scorso ne avete realizzate 150. Sono tante, direi quasi troppe, se mi consentite. Centocinquanta ovviamente è un grande numero, ma cosa possiamo dire della qualità ?
  C’è quest'altro aspetto: una buona analisi di impatto della regolamentazione richiede un cospicuo investimento dal punto Pag. 7di vista di tempo e capacità. Inoltre, la valutazione deve essere realizzata ben prima che una legge avanzi lungo l’iter che conduce alla sua approvazione. Ciò significa che bisogna garantire un determinato assetto istituzionale, ma anche la presenza di risorse umane in grado di realizzare queste analisi.
  Di conseguenza, una raccomandazione che posso farvi è che dovete verificare se avete investito abbastanza nello sviluppo di queste competenze. Questo è un aspetto fondamentale (non lo sottolineerò mai abbastanza), perché ha proprio a che fare con la qualità dell'intervento legislativo. A volte persone con responsabilità come le vostre ritengono che questo tipo di analisi restringa il margine di autonomia decisionale politica. Questo non è vero, anzi questa analisi vi dà le informazioni per garantire che l'intervento legislativo sia un intervento di qualità. Ovviamente, però, gli obiettivi e il procedimento rientrano nelle prerogative intangibili degli organi legislativi. Le analisi di impatto della regolamentazione sono uno strumento per migliorare la qualità dell'informazione.
  Passo ora a un'osservazione sulla manutenzione e gestione del corpus legislativo vigente. È importante garantire che l'applicazione sia robusta, valida e efficiente. Una legge ovviamente deve essere attuata, ma anche fatta applicare in maniera concreta. L'applicazione è un tema molto ricco.
  Cito un esempio in cui le cose non sono andate come avrebbero dovuto. Ricorderete l'inizio della crisi finanziaria del 2008 che ha portato a questa grande turbativa a livello globale. Uno dei motivi di questa disfunzione non è stato solo il fatto che gli strumenti operativi dei mercati finanziari non erano adeguati, ma soprattutto il fatto che non venivano applicati in maniera efficace. La gran parte del quadro normativo dei mercati finanziari non era stato applicato. Alcuni governi volevano che queste norme fossero norme dal tocco lieve, applicate in maniera soft. Questo è un grande rischio, perché se il quadro normativo esiste, ovviamente deve essere anche attuato e applicato. Applicazione, verifica e concreta attuazione sono tutti elementi fondamentali di buone politiche di regolazione.
  Avevo preparato una presentazione. Mi concentro su due diapositive. La prima diapositiva riguarda le raccomandazioni del Consiglio dell'OCSE sulle politiche di regolazione e sulla governance. Un testo all'avanguardia del 2013, che contiene tutti gli indirizzi più attuali, secondo me in grado di orientare davvero le politiche di tutti i Paesi. Questo testo contiene una serie di principi normativi fondamentali, legati a strategie, istituzioni, gestione e governance.
  Non voglio passare in rassegna dettagliatamente questa diapositiva, però sarei lietissimo di ritornare per approfondire una qualsiasi di queste caselle, laddove voi aveste l'esigenza di una trattazione più in dettaglio. Comunque, vedete che abbiamo dato grande rilievo al ruolo dei Parlamenti, che non soltanto assumono le decisioni legislative, ma sono anche i soggetti che in qualche maniera rispondono di più ai cittadini per quanto riguarda la qualità della legislazione. Noi descriviamo in dettaglio questo ruolo.
  Come ha detto Lei nel suo intervento introduttivo, Presidente, è importante la dimensione internazionale, che è un aspetto fondamentale delle politiche di regolazione. Ovviamente poi c’è anche l'interfaccia tra livello nazionale e subnazionale.
  Mi sono anche soffermato sulla valutazione di impatto, perché si tratta di un potente fattore di semplificazione e di riduzione degli oneri.
  Salto le altre diapositive e passo ai miglioramenti potenziali per l'Italia. Abbiamo parlato già dell'attuazione, del monitoraggio e della valutazione. Una volta che viene approvata una legge, bisogna vedere qual è l'efficacia della stessa. In seguito bisogna misurare la percezione della riduzione degli oneri, perché se imprese e cittadini non sono consapevoli della riduzione degli oneri, è come non averlo fatto. Le percezioni sono la realtà.
  Inoltre, si deve rafforzare la cooperazione con le regioni e gli enti locali, per Pag. 8garantire una coerenza a tutti i livelli, di modo che tutti i soggetti coinvolti seguano lo stesso orientamento.
  L'aspetto fondamentale è che il Parlamento deve garantire la supervisione dell'applicazione delle politiche di regolazione in Italia.
  Mi fermo qui e sarò lieto di rispondere ad eventuali domande. So che il tempo a disposizione è limitato, quindi voglio lasciare un po’ di spazio al dibattito.

  PRESIDENTE. Grazie davvero, dottor Alter. Passiamo ora agli interventi dei colleghi, non senza aver evidenziato il fatto che, tutto sommato, non siamo visti male, rispetto a quello che pensiamo noi della realtà del nostro Paese. Questo da un lato può essere un elemento di sollievo, ma dall'altro è anche una constatazione del fatto che dobbiamo affrontare le cose in profondità. Infatti, come ha detto il dottor Alter, la percezione è quello che conta e la nostra percezione non è buona.
  Allo stesso modo, il dottor Alter ha sottolineato il rilevo del ruolo della politica: una buona legge non riduce il ruolo della politica, anzi la esalta. Io penso che queste siano cose sulle quali il Parlamento italiano, se vuole, dovrà lavorare con intensità.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PASQUALE SOLLO. Innanzitutto vorrei ringraziarla e scusarci. Lei è stato molto cortese in tutto il suo intervento e si è scusato di non parlare l'italiano. Lei è tedesco. Io adoro la Germania; il mio migliore amico fraterno è di Amburgo, e quindi la conosco benissimo. Vorrei parlare inglese, ma evito, semplicemente perché la mia pronuncia non è ai livelli del dottore. Di conseguenza, siamo noi che ci scusiamo per non poter dialogare tutti in inglese con lei. Le sue scuse sarebbero valse se avesse parlato in tedesco, ma ha parlato in inglese.
  Trovo eccellente la sua analisi, anche perché, sintetizzando, ha approfondito essenzialmente due aspetti. Il primo aspetto è l'obiettivo della semplificazione: tagliare leggi, enti e oneri. Il secondo e il più importante, che è espresso in cinque punti, e che lei ha sintetizzato in tre, è che questo non avrebbe senso, se non si attuasse quello che si fa, se non ci fosse partecipazione e soprattutto concertazione.
  Lei ha parlato tantissimo di imprese private, proprio perché la forma mentis del tedesco è un pochettino diversa rispetta a quella dell'italiano: il tedesco è più finalizzato all'impresa privata, mentre noi in genere, quando trattiamo la semplificazione, parliamo sempre di pubblica amministrazione e ci dimentichiamo invece del mondo dell'impresa, che probabilmente è altrettanto, se non più importante.
  Lei ha parlato di concertazione con il mondo dei privati e tra i vari livelli della pubblica amministrazione e di un ultimo aspetto, probabilmente il più importante, che è la percezione dei cittadini. Lei ha chiuso nel modo migliore, dicendo che non serve tagliare o fare una nuova legge al posto di una vecchia, se questo non arriva al cittadino. Se la nuova legge non è percepita, non vale la pena farla. Su questo siamo perfettamente d'accordo.
  Al di là di ogni altra cosa, vorrei chiederle di rispondermi con molta sincerità, e non con i doveri dell'ospitalità, che in genere si usano in questi frangenti (normalmente si viene in uno Stato e si cerca di essere gentili). L'Italia, come ha ricordato il presidente Tabacci, veniva riconosciuta come uno degli Stati con il più alto tasso di burocratizzazione tra gli Stati membri dell'OCSE. Questa percezione c’è ancora ? Negli ultimi anni, non soltanto in seguito al famoso taglialeggi, che tolse migliaia di leggi, ma anche alla serie di provvedimenti che si stanno facendo, anche in questi ultimi tempi, c’è una percezione diversa da parte dei vari Stati su quello che si sta tentando di fare oppure veniamo ancora considerati come uno Stato ad altissimo tasso di burocratizzazione ? La ringrazio.

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  UMBERTO D'OTTAVIO. Anch'io ringrazio il nostro ospite per le cose che ci ha raccontato e soprattutto per la percezione che ha dato dell'Italia. Queste audizioni che stiamo facendo ci hanno mostrato, e lei ci ha confermato, che una cosa non percepita non esiste, quindi è assolutamente importante fare questo passaggio sulla percezione, che sia condiviso.
  Credo però che in Italia abbiamo un problema in più e su questo vorrei chiedere un suo parere. In Italia si ritiene la semplificazione un qualcosa di cui si possa approfittare. Una cosa semplice può essere l'occasione per fare qualche guaio: semplificazione vuol dire poco controllo. Devo dire che io non condivido affatto questo pensiero. Ovviamente a questo c’è una premessa: il rapporto corretto tra i cittadini e lo Stato (l'onestà innanzitutto).
  Vorrei sapere quali sono le penalità negli altri Paesi, quando un cittadino racconta bugie allo Stato. Come mai negli altri Paesi questa vicenda funziona meglio ? Grazie.

  MINO TARICCO. Anch'io vorrei porre una questione. Sicuramente nel nostro sistema amministrativo, avendo molti livelli (il Parlamento che fa le leggi, i Ministeri che emanano i vari decreti ministeriali attuativi, i regolamenti e via discorrendo, le regioni che recepiscono e rinormano sia sul piano legislativo che sul piano amministrativo, le province, i comuni eccetera), alla fine il cittadino, su una norma urbanistica piuttosto che su altro, si trova di fronte a una sfilza di norme che costruiscono un'oggettiva complessità.
  Dal suo osservatorio, questo tipo di impianto un po’ barocco-bizantino appare come un impianto generale, che esiste anche negli altri Paesi, oppure come una peculiarità nostra ?
  Vengo ora alla seconda questione. Il mondo anglosassone ha un livello di codificazione decisamente inferiore a quello latino, perché lascia molto di più a codici interpretativi, autoregolamentazione eccetera. Dal suo osservatorio, la differenza di impianto produce effetti semplificatori e in quale caso ? Cosa c’è di buono nelle due questioni ? Vorrei capire cioè, al di là della forma, qual è la differenza nella sostanza e che tipo di ripercussioni concrete ha sulla vita dei cittadini.

  GIORGIO PAGLIARI. Ringrazio il relatore. Vorrei fare una considerazione, forse troppo italiana e non di più ampio respiro. Credo che un tema che renderà sempre il processo semplificatorio in Italia complicato è legato al fatto che non si affronta con chiarezza una premessa indispensabile: che tipo di Stato, o meglio che tipo di pubblica amministrazione, si vuole, e che tipo di rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini si vuole.
  Credo che l'ultimo disegno di legge di semplificazione, che è all'esame della Commissione affari costituzionali del Senato, sia l'emblema di questo. Si fa un'operazione meramente di semplificazione di alcuni procedimenti, peraltro introducendo delle idee che a me paiono assolutamente incostituzionali, sul piano della modifica di testi molto importanti, come sono, per esempio, quelli legati all'ambiente, ma non si affronta alla radice il problema di fondo.
  La semplificazione nasce dalla scelta di quale ruolo deve avere l'amministrazione. Esiste una divisione di principio, o in un certo senso manichea, tra un modello di controllo preventivo ed un modello di controllo successivo. Questo tema nel nostro ordinamento è entrato a fatica attraverso l'introduzione della DIA (denuncia di inizio attività) e della SCIA (segnalazione certificata di inizio attività).
  Da un lato, se c’è il controllo precedente, c’è un modello di un'amministrazione – semplifico – che incide sulla definizione della condizione di operatività del cittadino in determinati ambiti. Se invece c’è il controllo successivo, c’è un'amministrazione che si preoccupa di verificare se il cittadino ha operato nel rispetto della legge o meno.
  La scelta tra questi due modelli sul piano dei tempi, per esempio, delle autorizzazioni o delle concessioni, pone su due orizzonti completamente diversi. Io sento Pag. 10dire spesso dal mio amico Dallara, che è un costruttore di automobili che ha aperto uno stabilimento in America mettendoci sei giorni, che in Italia ci sarebbe voluto un anno e mezzo. La differenza sta qui.
  Chiaramente questo presuppone davvero una riforma. In Italia si parla sempre di riformare, ma poi le riforme non aggrediscono davvero. Si tratta davvero di una riforma, perché vuol dire ripensare il modo di essere della stessa amministrazione, in termini di competenze e di funzioni dei suoi stessi operatori. Questo vuol dire anche, prima ancora, avere una pubblica amministrazione davvero consapevole e forte nel proprio ruolo, nei confronti della politica e dei cittadini.
  Ciò vuol dire che quando si passa dal controllo preventivo al controllo successivo, chiaramente ci deve essere un'amministrazione che sul piano della verifica e del rispetto delle leggi da parte di chi ha operato sia inflessibile, e non sia l'amministrazione italiana che chiude un occhio. Altrimenti viene fuori l'anarchia e non c’è più una semplificazione, ma la cancellazione dello stato di diritto.
  Detto questo, io credo che nel processo di semplificazione sia necessario operare su due livelli. Anche questo mi pare un tema che andrebbe assolutamente ripreso con forza, se si vuole davvero arrivare a semplificare. Da un lato, occorre impostare tutta la legislazione nuova già in una logica di vera semplificazione. Dall'altro, c’è la necessità di mettere mano con decisione alla semplificazione della legislazione esistente.
  Non si semplifica se non si agisce sui due piani, cioè se non si agisce per il futuro in una logica di legislazione semplificata e se non si abbatte con decisione la mole delle leggi italiane.
  Credo che questi siano i veri deficit di un'intenzione riformatrice seria in Italia. Non mi pare che al momento, con tutte le tecnologie esistenti, un'operazione, anche rapida, di semplificazione della legislazione italiana esistente sia impossibile. Certamente nel processo di semplificazione rientra anche il tema dell'organizzazione del rapporto tra i diversi livelli istituzionali. Anche questo incide sulla vischiosità dell'amministrazione. Questo è un tema importantissimo, però mi fermo per non dilungarmi troppo.

  MARA MUCCI. Anche noi del Movimento 5 Stelle ringraziamo per questa audizione interessante.
  Vorrei dire alcune cose, che sono state in parte richiamate. Comunque, la mia analisi riguarda più il modo di legiferare italiano. A mio avviso, una semplificazione deve partire da quando si inizia a studiare una legge e a metterla sul piatto. Questo Parlamento, ma soprattutto i precedenti, hanno lavorato e lavorano molto con decretazione d'urgenza. Se non erro, in questa legislatura sono passate due leggi di origine parlamentare (troppo poche).
  Questo significa che lavoriamo in urgenza e la legiferazione parte da iniziative del Governo. Quest'ultimo, come ci è stato detto anche in una precedente audizione, lavora poco sulle analisi ex ante rispetto alla creazione della legge e fa poche audizioni, che non vengono pubblicizzate.
  Questa è una grossa mancanza, innanzitutto perché la legge che viene prodotta deve essere modificata dal Parlamento dove, come vediamo in questi giorni, vengono apportate numerose modifiche, ma anche perché i tempi per convertire i decreti-legge sono stretti, e quindi spesso tutte le modifiche approvate dal Parlamento non arrivano in fondo.
  Alla fine la legge che viene approvata non è quella perfetta, che tutti vorrebbero in un mondo ideale. Secondo me, probabilmente, c’è da cambiare un assetto istituzionale del Parlamento italiano: abbiamo due Camere (Camera e Senato) che lavorano sulle stesse cose.
  Vorrei capire se lei, da un punto di vista più ampio, ravvisa che in Paesi dove c’è una sola Camera o dove le Camere svolgono lavori differenti la produzione di leggi è più efficace e più efficiente rispetto a Paesi che hanno due Camere che svolgono lo stesso compito.
  Inoltre, lei ha detto, giustamente, che è molto importante l'analisi ex post. Lei ci ha parlato di 150 valutazioni di impatto Pag. 11svolte nell'anno passato. Non so se sia vero ma probabilmente una valutazione di impatto è efficace nel momento in cui si corregge la manovra. Se a seguito di un'analisi d'impatto si ravvisa che c’è un problema in una legge, la si deve immediatamente modificare, per far sì che si crei meno burocrazia e che la legge sia più efficace e più giusta. Mi sembra che questo non succeda.
  Noi abbiamo avuto dei grossi problemi con la recente riforma pensionistica. Abbiamo creato una classe di cittadini che si ritrova in un buco in cui non percepisce la pensione e neanche lo stipendio. Mi chiedo se, ad esempio, per questo provvedimento sia stata fatta una sufficiente analisi ex post, ma soprattutto una sufficiente analisi ex ante.
  In più, io e il mio Gruppo (ma immagino anche gli altri) siamo convinti che chi vive il problema in prima persona sappia bene di che cosa si parla. Lei ha fatto riferimento al mondo delle imprese, che chiedono semplificazione in un certo ambito. Chiaramente gli imprenditori vanno auditi, perché vivono il problema in prima persona e ci danno anche la soluzione.
  Per semplificare, dovrebbe partire tutto da una corretta produzione normativa, che andrebbe fatta da adesso in avanti, anche perché immagino che i problemi non siano stati affrontati solo in questa legislatura ma che se ne sia parlato anche nella scorsa.
  Sappiamo benissimo quali sono le nostre mancanze, ma sarebbe ora di iniziare a risolvere la situazione in maniera strutturale. Mi chiedo se dal punto di vista istituzionale lei ha una visione più ampia rispetto alla mia e può darci qualche suggerimento. Grazie.

  ERICA D'ADDA. Ringrazio il relatore. Io mi focalizzerò su alcuni aspetti precisi. Innanzitutto, dottor Alter, lei ci ha detto che siamo stati molto bravi, anche fin troppo, almeno dal vostro punto di osservazione. Tuttavia, se lei parlasse con i nostri cittadini, le direbbero esattamente il contrario. Molto probabilmente esistono dei nodi rispetto ai quali si dovrebbe verificare che cosa succede.
  Vorrei capire da lei come vedete questa situazione da fuori. Uno degli elementi è stato ben messo in evidenza dal vicepresidente Taricco, il quale diceva che con la struttura che noi abbiamo (statale, regionale, per adesso anche provinciale, e degli altri enti locali) e con le leggi con cui l'abbiamo circondata (mi riferisco alla riforma del Titolo V), abbiamo creato una sorta di burocrazia che ha implementato e complicato anche il processo di semplificazione. Siamo riusciti a complicare il processo di semplificazione, che nello stesso tempo mettiamo in atto.
  Lei ha messo in evidenza che un processo di regolazione e di semplificazione, per funzionare, deve incidere su tre elementi fondamentali: le leggi, gli enti e gli oneri (ossia le spese). Credo che ci sia un tema da affrontare: su che cosa effettivamente l'Italia interviene. Se interviene su tutti e tre gli aspetti, allora forse il processo di semplificazione ha un senso. Se invece non interviene su tutti e tre gli aspetti, ma si ferma su quello delle norme e delle leggi, allora molto probabilmente c’è qualcosa che non funziona e c’è da domandarsi perché questo accada, anziché registrarlo semplicemente come un dato di fatto.
  L'ultimo punto (non mi dilungo oltre) è il problema della comunicazione, che evidentemente riguarda la comprensione dei bisogni dei cittadini e il lavoro che viene fatto. Non si tratta soltanto di riferire ai cittadini come stanno andando le cose (cosa che comunque è importante). La comunicazione riguarda anche la percezione del cittadino che, nel momento in cui si rivolge alla pubblica amministrazione per alcuni bisogni, dalla questione edilizia all'apertura di una nuova impresa, si accorge di avere di fronte uno Stato e degli enti pubblici che rispondono velocemente alle sue sollecitazioni. Questo non accade.
  Io mi domando se per «comunicazione» intendiamo il percorso che adesso io ho banalizzato in questo modo, o invece Pag. 12intendiamo recepire in maniera molto «politicizzata» delle istanze. Una di queste istanze, per esempio, è semplificare, senza un controllo ex post effettivo che renda attuabili le semplificazioni a monte. Mi chiedo quindi se sia un'azione di tipo politico in senso lato. In altre parole, la politica cerca il consenso e non lo fa rispondendo ai problemi dei cittadini e assumendosi in prima persona delle responsabilità, ma dando delle risposte che non colpiscono nel segno.
  Un esempio su cui io posso concordare, da sempre, con la collega del Movimento 5 Stelle che ha parlato prima di me è il problema delle pensioni. Noi siamo riusciti a fare una serie immensa di riforme delle pensioni nel giro di pochissimi anni. Mi dica se esiste un altro Paese che nel giro di venti anni è riuscito a fare tutte le riforme delle pensioni che abbiamo fatto noi, per arrivare alla fine a una riforma delle pensioni che i cittadini detestano a priori, indipendentemente dalla parte politica in cui stanno e che, dal mio punto di vista, riuscirà non soltanto a mettere in difficoltà di vita le persone, come si diceva, ma anche a impattare in maniera devastante sulle generazioni più giovani. Grazie.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al dottor Alter, ringrazio i colleghi che sono intervenuti. Certamente il Parlamento italiano è chiamato a riflettere su un passaggio politicamente molto rilevante, che incide anche sulla formazione delle leggi. Da un lato, la grande riforma del 2001 sul Titolo V della Costituzione ha portato con sé l'effetto di mettere sullo stesso piano lo Stato con le regioni e il sistema delle autonomie locali, e questo elemento paritario ha alimentato una duplicazione di una legislazione che ha finito per stratificarsi.
  L'altro aspetto, che sovviene al ragionamento fatto dall'onorevole Mucci sulla scarsità della legislazione di origine parlamentare, è dovuto alla modifica che ha trasformato profondamente il sistema parlamentare in un sistema di altra natura, che non è presidenziale, ma che esiste solo in Italia. Mi pare giusto che nella sua slide il Parlamento abbia una posizione centrale. Il Parlamento ha una posizione centrale se è in grado di esercitarla. Se non è in grado di esercitarla, interviene la legislazione d'urgenza di cui ci si lamenta, che viene forzata ed è tipica di un sistema che si è impantanato a metà del guado: non è diventato un sistema presidenziale in termini classici, ma è rimasto parlamentare, perdendo la memoria della struttura parlamentare.
  Do la parola al dottor Rolf Alter per la replica.

  ROLF ALTER, Capo del Direttorato per la Governance pubblica e lo Sviluppo territoriale dell'OCSE. Ringrazio il presidente e tutti gli intervenuti per la dovizia di domande. Presumo di non poter rispondere a tutte, ma reagirò agli interrogativi fondamentali che sono stati sollevati.
  Inizio dalle ultime osservazioni. La semplificazione in realtà è una componente di una questione più ampia. A volte si tende a utilizzare la semplificazione come un approccio meramente tecnico al miglioramento della qualità delle leggi. Certamente gli oneri della regolazione sono un onere per i cittadini e le imprese e bisogna affrontare questo aspetto. È necessaria quindi una risposta, per la quale abbiamo alcuni strumenti. Tuttavia, l'interrogativo più ampio è quali sono le implicazioni per quanto riguarda il rapporto tra cittadino e Stato e il tipo di pubblica amministrazione che vogliamo, come Lei ha detto.
  Alcuni mesi fa abbiamo pubblicato una nota, che metteva a raffronto la fiducia nello Stato e nel governo nei 34 Paesi membri, prima della crisi e dopo la crisi. Con questo non vogliamo dire che la crisi sia finita, ma solo che abbiamo inserito i dati relativi al 2012. In due terzi dei Paesi membri ci è stato confermato che i cittadini oggi hanno meno fiducia di prima nel governo e nello Stato, per una serie di motivi. Questa è un'espressione delle percezioni dei cittadini, da cui ovviamente non traiamo motivi di incoraggiamento.Pag. 13
  Questo ci dice anche qualcosa rispetto alle aspettative dei cittadini, rimaste inevase da parte dei governi. Non sto parlando di un Paese o di una forma di governo in particolare, ma della funzione del governo e dello Stato. È fondamentale capire quali sono le esigenze reali dei cittadini. Vorrei quindi avanzare un suggerimento: i cittadini oggi sono molto diversi rispetto a pochi anni fa, si sono abituati a comunicare diversamente, a comprare diversamente, a connettersi diversamente, e senz'altro hanno fortissime aspettative per quanto riguarda i risultati concreti. Si tratta di movimenti che si diffondono in tutti i Paesi, non soltanto in Italia, e di percezioni che incidono profondamente sull'interazione tra cittadini e pubblici poteri.
  Gli Stati hanno difficoltà a rispondere a tutte le istanze che vengono formulate in tempo reale sui social media e che richiedono una risposta immediata. Analizzando le difficoltà dell'amministrazione e della politica, ci rendiamo conto che entrambe debbono adeguarsi. Si parla tanto dell'uso dei social media da parte dei pubblici poteri, per comprendere le esigenze della gente e fornire risposte. L’e-government è una delle risposte. Possiamo dire che è il front office, ossia la prima linea. Quali sono le implicazioni per tutto ciò che c’è a monte nell'apparato dello Stato ? Dobbiamo capirlo un po’ meglio.
  Nel contesto della pubblica amministrazione, la semplificazione e la riduzione degli oneri sono formule che sintetizzano quello che noi vogliamo fare per cittadini e imprese, cioè qual è l'impatto sui cittadini e sul settore privato. Ci sono anche implicazioni per quanto riguarda l'organizzazione interna dell'apparato dello Stato, che in realtà misuriamo dall'impatto ultimo sui destinatari di queste misure.
  Come si traduce la complessità di questi rapporti nelle percezioni ? Prendiamo ad esempio alcune valutazioni della Banca Mondiale o del World Economic Forum sulla competitività dei Paesi o sull'imprenditorialità. In realtà, il successo è misurato sulle percezioni. C’è una discrepanza rispetto a quello che il governo o i pubblici poteri fanno, in quanto le percezioni sono differite rispetto alle azioni intraprese.
  Un intervento di semplificazione non si traduce automaticamente in un immediato riconoscimento della validità dell'intervento, quindi la comunicazione è un fattore fondamentale dell'equazione. Molti Paesi hanno sottovalutato l'importanza della comunicazione e non hanno investito abbastanza nel coinvolgimento e nella partecipazione di cittadini e settore privato alla formazione delle leggi. Molti Paesi membri dell'OCSE stanno cercando di aumentare gli investimenti in questo ambito e di migliorare la trasparenza dell’iter legislativo.
  Lei ha parlato di riforma delle pensioni, che è sicuramente una delle riforme più complesse in qualsiasi Paese, non soltanto da un punto di vista tecnico, ma anche perché deve essere caratterizzata da un grande processo di consultazione e di partecipazione. Le riforme delle pensioni sono state realizzate da persone competenti dal punto di vista tecnico, ma senza coinvolgere i soggetti interessati. Credo che su questo ci sia molto da fare.
  Molti Governi hanno dichiarato di voler essere più aperti e più trasparenti. Apertura e trasparenza non si realizzano limitandosi a condividere quelle informazioni che si vogliono condividere. Trasparenza vuol dire anche disponibilità all'ascolto.
  Un altro concetto che vorrei sottolineare è che una formazione delle politiche inclusiva produce risultati migliori. Bisogna quindi ascoltare e dedicare risorse all'ascolto, all'informazione, al dibattito e alla persuasione, per poi arrivare alla decisione. Ovviamente alla fine dell’iter c’è la decisione (questo è quello che fate quotidianamente), ma per arrivare alla decisione i cittadini e le parti interessate debbono essere coinvolti, quindi è necessaria un'istruttoria preliminare. L’open government (lo Stato aperto) è un imperativo. Questa è una questione aperta in molti Paesi.
  Spendo ora due parole sui diversi livelli di governo. Circa un terzo dei Paesi membri dell'OCSE sono veramente federali. Germania, Australia e Canada sono Pag. 14certamente Paesi con territori molti vasti, che hanno questo tipo di struttura, ma ci sono anche altri Paesi. Il problema non è tanto la struttura, ma, come diceva lei, presidente, le duplicazioni. Bisogna chiarire i centri di responsabilità e questo richiede un lavoro di precisione, per stabilire quali responsabilità e quali competenze vengono attribuite a quale livello di governo.
  Per quanto riguarda le percezioni, è interessante rilevare che spesso il cittadino è in grado di valutare con molta chiarezza i servizi pubblici, come l'istruzione, la sicurezza e la sanità, che sono questioni di immediato interesse per lui. Spesso la risposta dei cittadini è molto diversa quando si chiede loro quanta fiducia hanno nel governo. La fiducia del cittadino nello Stato è bassa, però a volte la valutazione dei singoli servizi pubblici è migliore. I servizi pubblici spesso vengono erogati a livello locale, quindi se c’è un chiaro centro di responsabilità, questo ovviamente aiuta.
  La semplificazione apre degli spiragli per gli abusi ? Non deve essere questa la percezione. Semplificare vuol dire rendere più facile non l'inganno o l'abuso, bensì l'ottemperanza e il rispetto, perché la regola è più semplice.
  Nel Regno Unito volevano migliorare l'esazione delle imposte. Hanno inviato una lettera a tutti dicendo che dovevano pagare, con una frase che recitava: «Questo è il Suo obbligo fiscale. La maggior parte dei Suoi concittadini hanno già assolto a tale obbligo». Il gettito è aumentato del 22 per cento. Se ti dicono che il tuo vicino di casa non paga le tasse, non rispetta la legge e non gli succede niente, magari la tentazione è di chiederti perché tu devi pagare. È una cosa semplice, ma che dimostra che se si garantisce una semplificazione dell'applicazione concreta e questo risponde alle aspettative dei cittadini, le cose cambiano. Credo che sia un esempio interessante.
  Aggiungo ancora qualche osservazione sui diversi livelli di governo. In tutti i Paesi dell'Unione europea c’è un altro legislatore: la Commissione europea. Questo è un altro fattore dell'equazione che va capito bene. Come traduciamo le norme che vengono da Bruxelles ? Vengono applicate a tutti i livelli di governo in Italia ?
  Voglio soffermarmi su un altro aspetto fondamentale: l'analisi ex ante e ex post. Le 150 analisi di impatto che sono state effettuate in Italia l'anno scorso sono analisi preventive che servono al Governo e al Parlamento per avere tutti gli elementi per legiferare con cognizione di causa, prevedendo quali saranno gli effetti dell'intervento legislativo. Questo va fatto prima. Tutto il procedimento deve essere altamente sofisticato. Non basta mettere una crocetta su una casella. Su questo, secondo me, c’è ancora da investire.
  Ho detto che 150 analisi sono tante, nel senso che forse non tutte le leggi debbono essere sottoposte a una valutazione di questo tipo. In altri Paesi sono state fissate delle soglie. Se la norma impatta su tante imprese e prevede tanti oneri, al di sopra di una certa soglia, si realizza l'analisi di impatto, ma non su tutte le norme.
  La valutazione ex post è molto in voga per quanto riguarda i bilanci dello Stato. C’è la spending review. Forse si deve fare anche una rassegna dei risultati delle leggi.
  Presidente, concludo con un ultimo commento. Si è parlato (Lei stesso l'ha fatto) del ruolo dei Parlamenti, esiste un ufficio parlamentare di bilancio. So che anche il Parlamento italiano si sta dotando di una struttura di questo tipo, dalla quale potrà ottenere un'analisi dei bilanci. Ciò è considerato importante, perché si ritiene che garantisca ai parlamentari un'efficace comprensione dei provvedimenti proposti dal Governo.
  Questo vale anche per quanto riguarda l'effetto regolativo delle norme, e non soltanto gli oneri finanziari. Alcuni Parlamenti, come anche il Parlamento europeo, ora sono in grado di verificare il significato degli interventi legislativi, l'impatto potenziale e le modalità di attuazione. Pag. 15
  Mi auguro che l'istituendo ufficio del bilancio possa costituire, anche in Italia, un utile supporto per l'assunzione di decisioni parlamentari, per avere informazioni che possano contribuire a migliorare la legislazione. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Rolf Alter per la disponibilità che ha manifestato e anche per l'assoluta competenza con cui ha risposto agli stimoli dei colleghi.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.

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