XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 4 dicembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SEMPLIFICAZIONE LEGISLATIVA ED AMMINISTRATIVA

Audizioni del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Filippo Patroni Griffi, del Capo Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri, Carlo Deodato, e del Capo Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri, Diana Agosti.
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 
Patroni Griffi Filippo , Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ... 3 
Tabacci Bruno , Presidente ... 7 
Deodato Carlo , Capo Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri ... 7 
Di Giorgi Rosa Maria  ... 11 
Tabacci Bruno , Presidente ... 11 
Agosti Diana , Capo Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri ... 11 
Tabacci Bruno , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizioni del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Filippo Patroni Griffi, del Capo Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri, Carlo Deodato, e del Capo Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri, Diana Agosti.

  PRESIDENTE. Con la seduta di oggi inizia il ciclo di audizioni previsto nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla semplificazione legislativa e amministrativa. La settimana prossima l'indagine conoscitiva proseguirà con l'audizione del consigliere Luigi Giampaolino, già presidente della Corte dei conti (lunedì 9 dicembre alle ore 17.00), e con l'audizione del capo del direttorato dell'OCSE Rolf Alter (martedì 10 dicembre alle ore 09.30).
  Il Sottosegretario Patroni Griffi potrà darci un quadro della situazione dalla sua prospettiva di segretario del Consiglio dei ministri, anche segnalandoci le iniziative che considera più utili per rendere ordinata l'attività normativa del Governo e più autoapplicativi i provvedimenti.
  Il consigliere Carlo Deodato dirige il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio, che ha un ruolo di coordinamento strategico dell'attività normativa del Governo. Mi auguro che il consigliere Deodato possa indicarci, tra l'altro, le misure che giudica idonee a migliorare la qualità dei testi normativi, anche con riguardo all'elaborazione della relazione sull'analisi tecnico-normativa e della relazione sull'analisi d'impatto della regolazione.
  La consigliera Diana Agosti dirige un'altra struttura strategica della Presidenza del Consiglio, quale il Dipartimento per il coordinamento amministrativo, e potrà fornirci elementi utili per verificare l'attuazione in via amministrativa delle politiche del Governo. La ringrazio per averci fatto pervenire il testo scritto della sua relazione, che è già in distribuzione.
  Do la parola al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Filippo Patroni Griffi, per lo svolgimento della relazione.

  FILIPPO PATRONI GRIFFI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, presidente, signori senatori e signori deputati. La mia relazione sarà un po’ schematica, ma ovviamente sono a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.
  Vorrei partire da una premessa, che sarà ancor più schematica, perché probabilmente richiama alcuni punti abbastanza noti del dibattito. Loro sanno che la qualità della normazione – o, con un titolo un po’ più appealing: «la fabbrica delle leggi» – è un tema che, quanto meno negli anni novanta, è uscito dal semplice dibattito Pag. 4dottrinale ed è entrato anche nell'ambito delle politiche pubbliche dei Governi, nonché delle istituzioni europee e internazionali. Penso soprattutto all'attività dell'OCSE in materia.
  Si tratta di un tema chiave, essenzialmente perché ha un aspetto politico e un aspetto economico. Sul piano politico è uno degli strumenti per rendere effettivi i diritti e le libertà costituzionali. Sul piano economico è uno degli strumenti per rendere competitivo un sistema-Paese.
  Un altro elemento che vorrei richiamare in premessa, di cui credo occorra avere piena consapevolezza, è che l'interesse per la qualità delle regole è neutro e trasversale e prescinde dal merito della regolazione, per porsi come un valore e un interesse pubblico in sé. Questo è probabilmente alla base della continua tensione che c’è tra interesse alla qualità della normazione e interessi pubblici perseguiti nei singoli settori. Talvolta è un vero e proprio conflitto, che si riverbera anche sui soggetti che sono chiamati ad assicurare la qualità delle regole oppure la regolazione di un settore.
  Se guardate alle esperienze interne alle istituzioni parlamentari e governativa, vedrete che spesso i soggetti preposti, tra l'altro, ad assicurare la qualità della normazione – per esempio la Presidenza del Consiglio – si trovano in conflitto, proprio sotto questo aspetto, con i soggetti che si occupano del merito della regolazione, cioè i singoli ministeri.
  Questo si riproduce – e forse in passato si riproduceva anche di più – a livello del Parlamento. Le Commissioni che sono state preposte a questo scopo, a cominciare dalla Commissione per la semplificazione, spesso hanno avuto dei momenti di raccordo non sempre facili con le Commissioni di merito.
  Il terzo punto che vorrei richiamare, e che ci fa passare dalla premessa al merito, è che sicuramente, nonostante il dibattito che dagli anni 1990 – vale a dire dal reinventing government di Al Gore – si è diffuso in tutta Europa, ancora non si registra in Italia, a tutti i livelli istituzionali, un compiuto adeguamento dei soggetti di produzione normativa a regole che invece, in teoria, sono per lo più condivise.
  Dopo una prima stagione tutto sommato positiva in tema di qualità della normazione, che va dagli anni novanta ai primi anni Duemila, la situazione oggi è sicuramente aggravata dai rapporti problematici attuali tra le istituzioni e dalla crisi economica. Questi due elementi – rapporti problematici tra le istituzioni e crisi economica – che costituiscono il quadro in cui è possibile assicurare una qualità della normazione, richiedono oggi uno sforzo ulteriore per garantire una corretta impostazione delle politiche pubbliche, che tenga conto anche dell'importanza che sulla qualità delle regole hanno il momento della progettazione normativa, quello dell'istruttoria normativa e quello dell'applicazione delle norme. I primi due momenti possono essere messi insieme. Questi tre momenti sono esattamente i punti su cui credo di essere stato chiamato oggi a fornire degli elementi sulla base della mia esperienza.
  Partiamo dalla progettazione. Evidentemente una corretta progettazione normativa richiede un processo trasparente e ben scandito nei tempi. La tempistica è un elemento chiave della progettazione normativa. Nell'ambito della progettazione normativa ha ovviamente un grande risalto la fase istruttoria. Direi che il punto chiave di una corretta progettazione normativa è fare emergere fin dalla fase iniziale dell'istruttoria gli interessi contrapposti, che esistono sempre quando si addiviene a una decisione normativa, che alla sua base ha quasi sempre una decisione politica, ossia tra più scelte possibili.
  Impostare correttamente dall'inizio la progettazione normativa per fare emergere questi interessi consente, se non di evitare, per lo meno di attenuare le soluzioni di compromesso dell'ultima ora, quali, ad esempio, le decisioni in Consiglio dei ministri salvo intese, che sono purtroppo una delle cause più rilevanti di una scarsa qualità normativa. Infatti le intese, pur raggiunte necessariamente in sede governativa, spesso si riversano sulla sede parlamentare, Pag. 5perché si tratta di intese non meditate e frutto di un compromesso.
  Questo problema di risolvere o non risolvere nella fase istruttoria si ripercuote inevitabilmente anche sull'altro fenomeno che è stato evidenziato: il fatto che spesso si faccia rinvio ad atti ulteriori, normativi o amministrativi. Talvolta, come vedremo, questo ha una valenza fisiologica, perché è nel meccanismo della scelta normativa, ma d'altro lato è frutto proprio di questa incapacità di decidere tutto e subito, per la quale si fraziona la decisione, rinviandone una parte a un atto normativo secondario.
  Naturalmente, però, quando parliamo di tutto questo non dobbiamo astrarci. Dobbiamo renderci conto che ci sono situazioni politiche contingenti, che talvolta impongono delle scelte urgenti. La scelta urgente non sempre è una scelta ottimale, però, se è vero che serve una corretta progettazione normativa per arrivare a una scelta qualitativamente ponderata, è anche vero che talvolta non c’è il tempo per avere quel processo di istruzione normativa. Questo ovviamente succede soprattutto con riguardo ai decreti-legge.
  Per quanto concerne gli elementi che consentono una programmazione dell'attività del Governo, sappiamo (perché ci è detto anche dalle raccomandazioni internazionali) che l'elemento chiave è costituito dall'Agenda degli atti normativi. Questa, se coerente e correlata agli obiettivi dell'attività di governo, è sicuramente lo strumento chiave per assicurare qualità ma anche efficacia all'attività normativa dell'esecutivo.
  Quest'ultimo già ha iniziato a muoversi in tale direzione, al fine di prevedere una serie di strumenti finalizzati alla pianificazione periodica delle attività del Governo. Una direttiva del Presidente del Consiglio del febbraio 2009 prevede infatti due distinti strumenti, complementari proprio alla predisposizione di una agenda normativa. Si tratta della Scheda analitica e dell'Agenda dei provvedimenti normativi. La Scheda analitica deve essere predisposta con cadenza trimestrale dalle singole amministrazioni e devono esservi indicati tutti i provvedimenti di prossima definizione o, per meglio dire, di prossima proposta da parte dei singoli Ministeri. Sulla base delle varie schede analitiche, il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi deve predisporre l'Agenda dei provvedimenti normativi.
  Questi, come dicevo, sono strumenti indicati in una direttiva del 2009. Oggi si pensa a una serie di interventi volti a renderli maggiormente praticati. In primo luogo, si sta pensando di elevare il livello dell'agenda normativa, che oggi è fatta a livello di uffici di diretta collaborazione dei singoli Ministeri e del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza. L'idea è di responsabilizzare e meglio coinvolgere il livello politico, ossia di portare il dibattito a livello di Consiglio dei ministri e far sì che le schede siano intestate a loro stessi dai Ministri e portate in Consiglio dei ministri, in modo che vi sia una condivisione a livello collegiale della pianificazione dell'attività normativa.
  Questo consentirebbe in primo luogo ai Ministri di avere il polso della situazione, evitando che essi vadano per una strada e gli uffici di loro diretta collaborazione vadano per un'altra. Questo è un problema reale. Molto dipende dall'impegno del Ministro. In secondo luogo questo conferirebbe maggiore forza all'agenda predisposta dalla Presidenza, essendoci già stato un momento di condivisione politica collegiale a livello di progettazione normativa.
  L'agenda predisposta dalla Presidenza dovrà contenere gli atti di iniziativa dei singoli Ministeri, i tempi previsti per la loro elaborazione e la tipologia di fonte prescelta, con attenzione al fatto che, pur trattandosi di un'agenda degli atti normativi, non tutte le politiche del Governo richiedono atti normativi, anche se naturalmente la visibilità dell'atto normativo è maggiore e quindi evidentemente il livello politico tende a scaricare su questo tipo di atto.
  Se ben ricordo, c'era uno studio del Conseil d’État che affermava – e lo denunciava come un aspetto patologico – che ormai l'efficacia di un Ministro veniva Pag. 6misurata sulla base di quante norme faceva. Evidentemente questo era uno degli elementi di distorsione del sistema.
  L'altro elemento chiave è quello del pre-Consiglio. Loro sanno che prima del Consiglio dei ministri c’è una riunione preliminare di tipo tecnico tra tutti gli uffici legislativi, presieduto dal Sottosegretario alla Presidenza e coordinato dal capo dell'ufficio legislativo della Presidenza.
  Pensiamo di attribuire una valenza conclusiva dell'istruttoria a questo pre-Consiglio, e di anticipare ancora una volta la sede tecnica di discussione dei singoli provvedimenti a riunioni di settore. Questo consentirebbe di arrivare in pre-Consiglio «più preparati», con i punti nodali da affrontare, e conseguentemente favorirebbe anche un migliore svolgimento dell'attività del Consiglio dei ministri.
  Nel quadro degli interventi di revisione della tempistica relativa alla fase istruttoria, un altro punto dolente sono gli emendamenti governativi. Certo, convengo che è piuttosto anomalo che spesso vi siano un gran numero di emendamenti governativi presentati in Parlamento a decreti-legge o a disegni di legge presentati dallo stesso Governo. Questa non è una novità, ma è una cosa che purtroppo succede spesso, anche perché talvolta le istanze delle singole amministrazioni o di singoli Ministri non sono state tenute in adeguata considerazione al momento dell'istruttoria in sede di Governo.
  Evidentemente migliorare l'istruttoria governativa significa migliorare anche la successiva fase parlamentare, deputando quest'ultima, come è giusto che sia, alle proposte emendative provenienti dai parlamentari, anziché dallo stesso Governo che ha presentato quell'atto.
  Infine, c’è il problema dei provvedimenti autorizzativi. Io condivido le preoccupazioni espresse anche in questa sede sul fatto che talvolta la non autoapplicatività dei provvedimenti può costituire un serio problema per assicurare efficacia e portata normativa ai disegni di legge proposti e quindi alle leggi, quando questi diventano tali.
  Il dato di fatto è che da parte del Governo in carica in questi primi sette mesi c’è stata un'inversione di tendenza. I decreti-legge convertiti in legge presentano un dato medio complessivo di autoapplicatività delle norme in essi contenuti pari al 79 per cento, che è un tasso alto.
  Perché è un tasso alto ? Dobbiamo tenere presente che la non autoapplicatività ha dei profili patologici ma anche dei profili fisiologici. Allo stesso modo dobbiamo tener presente l'esperienza da cui proveniamo. Fino a dieci anni fa la non autoapplicatività non solo era normale, ma era addirittura virtuosa. Se consideriamo il processo di semplificazione amministrativa, ma soprattutto normativa, degli anni Novanta, vediamo che questo si concentrava sul meccanismo della delegificazione. Si diceva cioè che – in primo luogo per consentire un corretto rapporto Parlamento-Governo e in secondo luogo per assicurare un'adeguata flessibilità a certi aspetti procedurali dei procedimenti amministrativi e organizzativi – occorreva distinguere le fonti e costruire un sistema normativo che facesse leva su legge e regolamento. Questo significava che la legge rimandava fisiologicamente a un regolamento.
  Questo meccanismo è andato in crisi per una serie di fattori. Posso ricordarne brevemente alcuni. Forse il fattore chiave è stato costituito dalla riforma del Titolo V. Evidentemente si spostava il livello. Il policentrismo normativo veniva formalizzato e lo spazio regolamentare si riduceva paurosamente, soprattutto in considerazione dell'orientamento assunto a livello costituzionale sull'impossibilità di emanare regolamenti governativi in tutte le ipotesi di legislazione concorrente. Ho un po’ semplificato (la questione è più complessa), però la sostanza è questa. Va dunque in crisi questo meccanismo.
  Dicevo che vi sono aspetti fisiologici e aspetti patologici. L'aspetto patologico è quello già accennato: se non ci si mette d'accordo e per questa ragione si fa una legge imperfetta e si demanda alla fase successiva il completamento del dettato normativo, evidentemente questo genera Pag. 7una forte criticità nel momento applicativo della legge. Succede quindi che la norma primaria abbia un tasso di qualità molto basso, soprattutto perché diventa difficile che quella norma si traduca in politiche concrete di governo.
  Ci sono però degli aspetti fisiologici. Penso, per esempio, alla normativa tecnica. Evidentemente non è pensabile che la normativa tecnica possa essere contenuta nella norma primaria. Un altro aspetto delicato è il rapporto con il sistema delle autonomie. È chiaro che in alcuni settori la legge deve necessariamente rimandare a intese o ad altri strumenti, in sede di Conferenze, perché si possa avere una legge che non sia incostituzionale.
  Da questo punto di vista, io penso che in prospettiva una delle frontiere, non tanto per assicurare norme che siano autoapplicative, quanto per far sì che una norma che non sia autoapplicativa lo diventi veramente, sia quella di sfruttare molto, con molta pazienza e con molta meticolosità, giorno per giorno, la sede della Conferenza Stato-regioni o della Conferenza unificata.
  Tutta la normativa che riguarda l'erogazione di servizi e le prestazioni delle amministrazioni concerne il più delle volte competenze concorrenti sul piano legislativo con le regioni, e soprattutto competenze quasi esclusive sul piano amministrativo degli enti locali. Il grosso delle prestazioni vengono infatti rese dagli enti locali.
  L'unico modo per rendere tutta la normativa di semplificazione concretamente attuata è trattarla in sede di Conferenza e fare lì accordi ed intese, come peraltro mi risulta stia avvenendo, per esempio, per tutto il settore della normativa tecnica e della documentazione edilizia. Questi accordi e intese, se tradotti, rendono applicabili le norme che non sono fisiologicamente autoapplicative nella sede primaria.
  Io mi fermerei, presidente. Se ci sono richieste da parte della Commissione, sono ovviamente a disposizione.

  PRESIDENTE. Ringrazio Filippo Patroni Griffi per il quadro che ci ha fatto.
  Do ora la parola a Carlo Deodato, Capo Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  CARLO DEODATO, Capo Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, presidente. Buongiorno, signori senatori e deputati.
  Innanzitutto vorrei ringraziare il presidente della Commissione per l'iniziativa di questa indagine conoscitiva. Credo sia davvero utile per la Commissione conoscere gli strumenti per la qualità della regolazione e le dinamiche della formazione delle iniziative legislative e normative del Governo. Allo stesso tempo è una grande opportunità per noi poter comunicare alla Commissione l'attività che svolgiamo in questa direzione.
  Intervengo, come ha detto il presidente, in qualità di Capo del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (DAGL) della Presidenza del Consiglio, che ho l'onore e la responsabilità di dirigere dall'inizio di questo Governo e che si occupa proprio della fase di istruttoria e di coordinamento dell'iniziativa normativa del Governo.
  Come ha detto Filippo Patroni Griffi, i Ministeri assumono l'iniziativa legislativa o normativa, trasmettendo la loro proposta alla Presidenza del Consiglio, e quest'ultima, in particolare con il DAGL, cura l'istruttoria di questi provvedimenti, coordinando le varie amministrazioni, e in particolare con lo strumento del pre-Consiglio dei ministri esamina i provvedimenti e li prepara per l'esame definitivo da parte del Consiglio dei ministri.
  Sulla qualità della regolazione del Governo, la Presidenza del Consiglio in generale e il DAGL in particolare, ovviamente insieme al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, svolgono una funzione decisiva ed essenziale, sicché la responsabilità della buona o cattiva qualità della regolazione, nel bene o nel male, ricade sulla Presidenza e sull'ufficio che dirigo.Pag. 8
  In via generale si può dire, come ha già detto meglio di me Filippo Patroni Griffi, che la qualità della regolazione ha assunto negli anni un ruolo decisivo, sia a livello di ordinamento giuridico che a livello più strettamente economico e di attrattività del sistema Paese. È stato spesso affermato nelle indagini degli organismi internazionali che una buona qualità della regolazione favorisce lo sviluppo e attrae gli investimenti; una cattiva qualità della regolazione viceversa scoraggia gli investimenti e costituisce al contrario un fattore di depressione economica.
  Regole chiare, semplici e non eccessivamente gravose per imprese e cittadini favoriscono lo sviluppo economico e sociale della collettività. Viceversa regole complesse, eccessive, gravose, pesanti e poco chiare ostacolano la crescita economica, ma anche l'esercizio delle libertà individuali e dei diritti dei cittadini. Da qui deriva l'importanza decisiva della qualità della regolazione e della semplificazione normativa.
  Gli strumenti a disposizione del dipartimento che dirigo per migliorare la qualità della regolazione del Governo sono sostanzialmente quattro. Il primo strumento è la cura del rispetto delle regole di drafting normativo, ossia dell'aspetto più formale della costruzione della norma. Vi sono poi gli strumenti più incisivi: l'analisi ex ante dell'impatto della regolazione, meglio conosciuta con l'acronimo «AIR»; la verifica ex post dell'impatto della regolazione, meglio conosciuta con l'acronimo «VIR»; e infine la cosiddetta «ATN», ovvero l'analisi tecnico-normativa.
  L'utilizzo di questi strumenti, a ben vedere, obbedisce a delle regole fisiologiche dell'istruttoria di ogni decisione politica. A prescindere da una disciplina specifica sull'AIR e sulla VIR, è assolutamente fisiologico, prima dell'assunzione di una decisione politica, nella fattispecie della proposta di un atto legislativo o in genere normativo, acquisire tutte le informazioni necessarie a conoscere gli effetti della norma che si propone, l'impatto della stessa, il costo che comporta la sua applicazione, i vantaggi e gli svantaggi, in modo da consentire al decisore una piena consapevolezza nell'individuazione della scelta normativa che intende preferire.
  Al di là della puntuale regolamentazione a livello europeo ma anche nazionale (di cui dirò successivamente) dell'AIR e della VIR, l'esercizio della funzione legislativa e normativa in generale non può prescindere da un'istruttoria che consenta al decisore di acquisire tutte le notizie e le informazioni che gli permettano di svolgere una valutazione finale libera e puramente politica. È chiaro che ogni decisione sprovvista di un adeguato supporto conoscitivo si rivela fallace e spesso bisognosa di frequenti interventi correttivi.
  Lo strumento più importante è l'analisi di impatto della regolazione, che è stata definitivamente introdotta nel nostro ordinamento con la legge n. 246 del 2005, poi regolata con un regolamento della Presidenza del Consiglio e con una direttiva del Presidente del Consiglio. Come dicevo, l'obiettivo dell'AIR è acquisire, prima dell'assunzione dell'iniziativa legislativa, tutte le informazioni necessarie a verificare l'impatto delle diverse opzioni normative, in modo da consentire al decisore di identificare quella maggiormente conveniente rispetto alla finalità immaginata.
  L'AIR si compone di una rilevazione delle esigenze rispetto alla regolamentazione del settore vigente, di una verifica degli effetti delle diverse possibilità di modifica della disciplina vigente, di un'analisi dei costi e dei benefici di ognuna delle opzioni e infine di una scelta puramente politica della misura che si intende proporre di introdurre nell'ordinamento giuridico. Come ho detto, è una fase logicamente imprescindibile di ogni decisione pubblica.
  Rinvio alla relazione che trasmetteremo tra domani e dopodomani per i dati relativi al numero di provvedimenti sottoposti alla relazione AIR e alla divisione fra le varie tipologie di provvedimenti normativi (disegni di legge, decreti legislativi, decreti-legge o regolamenti) che sono stati corredati della relazione AIR.Pag. 9
  Questi primi anni di esistenza della disciplina dell'AIR hanno rivelato alcune criticità nell'attuazione di questo strumento, che a nostro avviso, ma ovviamente anche secondo le raccomandazioni internazionali, è fondamentale per garantire la better regulation nel nostro Paese e in generale.
  Elenco sinteticamente queste criticità. La prima è che spesso la relazione AIR viene vissuta come un mero adempimento formale e burocratico. Spesso viene redatta all'ultimo momento, a ridosso della presentazione del provvedimento normativo, senza che sia preceduta da quello che veramente serve, cioè da un'analisi vera ed effettiva dell'impatto che si immagina produrrà l'opzione normativa prescelta sul sistema economico e sociale, in altre parole da un'analisi sui risultati attesi dall'introduzione di quella norma nell'ordinamento giuridico, per quanto riguarda il mondo delle imprese, ma anche la vita dei cittadini.
  Un'altra criticità è che per il sistema vigente sono sottoposti ad AIR un numero eccessivo di provvedimenti. Questa inflazione delle relazioni AIR ne riduce l'importanza. Riferire l'AIR indistintamente a tutti i provvedimenti normativi, con pochi casi di esenzione o di esclusione, finisce per snaturare l'importanza di questo strumento, che andrebbe invece concentrato, come dirò fra poco, sui provvedimenti di maggiore impatto sulla vita sociale ed economica del Paese.
  Un altro fattore di criticità è che manca quasi completamente la cultura della consultazione. La consultazione è una fase fondamentale dell'istruttoria sui provvedimenti normativi, perché senza l'acquisizione dei dati, delle posizioni e degli interessi dei destinatari dei provvedimenti e delle associazioni rappresentative degli interessi stessi, ogni decisione resta monca e imperfetta. Infatti, se non si ascoltano i destinatari dei provvedimenti, siano essi imprese o associazioni di categoria di cittadini, artigiani o lavoratori, a seconda del tipo di provvedimento, non è possibile assumere una decisione effettivamente consapevole e informata. La cultura della consultazione è carente ed è relegata ad alcuni settori, come il settore del lavoro, in cui è prevista la concertazione con le associazioni sindacali. In altri settori invece la consultazione viene vissuta solo come un appesantimento burocratico e spesso viene praticata in maniera assolutamente formale oppure addirittura pretermessa del tutto.
  Ci sono poi delle problematiche più banalmente gestionali ed organizzative. Attualmente l'AIR viene curata da un funzionario dell'ufficio legislativo del Ministero, spesso privo di competenze economiche e del know how relativo all'analisi tecnico-normativa e all'analisi economica di costi-benefici, e questo riduce di molto la valenza delle relazioni.
  Allo stesso tempo manca quasi completamente l'aspetto della pubblicità delle relazioni AIR, che invece è fondamentale. Noi riteniamo infatti che la conoscenza, anche pubblica, degli esiti dell'istruttoria e della valutazione fra le varie opzioni normative serva a migliorarne l'efficacia e la conoscibilità da parte del pubblico.
  L'altro strumento altrettanto importante, anche se meno conosciuto, è la valutazione dell'impatto della regolazione, la cosiddetta «VIR», che consiste sostanzialmente in una verifica ex post dell'efficacia prodotta da un provvedimento normativo. Anche in questo caso, risponde a ogni regola di ordinaria gestione di ogni processo decisionale verificare, dopo che si è assunta una decisione, quanto quella decisione ha funzionato, che effetti ha prodotto, che vantaggi ha arrecato ai destinatari e che criticità ha manifestato, ovviamente anche al fine di progettare modifiche normative per correggere eventuali errori e distorsioni.
  È uno strumento finora utilizzato in maniera molto ridotta, che a nostro avviso invece va assolutamente valorizzato, perché consente al decisore politico di verificare nella realtà se i risultati attesi dalla norma che è stata introdotta sono stati raggiunti, in che misura, con quali difficoltà e con quali criticità, all'evidente fine di aggiustare la misura che si riveli parzialmente inefficace. Se viceversa la VIR Pag. 10consegna dei risultati positivi, per i quali la norma ha prodotto gli effetti attesi, non avrà esito in un'altra iniziativa legislativa. È fondamentale che il decisore sappia se la sua iniziativa legislativa ha funzionato oppure no e in che misura non ha funzionato.
  Quella che ho appena illustrato è la disciplina nazionale, ma non possiamo trascurare la dimensione europea di questo apparato di regole. In particolare, la Commissione europea, negli ultimi anni, ha dedicato un'attenzione sempre crescente all'analisi di impatto e alla valutazione d'impatto della regolazione. In particolare, il programma REFIT (una specie di acronimo di regulatory fitness) serve proprio ad impegnare gli Stati membri in un'opera sempre più attiva, finalizzata alla riduzione degli oneri regolatori e alla semplificazione normativa, nella duplice direzione di una maggiore partecipazione all'AIR dei provvedimenti della Commissione, ma anche di una verifica degli effetti che i provvedimenti della Commissione hanno prodotto nel sistema degli Stati membri.
  Credo che non sfugga a nessuno come la partecipazione effettiva a questi processi europei costituisca un'opportunità straordinaria per i Paesi membri. È evidente che una partecipazione propositiva, informata e consapevole ai processi dell'AIR in fase ascendente, cioè nella preparazione dei provvedimenti della Commissione, serve agli Stati membri a rappresentare in quella sede le esigenze economiche, giuridiche e sociali che interessano il proprio Paese, mentre un'assenza in questa fase non può che pregiudicare gli interessi nazionali.
  È quindi assolutamente fondamentale che venga implementata la partecipazione dell'Italia alla fase dell'analisi d'impatto dei provvedimenti della Commissione, ovviamente a tutela degli interessi del nostro Paese, che se non vengono rappresentati nella fase di costruzione del provvedimento restano innanzitutto del tutto ignorati e poi probabilmente anche pregiudicati da decisioni che rispondono di più a contributi di altri Paesi, che possono avere interessi confliggenti con il nostro. Allo stesso modo la valutazione dell'impatto che i provvedimenti della Commissione hanno avuto sul nostro sistema Paese è fondamentale per proporre eventuali revisioni in senso coerente con le rilevazioni della VIR.
  Per superare le criticità che ho appena rapidamente segnalato, sia dell'AIR che della VIR, il DAGL ha progettato un nuovo regolamento che disciplina questi due strumenti, e che, secondo le nostre intenzioni, dovrebbe superare le difficoltà che sono state riscontrate. Mi limito a indicare sinteticamente le linee guida e le novità di questo nuovo regolamento, che è stato in fase di consultazione pubblica per un certo periodo. La consultazione ha dato dei risultati interessanti, che ovviamente stiamo valutando, al fine di redigere in via definitiva il testo del nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
  Innanzitutto, come diceva il Sottosegretario Patroni Griffi, uno dei primi obiettivi di questo nuovo regolamento è rafforzare la programmazione dell'attività normativa del Governo. Senza un'agenda di Governo chiara, è difficile, se non impossibile, curare l'istruttoria degli atti normativi in maniera soddisfacente. Una programmazione razionale, possibilmente con una tempistica individuata nell'agenda di Governo, consente invece di elaborare l'analisi di impatto con sufficiente completezza.
  Inoltre, pensiamo di ridurre il numero dei provvedimenti da sottoporre ad AIR. Come dicevo, uno dei difetti è il numero eccessivo di provvedimenti sottoposti a AIR, mentre noi riteniamo di concentrare l'AIR solo sui provvedimenti che hanno un impatto rilevante sul sistema economico e sociale del Paese. Quelli che hanno un impatto meno rilevante in effetti possono anche prescindere dall'analisi d'impatto.
  Introduciamo la disciplina specifica dell'AIR per i decreti-legge. Questa è una delle patologie. I decreti-legge, essendo per definizione provvedimenti urgenti, dovrebbero (uso il condizionale non a caso) essere concepiti negli ultimi giorni o nelle ultime ore prima dell'esame da parte del Consiglio dei ministri. La proliferazione Pag. 11della decretazione d'urgenza, che per definizione è esonerata dall'AIR, riduce di molto l'importanza dell'AIR stessa, visto che i provvedimenti di maggiore impatto sono proprio i decreti-legge.
  Introduciamo inoltre la disciplina della consultazione, che obbliga le amministrazioni a svolgere questa fase istruttoria con i destinatari dei provvedimenti e con le associazioni rappresentative, e implementiamo la trasparenza, imponendo la pubblicazione delle relazioni AIR e VIR sui siti istituzionali delle amministrazioni. È uno strumento conoscitivo importante, che ci sembra necessario arricchire di contenuti.
  Accanto a questo, il DAGL si propone inoltre di affiancare le amministrazioni nella redazione delle AIR, pubblicando linee-guida, valutando in maniera più approfondita le relazioni, dando un supporto, anche tecnico, alle amministrazioni e implementando la formazione dei dirigenti e dei funzionari pubblici preposti all'analisi d'impatto della regolazione.
  In estrema sintesi, l'ultimo strumento è l'ATN, ovvero la cosiddetta «analisi tecnico-normativa», che assolve una funzione diversa sia da quella dell'AIR che da quella della VIR: serve a misurare la compatibilità dell'intervento normativo che si intende proporre con il sistema giuridico nel quale si introduce, verificando il rispetto innanzitutto dei principi costituzionali, ma anche dei principi europei, delle competenze delle regioni, della giurisprudenza costituzionale e della giurisprudenza sovranazionale. In altre parole, è uno strumento che serve a dare contezza che il provvedimento che si intende introdurre non confligge in alcun modo né con competenze di altre istituzioni né con altre fonti legislative incompatibili, ma neanche con la giurisprudenza costituzionale o sovranazionale.
  In conclusione, io ritengo che lo strumento dell'AIR, ancorché spesso vissuto come un mero adempimento formale burocratico, possa invece costituire uno strumento fondamentale anche per la politica, per assumere provvedimenti che siano realmente efficaci, utili e condivisi. Grazie.

  ROSA MARIA DI GIORGI. Tra pochi minuti noi senatori dovremo allontanarci, perché avranno luogo votazioni in Aula. Possiamo chiedere ai nostri ospiti di tornare, visto che vorremmo porre loro delle domande ?

  PRESIDENTE. Mi è chiarissimo. A me spiace molto che non ci resti molto tempo a causa della seduta del Senato. Ora vedremo come organizzarci in maniera più adeguata: credo che il Sottosegretario Patroni Griffi e i consiglieri Deodato e Agosti siano disponibili a tornare, ma poiché la dottoressa Agosti aveva già presentato la sua relazione, la inviterei ad illustrarla, in modo da acquisire anche questo elemento.
  Per quel che riguarda gli interventi dei colleghi, costruiremo un'ulteriore occasione, che ovviamente si potrà arricchire dei testi che nei prossimi giorni il Sottosegretario Patroni Griffi e il consigliere Deodato ci faranno avere.
  Do la parola alla dottoressa Agosti, Capo Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri, per la sua relazione.

  DIANA AGOSTI, Capo Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Ringrazio il presidente e i componenti della Commissione per aver dato al Dipartimento per il coordinamento amministrativo l'opportunità di essere sentito nell'indagine conoscitiva in corso.
  Il Dipartimento per il coordinamento amministrativo, come ha ben spiegato il presidente, è la struttura di supporto al Presidente del Consiglio dei ministri e opera nel settore dell'attuazione, in via amministrativa, delle politiche del Governo. A tal fine, il Dipartimento, tra gli altri compiti, effettua i necessari interventi di coordinamento, di indirizzo, di concertazione e di monitoraggio, anche in vista della verifica della fattibilità delle iniziative legislative.
  Fino a qualche tempo fa, per coordinamento amministrativo si intendeva semplicemente la generica aspirazione a che Pag. 12l'azione amministrativa fosse non contraddittoria e possibilmente tesa al raggiungimento di obiettivi predeterminati e unitari. La legge sull'organizzazione della Presidenza e la sua attuazione hanno conformato i poteri di coordinamento, al fine di individuare delle possibili discrasie e quindi conseguenti soluzioni migliorative della composizione preventiva degli interessi.
  A partire dagli anni ottanta c’è stata una modifica del concetto di coordinamento amministrativo. Più specificatamente, con la legge n. 400 del 1988, il coordinamento amministrativo viene individuato come un organo centrale a sé stante della Presidenza del Consiglio, e al tempo stesso apparato di supporto al Presidente del Consiglio dei ministri e al Governo nel suo insieme.
  Su tale aspetto è successivamente intervenuta la legge n. 59 del 1997, che ha realizzato una semplificazione delle amministrazioni centrali dello Stato, anche attraverso una decentrazione del sistema decisionale. È con il decreto legislativo n. 303 del 1999 che viene ridefinito e riarticolato il centro di direzione del sistema amministrativo, in modo da assicurare l'unità di indirizzo politico e amministrativo del Governo, e soprattutto il ruolo di impulso, indirizzo e coordinamento del Presidente dei Consiglio dei ministri, in un quadro in cui la realizzata unitarietà dell'azione di Governo possa assicurare la collaborazione con le autonomie regionali e locali e l'assunzione piena delle responsabilità connesse alla partecipazione all'Unione europea. Si introduce quindi una nuova figura organizzativa, che è il Segretariato generale, che raccoglie l'insieme delle strutture dipartimentali e degli uffici dotati di una propria autonomia funzionale.
  Le funzioni del Dipartimento rilevanti ai fini della presente indagine sono essenzialmente due. La prima consiste nella verifica della fattibilità delle iniziative legislative; la seconda nell'attuazione in via amministrativa delle politiche del Governo, con particolare riferimento alla risoluzione dei conflitti tra amministrazioni, e nella composizione preventiva degli interessi, anche ai fini di una semplificazione dell'azione amministrativa.
  Per quanto riguarda la prima funzione, cioè la verifica della fattibilità legislativa, l'attività del Dipartimento si esplica soprattutto in pareri rivolti al Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi, nella partecipazione alle riunioni indette dal medesimo Dipartimento e nella partecipazione al pre-Consiglio. Rilevante è anche l'attività di mera segnalazione in merito alla necessità dell'adozione di interventi normativi, sulla base dell'esame e della valutazione delle questioni poste all'attenzione da soggetti pubblici e privati, come espressioni della comunità dei cittadini, che rilevano carenze ordinamentali nelle materie di loro interesse.
  In modo più stringente, tale compito è svolto – sempre in collaborazione col Dipartimento degli affari giuridici e legislativi – ogniqualvolta si rende necessaria un'attività di coordinamento in vista di provvedimenti complessi e condivisi da più amministrazioni, ovvero di norme di diretta iniziativa della Presidenza, al fine di verificare la sostenibilità amministrativa degli interventi proposti.
  È bene chiarire che il Dipartimento espleta questa funzione per gli interventi legislativi e regolamentari proposti dalla stessa Presidenza o per quelli proposti da altri Ministeri in materie che sono già all'esame dell'attività di coordinamento da parte del Dipartimento stesso.
  Nel corso degli ultimi anni, particolare rilievo hanno assunto le iniziative intraprese mediante l'istituzione di appositi tavoli tecnici di coordinamento a carattere permanente. In tali casi si procede attraverso segnalazioni alle autorità competenti delle problematiche emerse e delle iniziative intraprese. Ove si ritenga necessaria poi un'azione di guida, il Dipartimento coinvolge le parti interessate per fornire risposte a difficoltà operative e applicative delle disposizioni in atto, ed eventualmente favorire, se indispensabile, anche soluzioni legislative.
  A titolo esemplificativo, riporto alcuni esempi. Un primo caso emblematico è Pag. 13rappresentato dal tavolo di coordinamento del Governo con le associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati, attivato nel 2009, avente lo scopo di avviare un canale di dialogo sulle specifiche questioni poste all'attenzione del tavolo dalle associazioni stesse, attinenti all'applicazione delle norme e delle misure amministrative vigenti per la tutela e le provvidenze in favore di tali minoranze.
  Le problematiche evidenziate al tavolo di coordinamento erano molteplici, come ad esempio: la restituzione dei beni, le tombe monumentali e il rifinanziamento della legge n. 72 del 2001. In tale ambito, anziché proporre interventi legislativi, in collaborazione con tutte le amministrazioni di settore interessate, è stata messa a punto ed emanata, nel 2012, una direttiva del Presidente del Consiglio, che ha risolto il problema relativo all'anagrafe, avendo chiarito delle questioni attinenti alle banche dati che venivano utilizzate e al riconoscimento del cognome da parte degli interessati.
  Un altro esempio rilevante è il tavolo tecnico sull'attuazione della normativa in favore delle vittime del dovere, istituito dalla Presidenza, nel 2008, con le associazioni rappresentative delle categorie e finalizzato all'esame della normativa vigente nonché all'accertamento delle criticità di applicazione, dovute essenzialmente a una stratificazione di interventi nel tempo, volti alla progressiva estensione della platea dei beneficiari.
  Il tavolo, nel corso di quattro anni di lavori, ha svolto le sue funzioni tramite riunioni di coordinamento con le amministrazioni e con le associazioni ed ha dato luogo a una norma di legge che, semplificando notevolmente la situazione preesistente, ha disposto nel caso specifico che gli enti previdenziali sono competenti nel pagamento della pensione di reversibilità e nella liquidazione del beneficio della doppia annualità.
  Laddove invece si è potuto procedere in via amministrativa, quindi non necessariamente ricorrendo a una norma di legge, si è provveduto con direttive su singole tematiche. Comprese, nel corso dei lavori, quali erano le difficoltà applicative delle norme, si è proceduto con direttive e soprattutto dando le istruzioni necessarie per la corretta applicazione delle leggi. Questi sono degli esempi di come si effettua la verifica di fattibilità attraverso il coordinamento, anche cercando di evitare, laddove possibile, il ricorso alle norme.
  Con riferimento alla seconda funzione rilevante ai fini della presente indagine, vale a dire l'attuazione in via amministrativa delle politiche del Governo, per una questione di chiarezza farò anche in questo caso degli esempi.
  Un caso tipico di risoluzione dei conflitti è la rimessione al Consiglio dei Ministri del dissenso emerso in sede di Conferenza dei servizi. A partire dal 2010, il Dipartimento è stato chiamato a supportare il Consiglio dei ministri per l'adozione della delibera di competenza, nell'ipotesi in cui la Conferenza dei servizi non possa concludersi con una determinazione motivata dell'amministrazione procedente.
  L'articolo 14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990 prevede, infatti, che in casi di motivato dissenso su questioni che riguardano la tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e del patrimonio storico, la tutela della salute e la pubblica incolumità, l'amministrazione procedente rimetta la questione alla deliberazione del Consiglio dei ministri. Quest'ultimo si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con le regioni, le province autonome e gli enti locali interessati.
  Se invece il motivato dissenso è espresso da una regione o da una provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, si adotta una procedura un po’ più aggravata – passatemi il termine – nella quale sono indette più riunioni, per un arco temporale complessivo di novanta giorni. Se l'intesa non è comunque raggiunta, la deliberazione del Consiglio dei ministri può essere adottata con la partecipazione dei presidenti della regione o delle province autonome interessati. Questa procedura un po’ più complessa è in ossequio a dei principi stabiliti da una sentenza del 2012 della Corte Pag. 14costituzionale, circa la necessità di assicurare la presenza di adeguati strumenti di coinvolgimento delle regioni nella disciplina delle materie di propria competenza.
  Il Dipartimento svolge il proprio ruolo con un'azione propulsiva, che non è una semplice attuazione della procedura, ma è un'attività volta a giungere, nel breve termine assegnato, a delle conclusioni concrete. Durante i contatti con le amministrazioni interessate si cerca anche di comporre i vari interessi in gioco, attraverso un'opera di sensibilizzazione e di mediazione. Vengono indetti delle riunioni e dei tavoli, per acquisire la documentazione, al fine di conoscere tutta la situazione, e si cerca di comporre il dissenso, anche per evitare una decisione da parte del Consiglio dei ministri. In tale ipotesi, la delibera del Consiglio dei ministri si esaurisce con una semplice presa d'atto dell'avvenuto superamento del dissenso.
  Ci sono altri casi di conflitti, come quello disciplinato dall'articolo 5 della legge 400 del 1988. In caso di conflitti tra amministrazioni, sempre ai fini di una semplificazione e del superamento del dissenso, il Presidente del Consiglio può deferire al Consiglio dei ministri la decisione su questioni sulle quali erano emerse delle valutazioni contrastanti.
  Vi sono poi altri strumenti, come lo «storico» articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, nel caso di dissenso nei procedimenti di localizzazione di opere di interesse statale, o di poteri sostitutivi nel caso di inerzia da parte di un'amministrazione per l'autorizzazione della valutazione d'impatto ambientale. Anche in questo caso c’è un potere sostitutivo da parte del Presidente del Consiglio, per sbloccare queste situazioni di contrasto o di inerzia.
  Per quanto riguarda dei casi più generici, che riguardano sempre l'attuazione delle politiche del Governo, abbiamo tavoli rivolti alla predisposizione del decreto flussi, nel caso in cui non ci sia un documento programmatico triennale, cioè una procedura semplificata che si possa adottare con un decreto del Presidente del Consiglio.
  Un altro esempio che vorrei portare alla vostra attenzione è la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi. Il diritto di accesso è uno dei capisaldi della legge n. 241 del 1990 ed è strettamente funzionale all'attuazione dei precetti costituzionali di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa. In più di vent'anni, la Commissione per l'accesso, con le sue decisioni e i suoi pareri, ha contribuito all'attuazione concreta del diritto di accesso ai documenti e all'affermazione effettiva del principio di trasparenza nella gestione della cosa pubblica, al fine di realizzare un miglioramento di qualità nel rapporto tra cittadino utente e pubblica amministrazione, nell'ottica di una sempre maggiore efficienza ed efficacia dell'azione pubblica.
  A partire dal 2010, il Dipartimento ha svolto un'azione di supporto alla Commissione attraverso modalità completamente informatiche. Nel 2010 abbiamo informatizzato tutto il procedimento, anche ai fini di uno snellimento e di una maggiore rispondenza rispetto ai tempi di richiesta da parte dei cittadini.
  Negli ultimi anni, abbiamo dematerializzato i lavori, eliminando completamente il cartaceo, attraverso l'uso del fascicolo elettronico. Tutto ciò ha reso possibile la celerità e l'efficacia della Commissione, consentendo anche un risparmio notevole di costi da parte dell'amministrazione. La procedura elettronica posta in essere fa sì che le riunioni plenarie della Commissione per l'accesso si svolgano esclusivamente in modalità informatizzata, mediante la consultazione di un fascicolo virtuale in formato elettronico, presso le postazioni informatiche messe a disposizione per ciascun componente.
  Ciò è certamente da iscriversi alla sempre maggiore snellezza della procedura amministrativa. Nel corso degli ultimi tre anni infatti i lavori della Commissione, nell'ambito dell'attività giustiziale, introdotta con norme a partire dal 2006, hanno registrato un forte incremento. I ricorsi presentati dai cittadini vengono decisi nei trenta giorni previsti dalla norma. Si tratta quindi di uno strumento che svolge una Pag. 15funzione istituzionale centrale, dando l'opportunità a tutti i cittadini di soddisfare le proprie esigenze concrete di trasparenza gratuitamente, evitando anche un aggravio di lavoro per i magistrati. Grazie, presidente.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti. Vi propongo di inviare ai componenti della Commissione nei prossimi giorni una nota con le tre relazioni, per poi individuare rapidamente la data per una nuova seduta della Commissione, nel corso della quale i senatori e i deputati saranno nella condizione di svolgere i loro interventi, formulare le loro osservazioni e chiedere i chiarimenti necessari. Il Sottosegretario Patroni Griffi ed i consiglieri Deodato e Agosti potranno rispondere con i tempi necessari.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.40.