XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Martedì 6 giugno 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 

SULLE SEMPLIFICAZIONI POSSIBILI NEL SETTORE FISCALE:

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance) e della Confedilizia.
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 
Spaziani Testa Giorgio , presidente della Confedilizia ... 3 
Tabacci Bruno , Presidente ... 5 
Veroi Francesco , responsabile Coordinamento tributario della Confedilizia ... 5 
Tabacci Bruno , Presidente ... 7 
Campana Giuliano , vicepresidente, dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE) ... 7 
Tabacci Bruno , Presidente ... 11

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 13.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance) e della Confedilizia.

  PRESIDENTE. Nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle semplificazioni possibili nel settore fiscale, la seduta di oggi è dedicata all'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE) e della Confedilizia.
  Sono presenti: per la Confedilizia, il presidente Giorgio Spaziani Testa, Giovanni Gagliani Caputo (Rapporti istituzionali) e Francesco Veroi (responsabile Coordinamento tributario); per l'ANCE, Giuliano Campana, vicepresidente economico-fiscale-tributario, Marco Zandonà, direttore dell'area fiscale, e Stefania Di Vecchio, dirigente responsabile dell'ufficio Rapporti con il Parlamento.
  Li ringrazio per la loro qualificata presenza e do la parola al presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa.

  GIORGIO SPAZIANI TESTA, presidente della Confedilizia. Grazie, presidente. Vi ringrazio per questa audizione presso la Commissione parlamentare per la semplificazione, che ci consente di fornire e suggerire qualche nostra proposta e qualche nostra indicazione in materia di semplificazione fiscale.
  La Confedilizia, in tante occasioni, ha modo di sottoporre all'attenzione del Parlamento richieste o, comunque, proposte mirate a diminuire la pressione fiscale sul settore immobiliare e queste sono anche abbastanza note, nel senso che sono frequenti da parte nostra – lo ripeto – anche in sede parlamentare.
  In questa occasione, nello spirito dell'indagine conoscitiva, che apprezziamo nella sua impostazione, vorremmo – in questa sede brevemente, ma più ampiamente con un documento che depositeremo all'attenzione della Commissione stessa – fare qualche considerazione generale e indicare qualche proposta concreta, esulando dai discorsi che facciamo più spesso, finalizzati a diminuire il carico fiscale della tassazione sugli immobili.
  Quando parlo del carico fiscale nel settore immobiliare, mi riferisco alla sua totalità, quindi sia al carico diretto sui proprietari in quanto tali sia a quello relativo alle operazioni che riguardano il settore immobiliare.
  Oltre a essere gravato da un carico fiscale notevole, sia negli scambi, sia per la tassazione ricorrente sull'immobile in quanto tale sia in relazione al reddito, il sistema soffre anche di una grave mancanza di regole semplici e facilmente applicabili.
  Apprezziamo, nel documento che fa da fondamento a quest'indagine conoscitiva, il richiamo allo statuto del contribuente, che, troppo spesso, sappiamo essere violato da parte del legislatore, complice il fatto che si tratta di uno strumento che non ha una supremazia sulle altre leggi e che quindi può essere derogato. Pag. 4
  Nello statuto del contribuente, ossia nella legge n. 212 del 2000, sono già presenti alcuni principi di civiltà, che, se fossero applicati, ridurrebbero di molto i problemi che si pongono.
  In linea generale, rileviamo che, anche nel campo della tassazione sugli immobili, è necessaria e urgente una modalità di legiferazione che consenta maggiore chiarezza, evitando di procedere a modifiche legislative in modo disordinato, sparpagliato e tale da non consentire ai contribuenti e agli interpreti in generale di applicare con facilità la normativa.
  Mi riferisco alla sempre più diffusa prassi di non inserire le modifiche legislative riguardanti i vari tributi, che – lo ripeto – in questo caso fanno riferimento all'immobiliare, nel corpo normativo che sarebbe più adatto: il testo unico delle imposte sui redditi; il testo unico dell'imposta di registro; il DPR n. 633 del 1972 sull'IVA, con riferimento ai vari settori che riguardano l'immobiliare.
  L'ultimissimo esempio è l'intervento della cosiddetta «manovrina» in materia di locazioni brevi, che – giusto o sbagliato che sia nel merito – , dal punto di vista formale è escluso da qualsiasi corpus esistente, pur incidendo sulla normativa in materia di cedolare secca sugli affitti.
  Mi soffermerei su due questioni e, se il presidente lo consentirà, chiederò che venga data altrettanto brevemente la parola al responsabile del nostro Coordinamento tributario, il dottor Veroi, per altre due questioni.
  Delle due questioni sulle quali mi volevo soffermare, una è contenuta nel documento predisposto dalla Commissione ed è relativa a quella che viene definita tassa unica sulla casa. È, in effetti, un'esigenza quella di semplificare, se ben comprendo il messaggio della Commissione, in particolare la tassazione locale sugli immobili, ma forse non solo quella. È, però, necessario che questa operazione venga fatta, se verrà messa in cantiere, nel modo corretto.
  Mi spiego meglio: se ci riferiamo alla tassazione principe, o comunque a quella più comunemente considerata – che è quella locale –, attualmente ci troviamo di fronte a due imposizioni gemelle, l'IMU e la TASI, che sono, come sappiamo tutti, il frutto dell'evoluzione molto disordinata degli ultimi anni che ha portato ad affiancare alla nuova ICI, cioè all'IMU, un – mi verrebbe da dire – sedicente tributo sui servizi indivisibili, che, di fatto, è un duplicato dell'IMU perché ne riproduce base imponibile, modalità di calcolo della tassazione, e quindi di applicazione dell'aliquota sulla base imponibile, criteri generali di accertamento e di riscossione, e via dicendo.
  Da qualche parte è stata avanzata la proposta di un tributo unico sulla casa: tuttavia, se anche questi due tributi si riducessero a uno, non sarebbe comunque raggiunto il risultato. Noi, invece, cogliamo lo spunto della Commissione per dire che l'occasione – non so quando si potrà presentare – per un riordino dell'imposizione locale sulla casa dovrebbe essere colta attraverso la predisposizione di un tributo moderno e nuovo, che preveda un'imposizione a livello locale fondata sull'immobile e non una pura patrimoniale.
  Mi riferisco all'ipotesi che è stata più volte avanzata – e che era, addirittura, alla base di quella che poi è diventata la TASI, non mantenendone i presupposti – ossia a un tributo effettivamente collegato ai servizi forniti dall'ente locale: una vera e propria service tax, che sia tale davvero, nel senso che sia effettivamente correlata con criteri oggettivi alla corresponsione di servizi da parte dell'ente locale, consentendo il controllo sull'operato dell'ente locale da parte dei cittadini nonché una maggiore equità nel momento in cui – come per qualsiasi tributo sui servizi esistente nel mondo – il soggetto inciso è colui che usufruisce del servizio, pur essendo il tributo collegato all'immobile e avendo il tributo come presupposto l'immobile: quindi, il riferimento è a colui che occupa il bene e che usufruisce – lo ripeto – dei servizi locali.
  Il caso classico è quello della council tax britannica, che prevede che il carico fiscale sia, in caso per esempio di locazione, in capo all'inquilino, al conduttore. Ma ci sono altri casi anche in ambito europeo. Pag. 5
  Allo stesso tempo, dovrebbero essere colte altre previsioni esistenti nel resto del mondo, spesso inserite in tabelle riassuntive e di comparazione di tassazioni a livello internazionale, che, se esaminate senza alcun approfondimento, inducono a distorsioni, portando magari a dire che l'Italia abbisogna – come sostiene qualcuno – addirittura di ulteriori incrementi di tassazione.
  Mi riferisco, per esempio, a una disposizione non considerata da molti: ci sono Paesi, come gli Stati Uniti per esempio – e non si tratta di un piccolo Paese –, in cui si prevede la deduzione dal reddito dell'imposta locale sugli immobili.
  Si tratta di due spunti di riflessione su un tema che andrebbe trattato naturalmente in modo più ampio, ossia quello di una nuova tassazione locale, che abbia comunque come riferimento l'immobile – perché in termini di efficienza ciò è preferibile – ma non nell'interpretazione attuale, vale a dire quella di un'imposizione patrimoniale per il possesso stesso del bene, scollegata da qualsiasi riferimento ai servizi.
  C'è un altro elemento che vorrei porre all'attenzione della Commissione, a titolo di esempio – anche perché nel documento saremo molto più ampi nella trattazione –, sperando che ci possa essere attenzione, oltre che da parte del Parlamento, anche da parte dell'Agenzia delle entrate perché spesso si tratta di problemi che non richiedono soluzioni legislative.
  Il problema che pongo all'attenzione della Commissione è quello ormai annoso della tassazione dei canoni non riscossi, che i proprietari di immobili sentono in maniera forte e che determina una discriminazione notevole, nello stesso ambito di trattamento dell'investimento immobiliare, fra settore abitativo e settore non abitativo. Soltanto nel settore abitativo, sia pure in modo non soddisfacente, è stata in parte risolta, o comunque affrontata, la questione di una regola generale che dovrebbe ritenersi superata, ossia quella che prevede, nel nostro ordinamento, che i canoni di locazione e i redditi fondiari siano da imputarsi al proprietario e da indicarsi in dichiarazione, per essere quindi sottoposti a tassazione, anche qualora il canone stesso non venga riscosso dai proprietari.
  Dal 1998, quindi ormai da quasi vent'anni, per il settore abitativo esiste una soluzione, per quanto complicata, complessa e dispendiosa. Non c'è nulla per il settore non abitativo. In tale ambito, si raggiunge un risultato simile attraverso un difficile e complesso richiamo alla giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di cassazione.
  Non si capisce perché anche per il settore non abitativo – e magari migliorando anche la normativa del settore abitativo – non si possa giungere a una soluzione più conforme al buonsenso, per tutelare maggiormente una forma di investimento, come quella sugli immobili, che consente di mantenere in Italia – mi permetto di dirlo per inciso – somme che, altrimenti, finirebbero chissà dove.
  Ho fatto riferimento a queste due piccole grandi situazioni, rimandando per il resto al documento da noi fornito alla Commissione.
  Chiedo al presidente se ci possa concedere qualche altro minuto per l'esposizione di un altro paio di questioni da parte del responsabile del nostro coordinamento tributario, il dottor Francesco Veroi.

  PRESIDENTE. Prego, dottor Veroi.

  FRANCESCO VEROI, responsabile Coordinamento tributario della Confedilizia. Buongiorno. Grazie di avermi dato la parola.
  Parlando di semplificazione, è molto positivo che lo statuto del contribuente sia il faro di questa iniziativa. Vorrei fare cenno – sperando di essere anch'io sintetico e semplice nell'esposizione – a due argomenti che possono essere tangibilmente oggetto di qualche intervento di semplificazione. Mi riferisco al condominio e alla cedolare secca.
  Per quanto riguardo il primo, il nostro parere è positivo perché abbiamo visto con favore la responsabilizzazione del condominio. A nostro parere, occorre applicare una certa gradazione perché, per i condomìni Pag. 6 minimi (fino a otto condòmini) non è previsto l'obbligo di nominare un amministratore professionista, pur essendo identici gli adempimenti, sia che si tratti di un amministratore professionista sia che si tratti del singolo condòmino che, su base volontaria, adempie.
  Faccio un esempio: l'obbligo introdotto quest'anno di comunicare entro fine febbraio le quote dei lavori condominiali ai fini della dichiarazione precompilata rappresenta un'ottima iniziativa.
  Questa dichiarazione è prevista ormai da diversi anni, ma era in forma libera, senza sanzioni e senza termini prestabiliti. Quindi l'urgenza con cui ci si è trovati ad affrontare la scadenza, considerati i termini, l'acquisto di un programma informatico e l'acquisizione dei dati dei condòmini, ha messo un po’ in difficoltà e sotto pressione il gruppo degli amministratori, professionisti e non professionisti, soprattutto tenendo presente che per questo adempimento sono state previste sanzioni in misura di una per ogni certificazione che si presume errata o incompleta, ma anche per problemi relativi al programma.
  Per tutte le altre violazioni, si applica il principio del cumulo giuridico, vale a dire, se la stessa violazione è reiterata per tanti condòmini, si applica una sorta di cumulo.
  Potrebbe rappresentare una semplificazione riconoscere l'applicazione del cumulo anche per questo tipo di adempimento: la comunicazione degli amministratori di condominio.
  Sempre per gli amministratori di condominio, siccome ultimamente è stata introdotta la comunicazione sulle quote di lavori condominiali, ed essendoci l'obbligo della ritenuta, oltre che il tracciamento dei vari corrispettivi e adempimenti, a nostro parere si potrebbe abolire un adempimento che fu introdotto dieci o quindici anni fa, quando ancora non c'erano questi strumenti. Mi riferisco a quello che si chiama «quadro AC», che nella dichiarazione dei redditi dell'amministratore di condominio riporta alcuni dati relativi ai pagamenti dei condòmini. Questo adempimento è stato via via svuotato, man mano che è stato introdotto l'obbligo di ritenute per il condominio nonché l'obbligo di comunicazione delle quote dei lavori condominiali.
  A nostro avviso, tale adempimento potrebbe essere soppresso, dando un segnale positivo agli amministratori e senza perdita di informazioni per l'amministrazione.
  Un secondo campo di intervento cui vorremmo accennare riguarda la cedolare secca sugli affitti. Si tratta di un argomento che a noi sta molto a cuore e su cui, a nostro parere, ci sono ancora alcune resistenze da parte dell'amministrazione, che non trovano conforto nel testo di legge; quindi si tratterebbe di dare nuove interpretazioni, come è stato fatto in altri casi. Per esempio, è stata molto positiva la norma che ha riconosciuto la possibilità di sanare la mancata conferma dell'opzione della cedolare, che era evidentemente frutto di dimenticanze e non di scelta intenzionale. Mi riferisco a due casi molto precisi.
  La locazione a uso foresteria è stata ammessa recentemente anche da alcune sentenze della Commissione tributaria e, secondo noi, ci sono tutti i presupposti perché vengano riconosciuti il locatore non imprenditore e la destinazione a uso abitativo; quindi, o con un intervento di interpretazione autentica o con altra normativa, si potrebbe estendere l'applicabilità della cedolare anche all'uso foresteria. Altrettanto, si potrebbe fare per l'affitto dell'appartamento condominiale, quando non ci sia più il portiere. Quando non c'è più il portiere, si libera l'appartamento, che spesso viene affittato.
  L'Agenzia delle entrate dice che la cedolare non si può applicare, non per principio, ma perché è difficile da gestire. Ecco, ritengo che, nell'ambito di ragionamenti condivisi, si possa trovare una via d'uscita che alleggerirebbe indubbiamente il condominio di adempimenti e di tassazioni.
  Ora, se posso fare un ultimissimo accenno, un altro tipo di problematica potrebbe essere risolta con un coordinamento rispetto alla dichiarazione IMU e TASI, visto che lo statuto del contribuente stabilisce il principio di non richiedere al contribuente informazioni già in possesso dell'amministrazione. Pag. 7
  Alcuni casi recenti di agevolazioni IMU e TASI richiedono la dichiarazione; tuttavia poiché tali agevolazioni, come il comodato ai parenti, per esempio, sono collegate a contratti registrati, si tratta del caso tipico di un'informazione già in possesso dell'amministrazione. Allora, se la registrazione di questi contratti passasse dall'Agenzia ai comuni, si darebbe un segnale di semplificazione ai cittadini, senza perdere l'informazione che è già in possesso dell'amministrazione.

  PRESIDENTE. Grazie. Ora diamo la parola al vicepresidente dell'ANCE Giuliano Campana e diamo atto che l'ANCE ha trasmesso un documento che verrà trasmesso a tutti i componenti della Commissione.

  GIULIANO CAMPANA, vicepresidente, dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE). Grazie, presidente. Ringrazio questa Commissione per l'opportunità offertaci di evidenziare la necessità, a mio avviso, di una profonda revisione della fiscalità del settore edile, incentrata soprattutto su una forte semplificazione del sistema, come, peraltro, è previsto in attuazione della delega per la riforma tributaria, la famosa legge n. 23 del 2014.
  Credo che la complessità del sistema fiscale italiano sia ormai unanimemente riconosciuta. Soprattutto, questa rappresenta un grosso limite per chi, come noi, esercita un'attività produttiva, senza contare i costi elevatissimi sostenuti dalle imprese per adempiere gli ormai innumerevoli obblighi fiscali e per affrontare il contenzioso, che è connesso troppo spesso agli errori, appunto per la complessità di questa normativa: più le normative sono complesse e più è facile commettere errori.
  Il settore edilizio, peraltro, rappresenta a tal fine un chiaro esempio degli aspetti deteriori del nostro sistema fiscale. Secondo noi, non esiste altro comparto in cui le regole fiscali siano così complesse da rendere necessario uno specialista della normativa del settore, soltanto per districarsi tra le migliaia di norme fiscali applicabili.
  Ho scelto di fare l'imprenditore, il costruttore, come mio padre e mio figlio, e non voglio fare l'avvocato fiscalista, ma devo assumere per forza un avvocato fiscalista per riuscire soltanto a capirci qualcosa.
  In merito, basti pensare alla disciplina dell'IVA specifica per il settore immobiliare.
  È già stata ricordata da chi mi ha preceduto la tassazione degli immobili delle imprese; per fare ulteriori esempi, vorrei riferirmi all'imposta di bollo per la partecipazione alle gare pubbliche, che ormai, per noi, rappresentano, se non esclusivamente, quasi tutto il nostro lavoro.
  Si aggiungano i continui e repentini cambiamenti normativi, che rendono ancora più difficile capire preventivamente quale sia il corretto comportamento da assumere di fronte al fisco.
  Una recente indagine ha evidenziato che una piccola e media impresa, ogni anno, deve sottostare a 25 adempimenti fiscali e a oltre 70 scadenze tributarie. Elevatissimo è anche il numero di adempimenti a carico dei contribuenti, tali da costituire ormai, nei fatti, un serio disincentivo all'investimento immobiliare.
  Ora, vorrei portare un piccolo esempio che, facendo il mio mestiere, ritengo essere quello che, forse, rende di più.
  Ho avuto occasione di entrare in contatto con una società cinese per l'acquisto di alcuni immobili. Era il tempo in cui c'erano l'ICI, la IUC, la TUC. Il nostro validissimo direttore mi telefona e mi dice: «Si fermi, presidente, perché quelle imposte non ci sono più, siamo passati a IMU, TASI e TARI». Ho comunicato all'investitore che non c'erano più quelle imposte e che ce n'erano delle altre e l'investitore mi ha chiesto: «perché non ne fate una sola?». Ma io non ho saputo rispondere. Per farla breve, l'affare è svanito perché, se ogni tre mesi cambiate le normative e le aliquote, uno si chiede «in quale Paese sto investendo?».
  Chiedo scusa se mi sono permesso di riportare quest'esempio, ma l'ho fatto perché l'ho pagato sulla mia pelle.
  È evidente la necessità che il legislatore provveda ad avviare una forte semplificazione del sistema fiscale, che renda più Pag. 8facile la gestione delle nostre imprese. Occorre un deciso cambio di rotta che, per le imprese di costruzione, va attuato, a nostro avviso, secondo due direttrici fondamentali. Da un lato, bisogna urgentemente migliorare la collaborazione fra fisco e contribuenti, che viene, a oggi, ostacolata da una serie di adempimenti vessatori – stiamo parlando, in particolare, dell'IVA – che si traducono in un mero costo economico per l'impresa, a fronte di un'assoluta mancanza di vantaggi premiali.
  D'altro canto, devono essere superati gli ostacoli all'adempienza fiscale dovuti all'elevato grado di incertezza, che, spesso, caratterizza il calcolo stesso del debito tributario, sia in fase di acquisto che in fase di possesso degli immobili.
  Senza entrare nel dettaglio, vorrei sottoporre le problematiche in un'ottica di semplificazione della gestione amministrativa dei singoli tributi, che, di seguito, se mi permettete, evidenzierò con alcuni aspetti critici della fiscalità edilizia.
  Partendo dai problemi sostanziali connessi alla fiscalità del settore edilizio, ci permetteremo di proporre soluzioni che, se adottate, produrrebbero anche una forte semplificazione delle regole attualmente esistenti.
  In particolare, si tratta dell'applicazione dello split payment, che è il prelievo ai fini dell'imposta di bollo per la partecipazione agli appalti pubblici. Poi, si tratta dell'IMU e della TASI, come vi ho già detto, per il settore edile nonché dell'applicazione della regola prezzo-valore e del regime fiscale applicato ai trasferimenti di fabbricati da acquistare e da demolire.
  Nel documento che, come prima il presidente ha ricordato, abbiamo depositato, troverete tutti gli approfondimenti delle singole questioni. Cercherò, nel limite del possibile, per non tediarvi ulteriormente, di semplificare le cose.
  A seguito dell'autorizzazione dell'Unione europea, il decreto-legge n. 50 del 2017 ha stabilito che il meccanismo della scissione dei pagamenti, cioè il cosiddetto split payment, per quanto riguarda i lavori pubblici, venga prorogato fino al 2020. Il meccanismo doveva scadere nel 2017, come diceva l'Unione europea, ma è stato portato fino al 2020.
  Per quanto riguarda le fatture emesse dal primo luglio 2017, relative a cessioni di beni e prestazioni di servizi, il meccanismo dello split payment viene esteso anche nei confronti delle società a partecipazione statale.
  In generale, la proroga e l'ampliamento dell'ambito applicativo dello split payment vanno valutate, a nostro avviso, negativamente. Pensate a cosa significa per un'impresa che fa quasi esclusivamente lavori pubblici, ma anche quelli privati, l'anticipo continuo dell'IVA, dovendo aspettare sette, otto, nove o dieci mesi per riacquisire le somme.
  Ora, chiediamo che, quantomeno, nell'arco di un mese sia previsto il rimborso dell'IVA perché tante imprese, oggi già in sofferenza, potrebbero anche capitolare.
  Vogliamo applicare lo split payment? Se non possiamo percepire i soldi, in questo caso dallo Stato, dateci la possibilità di non pagare l'IVA ai nostri fornitori, in modo da riuscire a controbilanciare la situazione.
  Per le imprese che operano nel comparto dei lavori pubblici, le conseguenze di queste ultime modifiche attengono sempre all'incremento esponenziale del credito IVA.
  Sono evidenti, come vi ho appena accennato, le complicazioni che la proroga e l'estensione dello split payment, così come, per quanto riguarda i privati, del reverse charge, producono sugli operatori del settore.
  A nostro giudizio, per risolvere il problema, le soluzioni potrebbero essere quelle che ho accennato poco fa.
  Ora, a titolo esemplificativo, se l'impresa presta servizio e cede beni a una pubblica amministrazione e non riceve l'IVA, applicandosi lo split, la stessa impresa, come ho detto prima, non dovrebbe pagarla ai suoi fornitori: in tal modo si arriverebbe a un pareggio.
  Ora, rimanendo sempre nell'ambito degli appalti pubblici, uno degli aspetti fiscali più critici riguarda il corretto assolvimento dell'obbligo dell'imposta di bollo sugli atti da produrre, anche in sede di partecipazione. Tali atti sono molteplici e variegati, Pag. 9perché non sono uguali e variano da territorio a territorio.
  La normativa che disciplina la materia, infatti, individua diverse categorie di atti, differenziando l'applicabilità e la misura del tributo, a seconda dell'obbligo di presentazione dell'atto ai competenti uffici amministrativi per la sua registrazione.
  Si tratta di un sistema, a nostro avviso, molto complicato – che nel documento depositato, abbiamo descritto nei suoi elementi principali – e caratterizzato da assoluta confusione.
  Questo, di fatto, genera errori, senza colpa, ma che si trasformano in costi elevatissimi a carico delle imprese, che devono produrre tutta la documentazione necessaria nelle diverse fasi di gara.
  Su questo tema, da tempo, sosteniamo l'assoluta urgenza di un vero e proprio riordino della materia, preso atto che, nel corso degli anni, le amministrazioni pubbliche, nell'esercizio delle proprie funzioni di stazioni appaltanti, assumono comportamenti spesso contraddittori e difformi, come dicevo prima, da territorio a territorio.
  Ora, per far fronte a questa situazione occorrerebbe, sempre a nostro giudizio, l'introduzione, per esempio, di un'imposta di atto sostitutiva, applicata in misura proporzionale all'importo dei lavori posti a base d'asta.
  Altro tema a lungo dibattuto è rappresentato dalla riforma della tassazione locale sugli immobili. In quest'ambito, c'è bisogno di una sostanziale semplificazione e di un assetto definitivo e stabile, almeno per qualche anno. Il continuo modificarsi delle norme di riferimento ha prodotto soltanto un indiscriminato aumento della pressione fiscale sugli immobili, legato a fenomeni patologici che noi, più volte, abbiamo denunciato.
  Per esempio, per le imprese di costruzione, questi sono stati rappresentati dalla tassazione dell'IMU e della TASI, che, come diceva prima il presidente di Confedilizia, creano una doppia imposizione, soprattutto sui fabbricati costruiti o ricostruiti per la successiva vendita, i cosiddetti «beni merce», quelli che, per noi, sono appunto beni merce. Questo è l'unico settore in cui viene tassato un bene merce. Per noi, si tratta del nostro lavoro, dei nostri prodotti, che ci servono per poter lavorare. È vero che, dal 2013, gli immobili in costruzione sono esclusi dalla tassazione IMU, però è comunque previsto il pagamento della TASI, quindi praticamente l'imposta è stata sostituita, ma non è stata abolita.
  In aggiunta, va considerato che l'esclusione dal prelievo IMU e TASI non si applica in alcun caso alle aree destinate alla costruzione. Anche queste sono nostri beni merce e, addirittura, paghiamo l'IMU e la TASI su aree che dobbiamo poi modificare e che, peraltro, sono il nostro magazzino.
  Ora, una disciplina impositiva così complicata e diversificata sui cosiddetti «beni merce» delle imprese edili impone agli operatori economici del settore l'osservanza di una serie di adempimenti operativi, pena la perdita di ogni possibile beneficio.
  Si consideri, per esempio, che, per fruire dell'esenzione, ai soli fini IMU, per gli immobili costruiti e ristrutturati dalle imprese edili e, peraltro, rimasti invenduti – oggi sappiamo bene quanto ci pesa il nostro invenduto –, vi è l'obbligo, pena la decadenza dei citati benefici, di presentare la dichiarazione IMU, nella quale deve essere attestato il possesso dei requisiti e devono indicarsi i dati catastali degli immobili cui si applica tale esenzione.
  Discorso analogo può farsi per il riconoscimento della qualifica di un terreno come area edificabile, che deve essere verificata, ai fini IMU e TASI, per ciascun periodo d'imposta.
  Ciò premesso, è di tutta evidenza che l'obiettivo principale dell'ANCE è vedere riconosciuta l'esenzione integrale dal prelievo, per quanto riguarda l'IMU e la TASI, per gli immobili cosiddetti «merce», in virtù dei principi di chiara equità fiscale.
  Questi immobili non sono ancora usciti dal nostro circuito produttivo, quindi non hanno ancora prodotto ricavi, e non fruiscono dei servizi comunali perché non hanno neanche i contatori e sono completamente privi di ogni servizio. Pag. 10
  In subordine, tuttavia, ci auguriamo una reale semplificazione degli adempimenti necessari alla verifica dei requisiti per accedere all'esclusione dall'imposizione, quantomeno per i nostri beni merce non più soggetti a IMU.
  Più in generale, da tempo, auspichiamo che si giunga a una forma, come dicevo prima, di tassazione unica sugli immobili, che sia stabile e non continui a cambiare di anno in anno, se non ancora più frequentemente.
  Passando ora agli aspetti più critici, ma anche più legati alla nostra quotidianità di costruttori, vogliamo soffermarci innanzitutto su una regola specifica applicata ai fini delle imposte di registro.
  Come sapete, quando un privato aliena un immobile, come prezzo-valore si assume il valore catastale, mentre, per quanto riguarda le imprese, si considera il valore dell'atto comprensivo di IVA, quindi il valore reale.
  Riteniamo questa una grossa discriminazione, soprattutto se considerate che chi acquista da un privato paga il 2 per cento di IVA per la prima casa e il 9 per cento per la seconda casa, mentre se si tratta di un'impresa si pagano rispettivamente il 4 per cento e il 10 per cento, anche se, fino alla fine dell'anno, grazie alla nostra insistenza e alla vostra comprensione, ci è stato concesso di dare ai nostri clienti l'opportunità di portare in detrazione in dieci anni il 50 per cento dell'importo dell'IVA. Questo per noi è stato un grosso vantaggio e speriamo che possiate rinnovare la misura anche l'anno prossimo, altrimenti saranno guai.
  Di fatto, questo determina, come dicevo prima, una sostanziale disparità di trattamento fra privato e costruttore, tenendo anche presente che si penalizza chi acquista da un'impresa immobili nuovi e di qualità, mentre vengono premiati gli acquisti di immobili vecchi e obsoleti.
  Sul tema, l'ANCE non può che prendere atto del fatto che il ricorso all'opzione del prezzo-valore determina notevoli vantaggi nei rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuenti. Alla prima, infatti, viene garantito un gettito facilmente controllabile e predeterminabile e, per i secondi, viene escluso il rischio di accertamento. Pertanto, è comunque auspicabile un'estensione del suddetto meccanismo anche alle operazioni soggette a IVA.
  Per superare i vincoli comunitari che impediscono l'imposizione ai fini dell'IVA su un valore diverso dal corrispettivo di vendita indicato in fattura, l'ANCE auspica l'introduzione di meccanismi premiali, come le detrazioni o, meglio ancora, come il credito d'imposta. Come credito d'imposta, per esempio, potrebbe essere introdotta una detrazione di imposta commisurata alla differenza tra l'ammontare dell'IVA effettivamente corrisposto dall'acquirente e indicato in fattura e l'importo dell'imposta che deriverebbe, se applicassimo il valore catastale.
  Si tratta di una proposta che consentirebbe, anche nell'ambito dei contratti aventi a oggetto fabbricati soggetti a IVA, di favorire l'emersione del reale valore del bene, con evidenti vantaggi anche per l'amministrazione finanziaria.
  Detto questo, in ultima analisi, c'è la tassazione sui fabbricati. Ora, se acquisto un fabbricato da demolire interamente, l'Agenzia delle entrate lo considera un'area, quindi lo tassa come tale e con tutte le plusvalenze di un'area, ma, secondo noi, stiamo acquistando un immobile decrepito e non l'area. Il fatto che abbiamo la possibilità di demolirlo e ricostruirlo va tutto a vantaggio del patrimonio immobiliare obsoleto che abbiamo oggi in Italia, quindi considerarlo come un'area ci sembra, quantomeno, ingiusto. Ai fini delle imposte sui redditi, in merito alla cessione di un fabbricato destinato alla demolizione, questa è la considerazione dell'Agenzia delle entrate.
  Sul tema, l'ANCE ritiene che, in un'ottica di semplificazione della disciplina fiscale in materia edilizia, nel caso di cessione di un fabbricato da demolire, sia urgente intervenire anche sotto il profilo normativo per definire univocamente il regime fiscale applicabile ai fini di tutte le imposte, sia sull'acquisto sia sul possesso, per favorire nuove operazioni immobiliari con positivi effetti per le imprese. Pag. 11
  Questi effetti riguardano anche e soprattutto i livelli occupazionali. Teniamo presente che noi, dal 2008 a oggi, abbiamo perso più di un milione di posti di lavoro, quindi abbiamo la necessità di recuperarne una parte.
  Inoltre, anche l'erario avrebbe, a nostro avviso, un maggiore gettito su operazioni del genere, che potrebbero risultare incentivate.
  Per esempio, potrebbe intendersi univocamente, ai fini di tutte le imposte, un trasferimento di fabbricato e non già di un'area edificabile, da tassare quindi, almeno, come fabbricato.
  Poi, c'è la cessione di un immobile da demolire, qualora questa venga realizzata nell'ambito di un progetto di sostituzione edilizia, di cui oggi si parla tanto. Ma, se questa incentivazione non viene messa in pratica, ho paura che gli immobili resteranno obsoleti.
  Ringrazio e chiedo scusa se mi sono dilungato.

  PRESIDENTE. Ringrazio il vicepresidente dell'ANCE, Giuliano Campana, anche per i documenti trasmessi. Credo che Confedilizia debba inviare ancora un documento, che acquisiremo agli atti.
  Vi ringrazio molto per il contributo che avete dato e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.05.