XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Lunedì 2 novembre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE SEMPLIFICAZIONI POSSIBILI NEL SUPERAMENTO DELLE EMERGENZE

Audizione di rappresentanti delle Organizzazioni agricole e dell'Alleanza delle cooperative italiane.
Tabacci Bruno , Presidente ... 2 
Della Vecchia Toni , Capo del Servizio legislativo e legale di Confcooperative ... 2 
Tabacci Bruno , Presidente ... 5 
Prosperoni Maria Adele , Funzionario dell'Area Ambiente e Territorio della Coldiretti ... 5 
Giansanti Massimiliano , Vicepresidente di Confagricoltura ... 7 
Tabacci Bruno , Presidente ... 8 
Fucksia Serenella  ... 10 
Prosperoni Maria Adele , Funzionario dell'Area Ambiente e Territorio della Coldiretti ... 11 
Vincenzi Antonio , Responsabile coordinamento legislativo Confagricoltura ... 11 
Tabacci Bruno , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 15.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti delle Organizzazioni agricole e dell'Alleanza delle cooperative italiane.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti delle Organizzazioni agricole e dell'Alleanza delle cooperative italiane, che si inserisce nell'ambito dell'indagine conoscitiva in corso sulle semplificazioni possibili nel superamento delle emergenze.
  Sono presenti per l'Alleanza delle cooperative gli avvocati Andrea Folchitto, dell'ufficio legislativo di Legacoop, e Toni Della Vecchia, capo del servizio legislativo e legale di Confcooperative; per la Coldiretti, l'avvocato Maria Adele Prosperoni; per Agrinsieme, il dottor Carlo Bonizzi dell'ufficio legislativo della Confederazione italiana agricoltori, il dottor Massimiliano Giansanti, vicepresidente di Confagricoltura, e il dottor Antonio Vincenzi, responsabile del coordinamento legislativo di Confagricoltura.
  Rammento ai nostri ospiti che la Commissione, a fronte delle numerose calamità naturali che stanno colpendo il nostro Paese anche in questi giorni, ha considerato utile verificare le semplificazioni possibili nella gestione della fase successiva alle emergenze, che spesso risulta molto gravosa per cittadini e aziende.
  L'ordine che ci siamo dati per le audizioni dà priorità cronologica all'ascolto dei soggetti più da vicino coinvolti, le cui indicazioni ci saranno utili per confrontarci poi con i vertici delle istituzioni direttamente interessate.
  Detto questo, conoscete già il programma dell'audizione e su quali argomenti esso verte. In particolare, siamo interessati ad ascoltarvi sulle motivazioni e sulle ragioni della nostra indagine conoscitiva. Do ora la parola ai rappresentanti di Alleanza delle cooperative.

  TONI DELLA VECCHIA, Capo del Servizio legislativo e legale di Confcooperative. Grazie, presidente. Il programma dell'audizione è interessante anche per un'organizzazione articolata a livello nazionale, che, però, mira a radicarsi nel territorio. Infatti, sul tema delle emergenze, non abbiamo dossier nazionali, bensì tanti quante sono le emergenze. Anzi, al nostro interno esistono un'istanza e un bisogno di semplificazione, anche riguardo alla tenuta dei dossier. Questa è stata, dunque, un'occasione per fare squadra anche rispetto – ripeto – alla tenuta dei dossier e delle questioni.
  Detto questo, il dibattito breve ma approfondito che abbiamo avuto con i tanti responsabili dei vari territori interessati dall'emergenza ha prodotto alcuni risultati, che poi travaseremo in una piccola memoria che vi inoltreremo per via elettronica questo pomeriggio o domani, i cui punti cruciali sono quelli che mi accingo ad elencarvi.Pag. 3
  Innanzitutto, è emersa l'esigenza di un quadro legislativo generale stabile, ovvero appositamente dedicato alla gestione delle emergenze di massa, avente la forma della legislazione ordinaria statale, con il quale si pongano sia delle risposte certe dal punto di vista generale dei procedimenti interessati, sia un ventaglio di garanzie relativo ad alcune questioni, che valga per tutte le emergenze, tutti i territori e tutti i soggetti.
In particolare, abbiamo sperimentato forme di complicazione ed incertezza, ad esempio, all'indomani del sisma del 2012 in Emilia-Romagna e negli altri territori, là dove sono state emanate più di 380 ordinanze di Protezione civile nel cui contenuto sono dedotti temi generali e trasversali che avrebbero potuto trovare soluzione in un quadro normativo stabile, valido per altri territori e per altre emergenze.
  Ovviamente, un quadro normativo nazionale deve essere dotato della necessaria flessibilità. Non può risolvere tutto, ma se si sovrappongono le oltre 380 ordinanze connesse al sisma del 2012 emergono delle questioni che potrebbero essere risolte già per via legislativa, a prescindere dal territorio e dagli eventi.
  Un altro dei temi fondamentali è quello della sospensione degli adempimenti dei vari obblighi tributari, previdenziali, collegati all'attività processuale ordinaria e via dicendo. Ebbene, su questo si registra l'intervento, da ultimo, di quella norma contenuta in uno dei decreti legislativi sulla riforma fiscale, che tenta di risolvere uno dei problemi connessi a queste vicende, cioè la sospensione automatica degli accertamenti e di alcuni aspetti legati alla riscossione dei tributi.
  Questa è confezionata come norma generale, valida ovunque, ma ovviamente sempre collegata a un evento eccezionale, quindi a una dichiarazione dello stato di emergenza o di calamità. A tale proposito, riteniamo che ci siano le possibilità – ovviamente occorre un approfondimento dal punto di vista tecnico – per introdurre un meccanismo di operatività automatica ipso iure della sospensione di alcuni adempimenti.
  Beninteso, non si tratta di introdurre forme di sospensione che nella sostanza si tradurrebbero in forme di composizione o di rimessione del debito. Si tratta, invece, di dare operatività automatica alla sospensione degli adempimenti nominati, collegata a sospensione di sanzioni e interessi, ma comunque circoscritta nel tempo e ancorata a declaratorie di stati di emergenza o di calamità.
  Ovviamente, a questo dovrebbe accompagnarsi anche un regime speciale di successiva composizione del debito, nel senso che dopo la sospensione c’è una sorta di accumulazione di sanzioni e interessi. La mora non esisterebbe, quindi dovrebbe essere automaticamente sospesa. D'altra parte, è già così poiché le ordinanze prevedono questi meccanismi. Si tratta, quindi, di generalizzarli e renderli automatici.
  Occorre, poi, prevedere un regime che consenta di risolvere le complicazioni successive che derivano dall'accumulo del debito nel tempo, perché una parte di debito va comunque pagata.
  A parere nostro, è opportuno introdurre meccanismi di speciale composizione, quali rateizzazioni ad hoc o, comunque, procedure più semplici. Questo tema, peraltro, è collegato anche alle difficoltà del credito e dei finanziamenti, quindi ai rapporti con gli istituti di credito ogni qual volta interviene un'emergenza.
  Noi riteniamo, tuttavia, che la predisposizione di meccanismi automatici e generali di sospensione degli adempimenti costituisca già una forte risoluzione dei problemi perché questa misura, accanto al credito di imposta che si intenderebbe introdurre con la legge di stabilità, risolverebbe il grosso dei problemi di flussi monetari che questi soggetti incontrano. Infatti, il grosso dei finanziamenti sono richiesti per far fronte a debiti non ancora sospesi, sospesi in ritardo o per poco tempo o comunque scollegati dallo stato di calamità dal punto di vista cronologico.Pag. 4
  Accanto a questa misura, occorrerebbe ragionare anche sull'intassabilità di alcuni componimenti, ma questo è un tema che credo esuli dal programma dell'audizione, anche se è importante puntualizzare che, almeno per quanto riguarda il reddito dei fabbricati o comunque l'imponibilità dei fabbricati colpiti dall'emergenza, per quel dato periodo in cui sia dichiarato lo stato di emergenza e sussista un'inagibilità di diritto e di fatto, sarebbe da fissare, anche in termini generali, un principio di non imponibilità.
  Veniamo, ora, alle possibili semplificazioni procedurali. Cominciamo con l'analisi che abbiamo compiuto rispetto alle funzioni di rilevamento dei danni e dei fabbisogni.
  A tale riguardo, tra le difficoltà principali – mi soffermo solo su queste – è stato rilevato il problema della limitatezza dei soggetti che effettuano la funzione di rilevamento, che, ovviamente, data la funzione pubblicistico-amministrativa, non può che rientrare nella competenza di autorità di diritto pubblico. Tuttavia, le nostre imprese e le nostre articolazioni territoriali ritengono che, almeno in sede istruttoria, sia possibile immaginare un intervento delle associazioni di impresa e degli ordini professionali, eventualmente uniti in un accordo di rilevanza pubblicistica con gli enti pubblici e con il commissario delegato, prevedendo altresì degli obblighi e degli adempimenti precisi in termini istruttori che chiamino a responsabilità anche le associazioni.
  Ciò renderebbe più fluido e veloce il rilevamento dei danni e dei fabbisogni. Noi riteniamo, infatti, che questo potrebbe favorire il ritorno alla normalità delle aziende, soprattutto per quanto riguarda la fase del rilevamento dei danni e dei fabbisogni.
  I medesimi problemi si pongono anche rispetto ad altre fasi del procedimento. Ad esempio, alcune aziende produttive non possono ritornare alla normalità se non previa ispezione delle autorità di Protezione civile, dei Vigili del fuoco o di altre autorità pubbliche. Ebbene, in quel caso vi sono alcune funzioni che vengono pericolosamente ritardate, come il ritiro dei prodotti.
  In parte dei nostri territori è stata, pertanto, proposta l'introduzione di elenchi di soggetti ed imprese accreditati ad alcune funzioni, come il ritiro del prodotto, nelle more dei procedimenti di ispezione, ma non esisteva una guarentigia legislativa che lo rendesse possibile. È una proposta che, detta così, appare complicata, ma in realtà è un esempio per dire che esistono strumenti e possibilità di cooperazione tra società e autorità che possono rendere più fluido e veloce il ritorno alla normalità.
  Quanto all'erogazione dei contributi, scommettiamo molto su una modalità sperimentata in alcuni territori, quella del rapporto diretto tra imprese che eseguono l'intervento di ristrutturazione e l'autorità garante delle risorse finanziarie per la ricostruzione, che, in genere, è rappresentata dal commissario straordinario.
  In tal modo, quindi, il superamento della mediazione, almeno in questa fase dell'erogazione in favore del soggetto danneggiato, assicura a nostro avviso una maggiore efficacia e, soprattutto, trasparenza.
  Gli ultimi aspetti riguardano la redazione e la certificazione dei progetti esecutivi dell'intervento di ricostruzione. Da questo punto di vista registriamo un ritardo degli ordini professionali, perché in alcuni territori abbiamo potuto verificare l'affidamento di pratiche a professionisti spesso non formati per le specialità e la gravità dell'emergenza.
  Speriamo, quindi, che quel quadro normativo generale che auspichiamo giochi d'anticipo anche su questo, prevedendo percorsi formativi ad hoc con gli ordini professionali, appositamente responsabilizzati per la gestione delle pratiche delle emergenze, e fissi altresì un limite all'assunzione di pratiche perché spesso i ritardi e le lungaggini derivano dall'accumulo di dossier in capo allo stesso professionista. In tale contesto, la fissazione di un limite, non necessariamente per via Pag. 5legislativa, potrebbe facilitare il ritorno alla normalità e l'avvio dell'intervento di ricostruzione.
  L'ultimo profilo riguarda le complicazioni collegate alla selezione delle imprese che effettuano gli interventi di ricostruzione. Rispetto a questo tema, riteniamo che sia quanto mai opportuna una selezione rigida, anche attraverso i meccanismi noti con il termine anglosassone di white list, però consigliamo la verifica di forme alternative aventi la stessa efficacia e la medesima intensità del controllo.
  Una di queste potrebbe essere quella del valore attribuito ai protocolli che alcune organizzazioni di imprese hanno siglato con il Ministero dell'interno, che assicurano la predisposizione di meccanismi di controllo e di registri periodicamente corretti e integrati, che hanno ad oggetto, per l'appunto, la qualificazione dei partner commerciali e dei soggetti aderenti, oltre che, ovviamente, tutta la documentazione antimafia relativa alle imprese aderenti e iscritte in quell'apposito registro.
  In ultimo, concludendo e rinnovando i ringraziamenti, vorrei dire che tutti i territori e tutte le imprese hanno auspicato che le varie fasi dei procedimenti si realizzino – come, peraltro, talvolta già avviene – su piattaforme con modalità informatiche. Questo è detto in maniera pacifica e diffusa. Grazie.

  PRESIDENTE. Do ora la parola alla rappresentante di Coldiretti.

  MARIA ADELE PROSPERONI, Funzionario dell'Area Ambiente e Territorio della Coldiretti. Grazie, presidente. Noi riteniamo che in una fase successiva all'emergenza le priorità debbono essere quelle della ricostruzione, della ripresa economica e dell'assistenza alle popolazioni. Purtroppo, negli ultimi anni le emergenze sono diventate, da una parte, l'occasione per risolvere problemi che, invece, sono ordinari. Pensiamo a tutte le principali normative ordinarie in materia di difesa del suolo, che sono state adottate proprio a valle di un'emergenza. Dall'altra parte, l'emergenza diventa l'occasione per derogare ad alcune normative.
  Dunque, prima ancora di analizzare quelle che secondo noi dovrebbero essere le semplificazioni da adottare nella fase emergenziale, dovremmo aprire una riflessione proprio sugli strumenti e i contenuti della fase emergenziale e post-emergenziale.
  In particolare, le ordinanze d'emergenza rivestono un rilevante potere di deroga rispetto alle norme fondamentali. Noi, invece, riteniamo che ci sia un complesso di valori fondamentali che devono essere comunque tutelati anche nelle fasi di emergenza. Penso alle norme sulla sicurezza sul lavoro, sulla qualità delle produzioni agroalimentari, sulla tutela dell'ambiente e del paesaggio, sull'edilizia.
  L'emergenza e la fase di ricostruzione, quindi di ripresa economica e di assistenza alle popolazioni, non deve diventare l'occasione per derogare ad una serie di valori fondamentali, ma deve costituire l'occasione per una ricostruzione di qualità. Pertanto, anche nella pianificazione o nella ricostruzione di emergenza dovremmo sempre avere come obiettivo la riduzione della vulnerabilità del territorio e la garanzia fondamentale della qualità della ricostruzione stessa.
  Per quanto riguarda, invece, gli strumenti di emergenza, quali, ad esempio, le ordinanze, dovremmo garantire che tutte le deroghe che vengono accordate alle norme di legge siano assolutamente pertinenti e necessarie rispetto agli obiettivi che intendiamo raggiungere. Quindi, sarebbe utile avere un corpus normativo di base che delimiti con esattezza presupposti e limiti che devono essere rispettati anche e soprattutto nella fase d'emergenza.
  Mi associo, dunque, alla riflessione dei colleghi, perché riteniamo che sarebbe utile disporre di un corpus normativo che disciplini in maniera ordinaria una serie di strumenti, misure e poteri in relazione a situazioni che si ripropongono regolarmente, seppure nella fase di emergenza.
  Per esempio, che la Protezione civile, a valle di un terremoto, debba provvedere Pag. 6a rimuovere le macerie o che debbano essere adottate delle misure per gli appalti per la ricostruzione, per puntellare le case o per delocalizzare certe attività, sono tutte situazioni che si ripropongono sistematicamente in una fase di emergenza, quindi a monte potremmo disciplinare in via ordinaria strumenti, misure e anche competenze, proprio per evitare che nella fase emergenziale si intervenga «a cascata» o in maniera, per così dire, alluvionale e disordinata, minando peraltro alcuni diritti fondamentali.
  La seconda serie di riflessioni, prima ancora di esaminare le disposizioni in materia di semplificazione, attiene alle attività di prevenzione.
  Il lavoro che dovrebbe essere fatto a monte, anche sul piano normativo, riguarda l'analisi della vulnerabilità dei territori e di prevenzione rispetto alle cause che la determinano. I rilevanti problemi legati alla difesa del suolo e al dissesto idrogeologico dipendono infatti da uno scorretto utilizzo del territorio, dal fenomeno dell'abusivismo edilizio, dall'abbandono delle sistemazioni idraulico-agrarie e idraulico-forestali, dal fatto che non si fa adeguata manutenzione del territorio. Quindi, le attività che dovremmo disciplinare a monte riguardano la previsione e sono mirate proprio alla valutazione della vulnerabilità delle aree, alla pianificazione e alla manutenzione del territorio.
  Rispetto agli interessi delle imprese agricole, dovrebbe essere valorizzato il ruolo dell'impresa agricola e degli imprenditori agricoli come custodi del territorio, quindi dovrebbe essere prevista l'adozione di alcuni strumenti che valorizzino la sua multifunzionalità, finalizzati al mantenimento di queste imprese sul territorio perché, appunto, esse rappresentano un importante elemento di presidio e di manutenzione.
  Per quanto riguarda la semplificazione, vengo alle norme che dovrebbero essere adottate. Ovviamente, rimetterò a un documento un'analisi un po’ più approfondita, limitandomi in questa sede a procedere per flash.
  Oltre a quelle essenziali, legate a forme di finanziamento, credito agevolato e sostegno all'attività di ricostruzione, che sono ovviamente indispensabili e strategiche, come ricordavo in precedenza, la cultura del fare si deve accompagnare alla garanzia di una ricostruzione di qualità e funzionale al raggiungimento di elevati livelli di sicurezza.
  Per esempio, dovremmo assicurare, per quanto riguarda i territori, un insieme di disposizioni volte a garantire la messa in sicurezza, dunque il ripristino delle opere idrauliche, funzionali alla difesa del suolo.
  Sotto il profilo procedurale, riteniamo che le semplificazioni dovrebbero essere adottate a livello essenzialmente amministrativo e burocratico. Per esempio, tutta la fase delle autorizzazioni potrebbe essere affidata a dei procedimenti di autorizzazione unica, che sono già stati ampiamente sperimentati in altre emergenze, senza minare, come dicevo poc'anzi, le garanzie fondamentali di tutela ambientale e sanitaria o legate alla pianificazione territoriale e urbanistica.
  In pratica, potremmo avere un'unica progettazione integrata degli interventi, un'unica istanza di finanziamento e un unico progetto di riparazione, con una maggiore velocità e tempestività degli interventi.
  Nelle fasi di autorizzazione dovrebbero, poi, essere eliminati gli oneri istruttori. Abbiamo, infatti, molte tariffe, ovvero oneri istruttori, cui sono soggette le imprese, in particolare per quanto riguarda gli adempimenti ambientali, che nella fase emergenziale e post-emergenziale dovrebbero essere eliminati.
  Una valenza strategica potrebbero averla anche le forme di autocertificazione. Per esempio, le procedure di verifica dell'agibilità delle strutture agricole, ma anche degli abitati, per il ritorno alla normalità, per abitare la propria casa e riprendere l'attività economica, sono un po’ lunghe, quindi potrebbero essere adottate delle forme di autocertificazione con delle perizie asseverate da professionisti abilitati che, nelle more del completamento Pag. 7del procedimento di verifica dell'agibilità, possano consentire comunque la ripresa delle attività.
  C’è, poi, tutto il tema della sospensione o del differimento dei termini legati ai procedimenti amministrativi e ai processi. Ovviamente, dovrebbero essere previste delle fasce di sospensione anche nel caso in cui ci siano scadenze che maturano nella fase di ricostruzione.
  Per quanto riguarda le imprese agricole, un elemento piuttosto importante è legato alla delocalizzazione delle attività perché a questo si accompagnano anche degli adempimenti.
  Faccio soltanto un esempio. Immaginate la delocalizzazione di un allevamento e la necessità di gestire gli effluenti di allevamento. A questo riguardo, abbiamo una normativa molto stringente in materia di nitrati, di derivazione comunitaria, che impone, soprattutto in zone vulnerabili da nitrati, quantitativi determinati per lo spandimento degli effluenti.
  In una fase di emergenza, in cui potrebbe essere necessario delocalizzare temporaneamente le strutture, il rispetto di queste normative, inclusi gli oneri di comunicazione, diventa praticamente impossibile. Quindi, bisognerebbe pensare a un corpus finalizzato a disciplinare anche le ipotesi di delocalizzazione.
  Un altro tema che ritengo importante per il settore agricolo sono le disposizioni in materia di sviluppo rurale, ovvero i programmi di sviluppo rurale. Sappiamo che i finanziamenti comunitari disposti ai sensi della PAC sono legati al rispetto di una serie di criteri di gestione delle imprese che, in una fase emergenziale, difficilmente possono essere rispettati.
  Il mancato rispetto di questi adempimenti, d'altra parte, crea la possibilità che vengano meno i finanziamenti comunitari, quindi anche in questo senso bisognerebbe intervenire per prevedere dei periodi di sospensione.
  Da ultimo, abbiamo il tema della gestione dei rifiuti che pure deve essere disciplinato, sempre nella necessità di garantire la massima tutela ambientale e sanitaria. Ci sono adempimenti burocratici, legati alle formule di trasporto, alle comunicazioni e così via, che potrebbero essere facilmente derogati. Non abbiamo ancora il Sistri, ovvero il sistema di tracciabilità dei rifiuti, ma quando lo avremo bisognerà pensare a un sistema di sospensione in questi periodi. Grazie.

  MASSIMILIANO GIANSANTI, Vicepresidente di Confagricoltura. Innanzitutto, la ringrazio, presidente, per la disponibilità che ci manifesta perché, almeno personalmente, non è la prima volta che la incontro su questo tema. Sarò brevissimo perché gli interventi dei colleghi sono stati ampi e hanno colto in maniera puntuale i vari temi cui avremmo fatto riferimento anche noi. Tuttavia, per non ripetermi, mi unisco a tutto quanto detto da parte dei rappresentanti della Alleanza delle cooperative italiane e della Coldiretti.
  La nostra testimonianza vuole, però, porre l'accento su due punti. Molto spesso si dà importanza all'evento calamitoso quando tocca o grandi interessi o, purtroppo, la vita delle persone, mentre spesso nell'agricoltura si verificano eventi calamitosi che non hanno una ripercussione di carattere nazionale, ma presentano comunque importanti ricadute nella gestione quotidiana delle aziende agricole.
  Come capite, un conto è amministrare un piazzale e un capannone, un altro è gestire un capannone, un piazzale e tutto il terreno che c’è intorno. Ciò molto spesso comporta delle grosse difficoltà all'imprenditore agricolo, che si trova a dover affrontare, in caso di emergenza, una serie di domande che deve predisporre per le varie autorità competenti, quando sarebbe, invece, importante che, nel caso in cui ci siano questi eventi, si possa avere un unico referente cui poter indirizzare tutta la documentazione richiesta.
  Come evidenziava anche la dottoressa Prosperoni, immaginate cosa significa per un allevamento ritrovarsi senza luce o senza acqua. L'allevatore informerà le forze dell'ordine, ma il più delle volte si ritroverà senza luce per un certo numero di giorni. Siccome credo che, purtroppo, si andrà sempre più incontro nel settore Pag. 8dell'agricoltura a eventi calamitosi importanti proprio per il cambiamento meteorologico che stiamo vivendo, nel futuro tutto ciò andrà affrontato attraverso l'individuazione di figure od uffici di riferimento presso le regioni affinché si possa disporre di un unico referente. Questa è la prima segnalazione che ci proviene dai nostri associati.
  In secondo luogo, nel caso di eventi calamitosi importanti, come è stato il terremoto dell'Emilia-Romagna, ci viene segnalato – come era peraltro già accaduto in passato – che nel caso in cui si verificano dei danni a immobili, come una stalla, occorre procedere allo spostamento degli animali, che, però, è difficoltoso.
  Tuttavia, molto spesso si possono anche immaginare delle lesioni che possono riguardare, per esempio, una tettoia, ma non l'impianto nella sua interezza. In quel caso, però, l'attività è comunque bloccata perché, anche nel momento in cui si facesse un intervento riparatorio veloce, l'autorizzazione per il rilascio della concessione a riprendere l'attività sarebbe comunque molto lenta. Anche in quel caso, allora, potrebbe essere utile l'ipotesi di individuare una figura di riferimento che possa operare secondo degli standard autorizzativi predefiniti da un ente predisposto in regione.
  Da ultimo, c’è l'aspetto della sospensione di tutti gli adempimenti fiscali e di quelli, qualora esistessero, nei confronti degli istituti di credito. Infatti, nel momento in cui si interrompe l'attività agricola, per ripartire il più delle volte c’è la necessità di riprogrammare le produzioni. Per esempio, nel caso della produzione delle pere distrutte quest'estate dalla grandine in Emilia-Romagna, non è che il giorno dopo ritroviamo le nuove pere sull'albero, ma occorre attendere il ciclo produttivo dell'anno successivo.
  A nostro avviso bisogna pertanto immaginare un percorso che possa consentire alle imprese di avere un credito sia da parte dello Stato attraverso la sospensione degli adempimenti tributari – come diceva il rappresentante di Confcooperative – sia dal punto di vista di una moratoria nei confronti del sistema bancario. Credo che questo sia uno strumento importante e che vada regolato con meccanismi tali da consentire che, in caso di eventi calamitosi, possa esservi un automatismo per cui sia la banca sia l'imprenditore sappiano quale può essere il percorso che si dovrà affrontare. Grazie.

  PRESIDENTE. Abbiamo ascoltato le vostre osservazioni, di cui vi ringraziamo. Avremmo però necessità di acquisire delle memorie scritte in un arco di tempo molto stretto perché, dovendo arrivare a completare questa serie di audizioni, dovremmo poi elaborare un testo scritto che costituirà la base del documento conclusivo.
  Alcune proposte che avete avanzato devono, infatti, essere inserite in un contesto in cui le cose si tengano. Quando si chiede, per esempio, che le ordinanze non deroghino ai principi fondamentali, si chiede una cosa assolutamente corretta e positiva, dal mio punto di vista, tuttavia il problema è che le deroghe vengono spesso invocate come elementi utili nelle fasi della ricostruzione o comunque successive ad avvenimenti calamitosi, come quelli di cui stiamo ragionando.
  Non c’è dubbio che l'armamentario della tecnica legislativa abbia bisogno di essere plasmato con intelligenza e con flessibilità, tenendo conto del fatto che questo Paese ha maturato grandi esperienze sul terreno specifico. Peraltro, come è stato ricordato, è ragionevole pensare che nel futuro dovremo fare i conti con l'intensificarsi di avvenimenti di questa portata piuttosto che con una loro riduzione.
  Un tempo grandinava spesso, almeno dalle mie parti, adesso magari grandina di meno, ma ci sono questi altri fenomeni. Io provengo da una zona a cavallo fra la provincia di Mantova e i confini dell'Emilia-Romagna. All'epoca quelli che avevano alberi da frutto di diverso tipo mettevano le croci fuori al primo temporale perché la loro azienda fosse salvata e magari colpita quella vicino, perché da qualche parte si doveva scaricare.Pag. 9
  Ora, vi sono meno eventi di questo genere rispetto alla frequenza di quegli anni, ma c’è una natura che si ribella, circostanza legata anche agli andamenti climatici che ci fanno vivere in un clima che sembra più, non dico equatoriale, ma tipico di quella zona intermedia, e comunque non certo caratteristico di un Paese come il nostro, che è collocato in un'area temperata. Di questo dovremmo tenere, dunque, conto ed è chiaro che la legislazione dovrà essere riorganizzata.
  A mio avviso, un quadro legislativo stabile presuppone che si individuino dei criteri precisi per classificare la portata degli avvenimenti. Infatti, non è vero che tutti gli eventi sono uguali. Se già cominciassimo a limitarci alla dichiarazione di calamità, si aprirebbero molte finestre. Ricordo di essermi occupato, nel lontano 1987-1988, dell'alluvione in Valtellina, là dove c'era il problema di individuare il cratere, ossia le aree che erano state effettivamente colpite, con la pressione tuttavia di quelle contermini, che chiedevano di rientrarvi anch'esse.
  Allora, non è vero che tutti sono nelle stesse condizioni. Siccome le condizioni sono diverse, bisognerebbe essere capaci di individuare delle ricostruzioni che siano molto efficienti.
  Inoltre, c’è il problema del superamento della dimensione istituzionale in senso territoriale per individuare con esattezza la dimensione dei fenomeni, che possono essere anche a cavallo tra regioni – una volta c'erano anche le province, e ci sono ancora, ma in realtà non hanno più l'incidenza di un tempo. Anche questo è un elemento che deve essere messo a regime in maniera adeguata.
  Ciò che abbiamo registrato finora è che, se c’è una condizione accettabile nella fase emergenziale, quindi nella costruzione delle ordinanze che passano sotto la veste di ordinanze della Protezione civile, rispetto al tema della ricostruzione e del riavvio delle attività economiche, è evidente che quest'ultimo non risponde ai criteri che sono propri dell'intervento emergenziale. Questo è il punto cui stiamo tentando di ancorare la nostra attenzione, anche se le fattispecie sono davvero molto diverse.
  Siamo partiti dall'alluvione del Brenta, che è una cosa diversa da un terremoto. Non sto parlando di dimensioni o di gravità con riferimento alle vite umane che vengono colpite, ma del fatto che le caratteristiche di questi eventi sono differenziate. Pur tuttavia, dovremmo trovare degli strumenti che ci consentano di operare con un certo automatismo. È questo quello che si chiede, come risultato di un'esperienza che già si è consolidata.
  Abbiamo sentito diversi soggetti, inclusi gli ordini professionali. Comprendiamo le critiche che sono state rivolte, ma abbiamo visto che ognuno tende a circoscrivere l'aspetto specifico dell'attività che pro tempore sta svolgendo. Capisco perfettamente, ma questo non è l'interesse generale. Il punto è che dobbiamo fare le cose con rapidità e con efficacia, ma anche con distacco dagli interessi particolari. Insomma, dobbiamo tentare di elevarci, anche se non sempre c’è questa cultura.
  Peraltro, non so neanche quale sarà la sensibilità che il Parlamento adotterà rispetto a un documento di questa natura. Per esempio, c’è tutta la problematica dei beni culturali e c’è il ruolo delle Soprintendenze, che incide anche sugli assetti urbanistici con diverse conseguenze. Alcuni dicono che, in realtà, si tratta di un freno all'attività di ricostruzione, che deve avvenire esattamente com'era prima ovvero che, secondo altri, deve essere modificata.
  Un elemento che, invece, personalmente mi convince molto, perché l'ho sempre pensata così, è il problema della vulnerabilità dei territori e la funzione delle imprese agricole come presidio. Questo vale per la collina e per la montagna, ma anche per la pianura. È vero che siamo di fronte a degli avvenimenti che accadono con una frequenza inusitata, ma è altrettanto vero che al territorio viene riservata una scarsa cura. Invece, un tempo non dico che la cura fosse prevalente, Pag. 10ma era fortemente integrata con l'attività ordinaria che riguardava l'azienda agricola.
  Per esempio, c’è tutto il tema dei consorzi di bonifica, che talvolta vengono vissuti in una forma molto liquidatoria, mentre lì si pone il problema della regimazione delle acque, che vanno secondo delle regole che non sono quelle degli umani. Questo è il risultato di una cultura secolare. A questo proposito, ricordo i contrasti tra Verona e Mantova sulla gestione delle acque in quei territori. Ecco, penso che anche su questo dovremmo riuscire a fare un salto di qualità.
  Non so se ci siamo messi in testa di fare una cosa più grande di noi, ma abbiamo sentito e verificato che le lamentele più che motivate erano diffuse e riguardavano più soggetti, quindi stiamo tentando di trovare un punto di equilibrio, ma abbiamo bisogno di essere aiutati.
Voi avete fatto dei discorsi molto seri. Mi permetto di chiedervi di andare ancora più in profondità e di dare, nella forma scritta, quella visione di carattere complessivo che è fondamentale. Se i vostri uffici studi o quelli che si occupano di questo nei prossimi giorni – potete prendervi anche una settimana di tempo – fossero stimolati in questo senso, ciò sarebbe molto importante al fine di realizzare un lavoro accurato.
  Abbiamo avuto anche modo di ascoltare rappresentanze – non dico quali – che sono venute a spiegarci la questione delle tasse, ma non con riferimento al fatto specifico, bensì come se stessimo trattando della legge di stabilità. Ecco, non è questo il punto. Non stiamo parlando dell'IMU o di cose di questo genere, bensì di un aspetto specifico. Vorrei, quindi, che voi entraste in profondità, come avete cominciato a fare oggi, e ci deste un mano valida nel redigere questo documento conclusivo. Questo è il senso di questa iniziativa.
  Ringrazio la senatrice Fucksia per la sua presenza. Stiamo lavorando di lunedì per poter chiudere rapidamente l'indagine conoscitiva. I documenti scritti servono proprio perché devono essere consultati anche dai colleghi che oggi sono assenti, per ragioni anche comprensibili. Siccome il martedì, il mercoledì e il giovedì c’è un sovraccarico dell'attività parlamentare, che è assai concentrata, se si vuole evitare di fare un'indagine conoscitiva che si prolunga in maniera indiscriminata nel tempo, dobbiamo concentrarla, utilizzando anche il lunedì pomeriggio e il venerdì mattina, cosa che stiamo tentando, appunto, di fare.
  Do ora la parola alla senatrice Fucksia, che ha chiesto di intervenire.

  SERENELLA FUCKSIA. Siamo in questi giorni impegnati anche in Senato per l'esame del disegno di legge di stabilità, pertanto sarei contenta – faccio un inciso – di qualche suggerimento da inserire nel contesto di quel provvedimento.
  Sono stata sollecitata da una osservazione formulata in merito alla questione delle competenze. Un principio cardine della semplificazione è infatti quello di non assegnare mai lo stesso compito a enti diversi perché, in questo modo, la complicazione e la confusione diventano un automatismo inevitabile.
  Da questo punto di vista, per quanto riguarda le competenze delle regioni, delle autorità di bacino o delle varie autorità competenti in materia di bonifica dei fiumi, anche con riferimento alle zone limitrofe, mi piacerebbe sapere qual è la vostra indicazione. Insomma, secondo voi dov’è più giusto tagliare, dal momento che uno stesso compito non può essere assolto da più enti ?
  È vero che il corso del fiume non guarda i confini geografici – mentre una volta si studiava la geografia fisica e la geografia politica – ma è anche vero che oggi – non so se poi entreremo nell'ottica delle macroregioni, per cui si potrà fare un discorso diverso, dal momento che è stato inserito un accenno in Costituzione – è la regione che organizza.
  Peraltro, è vero che è sempre piovuto e grandinato, ma non c’è mai stata una manutenzione del suolo tanto assente come negli ultimi vent'anni. Oggi mi sono arrivate le immagini della Calabria, della Pag. 11Sicilia e di Catania, con situazioni in cui il mare ha addirittura straripato oltre la ferrovia. Sono delle immagini veramente allucinanti.
  Insomma, ci si domanda come mai si richiede una mole di documentazione per aprire una finestra o per spostarla di dieci centimetri mentre poi le grandi opere vengono lasciate agli eventi, senza essere gestite in piani di programmazione che guardino al futuro.
  Sicuramente, la cementificazione selvaggia ha contribuito perché se il suolo non ha dove riassorbire, è facile che capiti un'inondazione. Alcuni fiumi sono stati sepolti e ricoperti, quindi è prevedibile che poi arrivino delle sorprese.
  Peraltro, le risorse vengono anche date, ma non vengono utilizzate per le finalità per cui vengono stanziate, ovvero per la manutenzione e la conservazione del suolo, dunque, da questo punto di vista, si potrebbe pensare a un fondo unico per interventi tanto sul fronte dell'emergenza quanto su quello della prevenzione.
  Del resto, bisogna anche vedere come si ricostruisce perché se si ricostruisce esattamente come prima, se l'evento si ripete il problema non è risolto. Occorre, quindi, una pianificazione e una riorganizzazione molto rilevante che richiede fondi, preparazione, ma anche una mentalità diversa e un coordinamento perché, come diceva il presidente, ciascuno è portato a salvaguardare il proprio orticello, per cui manca sempre quella visione di insieme che alla lunga reca vantaggio a tutti, altrimenti le risorse si perdono.
  Da questo punto di vista, sollecito anch'io dei suggerimenti mirati e precisi in modo che nel documento possiamo compiere una sintesi comune.

  MARIA ADELE PROSPERONI, Funzionario dell'Area Ambiente e Territorio della Coldiretti. Vorrei rispondere alla senatrice Fucksia sulla questione delle competenze rispetto al tema del dissesto idrogeologico, che è molto complessa sotto il profilo ordinario. Come dicevo nel precedente intervento, ragioniamo della fase di emergenza e post-emergenza, ma i veri problemi sono a monte.
  Abbiamo, infatti, tutta la normativa delle autorità di bacino e delle autorità di distretto, con la sovrapposizione di competenze che, tra l'altro, abbiamo evidenziato qualche anno fa nella Conferenza nazionale sul dissesto idrogeologico coordinata da Coldiretti, Legambiente e altre organizzazioni, compresi tutti gli ordini professionali, che partecipano a una vera e propria coalizione creata per la lotta contro il dissesto idrogeologico.
  Una delle questioni che era stata fortemente portata all'attenzione della Conferenza e dei tavoli di lavoro era proprio quella della stratificazione di competenze e la mancanza di referenti tra le fasi di pianificazione, programmazione e realizzazione degli interventi. Chi pianifica non è chi programma; chi stanzia i soldi non è chi realizza o verifica come sono stati spesi i soldi stanziati e realizzati gli interventi.
  La stratificazione di competenze va, dunque, risolta a monte della fase emergenziale. Da ultimo, nell'Atto Senato n. 1676-A, che è il collegato ambientale alla legge di stabilità dell'anno scorso, che speriamo venga approvato in via definitiva quest'anno, c’è un capitolo dedicato alla disciplina delle autorità di bacino, che è uno dei temi più inattuati degli ultimi anni. Infatti, tutta la riforma delle autorità di bacino e delle autorità di distretto non è stata mai effettivamente realizzata.
  Insomma, il tema delle competenze è essenziale. In un'ottica di semplificazione vanno ridotti gli organi competenti e soprattutto deve essere creato un meccanismo per farli comunicare, proprio per evitare che chi pianifica non interagisca con chi realizza gli interventi.

  ANTONIO VINCENZI, Responsabile coordinamento legislativo Confagricoltura. Vorrei aggiungere una breve nota. Se ho ben capito il suo messaggio, non vorremmo che la materia della semplificazione in presenza di eventi calamitosi si trasformi in un'indagine sulle competenze Pag. 12per evitare il fenomeno dei disastri ambientali. Infatti, come diceva anche il presidente Giansanti, ci dobbiamo sempre confrontare con una realtà di estremo affanno e difficoltà, nel momento in cui si verifica l'evento calamitoso.
  Ogni volta che dobbiamo presentare una domanda non possiamo sempre ripetere chi siamo, il codice fiscale, la superficie, quanti capi di bestiame abbiamo e così via. Infatti, questi sono tutti dati già in possesso delle pubbliche amministrazioni. Questa è l'ottica della semplificazione. Il cittadino deve presentare la domanda più semplice possibile, visto che tutti i dati sono già in possesso dell'amministrazione. Inoltre, c’è il tema dei programmi stabiliti e delle disposizioni emanate strada facendo o delle ordinanze, che pure vengono continuamente modificate e integrate e richiedono un'ulteriore documentazione e ulteriori approfondimenti istruttori e tecnici. Molto spesso la verifica e la disamina strutturale degli edifici e delle varie realtà imprenditoriali viene rimessa a un numero molto limitato di persone esperte e qualificate.
  Mi rendo conto dell'appartenenza all'ente pubblico, ma in queste situazioni di necessità bisogna trovare anche formule alternative, che possono essere le perizie asseverate da giuramento e così via. Insomma, occorre uno strumentario che, in presenza di queste condizioni, faciliti la continuità aziendale e non ne causi l'arresto, bensì favorisca la ripresa e il riposizionamento sul mercato, che molte volte comportano gravosi oneri economici.
  Del resto, l'imprenditore ha già subito un grave danno dall'evento calamitoso, quindi non dobbiamo aggravare la situazione al punto tale da non consentire la continuità imprenditoriale.
  Secondo noi, questo è il tema da focalizzare proprio perché in questo senso deve essere orientata tutta la semplificazione amministrativa in presenza di questi eventi.
  D'altra parte, abbiamo già una discreta stratificazione di normative sulla semplificazione, anche se, a dire il vero, molti regolamenti attuativi attendono ancora il varo.
  Ad ogni modo, siamo sulla strada giusta, quindi dobbiamo prendere spunto da questa normativa per curare un settore specifico.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre osservazioni, ringrazio i rappresentanti delle organizzazioni agricole e dell'Alleanza delle cooperative italiane per il loro intervento. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.30.