XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 21 ottobre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE SEMPLIFICAZIONI POSSIBILI NEL SUPERAMENTO DELLE EMERGENZE

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL.
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 
Mannone Pompeo , Segretario generale della Federazione nazionale sicurezza della CISL ... 3 
Tabacci Bruno , Presidente ... 4 
Costi Andrea , Responsabile ambiente e sostenibilità della UIL ... 4 
Tabacci Bruno , Presidente ... 5 
Bitti Fiovo , Segretario confederale UGL ... 5 
Tabacci Bruno , Presidente ... 6 
Di Martino Domenico , Responsabile dell'area ambiente, territorio e cultura CGIL ... 6 
Tabacci Bruno , Presidente ... 7 
Prataviera Emanuele (Misto)  ... 8 
Taricco Mino (PD)  ... 8 
Tabacci Bruno , Presidente ... 9 
Fabiani Simona , Responsabile dell'area ambiente, territorio e cultura CGIL ... 9 
Bonomo Paolo , Segretario nazionale funzione pubblica della CISL ... 10 
D'Ercole Giuseppe , Dipartimento industria, ambiente e sicurezza della CISL ... 10 
Tabacci Bruno , Presidente ... 11

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 8.25.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL.
  Sono presenti, per la CISL, Pompeo Mannone, segretario generale della Federazione nazionale sicurezza, e Paolo Bonomo, segretario generale della Funzione pubblica; per la UIL, Andrea Costi, responsabile per l'ambiente e sostenibilità, e per l'UGL Fiovo Bitti, segretario confederale.
  Ci raggiungeranno anche i rappresentanti della CGIL.
  Rammento ai nostri ospiti che la Commissione, in questa indagine conoscitiva, ha dato priorità all'ascolto dei soggetti più da vicino coinvolti: per questo motivo abbiamo pensato di incontrarli; in seguito, in base alle indicazioni che ci perverranno da loro e dalle altre audizioni che svolgeremo nelle prossime settimane, ci confronteremo con i vertici delle istituzioni direttamente interessate.
  Do, quindi, la parola ai rappresentanti della CISL.

  POMPEO MANNONE, Segretario generale della Federazione nazionale sicurezza della CISL. Ringrazio lei, presidente, e i componenti della Commissione per la possibilità di esprimere il nostro punto di vista sul tema oggetto di questa audizione.
  Parliamo di emergenze di tipo C, che presuppongono uno stato di emergenza nazionale, quindi di eventi calamitosi il cui impatto è grande e determina danni e spesso drammi in un territorio che è, come tutti sappiamo, molto fragile.
  Infatti, il tema principale – mi soffermerò poi sull'oggetto specifico – è quello della prevenzione, quindi della manutenzione del territorio, che, purtroppo, non rientra nella cultura politica complessiva del Paese, a livello sia centrale, sia, soprattutto, locale e regionale.
  Uno dei primi aspetti è proprio affermare con forza questa necessità nel Paese, dal momento che non è un problema soltanto politico e sociale, ma anche economico. Il Parlamento sa con precisione che le spese derivanti dalla ricostruzione – al di là dell'incalcolabile danno alla vita – sono molto superiori rispetto a ciò che si spenderebbe per mettere in sicurezza il territorio, quantomeno a un livello minimo.
  Evidentemente, in questa sede ci occupiamo della fase post, quella in cui, purtroppo, l'evento calamitoso è accaduto. In questa logica, nel Paese ci si sta muovendo molto in termini di semplificazione. In primo luogo, ritengo che il tema riguardi la Protezione civile. Sotto questo aspetto, il progetto di legge delega approvato dalla Camera e ora in discussione al Senato, che rimodula il servizio nazionale della Protezione civile, rappresenta un elemento Pag. 4positivo per fare in modo che l'azione sul territorio sia più efficace sia in termini preventivi, sia per stabilire parametri oggettivi di valutazione del danno nella fase specifica, che è l'aspetto più delicato, nonché per sviluppare prescrizioni di ordine tecnico che realmente permettano di mettere in sicurezza il territorio.
  In effetti, la storia di questo Paese dimostra che, nonostante le emergenze e le ricostruzioni, molto spesso si compiono gli stessi errori del passato, senza un controllo vero sulle amministrazioni locali circa il rispetto dei parametri di sicurezza che dovrebbero adottare. A nostro giudizio, lo Stato, tramite gli strumenti che individuerà, deve dare un'indicazione specifica, anche correggendo i piani urbanistici comunali, in modo da determinare una risposta complessiva, in termini di sicurezza, in quelle comunità. Del resto, al di là delle vittime, i danni complessivi di un determinato territorio sono a carico di tutti i cittadini, quindi il problema è del Paese e non solo locale. Il tema della Protezione civile, pertanto, rappresenta il primo stadio per affrontare in modo organico tale questione. Un secondo momento riguarda le Commissioni di valutazione di impatto ambientale, che esistono, ma dovrebbero essere meglio supportate da esperti in emergenze e in ricostruzione, in modo da dare una risposta più qualificante al problema. Il terzo aspetto rinvia a un'esperienza vissuta in Emilia-Romagna, là dove per snellire le procedure, garantendo sempre la regolarità dal punto di vista tecnico, sono stati incaricati i comandi dei Vigili del fuoco per poter meglio rappresentare lo Stato nella fase post terremoto, eliminando i vari condizionamenti che troppo spesso caratterizzano le commissioni locali.
  In sintesi, come emerge dal documento che depositiamo, il primo punto è la prevenzione; il secondo è la valutazione oggettiva dei parametri con cui si definisce un danno; il terzo è l'intervento dello Stato centrale, in raccordo con le regioni o con le comunità in cui avviene l'evento; il quarto è aprire, anche sulla base del rischio del territorio, un'assicurazione finalizzata al contributo rispetto al danno subito. Questi sono gli aspetti fondamentali che abbiamo voluto esporvi in modo sintetico.

  PRESIDENTE. Ci hanno raggiunto anche Domenico Di Martino, e Simona Fabiani, dell'area Ambiente, territorio e cultura della CGIL.
  Ora proseguiamo con Andrea Costi, responsabile Ambiente e sostenibilità della UIL.

  ANDREA COSTI, Responsabile ambiente e sostenibilità della UIL. Vi ringraziamo di questa convocazione, quanto mai opportuna, in quanto, sul piano delle politiche ambientali complessive, in Italia e non solo, questo è l'anno della COP21 dell'ONU sui cambiamenti climatici e, quindi, le attenzioni di tutti i soggetti interessati, compresi i sindacati, le imprese e le istituzioni, sono particolarmente acute. Anche nel nostro Paese si sono tenuti gli stati generali su questi argomenti e saranno svolte altre iniziative prima di dicembre, ossia prima dell'iniziativa ONU di Parigi. Vi è un forte fermento di iniziative e di prese di posizione. Naturalmente, ci sono anche parecchie contraddizioni. Sotto questo aspetto, una proposta come questa sulla semplificazione cade nel momento giusto in quanto notiamo che, almeno in Italia, davanti a iniziative e prese di posizione anche da parte delle nostre istituzioni centrali, manca ancora un'indicazione precisa sulla politica ambientale complessiva.
  Nello specifico, parlavo dei cambiamenti climatici, ma il discorso è generale. Se è vero che il cosiddetto Green Act è ancora da capire e da definire, come il disegno di legge sull'ambiente collegato alla manovra di finanza pubblica (Il cosiddetto «collegato ambientale»), le linee strategiche che il Governo vuol dare al Paese in materia sono ancora di là da venire in termini precisi, propositivi e concreti. Manca, dunque, un elemento di concretezza importante: sul piano della semplificazione, infatti, gli unici elementi che abbiamo sono il decreto-legge n. 90 Pag. 5del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114 del 2014, e il decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto «sblocca-Italia»), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014, che raccolgono, da parte non solo del sindacato, ma della società civile in generale, più critiche che soddisfazione o adesione.
  Quindi, siamo estremamente interessati a dare un contributo positivo anche a quella che deve essere l'azione del Governo e delle istituzioni su questi fronti, ma assistiamo a grandi ritardi e pesanti contraddizioni.
  La semplificazione è un passo importante in questa direzione, ma naturalmente non basta. Quando dico che manca una politica coerente e chiara, intendo che non sappiamo ancora esattamente se si passa a livelli di pianificazione effettiva della politica ambientale, con il reperimento e l'individuazione delle risorse che occorrono sui punti chiave che tutti conosciamo e che sono stati ben messi in luce anche da parte di questa Commissione, dal dissesto idrogeologico, alle bonifiche, al quadro normativo sul suolo, che ancora non è disciplinato da una legge.
  I problemi che sono stati messi in evidenza anche prima dal collega, uno più grave dell'altro, non hanno avuto, fino a oggi, una risposta politica complessiva, di quadro, se non a margine di alcune iniziative interessanti, come quelle sulla via della semplificazione amministrativa, che però diventano un corollario di un piano strategico e di un chiaro indirizzo politico di governo. Come abbiamo manifestato più volte attraverso prese di posizione categoriali, infatti, i citati decreti-legge n. 90 e n. 133 del 2014 presentano forti limiti. In questo insieme di ritardi e contraddizioni, c’è un dato estremamente positivo, ovvero la scelta del Governo di superare quello che abbiamo sempre ritenuto un impasse oggettivo in materia: mi riferisco all'approccio delle politiche ex post, che vedeva la centralità dell'intervento della Protezione civile, con il passaggio, anche da un punto di vista politico-culturale, all'istituzione dell'unità di missione presso la Presidenza del Consiglio, che punta a una politica – almeno sulla carta, ma i primi atti vanno in questa direzione – di prevenzione effettiva, quindi ex ante, presupposto della definizione di una politica più complessiva sulla materia ambientale da parte delle nostre istituzioni.
  Questo è un passo positivo, coronato, nell'aprile di quest'anno, dall'accordo sottoscritto dai sindacati insieme alla Presidenza del Consiglio e al Ministero dell'ambiente sul tema del dissesto idrogeologico. Si tratta di un discorso di corresponsabilizzazione effettiva sul campo, di monitoraggio continuo delle azioni che si devono intraprendere e degli stanziamenti effettuati. A livello regionale, per quanto ci riguarda come sindacati, c’è una presa d'atto interessata e positiva: si stanno costituendo, infatti, nelle regioni più direttamente interessate al problema del dissesto idrogeologico, analoghi tavoli di coordinamento e di interazione fra società civile, sindacati, imprenditori e istituzioni locali. Questa è la strada corretta. È un primo passo in avanti che credo vada valorizzato e sul quale stiamo lavorando attivamente.
  Concludo dicendo che questo significa, in termini culturali più vasti, che il discorso della semplificazione non può che coniugarsi strettamente al concetto della condivisione e della partecipazione. Nel passato è stato detto che ampliare il concetto di partecipazione poteva essere ostativo o addirittura in contrasto con il percorso della semplificazione. Noi, invece, pensiamo che sia esattamente il contrario. Proprio l'allargamento degli spazi di democrazia è un momento di esaltazione in positivo del percorso di semplificazione, con una partecipazione effettiva nell'attività che si mette in piedi a livello sia centrale sia territoriale.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al segretario confederale dell'UGL, Fiovo Bitti.

  FIOVO BITTI, Segretario confederale UGL. Grazie, presidente, per questa occasione. Anche noi abbiamo prodotto un documento, che contiene anche indicatori Pag. 6statistici che confermano come il tema della gestione delle emergenze sia diventato centrale nel nostro Paese.
  I fenomeni naturali sono di forte impatto, però, come hanno detto i colleghi che mi hanno preceduto, c’è anche un problema di abusivismo edilizio, di carenza di controlli, di mancata manutenzione, di negligenza: sono tutti aspetti umani che incidono sulla gestione delle emergenze, sia prima, sia durante, sia dopo.
  Secondo noi bisognerebbe investire molto sull'educazione alla gestione delle emergenze. Bisogna fare un attento controllo del territorio e valutare alcuni aspetti importanti per la prevenzione. In questo rientra tutta la gestione del «prima». Siamo andati a vedere alcune statistiche su cosa fanno i comuni sul territorio, se hanno piani di emergenza e come gestiscono la fase che dovrebbe evitare che i fenomeni naturali diventino delle calamità. Ebbene, ci siamo resi conto che, effettivamente, c’è una grossa difficoltà su questo aspetto, che è aumentata negli ultimi anni come conseguenza delle enormi difficoltà di bilancio degli enti territoriali. Crediamo, dunque, che serva un intervento a tutto campo, con risorse consistenti, che abbiamo individuato nella Cassa depositi e prestiti. Si dovrebbe, però, cercare di sganciare queste risorse dal Patto di stabilità.
  Ora, è chiaro che queste condizioni si realizzano se c’è la volontà politica di mettere intorno allo stesso tavolo le istituzioni nazionali e territoriali e gli attori economici e sociali. Chi mi ha preceduto ha parlato di partecipazione. Su questo aspetto siamo assolutamente d'accordo. Nella gestione del «durante», in un'ottica di semplificazione, occorre procedere alla definizione di standard di intervento. Nella vostra comunicazione evidenziate come siano stati emanati decine di provvedimenti d'urgenza per la gestione del terremoto de L'Aquila o di quello che ha colpito l'Emilia-Romagna, la Lombardia e il Veneto. È chiaro che è una situazione che non dovrebbe verificarsi. Fin da subito, nel momento in cui c’è un'emergenza, dovrebbe essere chiaro chi fa che cosa e, pertanto, servono protocolli standard. Noi crediamo che questi protocolli siano utili anche per gestire un fenomeno cui si è dato molto risalto negli ultimi anni in tempi di social network, ma che è sempre esistito nel nostro Paese: mi riferisco alla solidarietà spontanea dei volontari.
  Venendo qui, alcuni giovani mi hanno dato un volantino con cui promuovono la loro associazione di Protezione civile. Sono tanti i giovani e i meno giovani che si impegnano nel volontariato: questo è un fattore molto importante. Si parla di etica del volontariato, ma è evidente che questa attività andrebbe regolata per ottenere il massimo risultato possibile dalle risorse umane e finanziarie disponibili. Sia nel «durante» sia nel «dopo» è opportuno produrre una distinzione netta tra chi fa e chi paga, cioè tra azione e cassa. Crediamo, pertanto, che la Protezione civile e l'Autorità nazionale anticorruzione debbano avere ruoli ben definiti nella gestione delle emergenze.
  In definitiva, suggeriamo l'adozione di protocolli standard che servano a individuare gli interventi da porre in essere per il «prima» e che definiscano bene le catene di comando che gestiscono il «dopo», ovvero la fase degli appalti e della ricostruzione.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai rappresentanti della CGIL, che ringrazio anche per il documento che ci hanno inviato nei giorni scorsi.

  DOMENICO DI MARTINO, Responsabile dell'area ambiente, territorio e cultura CGIL. Non parlerei tanto di emergenza, quanto di semplificazione o, appunto, di semplificazione nell'emergenza.
  La semplificazione, in sé e per sé, è un discorso generalizzato rispetto agli andamenti legislativi. Non parliamo, quindi, solo di semplificazione, perché questa potrebbe anche mettere in discussione le regole che danno le garanzie per non evitare l'emergenza. Nel momento in cui semplifichiamo, rischiamo di mettere a rischio il nostro territorio nazionale. Per Pag. 7esempio, se pensiamo all'edilizia, le semplificazioni spesso comportano condoni o pressioni da parte di chi non rispetta alcuni principi fondamentali per dare le garanzie al territorio e alla popolazione in generale.
  Pertanto, abbiamo prodotto alcuni documenti che non vanno verso la semplificazione, bensì verso la regolamentazione di alcuni comportamenti. Ci riferiamo al discorso complessivo affinché si possa intervenire con regole certe e soprattutto con la certezza economica, che è fondamentale per velocizzare gli interventi. Questo significa anche garantire le risorse. Per esempio, quando parliamo di «Italia sicura» dobbiamo tener conto che, a oggi, cioè a più di un anno dalla sua costituzione, non ha fatto nessun intervento sul territorio nazionale. Non riusciamo a comprendere perché, pur recuperando risorse deliberate nel 2010-2011 dal CIPE, ha trovato difficoltà a intervenire anche sulla progettazione. Il problema della semplificazione, quindi, riguarda anche i ritardi della pubblica amministrazione.
  Bisogna anche tenere conto del fatto che oggi non vi è una specifica individuazione delle responsabilità. In alcuni settori vi è la sovrapposizione tra chi deve intervenire e chi deve legiferare rispetto agli stessi interventi. Si tratta, dunque, di arrivare a rendere partecipe il responsabile, ma soprattutto di tenere conto delle volontà dello stesso territorio su tali questioni. È fondamentale, dunque, la partecipazione delle parti interessate e dei portatori di interesse rispetto agli stessi interventi.
  Abbiamo prodotto i documenti che sono stati inviati, fornendo alcune indicazioni per aprire un fronte di discussione seria in merito a cosa si vuole fare, perché l'emergenza porta con sé la questione della semplificazione. L'emergenza, infatti, è l'evento, ma se programmiamo una legislazione a monte dell'evento, sappiamo che in qualsiasi momento dobbiamo comportarci in un certo modo per intervenire, nonché sapere chi ha la competenza sull'intervento in quel caso specifico. Queste sono le semplificazioni: rendere partecipi le popolazioni interessate e i portatori di interesse e velocizzare lo stesso intervento con le garanzie finanziarie e le rimesse nei tempi dovuti.
  Se vediamo cosa sta succedendo su tutto il territorio nazionale, ci sono competenze a livello nazionale, regionale, dei vari ministeri, dei comuni, delle comunità montane, dei consorzi di bonifica e così via: questa miriade di competenze ostacola l'intervento, la progettazione e la realizzazione dell'opera, proprio perché non c’è chiarezza nei ruoli. A monte di tutto questo, bisogna arrivare a una legislazione chiara che definisca le linee principali di intervento, in modo che siano definitive per l'intero percorso che si dovrebbe compiere quando succede qualcosa di grave.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti. Corre l'obbligo di precisare che la Commissione parlamentare per la semplificazione, che ha svolto un'indagine conoscitiva molto ampia sul tema specifico della semplificazione legislativa e amministrativa, è convinta che la questione non sia da porre in termini di semplificazione intesa come assenza di regole. Siamo assolutamente consapevoli che il tema delle regole sia essenziale. Tuttavia, bisogna riconoscere che il groviglio delle regole in capo a soggetti diversi e la confusione delle competenze a livello istituzionale determinano la produzione di atti che si rincorrono l'uno con l'altro a un ritmo frenetico e con un peso che diventa via via insostenibile nei confronti dei cittadini, delle aziende e dell'attività economica.
  Abbiamo, però, fatto un ulteriore passo. È evidente che consideriamo che l'attività di prevenzione sia assolutamente essenziale, per cui le politiche di tutela del territorio vengono a monte. Ciò nonostante, c’è il problema di definire le procedure nel momento in cui accadono gli eventi: naturalmente, potremmo discutere se si potessero evitare o meno. Del resto, non tutto ciò che accade è evitabile.
  A ogni modo, il problema è che uno Stato o un sistema istituzionale deve essere in possesso di procedure che vanno oltre il tema della Protezione civile, che Pag. 8agisce nella fase acuta. Dopodiché c’è un passaggio verso la normalità. Sotto questo aspetto, abbiamo visto l'esperienza concreta dei numerosi eventi ancora aperti, dal terremoto dell'Emilia-Romagna alle esondazioni che sono avvenute in diverse aree del Paese. Il problema di come procedere in quei casi è all'attenzione del lavoro che stiamo facendo, di cui riconosciamo la marginalità e che, tuttavia, pesa in maniera rilevante.
  Detto questo, do la parola ai colleghi per porre quesiti o formulare osservazioni.

  EMANUELE PRATAVIERA. Ringrazio gli auditi per il contributo che ci hanno fornito. Dal mio punto di vista, voi rappresentate chi lavora, sia nel privato sia nel pubblico. Il vostro focus è questo. A volte può capitare che a subire una calamità siano dipendenti pubblici, impegnati nel doppio lavoro di badare ai problemi propri e a quelli della comunità. Questo succede continuamente perché siamo persone e, quindi, non possiamo dividerci tra il ruolo, la professione e le questioni private.
  Detto questo, vorrei inquadrare meglio la questione per darvi, magari, anche qualche suggerimento. Non è che non ci siamo accorti che il problema di questo Paese è la sovrapposizione delle competenze e degli enti. Del resto, la Commissione per la semplificazione cerca proprio di venirne fuori. Allo stesso tempo, è normale che si debba ragionare su quello che c’è da migliorare o innovare nella fase ex ante, quindi in tutta la fase di approvazione e di condivisione dei piani di intervento e degli investimenti per prevenire, nonché nella fase ex post.
  Su questo vorrei porvi una domanda. Nella mia breve ma intensa carriera di amministratore locale, ho notato che il più delle volte sono i dipendenti pubblici a creare problemi in merito alle competenze, perché vogliono svolgere troppo puntualmente il ruolo che ricoprono. Da un punto di vista sindacale, questa può essere vista come la necessità di svolgere appieno il proprio lavoro, ma vi posso garantire che crea problemi enormi.
  Nella citazione degli enti costituiti, alcuni non sono stati nominati. Mi riferisco, per esempio, alla Soprintendenza. In sostanza, come spero, la Commissione proporrà un documento per prevedere una semplificazione della normativa sulle questioni emergenziali, dovremo anche capire quali sono realmente i confini di ogni singolo ente, comprese le libertà o gli abusi di potere che alcuni soggetti pubblici, nei loro diversi ruoli dirigenziali o meno, esercitano per rivendicare chi ha più potere rispetto all'altro.
  Chi ha governato anche per un breve periodo a livello locale, anche non in clima emergenziale, vi può assicurare che ciò avviene allo stesso modo da nord a sud. Vi faccio l'esempio più concreto, per poi chiudere. Se bisogna ottenere il parere per la ricostruzione in una zona sottoposta a vincolo ambientale, occorre mettere d'accordo dieci soggetti diversi, che non rappresentano solo dieci enti diversi, ma vogliono rappresentare ciascuno il punto più importante che ha contribuito a fare in modo che quel bene fosse ricostruito. Ecco, credo che dal punto di vista sindacale sia necessaria una riflessione. Questo è il contributo che vorrei dare a questo tavolo. Visto che rappresentate tutti e avete la panoramica dell'intero territorio nazionale, se sarà possibile incontrarsi di nuovo, vorrei darvi questo spunto di riflessione.

  MINO TARICCO. Ringrazio gli auditi per le considerazioni che ci hanno fornito. Noi siamo consapevoli della parzialità dell'approccio complessivo al problema che questa Commissione si è posta. Infatti, non abbiamo il mandato per definire la strategia complessiva del Governo e del Parlamento su questo tema, che è di una vastità straordinaria. Noi ci occupiamo di un aspetto particolare, nella consapevolezza che molte delle considerazioni che ci avete fornito sono straordinariamente vere. È chiaro che questo è un Paese in ritardo drammatico nel passaggio dalla cura alla prevenzione su tutto ciò che riguarda le questioni ambientali; è altresì evidente che siamo in ritardo nella definizione Pag. 9di una catena di comando che dica in modo inequivoco chi deve fare cosa.
  Molti dei provvedimenti in itinere in Parlamento tentano di affrontare proprio questo tipo di questione. Noi, molto più sommessamente, ci occupiamo di un aspetto più particolare, ma credo che in momenti di emergenza, anche se, appunto, particolare, esso possa avere un'importanza molto grande. In sostanza, stiamo cercando di capire come intervenire nel momento in cui eventi calamitosi accadono, alla luce di un quadro di considerazioni che ci è stato fornito nei mesi passati e che denotano, quantomeno, uno scoordinamento e una frammentarietà degli interventi in moltissime situazioni, nonché non dico conflitti, ma sicuramente sovrapposizioni e accavallamenti di competenze e prassi molto articolate e differenziate da territorio a territorio.
  Ci è stato riferito che, in alcuni territori, le domande sono state fatte in alcune settimane, mentre in altri sono stati impiegati alcuni mesi: c’è differenza tra un intervento che, nel giro di quattro o cinque settimane, affronta un problema e interventi per i quali si impiega un anno o un anno e mezzo.
  La questione che poniamo è in termini sia di assetto complessivo delle catene di funzionamento, sia di interventi puntuali per capire come intervenire per migliorare lo stato delle situazioni di fatto.
  In alcune precedenti audizioni, ci sono state fornite indicazioni molto puntuali, per esempio rispetto al fatto che una misura dovrebbe essere verificata perché contrasta con un'altra norma. Allora, visto il tipo di approccio che ci avete fornito con i vostri interventi, vi porrei una questione. Dal vostro osservatorio, l'accavallamento o le sovrapposizioni di responsabilità e di competenze rappresentano una questione endemica o legata all'assetto più federalista del Paese ?
  Ora, al di là del fatto di affrontare i grandi temi generali del funzionamento del Paese e della pubblica amministrazione, ci sono aspetti su cui si potrebbe intervenire e che potrebbero semplificare e migliorare i momenti di intervento di emergenza e di postemergenza, oppure tutto si risolve in un generico «rimettiamo in moto e facciamo funzionare il Paese» ?
  Su questo, in termini generali, siamo d'accordo, ma non possiamo aspettare che tutto funzioni bene per affrontare anche queste tematiche. Quindi, vorremmo capire se si può intervenire in itinere in modo puntuale per migliorare, laddove possibile, il sistema dell'emergenza e della postemergenza.
  Recentemente abbiamo approvato alla Camera il progetto di legge delega per la riorganizzazione della Protezione civile, cui avete fatto riferimento anche in alcuni vostri interventi. Questo è un percorso che va avanti. Se ci sono osservazioni puntuali da parte vostra, ci aiuterebbero molto a capire da dove partire per affrontare il problema.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per una breve replica.

  SIMONA FABIANI, Responsabile dell'area ambiente, territorio e cultura CGIL. Essendo i tempi dell'audizione molto stretti, ci siamo limitati a un ragionamento di tipo politico. Dopodiché, abbiamo presentato una documentazione legata, in particolare, agli eventi naturali, in cui entriamo nello specifico, con una serie di proposte dettagliate per la regolamentazione del postevento, ovvero su come ci si comporta quando le calamità naturali sono già accadute. L'obiettivo deve essere avere un'uniformità di interventi sul territorio, perché non succeda quello cui si accennava prima, ovvero che sui diversi territori ci siano differenti modalità di intervento.
  Si parte, dunque, dalla definizione di protocolli e di regole chiare su come intervenire a livello fiscale e così via, proprio per evitare che ogni volta occorra legiferare. Insomma, occorre una programmazione e una prevenzione affinché l'intervento sia codificato. Questo documento è stato elaborato tenendo conto della prevenzione (tutta la prima parte), ma soprattutto quello di cui si parlava. Si è detto che la Commissione sta facendo Pag. 10una piccola parte. Invece, vorrei evidenziare quanto è importante l'intervento che state facendo. Il presidente, poc'anzi, diceva che la semplificazione non deve essere un abbattimento delle regole. Per contro, laddove sono stati compiuti interventi di tipo legislativo definiti semplificazioni, è stato fatto esattamente il contrario rispetto a quanto si diceva, essendo stati previsti un accentramento del potere, la deroga alle leggi e alla normativa in materia di appalti e così via.
  La semplificazione, viceversa, è un'altra cosa, ovvero quello a cui vi riferite voi, che implica regole certe, semplici e chiare rispetto alle leggi. Questo è importantissimo e centrale. Prima viene la prevenzione, ma poi la semplificazione. Su questo terreno siamo pienamente disponibili a parlare con voi per dare il nostro contributo, anche se ci fosse la possibilità di approfondire ulteriormente.
  Per rispondere, invece, all'onorevole Prataviera sulla questione dei dipendenti pubblici, alcuni dei quali costituirebbero un problema e spesso un ostacolo, credo che si debba fare una distinzione, nel senso che il dipendente pubblico non fa altro che applicare le norme e, quindi, non si può identificare il problema nel dipendente. Se il dipendente si comporta in un certo modo, vuol dire che c’è una normativa che gli impone di comportarsi così, quindi sta facendo il suo dovere. Allora, eventualmente, si devono cambiare le norme e si scrivono cose diverse.
  Se il dipendente fa il suo dovere, non gli si può chiedere di far finta che una norma non ci sia, di soprassedere o chiudere un occhio solo perché si è in emergenza. Questo non è possibile. Non si può imputare la responsabilità ai dipendenti, che siano dirigenti o meno. C’è un sistema che va rivisto. Su questo siamo d'accordo. Dopodiché, se c’è chi sbaglia, si assume le sue responsabilità, dal momento che ci sono norme che consentono di perseguirlo.
  Normalmente, però, il dipendente pubblico viene visto come un ostacolo perché applica la legge. Invece, questo è, ripeto, il suo dovere.

  PAOLO BONOMO, Segretario nazionale funzione pubblica della CISL. È bene fare chiarezza su un tema importante e complicato. Peraltro, non è da poco tempo che se ne parla. Diamo atto, quindi, alla Commissione che con questa indagine sta cercando di capire e di proporre per mettere ordine. Dico, però, con il massimo rispetto, che per affrontare un tema complesso non servono le scorciatoie e neanche le battute.
  Come ricordava la collega, il dipendente pubblico non esercita un potere, ma applica la legge e, se non lo fa, incorre in un procedimento disciplinare: il tema, quindi, non è quello dell'esercizio del potere. Il dipendente pubblico è obbligato ad adempiere alle procedure che non decide lui, né il proprio ente, ma il Parlamento.
  Questo significa che il problema esiste. Non dipende, tuttavia, dai soggetti, bensì dalla complessità delle procedure e degli enti coinvolti. Allora, dobbiamo affrontare il problema non a valle, ma a monte. Dobbiamo, cioè, ragionare in termini di semplificazione su una materia delicata, come ricordava il presidente, per le persone, per i cittadini, per le aziende e per il sistema Paese in termini generali. Pertanto, eviterei facili semplificazioni.

  GIUSEPPE D'ERCOLE, Dipartimento industria, ambiente e sicurezza della CISL. Vorrei svolgere due considerazioni. In primo luogo, purtroppo, avremo altre situazioni di pericolo e di crisi, quindi il tema delle emergenze e delle attività successive ci vedrà impegnati in maniera crescente da ora in avanti. In secondo luogo, bisogna arricchire la strumentazione, mettendo a frutto le cose che funzionano meglio. Sotto questo aspetto, da noi funziona molto bene la fase dell'emergenza acuta, come diceva il presidente. Abbiamo difficoltà nella fase successiva, rispetto alla quale sono state svolte varie considerazioni. Anche in questa vi sono, però, buone pratiche, su cui dobbiamo lavorare.
  Per esempio, a L'Aquila c’è stata una buona fase proprio nella situazione acuta, o almeno così viene valutata abbastanza Pag. 11diffusamente, dopodiché c’è stata una fase di conflitto, di sospensione e di indecisione. In un'altra fase ancora si è ripreso a lavorare. In sostanza, due momenti vengono valutati molto positivamente dagli aquilani, quello acuto della Protezione civile e quello in cui è intervenuto l'allora Ministro per la coesione territoriale, Fabrizio Barca, che è riuscito a comporre una situazione di conflitto locale da cui non si usciva.
  Sulla questione relativa all'Emilia-Romagna, ho parlato con diverse persone: viene riportato il discorso delle 12 ordinanze in sequenza, ma pare che abbia funzionato perché costituiscono un percorso. Abbiamo, dunque, buone esperienze da cui possiamo trarre elementi per standardizzare e regolarizzare le procedure.
  Inoltre, dovremmo arricchire il personale. Infatti, non c’è soltanto la Protezione civile. Per esempio, quando occorre svolgere un intervento di rimozione dei rifiuti a causa di un'inondazione, le aziende municipalizzate che si occupano di energia e di rifiuti devono avere una sezione speciale, cioè devono essere predisposte per le situazioni di intervento. Dietro questo si trascinano anche problemi sanitari e così via. Quindi, quelle situazioni vanno organizzate in affiancamento perché si devono predisporre anche le strutture, dal momento che la raccolta dei rifiuti in una situazione di emergenza è diversa da una standardizzata.

  PRESIDENTE. Ovviamente, non compete a noi esprimere valutazioni più o meno critiche sulle procedure adottate in recenti eventi. Tuttavia, sulla procedura adottata in occasione del sisma del 2012 abbiamo raccolto una critica molto severa da parte dei comitati esodati di Moglia, in provincia di Mantova, perché, come sapete, il terremoto non segue i confini regionali, per cui si sono posti alcuni problemi di coordinamento. Peraltro, vivo da quelle parti, quindi conosco la situazione.
  Dichiaro conclusa l'audizione. Ricordo che la Commissione tornerà a riunirsi domani, per procedere all'audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

  La seduta termina alle 9.10.