XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Martedì 15 novembre 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Taricco Mino , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SEMPLIFICAZIONE E SULLA TRASPARENZA NEI RAPPORTI CON GLI UTENTI NEI COMPARTI FINANZIARIO, BANCARIO E ASSICURATIVO

Audizione della professoressa
Marina Brogi.

Taricco Mino , Presidente ... 3 ,
Brogi Marina , professoressa di International Banking and capital markets della facoltà di economia dell'Università di Roma «La Sapienza» ... 3 ,
Taricco Mino , Presidente ... 8 ,
Brogi Marina , Professoressa di International Banking and capital markets della facoltà di economia dell'Università di Roma «La Sapienza» ... 8 ,
Taricco Mino , Presidente ... 10 ,
Brogi Marina , Professoressa di International Banking and capital markets della facoltà di economia dell'Università di Roma «La Sapienza» ... 10 ,
Taricco Mino , Presidente ... 10

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
MINO TARICCO

  La seduta comincia alle 13.25.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione della professoressa
Marina Brogi.

  PRESIDENTE. L'indagine conoscitiva sulla semplificazione e sulla trasparenza nei rapporti con gli utenti nei comparti finanziario, bancario e assicurativo prosegue oggi con l'audizione della professoressa Marina Brogi, docente di International Banking and capital markets della facoltà di economia dell'Università di Roma «La Sapienza», accompagnata dalla dottoressa Valentina Lagasio, dottoranda in Management, Banking and Commodities Science e dalla dottoressa Franca Spinella, di FC Italia.
  Ringrazio la professoressa Brogi per la sua qualificata presenza, nella certezza che saprà darci un importante contributo per perseguire l'obiettivo che la Commissione si è posta, di verificare la stratificazione normativa e i fattori di complicazione nei comparti finanziario, bancario e assicurativo, anche al fine di prospettare soluzioni legislative volte ad una maggiore semplificazione e alla trasparenza.
  Lascio quindi la parola alla professoressa Brogi.

  MARINA BROGI, professoressa di International Banking and capital markets della facoltà di economia dell'Università di Roma «La Sapienza» Grazie, presidente. Ringrazio la Commissione e in particolare il suo presidente e il suo vicepresidente per avermi invitata a riferire nell'ambito di questa indagine conoscitiva che, come richiamato, riguarda la stratificazione normativa e i fattori di complicazione nei comparti finanziario, bancario e assicurativo, che impongono ai soggetti operanti nei settori richiamati di sottoporre ai cittadini interessati una modulistica, la cui complessità va certamente a scapito della trasparenza e della chiarezza.
  Questo implica che gli utenti dei comparti finanziario, bancario e assicurativo siano spesso obbligati a firmare moduli articolati in numerose clausole, spesso scritti in caratteri minuti, che vivono come adempimenti puramente formali, senza percepirne l'utilità e le eventuali segnalazioni dei rischi connessi con le operazioni che stanno conducendo.
  Si tratta di tematiche estremamente ampie e la Commissione ha già avuto modo di beneficiare degli interventi di numerosi altri autorevoli relatori (ringrazio la segreteria per avermi messo a disposizione tutti i documenti presentati, per non ripetere quanto la Commissione ha già avuto modo di ascoltare).
  La mia trattazione si concentra quindi su tre punti, preceduti da una premessa e da alcune considerazioni conclusive, con qualche indicazione che spero dia un contributo anche al fine di prospettare soluzioni legislative volte alla semplificazione e alla trasparenza che, come richiamato, è l'obiettivo di questa Commissione. Mi concentro Pag. 4 su pochi punti, mentre lascerò una memoria scritta con qualche ulteriore approfondimento.
  Perché è fondamentale la semplificazione? Darò in seguito un esempio di una conseguenza indesiderata di una normativa troppo stringente ed alcune indicazioni circa l'alleggerimento normativo che deve essere progettato. Qui la difficoltà è considerevole, perché questa progettazione dovrebbe avvenire non solo a livello italiano, dove pure possiamo fare qualcosa, quanto principalmente a livello europeo e in alcuni casi addirittura a partire dagli organi che determinano gli standard a livello mondiale, perché spesso la complicazione deriva dagli standard setter internazionali.
  La premessa che vorrei fare si riferisce al taglio della mia relazione. Come già detto, avete ascoltato tanti, autorevoli relatori, i quali vi hanno proposto i punti di vista di molti, importanti player del sistema finanziario italiano. Come accademico e più specificamente come economista aziendale che da tanti anni si occupa di banche, il mio punto di partenza è la visione d'assieme delle problematiche, che è necessaria in quanto le tematiche sono collegate e quindi, anche per identificare i giusti correttivi, bisogna sempre tenere conto dei collegamenti e delle loro implicazioni sistemiche.
  È evidente che il settore bancario e più in generale il sistema finanziario devono essere regolamentati, sono un'infrastruttura fondamentale dell'economia e tutti gli attori sono interconnessi; per questo serve una regolamentazione, anche perché hanno delle esternalità sul sistema economico molto significative.
  Se quindi da un lato serve una regolamentazione, deve essere la giusta regolamentazione nella giusta quantità, e di qui il punto di partenza. Ribadisco che parliamo di sistema bancario, di sistema finanziario perché ci sono delle interconnessioni, che poi portano al rischio sistemico.
  Il primo punto: perché è fondamentale la semplificazione. La semplificazione è importante perché si collega alla semplicità. La semplicità è fondamentale perché, nel momento in cui avviene un qualsiasi scambio finanziario, ci sono alcuni connotati molto particolari che caratterizzano lo scambio finanziario e che non hanno il pari in altre tipologie di scambi. Sembra che come professoressa la prenda un po'alla lontana, ma in realtà è molto importante per capire.
  Quando noi facciamo uno scambio economico normale c'è una prestazione e una controprestazione, quindi acquistiamo un bene o un servizio ma abbiamo l'idea di quali sono i contenuti del bene. Nel caso di un servizio finanziario o di un investimento, invece, le due controprestazioni non avvengono allo stesso momento, c'è un'esecuzione differita, quindi qualcuno mette dei soldi sul tavolo nella speranza di avere una controprestazione nel futuro.
  È una speranza e il futuro è incerto per tutti, se intervengono degli avvenimenti, quella speranza può tramutarsi in qualcosa che non viene soddisfatto. Tra l'altro, non sfuggono a queste difficoltà neanche le banche che, come leggiamo sui giornali tutti i giorni, hanno erogato dei prestiti a soggetti che poi si rivelano incapaci di rimborsare il capitale e di pagare interessi, quindi anche soggetti professionali fanno fatica a identificare chi sia meritevole di ricevere i nostri fondi.
  Lo scambio finanziario ha delle caratteristiche, è caratterizzato da una prestazione futura, per decidere se fare lo scambio dobbiamo fare delle stime circa il futuro, crearci delle aspettative, quindi decidere se riusciamo a stimare un rendimento atteso, sulla base delle nostre ipotesi sul futuro e delle remunerazioni associate a quelle ipotesi.
  Sulla base di quel rendimento atteso e di quanto ci possiamo sbagliare possiamo prendere una decisione di investimento consapevole. Allora perché è importante la semplicità? Perché naturalmente quanto vi ho appena prospettato riguarda le caratteristiche oggettive del potenziale investimento. Intuitivamente sappiamo che un'azione è più rischiosa di un'obbligazione, però, se inizio a guardare un'azione dell'Apple rispetto a un'obbligazione dell'Argentina, devo fare dei ragionamenti e cercare di comprendere. Pag. 5
  La semplificazione quindi è fondamentale, perché non è certo da un questionario molto complicato che l'investitore comprende meglio: l'investitore ha bisogno di comprendere bene le caratteristiche oggettive dei titoli e di capire se siano compatibili con il proprio obiettivo di investimento, che è squisitamente soggettivo.
  Si dice che il fruitore di servizi di investimento è un prosumer, crasi tra producer e consumer, perché il valore del risultato è tanto più buono quanto più il soggetto è in grado di capire i propri bisogni, di esplicitarli e di trovare un servizio che li soddisfi, fermo restando che qualunque investimento, siccome prevede una controprestazione futura, è soggetto all'incertezza, che possiamo trasformare in rischio con delle informazioni.
  Il momento della relazione in cui si capiscono bene i bisogni è anche il momento in cui si dovrebbero ben illustrare le caratteristiche dei titoli. È nella semplicità del rapporto, è nel tempo dedicato a quel rapporto, è nell'approfondimento del momento in cui si decide che si riesce a decidere per il meglio, con maggiore trasparenza. Se c'è trasparenza, è più facile che ci sia fiducia.
  Deve essere chiaro però nel momento in cui si compra un titolo che qualsiasi titolo ha una componente di rischio, quindi, se si mettono tutte le proprie disponibilità in quel titolo, si può perdere tutto.
  Da lì nasce l'esigenza di spiegare bene cos'è la diversificazione. In un Paese come l'Italia (non tedio la Commissione con dettagli) il livello di competenza finanziaria non è molto sviluppato, quindi va fatto uno sforzo importante per spiegare le caratteristiche dei titoli e verificare l'orizzonte temporale degli investitori.
  Cosa significa rischio nel concreto? Significa che, se io ho un rendimento atteso del 2 per cento rispetto a un rendimento atteso dell'8 per cento su orizzonti temporali lunghi, stimato nel 2-4 per cento per le obbligazioni e nell'8-10 per cento per le azioni, ci si immagina due grafici con due rette, una più inclinata e l'altra meno; tuttavia questa non è la corretta rappresentazione della stima di quello che succederà, la nostra è una traduzione sbagliata, perché la curva che ci porta ad avere un rendimento medio tra il 2 il 4 per cento oscilla relativamente poco mentre la curva che porta quel rendimento a 8-10 per cento oscilla tantissimo, e quindi entrare o uscire nel momento sbagliato può provocare perdite assolutamente significative.
  Cosa significa rischio per chi investe? Significa pensare che oltre alla diversificazione potrebbe essere necessario avere un orizzonte temporale molto lungo e non avere quindi bisogno di quei soldi per tanto tempo. Queste sono cose che in un rapporto trasparente si possono spiegare e non necessitano di voluminosi fascicoli di informativa, bastano sforzi più contenuti, quindi la capacità di ascolto del bisogno è fondamentale, come anche il ruolo dell'informazione per far comprendere bene il rischio che il soggetto corre e cosa significa correre un rischio.
  La semplificazione quindi è fondamentale perché è fondamentale la semplicità ed è importante dedicare il tempo non a riempire questionari (a me è capitato di voler comprare un titolo per i miei figli e il questionario è stato fatto a me, perché i due figli minori non hanno certo la mia competenza finanziaria), che però servono se sono una guida del ragionamento che va fatto con il cliente, non uno scarico di responsabilità, e la tentazione di usarli come scarico di responsabilità sicuramente esiste.
  Per contro, chi entra in un acquisto di un investimento finanziario non può esimersi dal comprenderne le caratteristiche. Ho incontrato persone che, pur non essendo ingegneri meccanici, conoscono dettagli molto articolati dei sistemi di sicurezza delle automobili e per contro non conoscono quasi niente delle caratteristiche dei loro strumenti finanziari. Un medico o chiunque altro non sia un ingegnere, che quindi non è che capisca il motore a scoppio meglio di come funzionano i mercati regolamentati, dovrebbe dedicare del tempo per comprendere, e non è affatto vero che la finanza sia più complicata, ad esempio, dei sistemi di frenatura delle automobili. Pag. 6
  Non deve esserci quindi lo scarico acritico di responsabilità, ma ci deve essere l'attenzione per qualcosa che è assolutamente decisivo.
  Secondo punto: perché in un processo normativo bisogna stare molto attenti alle eventuali conseguenze indesiderate, le unintended consequences? Qui ho un unico spunto: a me capita di viaggiare molto per lavoro, per l'università, e una delle cose che è stata portata alla mia attenzione e quindi porto all'attenzione della Commissione riguarda il caso dei residenti all'estero, per i quali pare che avere un conto corrente in Italia sia estremamente complicato a causa della legge sull'antiriciclaggio, che ha un obiettivo certamente condivisibile; tuttavia, se poi il risultato è, come pare che sia, che chi ha mantenuto una casa di famiglia in Italia fatica a pagare le bollette o le tasse, con ciò spingendo queste persone sempre più lontano dall'Italia, credo non si possa dire che questa sia la finalità che ci poniamo.
  Mi dicono che pochissime banche offrano servizi finanziari di conto corrente a costi contenuti ai residenti all'estero, tra l'altro pare che ci sia anche un'asimmetria tra chi si deve iscrivere come residente all'estero e chi invece, lavorando per il settore pubblico, non ha questa necessità. Questo è un piccolo esempio per evitare che una disciplina con una finalità condivisibile porti da un lato a limitare le capacità di soddisfare i bisogni da parte delle banche, dall'altro addirittura a dissuadere i nostri connazionali dal tornare volentieri in Italia.
  Terzo punto, l'alleggerimento normativo. Qui abbiamo due temi da considerare. Da un lato, guardando indietro a quanto è stato prodotto, certamente c'è spazio per fare lo sforzo di capire quale grado di sovrapposizione vi sia tra le discipline; nel settore bancario esiste un organo di vigilanza, la Banca d'Italia, e i bilanci delle banche italiane sono molto più trasparenti, ancorché molto più dettagliati, dei bilanci di banche di altri Paesi.
  Qui però ci sarebbe uno spazio per comprendere se altri documenti richiesti dalla disciplina oltre al bilancio non abbiano delle aree di sovrapposizione che si possono ottimizzare, perché tutte le volte che chiediamo a qualunque azienda uno sforzo di compliance alla normativa duplicato, sostanzialmente c'è un costo che va a incidere sui clienti.
  Guardando alla disciplina italiana si può quindi verificare se ci siano delle aree di sovrapposizione, un po'come quando si fanno nuove norme e si cerca di capire cosa si possa e valga la pena di abrogare. Guardando indietro e pensando all'Italia ritengo che queste aree siano presenti e, guardando al futuro, penso che quanto premesso sull'ottimizzazione rappresenti comunque un'istanza da portare anche in sede internazionale.
  La produzione normativa che ci viene dall'Europa è spesso molto articolata e dettagliata, nasce da un sistema che per natura tende alla moltiplicazione delle norme, perché abbiamo il livello 1, poi il livello 2, regulatory technical standard, implementing standard, guidelines: il sistema che ne risulta è davvero molto articolato.
  Vi hanno già intrattenuto sul tema delle consultazioni pubbliche: la better regulation prevede che prima di emettere una disciplina definitiva si chieda anche a chi dovrà poi applicarla nonché la realizzazione degli studi d'impatto. Certamente questa è una buona pratica, e tuttavia può far emergere alcune tendenze contrastanti: ad esempio, ricordo quanto accaduto con lo standard prospettato sul leverage ratio, il coefficiente di leva applicato alle banche emanato dal Comitato di Basilea, che nella prima versione consisteva di un documento di tre pagine mentre la versione definitiva è diventata un documento di 30 pagine; ciò perché, nel corso dell'ampia consultazione che è stata svolta, le banche hanno dato una serie di indicazioni, con il probabile risultato finale che quel requisito, che avrebbe dovuto essere un indicatore molto semplice e intuitivo, sia divenuto, nella sostanza, meno stringente per talune banche.
  Il coraggio che ci vuole in questi casi è che, se si ritiene che effettivamente l'impatto di una regolamentazione sia eccessivo rispetto a quello che il sistema può sostenere in quel momento, e quindi sia sostenibile Pag. 7 e corretto un livello inferiore, un requisito meno stringente, l'ideale è modificare il documento limitandolo a tre pagine e rendere meno stringente il requisito, perché altrimenti si finisce per creare un meccanismo che solo alcune banche più grandi riescono a dominare mentre si crea un livello di complicazione che fa soffrire il sistema nel complesso per questa scarsa comprensione dall'esterno.
  Soprattutto il leverage ratio ha l'obiettivo di essere facilmente comprensibile, per essere facilmente comprensibile deve essere semplice, e, se voglio mettere un tetto alla leva delle banche ma consento loro di fare calcoli diversi, non immediatamente riconciliabili con gli altri numeri presenti nel bilancio, non sto andando nella direzione auspicata.
  Spesso tutta la difficoltà, l'iper reazione dei mercati nasce dal fatto che i titoli sono titoli di emittenti che non sempre sono compresi fino in fondo, quindi non c'è tranquillità circa la qualità delle informazioni. L'iperproduzione normativa per le banche richiede una serie di costi di compliance, ma, se quei costi rendono questo sistema di regolamentazione più complicato e non riescono a mantenere la fiducia perché nessuno che non sia un addetto ai lavori è in grado di capirlo fino in fondo, va a finire che si allontanano i potenziali investitori dalle banche.
  Non possiamo dimenticare che il mercato più competitivo in cui opera qualsiasi azienda è il mercato dei capitali, laddove come investitori possiamo investire in qualsiasi settore e, se un settore è troppo complicato o troppo opaco, non interessa. In un momento come quello attuale, in cui i tassi di interesse sono così bassi e quindi una fonte importante di redditività delle banche viene meno, bisogna essere molto attenti a non creare ulteriori elementi che allontanino gli investitori dalle banche, perché qualunque investitore può decidere che le banche non sono interessanti come investimenti.
  L'alleggerimento normativo quindi parte addirittura da una maggiore semplicità nei princìpi, perché i princìpi di Basilea vengono utilizzati per definire la regolamentazione a livello europeo, ma questa semplicità è da alimentare a livello di principal setter, prima ancora di regolamentatore europeo. Deve essere sempre presente l'idea che ogni ulteriore complicazione fa percepire le banche come maggiormente opache, e questo è un aspetto da considerare attentamente.
  Non credo che il sistema finanziario non vada regolamentato, penso che vada assolutamente regolamentato e che le asimmetrie informative, il problema dell'incertezza facciano sì che in questi settori sia difficile che il mercato riesca da solo a trovare la soluzione. Qui servono delle regolamentazioni, ma queste devono essere foriere di una maggiore fiducia, non del sospetto che sia qualcosa di troppo complicato.
  Le conclusioni del mio intervento non sono concludenti. Ciò perché non c'è una risposta sicura in un'area così ampia e quindi non ho la ricetta. Però certamente la strada verso una maggiore trasparenza va percorsa, e questa passa anche attraverso una maggiore conoscenza finanziaria, tema che in Italia è da presidiare sempre di più, obiettivo certamente virtuoso che non può che essere condiviso, perché qualsiasi intermediario finanziario deve tenere conto che dalla fiducia dei suoi clienti discende la sua capacità di stare sul mercato. Non c'è alcuna antitesi tra l'interesse della banca e l'interesse del cliente.
  Certo un buon medico non è sempre capace di salvarci, perché ci sono cose ineluttabili; similmente una banca quando ci propone un investimento non conosce con certezza quella che sarà la remunerazione, però ci può aiutare a capire le scelte che vogliamo fare e, come nel caso del medico, ci dovrebbe accompagnare, nella consapevolezza che il futuro è incerto per tutti e anche qualsiasi promotore o persona che opera in banca in buona fede (non penso certo a situazioni di conflitto d'interesse patologiche) non sa cosa succederà, perché la regola che il futuro è incerto per tutti si applica anche a loro.
  Con questo ho concluso e vi ringrazio dell'attenzione, rimanendo a disposizione per eventuali domande.

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  PRESIDENTE. La ringrazio e mi permetto di porle alcune questioni per approfondire taluni aspetti relativi alle considerazioni che ci ha proposto.
  Mi è piaciuta molto la sua considerazione secondo cui il cuore di tutta la questione è creare un meccanismo che dia fiducia, perché è su questo che si basa la possibilità di una transazione o di un interesse alla transazione. In realtà ciò che sta accadendo oggi è un altro film, perché – e parlo sia per esperienze dirette che sulla base di quanto emerso durante le audizioni –, quando mi rivolgo a una banca per acquistare un prodotto, si parla della natura del prodotto e poi, nel momento in cui passo alla sottoscrizione della documentazione per l'acquisto, mi vengono sottoposte 70 pagine carattere 8 che mi si chiede di firmare. Quale trasparenza è possibile in un ragionamento di questo genere?
  A me è successo di accompagnare genitori o zii e di decidere di prendere il documento per tornare dopo una settimana, perché uno firma se si fida guardando in faccia colui che propone il prodotto, ma non ha alcuna cognizione della documentazione sottoposta. Sono andato sui siti di Banca d'Italia, dell'Ivass e della Consob per scaricare la modulistica tipo, ed è una follia, nel senso che ci sono incartamenti da 50, 60, 70, 80 pagine.
  La sensazione che ne ho ricavato è che non sia costruita per creare fiducia, perché con la fiducia non c'entra nulla! È veramente il tema che lei poneva, cioè scrivere tutto ciò che potrebbe cautelarmi qualora vada male il percorso, altra cosa rispetto al creare un presupposto di fiducia.
  Ingenuamente, anche parlando con altri auditi, immaginerei uno schema che abbia dieci numeri, che risponda a una caratterizzazione standard dei prodotti, in modo che vedendo quelle dieci caratterizzazioni possa avere un minimo di elementi cognitivi e farmi un'idea della natura del prodotto che sto comprando.
  Lasciamo perdere ciò che oggi fortunatamente non viene più proposto, ma ho visto negli anni passati degli algoritmi o delle formule che caratterizzavano i rendimenti di un prodotto per i quali bisognava portarsi dietro Pico della Mirandola per capire di cosa si stesse parlando!
  Questo oggi accade meno frequentemente che dieci anni fa, però la sensazione che abbiamo ricavato in questo percorso è che, al netto del fatto che molti di questi aspetti sono presenti nelle direttive comunitarie, dalla Mifid ad altre, il sistema necessiti di un ripensamento a monte, anche perché molte di queste strumentazioni nascono da una collaborazione tra le istituzioni preposte e i soggetti che devono attuarle, ciò che significa che nessuno ha imposto alle banche o ai gestori finanziari di farle, e sono il frutto di una concertazione molto allargata.
  Mi chiedo quindi quale sia la ratio, che senso abbia darmi un incartamento di 70 pagine all'atto della firma, incartamento che non potrò leggere se non a posteriori, sperando che non ci siano scritte assurdità, o altrimenti, una volta preso l'incartamento, si dovrebbero attendere 10 ore per leggerlo, ma credo che tre quarti dei cittadini non avrebbe neanche gli strumenti per capire cosa c'è scritto lì dentro.
  Visto che lei ha dimostrato una conoscenza dei meccanismi bancari maturata probabilmente in una collaborazione o comunque in un intreccio di attività con quel mondo, mi interesserebbe comprendere perché si sia stratificato un percorso di questa natura, a cosa risponda, perché sicuramente non all'esigenza di fiducia. Da quanto abbiamo avuto la possibilità di cogliere, la sensazione non è quella della centralità della ricostruzione di un clima di fiducia. Mi piacerebbe capire quindi cosa vi sia dietro e dentro questo percorso.

  MARINA BROGI, Professoressa di International Banking and capital markets della facoltà di economia dell'Università di Roma «La Sapienza». È una domanda centratissima, ma è molto difficile dare una risposta puntuale, perché, se fosse una domanda facile, forse ci sarebbe una risposta immediata.
  La Mifid tende a classificare la clientela addirittura ex ante, postulando che via siano attività possibili ai soli pubblici più esperti e non ad altri; ritengo che sia possibile creare uno spazio di relazione con i clienti Pag. 9e che sulla base di alcuni quesiti sia possibile che le persone vengano effettivamente guidate a capire i loro bisogni. L'obiettivo è creare una consapevolezza, quindi con quella parte di contributo alla produzione del risultato (il concetto di prosumer) che il singolo deve dare se guidato, siamo sicuri che poi la persona che propone il prodotto fa tutto il percorso, quindi ha una sorta di check list di cose da chiedere.
  Banalmente, è come quando un medico deve prescriverci un antibiotico: ci deve chiedere se siamo allergici ed eventualmente a quale principio attivo, ciò che ha una finalità positiva. Se abbiamo fiducia di qualcuno ma abbiamo 70 pagine davanti, è giusto che prima di firmare qualunque cosa voglia leggere cosa firmo, e questo vale nei confronti di chi ci offre un prodotto bancario, ma anche qualunque altro servizio.
  Del resto, se ci viene diagnosticato qualcosa che richiede un intervento importante, tendiamo sempre a chiedere una seconda opinione. Il mondo è diventato più complicato, le interconnessioni fanno sì che prevedere il futuro sia sempre più difficile, quindi vale davvero la pena di cercare una seconda opinione, informarsi, comparare. Ognuno deve essere certo di aver fatto tutto il possibile per comprendere, posto che alcuni di questi moduli sono molto complicati e che la persona che ci prospetta l'investimento dovrebbe spiegarceli, proponendo di leggere insieme il contratto che ci sta sottoponendo.
  Sono troppo complicati? Probabilmente sì, e uno dei dibattiti in corso riguarda l'utilizzo degli scenari probabilistici. La concreta esperienza è che comunque sia molto difficile spiegare le ipotesi di una serie di modelli abbastanza articolati; quindi, se qualcosa è talmente complicato che l'investitore non è in grado di comprenderlo, forse non è lo strumento adatto.
  Detto questo, ci sono delle cose che vale la pena vietare? Secondo me sì nel retail, ma il divieto non è necessariamente la soluzione migliore, perché le azioni sono certamente rischiose, però, se uno ha la necessità di accantonare per la sua pensione futura, ha bisogno di scegliere strumenti più rischiosi, ai quali sono solitamente associati i maggiori rendimenti, quindi bisogna trovare un equilibrio. Non sono favorevole al divieto tout court.
  La concertazione molto allargata sì, ci sono norme con molti dettagli in quanto vi hanno lavorato in tanti. Il mio maestro Tancredi Bianchi, che è probabilmente la persona responsabile del fatto che io guardi le banche con occhi che mi consentono di vedere certe cose, ha scritto un libro molto bello e molto sintetico, Attacco all'Occidente, che mette in luce come il sistema finanziario e bancario dell'Occidente sia il nostro tallone d'Achille, come le economie avanzate abbiano questo problema.
  Sono temi molto delicati, ma utilizzare una strumentazione molto complicata spesso allontana dalla comprensione le persone, che invece dovrebbero capire con chiarezza alcuni princìpi: il futuro è incerto per tutti, la diversificazione è opportuna perché concentrare tutto in un unico asset è un problema, se c'è un maggior rendimento ci sarà un maggior rischio.
  Non sono sicura che spaccare il capello in quattro con una metodologia super complicata sia alla portata di tutti, anche se comprendo bene i miei colleghi quantitativi, che ribadiscono che questo è il metodo più robusto. Non sono sicura però che imporre il contachilometri uguale a quello della Ferrari a tutte le macchine risolva, basta dire ai propri figli di diciotto anni che è meglio che vadano piano, quindi certi strumenti sono per chi può sostenere tanto rischio, laddove il rischio di perdere tutto è probabilmente troppo.
  Non c'è quindi un'unica risposta rapida e soddisfacente a questo; credo che sia un percorso da fare assieme e che le banche abbiano ragione nel sostenere che alcune semplificazioni sono necessarie. Sono meno d'accordo quando dicono che più patrimonio non è una buona idea per le banche, perché dal mio punto di vista lo è; però uno sforzo di semplificazione si può fare, sapendo che è necessario ascoltare molto bene i bisogni dei clienti.
  Per il momento c'è spazio per utilizzare quei contratti in modo più trasparente perché, anche se si partisse evidenziando le Pag. 10componenti del contratto che andiamo a firmare, non credo che la probabilità di vendita sarebbe minore, giacché si partirebbe dal quadro normativo che regolamenta la relazione.

  PRESIDENTE. Vorrei chiederle un parere su una questione che è emersa nel corso delle audizioni. Oggi il sistema ha tre autorità di controllo, Banca d'Italia, la Consob e l'Ivass sui prodotti assicurativi, ma, dato che molti prodotti hanno un contenuto complesso che intreccia diversi settori, nel corso di alcune audizioni è emersa la questione circa la criticità di avere tre autorità distinte che rischiano di sovrapporsi o di lasciare aree di confine non sufficientemente controllate. Qual è il suo parere sull'assetto del sistema dei controlli e sull'ipotesi di un'eventuale integrazione delle modalità di controllo?

  MARINA BROGI, Professoressa di International Banking and capital markets della facoltà di economia dell'Università di Roma «La Sapienza». Grazie della domanda. Se noi guardiamo a livello europeo, ci sono soluzioni completamente diverse, negli Stati Uniti è molto complicato, quindi ho l'impressione che non sia tanto il numero delle autorità, quanto il loro desiderio di coordinamento che può esistere in maggiore o minor misura anche all'interno di un'unica entità.
  È quindi difficile bilanciare l'esigenza di coordinamento con l'esigenza di tutela. Le faccio un esempio molto semplice: se un'autorità deve perseguire la stabilità degli intermediari e nel tempo stesso la tutela dell'investitore, come si deve comportare quando una banca ha bisogno di un aumento di capitale?
  Siccome a me piace essere molto diretta, è chiaro che le norme sul self-placement, cioè le norme relative a quello che qualunque intermediario può collocare nei confronti dei propri clienti, vanno seguite molto attentamente e, se ci sono delle infrazioni, vanno perseguite, perché lì si mette veramente in gioco la fiducia delle persone.

  PRESIDENTE. Alla luce della recente storia ci sarebbe da scrivere delle pagine interessanti su questo tema. Se non ci sono altre osservazioni, ringrazio la professoressa Marina Brogi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.10.