XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 26 di Martedì 23 maggio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SALUTE PSICOFISICA DEI MINORI

Audizione dell'avvocato Gianni Casale, ideatore del Progetto Anthea, accompagnato dalla signora Annalisa Ronchi, collaboratrice del Progetto Anthea.
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 2 
Casale Gianni , ideatore del Progetto Anthea ... 2 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 5 
Zanin Giorgio (PD)  ... 5 
Lupo Loredana (M5S)  ... 6 
Prina Francesco (PD)  ... 7 
D'Incecco Vittoria (PD)  ... 7 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 7 
Antezza Maria (PD)  ... 8 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 8 
Casale Gianni , ideatore del Progetto Anthea ... 8 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 11 
Ronchi Annalisa , collaboratrice del Progetto Anthea ... 11 
Casale Gianni , ideatore del Progetto Anthea ... 11 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
ROSETTA ENZA BLUNDO

  La seduta comincia alle 13.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione dell'avvocato Gianni Casale, ideatore del Progetto Anthea, accompagnato dalla signora Annalisa Ronchi, collaboratrice del Progetto Anthea.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela della salute psicofisica dei minori, l'audizione dell'avvocato Gianni Casale, l'ideatore del progetto Althea, che è accompagnato dalla dottoressa Cinzia Tocci e dalla signora Annalisa Ronchi, sua collaboratrice.
  Do la parola all'avvocato Casale per lo svolgimento della sua relazione.

  GIANNI CASALE, ideatore del Progetto Anthea. Innanzitutto saluto questa Commissione e ringrazio. Per me è un onore essere qui a presentare questo progetto, che vede la luce solamente da qualche mese. Posso dire che di strada ne abbiamo fatta abbastanza, perché è già stato presentato in molti convegni
  Cos'è il progetto Anthea? Salterei le presentazioni e andrei direttamente al succo. Il progetto Anthea si rivolge alle problematiche conflittuali dei minori. La conflittualità è un problema che io come professionista ho affrontato da subito nel mio lavoro. Il progetto nasce dalla necessità di dare una risposta concreta e delle soluzioni altrettanto concrete per la risoluzione di questo problema.
  Nella mia professione mi sono posto il problema di come fare per dare soluzioni e uno strumento ai genitori in sede di separazione, perché anche tutti i magistrati che conosco dicono la stessa cosa: le norme vanno bene, gli strumenti ci sono; non ci sono, però, i mezzi per fare in modo che il vero diritto del minore venga tutelato.
  Mi sono posto in una posizione di osservatore e ho potuto verificare che – scusatemi l'espressione – quando si spengono le luci della ribalta dei tribunali i genitori fanno un po’ quello che gli pare e, quindi, la conflittualità che fino a qualche minuto prima all'interno di una stanza di un tribunale con un magistrato era sopita riesplode in tutta la sua pienezza.
  Ho individuato questa criticità, mi sono posto al lavoro e ho ideato questo progetto, che è sostanzialmente una piattaforma – vado al concreto – ossia un'applicazione per smartphone e telefoni attraverso la quale i genitori, mediante un uso consapevole e volontario (perché non esiste e non esisterà probabilmente una normativa che possa imporre uno strumento del genere a due genitori), riescono a colloquiare tra di loro. Con le dovute privacy e autorizzazioni in sede di registrazione, i genitori sono consapevoli del fatto – uso sempre la parola «consapevole» a giusta intesa – che tutto quello che passa attraverso questa applicazione può essere utilizzato come prova Pag. 3documentale in caso di contrasto in sede giudiziale.
  Ciò vuol dire che l'applicazione permette loro di colloquiare creando degli eventi attraverso i quali, ad esempio, un genitore dice: «Cortesemente domani vai a prendere nostro figlio a scuola a tale ora?». Si chiede attraverso questa applicazione di rispondere entro una certa data o un certo orario, perché potrebbe essere superfluo andare oltre quell'orario o quella data. L'altro genitore è in grado di verificare e risponde, accetta, non accetta oppure chiede dei chiarimenti.
  A cosa serve questo? Attraverso dei microeventi che vengono congelati si può fare in modo che, se un domani ci fossero dei contrasti, quello che viene individuato e scritto dentro questa applicazione non possa più essere modificato.
  All'interno dell'applicazione ci sono anche delle altre utilità molto interessanti. Io faccio anche penale a livello di diritto di famiglia e mi occupo, purtroppo, di pedopornografia. Devo dire che l'uso malsano da parte di molti genitori di postare le loro foto sui social, tipo Instagram o Facebook, è una cosa estremamente deleteria.
  All'interno dell'applicazione è stata ideata una zona «album fotografico» che può essere creata e che è accessibile anche ai nonni, altra figura che è stata spesso posta a margine di questa situazione. Anche i nonni, attraverso un accesso limitato all'album fotografico, possono verificare la situazione dei propri nipoti ed essere così coinvolti in questo rapporto familiare.
  Questo è il rapporto tra i genitori, in modo tale che possano parlare tra di loro, esprimere i loro pareri, avere un confronto, nella certezza e soprattutto nella consapevolezza di avere un rapporto trasparente e onesto con l'altro genitore.
  Questo, secondo me, porterebbe a un abbattimento almeno del 50 per cento della conflittualità non molto approfondita, con un grosso risparmio anche per quanto riguarda la ricaduta sulle separazioni e sulla conflittualità successiva, che sono le modificazioni delle condizioni di separazione.
  Il progetto Anthea va oltre. L'innovazione di questo progetto è coinvolgere anche servizi sociali e tribunali in una triade virtuosa. Io parlo di un progetto, ma l'applicazione è già sugli store, quindi è già fruibile. L'applicazione permette, attraverso una registrazione con password particolari, di coinvolgere anche i servizi sociali e di aprire una finestra in tempo reale tra la famiglia e l'assistente sociale.
  Ho visto che molte volte non si riesce ad avere un incontro con l'assistente sociale, che non si trova, anche per una sciocchezza. Ritengo, in base alla mia esperienza, che il tempo per i minori sia qualcosa che va calcolato molto attentamente, perché quello che per noi è una settimana per un minore sono mesi, tant'è vero che, se ci fate caso, quando un bambino non vede il proprio papà o la propria mamma anche solo per mezza giornata, sembra che non lo veda da tanto tempo.
  Questo progetto tende ad abbreviare i tempi e a venire incontro alle esigenze dei minori in breve. L'applicazione permette di mettersi in contatto con l'assistente sociale di riferimento che segue la coppia e di poterci scambiare tutte le informazioni e i consigli.
  C'è qualcosa di più. Il progetto, sempre attraverso uno strumento telematico, dà la possibilità al magistrato, qualora lo ritenga necessario – ci tengo a precisarlo – di vedere in tempo reale l'andamento della conflittualità tra la coppia.
  Infatti, sia l'assistente sociale che il magistrato vengono forniti di un cosiddetto «cruscotto», cioè di una videata, dove in tempo reale riescono a vedere tutto quanto sta facendo la coppia, in modo consapevole e con le giuste autorizzazioni.
  Pertanto, il magistrato, qualora lo ritenga opportuno, qualora debba prendere delle decisioni e non possa aspettare delle relazioni che tardano ad arrivare, o comunque qualora voglia, può rendersi conto della situazione. Come professionista ritengo – forse sbaglierò – che il magistrato si debba riappropriare della funzione di giudicante, senza delegare sempre allo psicologo e all'assistente sociale delle decisioni per cui comunque è lui che firma i provvedimenti. Attraverso questo strumento il Pag. 4magistrato quantomeno riesce ad avere un quadro immediato della situazione.
  L'aspirazione di Anthea è di coinvolgere anche le scuole. Spesso il problema è che le scuole non comunicano, nell'ambito di una richiesta di bigenitorialità, le stesse informazioni ai due genitori. Le comunicano solamente al genitore collocatario e non all'altro. Servono lotte incredibili per avere delle semplici informazioni.
  Nel secondo step l'idea sarebbe quella di inserire una piattaforma anche per le scuole, per fare in modo di avere tutte le informazioni sull'andamento scolastico. Questo è molto importante, perché ritengo che le scuole siano in prima linea sulla conflittualità e soprattutto i maestri e i professori sono in grado di cogliere aspetti importanti sulla nascita di questa situazione.
  Il progetto Anthea, però, va oltre, nel senso che non è solamente un'applicazione, ma copre anche altri aspetti, che sono quelli della sicurezza e del coaching, ossia del sostegno alle famiglie quando hanno dei figli con delle problematiche.
  L'esperienza è che i figli di coppie separate hanno delle problematiche psicologiche notevoli. Nel mio lavoro ho potuto accertare che esiste una carenza da parte del sistema qualora le famiglie abbiano veramente necessità di essere aiutate. È vero che esistono gli assistenti sociali, però intervengono in situazioni diverse.
  Mi sto avvalendo della società Ekis s.r.l., che lavora sul coach e sulla motivazione a tutti i livelli: sportivi, familiari e personali. Quando ho delle problematiche di questo genere mi rivolgo a loro per cercare di trovare le soluzioni e gli strumenti per risollevare delle condizioni di minori in grosse difficoltà.
  Parlo di coach e non di psicologi, perché queste persone si occupano di soggetti sani e i minori di famiglie separate sono soggetti sani, che non sempre hanno necessità di un approccio psicologico.
  Il progetto Anthea ha aperto una partnership con Ekis S.r.l., nell'ambito della quale vengono svolti degli eventi e vengono forniti dei sostegni attraverso dei tutor qualora le famiglie lo richiedano, quindi hanno un punto di riferimento.
  Per quanto riguarda, invece, il discorso della sicurezza, mi sono posto il problema ormai molto noto del bullismo, che tra l'altro recentemente è al centro dell'interesse delle istituzioni e di provvedimenti a livello nazionale. Anche su questo ho aperto una collaborazione con un'altra società di sicurezza ed è stata creata un'applicazione per telefono, in base alla quale il minore oggetto di bullismo o in situazioni di pericolo è in grado di essere in contatto 24 ore su 24 con una centrale operativa per 365 giorni all'anno.
  Per quanto riguarda, invece, un aspetto che ritengo fondamentale, al di là dell'applicazione che è un aspetto concreto, il progetto Anthea ha un sogno: quello di ritornare sulle piazze e nelle strade a parlare di genitorialità e di minori, attraverso una flotta – la chiamo così – di autobus, che chiamo «autobus Anthea», che vorrei diventassero dei veri e propri uffici viaggianti estremamente tecnologici, per fare in modo che possano arrivare ovunque. Dove si fermano questi autobus vorremmo creare degli eventi o dei convegni a cielo aperto – il modo si trova – per parlare di minori.
  Ritengo che sia importante riportare questo concetto di bigenitorialità e di salute dei minori tra le persone. Mi rendo conto che molti genitori sono lasciati da soli, non sanno orientarsi, a volte cercano su internet, leggono delle recensioni, ma a mente fredda non sanno come orientarsi su certi problemi.
  Il vero grosso sogno di questo progetto è fare in modo che quando questi autobus hanno finito il loro lavoro e non sono in giro possano essere inseriti in un piano di sicurezza nazionale di protezione civile. In caso di eventi catastrofici, come quello di Amatrice e via dicendo, questi autobus interverrebbero unitamente alla Protezione civile sul posto e a loro sarebbero delegati, anche per sollevare da altre problematiche, gli interessi e le esigenze di assistenza dei minori.
  Voi tutti sapete e noi tutti sappiamo che in situazioni catastrofali del genere, per il bambino la cosa più importante è tornare alla quotidianità già il giorno dopo, quindi Pag. 5tornare a scuola, tornare a giocare e via dicendo.
  Il sogno è che questi autobus, una volta intervenuti, cuore di un sistema di assistenza, possano occuparsi già dal giorno dopo di tutte le problematiche di assistenza scolastica, asili nido e assistenza alle mamme.
  Questo è il quadro generale del progetto, iniziato il 14 gennaio con una conferenza stampa a Modena. È stato presentato con successo in vari convegni in tutta Italia. Io stesso lo sto applicando a casi particolari del mio studio che seguo, con un ottimo riscontro.
  È chiaro che questo progetto va un po’ a rompere alcuni concetti o comunque una storicità dell'approccio alla conflittualità. È un progetto che alcuni hanno ritenuto un po’ invasivo. Io ritengo che non sia assolutamente così, ma che faccia della trasparenza e della condivisione i veri punti di forza.
  Mi auguro che nello studio che state facendo questo progetto possa trovare spazio e sviluppo. Io ci credo. Sono il primo che ci ha creduto, l'ho ideato e lo sta portando avanti. Chiedo a voi una collaborazione, se può esserci, da parte delle istituzioni, per cercare anche di lavorare insieme.
  Su questo presupposto, c'è un aspetto molto importante. Il progetto Anthea non è solamente un'applicazione, è anche la voglia di cambiare il modo di lavorare nell'assistenza dei minori.
  La cosa su cui insisto e insisterò sempre è cercare di dare uno strumento anche agli assistenti sociali. A volte sono bistrattati e non sempre ben voluti dalle famiglie, ma anche loro hanno un compito ingrato. L'idea è di riportare i servizi sociali tra la gente a vedere qual è la situazione sulla strada o nelle famiglie. L'idea è di dare uno strumento telematico completo, vista ormai la tecnologia dilagante, in modo tale che loro possano sganciarsi dalla carta e uscire dall'ufficio per poter consultare in tempo reale tutta la posizione della famiglia. Questo permetterebbe loro di essere molto più duttili, molto più coinvolti negli aspetti familiari e meno legati a un discorso di burocrazia.
  Penso che se l'assistente sociale col progetto Anthea fosse in grado di verificare tutta la posizione e i documenti da un semplice tablet, anche fuori dall'ufficio, si guadagnerebbe molto di più in qualità di assistenza, invece che riportarsi alle solite relazioni e incontri con lo psicologico, che sicuramente vanno bene, ma molte volte rimangono fini a se stessi.
  Non vi voglio tediare oltre. Sarei molto contento se aveste dei dubbi e delle perplessità da espormi, perché mi rendo conto che è un progetto molto innovativo.

  PRESIDENTE. Ringrazio molto l'avvocato Gianni Casale. Prima di lasciare la parola ai colleghi per le domande, ci tengo a dire che sicuramente questa sua proposta di progetto va nella direzione di una tutela ad ampio raggio della situazione dei minori. Mi sembra di aver capito da tutta la sua relazione che questi disagi di tipo psicofisico (perché poi comunque i bambini hanno anche delle manifestazioni di altro tipo) sicuramente possono essere causati anche da situazioni familiari non serene, da separazioni, da conflittualità eccetera.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIORGIO ZANIN. La sua comunicazione è stata molto interessante. Mi sono sorte alcune domande di primo impatto. Una conoscenza più approfondita e soprattutto l'uso pratico mi darebbero la possibilità di avere maggiore contezza.
  Ci sono alcuni aspetti che non mi sono chiari. Questa scatola nera di fatto funziona come deterrente. Alla fine il significato fondamentale è questo: l'idea di avere una scatola nera come per chi si muove nella circolazione stradale, che permette di registrare i movimenti conseguenti e, dunque, anche di attribuire responsabilità nel caso di infrazione dell'autista, qualora ci sia un numero eccessivo di ore di guida o altro.
  In fondo questa app replica quest'idea fondamentale, che è volta alla sicurezza, Pag. 6ma non ci dice due aspetti che mi sembrano lasciati nell'ombra. Non escludendo la possibilità che l'approccio nella coppia sia binario e mediato attraverso altri strumenti, non è detto che questa non sia anche una potenziale opportunità per mettere in scena un se stesso diverso nella relazione rispetto ad altri comportamenti immediati, attraverso formule del rapporto diretto. Si potrebbe far figurare per agnelli quelli che sono lupi.
  Me lo domando perché, essendoci un patto sottoscritto, questo è un primo aspetto che mi incuriosisce. È chiaro che senza un'adeguata sperimentazione diventa complicato immaginare di fare un'analisi globale su come lo strumento possa essere abusato e aggirato. Siccome a norma di legge in Italia siamo abituati a fare delle cose per poi ritrovarle spesso utilizzate e abusate in forma perversa, lo segnalo in anticipo. Questa è una prima questione. Vorrei capire se ci sono delle forme di prevenzione che avete già introdotto.
  In secondo luogo, se il grado di sollecitazione è vero e quanto mai opportuno, per la mia conoscenza dell'impegno e del lavoro che svolgono le assistenti sociali e conosciuto il numero di coppie che si trovano in questa condizione mediamente in un territorio di pertinenza, è del tutto evidente che si rischia un sovraffollamento dello spazio e del tempo nell'attività operativa concreta di chi svolge il ruolo di terzietà, almeno per come è stato concepito qui. Parliamo di un intervento immediato, per quanto nei limiti dell'immediatezza che si possa immaginare, ma soprattutto di un allargamento dello spazio fisico e psicologico dell'operatore sociale, che spesso si trova già ai limiti del burnout rispetto a una pressione psicologica che viene messa in gioco.
  Mi domando se si riesca a calcolare anche questo effetto indotto, evidentemente non voluto. Calcolando l'effetto moltiplicatore, se un assistente sociale, invece di un dialogo o di un incontro diretto de visu alla settimana, si ritrova con 27 o 28 messaggi giornalieri di coppie in crisi che trillano sul proprio cellulare e li deve esaminare, è una fonte di stress non indifferente.
  Peraltro, la mediazione di questi strumenti comporterebbe certamente un investimento di filtro ulteriore in termini di dispendio di risorse da parte dei tribunali, perché occorre qualcuno che monitori per il giudice. Non riesco a immaginare un giudice che si va a guardare tutto, anche se ovviamente ci possono essere dei giudici dotati di una sana curiosità.
  Se questo elemento vede una terzietà, in quale misura si può dar corso? In queste settimane escono dai tribunali intercettazioni che riguardano casi di presunte frodi o vicende relative alla giustizia che non dovrebbero uscire.
  In terzo luogo, vorrei sapere quanto questa app, che prevede la terzietà, con strumenti che possono cadere in mani indesiderate o che possono essere utilizzati in maniera impropria o anche in maniera inavvertita, possa violare pezzi della privacy relativa alla relazione.
  Non so se sono stato in grado di spiegare quelli che io vedo concretamente come elementi di criticità, non conoscendo bene l’app e non avendo contezza esattamente di quali funzionalità siano state pensate per evitarli.
  Non nascondo che è affascinante l'idea che nella loro relazione a tutela del minore ci sia questa scatola nera che costituisce una deterrenza. Per come ho capito, si tratta nient'altro che di questo. Dicendo «nient'altro» non voglio dare un giudizio riduttivo. È un'idea brillante, che io considero anche stimolante per altre vicende. Mi fermo qui. Spero di aver messo carne al fuoco.

  LOREDANA LUPO. Devo dire che alcune cose sono state ben descritte dal collega. Vorrei aggiungere semplicemente un punto che non mi è ben chiaro. In teoria, quest’app nasce per ridurre la conflittualità genitoriale, però, come sollevava il collega, il fatto che ogni cosa che scrivi lì sopra possa essere adoperata a tuo discapito e valutata da un giudice, in realtà, non potrebbe creare una conflittualità maggiore? Non potrebbe diventare uno strumento ulteriore Pag. 7 per i genitori per tentare di rivendicare la loro genitorialità?
  Faccio un esempio. Io magari sono una madre divorziata, voglio penalizzare in tutti i modi mio marito e voglio togliergli la patria potestà. Magari lì sopra inizio a scrivere «Lo vieni a prendere a quest'ora?», sapendo perfettamente che gli impegni di mio marito non potrebbero permettergli certe azioni. Conoscendo in maniera approfondita il mio partner e le sue pecche, potrei sfruttarle e per evidenziare ulteriormente i suoi difetti. Non so se questo strumento possa controllare azioni di questo tipo.
  Io ne comprendo la bontà ed è meraviglioso, secondo me, il fatto di poter creare una trasparenza totale. Peraltro, lo considero utilissimo, invece, per quanto riguarda gli assistenti sociali, per dare loro la possibilità di visionare determinati elementi fuori sede, accorciando realmente i tempi che li portano a stare di più in ufficio, e la possibilità di agire maggiormente nei rapporti con le famiglie.
  Forse lo vedo meglio dal punto di vista delle istituzioni che come strumento in mano ai genitori. Mi piacerebbe avere già oggi una contezza di quasi tutte le pratiche che esistono, di come si sviluppano determinate dinamiche, documenti a disposizione di ogni singola famiglia. Mi piacerebbe avere già una trasparenza di questo tipo, che poi magari viene rimodulata e riadoperata anche dagli stessi genitori.
  In questo senso, un po’ mi preoccupa che esistano dei filtri e dei modi per risolvere queste criticità.

  FRANCESCO PRINA. Io ho soltanto due precise domande da sottoporre. La curiosità è estrema per tutti, perché non sapevamo dell'esistenza di un progetto di questo tipo. Questo è uno strumento per mediare il conflitto. Voi lo proponete, ma allo stato di fatto è stato già in qualche modo sperimentato o è soltanto un'idea che voi a gennaio avete presentato? Questa è la prima domanda.
  La seconda, invece, riguarda l'accesso. In un conflitto evidentemente ci sono due persone, in questo caso i due genitori. Questo strumento deve essere accettato da tutti e due, perché se uno non lo accetta certamente non glielo si può imporre, né il giudice, né gli assistenti sociali, né chicchessia.

  VITTORIA D'INCECCO. Sarò molto breve, perché le mie preoccupazioni sono le stesse dei colleghi che mi hanno preceduta e, quindi, ho poco da aggiungere. Vorrei sapere quanto è diffuso questo progetto e come sta andando.
  Riallacciandomi a una delle osservazioni che sono state fatte, secondo cui giustamente il magistrato ha bisogno di qualcuno che gestisca, elabori o riferisca, vorrei sapere quanto personale impegna e quanto costa.

  PRESIDENTE. Anch'io ho alcune domande. Ovviamente anche io raccolgo le preoccupazioni dovute allo strumento, anche se abbiamo già evidenziato nella precedente indagine conoscitiva sui minori fuori famiglia che ci sono delle ingerenze e delle situazioni pesanti per i genitori ai quali viene prescritto un intervento dei servizi sociali e un provvedimento del tribunale che a volte sono di notevole intensità e di notevole invasività.
  Basti pensare, ad esempio, alle Consulenze tecniche d'ufficio (CTU) che vengono fatte nel momento in cui deve essere preso in carico il minore che è stato segnalato. Molto probabilmente la coppia che si trova nella conflittualità affronta una situazione emotiva di un certo tipo.
  Vorrei sapere quanto questo strumento può essere accettato anche dalle istituzioni, cioè da chi deve valutare lo stato effettivo della relazione genitoriale, ma soprattutto della relazione genitori-figli, e in che modo può arginare i pericoli che ci sono e che si sono avuti più volte dovuti anche a incomprensioni o a situazioni paradossali generate nella gestione degli assistenti sociali in relazione a genitori.
  Ovviamente quando un genitore si trova a essere giudicato e considerato per ogni minimo gesto che mette in atto come tale, la conflittualità si determina anche in quell'aspetto, non solo fra i genitori in conflitto a causa di separazioni o altro. Si entra Pag. 8anche in una conflittualità dovuta al controllo, all'ingerenza, al peso che vivono quando quello che dovrebbe essere un servizio sociale e, quindi, un aiuto, un supporto, un intervento anche preventivo per la genitorialità che sta manifestando delle problematiche diventa una situazione pesante di controllo o di attacco.
  Vorrei capire quanto questo strumento possa essere per un verso di prevenzione e per l'altro di compensazione a contesti generati da condizioni di CTU o di precedenti interventi, che magari hanno causato situazioni complesse anche nel rapporto con gli assistenti sociali.

  MARIA ANTEZZA. Innanzitutto ringrazio gli auditi per questa opportunità. Vorrei aggiungere solo una cosa. In questo caso ci preoccupiamo di prevenire o di gestire una conflittualità esistente. Non mi è chiaro un aspetto. Spesso i bambini diventano l'oggetto e lo strumento dei conflitti per l'incapacità degli adulti di gestire un rapporto che finisce dal punto di vista affettivo e relazionale. C'è un mediatore in tutta questa storia? C'è un dialogo tra padre e madre, ma c'è qualcuno che gestisce questo dialogo che avviene anche attraverso strumenti tecnologici?
  Vedo che tra gli aspetti positivi del progetto che vengono elencati si parla di un nuovo strumento e anche di un contenimento dei costi legali per le famiglie. Vorrei capire meglio questi due aspetti.

  PRESIDENTE. Do la parola a Gianni Casale per la replica.

  GIANNI CASALE, ideatore del Progetto Anthea. Parto dalle prime domande che sono state fatte sulla scatola nera. Vi do solamente un dato. Nello studio legale metto la pratica on line e i clienti con la password la vanno a vedere, si scaricano i documenti e vedono in tempo reale cosa faccio. Io ho solo una o due telefonate ogni tanto, quelle necessarie.
  Ho parlato di uso consapevole per una ragione ben precisa. Non vedo l'utilità in uno strumento imposto, cioè se per assurdo facessimo una legge e ci mettessimo dentro questo strumento. Non lo ritengo utile, perché la funzione dello strumento è educativa, se è imposto fallirebbe.
  Prima si parlava di accessi. È corretto. La modalità d'accesso è che un genitore scarica l'applicazione – questo è un discorso puramente logistico e tecnico – arriva un’e-mail all'altro genitore che dice: «Sei stato associato, se ti associ hai gli accessi, se ritieni ne valga la pena». Se non ritiene di farlo, è logico che viene a mancare una parte.
  Sul discorso della scatola nera avevo un nonno che diceva: «Male non fare, paura non avere». È quello il discorso. Tutto si regge su un ragionamento virtuoso.
  In un tribunale – credetemi, molti sono anche colleghi avvocati in questi palazzi e lo sanno benissimo – quando si entra sono tutti agnellini, ma non si fa in tempo a uscire che succedono dei disastri.
  Sul discorso della messa in scena, di lupi ce ne sono a iosa. Il discorso è proprio questo: in un contesto così trasparente il lupo prima o poi viene scoperto. L'utilizzo di questo strumento deve servire perché alla fine chi deve monitorare monitora dei dati oggettivi.
  C'è stata una domanda sulle risorse del tribunale. Nessuno deve verificare per conto del giudice, perché in questa triangolazione c'è un rapporto diretto con l'assistente sociale.
  Apro dopo una parentesi: questo è un progetto aperto a qualsiasi confronto anche con gli assistenti sociali. A me piacerebbe molto parlare con loro per sapere quali sono le loro necessità per metterle sul campo. Fino a oggi io, in base a quello che ho potuto vedere nel mio lavoro, ho creato alcuni dati che servono agli assistenti sociali, ma ciò non toglie che noi siamo pronti a parlare con loro per rendere questo strumento più completo.
  Vi posso garantire che io, se esco da qua e voglio collegarmi al mio ufficio, mi collego con il tablet e vedo esattamente qual è la situazione. Io immagino un assistente sociale che non si deve portare il faldone, che va a vedere effettivamente se la casa di quel bambino è sporca o no, che, se si dimentica un dato, va a verificare in tempo Pag. 9reale e ha i dati di separazione, i dati medici, tutti i dati della persona, vede come va a scuola, vede se i genitori litigano per portarlo a calcetto. Questo è il concetto.
  Sulla conflittualità maggiore, quella che va agli onori della cronaca, non ci può fare niente nessuno, anche se devo dire che uno strumento del genere porta allo scoperto le persone che si nascondono nell'ombra, che sanno benissimo che quando nessuno li vede possono dire tutto quello che vogliono, tanto poi dall'altra parte è la mia parola contro la sua.
  Non è un discorso di scatola nera, sicuramente ha un effetto deterrente, ma è un deterrente in positivo, non di paura (oddio, cosa scrivo?). Il cosiddetto «lupo» non può fare il buono e poi al di fuori fare come vuole, perché comunque l'uso di questo strumento deve avvenire con le condizioni e con le modalità che prevede lo strumento stesso. Se fa il papà buono all'interno dello strumento e poi fa il lupo fuori, non glielo può impedire nessuno, però c'è la consapevolezza che se dice A è A.
  Faccio l'esempio di un evento. Un genitore dice: «Bisogna portare il bambino a fare degli esami. Ci vai tu o ci vado io?». L'altro genitore dice: «Io non ci posso andare, ci vai tu». «Benissimo». Se poi il genitore che ci deve andare salta, nella situazione attuale dice: «Non ci siamo capiti bene, ci dovevi andare tu», quindi in una situazione A contro B non si sa chi ha ragione. Invece, se all'interno di uno strumento c'è scritto «Sì, effettivamente ci vado» e poi non ci va, c'era la possibilità di dire: «Guarda, non riesco più ad andarci».
  Se accetto l'evento viene dato un feedback positivo. Alla fine il genitore dà un feedback sulla risposta dell'altro per motivarlo. Se la persona dice «Ci vado», allora io penso: «Gli ho chiesto una cortesia e ci è andato». Sono state messe delle stelline – scusate la banalità – per dire da 1 a 5: «È stato carino, ci è andato, non mi ha fatto aspettare».
  Lo strumento di per sé non è solamente uno strumento freddo, si cerca con i genitori di riempirlo. Non è solamente «Oddio, adesso cosa mi succede?», oppure «Me lo rivoltano contro o meno». Certamente è sicuramente meglio di adesso che uno dice A, l'altro dice B e il giudice in una stanza di tribunale cerca di capire.
  A proposito del giudice, non ci vuole nessun cancelliere, visto che ce n'è penuria nei tribunali e stanno già facendo più di quanto devono fare in certe situazioni. Il magistrato può anche non toccarlo mai, tanto gli viene portato eventualmente lo stampato delle situazioni, quindi non gli arriverà nessun trillino sul telefono o quant'altro. Se decide un giorno di dire «Io ho questa pratica, hanno questo progetto, voglio vedere come sta andando», di sua iniziativa, poiché non gli arrivano notifiche di nessun tipo, va a vedere qual è la situazione. Pertanto, non si impiegano risorse economiche da parte del magistrato.
  Inoltre, lo strumento viene fornito dal progetto, non è che il tribunale si deve dotare di questo strumento. Esistono degli account particolarmente protetti da cui sostanzialmente si accede su una piattaforma.
  Per quanto riguarda il discorso dell'assistente sociale, che può avere paura di vedersi sempre intercettato da situazioni molto conflittuali, mi sono posto il problema del genitore assillante che si mette a mandare messaggi a questo assistente sociale che sente lo squillo, vede sempre la stessa situazione e diventa matto.
  Il rapporto diretto con l'assistente sociale, che comunque può essere filtrato facendo una casistica per assurdo nell'ambito di un lavoro congiunto, mostra anche l'attività e la perseveranza di un genitore. Io la chiamo «perseveranza». Se il genitore continua a mandare 50 messaggi, il magistrato vedrà che c'è un genitore estremamente assillante che non si riesce ad adeguare a tutta una storia.
  Lo strumento va visto all'interno di una storia della famiglia e non del singolo evento. Le titubanze che hanno le persone che ho di fronte a me in questo momento sono tutte legittime, ma andrebbero viste all'interno di un quadro di gestione del sistema completo, allora ecco che tutte le problematiche o preoccupazioni che possono sorgere vengano a scemare. Pag. 10
  Stando alla domanda della senatrice in merito allo stato di fatto del progetto, in quattro mesi il progetto ha visto l'applicazione in alcune pratiche del mio studio. Io mi sono speso in lungo e in largo. È già sugli store ed è già scaricabile.
  Io onestamente mi sono speso in tutti i sensi. Abbiamo chiesto dei finanziamenti, che non siamo riusciti ad avere in tempi brevi, quindi mi sono inventato imprenditore: ho fatto un finanziamento e ho finanziato il progetto. Mi sono anche speso per la diffusione nei convegni.
  Allo stato è applicato da alcuni clienti. La cosa che mi solleva è che colleghi mi stanno dando dei feedback positivi, anche se non tutti. Devo dire che sono abbastanza critico sulla mia categoria, tanto più qui. Le critiche mi sono arrivate sottobanco, mai espresse in modo chiaro, mentre i giudizi sulle potenzialità e sulla bontà del progetto a livello trasversale – io seguo molte associazioni di padri separati, di madri e via dicendo e nel tempo ne ho fatto parte – sono tutti positivi. Le critiche arrivano da coloro che fanno parte di questo mercato del conflitto, che forse hanno visto in questo progetto qualcosa che potrebbe minare – permettetemi – un certo tipo di mercato e di lavoro.
  Su quanto è diffuso ho risposto. Mi è stato chiesto quanto costa. Abbiamo messo un prezzo che ritengo simbolico, visto che gli accessi sono praticamente di sei persone. Ha un costo di 50 euro all'anno per tutti: i quattro nonni e i due genitori. Abbiamo messo un prezzo che deve servire nella prima fase a coprire i costi. Riteniamo, visto il mercato e quello che si spende in assistenza legale, che sia un costo allo stato piuttosto sostenibile.
  Per quanto riguarda l'ultimo intervento, perché ho parlato di deflazione del contenzioso? Tutti sapete cos'è la negoziazione. In situazioni dove la negoziazione è possibile – sono stato a un convegno a Brindisi e me ne hanno dato atto – quindi i costi sono abbattuti, a meno che non si facciano pagare le negoziazioni migliaia di euro, col progetto Anthea che tiene sotto controllo questa negoziazione, penso che una coppia se spende 700-800 euro per separarsi ha speso veramente tanto.
  Per la matematica della separazione, non è che se si dividono le famiglie si dividono i costi, ma è il contrario: se si dividono le famiglie, i costi vengono raddoppiati. Io personalmente la sto applicando a questi costi. Dove c'è negoziazione alle persone che vengono da me non chiedo più di 500 euro, perché effettivamente – ma con questo non voglio fare facile moralismo – non condivido il fatto di guadagnare sulle conflittualità e sulle problematiche delle famiglie.
  Il mediatore, secondo me, è il progetto. Il progetto riesce a mediare. Io credo che l'uso del progetto sia di per sé mediazione; poi, se ci sono delle situazioni particolari con un conflitto pesante, sicuramente non è un'applicazione che può risolvere questo. Lo può risolvere, invece, il discorso del coaching.
  Con Annalisa abbiamo risolto il problema di una ragazzina che al compimento dei diciott'anni passava dalle canne alle bottiglie di whisky e colpevolizzava i genitori. Ho fatto intervenire Annalisa con la struttura che qui rappresenta, perché mi sono chiesto: «Vado con gli assistenti sociali? Cosa faccio?» Con gli assistenti sociali c'era un completo imbarazzo. Io non sono qua a sparare sugli assistenti sociali. C'è una cultura ottima – io purtroppo ho una madre con l'Alzheimer e vedo che sono molto presenti – ma non c'è, secondo me, una preparazione o comunque non c'è la cultura da parte delle famiglie di rivolgersi ai servizi sociali.
  Ho interessato loro e devo dire che siamo riusciti ad arginare (non a risolvere) una situazione in cui questa ragazzina ha compiuto diciotto anni e ha completamente abbandonato la famiglia. Con un monitoraggio abbiamo evitato che questa ragazza andasse in mano a situazioni di difficoltà più gravi.
  La cosa che ci tengo a rimarcare è l'utilizzo di partnership come sul discorso della sicurezza. Peraltro, c'è già un telefono apposito per questi ragazzini che possono essere accuditi. Anche questo è un grosso aiuto alle famiglie. Pag. 11
  Ad esempio, ci sono delle applicazioni sulla sicurezza che, però, intercettano il genitore. Io mi metto nei panni di una persona che sta lavorando e gli arriva il messaggio che il figlio è in difficoltà. Va nel panico totale. Sapere che il figlio è accudito, che c'è qualcuno che se ne occupa, andando a sollevare le forze dell'ordine da determinati interventi, secondo me, aiuta molto.
  Il sostegno avviene attraverso un tutor ad personam, ma anche attraverso dei corsi di sostegno ai genitori. Io non sono genitore purtroppo, ma penso che non ci sarà mai un libretto delle istruzioni. Ogni genitore è un soggetto a sé.
  A volte manca il sostegno, manca gente preparata. Casomai gli assistenti sociali hanno una loro funzione, però quando gli si chiede di intervenire in un modo non hanno gli strumenti. I tutor intervengono h24. Io telefono ad Annalisa. Suo marito mi perdonerà, però ci sono delle situazioni che io sono abituato a trattare d'urgenza.

  PRESIDENTE. Vuole aggiungere altro, signora Ronchi?

  ANNALISA RONCHI, collaboratrice del Progetto Anthea. Sì, voglio aggiungere che fondamentalmente quello che facciamo noi per i genitori in primis è dargli una potenzialità che non pensano di avere, perché purtroppo si sentono in balìa degli eventi in tante situazioni, in cui mi sono trovata anch'io personalmente. Gli strumenti che utilizzo per gli altri sono strumenti che ho utilizzato anche io per la mia famiglia. Io sono una mamma separata con quattro figli e, quindi, oltre a essere una professionista, comprendo bene il problema dall'interno.
  I genitori, soprattutto quando si trovano in situazioni di conflittualità, perdono un po’ il senso della forza che hanno e vengono focalizzati da tutte le istituzioni sul problema e mai sulla soluzione.
  Quello che faccio io, insieme a Ekis, con i corsi per i genitori e per i ragazzi adolescenti che noi organizziamo, è far ritrovare ai genitori e ai ragazzi i loro talenti per fare in modo che siano genitori più sicuri e più forti, che possano far diventare adulti forti, sicuri e felici i propri figli.
  Purtroppo, è evidente: a scuola li fanno focalizzare sui brutti voti, nelle situazioni di conflittualità si focalizzano il ragazzino e il genitore sulla conflittualità e sul problema e non hanno strumenti concreti del tipo: «Okay, d'accordo, la situazione è questa».
  Come ci dicevamo io e l'avvocato prima di entrare, ti mettono davanti al quadro della situazione, che di solito è difficile, senza avere nessun tipo di strumento percepito di azione. I genitori si sentono impotenti e, quindi, il mio mestiere e la mia missione personale è fare in modo che si sentano i genitori giusti per questi ragazzini, anche quando l'altro genitore non è presente.
  A volte si tratta anche di dargli la forza necessaria per fare da papà e mamma per un po’, fino a quando i loro ragazzi hanno la forza per andare avanti con le loro gambe, e magari nel frattempo riuscire anche – ed è fattibile, perché lo vedo accadere, grazie al cielo – ad avere la forza necessaria per fare in modo che l'altro genitore, anche se non si può coinvolgere, comunque venga supplito. Occorre fare in modo che uno dei due genitori sia così forte da sostenere l'altro anche quando non c'è. Credo che questo sia fondamentale.
  Noi facciamo tutto un lavoro con gli adolescenti: quelli che seguo spesso mi vedono più della mia famiglia. Ciononostante, anche come mamma riesco a ritagliarmi del tempo, perché so quanto è importante e so di essere la mamma giusta per questi bambini. Voglio che i genitori sentano di avere potere di intervento anche quando è limitato, che se ne approprino e se ne rendano conto profondamente, per poter essere degli strumenti di guida e di educazione.
  L'educazione non è insegnare, l'educazione è educere, riuscire a tirare fuori quello che di buono c'è in un ragazzo, quello che di buono c'è in un genitore, anche quando ce n'è veramente poco.

  GIANNI CASALE, ideatore del Progetto Anthea. Do un'ultima risposta alla senatrice, che mi chiedeva se questo strumento Pag. 12può essere d'aiuto anche per sopperire a determinate lacune del sistema come possono essere le CTU o quant'altro. Per quanto mi riguarda, quantomeno il consulente tecnico può valutare dei dati oggettivi, può valutare un percorso che gli viene raccontato.
  Quando affronto il penale, mi dicono: «Sai? I testimoni possono mentire». Io dico sempre: «Sì, però una volta che ti siedi là davanti col microfono in mano mentire diventa un po’ problematico».
  Il discorso è che, se un consulente tecnico riesce a vedere – è un po’ come un certificato medico – l'anamnesi della situazione, quantomeno vede l'andamento della criticità quando le persone sono da sole, non sono lì davanti, casomai preparate o comunque bene iniziate alla consulenza tecnica.
  Io vedo sempre consulenze dove tutti i genitori sono perfetti e arrivano tutti preparati. In tal modo, invece, il consulente tecnico può avere uno screening dell'andamento durante la vita di tutti i giorni. Ripeto che puoi mentire una volta o due, ma se devi utilizzare uno strumento non lo puoi fare di continuo.
  Peraltro, non capisco perché dovrebbe essere usato in modo malevolo. Uno scrive quello che è. Tra l'altro, è possibile accettare o non accettare l'evento o chiedere chiarimenti. Si apre una chat. Ormai l'Italia è il paese che ha più accessi telefonici, abbiamo una cultura della telematica incredibile.
  Non dico che possa sopperire, perché comunque lo strumento della CTU ha una sua valenza, fornendo la valutazione di una persona che ha una cultura sulla materia. Tuttavia, un conto è fare una visita da zero e un conto è portare allo specialista tutta l'anamnesi, con le cartelle cliniche e dire che un dato è così: «Quel giorno perché non hai fatto quella cosa?» Può succedere che una situazione non vada a buon fine, non è che venga necessariamente colpevolizzato qualcuno.
  Peraltro, già nella seconda fase è previsto che nell'ambito dello scambio di comunicazioni si intercettino le parole tipo offese, in modo tale che, se alla persona gli viene l'idea di apostrofare la compagna o la moglie, il sistema lo riconosca, blocchi la comunicazione e dica che non è elegante. Parliamo sempre di un discorso di educazione. Lo strumento educa, non reprime.

  PRESIDENTE. Grazie per questa interessante audizione. Ci sembra evidente che si tratta di cambiare un punto di vista, affinché la realtà del servizio sociale diventi pieno servizio. Si tratta di connettere maggiormente in rete tutti coloro che prendono a cuore la situazione del minore. Mi sembra evidente che c'è tutela del minore, come diceva la signora Annalisa, quando ci si sa prendere cura della famiglia nel suo complesso, perché comunque le relazioni sono importantissime.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.10.