XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Martedì 24 gennaio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SALUTE PSICOFISICA DEI MINORI

Audizione di Umberto Ambrosetti, professore associato di audiologia e foniatria dell'Università di Milano e Direttore f.f. dell'Unità operativa di audiologia, e della dottoressa Eleonora Carravieri, logopedista presso la Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 ,
Ambrosetti Umberto , professore associato di audiologia e foniatria dell'Università di Milano e Direttore f.f. dell'Unità operativa di audiologia ... 3 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 6 ,
Carravieri Eleonora , logopedista presso la Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano ... 6 ,
Prina Francesco (PD)  ... 8 ,
Ambrosetti Umberto , professore associato di audiologia e foniatria dell'Università di Milano e Direttore f.f. dell'Unità operativa di audiologia ... 8 ,
Carravieri Eleonora , logopedista presso la Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano ... 8 8 ,
Ambrosetti Umberto , professore associato di audiologia e foniatria dell'Università di Milano e Direttore f.f. dell'Unità operativa di audiologia ... 8 ,
Prina Francesco (PD)  ... 9 ,
Carravieri Eleonora , logopedista presso la Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano ... 9 ,
Ambrosetti Umberto , professore associato di audiologia e foniatria dell'Università di Milano e Direttore f.f. dell'Unità operativa di audiologia ... 9 ,
Carravieri Eleonora , logopedista presso la Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano ... 9 ,
D'Incecco Vittoria (PD)  ... 9 ,
Ambrosetti Umberto , professore associato di audiologia e foniatria dell'Università di Milano e Direttore f.f. dell'Unità operativa di audiologia ... 9 ,
Prina Francesco (PD)  ... 9 ,
Ambrosetti Umberto , professore associato di audiologia e foniatria dell'Università di Milano e Direttore f.f. dell'Unità operativa di audiologia ... 9 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 9 ,
Carravieri Eleonora , logopedista presso la Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano ... 10 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 10 ,
Carravieri Eleonora , logopedista presso la Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano ... 10 ,
Romanini Giuseppe (PD)  ... 11 ,
Ambrosetti Umberto , professore associato di audiologia e foniatria dell'Università di Milano e Direttore f.f. dell'Unità operativa di audiologia ... 11 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 11 

ALLEGATO 1: Documentazione presentata dal professor Umberto Ambrosetti ... 13 

ALLEGATO 2: Documentazione presentata dalla dottoressa Eleonora Carravieri ... 21

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

  La seduta comincia alle 14.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di Umberto Ambrosetti, professore associato di audiologia e foniatria dell'Università di Milano e Direttore f.f. dell'Unità operativa di audiologia, e della dottoressa Eleonora Carravieri, logopedista presso la Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela della salute psicofisica dei minori, l'audizione di Umberto Ambrosetti, Professore associato di audiologia e foniatria dell'Università di Milano e Direttore f.f. dell'Unità operativa di audiologia, e della dottoressa Eleonora Carravieri, logopedista presso la Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.
  Do la parola al professor Ambrosetti e, poi, alla dottoressa Carravieri, in modo che possano presentare la loro relazione. Poi, chiederò ai colleghi se vogliano intervenire per porre domande o formulare osservazioni.

  UMBERTO AMBROSETTI, professore associato di audiologia e foniatria dell'Università di Milano e Direttore f.f. dell'Unità operativa di audiologia. Grazie per l'invito, Presidente. Tratterò, in sostanza, del problema della sordità grave e profonda, intesa come sordità in grado di provocare gravi disturbi nell'acquisizione del linguaggio.
  Io dirigo l'Unità operativa di audiologia della Fondazione (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico – IRCCS) Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, e la mia unità è la derivazione dell'Istituto di Audiologia, il primo ad occuparsi, a 360 gradi, di problematiche uditive e, in particolare, della sordità infantile. Dal 1969, io e i colleghi ci siamo occupati sempre di questa problematica. Il mio maestro, il professor Del Bo, ha fondato la Scuola di Audiologia, che attualmente ho l'onore di dirigere, le scuole per la preparazione di tecnici in logopedia, in audiometria e in audio in protesi, che prevedono il conseguimento di lauree triennali. Questi «tecnici», che in realtà sono tutti laureati, sono i miei indispensabili collaboratori.
  Qual è l'approccio attuale alla sordità infantile? Dobbiamo fare una diagnosi precocissima, per la quale i mezzi ci sono. La diagnosi viene fatta con test soggettivi di tipo audiometrico e con metodiche obiettive elettrofisiologiche. Tutto è cambiato, da quando è possibile disporre di una metodica per effettuare lo screening neonatale. Si tratta di una metodica semplice, non invasiva e a bassissimo costo, che si realizza registrando delle risposte obiettive alla presentazione di un suono. Questo screening si effettua nei punti nascita sul bambino di 2 o 3 giorni. So che sono in fase di approvazione, anche se non li ho ancora letti, i LEA, per cui lo screening neonatale Pag. 4dovrebbe essere reso obbligatorio in tutta Italia, ma, al momento, lo è a macchia di leopardo.
  Io vengo dalla Lombardia, dove possiamo certamente dire che le cose non vanno per nulla male, ma non c'è una normativa, quindi, non essendoci una normativa – io ho una forma mentis piuttosto rigida – e non essendoci una regola, le cose non vengono fatte bene. Abbiamo sconfitto la poliomelite perché è diventata una vaccinazione di legge, mentre le altre cose non normate non vanno bene.
  Posto il dubbio di sordità, il bambino deve accedere a centri di secondo livello, che non sono centri di audiologia specializzata, ma centri di otorinolaringoiatria in grado di verificare e accertare quel sospetto di sordità. A questo punto, se la sordità viene confermata, deve passare al terzo livello, che è necessariamente rappresentato dai centri ospedalieri e universitari di audiologia. In Italia, ce ne sono veramente molto pochi, quindi, quando i LEA saranno resi operativi, dovremo necessariamente intensificare e finanziare il personale dei centri di secondo livello e, soprattutto, quelli di terzo livello. In questo momento, la mia struttura, che dispone di un numero di colleghi medici e di logopedisti non abbondante, svolge il secondo e il terzo livello, con grande impegno e grande fatica e, purtroppo, anche con tempi d'attesa un po’ lunghi, che non devono assolutamente esserci.
  Posta e confermata la diagnosi, il terzo livello procede all'applicazione degli apparecchi acustici e alla precocissima riabilitazione.
  Vi sintetizzo la storia degli apparecchi acustici. Intorno al 1964, comparvero i primi apparecchi utilizzati, vistosi e ingombranti che hanno però cambiato radicalmente l'approccio alla riabilitazione, nonché la qualità di vita del paziente. Adesso, gli apparecchi acustici sono piccoli, molto performanti e molto efficaci, quindi tutto è cambiato.
  Poi, segue la riabilitazione, che, nel nostro caso, è una riabilitazione di tipo oralista. Noi, come scuola, siamo stati i primi assertori della possibilità e della necessità di riabilitare oralmente il bambino, che, allora, produceva una qualità del linguaggio soddisfacente, buona o mediocre, mentre adesso, con le nuove tecnologie, tutto è molto migliorato, anche perché riusciamo effettivamente a porre la diagnosi in tempi molto stretti.
  I bambini seguono, o dovrebbero farlo, un approccio multidisciplinare, con psicomotricità, musicoterapia e tutti i sostegni per sviluppare al massimo le possibilità e le capacità dei nostri bambini, che vengono inseriti in scuole normali. Inoltre, dal 1992, viene applicato l'impianto cocleare, che ha rivoluzionato radicalmente l'approccio alla sordità infantile. Un bambino con applicazione dell'impianto cocleare bilaterale intorno all'anno acquisisce una competenza linguistica ottima, in tempi brevissimi. Alcuni dei nostri bambini parlano due o tre lingue a quattro o cinque anni di età. C'è un bambino cinese, che parla il suo dialetto cinese e l'italiano meravigliosamente
  Associato a quest'inquadramento, il mio interesse è per lo studio della genetica della sordità e delle cause virali, tra le quali la più importante è il citomegalovirus. Si tratta di un unico discorso, che, se vi interessa, possiamo approcciare, anche perché questi due tipi cause coprono circa l'80-85 per cento di tutte quelle che producono sordità grave e profonda. Nel 1994, siamo non i primi in Italia ad applicare l'impianto cocleare, ma i primi a fare un corso e ad editare un libro sull'applicazione dell'impianto cocleare.
  Perché dobbiamo identificare precocemente il deficit uditivo? Mi riferisco sempre a quello grave e profondo, perché un'entità minore, fortunatamente, produce delle problematiche, ma più sfumate. Comunque, in questo caso, la diagnosi deve essere ancora più raffinata, perché si tratta di bambini che spesso traggono in inganno; quindi, se è relativamente facile determinare una sordità profonda, la sordità lieve o media è meno diagnosticabile e ci vogliono le tecniche più raffinate.
  Il danno uditivo è causa di un deficit invisibile, molto grave e molto subdolo, la cui mancata identificazione porta a conseguenze molto gravi, e lo screening è una Pag. 5metodica validissima, che deve essere implementata e normata in modo preciso.
  In merito, vorrei fornire qualche dato. In sostanza, l'epidemiologia della sordità in Italia e in Europa non è ottimale e possiamo dire che uno su mille, tuttora, nasce con problemi di sordità grave e profonda. Perché questo dato non si è modificato dal 1998 a oggi e siano sempre intorno allo 0,8 o all'1,1-1, 2? Abbiamo quel 50-60 per cento di cause genetiche, che non si possono rimuovere, per cui ci sono e ci saranno. Sulla popolazione italiana di circa 60 milioni, ogni anno abbiamo circa 500 bambini con sordità grave e profonda, di cui sicuramente tutti hanno bisogno di riabilitazione e di protesizzazione in prima battuta e un numero elevato dell'applicazione di impianto cocleare.
  Apro una piccola parentesi: l'impianto nucleare, al momento, è una procedura importante, efficace e internazionalmente riconosciuta, che in Italia è solo accettata, ma non è regolata da nessuna norma, quindi ogni regione si adatta come può. C'è solo una lettera del Ministero della sanità di circa vent'anni fa, che diceva che l'impianto non è pericoloso e si può fare, ma non è mai stato normato. La Regione Lombardia ha una sua regolamentazione, che definirei ottima.
  Per quanto riguarda l'indennità di comunicazione, che è l'aiuto economico riconosciuto a questa tipologia di pazienti, cioè con sordità insorta prima dei 12 anni e con un'entità maggiore di 75 decibel, abbiamo circa 40.000 casi. Molti di questi soggetti sono iscritti all'Ente nazionale sordi, però sono circa la metà del totale. In Lombardia, con un tasso di natalità intorno all'8 per cento, ci attendiamo annualmente circa 90-95 o 100 pazienti.
  È interessante osservare che l'incidenza della sordità infantile di uno su mille è un dato significativo, perché è tre volte maggiore di quello della sindrome di Down e sei volte maggiore di quello della spina bifida, nonché 50 volte maggiore rispetto a quello della fenilchetonuria, che rientra nelle malattie metaboliche, valutate per legge alla nascita, per la quale, adesso, i LEA sono stati estesi positivamente.
  L'arma per sconfiggere questa grave patologia sensoriale è sicuramente lo screening, ma specifichiamo che lo screening non è una metodica diagnostica, perché genera solamente un sospetto: dividiamo la popolazione tra neonati sicuramente udenti e sospetti sordi, che devono essere, in tempi molto stretti, identificati e trattati opportunamente.
  A livello internazionale, c'è un timing ottimale per l'approccio, che è susseguente alla messa in opera dello screening universale. Con «universale», intendo dire che vengono valutati tutti i bambini nati in tutti i punti nascita, per tutti i giorni dell'anno, quindi c'è un'organizzazione non di poco conto. Il timing ottimale per l'approccio prevede l'identificazione a un mese, la diagnosi entro i tre mesi, quindi il secondo livello, mentre la protesizzazione, la definizione, la riabilitazione e quant'altro sono previsti intorno all'anno di vita. Ho iniziato la mia attività quasi quarant'anni fa e, quando riuscivamo a diagnosticare la sordità a un bambino intorno ai due anni, eravamo molto contenti. Adesso la diagnosi intorno ai due anni è indice di fallimento della procedura e del fatto che il bambino non acquisirà un linguaggio del tutto normale.
  Vorrei riassumere velocemente l'approccio terapeutico. Innanzitutto, è prevista l'applicazione di apparecchi acustici digitali, che mi pare, nei LEA, siano stati affrontati. Questo argomento, anche se non so come e se bene o se male, è stato affrontato. Poi, c'è la riabilitazione logopedica. Nel caso in cui le performance comunicative, dopo opportuna riabilitazione, protesizzazione, verifica e quant'altro, vengano ritenute dal medico, dallo specialista e dal logopedista non valide per l'età del bambino, viene applicato, intorno ai 12-14 mesi, l'impianto cocleare. Attualmente, la tendenza è di farlo bilateralmente e, nella stessa seduta operatoria, simultaneamente per i due lati, perché questo è lo standard del trattamento. La riabilitazione logopedistica è contenuta nel tempo, perché non si fa più una riabilitazione per due, tre, quattro o dieci anni. L'inserimento avviene assolutamente nelle scuole normali e in tutte le attività Pag. 6socializzanti normali, perché il bambino parla. La comunicazione verbale è il trait d'union tra la società e i pazienti sordi, per cui non abbiamo nessuna necessità di utilizzare il linguaggio gestuale, il LIS, se non in particolari e ristretti ambiti.
  Vorrei concludere la mia presentazione con una importante frase di Ramón y Cajal, Nobel per la medicina, che ha studiato il sistema nervoso centrale insieme al nostro Golgi, altro Nobel per la medicina: «con la perdita dell'udito si chiude una delle porte più ampie aperte sul mondo, quella attraverso cui entrano la cultura e la socializzazione». Questo aspetto deve essere la nostra stella polare nell'approccio di questi bambini.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Do la parola alla dottoressa Carravieri.

  ELEONORA CARRAVIERI, logopedista presso la Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Per quel che riguarda il sordo, per l'appunto, sentire, parlare e comunicare sono domini del benessere e hanno una ricaduta su tutti gli ambiti e tutti i contesti correlati. L'udito funziona in autonomia, allerta nel sonno, consente l'orientamento e determina lo sviluppo del linguaggio, attraverso un allenamento continuo e involontario. Si può azzerare e selezionare quello che vuoi sentire, infatti tutti abbiamo avuto quest'esperienza. Nella norma, però, un genitore non insegna parole come «gradino» a un bambino, ma già da piccolo comincia a dirgli «vieni, così saliamo» o «c'è un gradino» eccetera. L'ascolto, quindi, è una funzione cognitiva, che cresce solo grazie alla tempistica esperienziale, legata sì al funzionamento dell'orecchio, ma anche alla fisiologia normale.
  L'acquisizione del linguaggio e della lingua prende avvio da due elementi: bisogno comunicativo e comprensione. L'udito, poi, non ha bisogno di essere controllato, e il flusso linguistico è continuo; quindi possiamo dire che il bambino impara da solo, nella norma, ma impara da solo anche nel momento in cui ha una limitazione della funzionalità uditiva, che ha una caduta sulla qualità della voce, diventando subito brutta, non fluida, non modulata e con accentazione sbagliata, e che ha soprattutto una ricaduta sulle difficoltà nelle attività comunicative, che il bambino incontrerà sia nell'ambito più ristretto, sia, poi, in quello dell'istruzione e del lavoro. La difficoltà è quella di comprendere non tanto la lingua, ma tutti i significati impliciti ed espliciti, per cui i bambini imparano la lingua, se rieducati tardi, come una seconda lingua. Il linguaggio consente di esprimere bisogni e produrre parole, ma soprattutto, per quella che è la qualità dell'uomo, di avviare e mantenere lo scambio di pensieri, di idee, di comunicazioni; noi comunichiamo e narriamo continuamente.
  La diagnosi necessita di una serie di figure multidisciplinari e multiprofessionali, ma anche la riabilitazione ha bisogno, oltre che dell'audiometrista, dell'audioprotesista e del logopedista, anche dell'assistente alla comunicazione, che è un grande strumento per la scuola e per l'ambiente sociale, ma, nel mondo di oggi, anche dei mediatori linguistici, perché al nostro servizio afferiscono tantissimi pazienti extracomunitari e spesso la famiglia non parla l'italiano.
  Abbiamo già detto che il 25 per cento di bambini affetti da sordità ha più di un handicap associato, e questo vuol dire andare incontro a delle disabilità di apprendimento. I metodi riabilitativi sono fondamentalmente due: l'oralismo, inteso, fino a dieci anni fa e prima dell'impianto, come abilitazione all'ascolto, e l'integrazione visiva, quindi l'interpretazione anche della mimica facciale e degli speech clue, gli indizi fisici che servivano per impostare i fonemi. Adesso, il metodo privilegia soprattutto l'udito, perché, per l'appunto con l'impianto cocleare e con la diagnosi precoce, sono stati ridotti tantissimo i tempi rieducativi. Tuttavia, in tutti gli sviluppi atipici, bisogna considerare che è necessaria la lingua dei segni, la comunicazione aumentativa alternativa, i prompt e i metodi cognitivi, come il metodo Feuerstein, perché lavorano su altre abilità, che strutturano il linguaggio. Pag. 7
  Nell'oralismo, i soggetti sono tre, ossia bambino, famiglia e logopedista, quindi il counseling familiare è fatto di queste tre figure più che di una terapia logopedista-bambino, e l'obiettivo è la crescita generale, perché, in una visione dinamica della terapia, bisogna continuamente aggiungere e modificare secondo i bisogni, i danni associati, le tipologie del recupero, ma anche secondo tutti gli elementi tecnici e tecnologici, che possono essere integrati solo se c'è una rete di professionisti che dialoga.
  Abbiamo, in un qualche modo, già detto dei fattori intrinseci. Ci sono fattori intrinseci e estrinseci, che favoriscono una buona protesizzazione, ma anche la riabilitazione. I fattori personali sono il livello del danno uditivo e la maturazione uditiva del soggetto, perché un bambino arrivato tardi ha già perso la memoria uditiva che bisogna ricostruire. Poi, ci sono lo stato neurologico e quello di salute generale, ma anche il potenziale cognitivo e l'età, per cui devi considerare come e quanto l'età cronologica coincida con l'età mentale. Tra i fattori estrinseci, bisogna considerare la scelta del tipo di protesi o di impianto cocleare o di doppio impianto o di un impianto con una protesi, tutte alternative che soltanto il medico può decidere insieme con il tecnico che ha visto il bambino, ma anche qual è la comunicazione ambientale del bambino, quindi se c'è una prima lingua o una seconda lingua o se ci sono dei genitori che usano il linguaggio dei segni, e quali sono le esperienze educative offerte al bambino, nonché il tipo di collaborazione.
  Avere le competenze linguistiche – entriamo nella logopedia in generale – vuol dire gestire abilità e funzioni interagenti, quindi parliamo di: pragmatica, che è lo scambio comunicativo; fonologica, che è dire bene un suono; gestione delle parole; gestione del significato; organizzazione, nella morfologia, del contenuto e della relazione delle parole. Parlare di scambio comunicativo non vuol dire parlare di scambio linguistico, così come le abilità comunicative sono diversissime da quelle linguistiche, quindi, per comunicare, bastano i gesti, la mimica, i segni, le rappresentazioni grafiche e i simboli, invece la lingua è fatta di fonemi, di parole, di strutture sintattiche, di significati espliciti e impliciti, di capacità di iniziare una conversazione e di stare nei tempi – un sordo rieducato tardi ha sempre una latenza lunghissima – della stessa, fino alla narrazione e al metalinguaggio. Ci sono dei ragazzi sordi che, a tutt'oggi, hanno dei problemi di apprendimento, per cui sono esclusi da poesia, umorismo e ironia; non è un aspetto letterario, ma una realtà dell'apprendimento.
  Dei risultati terapeutici abbiamo già detto. Cosa fa, invece, la rieducazione? La rieducazione, in sé per sé, lavora su tutto ciò che rappresenta dei contrasti, quindi contrasti semantici, contrasti di significato e contrasti sintattici. La distinzione tra «manica» e «manico» è per noi un'abilità assolutamente automatica, che invece il sordo deve imparare, così come gli aspetti fonologici, per cui «pene» e «bene» si distinguono soltanto per un piccolo fonema d'inizio, ma sono assolutamente diversi nel modo e nella strutturazione del lessico e nella riflessione metalinguistica, che permette di entrare nelle parole nuove, nelle parole italianizzanti di altre lingue eccetera.
  Tutto ciò riguarda quello che si dice «comprendere la lingua», che vuol dire considerare degli aspetti e dei fenomeni che non sono tangibili, perché si parla e le parole vanno via, per cui bisogna ritornare sulle parole stesse. Il sordo ha bisogno di iniziare a leggere bene e anche un po’ prima del tempo, perché la lettura è molto più certa del flusso sonoro, che esce e non si ferma. Riconoscere e percepire parole, neologismi e frasi permette di estrapolare, dalla stimolazione acustica, ma anche poi da quello che sarà il messaggio scritto, gli attributi definiti che aiutano a formare i concetti.
  Nell'intervento logopedico, sono molto importanti anche gli aspetti formali, perché bisogna lavorare sull'articolazione e sulla produzione di parole, nonché sul modellamento morfosintattico per dare degli esempi, ma solo gli aspetti cognitivi del soggetto, come la sua evoluzione, le sue capacità di elaborare, di integrare e di usare strategie, permettono di sanare il gap tra quello che Pag. 8può essere insegnato e quello che si impara nella norma.
  L'adolescenza è un momento, ancora oggi, di difficoltà per il soggetto ipoacusico. Stiamo parlando, visto che l'impianto è degli anni Novanta, di soggetti rieducati oralmente, prima di allora con le protesi, che hanno dovuto imparare delle cose e continuano a portarsi dietro delle difficoltà. La prima difficoltà è quella della velocità espressiva degli altri, perché i soggetti ipoacusici ci mettono sempre di più per capire e per sapere cosa rispondere. Inoltre, bisogna tener conto che i contenuti lessicali, che sono continuamente in movimento in ogni lingua, per loro devono essere appresi attraverso lo scritto. Poi, il gergo giovanile cambia ad ogni generazione e i significati sottintesi, in ogni tipo di conversazione, sono una realtà.
  I desideri dell'adolescente sordo sono i desideri dell'adolescente normale con dei timori, dovuti al fatto che sicuramente è più solo, ha dei ritmi scolastici e di recupero molto più pesanti, ha un controllo sulle proprie performance maggiore di quello che funziona in automatico e ha acquisito alcune competenze, ma non le ha apprese, quindi finisce per avere dei giudizi critici poco autonomi e un'esperienza di bisogno, che sono limitanti.
  La presa in carico del rischio psicopatologico non deve essere confusa, per il sordo, con un'eccessiva medicalizzazione. Un tempo, si faceva davvero molta terapia, mentre, adesso, la terapia deve cambiare «terapista», nel senso che ci deve essere un'alternanza, all'interno dello stesso iter di recupero, di diverse competenze e che le abilità laterali devono essere continuamente monitorate, perché la fascia di età di passaggio verso l'età adulta può essere pericolosa, quindi deve essere sorvegliata.

  FRANCESCO PRINA. Abbiamo parlato di apparecchi acustici e di impianto cocleare. Cos'è l'apparecchio acustico?

  UMBERTO AMBROSETTI, professore associato di audiologia e foniatria dell'Università di Milano e Direttore f.f. dell'Unità operativa di audiologia. Rozzamente, si può dire che l'impianto acustico è un amplificatore, per quanto raffinato e con algoritmi molto fisiologici, in cui entra un'energia pari a uno ed esce energia pari a cinque, il più possibile fisiologica. L'impianto cocleare è completamente diverso, perché è un elettrostimolatore, che sostituisce in toto l'orecchio interno, interfacciandosi fisicamente con il nervo acustico e trasferendo le sue informazioni al sistema nervoso centrale.
  L'impianto cocleare è un dispositivo veramente magico, che non fa solo sentire, perché è un acceleratore di sviluppo psicofisico e intellettivo. Il bambino con difficoltà motorie, quando questo gli viene impiantato, nel giro di 15 o 20 giorni, cammina bene, per cui questo dispositivo è prodigioso, ma la sua applicazione deve essere realizzata da persone competenti di équipe competenti e in centri competenti e non può essere fatta, a mio avviso, ovunque e comunque.

  ELEONORA CARRAVIERI, logopedista presso la Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Vorrei farvi vedere due brevi filmati.

(proiezione di due brevi filmati)

  ELEONORA CARRAVIERI, logopedista presso la Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Abbiamo visto una bambina con sordità profonda, che stava aspettando l'impianto cocleare, quindi, in attesa dell'impianto, aveva le protesi e cominciava a imparare ad ascoltare. Si tratta di una bambina di sei mesi.

  UMBERTO AMBROSETTI, professore associato di audiologia e foniatria dell'Università di Milano e Direttore f.f. dell'Unità operativa di audiologia. L'applicazione della protesi è propedeutica all'impianto cocleare, perché non si mette l'impianto e via. Prima si fanno la diagnosi, la riabilitazione e l'applicazione protesica, ma, se questa non dovesse funzionare, si passa all'impianto cocleare. Fortunatamente, non in tutti i casi si deve mettere l'impianto.

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  FRANCESCO PRINA. È una percentuale alta quella dei casi sui quali non si può intervenire nemmeno con l'impianto cocleare?

  ELEONORA CARRAVIERI, logopedista presso la Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. L'impianto cocleare è sempre possibile.

  UMBERTO AMBROSETTI, professore associato di audiologia e foniatria dell'Università di Milano e Direttore f.f. dell'Unità operativa di audiologia. Si può sempre applicare, perché un residuo uditivo c'è sempre. Non si può intervenire, quando anatomicamente non c'è il nervo, anche se si può mettere altro, come l'impianto nucleare, un dispositivo molto simile all'impianto cocleare con delle performance un po’ diverse, perché gli elettrodi non si interfacciano col nervo, ma sono appoggiati a livello del tronco. Sul sistema nervoso centrale, non si possono mettere due viti, quindi il dispositivo è appoggiato. Certo, questo è più delicato, ma, a estremi mali...

  ELEONORA CARRAVIERI, logopedista presso la Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Si inizia sempre con la protesi, perché, come abbiamo detto prima, potrebbero esserci degli altri problemi.

  VITTORIA D'INCECCO. L'impianto si può infettare nel corso degli anni?

  UMBERTO AMBROSETTI, professore associato di audiologia e foniatria dell'Università di Milano e Direttore f.f. dell'Unità operativa di audiologia. Ci può essere una sovrapposizione batterica. Fortunatamente, sui nostri circa 500 casi, è successo quattro o cinque volte. In tale circostanza, però, non è persa la partita, perché si toglie l'impianto, lasciando nella coclea gli elettrodi, e, quando l'infezione guarisce, si toglie il filo per metterne uno nuovo. Certo, questa è una seccatura, ma fortunatamente è molto limitata.
  È avvenuta più frequentemente una rottura di tipo elettronico, perché alcune partite, sciaguratamente, erano fallate e abbiamo dovuto sostituirle, mentre altre si rompono perché, trattandosi di apparecchi elettronici, dopo cinque o dieci anni possono rompersi. L'impianto messo a un anno dura per tutta la vita e verrà sostituito, eventualmente, se verranno inventati dispositivi molto più performanti. I primissimi erano costituiti da un solo elettrodo, mentre quelli di adesso ne hanno 12, 18 o 22. Inoltre, le performance non erano eccelse. Insomma, i primissimi impianti non erano perfetti, per cui si sono rotti tutti, ma sono stati sostituiti positivamente con modelli efficaci.

  FRANCESCO PRINA. L'installazione dell'impianto è invasivo ed è visibile? Può descrivere la situazione?

  UMBERTO AMBROSETTI, professore associato di audiologia e foniatria dell'Università di Milano e Direttore f.f. dell'Unità operativa di audiologia. L'installazione è invasiva relativamente, perché l'intervento chirurgico consiste in una piccola incisione retroauricolare e nell'abbattimento del mastoide, di cui esteticamente non si vede niente di drammatico. Poi, con un accesso all'orecchio medio, attraverso un approccio molto delicato, perché sotto c'è il nervo facciale, si identifica una struttura, che è la finestra rotonda, e si fa un foro per inserire l'elettrodo, che è connesso a un dispositivo sottocute. Dunque, se il paziente non porta la parte esterna, non si vede assolutamente niente e non succede assolutamente niente.
  Il dispositivo esterno, che, nelle ultime versioni, è molto simile ad un apparecchio acustico, è connesso con una piccola antenna, che si interfaccia magneticamente ad una sottocute, quindi rimane lì. Certo, quando il paziente dorme o fa attività sportive, lo toglie, ma non succede niente. Adesso, gli ultimi impianti sono impermeabili, ma anche quelli precedenti hanno delle sacche che li rendono impermeabili, quindi i bambini sono felici e contenti e fanno le loro attività di nuoto, sentendo gli ordini del maestro e gli altri bambini che parlano.

  PRESIDENTE. Per concludere il focus su questo tema, vorrei chiedere alla dottoressa Pag. 10 o al professore di analizzare l'ultima parte, dove la logopedia non si applica in casi anche di sordità, ma come diceva, nel caso di paralisi cerebrali o di malattie metaboliche e quant'altro. Qual è la situazione in quell'ambito?

  ELEONORA CARRAVIERI, logopedista presso la Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. In quell'ambito, la logopedia diventa quella classica, nel senso che, nell'intervento, è sempre primario lo scambio comunicativo, per cui il bambino deve essere disponibile a stare con un altro e a condividere con l'altro quantomeno la fatica e la frustrazione di ripetere quello che l'altro gli chiede di fare, in prima battuta.
  In seconda battuta, c'è l'aspetto oro-buccale, per cui si deve imparare a imitare la posizione della bocca e a produrre volontariamente le prassie (gesti coordinati e finalizzati), che servono per pronunciare una «p» o una «t». I suoni si giocano solamente nello scambio della comprensione della lingua, che è il terzo step, perché più uno capisce più tenta di produrre parole e suoni, che l'altro condivide e capisce. Nel momento in cui la comprensione è vicina o uguale ai pari, sicuramente c'è tutta la disponibilità del bambino di tornare a fare degli esercizi apparentemente inutili, per dire meglio la parola e per co-articolarla. Un bambino può dire benissimo «pa», «ta» e «la», ma non saper dire «patata», perché non riesce, in velocità, a sincronizzare la co-articolazione della parola.
  La rieducazione del sordo è emblematica in tal senso, perché si lavora dal niente, cioè apparentemente un bambino, che non è stato preso molto piccolo, ma ad un anno e mezzo, ha avuto un anno di silenzio, per cui ha visto delle bocche muoversi e non è riuscito a darvi un significato; quindi quella del sordo è, in sé per sé, la rieducazione più vicina al recupero della mente per la ricostruzione di tutte le abilità che potenzialmente servono a ridare la parola.

  PRESIDENTE. C'è l'ultima domanda che vi pongo, perché noi vogliamo anche capire se il Sistema sanitario nazionale, oggi, sia adeguato per i tempi di attesa e per la velocità di diagnosi su questi bambini. Da quello che voi avete spiegato, appare evidente che prenderli subito sia determinante nel loro recupero. Com'è la situazione, oggi, in Italia? La situazione è diversa da regione a regione? Lo domando perché dobbiamo capire anche cosa chiedere al Ministero della salute per conto vostro.

  ELEONORA CARRAVIERI, logopedista presso la Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Rispetto all'aspetto tecnologico, quindi dell'impianto, si è creato, nel mondo della logopedia, un timore, quasi che la rieducazione fosse totalmente cambiata. C'è stato un momento, per cui, all'inizio, sembrava che ci fosse bisogno di qualcosa di diverso e di stimolare l'udito in maniera diversa.
  Questo è stato vero per i primi soggetti impiantati e nei primi due o tre anni, in cui erano soggetti già di sei o otto anni, che erano passati dalle protesi e non avevano memoria uditiva, per cui il lavoro consisteva principalmente nel rimettere e riordinare tutte le sequenze dell'ascolto, come la detenzione, la rielaborazione, la discriminazione, la percezione, e la discriminazione delle parole, per poi ripartire. Questo è stato vero per i primi soggetti impiantati, ma non è vero per i più piccoli, come abbiamo detto, nel senso che, messo l'impianto, con una seduta settimanale, nel giro di un anno, questi bambini parlano.
  C'è stato un momento in cui i bambini, che afferivano a dei centri di eccellenza, avevano ricevuto l'impianto, ma, sul territorio, le logopediste non li volevano più, come se quella rieducazione fosse diversa dalla rieducazione logopedica normale. Adesso la situazione è migliorata, nel senso che questi bambini vengono accettati più volentieri. Il passaggio ulteriore sarebbe quello di dare a chi lavora sul territorio la disponibilità di interfacciarsi con i centri di appartenenza o con i centri che fanno impianti, per poter condividere il paziente. In questo modo, sarebbe tutto più facile e uno potrebbe tornarsene a casa propria, invece di venire dalla Calabria a Milano a fare la rieducazione una volta al mese, il Pag. 11che è assolutamente inaccettabile, anche se esistono ancora queste situazioni.

  GIUSEPPE ROMANINI. Vorrei aggiungere alla richiesta della Presidente una domanda su un aspetto, che non conosco. C'è un protocollo a livello nazionale o nelle diverse regioni, che prevede una visita specialistica in età neonatale e che consenta una diagnosi precoce, o la faccenda è affidata ai genitori o a chi per loro?

  UMBERTO AMBROSETTI, professore associato di audiologia e foniatria dell'Università di Milano e Direttore f.f. dell'Unità operativa di audiologia. Credo di aver premesso inizialmente che, per regolare tutta la situazione, come probabilmente con i LEA sarà regolamentata, ci vuole una normativa. In cinque regioni d'Italia ci sono specifiche leggi e le cose cominciano ad andare bene, ma in altre regioni, come la mia, la Lombardia, non c'è una specifica legge, anche se posso dire che le cose non vanno assolutamente male, perché il 95 per cento della popolazione infantile viene visitata. Certo, ci sono regioni che latitano, però lo spirito generale è quello di fare al meglio lo screening neonatale.
  Va detto con forza che i genitori, attualmente, sono molto preparati e, a volte, anche più preparati della classe medica. Questo è un aspetto importante, ma ingenera delle conseguenze piuttosto spiacevoli dal punto di vista medico-legale, perché, se il bambino risulta sordo e non è stata diagnosticata la sordità, c'è una colpa e ne nascono dei problemi.
  Vorrei precisare che finora abbiamo parlato, tendenzialmente, di bambini con una sordità pura e di tipo genetico, però ci sono, purtroppo, anche problematiche con più handicap, oppure problematiche nell'acquisizione del linguaggio e della scrittura, presenti anche in bambini non sordi, possono coabitare nel bambino sordo, moltiplicando e non solo sommando le difficoltà.
  Tutti questi aspetti devono essere tenuti in debito conto, perciò insisto sul fatto che devono essere strutturati, finanziati e approvvigionati di personale competente dei centri di audiologia che sappiano affrontare in modo multidisciplinare questi aspetti. È chiaro che i centri di logopedia devono essere sul territorio, perché non possiamo fare tutto in un centro unico, il che sarebbe anche molto scomodo, ma devono essere qualificati con competenze valide e con medici in grado di coordinarli.

  PRESIDENTE. Professore, la ringrazio. Noi dobbiamo, purtroppo, chiudere la seduta.
  Come vi ho anticipato prima, nel momento in cui noi presenteremo quest'indagine conoscitiva tra qualche mese, sicuramente vi coinvolgeremo, perché quella di cui voi vi occupate è una parte molto importante per la vita di una persona e certamente voi siete un riferimento molto autorevole
  Vi ringrazio, a nome anche di tutti i commissari, e vi auguro buon lavoro.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.

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ALLEGATO 1

Documentazione presentata dal professor
Umberto Ambrosetti.

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ALLEGATO 2

Documentazione presentata dalla dottoressa
Eleonora Carravieri.

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