XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Giovedì 20 marzo 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Zampa Sandra , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA POVERTÀ E SUL DISAGIO MINORILE

Audizione del responsabile del coordinamento nazionale delle comunità impegnate nell'accoglienza minori stranieri non accompagnati, Antonio Di Pinto.
Zampa Sandra , Presidente ... 3 
Di Pinto Antonio , responsabile del coordinamento nazionale delle comunità impegnate nell'accoglienza minori stranieri non accompagnati ... 3 4 
Ferrari Barbara , delegata regionale CICAM Puglia ... 7 
Angellotti Salvatore , vicepresidente nazionale CICAM ... 7 
Barcellona Salvatore , vicepresidente nazionale CICAM ... 8 
Ferrari Barbara , delegata regionale CICAM Puglia ... 8 
Zampa Sandra , Presidente ... 8 
Lupo Loredana (M5S)  ... 9 
Scuvera Chiara (PD)  ... 9 
Mattesini Donella  ... 10 
Ferrari Barbara , delegata regionale CICAM Puglia ... 11 
Zampa Sandra , Presidente ... 11 
Mattesini Donella  ... 11 
Zampa Sandra , Presidente ... 11 
Panizza Franco  ... 11 
Zampa Sandra , Presidente ... 12 
Di Pinto Antonio , responsabile del coordinamento nazionale delle comunità impegnate nell'accoglienza minori stranieri non accompagnati ... 12 
Cardinali Valeria  ... 14 
Angellotti Salvatore , vicepresidente nazionale CICAM ... 15 
Zampa Sandra , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE SANDRA ZAMPA

  La seduta comincia alle 14,40.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del responsabile del coordinamento nazionale delle comunità impegnate nell'accoglienza minori stranieri non accompagnati, Antonio Di Pinto.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Antonio Di Pinto, responsabile del coordinamento nazionale delle comunità impegnate nell'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Il dottor Di Pinto è affiancato da Salvatore Angellotti e Salvatore Barcellona, vicepresidenti nazionali, e da Barbara Ferrari, delegata regionale CICAM per la Puglia.
  Questa audizione si colloca nell'ambito di una più estesa indagine conoscitiva sulla povertà e sul disagio minorile, nella quale abbiamo ritenuto opportuno inserire il tema dei minori stranieri non accompagnati.
  Do quindi la parola ad Antonio Di Pinto, responsabile del coordinamento nazionale delle comunità impegnate nell'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati.

  ANTONIO DI PINTO, responsabile del coordinamento nazionale delle comunità impegnate nell'accoglienza minori stranieri non accompagnati. Grazie, presidente. Desidero ringraziare tutti voi per l'invito che ci avete rivolto. Sono Antonio Di Pinto, presidente nazionale del coordinamento italiano comunità di accoglienza minori. Con me sono oggi presenti gli organi del consiglio direttivo nazionale.
  Il coordinamento italiano comunità di accoglienza minori si occupa in larga scala del diritto e della tutela dei minori, siano essi italiani o stranieri. In questo ultimo periodo, che dura ormai da circa quindici mesi, ci stiamo concentrando in larga parte sul fenomeno dei minori stranieri immigrati in Italia, giunti prevalentemente attraverso le coste siciliane, ma anche calabresi e pugliesi.
  Il lavoro che cerchiamo di presentarvi è solo lo stato di fatto del sistema Italia in tema di accoglienza dei minori immigrati visto da una prospettiva obiettiva, priva di pregiudizi, con la volontà di svelare un fenomeno che in Italia viene sottovalutato da tutti e rispetto al quale abbiamo perso l'orientamento, la dignità e la consapevolezza di essere tutori delle persone più deboli.
  Come coordinamento italiano ci siamo mossi per verificare in ogni area di intervento come funzionasse il sistema di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e per investigare su tale sistema, dalla sua origine fino all'autonomia dei ragazzi in ambito extracomunitario.
  Siamo stati ad Augusta, uno dei porti presso i quali le navi dell'operazione Mare Nostrum sbarcano migliaia di persone Pag. 4provenienti dall'Africa, e ci siamo resi conto di quanto abbiamo ormai perso di vista l'aspetto umano, di quanto siamo divenuti disumani e superficiali, perdendo di vista nelle nostre responsabilità e nei nostri compiti l'aspetto umano della tutela dei diritti dei bambini, che si chiamano ragazzi in quanto adolescenti.
  Abbiamo avuto modo di vedere come noi italiani, nei riguardi dei minori, i quali dovrebbero essere garantiti non solo nel rispetto dei vari trattati ma anche, prevalentemente, della umana decenza, abbiamo dimenticato buonsenso e dignità. Ci stiamo permettendo di accogliere i minori immigrati come se fossero delle bestie da collocare in ambienti protetti, recintati, dai quali non possono andare via.
  Ci siamo resi conto di quanto si sia persa la scommessa di voler immaginare un mondo dove tutti i ragazzi, indipendentemente dall'origine e dall'etnia, abbiano le stesse possibilità di mio figlio e dei vostri figli, di quanto questo sistema Italia sia inopportuno e inadeguato. Ci siamo resi conto quanto questa superficialità, che tutti a vario livello mostriamo, provochi quotidianamente disagi sociali.
  Mi riferisco a situazioni che con il nostro silenzio e la nostra voglia di non ascoltare e vedere stiamo rendendo pericolose, alla luce dei circuiti attraverso i quali questi ragazzi provenienti dall'Africa finiscono nella microcriminalità, nella prostituzione, nel lavoro nero e nel sommerso.
  Ognuno di noi, se solo dedicasse un attimo del proprio tempo e della propria umanità a questo fenomeno, comprenderebbe quanto siamo ormai disumani. Potete vedere le immagini del centro di prima accoglienza di Augusta, che in realtà è un centro improvvisato, dove vengono accolti i minori stranieri non accompagnati in arrivo dal mare, ultimamente attraverso le navi di Mare Nostrum.

  (Si procede alla proiezione di un breve filmato)

  ANTONIO DI PINTO, responsabile del coordinamento nazionale delle comunità impegnate nell'accoglienza minori stranieri non accompagnati. Nel rispetto dei diritti umani, noi, come sistema accoglienza Italia, riserviamo loro questo trattamento, che nella follia umana non è riservato nemmeno agli animali. Si tratta di ragazzi quindicenni e sedicenni chiusi in un posto dove hanno curato la scabbia per quindici giorni non potendo fare le docce, dove al chiuso si ghettizza l'umanità e il diritto all'esistenza. Questi giovani sono la società futura che condividerà il tempo con i miei e i vostri figli: questi saranno quelli che vi ritroverete tra le strade, perché non siamo stati capaci di attivare un percorso decente !
  Questa non è accoglienza, questa è disumanità e siamo tutti responsabili di questa indecenza, per cui i ragazzi si vedono trattati come animali sebbene cerchino di costruire il proprio domani e siano fuggiti dalla fame, dalla miseria, dalla violenza immaginando di trovare un Occidente in cui vigessero la civiltà, la democrazia, la giustizia sociale: si sono invece ritrovati in questi ghetti.
  Il sistema Italia è questo, riepilogato in poche immagini, le stesse che ricoprono la mia tristezza di cooperatore e operatore, che ogni giorno deve sfidare il futuro dei ragazzi, cercando di dare loro una speranza e un sostegno, un'illusione di vita, anche se ogni giorno mi rendo conto di far male a delle persone perché da solo sono impotente, perché le istituzioni non mi ascoltano e consentono tutto questo.
  Ogni giorno, con i ragazzi, cerchiamo di creare un percorso di vita in contrasto con una normativa italiana sconvolgente, tra ordinanze, decreti e direttive che ogni giorno finiscono per aggravare la situazione. I ragazzi entrano in quel posto e vi rimangono anche per un mese, ma forse siamo riusciti a farlo chiudere attraverso l'intervento del CICAM, che ha dato la sua disponibilità ad accogliere questi ragazzi e a collocarli in comunità dove potessero essere al sicuro, sia umanamente, sia sanitariamente.
  Oggi, però, sono arrivate 1.200 persone, di cui 400 minori, per cui, non avendo scelta, si dovranno ricollocare in quel Pag. 5posto, di cui ognuno di noi ha responsabilità. Sono immagini che non augureremmo mai a un nostro figlio, ma non possiamo fingere che tutto ciò non esista: questa è la prima parte del sistema accoglienza Italia, di cui siamo tutti responsabili.
  Dopo 15, 20 o 30 giorni trascorsi in quel posto lugubre e indecente, i ragazzi vengono trasferiti in centri di prima accoglienza che non sono normati. Si tratta di strutture convenzionate con i comuni, dove i ragazzi vengono «trattati meglio», perché esiste un minimo di decenza, se per decenza si può intendere una camera con i servizi.
  Vi trascorrono anche sei, otto o dieci mesi, come nel centro di prima accoglienza di Priolo di Augusta, per essere poi trasferiti definitivamente nelle comunità di accoglienza per minori. All'interno di questi centri, naturalmente, non vi è un intervento educativo e formativo, un sostegno psicologico per i ragazzi. Sono centri in cui sostano per 5-6 mesi, perdendo altri 5-6 mesi di possibilità.
  In questi centri non vengono effettuati screening sanitari o indagini sociali e i ragazzi vi sostano in uno stato vegetativo per circa cinque o sei mesi, anche per grave responsabilità di chi li gestisce, che intende la permanenza dei ragazzi come un'azione speculativa a fini di lucro, interpretando questo lavoro per qualcosa che non è. Infine, essi vengono collocati nelle comunità di accoglienza secondo una distinzione discriminante.
  Vengono infatti distinti tra ragazzi minorenni richiedenti asilo politico, quindi minori di serie A, con un percorso che fa capo al Ministero dell'interno, per cui godono di un trattamento particolare per quanto poco decente sia, e minori stranieri non accompagnati, che sono più sfortunati degli altri, perché non solo provengono da una terra discriminata all'origine, ma vengono nuovamente discriminati rispetto ai coetanei con cui sono arrivati in quanto non richiedenti asilo: essi sono comunque dei minori e domani rappresenteranno la nostra società multietnica !
  Siamo di fronte a uno scempio che stiamo costruendo, ciascuno nel proprio piccolo. Oggi vorrei condividere delle emozioni, delle aspettative, delle speranze ma soprattutto vorrei condividere un dato di fatto: quella non è l'Italia, quella non è assistenza e accoglienza, quella è discriminazione, accampamento, isolamento, ghettizzazione, vergogna !
  Tutto questo non ha ragione di essere trattandosi di ragazzini, di 7-8.000 minori non accompagnati attualmente presenti in Italia, accolti prevalentemente nelle regioni del Sud. Come ben sapete, dalla ex emergenza per il Nord Africa, le regioni del Nord Italia si sono defilate e, attualmente, i collocamenti avvengono attraverso i decreti delle pubbliche autorità quali la questura e la prefettura all'interno delle comunità prevalentemente dislocate nel Sud Italia. Tali comunità, per una serie infinita di ridicole normative e ordinanze che i vari Ministeri hanno nel frattempo emanato, si ritrovano in gravissime difficoltà, perché da quindici mesi non ricevono nulla rispetto alla competenza e alla professionalità che ogni giorno cercano di mettere a disposizione dei ragazzi.
  Noi consideriamo questi ragazzi come i portatori della società e della generazione futura, mettendoli a confronto e al fianco dei nostri figli. Stiamo sbagliando nell'interpretare il domani come un insieme di menti e di anime con le stesse opportunità dei minori più fortunati, che erano nel grembo di una donna occidentale anziché africana ?
  Stiamo parlando di diritti umani, di minori nei riguardi dei quali siamo in grave difetto, ma attraverso le piccole o grandi potenzialità di ciascuno di noi esiste la possibilità di costruire un mondo diverso per questi ragazzi. Se iniziamo a considerare questi ragazzi non come animali od oggetti, bensì come persone che hanno una storia di vita, delle sofferenze, dei ricordi, delle aspettative, delle speranze, noi adulti dovremmo essere in grado di costruire il futuro insieme a loro.
  Dobbiamo evitare che le situazioni createsi ad Augusta e a Priolo possano ripetersi in una società come la nostra, Pag. 6situazioni di cui bisogna vergognarsi: è inimmaginabile che dinanzi a un problema di questa caratura storica, in cui vediamo una massiccia e intensa migrazione delle popolazioni dal sud verso il nord, continuiamo a nasconderci dietro un dito, facendo finta che le competenze siano dell'uno, dell'altro o dell'altro ancora ! Dobbiamo semplicemente chiederci se vogliamo un mondo più giusto, se parlo con persone che si occupano di minori, di opportunità e di costruire il futuro. Credo che siate tutti d'accordo che è arrivato il momento di fare tutti qualcosa insieme.
  Ci siamo stancati di chiedere interventi ai vari Ministeri, al Presidente della Repubblica, affinché questo sistema venga messo al bando, perché tutti dobbiamo vergognarcene. Non voglio essere il portavoce di una denuncia che colpevolizzi qualcuno, ma voglio essere il primo colpevole di un sistema di cui sto invocando la fine, proponendo di fermarci e riorganizzarci, perché dobbiamo costruire centri di prima accoglienza in cui questi ragazzi vengano considerati persone e non animali, ricevano i primi sussidi sanitari, si valuti se siano affetti da patologie infettive.
  Nel silenzio stiamo diventando tutti complici di un disagio sociale: probabilmente a Priolo si parla di una situazione di tubercolosi, di un ceppo non curato in Italia. Stiamo accogliendo quei ragazzi in un posto in cui ci sono altri 120 minori e in cui restano per sei mesi a vegetare, ad aspettare che il sole si nasconda e fuoriesca dalle tenebre della notte.
  Dopo sei mesi, quando verranno accolti in una comunità, avranno 17 anni. All'interno della comunità dovrò adoperarmi per fare loro lo screening sanitario, far chiedere loro l'asilo politico, se saranno informati. Badate bene, in quei contesti non esiste un'informazione attraverso le associazioni non governative e i servizi sociali, che metta i ragazzi di fronte alle opportunità e ai diritti che l'Occidente dovrebbe riservare loro.
  La richiesta di asilo politico avveniva, addirittura fino a qualche giorno fa, attraverso la formalizzazione del modello C3 all'interno della questura, quando invece esiste una circolare del 2006 secondo cui, dal momento in cui le pubbliche autorità, i servizi sociali ascoltano, attraverso l'interprete, la dichiarazione spontanea di un minore che vuole chiedere asilo politico, il minore deve essere trattato e tutelato come richiedente asilo politico, indipendentemente da tutto l’iter burocratico che, per ovvie ragioni, è stato costruito attorno a questo fantasma dell'asilo politico.
  In quel momento, comunque, mi ritroverò di fronte a una discriminante: i minori richiedenti asilo che porterò nel circuito SPRAR e che tratterò in un certo modo, da un lato; dall'altro, i minori non richiedenti asilo, che condurrò in un altro circuito, nei cui meandri burocratici c’è un'ordinanza secondo cui il minore deve essere preso in carico dal servizio sociale presso il quale esiste la comunità, non in quello presso cui avviene il primo rintraccio.
  Tutto questo trascura l'esistenza della legge quadro nazionale n. 328 del 2000, secondo cui il minore bisognoso di un intervento socio-sanitario deve essere preso in carico dal comune sul territorio del quale subentra per la prima volta lo stato di bisogno, di necessità, onde per cui questi minori sono tutti in carico ai comuni di Augusta e di Lampedusa.
  Per presa in carico non immagino esclusivamente la parte economica, a cui c’è esigenza di dare risposta perché siamo oramai alla morte e non garantiremo più i servizi indispensabili per i minori, posto che siamo stati abbandonati da un anno e mezzo dalle istituzioni, ma anche la competenza sociale, cioè dei professionisti che prendano in carico la vita di quella persona.
  Oggi ciò non esiste, vi è confusione tra Lampedusa, Augusta e il comune presso cui insiste la comunità: c’è una confusione predeterminata e, a mio avviso, in malafede ! Si vuole scaricare il problema relativo a persone che – consentitemi il termine rafforzativo – sono più sfigate di noi !
  Se ci mettiamo davanti allo schermo di un televisore, possiamo mostrare compassione, ma, se osserviamo tali ragazzi da Pag. 7persone, ciascuno secondo il proprio ruolo e livello di responsabili nella propria vita, delle aspettative e delle speranze di quelle persone, in questa stanza oggi dovremmo tutti vergognarci per quello che siamo stati in grado di offrire.
  Siamo in grado di fare le stesse cose in modo organizzato, di mettere dei paletti con cui evitare i rischi, di offrire ai minorenni la possibilità di un futuro decente che non sia ai semafori, ai marciapiedi o di disagio per la società italiana e per la dignità di quelle persone che si sottopongono a questo ?

  BARBARA FERRARI, delegata regionale CICAM Puglia. Noi abbiamo anche valutato la proposta di legge avanzata da Save the children e, per questa ragione, nella relazione che abbiamo lasciato agli atti, chiediamo di introdurre delle piccole modifiche.
  In alcuni casi il legislatore ha scritto delle leggi bellissime, in quanto la Costituzione è splendida, la legge sulla tutela dei minori è meravigliosa, ma tutto questo non è applicato. Questa confusione emerge ancor più evidente da varie circolari, da quando la competenza per quanto riguarda i minori stranieri non accompagnati o richiedenti asilo è passata in parte al Ministero dell'interno, in parte al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  La circolare del 24 aprile 2013, mediante un trafiletto, identificava le competenze territoriali nei comuni dove insistono le comunità. Sappiamo, però, che oggi i comuni vivono una situazione devastante per quanto riguarda l'economia.
  Il CICAM comprende più di 162 comunità su tutto il territorio, ma abbiamo bisogno di sopravvivere e di mettere in atto i progetti educativi per i minori. Tutti noi operatori, presidenti di comunità e di cooperative, crediamo in quello che facciamo, perché questi ragazzi, in realtà, sono nostri figli e ognuno di noi non ha un figlio, ma ne ha 13, 14 o 15: ognuno di noi ci mette il cuore.
  Siamo però arrivati al punto di non avere più risorse, di gridare il nostro bisogno per poter continuare a educare, per poter continuare a creare le opportunità, per poter dare un percorso, per far avere un sogno a chi quel sogno l'ha dovuto infrangere scappando dalla propria terra.
  Ognuno di voi sicuramente ha dei figli e dei nipoti ed è sulla sensibilità di ognuno di noi che dovremmo soffermarci, perché dovremmo essere arrabbiati con questo Stato che ci ha abbandonato, che ha abbandonato dei bambini indifesi, che invece hanno avuto il coraggio di intraprendere un viaggio e di lasciare i propri genitori. Sotto tutto questo c’è anche la criminalità e se non accoglieremo questi bambini, probabilmente, finiranno in determinati circuiti. Noi siamo al fianco delle associazioni umanitarie, non siamo concorrenti di nessuno ma vogliamo solo avere gli stessi diritti di chi opera in questo settore.

  SALVATORE ANGELLOTTI, vicepresidente nazionale CICAM. Buongiorno, sono Angelotti, il responsabile della comunità Il sipario, in Altamura e Modugno.
  Negli interventi precedenti è stata evidenziata la profonda sofferenza interna, mentre io desidero illustrarvi cosa avviene nella pratica. Arrivano dalla Sicilia, ma anche da Vieste e Otranto, telefonate in cui ci viene chiesta la disponibilità ad accogliere dei minori. Noi non possiamo rifiutare, perché facciamo un servizio pubblico, anche se siamo dei privati, quindi, diamo la disponibilità.
  Il cambio avviene come se si trattasse di un pacco postale. Arrivano da Agrigento, ci vediamo a Messina alle 3.00 di notte (ciò avviene sempre di notte), poi, per strada, la polizia (in base all'ex articolo 403 non ci possiamo rifiutare) ci dà il «pacco postale». Avendo io anche comunità per mamme maltrattate, ci hanno anche affidato ragazzine che sono state violentate durante il tragitto: me ne sono capitate due negli ultimi due mesi.
  Io mi preoccupo di portare l'educatore, una psicologa, l'interprete per una sola persona, mentre a noi viene solo dato il «pacco postale», ovvero: questo è e non ne vogliamo più sapere !Pag. 8
  Mi occupo di minori da trent'anni, dal 1985, e questa è la realtà. Durante il tragitto da Messina a Gravina ci viene da piangere, perché andiamo a prendere il «pacco postale». Questa è la grande difficoltà. In più, mi sono indebitato per 3 milioni di euro e io sono lo Stato: ma che devo fare, devo cacciarli ?

  SALVATORE BARCELLONA, vicepresidente nazionale CICAM. Intanto, mi presento brevemente. Sono Salvo Barcellona e rappresento una comunità siciliana a Catania. Vorrei aggiungere due piccole considerazioni a quello che hanno detto i miei cari colleghi, che hanno illustrato benissimo la situazione.
  Noi dobbiamo riflettere anche sul fatto che questi ragazzi ci vengono affidati perché devono essere tutelati. Abbiamo a che fare con i tribunali, quindi con i giudici onorari che pretendono e seguono i progetti educativi, nonché con le procure, altro organo di controllo che deve ben valutare la situazione in cui tali ragazzi sono inseriti. Da un lato, quindi, ci troviamo nella posizione di dover agire umanamente, sia perché questa nostra azione viene anche pretesa attraverso i tribunali e le procure, sia perché è giusto nei confronti dei ragazzi, dall'altro lato, però, non siamo in condizioni di fare integrazione sociale con questi giovani extracomunitari partendo dalle nostre strutture.
  Se domani non possiamo acquistare il cibo per questi ragazzi (siamo arrivati al punto di non avere più risorse economiche, per non parlare della nostra dignità e del diritto al lavoro), se domani non riusciremo a garantire il percorso educativo previsto e preteso dai tribunali e dalle procure o a garantire l'approvvigionamento delle risorse primarie, dobbiamo riflettere bene su un tema molto delicato: si tratta di minori, di ragazzi che vengono già da una situazione di disagio.
  Esprimendomi a nome di oltre 100 comunità di alloggio, quindi di migliaia di ragazzi, non sono più in grado di garantire ciò che viene preteso, né di far fronte all'aspettativa di questi ragazzi. Cosa sta facendo l'Italia ? Se non ce lo chiediamo tutti insieme e se non provvediamo in modo celere, saremo costretti a chiudere. Perderemo il nostro lavoro, cosa che non è un problema, ma i ragazzi che fine faranno ? In secondo luogo, ci chiediamo come l'Italia potrà affrontare i nuovi sbarchi, che hanno già avuto inizio nella prima settimana di marzo. Dalle notizie apprese dalle procure, tali sbarchi sono in netto aumento, anche se la temperatura è più mite solo da pochi giorni. Siamo disposti a lavorare così come umanamente abbiamo fatto fino ad oggi, però ci dobbiamo dare una mano tutti, altrimenti non saremo in grado di garantire tutto questo, perché siamo stanchi. Grazie.

  BARBARA FERRARI, delegata regionale CICAM Puglia. Vorrei aggiungere solo una cosa. C’è una differenza: l'Italia è divisa in due. Le comunità da Roma in su, infatti, funzionano perché i comuni, le regioni, gli ambiti pagano le rette, quindi questo problema non esiste. Tra l'altro si pagano rette di 180 euro, che noi non abbiamo neanche mai chiesto, però non voglio scendere nel dettaglio di questo. Da Roma in giù, invece, siamo lasciati soli, abbandonati.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio molto dell'appassionata relazione che, a tratti, è stata più uno sfogo che una reale descrizione. Le immagini che avete visto si riferiscono ad Augusta e la denuncia ci era arrivata anche da Save the children. Questa situazione di Augusta è particolarmente grave perché il Comune è commissariato e da un po’ di tempo, dopo gli sbarchi, vengono tutti portati lì. Lampedusa è stata «alleggerita» da questo peso e quindi tutti gli sbarchi sono concentrati su una certa zona della Sicilia.
  Scusate se mi dilungo in alcuni dettagli ma, avendo seguito l’iter del documento conclusivo dell'indagine fatta nella passata legislatura, ho approfondito il tema. Ringrazio molto la dottoressa Ferrari per avere ricordato come in questo caso assistiamo a un'Italia divisa in due, perché è vero che esistono queste realtà, ma è anche vero che ci sono, invece, comunità Pag. 9dove le cose funzionano abbastanza bene, dove non ci sono fughe e scomparse di minori e dove il pagamento avviene regolarmente.
  Vi ringrazio per averci consegnato questo documento aggiornato. In particolare, richiamo l'attenzione dei colleghi su alcuni dati nuovi nella parte della dislocazione, dove viene illustrato come sono avvenuti i collocamenti in occasione dell'emergenza Nord Africa, quando però fu istituita un'apposita struttura e poi, successivamente, quando la struttura emergenza Nord Africa ha chiuso i battenti. La questione è molto complicata, quindi, oggi, avete sentito soltanto una goccia, una pagina. Do ora la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  LOREDANA LUPO. Buongiorno a tutti. Premesso che non conosco l'argomento nel dettaglio, vi chiedo di perdonare la mia ignoranza. Sono siciliana e vivo la tragedia delle coste ogni anno, però non avevo idea che i centri fossero in queste condizioni così disastrate.
  Nella vostra relazione si evidenzia come spesso questi soldi non vi giungano perché i comuni si trovano in condizioni disastrate, quindi voi denunciate principalmente questo fattore come causa del mancato aiuto da parte dell'istituzione. Il concetto, quindi, sarebbe di non delegare più questa funzione al comune e di garantire una centralità nazionale ? Il problema è questo ?
  Voi avete denunciato una situazione legata sia a questioni pratiche di gestione di questi siti, sia principalmente a una questione economica. La legge c’è, tutto è a disposizione, però non viene applicata e mancano i soldi. Mi chiedo, quindi, se non dovremmo fare un atto che ponga tutto questo in mano alla centralità dello Stato e non più ai comuni, che si sbarazzano facilmente della questione dichiarando di essere in rosso. Vi prometto che approfondirò assolutamente il tema, anche per capire come questa Commissione possa darvi sostegno. Avendo un bimbo, so perfettamente cosa significa un passaggio del genere per un minore ed è sconcertante l'idea di «pacchi postali» o di ragazzi trattati come bestiame stipato: è una cosa che non può lasciare indifferente nessuno.
  Abbiamo la massima attenzione verso questo problema, però vorremmo capire tecnicamente dove possiamo incidere e con quale tipo di azione possiamo essere più forti ed immediati. Penso che questa sia la cosa fondamentale.

  CHIARA SCUVERA. Ringrazio gli auditi. In sede di approvazione della legge di stabilità è stata fatta una vera battaglia parlamentare per incrementare i fondi sull'infanzia perché, come diceva il presidente all'inizio, il bambino non è al centro delle politiche e, a volte, si prende come riferimento delle politiche la famiglia. Probabilmente, da questa Commissione può partire un impulso affinché il bambino, l'adolescente, il minore sia collocato al centro delle politiche.
  Nella legge di stabilità vi è stata una grande difficoltà sia a rimediare al taglio del Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza (FIA), su cui siamo riusciti a ottenere solo 2 milioni, sia a ottenere fondi per i minori non accompagnati. Per il 2014, quindi, vi è stato un incremento di 40 milioni, per il 2015 di 25: queste risorse sono state inserite nella legge di stabilità.
  Come evidenziato da Barbara Ferrari, c’è un grosso problema nell'esecuzione delle leggi. Per questa ragione, stiamo già preparando un'interrogazione per capire perché questi fondi non siano ancora stati distribuiti, i criteri di ripartizione e come possiamo dare seguito a quanto abbiamo stabilito con legge, posto che in realtà un intervento è stato fatto.
  Da un altro punto di vista, dobbiamo organizzare un intervento normativo anche in base agli utili suggerimenti che ci avete dato, per fare una riflessione sulla frammentazione delle competenze, che provoca poi quella discriminazione tra minori, nonché per procedere anche ad una riorganizzazione della materia.
  Lo stato di degrado che ci avete mostrato tradisce anche un grosso problema organizzativo, di esecuzione delle leggi, di Pag. 10esercizio delle funzioni amministrative e di efficienza del sistema. Si tratta, quindi, di superare non solo un problema normativo, ma anche un problema di gestione e di frammentazione delle competenze per dare efficienza al sistema.

  DONELLA MATTESINI. Vorrei innanzitutto ringraziare in modo non rituale tutti coloro che ci hanno fatto dono di questa presenza. Il responsabile del coordinamento, Antonio Di Pinto, ha detto: «parliamoci per emozioni». Le rispondo che poiché impariamo per emozioni e non soltanto per immagini, ci sono arrivati forti sia la vostra passione, sia anche il vostro senso di impotenza e il vostro dolore. Se dovessi tradurre tutto ciò in un quadro, direi che L'urlo di Munch è qui, sulla pelle di tutti noi. Quindi, grazie veramente per la passione e per il lavoro che state facendo con questo senso di solitudine profonda che ci avete trasmesso e che noi non dobbiamo dimenticare.
  Non disponiamo di un potere di intervento, né di soluzioni in mano, ma siamo comunque degli interlocutori e dovremmo impegnarci – come del resto è stato già fatto dalla Commissione nella precedente legislatura, in particolare dalla collega Zampa – perché questo tema non diventi residuale, un tema di cui si parla ogni tanto, bensì centrale. Dovremmo, quindi, provare a restituirgli questa centralità.
  Tra l'altro, voi non avete soltanto denunciato questa situazione con le immagini e le vostre parole, ma avete realizzato questo importante lavoro che contiene anche proposte. Credo si debba partire da qui, perché ci avete descritto la situazione e ci avete offerto degli strumenti che condivido.
  Il punto fondamentale su cui vi siete concentrati è il tema dei minori non accompagnati, ma voi rappresentate le comunità e quindi avete fatto, giustamente, riferimento alle comunità in quanto tali per i ragazzi italiani e per i minori stranieri, pur avendo un approccio diverso nel fare comunità dentro la comunità. Avete, giustamente, posto l'esigenza di ridefinire le strutture e i servizi rivolti ai minori stranieri non accompagnati. Non so quale possa essere la sede, ma da ieri abbiamo incardinato al Senato l'analisi del decreto Lorenzin, che riguarda la sanità. È ovvio che questo non è soltanto un tema sanitario, ma dovremmo individuare un luogo in cui la programmazione e le scelte socio-sanitarie si intreccino (però, intanto, usiamo quello che c’è).
  Poiché in quel decreto ci sono anche parti che riguardano i LEA (livelli essenziali di assistenza) e un articolo propone di inserirvi anche il parto indolore, forse, il non dolore dei bambini e delle comunità potrebbe trovare spazio in quella parte, considerando tale tema dal punto di vista della salute. Ragionando meglio sui LEA, forse si può trovare una responsabilità collettiva sulla questione dei finanziamenti, che mi sembra il tema fondamentale.
  Se, però, vogliamo affrontare questo tema, bisogna ragionare su tutto quello che abbiamo, andando a vedere come, senza spezzettarlo ulteriormente, il tema possa trovare risposte e dove potremmo inserire, con il riconoscimento di un importante lavoro (così come abbiamo provato a fare con riferimento alla legge di stabilità) risorse importanti, anche se sicuramente non ancora sufficienti.
  Condivido il tema della semplificazione, che ci avete posto, perché i fondi vengono assegnati in modo diverso e i soggetti che intervengono (sottolineo il fatto che siete obbligati a ricevere i minori) non hanno una cabina di regia unica in termini di programmazione, di raccordo sul territorio e di assegnazione delle risorse, quindi, si scarica questa contraddizione sulla comunità.
  Se, quindi, un giudice deve mandare il minore in comunità, non si preoccupa di verificare se il comune, la regione o il Ministero abbiano le risorse. Appare condivisibile, pertanto, la vostra proposta di una cabina di regia, di un luogo che metta in relazione i vari protagonisti per aiutare tutti.
  Voi avete posto la questione dell'abbandono dei comuni del Sud: quando ero Pag. 11vicesindaco nel mio territorio, abbiamo rischiato che il bilancio del comune saltasse perché, ogni volta che arrivava un minore, si era costretti a prenderlo in carico anche sul bilancio. Questo è, quindi, un meccanismo che indebolisce tutti i soggetti coinvolti.
  Bisogna partire dal fatto che, conoscendo la grave difficoltà delle risorse, il tema riguarda l'Europa e dovremmo porlo nell'ambito del semestre europeo: è lì che va trovata una soluzione organizzativa e anche economica. Questo è un impegno sia rispetto alla maggioranza, sia all'opposizione, perché dovremmo trovare un linguaggio unico rispetto a questo tema, altrimenti stiamo qui a raccontarci delle storie, a dare solidarietà senza però cambiare nulla.
  Il punto è, invece, valutare cosa possiamo fare nelle piccole cose che ci capitano, con gli strumenti che abbiamo (ho parlato dei LEA), promuovendo una visione che evidenzi come l'Italia, da sola, non riesce ad affrontare questo tema. La questione, quindi, è come allearsi per far emergere ulteriormente la questione, così come è emersa in questa sede presso la Commissione bicamerale, in rapporto con il Governo: il versante europeo, in questo senso, è un elemento fondamentale.
  Voi avete parlato di una decisione legislativa e amministrativa organica, per cui non si tratta di fare cose nuove, ma di raccogliere organicamente in un sintetico Testo unico tutta la normativa in vigore. Voi avete posto una questione su cui dovremmo riflettere come Parlamento, rivolgendoci anche al sottosegretario che avrà la delega per i minori per quanto concerne i diritti dei minori stranieri non accompagnati: questi ragazzi non sono solo il nostro futuro, ma anche il nostro presente !
  La solitudine e l'abbandono che determiniamo, quindi, è già oggi una mina in seno alla nostra società. Con colpe e responsabilità diverse stiamo determinando una situazione che indebolisce i legami sociali. Se non ripartiamo ricostruendo le ragioni dello stare insieme, saremo tutti sconfitti, ognuno con la sua solitudine nell'ambito in cui lavora, chi in comunità e chi in un luogo istituzionale, dove magari vorrebbe far sentire una voce più forte, stante il fatto che però, talvolta, i meccanismi interni tendono ad affievolirla.
  Sono convinta che dovremmo provare a partire da qui, perché sulle risorse ci sono rivoli diversi, però, alla fine, il ragazzo non riceve l'accoglienza e l'accompagnamento necessari e l'operatore vive la solitudine del proprio impegno, vedendo che lo Stato si è indebitato per 3 milioni.

  BARBARA FERRARI, delegata regionale CICAM Puglia. Oltre al cuore, ognuno di noi ha investito risorse personali, ma siamo allo stremo delle forze.

  PRESIDENTE. Comunque, off the records vi dico che le tariffe ammontano a circa 60 euro.

  DONELLA MATTESINI. Nel mio territorio vanno dai 70-80 ai 100-120 ed è anche per questo che, con riferimento ai LEA, i costi standard vanno rivalutati.
  Credo che appena sarà data la delega al Ministero del lavoro la questione andrà affrontata subito. Alcune cose richiedono tempi più lunghi, ma questa semplificazione dovrebbe essere attuata immediatamente, anche perché non ha un costo e potrebbe essere uno degli elementi sui quali interloquire subito con il sottosegretario che riceverà la delega.

  PRESIDENTE. C’è un'ulteriore richiesta di intervento del collega Panizza.

  FRANCO PANIZZA. Purtroppo, i lavori di questa Commissione si accavallano spesso con quelli in altre sedi e per questo motivo mi scuso di essere arrivato in ritardo. Condivido le considerazioni espresse, però non ho capito tutte le problematiche della situazione. Nella provincia autonoma di Trento questa procedura funziona alla perfezione: noi chiediamo le assegnazioni e le associazioni che ospitano hanno una retta che oscilla tra 60 e 80 euro. Più precisamente, credo che 30 Pag. 12euro siano messi dal Ministero (nessuno ospita minori se non sono affidati dal Ministero), mentre il resto della quota dalla provincia. Non si è mai verificato alcun problema.
  Non ho capito se qui il problema si verifichi perché vengono ospitati minori non autorizzati, quindi tutti quelli che capitano, o perché lo Stato non vi paga la quota di 30-35 euro.

  PRESIDENTE. Do la parola ad Antonio Di Pinto per la replica.

  ANTONIO DI PINTO, responsabile del coordinamento nazionale delle comunità impegnate nell'accoglienza minori stranieri non accompagnati. Io andrei per gradi. Innanzitutto, non vorrei che si facesse un'asta sulle competenze economiche senza sapere di cosa stiamo parlando, come se al supermercato si comprasse un prodotto di cui solo alla fine sapremo le caratteristiche.
  Dobbiamo immaginare un sistema di accoglienza che concili l'esigenza del minore con le difficoltà che, come cittadini italiani, consci del periodo storico dell'economia mondiale e della crisi italiana, ci sono note. Siamo perfettamente consapevoli del fatto che i minori stranieri non accompagnati hanno un'esigenza educativa, formativa, culturale assolutamente differente da quella di un minore italiano, del fatto che il minore straniero porta con sé una storia di vita forte, spesso fatta di lavoro in giovanissima età, del fatto che giunge qui con aspettative e speranze diverse dalle aspettative, le speranze e i sogni di un minore italiano accolto in comunità.
  Rispetto a questo abbiamo immaginato dei percorsi, che troverete allegati al dossier, che danno risposte efficaci in termini di intervento educativo e formativo. È inutile tenere i minori stranieri non accompagnati a fare la scolarizzazione per 3-4 anni o mandarli al liceo. I ragazzi provenienti dall'Africa vengono per esigenze economiche, quindi dobbiamo dare loro gli strumenti fondamentali, che sono la lingua e la formazione rispetto a un mestiere.
  Sarebbe bellissimo se potessimo accogliere dei ragazzi ai quali fare un percorso di alfabetizzazione interno alla struttura e proporgli un percorso di tirocinio di lavoro in un'azienda in cui imparino ad essere fabbri, falegnami, idraulici, perché avremmo creato il presupposto affinché il ragazzo conosca una realtà lavorativa e possa utilizzarla come strumento finale per il lavoro. Se, a seguito della crisi, dovrà trasferirsi altrove in Europa, avrà le competenze per svolgere un mestiere. Non solo, la cosa più bella è che, qualora dovesse – malauguratamente per lui – tornare in Africa, vi tornerà con delle competenze da sfruttare. Abbiamo l'esigenza e il dovere di intervenire in questo modo, perché ci prenderemmo in giro se non guardassimo il problema all'origine: i ragazzi vengono qui per fame. Se non siamo in grado di dare risposte come Occidente all'Africa, almeno diamo risposte rispetto alle competenze e alle professionalità da offrire a questi ragazzi, affinché, se un giorno dovessero tornare nei loro Paesi di origine, abbiano la possibilità di mettere in pratica, accanto alle loro famiglie, delle competenze aggregate, che si tradurranno in sviluppi, aspettative, possibilità. Penso, per esempio, a lavoro agricolo, spingendo i ragazzi che sono in un percorso di comunità verso aziende agricole, metalmeccaniche o di qualsiasi genere. Le comunità sono, quindi, tenute a pagare la posizione INAIL del ragazzo che effettui questo percorso al fine di avere delle possibilità: facciamo ciò con intelligenza, però. Ieri è sbarcato Amir, che ha sedici anni e mezzo; egli viene portato in quel ghetto (non trovo molta differenza tra questo filmato e quello girato a Lampedusa, dove c'erano sistemi sanitari poco dignitosi) in cui resterà per 20-30 giorni per essere curato per la scabbia o altro.
  In seguito sarà portato in un centro di prima accoglienza, un'altra struttura al cui interno vegeterà per 5-6 mesi, per cui arriverà in comunità a diciassette anni e mezzo. Io dovrò sbrigare tutte le faccende burocratiche cui facevo cenno prima e attivare un intervento formativo per questo ragazzo, che resterà in comunità 3-4 Pag. 13mesi e poi verrà trasferito nelle strutture destinate agli adulti, i famosi SPRAR per richiedenti asilo.
  A quel punto, avremo rovinato due anni dell'esistenza di quella persona, mentre poteva essere un'opportunità sulla quale scommettere. Se parliamo di persone e di bisogni solo per il dovere di dare una risposta qualunque, anche dare loro una padella con del cibo dentro e farli mangiare come cani è una risposta.
  Diverso è dire che siamo di fronte a un fenomeno che a Trento non esiste. A Trento, giustamente, avete accettato di accogliere 10 minori per i quali riuscite a dare una decente risposta, ma non so se a Trento vi siate chiesti dove sono gli altri 8.000 minori e soprattutto che risposte abbiano dato le regioni che non sono così virtuose.
  Sarebbe bellissimo se tutti i rappresentanti delle regioni d'Italia si sedessero attorno a un tavolo e decidessero cosa fare insieme all'ANCI, perché ormai non siamo più in un sistema di emergenza, ma siamo nell'ordinarietà: ogni anno in Italia sbarcheranno 6-7.000 minori e la Siria è ancora lì in attesa. Rispetto a questo, che è un fenomeno di particolare importanza e che richiede una particolare risposta istituzionale, vogliamo fingere ancora di tenere sommerso il problema, perché ad Augusta, come diceva il presidente Zampa, c’è il Ministero dell'interno che comanda, detta le linee guida e determina quegli scempi ?
  Voi siete le Istituzioni, che rappresentano i bisogni dei più deboli che io devo difendere. Sarebbe bellissimo se le regioni italiane si dividessero le competenze. Magari in Sicilia e in Puglia posso immaginare che un piano di zona con cui affrontare l'annualità rispetto a un fabbisogno relativo, ma non credo che a Trento o a Benevento, provincia dalla quale provengo, all'interno della programmazione sia inserito il fenomeno dell'immigrazione, che è un problema che si cerca di tenere fermo giù in Sicilia e in Puglia.
  Abbiamo capito il meccanismo di quanto è accaduto a Lampedusa perché si va avanti per meschinerie, che oggi ho la possibilità e il dovere di raccontarvi. Non faccio riferimento agli adulti: sto parlando di minori, per cui dobbiamo ricostruire la normativa e le varie circolari che si sono succedute. Quando c’è stata l'emergenza Nord Africa, l'allora Presidente del Consiglio Berlusconi aveva avvisato i sindaci d'Italia che la Libia stava per essere bombardata e quindi avremmo assistito a una fuga della popolazione più debole.
  Via mare, infatti, non sono certo venuti gli intellettuali e gli imprenditori libici: sono venuti i disperati che venivano sfruttati in Libia, che era la Germania dell'Europa, il posto in cui si andava per lavorare, quindi, i somali e gli eritrei che vi si rifugiavano alla ricerca di lavoro. All'esplosione degli eventi bellici i primi perseguitati sono stati quei ragazzi, che hanno preso la fuga.
  All'appello di Berlusconi i vari comuni risposero dando disponibilità per fare da tramite tra il Ministero e i bisogni del minore. All'interno di quella circolare non c'era scritto, però, che a un certo punto, all'improvviso, senza considerare se l'ultimo dei minori rientrati nell'emergenza avesse compiuto il diciottesimo anno di età, l'emergenza sarebbe stata conclusa, ma all'improvviso è stata chiusa.
  Il comune, che non è Trento ma è, ad esempio, Pontelandolfo, che conta 1.600 anime e aveva dato la disponibilità ad accogliere e a mettere a disposizione qualche dipendente comunale per sbrigare le faccende necessarie, al 1 gennaio 2013 si è visto affidare l'accoglienza di 6 minori (stiamo parlando di 200-250.000 euro in un anno). Quel comune era di fronte a una scelta: essere solidale fino in fondo e quindi andare in dissesto come ente, tagliando tutti i servizi ai concittadini, oppure rinunciare all'accoglienza di questi minori ? Il comune si è rifiutato. Noi siamo stati diffidati ad accogliere minori stranieri non accompagnati e io ho una diffida per questo. Questa è pura vergogna, è inutile girarci attorno !
  Noi stiamo operando, da più di un anno, per far emergere questo problema, in quanto un sistema è facilmente attuabile, Pag. 14però, se tutti facciamo finta di tenerlo sommerso, perché è una situazione di comodo, non lo risolveremo mai.

  VALERIA CARDINALI. Intervengo brevemente, perché prima si parlava dell'emergenza Nord Africa e per vent'anni ho fatto cooperazione sociale, occupandomi di tossicodipendenze e di psichiatria. Poi, come assessore all'urbanistica, nell'ultima legislatura, quando ci fu l'emergenza non solo garantimmo l'accoglienza, ma pensammo anche alle famiglie e quindi anche a destinare loro degli alloggi. Oltre al centro immigrati, che noi gestiamo come comune a Perugia, abbiamo gestito l'emergenza facendo un po’ di più che mediare tra Ministero e immigrati, destinando anche alcuni alloggi per l'accoglienza. Come lei giustamente rilevava, appena finita l'emergenza in quanto tale, ci siamo fatti carico di questo. Potremmo dire questo non soltanto per questo tema, ma anche, ad esempio, per l'uscita dalle carceri, tanto che nel parlare di competenze farei molta attenzione a non far passare un messaggio sbagliato, secondo cui questa responsabilità va tolta ai comuni perché se ne lavano le mani, mentre c’è una difficoltà oggettiva. Credo che sia una questione complessa, anche dal punto di vista culturale. Noi abbiamo sempre affrontato il tema dell'immigrazione e degli sbarchi facendo poca attenzione al minore non accompagnato e molta più all'adulto. Lo dico perché mi sono trovata anche in altri comuni a rimboccarci le maniche per capire come andare avanti. Ci sono progetti con comunità che si fanno carico di questi minori in appartamenti in cui imparano un po’ d'italiano, ma i giorni sono tanti e diventa complicato. Si rischia di affrontare la questione in maniera sbagliata, anche perché questa diventa di ordine pubblico invece che una questione volta a prendersi carico e cura del minore, tema che comunque dovremo riaffrontare nelle nostre comunità a tutto campo, in particolare in questo ambito. È necessario un riordino, perché la famosa integrazione può essere realizzata anche utilizzando questo provvedimento legato alla sanità, perché l'integrazione socio-sanitaria ci pone di fronte alla questione delle competenze.
  Continuiamo ad affrontare tali competenze in maniera parcellizzata, le risorse non ci sono, però vanno comunque riordinate perché, spesso, c’è il contributo dell'ASL, poi quello del comune, poi un altro intervento staccato. Quindi, un riordino è necessario per capire, al di là della loro limitatezza, come si utilizzino le risorse e, soprattutto, anche le competenze e le professionalità. Dico ciò anche da operatore perché lavoravo in ambiti come il vostro e ritengo che ci sia anche la necessità di formare personale competente, in grado di lavorare con questi ragazzi: la buona volontà non basta.
  Voi avete un'ottima formazione, ma non è così ovunque, in quanto le Italie non sono solo due, ma sono anche di più. Anche sulle province autonome ho una mia visione, perché ritengo che bisognerebbe rivedere la questione dal punto di vista dell'allocazione di risorse. Dico ciò senza polemica, però, una trasmissione televisiva, tempo fa, mostrava la distribuzione delle risorse e come la provincia autonoma metta le tasse che vuole, avendo quindi quella entrata più quella che le viene garantita, per cui ci sono realtà dove viene pagata anche la badante. Non voglio fare polemica, però dico ciò perché sono realtà particolari da tanti punti di vista. Invito semplicemente a ragionare di norme non in termini di aumento, bensì di riordino, di maggiore collegamento tra i diversi soggetti che si occupano di questioni legate al tema.
  Questo vale per molte di queste politiche e non so se la risposta possa consistere nel ricentralizzare, ma adesso stiamo affrontando il tema della riforme e quindi si potrà ragionare anche su questo. Tra l'altro, poiché le province che non ci saranno più, dovremo rivedere una serie di cose, tenendo presente che i comuni hanno le competenze e le deleghe in materia sociale, mentre le regioni hanno deleghe in materia sanitaria.
  Possiamo individuare un luogo in cui tali deleghe si intrecciano, perché c’è una Pag. 15fase necessariamente sanitaria, ma c’è anche tutto l'altro aspetto, sociale, consistente nell'insegnare a tali ragazzi un mestiere. Sono andata in Africa per un progetto e ci chiedono sempre, giustamente, di non mandare solo i macchinari, ma di spiegare come si utilizzano.
  È necessario, quindi, far emergere queste realtà, non perché non se ne abbia contezza, ma perché il fenomeno non è trascurabile. Ieri il Presidente del Consiglio parlava dei 3.000 sbarchi che ci sono stati in questi ultimi giorni, pertanto dobbiamo comprendere che il termine emergenza è ormai sbagliato, in quanto siamo di fronte ad un dato strutturale, con cui dovremo fare i conti. Se il dato è strutturale, quindi, le misure devono essere strutturali e dobbiamo creare luoghi decisionali e di erogazione dei servizi che siano strutturali, non che si aprano e chiudano in un breve lasso di tempo.
  Chiaramente, ci sarà la situazione limite, come quella nata dall'emergenza Nord Africa, che aveva una durata e un progetto finalizzato, ma nelle politiche culturali si deve cominciare a comprendere che bisogna spostarsi dall'emergenza alla dimensione strutturale.

  SALVATORE ANGELLOTTI, vicepresidente nazionale CICAM. Vorrei che rifletteste su un punto fondamentale: se facciamo una cosa, commettiamo un altro reato. Le rette le determinate voi. La legge Turco, la legge n. 328, stabilisce che all'interno di ogni comunità educativa, premesso che la maggior parte delle comunità ha sia minori italiani, sia minori stranieri, senza differenze, debba essere rispettato un rapporto di 1 a 2, cioè che per 10 minori ci devono essere 5 educatori professionali laureati in scienze dell'educazione o psicologia, ovvero assistenti sociali, più un coordinatore di settimo livello, più due ausiliari. Un sesto livello costa 31.000 euro all'anno, un settimo livello 33.000 euro all'anno lordi, quindi, calcolando una media di 30.000 euro (tralasciando il fitto, il mangiare, le attività scolastiche) e 8 unità lavorative, il calcolo fa 240.000 euro. Se poi calcoliamo 60 euro al giorno per ogni bambino, sono 600 euro al giorno, quindi, 18.000 euro al mese, che moltiplicati per dodici mesi danno 220.000 euro l'anno: ditemi cosa devo fare, cioè se devo tenere al nero i dipendenti ! La legge Livia Turco stabilisce che le regioni possano solo migliorare quella legge, n. 328, non peggiorarla, adottando, quindi, un rapporto di 1 a 1, non di 1 a 4.
  Se all'interno della comunità succede qualcosa di notte e non c’è l'educatore professionale, il responsabile va in carcere. Se non mantengo il rapporto richiesto, la procura mi denuncia. La retta, quindi, viene determinata da questi costi, cui si aggiungono 7-8 euro per il vitto, 1 euro per il fitto, ma tali costi li determinate voi. Se la struttura è di proprietà, non si può fissare una retta inferiore a 85-86 euro. Il comune di Bari, dove ho la convenzione diretta, tre anni fa ci ha chiesto la retta a 80 euro, senza l'aumento di indici Istat: adesso ci ripropone questa retta, ma non ce la facciamo !
  Ogni lavoro ha i suoi trucchi e nel nostro abbiamo i due posti di emergenza occupati (i 10 più 2), cosicché quando viene la Procura, due volte all'anno, ne trova 12 ma non dice niente. Quando c’è stata l'emergenza Nord Africa, trattandosi di tanti minori, c’è stata data la possibilità di avere il 25 per cento in più. Cerchiamo di superare un'emergenza anche in questo modo, dando la possibilità di tenere tre ragazzi in una stanza superando lo standard di 14 metri, per metterne 3 invece di 2 ! Non succede niente a far ciò per un periodo determinato, per poi tornare eventualmente indietro, nel momento in cui l'emergenza non ci sarà più. La legge Livia Turco ha creato per tali ragazzi un vero e proprio albergo, che noi dobbiamo ridipingere due volte all'anno: ci vengono a controllare con il tampone per verificare se abbiamo utilizzato il detersivo previsto per legge, altrimenti l'Ufficio di igiene fa chiudere !
  Condivido, quindi, l'opportunità di determinare una retta con lo Stato e con le Regioni, che può essere di 60 euro. Tutti dobbiamo partecipare e nessuno sta dicendo che lo Stato debba investire 100 Pag. 16miliardi di euro per risolvere questo problema, ma se lo Stato dà 60 euro a tutte le regioni, deve far ciò per tutte e poi obbligarle a fare la propria parte.
  La Regione Puglia, cui appartengo, su un fatturato di 5 milioni di euro consumato dal comune di Bari, ha dato 600.000 euro (e 200.000 la prefettura). Nel comune di Bari, quindi, ci hanno pagato tre mesi del 2013, mentre gli altri 9 mesi siamo andati fuori bilancio per mancanza di soldi. Io ho una convenzione scritta: quest'anno ci sono 1.250.000 euro e i prossimi nove mesi non ci sono soldi, per cui siamo sempre costretti ad andare in tribunale a portare decreti ingiuntivi. Questo non è l'esempio che dobbiamo dare !

  PRESIDENTE. Vi ringrazio, a nome della Commissione per le utili informazioni che ci avete dato. Nel ringraziare tutti i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16,05.