XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Martedì 22 settembre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 2 

Comunicazioni della presidente:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL DIRITTO DEI MINORI A FRUIRE DEL PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE NAZIONALE

Audizione del presidente della Commissione per la cultura e l'istruzione del Parlamento europeo, Silvia Costa.
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 2 
Costa Silvia , Presidente della Commissione per la cultura e l'istruzione del Parlamento europeo ... 2 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 12 
Costa Silvia , Presidente della Commissione per la cultura e l'istruzione del Parlamento europeo ... 12 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 12 
Costa Silvia , Presidente della Commissione per la cultura e l'istruzione del Parlamento europeo ... 13 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 13 
Mattesini Donella  ... 13 
Zampa Sandra (PD)  ... 13 
Costa Silvia , Presidente della Commissione per la cultura e l'istruzione del Parlamento europeo ... 14 
Zampa Sandra (PD)  ... 14 
Costa Silvia , Presidente della Commissione per la cultura e l'istruzione del Parlamento europeo ... 14 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 14 
Ferrara Elena  ... 15 
Valdinosi Mara  ... 16 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 16 
Costa Silvia , Presidente della Commissione per la cultura e l'istruzione del Parlamento europeo ... 16 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

  La seduta comincia alle 14,20.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Comunicazioni della presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che la presidente della Camera, in data 10 settembre 2015, ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza la deputata Eleonora Bechis, in sostituzione della deputata Renata Bueno, dimissionaria.
  La Commissione prende atto della sostituzione, anche se l'onorevole Bechis non è presente.

Audizione del presidente della Commissione per la cultura e l'istruzione del Parlamento europeo, Silvia Costa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul diritto dei minori a fruire del patrimonio artistico e culturale nazionale, l'audizione del presidente della Commissione per la cultura e l'istruzione del Parlamento europeo, l'onorevole Silvia Costa, che ringraziamo per la sua disponibilità.
  L'onorevole Costa ha portato questo libro, che sicuramente presenta materiale preziosissimo per il nostro lavoro. Credo che con l'onorevole Costa noi potremo avere apporti positivi, non solo nel merito di questa indagine conoscitiva, ma, per la sua esperienza e per il lavoro che ha svolto in questi anni, forse anche su altre indagini conoscitive.
  Do la parola all'onorevole Silvia Costa per lo svolgimento della sua relazione.

  SILVIA COSTA, Presidente della Commissione per la cultura e l'istruzione del Parlamento europeo. Grazie davvero, presidente, per questa bellissima opportunità. Ringrazio molto anche le colleghe – le chiamo così, anche se facciamo parte di Parlamenti diversi – che vogliono essere qui in questa occasione.
  Mi complimento molto, perché avete scelto, fra le diverse indagini di straordinaria importanza, un tema che mi sembra centrale, ovvero quello dell'educazione culturale, dell'accesso al patrimonio culturale da parte dei ragazzi e di cosa fare di meglio e di diverso nei percorsi educativi.
  Non lo dico tanto per dire – si parla sempre di temi centrali – ma perché questo è un aspetto fondamentale di qualcosa che oggi è molto più fortemente presente nelle politiche europee.
  Faccio subito una premessa che mi sembra utile. Questa Commissione, come forse saprete, non solo si è rivelata nel tempo una Commissione altamente strategica – io c'ero quando è nata, secoli fa – ma non esiste in molti Parlamenti Pag. 3nazionali. Voi avete un naturale interlocutore, che è l'intergruppo parlamentare sulle tematiche dell'infanzia, che è nato nel Parlamento europeo.
  L'intergruppo può sembrare una cosa informale, invece è formale, anche se non è una Commissione deputata dell'assetto. Gli intergruppi nascono con molta fatica, perché se ne ammettono soltanto alcuni, vengono selezionati d'intesa fra tutti i gruppi politici e, quindi, acquistano un valore importante.
  In secondo luogo, io ritengo che la materia dell'infanzia sia troppo frammentata – ragione per cui era nata la Commissione in Parlamento – o dispersa in varie Commissioni. Tendenzialmente si dice che dei minori si occupa la Commissione LIBE (libertà e diritti di cittadinanza), perché si parla di minori come diritto sotto vari profili (penale, tutela eccetera). Chiaramente non si può dire che la Commissione educazione non contempli i minori, però lo fa nella loro dimensione di studenti. Ciò avviene anche in altre Commissioni.
  L'intergruppo per l'infanzia, peraltro, è co-presieduta da due colleghe: un'italiana, la collega Caterina Chinnici, che molti di voi conosceranno, già magistrato minorile, e un'altra italiana naturalizzata svedese, deputata svedese, che si chiama Anna Maria Corazza Bildt. Le due colleghe fanno parte di due diverse formazioni: Popolari e Socialisti e Democratici. Ci sono poi le vicepresidenze di altri gruppi.
  Io ve lo segnalo, perché può essere molto interessante. Io faccio parte di questo intergruppo, perché sono stata tra le fondatrici. Voglio dirvi che c’è sicuramente un interesse reciproco. Io posso proporre loro di fare un incontro, magari anche a Bruxelles, perché questo tipo di incontri interparlamentari sono fondamentali, sia nella fase ascendente delle decisioni che state assumendo voi sia nella fase discendente, per evitare di avere due soggetti che si incontrano poco nel definire delle strategie comuni.
  Aggiungo soltanto una cosa. Rispetto a quello di cui vi state occupando voi, da noi nella Commissione minori e nella Commissione LIBE in particolare si sta discutendo del nuovo Codice di procedura penale e dell'avvicinamento – il termine «armonizzazione» non si può usare in Europa – dei sistemi, con tutte le difficoltà del caso.
  In questo contesto, si sta dimostrando, peraltro, che il sistema italiano è uno dei più avanzati rispetto a quelli di molti altri Paesi. Perciò, è un po’ complesso avere uno standard omogeneo.
  Nell'intergruppo minori in questo momento ci stiamo occupando molto anche di minori rifugiati, minori soli e così via.
  Chiudo la mia premessa. Volevo solo darvi questo piccolo messaggio, perché ho parlato l'altro giorno con loro e credo che questa potrebbe essere una bellissima cosa.
  Vi do una seconda informazione, che spero vi sia utile, poiché voi fate parte di altre Commissioni permanenti. La Commissione che presiedo, come voi sapete, ha come competenze cultura, educazione, politiche giovanili, audiovisivo, educazione alla cittadinanza eccetera.
  Noi abbiamo deciso per la prima volta di dar vita il prossimo 3 dicembre a una conferenza interparlamentare, con tutte le corrispondenti Commissioni dei Parlamenti nazionali dei 28 Paesi. Naturalmente sono stati già avvisati i presidenti delle Commissioni cultura ed educazione di Camera e Senato, che da noi coincidono.
  In particolare, i temi che svilupperemo quest'anno, per decisione della nostra Commissione, saranno educazione, istruzione e giovani, mentre il prossimo anno vorrei, se possibile, farne un'altra sul tema cultura. Volevo darvi questa informazione, perché anche quella è un'opportunità.
  Scusatemi se la mia premessa può sembrare un po’ ultronea rispetto al tema, ma serve per capire in che contesto possiamo assumere qualche strategia comune.Pag. 4
  Queste conferenze interparlamentari si sono rafforzate nel tempo. Noi, come Conferenza dei presidenti delle Commissioni, vogliamo rafforzare questo strumento, per avere una più evidente relazione tra le assemblee rappresentative, a livello sia nazionale che europeo, e per condividere maggiormente alcune strategie e alcuni obiettivi.
  Altre Commissioni lo fanno più spesso. Per esempio, credo che la Commissione LIBE l'abbia già fatto nel tempo, perché ci sono materie di legislazione pregnante. Ciò vale anche per la Commissione economica e per la Commissione affari esteri. Ciò era meno diffuso in altre.
  Questa era l'informazione che volevo darvi inizialmente. Chi fosse interessato certamente avrà informazioni attraverso le proprie Commissioni.
  L'altro giorno abbiamo svolto un'audizione molto importante a proposito del tema «diversità culturale, dialogo interculturale e ruolo dell'educazione nel promuovere valori comuni». Ormai lo scenario, in parte a luci chiare e in parte a luci fosche, in cui noi oggi ci interroghiamo sul rapporto fra educazione alla cultura, diversità culturale e patrimonio culturale si deve confrontare seriamente con un orizzonte un po’ diverso da una semplice formazione alla storia dell'arte – giustissima – o della musica, perché c’è un'altra valenza dell'educazione culturale che non può sfuggire.
  Abbiamo svolto un'audizione su questo tema, che sarà oggetto di un rapporto della Commissione cultura e, quindi, del Parlamento, con Irina Bokova e altri esperti internazionali.
  Peraltro, le nostre riunioni sono tutte in streaming, quindi potete accedervi. C’è una trasparenza a volte esagerata. Stiamo sempre attenti a come ci comportiamo.
  Irina Bokova, che è direttore generale dell'UNESCO, ha pronunciato una frase che mi piace molto: «La trasmissione della nostra storia è un bisogno vitale, essenziale alla vita umana come respirare o bere». Questo mi è sembrato molto bello. Non stiamo parlando di qualcosa di accessorio, ma di un diritto umano fondamentale, che è il diritto alla cultura, nel senso di accesso, come avete detto giustamente voi, di conoscenza e di libertà di espressione artistica e culturale.
  Si tratta della consapevolezza che questo nuovo diritto di cittadinanza deve essere più fortemente configurato nei sistemi nazionali, a mio giudizio non solo nei sistemi educativi, ma in generale, anche nell'ambito dei princìpi europei. Spesso non è del tutto esplicitato.
  È molto più esplicitato, nei curriculum scolastici dei vari Paesi – tra cui sono stati fatti dei confronti – il senso della materia curriculare, che è la conoscenza dell'arte.
  Peraltro, noi parliamo molto di arti visive e molto meno della musica, per esempio. Non si capisce perché. Adesso le cose stanno cambiando.
  Da molte discussioni che ci sono state fra Paesi membri ed esperti su questo tema è emerso che è rimasto più nell'ombra il diritto alla conoscenza del patrimonio e all'accesso. Peraltro, accesso e conoscenza sono molto legati, perché non si tratta di una costrizione, ma di un'educazione al valore del patrimonio, che provoca un senso di appartenenza.
  L'altro elemento che è rimasto sullo sfondo è il tema dell'accesso alla possibilità di essere soggetto attivo della produzione culturale.
  A questo proposito, partiamo da qualche principio. In questo momento il dibattito europeo ha finalmente visto crescere questo elemento. Io ci ho molto lavorato durante le precedente legislatura, e sembrava una cosa da pochi sognatori. Ora finalmente è nelle carte ufficiali e nel language, non solo dell'UNESCO, ma anche della Commissione europea e dell'Unione europea, dire che il quarto pilastro dello sviluppo sostenibile, oltre a quello ambientale, a quello economico e a quello sociale (di quest'ultimo si parla sempre poco) è quello culturale, sia nel Pag. 5senso dell'accesso alla conoscenza sia nel senso della possibilità di esprimersi culturalmente.
  Ciò significa che la cultura in questo modo si rigenera. Infatti, molto spesso la concezione del patrimonio culturale è legata molto al passato, che è straordinariamente importante, ma non si capisce che senza un investimento forte in questo noi non abbiamo più una continuità intergenerazionale nell'accesso a questo patrimonio. Sembra una cosa banale, ma per affermare questo ci abbiamo messo qualche anno.
  Faccio un'altra premessa. Mi sembra inutile farla troppo lunga, però ci sono elementi che vorrei richiamare.
  Quali sono le basi ? Noi dobbiamo partire dalle basi giuridiche che consentono di parlare di questo in sede europea. Non è così semplice.
  Abbiamo sicuramente un chiarimento da fare, che voi conoscete molto bene: le politiche educative e culturali sono entrate recentemente nell’acquis communautaire, ovvero nella condivisione a livello comunitario, e sono materie che rispettano la sussidiarietà. Per la diversità culturale, per la specificità dei sistemi culturali ed educativi e per tutte queste ragioni, non è materia di cui è direttamente responsabile l'Unione europea, ma è materia di cui sono direttamente responsabili gli Stati membri, salvo il fatto – qui nasce tutto il resto – che sono interesse dell'Unione europea alcuni aspetti molto importanti.
  Il primo elemento è la base giuridica che autorizza l'intervento dell'Europa in questo campo, sia pure con la sua specificità: costruire uno spazio europeo dell'educazione e della cultura; favorire il dialogo interculturale, le basi della circolazione di artisti, creatività, opere eccetera; e soprattutto definire standard reciprocamente riconoscibili di livelli educativi, qualifiche professionali, riconoscimento dei crediti, dei diplomi e dei titoli di studio.
  Tutto questo, invece, ha richiesto del tempo. La prima Agenda per la cultura risale al 2006, mentre la prima riunione dei Ministri dell'educazione europei c’è stata nel 1992. Dagli anni ’90 è cominciata una politica che si può chiamare in questo modo.
  Come si svolge questa politica ? Voi mi chiedete che cosa fa l'Europa. Io vi devo dire che cosa può fare e in che termini lo può fare, altrimenti non è chiaro.
  Gli esperti nazionali rappresentativi, mandati dai vari Stati – ci sono vari livelli di quella che viene chiamata «la comitologia»: comitati di esperti, di amministrativi o di responsabili e infine Consiglio dei ministri – si incontrano attraverso quello che viene definito «il metodo aperto di coordinamento».
  In questa materia non si fa legislazione e nemmeno direttive. Si possono fare raccomandazioni, comunicazioni, linee guida o indirizzi. Pertanto, non è l'Europa che direttamente può imporre un curriculum. Mi dicono che l'Europa dovrebbe imporre obbligatoriamente una tale materia. L'Europa non lo può fare; lo può suggerire, far crescere la consapevolezza su questo e poi arrivare a una raccomandazione.
  Come si esprime la Commissione, che è l'esecutivo, rispetto ai Paesi membri ? In primo luogo si definiscono, di comune intesa, alcune linee guida, per esempio quella sull'accesso alla cultura dei bambini oppure quella sulle otto competenze chiave trasversali che la scuola deve assicurare, tra cui c’è anche quella culturale. Si tratta di una comune acquisizione.
  In secondo luogo, si definiscono degli standard. Voi sapete che nel 2020 lo standard prevede almeno il 40 per cento di laureati (noi siamo molto indietro, perché ne abbiamo quasi la metà), non più del 10 per cento di dispersione scolastica (anche su questo abbiamo qualche problema), eccetera. Questi sono i benchmark al 2020.
  Quegli obblighi devono essere un risultato, non dicono come bisogna operare. C’è libertà nell'impostare le politiche educative. Rispetto a quel risultato, il Paese è valutato e ci sono delle raccomandazioni per ogni Paese.Pag. 6
  Sarebbe interessante per voi, per esempio, leggere le raccomandazioni che sono state fatte dalla Commissione europea ai vari Paesi, compresa l'Italia, per capire punti di debolezza e punti di forza.
  Vi ho dato il quadro un po’ «alla Bignami», non so se la vostra generazione utilizza ancora questa espressione.
  In realtà, si tratta di darsi obiettivi, di definire standard e di dover riconoscere le qualifiche e anche gli avanzamenti fatti rispetto a certi benchmark, compreso il fatto che si è visto che la conoscenza e l'accesso al patrimonio culturale da parte dei ragazzi sono scarse. Su questo si fanno anche linee guida, raccomandazioni eccetera.
  Il Parlamento europeo, che è colegislatore, ma che ha anche un ruolo importante nell'interpretare queste linee, può essere un grande alleato in questo vostro lavoro – io lo voglio essere senz'altro, per la mia parte – per rafforzare queste politiche, che devono vedere, però, anche una spinta. Infatti, questa non è tra le priorità già consacrate. Si tratta di sensibilità che vanno attivate. Questo è il quadro.
  Quali sono le basi giuridiche che noi abbiamo per poter fare politiche culturali e che cosa dovremmo fare ?
  Vi illustro quali sono secondo me le basi fondamentali. Può essere utile per dare un orizzonte. Innanzitutto, ricordate bene che gli articoli 26 e 27 della Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo – approvata il 10 dicembre 1948 dall'Assemblea generale delle Nazioni unite – parlano di diritti educativi e di diritti culturali. Dunque, tale parola esiste.
  Nella Commissione sull'infanzia e l'adolescenza si afferma con precisione che l'educazione è il primo punto per sviluppare il rispetto della propria identità, della propria lingua e dei propri valori culturali, nonché il rispetto dei valori nazionali del Paese in cui si vive, anche se non si è di quel Paese, del Paese di cui si può essere originari e delle civiltà diverse dalla propria. A me pare che questo sia già un programma.
  Le due Convenzioni UNESCO secondo me sono fondamentali rispetto a questo tema. La prima è quella del 2005 (Parigi 20 ottobre, ratificata dall'Italia con la legge 19 febbraio 2007, n. 19), sulla protezione e promozione della diversità culturale di cui quest'anno è il decennale – per questo ho fatto l'iniziativa con Irina Bukova – e delle sue espressioni, il dialogo interculturale, scambi culturali più intensi ed equilibrati, per favorire il rispetto interculturale e una cultura della pace.
  A me fa molto piacere dire che, per esempio, nell'approccio ai modelli educativi – questo sarà un tema che noi nel rapporto dovremo affrontare – nell'ambito delle scuole, che sono sempre più multiculturali, la scuola italiana ha fatto una scelta difficile, ma secondo me molto interessante, che molti stanno rivalutando. La scelta è quella dell'interculturalità, non quella del multiculturalismo, tipica dei Paesi anglosassoni, e nemmeno quella dell'assimilazione, più francese.
  Questi modelli sono in discussione. Credo che in questo momento l'Italia avrebbe molto da dire e da approfondire su questo, anche in Europa. C’è molta attenzione all'approccio che noi abbiamo adottato, almeno in via di principio.
  L'altra previsione della Convenzione UNESCO è promuovere il rispetto per la diversità delle espressioni culturali e la presa di coscienza del suo valore a livello nazionale, locale e internazionale, e promuovere la diversità delle espressioni culturali sul proprio territorio, insieme alla solidarietà.
  Una frase secondo me è centrale per capire il rapporto fra diversità culturale e diritti umani. Questa è sempre stata la grande questione: educare alla cultura vuol dire anche educare al significato della diversità culturale nel rispetto dei diritti umani. Oggi noi abbiamo questa grande sfida nella costruzione delle società multiculturali.Pag. 7
  La frase è questa: «La protezione e la promozione della diversità culturale presuppongono il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, quali la libertà di espressione, d'informazione e di comunicazione e la possibilità di scegliere le proprie espressioni culturali. Naturalmente non si può però dire che la diversità culturale possa ledere i diritti e le libertà fondamentali della persona».
  Questa è la composizione complessa che, quando offriamo un quadro di riferimento all'educazione, alla cultura e al patrimonio, dobbiamo sempre avere presente.
  Nell'ambito della Convenzione UNESCO ci sono altre parti di cui non si parla molto: il principio dello sviluppo sostenibile, a cui accennavo poc'anzi, e il principio di accesso equo. Quest'ultimo è un punto che io nel vostro approccio richiamerei, perché è in una Convenzione che abbiamo tutti firmato. Ci devono essere un accesso equo a un ventaglio ampio ed eterogeneo di espressioni culturali e condizioni che ne facilitino l'accesso.
  L'altra questione che mi pare importante è la Convenzione dell'UNESCO sul patrimonio culturale immateriale del 2003 (Parigi 17 ottobre, ratificata dall'Italia con la legge n. 167 del 27 settembre 2007). Queste sono le due convenzioni base, su cui si giocano tutti i diritti e i doveri in ambito culturale.
  La Convenzione sul patrimonio immateriale è molto interessante. Come voi sapete, si parla di patrimonio culturale tangibile e intangibile, del dovere di tutelarlo, della promozione, dell'accesso e della conoscenza. Questo è quello che noi abbiamo alle nostre spalle.
  Passiamo ora ai diritti contemplati nella Carta dei diritti europea, che fa riferimento anche ai diritti culturali. L'unico articolo a questo riferito nel Trattato di Lisbona, che è la Costituzione europea, è l'articolo 167, che riguarda esattamente cosa può fare l'Unione europea nel campo culturale.
  L'Unione europea contribuisce al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri, nel rispetto delle diversità nazionali e regionali, evidenziando il retaggio comune. Questa è la base del discorso sul patrimonio culturale europeo.
  Ciò significa che, laddove uno Stato non tuteli il suo patrimonio, si può pretendere che l'Europa intervenga a integrare. Pensate agli aiuti che abbiamo avuto per alcune situazioni emergenziali. Ciò non sarebbe possibile se non ci fosse questo principio secondo cui il patrimonio non è soltanto del Paese, ma è dell'umanità. In questo caso, l'Europa ha un dovere.
  Cosa può fare l'Unione rispetto alla cultura ? L'Unione può incoraggiare la cooperazione tra Stati membri, se necessario integrandoli, come dicevo poc'anzi, nella conservazione del patrimonio culturale, nonché scambi culturali non commerciali, creazione artistica e letteraria, compreso il settore audiovisivo.
  La cosa interessante è che in questo articolo c’è un principio che afferma che ogni politica europea deve tener conto della sua valenza e del suo rilievo culturale.
  Questo è il quadro: Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, Convenzioni UNESCO e dichiarazioni dell'Europa.
  Ci sono stati degli studi che hanno dimostrato che effettivamente tutti i Paesi hanno l'educazione obbligatoria curriculare, artistica e culturale. Tendenzialmente in altri Paesi la musica è considerata obbligatoria come le altre arti, mentre dai noi è stata vergognosamente oscurata.
  Ci sono esperienze molto interessanti, naturalmente, anche Italia. Non vi parlo della situazione italiana, perché so che avete già avuto degli incontri su questo.
  Ci sono i nuovi accordi importanti fra Ministero dei beni e delle attività culturali e Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Addirittura adesso c’è una nuova direzione generale del Ministero dei beni e delle attività culturali, dedicata a Pag. 8questa attivazione anche nell'educazione informale e non solo in quella formale.
  Di questo non vi parlo, perché lo sapete già, ma è la questione su cui stanno giocando molto anche gli altri Paesi. Non ci sono cose strepitose da questo punto di vista. Andiamo ad analizzare, invece, elementi che potrebbero essere interessanti e costituire una base per eventualmente andare avanti su questo tema.
  In primo luogo, vi segnalo quella che secondo me è la convenzione più interessante su questo piano, perché vedo che è poco conosciuta ed è recente. Quando la citi, ti guardano tutti sorpresi. Mi riferisco alla Convenzione di Faro. Il 27 febbraio 2013 il Governo italiano l'ha firmata, ma ancora il Parlamento non l'ha ratificata. Si tratta della Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore dell'eredità culturale per la società del 27 ottobre 2005 (STCE n. 199). Io ho insistito molto con il Governo Monti affinché la ratificasse, perché era molto importante e non tanti Paesi l'avevano ratificata.
  Se voi mi chiedete qual è stata la prima volta che si è parlato esplicitamente di un diritto al patrimonio culturale o di quella che loro chiamano «la comunità di patrimonio», vi rispondo che ciò è avvenuto nella Convenzione di Faro.
  Siccome tale Convenzione è molto recente, io credo che non sia stata presa ancora in considerazione nel precipitato che ne deriva.
  Vi cito soltanto alcuni punti, ma vi lascio il testo. La Convenzione riconosce che «ogni persona ha il diritto, nel rispetto dei diritti e delle libertà altrui, a interessarsi al patrimonio culturale di propria scelta, in quanto parte del diritto a partecipare liberamente alla vita culturale». È un principio di cittadinanza.
  La Convenzione afferma che chi la firma si impegna a «facilitare l'inserimento della dimensione del patrimonio culturale in tutti i livelli di formazione, non necessariamente come argomento di studio specifico, ma come fonte feconda anche per altri ambiti di studio; a rafforzare il collegamento fra la formazione nell'ambito del patrimonio culturale e la formazione professionale; a incoraggiare la ricerca interdisciplinare sul patrimonio culturale e sulle comunità di patrimonio, sull'ambiente e sulle loro interrelazioni; e a incoraggiare la formazione professionale continua e lo scambio di conoscenze e competenze, sia all'interno che fuori dal sistema educativo».
  Ce ne sono molti altri, ma questi sono i punti centrali, che costituiscono oggi un nuovo approccio a questo tema. Di diverso c’è questa Convenzione, che abbiamo ratificato.
  Vi segnalo che alcune città europee, a cominciare da Marsiglia e da Venezia, hanno adottato la Convenzione di Faro nei loro statuti, per cui sono diventate città «Faro», dal nome della città portoghese dove la convenzione è stata firmata.
  Occorre sollecitare le varie città affinché diventino «città Faro», che significa fare cose particolari sul territorio, per esempio responsabilizzare comunità di cittadini a occuparsi di beni culturali, creare guide volontarie, rapportarsi con le scuole in modo diverso. Questo mi pare un punto di grande importanza.
  L'altro riferimento per ragionare su come ripensare diversamente un diritto di cittadinanza culturale per i giovani è nella Dichiarazione di Friburgo sui diritti culturali. Il gruppo di Friburgo è un gruppo di altissimo livello che opera presso un'università svizzera. Si chiama Istituto interdisciplinare di ricerca e di etica dei diritti dell'uomo.
  Questo gruppo ha definito l'identità culturale come «l'insieme dei riferimenti culturali con il quale una persona, da sola o in comune con gli altri, si definisce, si costruisce, comunica e intende essere riconosciuta nella sua dignità».
  In conclusione, c’è una relazione molto forte fra diritti umani fondamentali, diritti culturali e diversità culturale, la quale deve interagire con i diritti universali. La diversità culturale viene riconosciuta come la base del diritto, però deve fare i conti Pag. 9con dei valori comuni. L'educazione alla cultura e al patrimonio culturale viene riconosciuta come uno degli elementi forti da richiamare, se si vuol parlare di tutela. Non c’è tutela del patrimonio, senza aver interiorizzato il valore della conoscenza e la possibilità di partecipare alla sua costruzione.
  Vi manderò le altre informazioni. Vi ho ricordato solo quelle più importanti. Ora vorrei dirvi a che punto siamo politicamente.
  Vi cito un altro riferimento importante per quanto riguarda la scuola e la formazione. Fra le otto competenze chiave che abbiamo definito in ambito europeo e che sono ormai raccomandazioni del Consiglio dei Ministri e del Parlamento europeo dal 2006, si è affermato che le scuole non devono soltanto addestrare nei vari campi, ma anche preparare alle competenze informali o formali di cittadinanza, quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione dello sviluppo personale, la cittadinanza attiva, l'inclusione sociale e l'occupazione.
  Fra queste, l'ottava competenza – naturalmente la mettono sempre alla fine – riguarda la consapevolezza e le espressioni culturali. Ve lo dico perché è ormai un punto di riferimento di tutti i programmi formativi.
  Arrivando a noi, vi dico se c’è stato qualche confronto fra i diversi Paesi sul piano dell'educazione al patrimonio culturale già operativa e come diversamente si fa nei vari Paesi.
  È stato realizzato un bellissimo progetto europeo, che purtroppo è finito nel 2005, a cui ha partecipato anche l'Italia.
  “Educult” è un network che nel 2013 ha fatto un importante lavoro di confronto fra tutti i Paesi membri su come si può diversamente operare nell'educazione dei giovani per quanto riguarda la conoscenza del patrimonio culturale. Questo network ha prodotto una relazione che vi lascio, che è molto interessante. Non c’è alcun rapporto finale.
  In parallelo, è stato finanziato un progetto europeo, a cui hanno partecipato Italia, Germania, Francia e Olanda, che si è concluso nel 2005, che si chiamava “Hereduc” (Heritage and education). Vi lascio la relazione, perché è molto interessante e attuale. In tale relazione sono enunciati esattamente gli obiettivi didattici per la scuola primaria e per la scuola secondaria, e sono descritte molto bene le competenze cross-curriculari che ci devono essere nella prima e nella seconda per quanto riguarda una pedagogia del patrimonio culturale.
  È veramente una cosa rara. Io ho dovuto studiare tantissimo per venire da voi, perché non è facile trovare materiale. In genere si fa soltanto il confronto tra i programmi delle scuole: storia dell'arte, musica eccetera. Io volevo vedere se c'era stata qualche riflessione più profonda.
  Di questo rapporto ho dovuto fare una fotografia, perché non c'era la possibilità di scaricarlo. Mi sembra di grande interesse, se si vuole cominciare a pensare in termini, se non curriculari, almeno di metodologia. È molto carino, perché è molto interattivo. Si parla anche di insegnare a leggere delle mappe, a contestualizzare dove si è, a interloquire, a usare qualunque mezzo. Mi sembra interessante.
  Parlerò ora dell'attenzione a questo tema e delle esperienze promettenti che ho visto. In primo luogo, oggi l'attualità di questo tema è legata a tre cose. La presidenza italiana ha tirato le sue conclusioni alla fine di dicembre, e noi non abbiamo voluto far cadere questa attenzione, che era nata soprattutto dalle presidenze belga, greca e italiana, sul tema di rimettere al centro delle politiche europee il patrimonio culturale, più di quanto lo fosse stato nel passato.
  Questa attenzione al patrimonio si era persa nel tempo, lasciando che ognuno si arrangiasse con il proprio patrimonio culturale. Per la prima volta questa questione è diventata un tema, sia in termini di valore intrinseco sia in termini di settore strategico d'innovazione, di produzione, di Pag. 10sviluppo territoriale, d'integrazione con altri settori eccetera, insieme al turismo culturale e agli itinerari culturali europei.
  Tutto questo pacchetto, che definirei «educazione al patrimonio culturale e valorizzazione del patrimonio nella sua natura diversa» è diventato un asse dello sviluppo, anche nei piani europei 2014-2020.
  Voi sapete che noi abbiamo varato tutti i programmi pluriennali (Horizon, Erasmus plus, Cosme, politica agricola, fondi strutturali, politica di coesione). Non c'era questa sensibilità, ma il Parlamento, a guida italiana, ha fatto in modo che si inserissero i riferimenti alla possibilità di investire nel patrimonio culturale, nell'accesso, nel turismo culturale e nella digitalizzazione del patrimonio, che è una cosa fondamentale.
  Abbiamo inserito questo tema nei fondi strutturali e in Horizon per quanto riguarda la ricerca, dove non c'era una parola su questo. Inoltre, lo abbiamo inserito in «Europa creativa», il programma dedicato alla cultura e alla creatività, di cui ero relatore. L'abbiamo inserito nel programma Cosme, che è quello per le imprese, dove per la prima volta si fa riferimento alle piccole e medie imprese del turismo. Gli itinerari culturali sono dentro a «Europa creativa», insieme alle città europee della cultura.
  Pertanto, oggi secondo me si possono realizzare e sperimentare in questo campo interventi, anche pilota, il cui valore aggiunto è europeo, perché c’è anche una base legale nei fondi strutturali.
  Ricordo che per tutti i sette anni in Europa ci sono 960 miliardi, di cui 32 per l'Italia. Parlo di quelli a gestione affidata ai Paesi membri, ovvero fondi strutturali, agricoltura eccetera. Invece, Erasmus Plus, «Europa creativa» e Horizon sono direttamente gestiti da bandi europei. In questo momento, dunque, questo è un tema interessante.
  In secondo luogo, noi abbiamo appena licenziato un rapporto della Commissione cultura e del Parlamento europeo, che è stato approvato a settembre. Mi riferisco al rapporto del collega Diaconu sulla gestione integrata del patrimonio culturale, all'interno del quale abbiamo inserito con forza il tema di un'educazione più forte alla cultura e all'arte, dell'accesso e della promozione della partecipazione attiva.
  La presidenza italiana aveva concluso i suoi lavori con una bellissima conferenza a Venaria, a cui hanno partecipato tutti i ministri della cultura, sul tema della gestione partecipata del patrimonio. Si riprendeva la Convenzione di Faro. Bisogna andare avanti.
  Il secondo dato, che sta diventando un tema fondamentale, è che senza politiche educative e culturali non si fanno né politica dell'integrazione, né politica estera, né politica della sicurezza, né politica della difesa.
  Il ministro Mogherini, che a questa tema è molto sensibile e che ha nominato un consigliere per le politiche culturali (non era mai successo) presso il dipartimento Politica estera dell'Unione europea, ha già annunciato che per la fine dell'anno ci sarà una comunicazione della Commissione sulla nuova diplomazia culturale. Questo è un settore importantissimo. Significa che la politica estera assume il fatto che ci vuole una forte componente culturale.
  In terzo luogo, c’è il profilo di cui parlavo poc'anzi: dialogo interculturale e interreligioso. Adesso con Tajani, che è vicepresidente e ha questa delega in Parlamento europeo, realizzeremo una seconda iniziativa. L'anno scorso ne abbiamo realizzata una durante la quale hanno parlato i grandi delle religioni. Questa volta l'iniziativa sarà dedicata alle diversità culturali europee, per analizzare processi e buone pratiche di scambio culturale, accesso alla cultura eccetera.
  Entriamo nel merito della questione dell'accesso in termini concreti e delle pratiche che esistono. Ve le citerò in maniera random, perché non c’è una ricerca statistica dettagliata. Mi sono informata Pag. 11su varie iniziative, anche italiane, di cui si sa poco. Vi riporto degli esempi.
  Il primo tema è l'accesso in termini anche economici. Io penso che avere delle agevolazioni per ragazzi e studenti sia una grandissima scommessa, perché vedo che in altri Paesi c’è più attenzione. Ho visto che nella «Buona scuola» qualcosa c’è. Questo è importante.
  Ricordo che quando ero presidente dell'Accademia di belle arti mi sono battuta strenuamente affinché la visita ai musei fosse parte integrante dello studio delle belle arti.
  In primo luogo, c’è il tema dell'accessibilità. Questo può essere un tema che ci si può porre anche a livello europeo. Col vostro aiuto, si potrebbe fare pressione per rendere fruibile l'accesso almeno ai ragazzi di determinate scuole. Io sto ragionando su quale potrebbe essere uno strumento europeo in tal senso.
  Un'altra questione è il linguaggio. C’è stata un'esperienza molto bella, con cui si è verificato che i bambini leggono più dei ragazzi. I ragazzi in genere ricominciano a leggere dopo. C’è una fascia d'età che legge poco. C’è una questione di strutture parascolastiche, tipo le biblioteche, che fanno molto, ma non tutto.
  C’è la questione di come il patrimonio culturale si racconta e si presenta. Tutto questo fa parte di quella che noi chiamiamo «modalità di valorizzazione del patrimonio», che attiene all'offerta. Quali modi diversi esistono ?
  Per esempio, in «Europa creativa» abbiamo inserito fra i progetti che possono essere finanziati tutto ciò che sperimenta nuovi linguaggi – chiaramente deve avere un valore aggiunto europeo, quindi deve essere realizzato almeno da alcuni Paesi insieme – dall'interlocuzione con i social network ai ragazzi che creano delle modalità con cui i musei possono dialogare con i loro coetanei. Tutto questo è aperto, perché c’è oggi una ricerca su questo aspetto.
  La terza sfida è il cosiddetto audience development, che abbiamo inserito fortemente anche nel programma «Europa creativa». Ormai se ne parla in vari tavoli. Non c’è soltanto il problema dell'offerta – noi potremmo dire che abbiamo fin troppa offerta culturale – ma c’è anche il tema del linguaggio di questa offerta. Come si comunica ai ragazzi ?
  Il famoso gruppo di lavoro del 2013 di cui vi dicevo poc'anzi ha elaborato dei suggerimenti per creare una strategia dell'offerta che la renda più appetibile. Peraltro, si afferma che bisogna studiare i diversi target. Non si può comunicare nello stesso modo al professore e al ragazzo.
  Invece, l’audience development prevede di agire sulla domanda. Io dico che c’è stata un po’ di devastazione culturale negli ultimi anni, ma questa è una mia opinione. La domanda è povera oppure non è nemmeno esplicitata. Il modo in cui noi agiamo per formare la domanda è fondamentale. L’audience development significa, non soltanto fare audience, ma anche sviluppare competenze del pubblico dei beni culturali, nella scuola ma anche negli adulti, andando a stanare i vari target.
  Cito un esempio. L'altro giorno parlavo col direttore del Museo egizio di Torino, il quale mi ha detto una cosa che è stata veramente interessante. Lui è andato a cercare il pubblico, non è rimasto statico. Non è vero che, siccome il museo è bello, ci vanno tutti. Ci vanno coloro che già sanno che quel museo è bello. Il direttore ha fatto i sottotitoli in arabo e afferma che è cambiato totalmente il pubblico. Lui ha visto per la prima volta donne velate che andavano lì, perché prima di tutto si sentivano riconosciute. Queste donne egiziane, che vivono in Italia, hanno pensato che finalmente la loro cultura viene rispettata. Pensate che messaggio. È una piccolissima cosa.
  In Olanda, dove sono molto sperimentatori, hanno trovato modi diversi di raccontare. Loro sanno che, come avviene in Italia, i maggiori fruitori dei musei sono i non residenti. Noi andiamo nei musei solo se ci viene a trovare qualcuno. Portiamo i Pag. 12nostri ospiti nei musei e facciamo un ripasso generale. Spesso succede così.
  Un grande quadro di Rembrandt era stato restaurato. La notizia avrebbe potuto essere riportata in due righe su un giornale: «Riportato in museo un quadro di Rembrandt». Invece, l'hanno fatta diventare un evento. Hanno cominciato a dire sui social (quindi il target erano i ragazzi) che sarebbe successa una cosa fantastica tale giorno a tale ora davanti al museo, non nel museo. In tal modo, si è creata un'attesa.
  C’è un filmato su Youtube che mostra la gente che andava verso la piazza del museo. Ogni tanto in mezzo alla folla spuntava un armigero a cavallo o una contadina col vestito rinascimentale. Hanno pian piano ricostruito il dipinto, facendone un quadro vivente. Il pubblico ha assistito al suo comporsi. In seguito, hanno tirato giù il panno e si è visto il quadro.
  Hanno detto che, dopo questo evento, hanno visto un target totalmente diverso. Il museo diventa aperto, simpatico, interattivo.
  Un altro elemento importante riguarda gli itinerari culturali. Io ho suggerito di sviluppare negli itinerari culturali un volontariato giovanile, in cui i giovani possano anche imparare varie lingue. Si potrebbe fare anche la Garanzia giovani, secondo me, in quest'ambito.
  Adesso noi parliamo del Giubileo. Il Papa giustamente ha affermato: «Voglio molti percorsi a piedi». Non basta attrezzarli, ci vuole l'accoglienza. Operatori turistici giovani ci sono in alcune situazioni. Io credo che questa dovrebbe essere una grande campagna, a cui possano partecipare le scuole. C’è bisogno di rimettere in circuito i giovani.
  Mi scuso, perché sicuramente sono andata un po’ fuori tema, però volevo darvi degli spunti, anche perché tutte queste questioni sono ancora molto in discussione anche da noi. Non abbiamo risolto cose fondamentali.
  Mi sembra che siate dentro a un percorso che in questo momento è molto promettente, in cui noi stiamo lavorando molto. Questo è il tema che stiamo cercando di focalizzare, anche come italiani, perché per noi diventa vitale.
  Per esempio, io vorrei fare un'operazione sulle competenze riguardanti il patrimonio culturale – noi abbiamo dei complessi di eccellenza – e anche su quelle nuove, che sono quelle digitali. Questo è un settore nel quale, secondo me, i giovani possono fare moltissimo: piccole imprese, start-up eccetera.

  PRESIDENTE. La ringrazio a nome di tutte le colleghe per tutti gli spunti che ci ha offerto, a partire da quelli iniziali, riguardanti l'intergruppo e le realtà parlamentare, con cui io credo che potremmo metterci subito in comunicazione, se ci dà questa disponibilità, anche attraverso di lei, non fosse altro che per organizzare su certi temi attività in sinergia. Io credo di interpretare il pensiero di tutte le colleghe dicendo che questo è estremamente importante.
  Questi appunti che ha letto per noi sono un materiale molto prezioso. Credo che durante l'evento di presentazione dei risultati di questa indagine conoscitiva, che ormai volge al termine – credo che questa sia la penultima audizione – potremmo fare una cosa importante, coinvolgendo anche l'intergruppo. In tal modo, si potrebbe dare a tutto questo un risalto che vada al di là della mera presentazione dei risultati.

  SILVIA COSTA, Presidente della Commissione per la cultura e l'istruzione del Parlamento europeo. Per quando è prevista la presentazione ?

  PRESIDENTE. L'ultima audizione, con i rappresentanti di International council of museums (ICOM), è prevista il 27 ottobre. L'indagine si conclude il 31, ma volendo possiamo concluderla prima. Possiamo chiedere ai rappresentanti di ICOM di Pag. 13venire subito in audizione, in modo da chiudere, perché poi dobbiamo preparare il rapporto. Possiamo organizzare un bell'evento, che dia finalmente un risalto giusto a questo tema.

  SILVIA COSTA, Presidente della Commissione per la cultura e l'istruzione del Parlamento europeo. Io sono molto disponibile e ne parlerò anche alle colleghe, che saranno molto interessate. Si potrebbe parlare della Convenzione di Faro, che mi sembra veramente una primizia, di cui non si parla.

  PRESIDENTE. Dobbiamo approfondire tutte queste cose. Approfittiamo della sua disponibilità per creare il contatto.
  Noi abbiamo il problema che fra dieci minuti ci saranno le votazioni in Camera e, per regolamento, non possiamo essere in Commissione mentre ci sono le votazioni. Dobbiamo fare una cosa telegrafica, purtroppo, non per nostra volontà, ma per regolamento.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DONELLA MATTESINI. Tra le cose che ci ha riportato l'onorevole Costa, che cosa possiamo approfondire, per avere effettivamente un risultato importante dell'indagine ?
  A me piace sottolineare, tra le tante cose importanti che ci ha detto, la questione del patrimonio artistico e culturale come un diritto umano fondamentale, insieme al tema della rigenerazione, al di là del consumo. Questo mi sembra un punto fondamentale, che si intreccia strettamente con la scelta importante fatta dai due ministeri, della cultura e dell'istruzione, di lavorare insieme.
  Vi voglio solo raccontare una cosa, perché penso che dovremmo considerare un po’ di buone prassi. Vi racconto in pochi secondi l'esperienza realizzata ad Arezzo con il Fondo ambiente italiano (FAI) e il comune dell'epoca dentro alla chiesa di San Francesco, dove c’è La leggenda della vera croce.
  Tutti gli anni in questa chiesa vengono portati i ragazzi. Il FAI ha portato due volte i ragazzi delle quinte elementari e della prima media, a cui hanno raccontato la storia. Dopo la prima visita, li hanno riportati in classe e hanno chiesto loro di ricostruire quella scena, pensando ai rumori e alle emozioni dei soggetti mentre uno uccideva l'altro. Hanno ricostruito la storia, attraverso queste emozioni. Inoltre, a un certo punto hanno chiesto loro di osservare la pittura di Piero della Francesca e i colori usati. Li hanno portati a Sansepolcro e hanno fatto un incontro con l'istituto tecnico che lavorava esattamente sulla ricostruzione dei colori.
  Questi ragazzini sono diventati i maggiori fruitori del percorso di Piero della Francesca in provincia di Arezzo.
  Vi ho riportato questo esempio per sottolineare che la questione della pedagogia e della metodologia è un elemento fondamentale, perché non si tratta soltanto di andare a vedere un'opera, ma anche di sentirla parte di sé e di crescere attraverso di essa.

  SANDRA ZAMPA. Innanzitutto, vorrei ringraziarla. Il suo è stato un intervento molto ricco, quindi sarà sicuramente necessario per noi rileggere e approfondire le cose che ci ha riportato.
  C’è un punto che mi sta molto a cuore. Gli editori mi hanno lanciato un allarme riguardo ai libri di testo nelle scuole. Mi viene denunciato il diffondersi di una prassi, che peraltro in Ungheria, non casualmente, è già in essere, che prevede un libro di testo unico, fornito direttamente dallo Stato. È una cosa molto inquietante.
  L'Associazione internazionale degli editori rileva che questa idea, che viene propagandata come un regalo dei libri di testo per aiutare i giovani, in realtà, proprio per questa ragione, si sta diffondendo come praticabile. Vorrei saperne di più.
  Aggiungo che è di grande interesse l'interconferenza parlamentare del 3 dicembre. Penso, presidente, che forse noi faremmo bene a valutare modi e forme di partecipare.Pag. 14
  Per quanto riguarda invece l'intergruppo parlamentare sulle tematiche dell'infanzia, mi soffermo solo su un punto, anche se avrei moltissime questioni. Proporrò alla nostra presidente un'iniziativa al riguardo.
  Noi stiamo assistendo, nel dramma gigantesco del mondo, non solo al fenomeno ormai massiccio della migrazione di minori non accompagnati, ma soprattutto alla costante violazione della Convenzione ONU. È una cosa intollerabile, secondo me.

  SILVIA COSTA, Presidente della Commissione per la cultura e l'istruzione del Parlamento europeo. Io ho inviato una lettera alla Rappresentante dell'Unione per la politica estera, Mogherini, su questa problematica, in primo luogo affinché siano garantiti, come è scritto nella Convenzione sull'infanzia, i servizi educativi per i bambini dei campi profughi, che siano profughi o rifugiati. In secondo luogo, l'ho sollecitata ad accogliere la richiesta dei 5.200 studenti siriani che hanno chiesto di poter essere ospitati in università europee.
  Io ho inviato una lettera alla Rappresentante e al ministro Giannini, perché mi sembrava giusto che dessimo dei segnali su questo. Potrebbero esserci delle borse di studio, messe a disposizione con fondi in parte europei e in parte nazionali.
  Abbiamo denunciato la questione della violazione dei diritti umani dei bambini in una conferenza stampa con l'intergruppo per l'infanzia.

  SANDRA ZAMPA. Io penso che sarebbe bello se l'intergruppo, insieme al Parlamento italiano, si facesse promotore di una formale protesta presso l'ONU. Io non penso che possiamo lasciare che le istituzioni sovranazionali vìolino carte fondamentali di princìpi e che questo avvenga come se noi ci dovessimo abituare all'idea.
  Io sono appena rientrata da una missione in Olanda, dove viene affermato con molta serenità che lì prendono solo siriani ed eritrei. Allora, si tolga la firma dalla Convenzione ONU. Da questo punto di vista, non penso che si possa lasciare andare la questione.
  Insisto su un altro punto, di cui ieri ho parlato anche con il premier. Io penso che noi dobbiamo chiedere corridoi umanitari almeno per i minori. A questo punto, risparmiamo loro almeno il pezzo in più del dramma, cioè l'arrivare a piedi o imbarcati malamente.
  A questo riguardo, mi paiono di grandissimo interesse i cenni che lei ha fatto alla questione dell'interculturalità. Non so quanto sia noto che per la prima volta il MIUR ha finanziato un progetto di educazione a scuola per i minori stranieri non accompagnati. Per alcuni Paesi, come l'Italia e la Grecia, dove arriva davvero un numero straordinario di giovani stranieri, questo punto, secondo me, deve trovare anche nel Parlamento europeo uno sguardo molto attento.

  SILVIA COSTA, Presidente della Commissione per la cultura e l'istruzione del Parlamento europeo. Su questo punto, io e le colleghe Chinnici e Corazza Bildt abbiamo denunciato che ci sono violazioni in atto e abbiamo chiesto ai vari interlocutori di dare delle risposte.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ROSETTA ENZA BLUNDO

  PRESIDENTE. È rimasto pochissimo tempo e cerco di stringere al massimo.
  Innanzitutto, la vorrei ringraziare per il lavoro notevole e approfondito e per tutto il materiale che ci lascia.
  Riguardo al ruolo dell'intergruppo parlamentare nel dare, non delle direttive nette, ma delle raccomandazioni e delle indicazioni, mi domando se sembrano essere state lette e seguite nella predisposizione della riforma «Buona scuola». Da quello che ho letto, non mi sembra che siano state recepite e inserite del tutto nella legge che abbiamo da poco approvato.Pag. 15
  Mi domando che fine fa, a questo punto, il nostro modello di cultura di eccellenza, che è stato riconosciuto come modello diverso da quello dell'assimilazione.
  Un'altra cosa che mi viene da pensare riguarda quello che noi possiamo essere come Commissione, ma anche i suggerimenti per poter integrare il lavoro del gruppo interparlamentare.
  Noi abbiamo in Italia moltissimi musei di tipo innovativo, che hanno messo in atto già da anni dei progetti. In questa nostra indagine conoscitiva, ne abbiamo conosciuti. Pertanto, anche noi possiamo offrirle del materiale che può essere utile a riportare idee e suggerimenti su come rendere questa conoscenza e questo riconoscimento del patrimonio culturale più interattivi, più vissuti e più partecipati. In questo gli italiani sono abbastanza creativi.
  Un'ultima domanda riguarda il discorso del turismo. Ovviamente il patrimonio deve essere conosciuto, deve essere valorizzato e deve essere soprattutto rispettato, ma anche fatto conoscere. L'intercultura diventa anche interscambio di turismo, in una modalità di rispetto reciproco delle diverse culture e delle diverse capacità di offrire il patrimonio agli altri.
  Chiedo che tipo di iniziative ci sono in questo senso. Visto che lo consideriamo patrimonio comune, mettiamolo in comune.
  Infine, vorrei sapere se ritiene importante che nelle scuole per il turismo venga reinserito lo studio della storia dell'arte. Senza dubbio la scuola a tutto tondo è importante per creare collaborazioni, però gli operatori specifici devono avere una adeguata conoscenza.

  ELENA FERRARA. Anch'io la ringrazio. Posso testimoniare che a Milano al Safer internet day è stato presente, anche se con un video, l'intergruppo parlamentare europeo. Io penso che questo possa essere un elemento per creare delle opportunità.
  Per quanto riguarda le arti, lei conosce la mia battaglia per la musica e le arti performative, che è pluridecennale. Adesso noi abbiamo davanti degli appuntamenti importanti. Io ritengo che sicuramente un passo avanti con la «Buona scuola» sia stato fatto. Nella delega della cultura umanistica, il lavoro che ci aspetta nei prossimi mesi, si fa proprio riferimento alle arti.
  Poc'anzi si parlava di turismo e di storia dell'arte, ma di quale arte parliamo ? Decidiamo quale. Forse potremmo parlare delle arti. Le arti sono di per sé un mondo di intercultura.
  Noi abbiamo due grandi bacini in cui ci confrontiamo. Uno è quello europeo, che le affidiamo, anche con questo tipo di segnalazione.
  Noi adesso dovremo affrontare in modo più puntuale l'alta formazione musicale e artistica, ovvero le accademie d'arte, perché abbiamo intenzione di fare un percorso anche sulla parte terziaria della formazione.
  Per esempio, in questo campo, non avendo i dottorati di ricerca, noi diamo i soldi per la ricerca all'Europa, ma non ne riprendiamo. È un dettaglio non da poco. Noi abbiamo anche università che hanno dottorati di ricerca sulla musica (musicologia o organologia), però tutta la parte che intreccia di più il sapere e il saper fare, ossia le accademie, non ha il dottorato di ricerca.
  La legge 508 del 1999 non si è mai portata a termine e ancora questa parte non è stata realizzata. Adesso questa sarà una nostra battaglia. Io penso che su questo possiamo lavorare.
  Non c’è reciprocità. Questa è una segnalazione che le vorrei far fare. Lei sa che molti conservatori hanno cercato di fare ricerca, su musica e tecnologia eccetera, ma fanno molta fatica, perché non sono attrezzati. Questo problema del dottorato, secondo me, è molto grave.
  L'altro tema per noi è il Mediterraneo. Noi non siamo esattamente sul Mare del Nord, ma siamo nel Mediterraneo. C’è da Pag. 16stupirsi che il Museo egizio fino all'altro ieri non avesse i sottotitoli in arabo. Secondo me lo sviluppo della cultura europea nell'ambito del bacino del Mediterraneo è un argomento che potrebbe interagire con gli aspetti d'integrazione che lei hai rilevato fin dall'inizio: fare cultura vuol dire anche andare verso un'intercultura che diventa civiltà. D'altra parte, la civiltà del Mediterraneo è assolutamente ineludibile.
  Infine, lei ha messo in evidenza alcune cose della «Buona scuola». Qualcuno sostiene che non abbiamo fatto niente. Secondo me, a parte la Carta degli studenti, c’è l'aspetto dell'alternanza scuola-lavoro nei licei. Su questo ci possono aiutare le altre esperienze in Europa. Non si tratta di buttare via del tempo. Certamente si può fare tutto con una riforma, e si può anche farla fallire. Invece, se la si attiva, lì ci sono delle grandissime potenzialità.

  MARA VALDINOSI. In primo luogo vorrei ringraziarla, perché ci ha fatto un quadro molto ampio e molto stimolante, che ci può aiutare a fare meglio il nostro lavoro e ad approcciarci a questo tema. Rispetto alla questione della fruizione culturale del patrimonio artistico e storico, noi dobbiamo avere un approccio sempre più europeo.
  Penso che adesso abbiamo un'occasione straordinaria, citata da lei, che è la nuova programmazione europea 2014-2020, dove ci sono risorse molto rilevanti. Si parlava di 900 miliardi. Naturalmente ci sono una serie di risorse che possono e devono essere destinate alla fruizione del patrimonio culturale, ma anche e soprattutto alla parte attiva di produzione.
  Mi pare veramente importante e interessante questo approccio alla creatività. Io credo che, se noi vogliamo coinvolgere i giovani, abbiamo bisogno di lavorare molto su questo versante, non solo con i giovani che fanno una formazione alta – sto pensando a chi fa scuole di regia o altro – ma anche con i bambini e i ragazzi. Adesso c’è questa possibilità.
  La collega Mattesini citava l'esperienza nella sua città. Mi veniva in mente che noi in queste settimane nella mia città, a Cesena, stiamo ricordando un importante anniversario, che è il centenario della morte di Renato Serra, che è stato un grande intellettuale del nostro Paese. Un gruppo di ragazze e di ragazzi ha tenuto aperta la casa natale di Renato Serra, facendo conoscere l'abbigliamento, gli usi, i costumi, la sua produzione letteraria, con una grandissima passione e un grandissimo entusiasmo. Credo che questa sia una modalità che si potrebbe intraprendere.
  Mi chiedevo come possiamo, a livello europeo e a livello italiano, stimolare di più la conoscenza rispetto alle opportunità che ci sono nei programmi europei. Le chiedo se ci sono dei progetti di cooperazione che, anziché essere indirizzati in modo generico alla fruizione del patrimonio culturale e allo scambio di conoscenze su questo tema – penso ad esempio ai progetti di cooperazione sul tema delle rotte culturali – siano specificamente dedicati ai ragazzi. In tal modo, anche i nostri ragazzi, fin da giovanissimi, comprenderebbero e conoscerebbero meglio le esperienze che ci sono negli altri Paesi europei.

  PRESIDENTE. Do la parola a Silvia Costa per la replica.

  SILVIA COSTA, Presidente della Commissione per la cultura e l'istruzione del Parlamento europeo. Alcune cose che avete detto sono più spunti che domande.
  Alcune delle cose che ha detto l'onorevole Mattesini mi trovano molto d'accordo. Probabilmente sarebbe interessante coinvolgere i comuni sul tema della Convenzione di Faro, che non molti conoscono. Penso che sia un'esercitazione soprattutto locale.
  Io ho cercato di trovare nuovi approcci pedagogici in questo campo. Raccolgo sin d'ora quello che diceva, perché credo che l'Italia abbia moltissime best practice, che fa poco conoscere.Pag. 17
  Noi abbiamo spessissimo hearing e workshop in cui arrivano gruppi di diversi Paesi. Io faccio una fatica enorme a proporre qualche esperienza italiana. Gli italiani non fanno molta pubblicità alle loro iniziative. Io ho sempre sognato il portale delle eccellenze italiane in questo, come in altri campi.
  Quando ero presidente della Commissione parità avevo fatto una sorta di albo di buon governo delle donne, e avevo chiesto di scrivermi in un formato molto preciso quello che erano più fiere di aver fatto nella loro vita di amministratori locali. Se ci fosse su questo un supporto reciproco, io me ne avvarrei, perché conosco alcune esperienze, molte fatte in piccoli musei, però forse bisognerebbe farle circolare un po’ di più.
  Mi collego al suo discorso. «Europa creativa» favorisce e sostiene progetti che vedano esperienze di buone pratiche di valorizzazione del patrimonio culturale, di accesso al patrimonio, di audience development eccetera con questo tipo di obiettivo. Se queste esperienze si mettessero in circuito con altre, anche in circuiti interregionali, si potrebbero presentare dei progetti.
  Per quanto riguarda ciò che diceva Sandra Zampa, non solo lo condivido, ma ho cercato di farlo. Sono stata io all'origine di questa conferenza stampa che abbiamo fatto. L'attenzione dei media non è stata elevata, però abbiamo detto esattamente questo: c’è una violazione in atto. Forse dobbiamo unire un po’ le voci, perché la violazione dei diritti dei minori che è in atto in questo momento è pazzesca.
  Non isoliamo i minori, perché nella Convenzione c’è scritto che, anche in condizioni di difficoltà, non devono essere separati dai genitori. Il minore ha diritto a non essere isolato, ma ha diritto a una relazione. Io credo che si stia andando oltre.
  Vediamo cosa deciderà oggi e domani il Consiglio dei ministri. Vedremo se ci sarà il corridoio umanitario che noi chiediamo da tempo. Ciò non significa alzare un muro, mentre quelli stanno cercando disperatamente di andare da qualche parte. Ci deve essere almeno un corridoio. Questo secondo me è fondamentale. Non ho bisogno di aggiungere altro.
  Per quanto riguarda l'interculturalità, sapevo che c’è un progetto di sostegno del Ministero dell'istruzione, ma bisognerebbe farne altri. Noi abbiamo lanciato l'idea dell'accoglienza di studenti che vengono da questi Paesi. Questa potrebbe essere una cosa importante.
  Penso che sarebbe molto utile che il nostro intergruppo parlamentare dialogasse con voi, nella modalità che vorrete. Potrebbe essere un'occasione la presentazione del vostro rapporto.
  Io ho salutato positivamente alcune scelte della «Buona scuola». Certamente, come si diceva, devono essere implementate e le aspetteremo tutte al varco. Tuttavia, finalmente sono stati inseriti tre o quattro elementi positivi.
  In primo luogo, sono state reinserite le arti dentro ai programmi, che durante i Governi precedenti erano state eliminate, con mia grande sofferenza. Io ero assessore regionale all'istruzione e ricordo bene quanto ne abbiamo sofferto.
  Ha ragione sul turismo. Certamente la storia dell'arte ci deve essere. Non credo che sia esclusa. Forse si deve definire meglio. Io non lo so, però se è esclusa è gravissimo.
  In terzo luogo, l'aver finalmente inserito l'alternanza scuola-esperienza in ambiente lavorativo, ossia la cosiddetta dual education, anche nei licei è una cosa che auspicavamo da anni. Anche l'organico funzionale era un piccolo sogno.
  Ci sono tante altre cose, che adesso non voglio dire. Comunque, su questo il mio giudizio è positivo. In questo senso, l'indicazione secondo me è un po’ più europea. Mi pare che le indicazioni più importanti siano state raccolte. Capisco perfettamente che alla prova dei fatti c’è il Pag. 18problema delle risorse, però era da tempo che non c'erano risorse in più per la scuola.
  Abbiamo saltato il tema dell'aggiornamento dei docenti. Io ho presentato un progetto pilota, faticosamente contrattato con la Direzione generale connect (digitale), e la Direzione educazione, che sto cercando di far lavorare insieme, sul tema di una piattaforma europea di aggiornamento dei docenti per l'uso della didattica digitale (non le tecnologie) nell'ambito delle diverse discipline, ma anche per mettere a punto dei prodotti, dei software o dei format di educazione civica europea, ossia di educazione alla cittadinanza.
  Noi abbiamo bisogno di far lavorare di più fra di loro i docenti. Anche il fatto che finalmente i docenti italiani possano avere un piccolo gruzzolo da spendere per fare queste cose mi pare un avanzamento.
  Tante cose forse si potevano fare di più e meglio, però io mi rendo conto che è stato fatto abbastanza.
  Per quanto riguarda la questione della musica, anch'io parlo di arti. Non vi è dubbio che nell'alta formazione musicale ci sia un gap enorme, non tanto per il fatto che abbiamo dato dei soldi per la ricerca che poi non riceviamo. Non è vero che noi non accediamo alle risorse, ma vi accediamo in altri campi.
  I nostri studenti possono partecipare con forme diverse dal dottorato. Per esempio, «Erasmus plus» quest'anno inaugurerà un nuovo prestito d'onore molto agevolato, con delle forme di restituzione lunghissime, per la partecipazione a master e a percorsi di laurea.
  Anche per il Mediterraneo noi abbiamo una possibilità, che è «Erasmus mundus». È stato il Parlamento a volerlo mantenere.
  In primo luogo, all'Erasmus partecipano più Paesi, non soltanto quelli europei. Alcuni Paesi terzi possono partecipare sulla base di accordi bilaterali, che sono tantissimi. Partecipano già de plano i Paesi candidati (Balcani, Turchia e alcuni Paesi del vicinato).
  Con «Erasmus mundus» si può favorire la possibilità di fare periodi di formazione universitaria anche in Paesi terzi e viceversa, però non sulla base di scelte individuali. Un ragazzo non può scegliere autonomamente di fare un Erasmus in Marocco. Devono esserci degli accordi fra le università, e su quella base si possono fare gli scambi, perché in quel Paese non hanno un'agenzia Erasmus come l'abbiamo noi.
  In secondo luogo, anche «Europa creativa» consente di siglare accordi bilaterali. Io sto spingendo affinché si riprendano gli accordi bilaterali che ancora non sono stati rinnovati con i Paesi del Sud, oltre a quelli con Balcani, Georgia e Ucraina. Il Nord-Est fa un po’ la parte del leone in Europa.
  Sulla base di questi accordi bilaterali, noi abbiamo bellissime esperienze di scambio, non soltanto dal punto di vista dei professionisti: stage, festival, circolazione di opere. Vi cito due esempi. Ci sono due festival molto importanti: il festival cinematografico che si tiene ogni anno a Sarajevo e il festival molto importante che si tiene a Tunisi ogni due anni. Con questi accordi diamo la possibilità a molte cinematografie, loro e nostre, di incontrarsi. Credo che questo sia un tema che deve crescere, come diplomazia culturale.
  La parola «creatività» è entrata imperiosamente dentro al panorama europeo. Si parla ormai di cultura e creatività. «Europa creativa» riguarda tutti coloro che operano nel campo della realizzazione e dell'innovazione di prodotti o servizi culturali, o anche dell'innovazione nella modalità con cui si propone la circolazione dei beni culturali.
  Per esempio, in «Europa creativa» c’è la possibilità di partecipare a bandi rivolti anche a piccole e micro imprese e a no profit. «Europa creativa» è divisa in audiovisivo (media e nuove tecnologie) e parte culturale e creativa. La creatività è entrata a pieno titolo. Su questo si è fatto un importante libro verde della Commissione. Le industrie culturali e creative Pag. 19ormai sono entrate nei programmi pluriennali e anche nei fondi strutturali.
  Il Ministro della cultura ha creato opportunamente un tavolo presso il Ministero, con questo stesso nome: è un tavolo di monitoraggio su come l'Italia sta partecipando al programma «Europa creativa», anche per cercare di sostenerlo e di renderlo più strategico. La coordinatrice si chiama Cristina Loglio. Credo che recentemente sia stata in audizione alla Camera, presso la Commissione cultura. È un modo per vedere come si stanno sviluppando questi progetti e per farli conoscere di più.
  C’è una cosa che non si sa. Voi lo sapete, ma non crediate che fuori lo si sappia molto. Ogni programma europeo gestito direttamente dall'Unione europea (Erasmus, Europa creativa, Cosme e Horizon) è assistito obbligatoriamente da un'agenzia nazionale in ogni Paese europeo, che deve essere quella che dà informazioni, che va a riferire al desk europeo, che accompagna i soggetti eccetera.
  C’è l'Agenzia per le politiche giovanili. L'Agenzia per l'Erasmus è quella che sta a Firenze presso l'INDIRE. Mi sembra che per la parte ex Leonardo, cioè quella relativa alle scuole, l'agenzia sia ancora presso l'ISFOL, però l'INDIRE coordina. Per «Europa creativa» l'agenzia è a via Milano a Roma, in un ufficio distaccato del Ministero per i beni e le attività culturali. Per la ricerca c’è un'altra agenzia.
  C'era una domanda sugli itinerari. Gli itinerari culturali europei sono frequentatissimi da giovani di tutte le età.
  Noi adesso stiamo lavorando perché sia riconosciuta la Francigena del sud, che da Roma va fino a Otranto, e da lì a Gerusalemme, e che ha un significato molto importante. È stato definito il tracciato e siamo riusciti a mettere intorno a un tavolo tutti e a fare l'accordo. Adesso il Consiglio d'Europa dovrebbe decidere se la riconosce.
  A quel punto, la Francigena diventerebbe la via più grande e importante, prima di Santiago.
  Il problema è che a Santiago non hanno mai smesso di camminare e, quindi, hanno apprezzato. A noi manca l'ospitalità povera. Noi abbiamo un po’ di hospitaleros, ma non abbiamo strutturato l'accoglienza. Secondo me, quella sarebbe una grande palestra per i ragazzi.
  Una cosa che io vorrei provare a valorizzare di più è il tema del volontariato. Noi abbiamo il volontariato europeo. È un progetto molto importante e un programma faro dell'Unione europea, che va avanti con i suoi soldi (non tanti), a cui partecipano associazioni e altri organismi.
  Secondo me, potremmo fare qualcosa di più, perché c’è stato l'Anno europeo del volontariato. Io chiesi un libro bianco sul volontariato, perché quello che serve è confrontare un po’ le diverse legislazioni, il significato dello status di volontario, diritti e doveri, le associazioni eccetera. Questo non è stato fatto, però abbiamo scritto un rapporto molto buono al Parlamento, che io vorrei non cadesse nel nulla.
  Il tema del volontariato è importante. A me piacerebbe che diventasse molto più facile per i ragazzi accedere a forme di volontariato europeo.
  La presidenza italiana aveva forzato molto perché si potesse parlare di un servizio civile europeo, senonché il servizio civile prevede un reclutamento europeo, e allora sorgono dei problemi.
  È in corso, però, un progetto molto interessante, in cui ci sono l'Italia, il Lussemburgo, la Germania e un altro Paese. C’è una sperimentazione di servizio civile condiviso.
  Io sono convinta che potrebbe esserci la base giuridica. Siccome questo è un fatto di cittadinanza europea, si potrebbe almeno cominciare a pensare a una cornice comune, e andare avanti per farlo diventare un vero e proprio programma come l'Erasmus. Per ora, è un progetto speciale. Credo che questa sia un'esperienza Pag. 20che fa crescere moltissimo la consapevolezza della cittadinanza dei ragazzi.
  Per esempio, il programma «Europa per i cittadini», a cui purtroppo hanno tagliato le risorse, è molto diffuso e vede scuole che fanno gemellaggi.
  C’è una piccola sperimentazione in atto, che non è del tutto decollata, e che io ho molto incoraggiato, che nasce a Collodi, a partire da Pinocchio. Si tratta dell'idea di lanciare un itinerario europeo della fiaba. È un'idea carina. In fondo, l'immaginario di noi bambini è molto europeo: Andersen, Perrault, Grimm, Collodi, Pippi Calzelunghe.
  Io ho dato una mano, perché il progetto mi piaceva. Insieme all'associazione che se ne è occupata, abbiamo ricostruito che ogni Paese ha una fiaba o un autore specifico, intorno a cui molti hanno costituito la piccola fondazione, il museo, la casa editrice e così via.
  Il 20 novembre dell'anno scorso, il Giorno dell'infanzia, abbiamo presentato questo progetto. La questione non è far camminare bambini lungo i percorsi. Si tratta di fare una cosa diversa. È un progetto che è sia reale che virtuale, per cui ci si possono costruire un sacco di cose sopra. Hanno già fatto il virtual Pinocchio, che è molto divertente.
  La cosa interessante è che potrebbe essere un progetto un po’ diverso: chi vuole va a vedere, per esempio, il percorso di Andersen a Copenaghen, però chi aderisce deve creare a livello territoriale un percorso conoscitivo. Ci si sta lavorando.
  L'idea è nata da Pinocchio, perché c’è una Fondazione Collodi importante. C’è un parco tenuto male, un po’ old fashion. Adesso è arrivato un nuovo imprenditore che vuol fare una cosa molto più interessante.
  Io ho scoperto che Pinocchio è il più tradotto nel mondo. È tradotto in 259 lingue e dialetti. Oggi ho letto che a Torino stanno realizzando un'iniziativa su Pinocchio.

  PRESIDENTE. Ringrazio Silvia Costa, anche per queste risposte che ha dato agli interventi di ciascuna di noi. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15,25.