XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 20 di Martedì 3 maggio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Zampa Sandra , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI MINORI FUORI FAMIGLIA

Audizione di rappresentanti del Movimento italiano genitori Onlus (Moige) e dell'associazione Civiltà cittadina Onlus.
Zampa Sandra , Presidente ... 3  ... 3 
Massaro Antonella , Coordinatrice delle attività e responsabile delle relazioni istituzionali dell'associazione Civiltà cittadina Onlus ... 3 
Zampa Sandra , Presidente ... 5 
Blundo Rosetta Enza  ... 5 
Zampa Sandra , Presidente ... 5 
Massaro Antonella , Coordinatrice delle attività e responsabile delle relazioni istituzionali dell'associazione Civiltà cittadina Onlus ... 6 
Blundo Rosetta Enza  ... 6 
Massaro Antonella , Coordinatrice delle attività e responsabile delle relazioni istituzionali dell'associazione Civiltà cittadina Onlus ... 7 
Blundo Rosetta Enza  ... 7 
Massaro Antonella , Coordinatrice delle attività e responsabile delle relazioni istituzionali dell'associazione Civiltà cittadina Onlus ... 7 
Zampa Sandra , Presidente ... 7 
Massaro Antonella , Coordinatrice delle attività e responsabile delle relazioni istituzionali dell'associazione Civiltà cittadina Onlus ... 8 
Zampa Sandra , Presidente ... 8 
Massaro Antonella , Coordinatrice delle attività e responsabile delle relazioni istituzionali dell'associazione Civiltà cittadina Onlus ... 8 
Zampa Sandra , Presidente ... 8

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
SANDRA ZAMPA

  La seduta comincia alle 12.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti del Movimento italiano genitori Onlus (Moige) e dell'associazione Civiltà cittadina Onlus.

  PRESIDENTE. Il 19 maggio prossimo si svolgerà a Roma un convegno molto interessante organizzato da Save the children Italia Onlus. Il titolo parla da solo: «Una scomoda verità. I bambini che il mondo ha deciso di dimenticare». Sarà dedicato ai bambini più esclusi, cioè a quelli privati dei loro diritti fondamentali, la salute, l'educazione e la protezione, ahimè, in una misura sempre maggiore.
  Vi comunico che sono stata invitata a partecipare in rappresentanza della Commissione, e quindi ovviamente interverrò in quella veste.

  (La Commissione concorda).

  PRESIDENTE. Passiamo alla nostra indagine conoscitiva, che ormai è molto avanti. Abbiamo audito un numero molto grande di associazioni. Oggi, come sapete, dovevamo avere due audizioni, ma, per impegni sopravvenuti, il direttore generale del Moige, Antonio Affinita, non potrà essere presente all'audizione e non ha designato nessuno in sua sostituzione.
  Avremo perciò più tempo per audire la dottoressa Antonella Massaro, che coordina le attività dell'associazione Civiltà cittadina Onlus, ed è anche responsabile delle relazioni istituzionali della stessa associazione.
  Dobbiamo comunque concludere l'audizione almeno dieci minuti prima delle 13.00, perché inizieranno i lavori nell'Aula della Camera. Prima di dare la parola alla dottoressa Massaro indicherei questi tempi: le darei venti minuti, se per lei sono sufficienti, e poi passerei alle domande o agli interventi dei colleghi che volessero farne.
  Dottoressa Massaro, siamo lieti di accoglierla e di ascoltarla.

  ANTONELLA MASSARO, Coordinatrice delle attività e responsabile delle relazioni istituzionali dell'associazione Civiltà cittadina Onlus. Io rappresento un'associazione che si occupa in maniera assolutamente prevalente dell'ascolto di quelle famiglie che si trovano a vivere una situazione sicuramente molto drammatica: quella del rischio che i propri figli naturali o adottivi vengano allontanati dal nucleo familiare o che abbiano già subìto questo che definisco trauma a tutti gli effetti. Raccogliamo sempre, infatti, un immenso dolore da parte di tutti quei genitori che almeno fino a oggi ho ascoltato.
  Da parte delle figure genitoriali emerge, innanzitutto, oltre che il dolore, un grande disorientamento, perché c'è un'enorme difficoltà a rapportarsi nella maniera più funzionale con alcune delle istituzioni, in particolare il servizio sociale. Quello che mi sento di portare in evidenza è l'esigenza di Pag. 4riuscire ad avere una collaborazione continuativa e fattiva, che non può escludere l'aspetto emotivo, quello più delicato in queste vicende e purtroppo spesso trascurato – prevale, infatti, più la rilevanza giuridica laddove si avviano dei procedimenti presso il Tribunale per i minorenni – né quello del rapporto con le istituzioni competenti per territorio.
  Di fatto, quella che viene enunciata, sancita da tutte le norme sia italiane sia ratificate dall'Italia, è la particolare attenzione alla tutela che il minore dovrebbe ricevere nel rimanere all'interno del proprio nucleo famigliare d'origine, o di adozione nei casi in cui ci siano minori adottati da coppie residenti in Italia. Sembra che questo percorso di supporto e tutela dei diritti del minore funzioni quasi a intermittenza. Questo non garantisce la serenità che i bambini vorrebbero sentire più che certa nella loro vita.
  Purtroppo, avviene che le istituzioni, pur volendo operare a tutela dei minori, intervengano attraverso figure istituzionali, come le Forze dell'ordine insieme all'assistente sociale, con un vero e proprio prelievo dei minori dalle abitazioni o addirittura dalla scuola. Questi bambini si vedono così sradicati, per loro in maniera del tutto inspiegabile. Un bambino, infatti, non riesce ad elaborare la vicenda che sta subendo, e probabilmente anche molti adulti vivrebbero con un certo senso di smarrimento il vedersi affiancare da Carabinieri, Polizia, assistente sociale, che magari risultano anche figure strane.
  Si vedono portare via e magari immediatamente collocare in una struttura del tutto sconosciuta, in contesti in cui ci sono, eventualmente, altri minori di età varia e le figure degli educatori, che sono sicuramente ben formate, ma che risultano persone estranee per i minori.
  Quello che mi sento ancora di evidenziare è la sofferenza che questi bambini vivono. Mi rendo conto che in alcuni casi è necessario che avvenga l'allontanamento dei minori dalla famiglia d'origine, perché ci sono situazioni sicuramente lontane da una crescita armoniosa e sana. Ritengo, però, anche che si debba porre una certa attenzione alla modalità utilizzata affinché la tutela che lo Stato offre ai minori diventi fattiva e concreta, anche più facilmente percepibile da parte dei bambini.
  Per bambini, ovviamente, intendo anche gli adolescenti, ovvero qualunque persona che non abbia raggiunto il diciottesimo anno di età. Credo che si debba dare il conforto, la certezza che chiunque arriva d'emblée nella vita dei minori possa trasmettere effettivamente quel calore, quell'affetto che giudico un pilastro per sviluppare qualunque tipo di progettualità volta ad un miglioramento dello status in cui avviene questo tipo di passaggio.
  Un altro aspetto che vorrei portare all'attenzione riguarda il tipo di vita che i minori si trovano a vivere all'interno delle comunità, dette anche case-famiglia, o delle case-rifugio in cui vengono collocati, spesso unitamente alla figura genitoriale materna, perché vittime dirette, o di violenza domestica assistita nel caso dei minori, ma a volte la vittima è anche la madre stessa.
  La maggior parte delle strutture prevede il collocamento di un numero di minori di sicuro nettamente superiore a qualunque nucleo familiare. Questo crea nei bambini la mancanza di riferimenti stabili, viene meno quel principio enunciato come importante di garantire la continuità affettiva di cui i bambini necessitano per mantenere un equilibrio già evidentemente precario, se è il servizio sociale ad intervenire per un'eventuale violenza domestica o per una negligenza nell'accudimento da parte dei genitori, dove l'accudimento non è soltanto quello relativo alla persona fisica ma anche all'equilibrio emotivo.
  Allo stesso modo, questo accudimento manca nelle comunità, per cui mi pongo un quesito. Si potrebbe rivedere la strutturazione di questi luoghi istituzionali? Penso che, considerando i tempi necessari, si possa raggiungere un elevato miglioramento delle condizioni dei minori, ma anche della figura genitoriale che rimane vicina al minore stesso.
  In questo senso, mi viene da proporre che queste strutture, queste comunità per minori siano più vicine alla famiglia tradizionale, che non ci siano più stanzoni con Pag. 5diversi bambini, in cui da un momento all'altro si condivide qualunque spazio, anche uno normalmente privato, come i servizi, la cucina. Detta così, potrebbe sembrare banale, ma trovarsi sradicati dalla propria casa, catapultati in mezzo a un numero assolutamente variabile di persone del tutto estranee debilita parecchio.
  Allo stato di disagio d'origine si somma, si sovrappone quello di un nuovo stato di vita che non facilita l'equilibrio psicofisico, emotivo, a volte anche di crescita didattica. Spesso, infatti, i bambini che sono all'interno delle comunità continuano a trascinarsi delle défaillance anche nell'apprendimento e nello svolgimento del programma didattico.
  Ovviamente, c'è la figura degli educatori. Io vorrei sottolineare che saranno davvero anche molto preparati, ma l'affetto non si studia sui libri. I bambini, insieme alla preparazione di queste figure, di questi operatori, necessitano profondamente di essere accolti, amati e resi partecipi della loro stessa vita, altrimenti si sentono semplicemente spostati, collocati da una parte all'altra.
  Sono profondamente convinta che amando i bambini – che non vuol dire assolutamente essere permissivi – valorizzando la loro persona, si possa realmente essere presenti e di aiuto nella loro crescita. Concluderei qui.

  PRESIDENTE. Ringraziamo la dottoressa Massaro.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ROSETTA ENZA BLUNDO. Ho ascoltato questa relazione che ci fa riflettere su come questi allontanamenti possano creare situazioni traumatiche. Sicuramente lo abbiamo visto anche ultimamente sulla stampa, quando si è riportato il caso di un bambino strattonato dalla maestra. Credo che sia importante riflettere su questa condizione di allontanamenti non controllati, come ci diceva anche la dottoressa Massaro. Si va, infatti, a incidere su ambienti in cui i bambini vivono in maniera diversa da quella che è la problematica familiare. La scuola dovrebbe essere il luogo in cui il bambino viene protetto, almeno lì, nel suo percorso educativo-formativo.
  Siccome ci ha accennato alla modalità più corretta, magari vorrei un approfondimento su queste modalità. Anche a noi sembra che il mondo educativo scolastico e formativo non debba essere intaccato da questo tipo di traumi, che poi incidono anche sul percorso scolastico del ragazzino.
  Ci stava, inoltre, informando su diverse tipologie di strutture, con numeri non adeguati. Precedentemente a questa, abbiamo avuto anche audizioni in cui sono venuti a riferirci condizioni ottimali di accoglienza nelle strutture. Come associazione Civiltà cittadina siete in grado di darci indicazioni su come avvengono le scelte degli istituti e su come sarebbe giusto che vengano assegnati?
  Ancora, siete al corrente di programmi per la collocazione in questi istituti, programmi che poi debbono essere verificati? L'allontanamento è un'azione traumatica, in alcuni casi indispensabile e necessaria, come abbiamo capito anche dalle audizioni. Ci sono delle situazioni in cui l'allontanamento è risolutivo rispetto a situazioni di maltrattamenti gravi, come nel caso della bambina che è stata uccisa a Caivano.
  Sicuramente, intervenire ed evitare i drammi di un certo tipo è giusto, ma negli interventi bisogna anche capire da dove si parte, che tipo di programma si mette in campo e la verifica di questo programma. Avete notizie sotto questi aspetti?
  Un'ultima domanda riguarda l'articolo 403 del codice civile, sull'allontanamento del minore dall'abitazione famigliare, su cui ho presentato al Senato il disegno di legge S.1755 per una modifica. Non so se anche a voi risulta che sia in vigore una norma che consente in maniera troppo indiscriminata l'allontanamento. Vi ringrazio per l'audizione.

  PRESIDENTE. Do la parola alla nostra ospite per le risposte.

Pag. 6

  ANTONELLA MASSARO, Coordinatrice delle attività e responsabile delle relazioni istituzionali dell'associazione Civiltà cittadina Onlus. Per quanto riguarda le strutture residenziali in cui i minori vengono collocati, purtroppo esiste una disparità, che non sempre vede strutture assolutamente confortevoli in cui i bambini riescano a percepire un ambiente molto più domestico, familiare.
  Nello specifico, in modo da essere estremamente chiara, posso portare la diretta conoscenza di una comunità che esiste in Puglia: è una casa, una villa che è stata adibita, ovviamente con tutti i permessi necessari, a struttura residenziale per minori. Sia la coordinatrice di questa struttura sia gli educatori cercano quotidianamente di adoperarsi per avere un rapporto con gli utenti non istituzionale e asettico, ma di supporto alla crescita.
  Questo fa emergere che ogni équipe educativa mette in campo una sua modalità, pur avendo di base probabilmente la stessa preparazione. Ogni comunità per minori richiede, infatti, che siano assolutamente presenti la figura di un assistente sociale, di una psicologa e di educatori professionali, per cui partiamo da un livello di preparazione uguale per tutti. Di fatto, però, nel concreto la modalità di interfacciarsi, e quindi di svolgere il ruolo assegnato è estremamente differente da comunità a comunità. Io posso portare la testimonianza di una comunità assolutamente eccellente dal punto di vista non solo strutturale, ma umano.
  Ecco perché mi chiedo: perché non impegnarsi, non cercare di fare i dovuti controlli non volti all'accusa verso qualcuno, ma al miglioramento? Laddove mancano delle risorse strutturali e delle risorse di équipe educative, auspico un lavoro di squadra, che diventi di risoluzione dei problemi, perché staranno bene i bambini, che credo sia la priorità per tutti, ma anche gli educatori stessi, che vedranno valorizzato il loro ruolo se hanno scelto di svolgere questo lavoro nella vita, di essere dei professionisti d'aiuto per i minori.
  In inglese vengono spesso definiti caregiver e forse rende di più l'idea: i donatori di cura, ma in che senso? Il bambino deve essere valorizzato, ha così tanti talenti. La psicologia dell'età evolutiva ce lo dice. Tutte le scienze neurologiche ci portano a dare il massimo valore al bambino da quando nasce. Ogni bambino è un dono. Il fatto che viva una condizione di disagio dovrebbe essere una leva per chiunque di noi, adulto, per supportarlo ancora di più, per aiutarlo a superare una condizione di dolore e a sentirsi prima di tutto amato.
  In un nuovo stato di accoglienza e rispetto, crescerà con maggiore serenità. Ne ha pieno diritto. Probabilmente, eviteremo quella che dopo viene definita devianza minorile, che non viene fuori come un fungo all'improvviso. La devianza minorile emerge a seguito di tanti traumi, di tante mancanze d'amore, di tante mancanze di figure di caregiver.
  La mia ulteriore proposta è di riflettere sulle risorse disponibili affinché questo comfort arrivi ai bambini. Sappiamo che gli educatori possono operare non soltanto come figure residenziali o semiresidenziali, ma anche presso l'abitazione dei minori, e vengono chiamati homemaker. Dico: mettiamo in campo tutti. Anziché fare un popolo di educatori professionali o di psicologi disoccupati, mettiamoli in campo, perché le risorse umane le abbiamo, e le necessità della presenza dei caregiver nelle abitazioni c'è. Si possono incontrare queste esigenze.
  Chi ha desiderato formarsi può incontrare chi ha bisogno, e chi ha bisogno può incontrare chi offre questa mano concreta. Si può realizzare il bene, non è un'utopia, concretamente e passo dopo passo. Non stiamo facendo la pubblicità per chissà quale battaglia umanitaria. Penso che ognuno, se fa bene il proprio lavoro, dà il via a qualcosa di assolutamente positivo, costruttivo e concreto, molto con i piedi per terra, anche perché i risultati si vedono subito. I bambini non si fanno vincere in generosità.

  ROSETTA ENZA BLUNDO. Per quanto riguarda le modalità di scelta di queste strutture? C'era anche il discorso, come ci diceva, di un programma.

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  ANTONELLA MASSARO, Coordinatrice delle attività e responsabile delle relazioni istituzionali dell'associazione Civiltà cittadina Onlus. Molto più personalizzato. È previsto.

  ROSETTA ENZA BLUNDO. Esiste una verifica di questo programma?

  ANTONELLA MASSARO, Coordinatrice delle attività e responsabile delle relazioni istituzionali dell'associazione Civiltà cittadina Onlus. Teoricamente, è prevista la verifica di queste strutture e di questi programmi. Di fatto, devo dire che non ho riscontrato molto in merito.
  L'assistente sociale dovrebbe provvedere a stilare un programma, detto progettazione, per ogni singolo utente, anche non necessariamente collocato in una struttura diversa da quella della propria abitazione. Qualunque utente preso in carico dal servizio sociale dovrebbe essere a conoscenza di un programma adeguato al livello socioculturale dell'utente stesso.
  Sinceramente, sono dati estremamente nebulosi. Questo è un fattore a mio avviso importante, rilevante se si vuol fare un po’ di più, altrimenti le risorse vanno sprecate e gli obiettivi non si raggiungono. Questo diventa, però, un danno direttamente presente nella vita delle persone. Una società che si dica evoluta, che ha comunque delle fonti normative ampie, dettagliate, accurate, perché mai non dovrebbe metterle in campo?
  Quanto alla tipologia di strutture, credo che si debbano ridefinire alcuni parametri. Ad oggi sono consentite strutture che accolgano un ampio numero di utenti, sia minorenni soli sia accompagnati dalla figura genitoriale, spesso la mamma, perché di solito, come dicevo all'inizio, vittime di violenza domestica o di un disagio sociale. Ritengo che si debba rivedere il modo in cui sono stati stabiliti questi parametri di accoglienza. Sicuramente, va ridotto il numero di utenti.
  Oltretutto, la tipologia della personalità e la differenza che caratterizza ogni persona spesso non favorisce una cooperazione tra l’équipe educativa e una grande quantità di utenti. Si crea molto disordine, diventa molto difficile gestire utenti con un percorso, un background differente. Gestire, invece, dei gruppi entro delle unità molto più ridotte garantirebbe l'efficacia della progettualità anche interna della struttura stessa.
  Ancora, rivedrei la presenza di strutture semiresidenziali che possano garantire un aiuto alle famiglie che probabilmente, per le loro vicende, il loro percorso di vita, non hanno potuto acquisire competenze genitoriali sufficienti, ma non per questo devono essere danneggiate negli affetti. Forse qualcuno non ha avuto la possibilità, un esempio di figura educativa tale da poter strutturare allo stesso modo una consapevolezza genitoriale sufficiente. Abbiamo oggi gli strumenti, presenti in maniera anche capillare. Si può non disgregare una famiglia che ha già difficoltà, come la norma prevede.
  Le norme internazionali ratificate dall'Italia, infatti, come anche la norma e il codice deontologico dell'assistente sociale, sia quello italiano sia quello internazionale, prevedono che si facciano progetti volti a tenere unito il nucleo familiare. L’extremaratio è l'istituzionalizzazione del minore, ma è l’extremaratio.

  PRESIDENTE. La ringraziamo per averci ricordato questi aspetti. Naturalmente, occorre sottolineare che ogni regione ha una sua modalità, ha strutture che rispondono a propri criteri, non è dappertutto uguale.
  Aggiungo che l’extremaratio dell'istituzionalizzazione, salvo incidenti e incapacità di lettura della situazione da parte dei magistrati o degli assistenti sociali, normalmente avviene per mettere in sicurezza i minori. Una struttura semiresidenziale, se c'è un pericolo o, ahimè, una situazione come capita di dover prendere atto che esiste – ed esiste spesso nelle situazioni di maggiore degrado sociale – ad esempio nei casi purtroppo all'attenzione della cronaca in questi giorni, li esporrebbe nuovamente ad un gravissimo pericolo.
  Capisco il criterio di lettura con cui lei approccia il tema, che è certamente corretto, ma è uno degli aspetti, non l'unico.

Pag. 8

  ANTONELLA MASSARO, Coordinatrice delle attività e responsabile delle relazioni istituzionali dell'associazione Civiltà cittadina Onlus. Le assistenti sociali possono operare attraverso le visite domiciliari, ed effettivamente purtroppo sappiamo bene che esistono quartieri che presentano un maggiore pregiudizio per i minori. Allora, alla luce di questo, mi chiedo: sarebbe possibile avere una maggiore presenza del servizio sociale, proprio per tutelare i minori?

  PRESIDENTE. Avremo qui nei prossimi giorni il presidente dell'Ordine degli assistenti sociali, che quindi ascolteremo, ma sappiamo tutti che c'è stato un taglio dei servizi a partire dal 2008 molto grave, un azzeramento dei fondi disponibili anche per le città riservatarie. Si è invertito ciò che bisognava fare. Oggi assistiamo ad un'enorme difficoltà anche per i numeri, nel senso che sono molti di meno rispetto al necessario, sono sotto una pressione estrema.
  Occorre, quindi, semmai ripensare il sistema dei servizi sociali e tornare ad investire in un progetto di comunità. È evidente che situazioni come quelle che, appunto, hanno portato recentemente alla morte drammatica di quella bambina nel Napoletano, e probabilmente non solo di questa, dovrebbero essere al centro dell'intervento. Non farei ricadere, però, la responsabilità sull'assistente sociale.

  ANTONELLA MASSARO, Coordinatrice delle attività e responsabile delle relazioni istituzionali dell'associazione Civiltà cittadina Onlus. No, assolutamente. Non è questo l'obiettivo.

  PRESIDENTE. Ringraziamo la nostra ospite.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.40.