XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 17 di Martedì 12 aprile 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI MINORI FUORI FAMIGLIA

Audizione del Ministro della salute, Beatrice Lorenzin.
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 
Lorenzin Beatrice (AP) , Ministro della salute ... 3 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 4 
Lorenzin Beatrice (AP) , Ministro della salute ... 4 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 10 
Blundo Rosetta Enza  ... 10 
Lorenzin Beatrice (AP) , Ministro della salute ... 11 
Lupo Loredana (M5S)  ... 12 
Iori Vanna (PD)  ... 12 
Lorenzin Beatrice (AP) , Ministro della salute ... 12 
Mattesini Donella  ... 12 
Padua Venera  ... 13 
Lorenzin Beatrice (AP) , Ministro della salute ... 14 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 15 

ALLEGATO: Relazione integrale presentata dal Ministro della salute, Beatrice Lorenzin ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

  La seduta comincia alle 14.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente.)

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito)

Audizione del Ministro della salute, Beatrice Lorenzin.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui minori fuori famiglia, l'audizione del Ministro della salute, onorevole Beatrice Lorenzin.
  Avverto che il Ministro è accompagnato dal capo dell'ufficio legislativo, avvocato Maurizio Borgo, dal segretario particolare, dottor Emanuele Calvario, e dal portavoce, dottor Claudio Rizza.
  Lascio quindi la parola al Ministro Lorenzin, che ringrazio per la disponibilità. L'ambito in cui noi svolgiamo quest'indagine conoscitiva è relativo ai minori fuori famiglia e quindi aspettavamo il contributo del Ministero della salute proprio per chiudere il perimetro di questa situazione, che soprattutto per i minori stranieri non accompagnati pare avere contorni poco netti.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Grazie. Infatti, nonostante sia una materia non di strettissima competenza per quanto riguarda il regime che tutela i minori, però gli aspetti sanitari hanno una rilevanza e quindi vi ringrazio per avermi invitato per dare un contributo su questa che è una materia estremamente importante e una tematica che mi sta particolarmente a cuore.
  Come dicevo, si tratta di una materia che ha indubbiamente una valenza sanitaria, atteso che ogni persona manifesta fin dal momento della nascita bisogni che richiedono risposte diversificate non solo in rapporto alle condizioni di salute, ma anche in relazione allo sviluppo motorio, psichico, relazionale, emotivo e sociale.
  Ogni persona ha infatti il diritto di godere del miglior stato di salute possibile e di accedere a cure sanitarie appropriate in tutte le fasi della propria vita, in particolare nell'età evolutiva, e so che state per iniziare un'indagine conoscitiva estremamente interessante in proposito, perché si parla moltissimo di minori, ma spesso i minori sfuggono alle attenzioni e alle cure di cui avrebbero bisogno, non solo da parte del legislatore, ma anche da parte delle autorità. Lo dico in base ai dati che abbiamo, alle continue denunce, anche per quanto concerne bambini all'interno del contesto familiare.
  C'è un tema che riguarda i minori e la loro tutela che secondo me è bene focalizzare. Costituisce patrimonio di comune esperienza che crescere in un ambiente famigliare con i giusti affetti e le dovute cure è la condizione che più delle altre favorisce le migliori condizioni di salute e di sviluppo del bambino e dell'adolescente. L'importanza di questa condizione naturale prima ancora che fisiologica è stata ben espressa dal legislatore nazionale, che allo scopo ha previsto, fin dalla fondamentale legge n. 184 del 1983, che il minore abbia il diritto di Pag. 4crescere e di essere educato nell'ambito della propria famiglia.
  La legislazione vigente in tema di adozioni, anche in applicazione della Convenzione di New York nel 1989, ribadisce come preminente il diritto del minore ad una famiglia. Ecco perché il tema dei minori fuori famiglia richiede un'attenzione particolare in considerazione dell'impatto negativo che questa condizione patologica può avere sullo sviluppo fisico e mentale del minore.
  È proprio per la rilevanza anche sanitaria della tematica in argomento che il Ministero della salute ha partecipato attivamente ai lavori dell'Osservatorio nazionale infanzia e adolescenza per la redazione del IV Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, in particolare nel sottogruppo a sostegno della genitorialità, del sistema integrato dei servizi e del sistema dell'accoglienza.
  Al riguardo, il Ministero sta già contribuendo per i profili di competenza in due importanti ambiti. Il primo concerne l'organizzazione di strutture semiresidenziali e residenziali terapeutiche per i disturbi neuropsichici dell'infanzia e dell'adolescenza, il secondo riguarda la determinazione dell'età dei minori stranieri non accompagnati.
  Da questo punto di vista abbiamo registrato nella nostra analisi in ambito territoriale un ambito di criticità per quanto riguarda la neuropsichiatria infantile, cioè abbiamo la necessità di rafforzare la tutela della neuropsichiatria infantile soprattutto per la presa in carico del paziente sul territorio, non tanto nella fase che riguarda l'acuzie e quindi la gestione in ospedale del bambino o dell'adolescente, quanto piuttosto nella presa in carico e continuità assistenziale.
  Questo è un tema che stiamo sottolienando molto anche nei confronti della Conferenza Stato-regioni, nei riguardi degli ambiti in cui si dialoga e ci si confronta sui temi non solo sanitari, ma anche socio-assistenziali. È un tema che riguarda le demenze in genere, ma anche problemi del comportamento, e una delle carenze principali si rileva proprio in ambito territoriale, la presa in carico assistenziale, nel percorso a scuola e durante l'attività diurna. Abbiamo quindi l'esigenza di un accompagnamento che aiuti il bambino nel suo sviluppo, in caso di problemi del linguaggio o di sindromi comportamentali, patologie di cui riscontriamo un aumento significativo.
  La neuropsichiatria infantile è quindi uno dei temi all'attenzione del Governo e della Conferenza Stato regioni. Prima di passare a questi due ambiti c'è una serie di dati che immagino abbiate e che ho inserito nella relazione.

  PRESIDENTE. Forse sarebbe preferibile leggerli.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Va bene. I dati dell'Istituto degli innocenti riportati nei «Quaderni della ricerca sociale», n. 31, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali evidenziano al 31 dicembre 2012 la presenza di 28.449 minorenni fuori dalla propria famiglia. Immagino che abbiate già i dati Istat sui minori e anche la presenza nelle residenze, nei presìdi di tutela e di assistenza, comunque ve li lasciamo, come anche quelli nelle residenze di tipo assistenziale.
  Dalle rilevazioni Istat al 31 dicembre 2012 emerge che l'ingresso nelle strutture socio-assistenziali e socio-sanitarie è legato prevalentemente a problemi riconducibili al nucleo familiare. Quasi la metà degli ospiti con meno di 18 anni (il 45 per cento) viene accolto nelle strutture residenziali per problemi economici, incapacità educativa o problemi psicofisici dei genitori.
  Per la rimanente quota di minori le motivazioni che determinano l'ingresso in strutture residenziali sono diverse: quasi 3.000 minori, cioè il 19 per cento, entra nelle strutture perché accolti insieme al genitore, 1.972 ragazzi, cioè il 12 per cento, sono stranieri privi di assistenza o rappresentanza da parte di un adulto, poco più di 1.000 (il 7 per cento dei minori ospiti) sono vittime di abusi e maltrattamenti, mentre circa 2.700 minori (il 17 per cento) vengono accolti per altri motivi. Questa è la casistica al 2012. Pag. 5
  In questo contesto il Ministero della salute sta svolgendo un ruolo di significativo rilievo e infatti, anche se non vi è dubbio che la famiglia di origine sia il luogo elettivo per lo sviluppo ottimale dei bambini, alcune particolari e delicate condizioni collegate all'esordio di disturbi neuropsichici dimostrano che il contesto familiare e territoriale non è sempre sufficiente ed adeguato.
  Siamo tutti consapevoli che i disturbi neuropsichiatrici nei minori necessitano di sostegni specialistici continui di più tipologie, che difficilmente una famiglia può fornire. È inoltre importante ricordare che spesso il fallimento di affidi e adozioni è determinato proprio da questo tipo di disturbi, quale conseguenza delle storie di grave disagio e dolore vissute dai minori.
  Aggiungo che la mancanza di un supporto adeguato comporta inevitabilmente l'insuccesso dell'affido e dell'adozione, con la conseguenza che si sommano esperienze negative. Si aggrava infatti sia la situazione del minore, che sperimenta sulla sua pelle un ulteriore fallimento, che quella delle coppie affidatarie o adottive, che si sentiranno inadeguate rispetto al percorso familiare.
  Immagino che sappiate dei tanti casi di bambini «restituiti» ed è evidente che quando questo accade si aggiunge un ulteriore trauma a quello dell'abbandono.
  Un'altra esperienza che abbiamo riscontrato sul territorio, soprattutto nell'ambito dei comuni in difficoltà economiche che sotto-finanziano le strutture di accoglienza per i minori, è che alcune di esse non possono fornire un adeguato supporto psicologico, quindi bambini che si trovano affidati alle cure di tali strutture non sono seguiti e supportati da un'adeguata terapia di accompagnamento.
  Nel corso di una recente esperienza personale ho potuto riscontrare situazioni di grande sofferenza su cui ci siamo attivati per sollecitare l'assistenza sociale ed un supporto di tipo psicoanalitico, però questo si ricollega alla rete di supporto sul territorio non solo delle ASL, ma anche dell'assistenza sociale e dell'assistenza psicologica dedicata al minore con problemi.
  Vi sono problemi patologici oppure fasi che necessitano semplicemente di ascolto o di una terapia di sostegno in un percorso di superamento di un dramma o di elaborazione di un lutto, che, se è difficile per qualsiasi bambino, immaginiamo per un bambino che si trova da solo in una casa famiglia! In questi casi sarebbe necessario un intervento immediato, continuativo e monitorato.
  Il 13 novembre 2014 è stato definito l'accordo in Conferenza unificata relativo agli interventi residenziali e semiresidenziali terapeutico-riabilitativi per i disturbi neuropsichici dell'infanzia e dell'adolescenza.
  Le strutture semiresidenziali e residenziali terapeutiche sono dedicate al trattamento di minorenni con disturbi neuropsichici che necessitano di interventi terapeutico-riabilitativi associati ad interventi di supporto socio-sanitario e costituiscono un'importante componente della rete dei servizi di neuropsichiatria per l'infanzia e l'adolescenza.
  È di tutta evidenza che i minori con un disturbo neuropsichico manifestano bisogni complessi, ivi comprese problematiche connesse ad una comorbilità somatica e con necessità di interventi multiprofessionali. Per questa specifica necessità vengono presi in carico dal servizio territoriale di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, che elabora un piano di trattamento individuale.
  Nell'ambito di detto piano può essere previsto l'invio ed il temporaneo inserimento in una struttura semiresidenziale o residenziale per un trattamento terapeutico riabilitativo. L'inserimento in una tale struttura nell'ambito del Servizio sanitario nazionale avviene esclusivamente a cura del Servizio territoriale di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, tramite una procedura di consenso professionale per la buona pratica clinica, basata su criteri di appropriatezza come processo attivo e non di autorizzazione passiva.
  Il piano di trattamento individuale prevede la sottoscrizione di un accordo-impegno di cura con il minorenne, con la partecipazione della famiglia ed il coinvolgimento Pag. 6 della rete educativa scolastica, al fine di favorire la volontarietà e l'adesione al trattamento. Il servizio inviante segue e monitora, tramite un proprio operatore di riferimento che ha la funzione di case manager, l'andamento degli interventi.
  Va sottolineato che le strutture semiresidenziali e quelle residenziali, pure entrambe con finalità riabilitative, hanno indicazioni e caratteristiche differenti. Le semi-residenze forniscono un servizio diurno, ospitando un'utenza con bisogni assistenziali che consentono comunque la permanenza nell'ambito famigliare e nel contesto socio-educativo di riferimento. Rappresentano pertanto l'intervento da privilegiare nel trattamento dei disturbi neuropsichici dei minorenni, anche al fine di prevenire la necessità di ricovero ospedaliero o di inserimento in una struttura residenziale terapeutica e di minimizzarne la durata.
  L'inserimento residenziale è invece collegato alla presenza di bisogni assistenziali che comportano la necessità di interventi terapeutico-riabilitativi maggiormente intensivi, non erogabili né ambulatorialmente, né in regime semiresidenziale, o nei quali vi sia anche l'indicazione all'allontanamento temporaneo dal contesto famigliare o sociale.
  Un aspetto rilevante da tenere in considerazione per tutti gli utenti con disturbi neuropsichici dell'età evolutiva è l'istituzionalizzazione, che va limitata al tempo strettamente indispensabile a garantire la terapia necessaria. Questo è estremamente importante in quanto, se prolungata, la stessa può avere ricadute negative sia sul percorso di crescita e sviluppo dei minorenni che sulla integrazione nel contesto di appartenenza.
  Sono di significativa importanza i criteri di appropriatezza relativi all'inserimento e alla sua durata, la connotazione puntuale dei percorsi di cura in rapporto alle caratteristiche del programma terapeutico riabilitativo adottato e la presenza di strutture territoriali semi-residenziali e di ricovero per gestire adeguatamente tutte le fasi del percorso.
  Purtroppo nel Paese non tutte le regioni e le ASL sono organizzate nello stesso modo, quindi ci sono ambiti di eccellenza e di presa in carico garantita e continuativa del paziente, altri meno, e questo va detto onestamente.
  Un altro aspetto importante è la territorialità. Dai dati disponibili risulta che la maggior parte degli inserimenti residenziali terapeutici e riabilitativi dei minori con disturbi neuropsichici avviene oggi ad una significativa distanza dal luogo di residenza. Ciò implica numerose conseguenze negative, rendendo più difficile il raccordo tra struttura residenziale e servizio inviante, il mantenimento delle relazioni significative, il reinserimento sociale nell'ambiente di provenienza.
  È importante quindi che l'inserimento venga effettuato in una struttura ubicata nel territorio di residenza o comunque nel territorio regionale, al fine di favorire la continuità terapeutica ed il coinvolgimento della rete famigliare e sociale, ad eccezione ovviamente dei casi in cui vi sia la necessità di un allontanamento del minore.
  L'inserimento in struttura residenziale terapeutica è più frequente in età adolescenziale, ma può avvenire anche in altre fasi della vita. Premesso che nelle strutture residenziali e semiresidenziali terapeutiche non è in genere opportuna la contemporanea presenza di utenti con età molto diverse, qualora ciò avvenga devono essere previste modalità organizzative che consentano la gestione con moduli differenziati per età.
  Quanto all'integrazione socio-sanitaria, che è uno dei temi più critici e complessi, osservo che nei minorenni con disturbi neuropsichici sono necessari interventi sanitari terapeutico-riabilitativi ed interventi sociali educativo-pedagogici, sostegno alle famiglie, con una prevalenza variabile fra gli uni e gli altri.
  Tale necessità si presenta anche quando i minori sono inseriti in strutture semi-residenziali. Le soluzioni adottate dalle varie regioni sono diversificate, sono previste infatti strutture residenziali terapeutico-riabilitative a gestione sanitaria e strutture residenziali socio-educative a gestione sociale, nelle quali gli eventuali interventi sanitari sono garantiti dalle ASL anche Pag. 7tramite protocolli di collaborazione con i servizi di neuropsichiatria per l'infanzia e l'adolescenza.
  Arriviamo adesso al tema dei minori non accompagnati. Siamo tutti consapevoli che i flussi di rifugiati e migranti in Europa hanno raggiunto oggi livelli senza precedenti. Circa un milione di persone, un terzo dei quali sono bambini, hanno dovuto affrontare il pericoloso viaggio della speranza verso l'Europa e purtroppo molti sono morti.
  La dimensione del fenomeno si traduce in una grande sfida per l'Europa ed in particolare per gli Stati membri che come l'Italia si trovano sulle rotte migratorie principali. L'impatto sui bambini è senza precedenti: bambini che hanno perso la vita in mare (almeno 700, in massima parte nell'Egeo), bambini rimasti orfani o che hanno perduto persone care, che hanno dovuto lasciare le proprie case e comunità, bambini abusati, picchiati, maltrattati, che hanno subìto ogni tipo di trauma, come ci riferiscono i nostri operatori sanitari che sono sul fronte.
  Il 2015 ha visto centinaia di migliaia di bambini e le loro famiglie migrare in un'Odissea di speranza attraverso l'Europa. In Italia, secondo i dati del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, i minori stranieri non accompagnati e coloro che si dichiarano tali sbarcati nel 2014 sono pari a 13.026, il 50 per cento di tutti i minori sbarcati (26.122).
  Nel contesto europeo, in una recente tavola rotonda sul tema del rispetto per i bambini nell'Agenda per la migrazione organizzata da UNICEF e dall'intergruppo per i diritti dei minori del Parlamento europeo a Palermo presso il Tribunale per i minorenni, il Comitato dei diritti umani ha ricordato l'importanza di un lavoro comune nei vari Paesi europei in tema di accertamento dell'età dei minori non accompagnati.
  È emerso che il minore ha il diritto di essere informato con un linguaggio commisurato alla sua comprensione; nell'ambito delle procedure per l'accertamento dell'età deve essere presente un rappresentante legale tutore; si deve valutare la validità dei documenti e deve essere consentita al minore la possibilità di fare appello contro il provvedimento di attribuzione dell'età.
  In merito ai vari protocolli per la determinazione dell'età, è stata espressa preoccupazione per gli esami invasivi e non appropriati ed è stata auspicata la presenza di personale altamente qualificato e multidisciplinare. Noi abbiamo avuto un'importante riunione con l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) che ho voluto qui in Italia a dicembre, quando si è tenuta la Conferenza regionale dell'OMS proprio sul tema dei minori e dei flussi migratori e abbiamo potuto constatare che dal punto di vista sanitario nell'ultimo anno la tipologia di migrazione, anche quella da terra, è profondamente cambiata.
  Fino a qualche anno fa i migranti erano prettamente maschi di età adulta o minori dai 16-17 anni in su, oggi soprattutto nei flussi via terra abbiamo un enorme aumento delle donne e dei bambini, anche bambini soli, laddove far mettere in viaggio un bambino di 5, 6 o 7 anni da solo dimostra il livello di disperazione.
  Nel corso delle visite che facciamo con i nostri medici qui in Italia ma anche negli altri hotspot europei, abbiamo trovato moltissime ferite e cicatrici da percosse e da maltrattamenti, in particolare sui minori e sulle donne. Sulle donne poi c'è tutto un tema di abusi; quindi abbiamo segnalato anche all'OMS e alla Commissione europea la necessità di vaccinarli in queste visite nel primo approccio.
  Con «Mare Nostrum» abbiamo avuto circa 100.000 persone tra controllate e vaccinate, e il tema che oggi abbiamo è quello di un'assistenza psicologica rispetto al flusso di persone che arrivano. Anche al nostro Istituto nazionale per i migranti e le povertà, che si trova a Roma ed è un pronto soccorso con mediatori culturali, abbiamo circa 80.000 accessi all'anno e parlando con gli operatori emerge la crescente necessità di un supporto psicologico soprattutto per i bambini.
  Abbiamo innescato delle procedure di accompagnamento per questi bambini che, attraverso i disegni nella sabbia o attraverso Pag. 8 altre modalità espressive, ci raccontano i traumi che hanno subìto, che sono stati più di uno e prolungati nel tempo. Molti bambini hanno visto morire i genitori, i fratelli o le persone che li accompagnavano durante il viaggio, quindi hanno oggettivamente bisogno di assistenza.
  Per mettere in atto politiche di accoglienza di minori stranieri è fondamentale individuare correttamente chi è effettivamente minorenne, problema che si pone soprattutto nel caso dei minori non accompagnati. Conoscere con precisione l'età di un minore qui non è un mero adempimento burocratico, essendo invece indispensabile per la corretta identificazione dei beneficiari delle politiche di accoglienza, in quanto da un lato consente ai minori di accedere a tutti i diritti e alle tutele che l'ordinamento appresta loro in ragione appunto dell'età, e dall'altro impedisce ai maggiorenni di usufruire illegalmente di diritti e tutele che non spettano loro.
  Come dichiara l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati rappresentante per il sud Europa, in un documento dedicato del marzo 2014, a fronte della presenza in Italia di minori non accompagnati in maggioranza di età compresa tra i 16 e i 17 anni, l'accertamento dell'età ai fini di una corretta identificazione è di fondamentale importanza per garantire loro l'effettivo esercizio dei diritti di cui sono titolari ed evitare l'adozione di provvedimenti che possano essere gravemente lesivi di tali diritti.
  Allo stesso modo un accurato accertamento dell'età potrebbe ridurre la possibilità che adulti vengano erroneamente identificati come minorenni ed alloggiati in strutture per minori, mettendo a rischio questi ultimi ed abusando del sistema di protezione a loro riservato.
  Il Ministero della salute sta provvedendo all'aggiornamento del protocollo multidisciplinare per l'accertamento dell'età dei minori non accompagnati, al fine di assicurare una corretta e rapida presa in carico dei minori, che sono certamente i soggetti più vulnerabili nell'ambito della popolazione migrante. Il tavolo interregionale Immigrati e servizi sanitari del Coordinamento della Commissione salute della Conferenza delle regioni, coadiuvato da alcuni esperti di società scientifiche e organizzazioni internazionali, ha definito una nuova bozza di protocollo per l'identificazione e l'accertamento olistico multidisciplinare dell'età dei minori non accompagnati, aggiornando il precedente del 2009.
  Detta proposta, più ampia del protocollo del 2009, comprende sia la parte sanitaria che altri aspetti più pertinenti al processo di accoglienza e identificazione dei minori stranieri di competenza di altre amministrazioni, cioè l'Interno, la Giustizia, il Lavoro e le politiche sociali, e ha già avuto l'avviso favorevole dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza.
  La parte sanitaria del nuovo protocollo proposto dal tavolo interregionale, denominata Protocollo olistico multidisciplinare per l'accertamento dell'età, corredato dalla scheda per il colloquio sociale, la visita pediatrica e la valutazione per l'accertamento dell'età psicologica, nonché di un format standard della relazione olistica, è stata inviata al Consiglio superiore di sanità che ha reso parere positivo nel luglio del 2015.
  L'accertamento dell'età svolto dall’équipe multidisciplinare avviene sulla base di una procedura caratterizzata da un approccio olistico multidisciplinare e multidimensionale, che prevede vari step successivi: un colloquio sociale approfondito condotto da un assistente sociale o da uno psicologo, in modo tale da comprendere la storia e la biografia personale, familiare e sociale del minore, una visita pediatrica auxologica, una valutazione neuropsichiatrica e psicologica con l'ausilio ove necessario di un mediatore interculturale.
  Al termine delle suddette valutazioni specialistiche avviene la refertazione, tramite la predisposizione di una relazione conclusiva della valutazione dell'età con l'indicazione del margine d'errore. Per un'applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale il protocollo è stato esaminato in Conferenza Stato-regioni lo scorso 15 marzo 2016 ai fini della successiva definizione di un accordo. Pag. 9
  Sempre in materia, va infine ricordato che il Ministero della salute ha fornito il proprio contributo all'elaborazione dello schema di Regolamento, recante definizione dei meccanismi e delle procedure attraverso le quali giungere alla determinazione dell'età dei minori non accompagnati vittime di tratta.
  Il citato provvedimento, per i profili di competenza sanitaria, è prioritariamente finalizzato a determinare l'età dei minori non accompagnati vittime di tratta nel rispetto del loro superiore interesse e delle maggiori tutele cui hanno diritto ed a superare l'attuale disomogeneità delle procedure sanitarie utilizzate sul territorio nazionale.
  Sempre come Ministero della salute, nell'ambito dell'attività che svolgiamo in Commissione europea, ci siamo inoltre attivati per portare il tema della salute dei migranti e quindi anche della salute dei minori non accompagnati al centro delle disposizioni degli ultimi mesi, e così è stato; quindi adesso l'istituzione del Fascicolo sanitario per il migrante ci permetterà di seguire anche dal punto di vista sanitario la persona nell'ambito dei suoi spostamenti a livello europeo.
  Questo è estremamente importante anche per evitare duplicazioni di esami ed avere dal punto di vista clinico una fotografia delle persone che entrano e si muovono all'interno dei confini dell'Europa dal punto di vista epidemiologico, per curarli e garantire l'appropriatezza delle prestazioni a queste persone nei vari spostamenti.
  Se posso dire le mie impressioni, al di là di quella che è la mia stretta competenza, per quanto riguarda i minori fuori famiglia noi abbiamo il tema di aiutare i comuni e le ASL nell'esercizio delle funzioni nelle diversità territoriali nel seguire i minori che si trovano in strutture di accoglienza, siano esse per bambini italiani o per bambini non italiani.
  Come vi dicevo, la massima richiesta è quella di supporto psicologico su problemi di comportamento. Avere problemi di comportamento quando hai subito certi traumi credo che sia la norma. Vi racconto quindi una storia: sono stata recentemente in una casa-famiglia qui a Roma, i casi che sono stati provocati dal deficit romano sono tanti e uno di questi è che le case famiglia hanno a carico per ogni bambino meno della metà di quanto dovrebbero avere.
  Un bambino va nutrito, portato a scuola, vestito, e molti sforzi vengono fatti in modo volontario. Uno di questi casi di cui ho appreso parlando con l'operatrice riguarda tre bambine di età diverse che hanno avuto un trauma enorme, perché la mamma è morta di overdose e loro sono rimaste in ascensore con lei morta per cinque ore.
  Sono state messe in questa casa famiglia, sono sorelle, la più piccola aveva pochi mesi, la più grande ora, a due anni di distanza, è violenta: è evidente che si tratta di una elaborazione del lutto, del trauma che ha subìto; immaginate tutto quello che ha visto questa bambina che era più grande e aveva le due sorelline piccole, alle quali ha fatto da mamma dopo aver visto la madre morire.
  Questa bambina non ha alcun tipo di assistenza psicologica, non c'è nessuno che va a vedere questi bambini e quindi l'operatrice mi diceva, chiedendo aiuto anche fuori dalle mie competenze: «Ministro, ci mandi qualcuno per aiutare questa bambina intelligentissima e bellissima che ha bisogno di essere sostenuta in una fase così delicata della sua vita».
  Questa è una storia, ma ce ne sono centinaia, quindi, se proprio dobbiamo fare qualcosa, è rafforzare la neuropsichiatria e le attività dei comuni, perché abbiamo una serie di comuni e ASL e di competenze diffuse sul territorio che sfuggono al nostro controllo, ma è necessario monitorare come questi bambini siano seguiti durante l'arco della loro vita.
  C'è tutto un tema che non è di questa Commissione, dei bambini che si trovano a vivere tutta la loro vita dentro una casa-famiglia e che non sono messi in condizione di essere dati in affidamento, per cui entrano a 8 mesi ed escono a 18 anni.
  Ognuno di noi a 18 anni ha fatto esperienze di vita e di lavoro all'estero, ma avevamo le nostre famiglie. Immaginate se ad uno dei vostri figli a 18 anni e un giorno senza nessuno, senza casa, senza lavoro, Pag. 10venisse detto «vai!». Questo è un altro tema di cui ci dobbiamo prendere carico, ribadisco che non è una mia competenza come Ministro della salute, lo dico come cittadino, politico, donna, persona normale come tutti voi che ha a cuore il destino di queste persone.
  Dovremmo cercare di agevolare percorsi di affidamento, anche perché spesso questi bambini non sono dati in adozione poiché hanno almeno uno dei genitori vivo o parenti, però dovremmo dare un percorso di affidamento che li garantisca sul serio, assicurarci che siano seguiti e poi porci anche il tema di quello che succede dopo, altrimenti sono persone destinate a stare sotto assistenza sociale tutta la vita per generazioni, non ne esci più.
  Questo potrebbe essere un interessante lavoro per il Parlamento, a cui io posso dare un contributo di sensibilità, però penso che sia un tema che dovrebbe farci riflettere, considerando che i minori con problemi stanno aumentando. Nei dati che vedrete c'è una disparità che riguarda i bambini: ce ne sono molti più dati in famiglie residenziali e semiresidenziali in contesti nel nord e nel sud, ma stanno aumentando situazioni di disagio che prima non c'erano; c'è tutto un tema sulle tossicodipendenze e ci sono tante questioni che vedono il minore come soggetto più debole.
  Facciamo tante convenzioni, ma poi i bambini vanno seguiti uno per uno, non soltanto dal punto di vista quantitativo.
  Vi ringrazio per questa bella audizione: io ho potuto darvi il contributo possibile, perché la mia competenza è di tipo strettamente sanitario, però da questo punto di vista è evidente che il dato neuropsichiatrico è quello principale.

  PRESIDENTE. Grazie mille. Lascio la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, partendo dalla senatrice Blundo che è uno dei relatori di questa indagine conoscitiva.

  ROSETTA ENZA BLUNDO. Grazie, presidente, purtroppo devo andar via perché ho un'altra Commissione, però la ringrazio, Ministro, per aver puntualizzato più di una volta che il benessere psicofisico, psicologico ed emotivo del minore è sicuramente quello all'interno della propria famiglia d'origine che ne ha cura in maniera adeguata. Senza dubbio è una cosa importantissima.
  Questa condizione patologica di allontanamento determina delle conseguenze anche a livello psichico, perché il bambino viene sottoposto ad un trauma grave e difficilmente superabile. Noi abbiamo promosso questa indagine conoscitiva anche perché il numero dei bambini fuori famiglia non può aumentare ed essere indipendente dalle iniziative di prevenzione che devono far diminuire l'estrema scelta dell'allontanamento dalla famiglia d'origine.
  Devono esserci soluzioni di accoglienza parziale in centri diurni, come ci è stato ben spiegato nelle precedenti audizioni da una serie di realtà che già operano sul territorio, e che vedono la positività di azioni non così drastiche, se non strettamente necessarie per un pericolo, ma a quel punto certificato, a livello fisico o psicofisico per il bambino.
  I dati però sono fermi al 2012, problema che più volte abbiamo sollevato perché non possiamo far riferimento a dei dati, che la ringraziamo di averci portato, ma sono fermi al 2012. E questo è un gap notevole.
  Vorrei inoltre riferirmi al discorso dei disturbi neuropsichiatrici che sono in aumento. Sicuramente l'istituzionalizzazione come l'alienazione parentale del bambino ha delle conseguenze e bisognerebbe approfondire questo tipo di realtà, perché un bambino allontanato dalla famiglia con i genitori viventi subisce qualcosa di diverso dall'elaborazione di un lutto, laddove ha la percezione che il genitore c'è ma non può vivere con lui, quindi sarebbe da approfondire l'alienazione parentale anche con un solo genitore.
  Mi domando se abbiamo fatto chiarezza sull'aumento di questi disturbi psichiatrici, ma anche sulla corrispondenza di un vero disturbo neuropsichiatrico e quindi del suo trattamento. Mi riferisco ad esempio al Disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD – Attention Deficit Hyperactivity Disorder), perché numerosi studi dimostrano Pag. 11 che tali sintomi derivano da ben altri aspetti, non ultimo quello di un vissuto familiare.
  Le avevo anche indirizzato un'interrogazione a risposta scritta che in un anno e mezzo ho ormai trasformato in interrogazione a risposta orale; l'ho sollecitata anche ultimamente in Aula e spero che su questo avremo delle risposte, in quanto non è da poco proprio per quello che lei ci portava come esempio: cioè, l'attenzione psicologica e psichiatrica serve? In alcuni casi come quello che lei ci ha descritto, dove si vive il trauma della morte di una madre all'interno di un ascensore con i fratelli piccoli in una condizione psichica grave, facciamo in modo che le forze che abbiamo nel Paese – e quindi la possibilità di destinare questi aiuti – vadano dove realmente servono e non siano disperse in grandi esempi ed esperienze progettuali affrontate a livello pedagogico e metodologico e non psichiatrico per determinati disturbi.
  La ringrazio comunque per l'audizione ed esprimiamo soddisfazione per la sua presenza.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Vorrei soltanto fare una precisazione. Ovviamente, vertendo l'audizione sui bambini fuori famiglia, cioè sui bambini che quindi vivono in contesti di case-famiglia o in situazioni semiresidenziali o residenziali per motivi concreti – perché la legislazione italiana è piuttosto rigida da questo punto di vista – quindi il motivo è concreto, gli aspetti che riguardano me sono le problematiche legate a questi fenomeni dal punto di vista sanitario.
  Le cose di cui vi ho parlato sono tutte provate da indagini statistiche e purtroppo dallo studio sul campo. I dati sono fermi al 2012 ma non sono i nostri, sono i dati dei servizi sociali, mentre per quanto riguarda i dati sanitari ho i dati aggiornati, quindi l'incremento delle neuropsichiatrie infantili è un incremento che abbiamo negli ultimi anni, dato da vari fattori, che possono coinvolgere in alcuni casi il contesto famigliare, in altri casi invece si tratta di patologie di tipo neuropsichiatrico, che non hanno nulla a che fare con l'impatto ambientale, e alcune di queste patologie che nel passato non venivano trattate in modo adeguato, oggi vengono diagnosticate e trattate.
  Ci sono delle carenze, delle disparità a livello territoriale visibili, e per questo bisogna rafforzare il tema della tutela delle disabilità intellettive e delle demenze, è un aspetto che ovviamente riguarda anche i bambini che si trovano in queste condizioni.
  Ci sono poi le terapie da trauma e tutto ciò che riguarda il campo cognitivo-comportamentale, che è altrettanto importante e che secondo me va rafforzato, in particolare per quanto riguarda questi minori senza una diversa forma di tutela, quindi c'è un tema di maggiore delicatezza che viene richiesta dalla sintomatologia.
  Tutto questo necessita di un monitoraggio sul territorio dal punto di vista terapeutico, ma anche dell'assistenza sociale, perché anche i progetti che riguardano i bambini ospitati nelle case famiglia durante la settimana e che il weekend sono con uno dei due genitori – però poi dipende dal contesto in cui vanno il weekend – andrebbero seguiti e monitorati.
  Questa non è una mia competenza, a noi torna l'esito finale, la situazione ospedalizzata o la situazione arrivata al limite perché non c'è stato un intervento precedente, è come (faccio una similitudine molto azzardata, quindi prendiamola come una similitudine off record) il percorso del Codice rosa. In ospedale ci arriva la violenza sulla donna o sul minore, ovviamente ci arriva la fase patologica e non tutto quello che c'è stato prima.
  Noi recepiamo come sistema salute una situazione che ormai ha debordato, mentre bisognerebbe lavorare sulla prevenzione ed avere un monitoraggio interdisciplinare tra assistenza sociale, scuola, assistenza psicologica che segua il minore nel suo percorso dentro e fuori le strutture.
  Questo ci aiuterebbe non solo a recuperare questi ragazzi nel modo migliore, ma anche a dare loro una capacità maggiore di reattività alle situazioni in cui si sono trovati, alcune ambientali, altre dovute a patologie e a tante altre circostanze.

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  LOREDANA LUPO. Grazie per il resoconto che ci ha illustrato oggi in Commissione. Sempre facendo riferimento ai dati di poco fa, anche se la mia collega ha già parlato di questi dati che sono vetusti e lei stessa ci fa ben comprendere che, essendo un problema più ampio, sarebbe ottimale riuscire ad ottenere il massimo delle informazioni, le chiederei per quanto riguarda il comparto sanitario di avere informazioni quanto più aggiornate possibili.
  Mi fa piacere che la tematica le stia a cuore essendo mamma, come anche la nostra presidente e altre mamme qui presenti. Per chi non lo vive come mestiere, una volta che ci si avvicina per questioni personali si riesce ad avere un occhio più attento.
  Avendo potuto toccare con mano i problemi recandomi in queste case famiglia, ove sia possibile un lavoro di sprone maggiore (semplicemente questo), mi auguro che questa azione avvenga e che consideri questa Commissione come una spalla più che valida perché a totale disposizione.

  VANNA IORI. Sarò brevissima per non abusare del tempo che il Ministro gentilmente ci ha oggi concesso. Apprezzo l'intervento relativo ai dati che, ancorché non aggiornati, sono comunque dati completi, che cercano di dare un quadro complessivo, e vorrei sottolineare solo alcuni aspetti.
  Il primo e l'ultimo degli argomenti da lei affrontati. Io sono stata presidente di una grossa ASP per minori fuori famiglia a Reggio Emilia, la mia città, e lì il problema principale si è rivelato l'uscita dei diciottenni a cui accennava lei. Credo che il reinserimento dei neo-maggiorenni dovrebbe essere oggetto di un'attenzione specifica, perché oggi, come lei diceva, a diciotto anni e un giorno un ragazzo che ha un contesto famigliare felice, favorevole e sereno non è maturo, quindi figuriamoci chi viene da esperienze dolorose e traumatiche e soprattutto non ha neppure luoghi fisici in cui inserirsi.
  Nella mia esperienza avevamo istituito dei piccoli appartamenti protetti, dove si prolungava – in modo non proprio formalmente ineccepibile e legittimo – l'accompagnamento di questi ragazzi. Questo per me è un tema su cui bisognerebbe tornare.
  Lei parlava del rafforzamento della neuropsichiatria, su cui sono d'accordo, ma mi piacerebbe che la neuropsichiatria fosse integrata nella dimensione olistica di cui parlava con l'affiancamento educativo, perché non c'è solo un aspetto psichiatrico, c'è tutto il resto che spesso è solo relazionale ed educativo.
  Un'ultima domanda riguarda le esperienze di semiresidenzialità. In base alla mia esperienza, quando si può conservare un frammento anche minimo, anche solo il rientro serale, dove ovviamente non ci sono situazioni di abuso e di violenza e quindi l'allontanamento è obbligatorio, quando si può conservare un frammento di legame con la famiglia d'origine, quello è un modo di tenere viva e dare un senso alla propria esistenza rispetto all'allontanamento decisivo.
  Lei ha parlato di un tavolo, ma non ho capito di quale tavolo si tratti, in cui venivano riferite le esperienze significative che lei ha riferito. Mi riferisco a quello del Ministero dell'interno.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Quello che ho citato prima riguardava solo l'accertamento dell'età, perché prima si faceva solo con la misurazione del polso, mentre adesso si fa con un approccio interdisciplinare.

  DONELLA MATTESINI. Grazie, presidente, grazie, Ministro. Sono molto contenta che siamo in sintonia sulla questione dell'emergenza della salute mentale dei minori, in questo caso neuropsichiatria. Come le dicevo prima, partirà un'indagine conoscitiva e avrà questo come uno dei punti centrali, però mi interesserebbe capire due cose.
  Lei parlava di alloggi residenziali e semiresidenziali: è possibile avere un dato preciso di quanti sono e di quanti minori vi sono ospitati?
  L'altra è una preoccupazione, perché visitando in Toscana e in altre regioni alcune comunità per i minori fuori famiglia ho riscontrato una cosa che a me preoccupa Pag. 13 tantissimo, sulla quale chiedo anche a lei un'attenzione: nelle comunità di accoglienza normali si trovano sempre più bambini minori con problemi di carattere psichiatrico.
  Una cosa è una situazione particolare in cui temporaneamente ci può essere anche un momento di cura specifica, ma la mia impressione è che in questo nostro Paese sul tema della salute mentale (vale anche per gli adulti, ma per i minori è davvero intollerabile) si ritorni all'istituzionalizzazione, dove se c'è un problema di carattere psicologico o psichiatrico la differenza la fa non se tu sei messo da una parte con bambini che hanno ulteriori problemi, ma la dimensione della molteplicità, insomma del malessere insieme al benessere.
  Questa è quindi una preoccupazione che mi sento di esprimerle. Lei si è dichiarata a disposizione come ministro per attivare anche altri percorsi. Siccome giustamente lei dice che abbiamo necessità di sostenere i comuni rispetto al sostegno psicologico, qui il tema è l'integrazione socio-sanitaria, ci sono alcune questioni di alta integrazione socio-sanitaria. La mia domanda, che è un po'una provocazione, è perché non si fa carico all'interno del Governo di prevedere un tavolo, fintanto che non abbiamo approvato la riforma, quindi rimanendo la Conferenza Stato-regioni, un tavolo che sui minori faccia un progetto di integrazione socio-sanitaria?
  Solo così potremo trovare risposte il più possibile omogenee nei territori, perché o c'è questo oppure, se l'integrazione va trovata solo nei territori, è chiaro che noi allunghiamo e mettiamo in difficoltà, tenendo conto tra l'altro che sulla questione dell'assistenza psichiatrica e psicologica molte regioni anche numericamente importanti sono carenti, in quanto in Lombardia ci sono solo 3 neuropsichiatrie infantili, in Toscana sono servizi profondamente in difficoltà.
  L'appello quindi è che questo diventi un tema non solo annunciato, ma anche concretamente affrontato nei numeri.

  VENERA PADUA. Comincio da quello che diceva la collega, che naturalmente sottoscrivo, in quanto credo che sia quella la via maestra della quale possiamo essere tutti partecipi e tutti attori convinti, e vorrei tornare su due aiuti da chiedere al ministro, vista la sua grande sensibilità.
  Sarò ripetitiva e monotona ma, se non partiamo dal sostegno alla genitorialità, non possiamo continuare a mettere pezze, dobbiamo partire a monte. Io continuo a dire che le famiglie hanno bisogno di essere sostenute, lo dico, lo ripeto e ho fatto anche un disegno di legge che sto per depositare, perché la famiglia del «Mulino Bianco» (scusate se faccio questa citazione) non esiste assolutamente, la difficoltà è enorme e quindi è necessario sostenerle.
  Una volta ho fatto una battuta dicendo che per guidare la macchina occorre la patente, mentre per diventare genitori, che è la cosa più difficile al mondo (senza retorica, è così davvero e sempre di più) ci buttiamo lì, e senza il sostegno della rete famigliare pregressa adesso veramente la situazione è gravissima.
  Chiedo quindi il sostegno alla genitorialità, e questo si può fare in due modi: innanzitutto con una rete consultoriale che già esiste (i consultori familiari che sono in tutto il nostro territorio e hanno il personale per sostenere la famiglia, non la donna, che va soltanto per la contraccezione o per altri problemi) ed è in grado di accompagnare questi futuri genitori nel corso, per esempio di accompagnamento al parto, ma anche ancor prima, quando si fanno gli screening prematrimoniali, momento in cui intercettare la coppia e cercare di coinvolgerla in un sostegno.
  Per quanto concerne l'affido, non possiamo chiedere l'affido se non abbiamo formato le persone interessate, ma cerchiamo di spronare quelli che già abbiamo verso questa scelta di grande civiltà. Anche per i bambini che sciaguratamente entrano piccini ed escono adulti buttati nel mondo, valutiamo il discorso dell'affido nel weekend a famiglie disponibili ad accogliere un bambino che non ha una famiglia per tutti i motivi che possono esserci, perché avere una famiglia che ti accoglie nel fine settimana è già un momento di condivisione, di crescita e di accompagnamento, anche in quel momento in cui il bambino avrà diciotto Pag. 14 anni e sarà letteralmente buttato fuori dal suo ambiente.
  Questi due percorsi possono essere facilmente perseguibili e – Cicero pro domo sua – ho presentato all'inizio della legislatura un disegno di legge su cui qualcuno ha storto il naso per il prosieguo dell'età pediatrica fino a 18 anni, perché in questo contesto che lei ha ben sottolineato si rileva un sempre maggior bisogno neuropsichiatrico dei nostri bambini per le patologie ma anche per il discorso della famiglia fragile: il pediatra a 14 anni finisce il suo percorso mentre proprio in quel momento c'è una maggiore fragilità.
  Poter avere l'accompagnamento del pediatra sino a 18 anni significa avere una garanzia, qualcuno che ti conosce, conosce la tua storia ed eventualmente le tue malattie o quelle della tua famiglia. Questo percorso potrebbe non incidere in maniera straordinaria sul bilancio dello Stato ma essere una via da seguire. Scusi se ho dato degli spunti veloci, ma cominciamo da questo, se si vuole.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Vi ringrazio perché mi avete dato qualche delega in più rispetto a quella del sistema salute, quindi saranno contenti i miei colleghi! A parte la battuta, il tema è vero, perché tutto quello di cui abbiamo parlato si chiama integrazione socio-sanitaria.
  Un anno e mezzo fa ho mandato una bozza di iniziativa al Ministro Poletti per far dialogare meglio e di più questi due mondi, quello del sistema salute e quello del sistema della socioassistenza.
  Qual è la differenza? Oggi il sistema salute è con tutti i suoi limiti scandagliato, conosciuto, monitorato, standardizzato, vogliamo cambiarlo ancora, cambiare il sistema dei Raggruppamenti omogenei di dati (DRG – Diagnosis Related Groups), il sistema di tariffazione e fare una serie di riforme all'interno del sistema complessivo, che però è chiuso in caselle che sono conosciute, con flussi di informazione che arrivano in ritardo, ma arrivano al Ministero della salute e al Ministero dell'economia. Tutto il sistema sociale invece non ha un fondo vincolato.
  La prima differenza è infatti che la salute è vincolata, quindi le regioni non possono distogliere le risorse dalla salute per altre misure, mentre il fondo sociale non è vincolato, e già da questo deriva che i due mondi difficilmente si parlano.
  Sarebbe sbagliato fare un fondo unico, perché rischiamo poi il modello inglese, in cui la socioassistenza ha mangiato la sanità facendo crollare il sistema, ma vedo bene due fondi con regole molto simili, parallele, che si possono intrecciare perché entrambi misurabili.
  Penso che anche l'assistenza sociale debba essere misurabile, come è misurabile la cura, il trattamento. Faccio un esempio: quante ore di assistenza, chi le fa, qual è il risultato di quelle ore di assistenza, come vengono pagate, chi le paga, quanti enti se ne occupano? Il tema è piuttosto complesso, però è l'unico modo per far funzionare il territorio e quindi fare in modo che il circuito che collega quello che succede dentro l'ospedale a quello che succede nel momento che tu esci funzioni veramente.
  Questo farebbe risparmiare miliardi al sistema sanitario, che potrebbero essere invece reimpiegati per dare un giusto tipo di assistenza, con un risparmio notevole ma con una vera qualità del servizio. Spero che ci arriveremo, perché è l'unico modo per tenere il sistema.
  Detto questo, potrebbe essere forse più facile cominciare proprio dalla socioassistenza integrata per i minori. Questo potrebbe essere molto più semplice, perché dal punto di vista sanitario abbiamo fatto una serie di passi avanti, nei Livelli essenziali di assistenza (LEA) abbiamo messo l'autismo ed altre sindromi neuropsichiatriche, legandoci anche l'assistenza sul territorio; abbiamo utilizzato i LEA come passo avanti sia su altri trattamenti più socio-assistenziali che puramente sanitari.
  Potremmo pensare ad un sistema di presa in carico totale della persona per i minori, che forse è più semplice – ritengo sia un'ottima idea – e caso mai discutiamo su come impostarlo, perché potrebbe essere un ottimo provvedimento insieme a quello sulla genitorialità, di cui sono totalmente convinta, tanto che il bonus bebè, Pag. 15che era soltanto 80 euro, era un piccolo contributo per la genitorialità dal punto di vista economico.
  Noi dovremmo arrivare a molto di più, farà parte della mia proposta anche perché, visto il numero di nascite, non incide così tanto sul budget ma incide tanto sulla vita delle persone, ed è un tema su cui dobbiamo lavorare, possiamo farlo ed era una delle questioni legate al Piano d'azione sulla fertilità.
  In questo Piano infatti è prevista l'assistenza alla genitorialità, ovviamente più improntata dal punto di vista sanitario, ma noi utilizziamo come canali i consultori. Qui c'è l'altro attore che non è presente a questo tavolo, le regioni, però bisogna intensificare questo lavoro e cercare di avere una velocità maggiore di azione.
  Noi faremo il Fertility day ad ottobre, sarà l'inizio di questa nuova azione a tutto tondo sulla fertilità. Tra l'altro ci occupiamo anche delle malattie sessualmente trasmissibili, che è uno dei temi della vostra indagine conoscitiva, sempre perché abbiamo un'emergenza, quindi è giusto formare ed educare. Credo che su questo dovremo lavorare di più, tenendo conto che è incredibile che ci stiamo occupando adesso di questo in modo semisconosciuto, quando il nostro principale problema come Paese, il primo di tutti, perché tutti gli altri sono superabili ma questo no, è il tasso di denatalità.
  Il nostro tasso demografico è uno scoglio che abbiamo sul nostro futuro grande quanto un macigno e, anche se adesso ci mettessimo tutti a fare figli in contemporanea, tutti gemelli, le coorti sono già diminuite negli ultimi 40 anni, quindi non potremo avere il livello di nascite che abbiamo avuto negli anni ’70 e ’80; comunque dobbiamo incentivare la natalità, altrimenti avremo un crollo del sistema perché la piramide è già completamente rovesciata.
  Conosciamo infatti i dati demografici, non sono misteriosi, non stiamo parlando di una cosa futuribile, quindi già sappiamo quanti sono i nati, quante sono le persone anziane, quanti saranno gli anziani tra 20 anni o fra 10 e quanti saranno i giovani, quindi c'è un lavoro enorme da fare sul sostegno alla genitorialità, che dovrebbe diventare centrale nelle agende non di questo Governo, ma dei prossimi cinque, dieci Governi.
  Arriviamo tardissimo rispetto ad altri Paesi europei, purtroppo non siamo gli unici ma in questo caso non è «mal comune mezzo gaudio», anzi tutt'altro, abbiamo un tema di sviluppo della nostra società nel prossimo futuro. Credo che questo debba diventare un mantra perché, se diventa un patrimonio di consapevolezza di tutti i parlamentari, poi diventa anche un'azione che mettiamo in tutto quello che facciamo. Purtroppo questo aspetto è stato sottovalutato in modo incredibile e noi abbiamo cominciato ad occuparci della curva pensionistica 24-25 anni fa: sapevamo che ci sarebbe stata la gobba, ma era legata alla curva demografica, quindi si è intervenuti sulle pensioni ma non si è mai intervenuti sulla curva demografica che era il primo dei problemi.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro della salute, per l'indagine conoscitiva che abbiamo deliberato aspettiamo consigli e suggerimenti perché crediamo sia un'indagine conoscitiva di grande importanza.
  Adesso una piccola comunicazione di servizio: il 14 aprile l'UNICEF ha organizzato a Roma un'iniziativa per presentare uno studio dal titolo Equità per i bambini. Una classifica della disuguaglianza nel benessere dei bambini in Paesi ricchi e vi propongo di designare in nostra rappresentanza la vicepresidente Sandra Zampa che aveva espresso desiderio di andarci.
  Ringrazio ancora il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, e mi complimento per il lavoro svolto. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.

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ALLEGATO

Relazione integrale presentata dal Ministro della salute, Beatrice Lorenzin

  Introduzione

  Signora Presidente, Onorevoli Senatori, Onorevoli Deputati,

  desidero, innanzitutto, esprimere il mio più vivo apprezzamento per l'oggetto dell'indagine conoscitiva che questa Commissione sta conducendo, concernente i minori «fuori famiglia»; vorrei, inoltre, esprimere il mio sincero ringraziamento per essere stata invitata a fornire il mio contributo su questo argomento, che reputo di grande attualità ed importanza.
  Si tratta di una tematica che presenta una indubbia valenza sanitaria, atteso che ogni persona manifesta, fin dalla nascita, bisogni che richiedono risposte diversificate, non solo in rapporto alle condizioni di salute, ma anche in relazione allo sviluppo motorio, psichico, relazionale, emotivo e sociale; ogni persona ha, infatti, il diritto di godere del miglior stato di salute possibile e di poter accedere a cure sanitarie appropriate, in tutte le fasi della vita, in particolare nella fase dell'età evolutiva.
  Costituisce patrimonio di comune esperienza che crescere in un ambiente familiare, con i giusti affetti e le dovute cure, è la condizione che, più delle altre, favorisce le migliori condizioni di salute e di sviluppo nel bambino/adolescente. L'importanza di questa condizione, per così dire naturale, prima ancora che fisiologica, è stata bene espressa dal legislatore nazionale che, allo scopo, ha previsto, fin dalla fondamentale legge n. 184/83, che «Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia».
  La legislazione vigente in tema di adozioni, anche in applicazione della Convenzione di New York del 1989, ribadisce come preminente «il diritto del minore ad una famiglia»; ecco perché il tema dei minori fuori famiglia richiede un'attenzione particolare, in considerazione dell'impatto negativo che questa condizione patologica può avere in relazione allo sviluppo fisico e mentale del minore.
  Ed è proprio per la rilevanza, anche sanitaria, della tematica in argomento che il Ministero della salute ha partecipato, attivamente, ai lavori dell'Osservatorio nazionale infanzia e adolescenza per la redazione del «IV Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva», in particolare nel sottogruppo «Sostegno alla genitorialità, sistema integrato dei servizi e sistema dell'accoglienza». Al riguardo, il Ministero sta già contribuendo – ovviamente per i profili di competenza – in due importanti ambiti: il primo concernente l'organizzazione di strutture semiresidenziali e residenziali terapeutiche per i disturbi neuropsichici dell'infanzia e dell'adolescenza, il secondo riguardante la determinazione dell'età dei minori stranieri non accompagnati.

  IL CONTESTO ITALIANO RIFERITO SIA AI MINORI ITALIANI CHE AI MINORI STRANIERI PRESENTI IN ITALIA.

  Prima di passare all'esame dei due ambiti, sopra menzionati, vorrei fornire qualche dato per comprendere il contesto di riferimento.
  I dati riportati nei Quaderni della ricerca sociale n. 31 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dall'Istituto degli Innocenti, indicano, al 31 dicembre 2012, la presenza di n. 28.449 minorenni fuori dalla propria famiglia (meno 939 unità rispetto al 31/12/2011). Di questi, 14.255 sono in comunità residenziale (-736 rispetto al 31/12/2011). I minorenni accolti in comunità superano, tuttora, quelli affidati a famiglie: alla fine del 2012, si registra una significativa presenza di minorenni stranieri (pari al 31% sul totale dei minorenni in comunità).
  Aggiungo che dai dati ISTAT, al 31 dicembre 2012, sui Presidi Residenziali Socio- Pag. 17 Assistenziali e Socio-Sanitari, risulta che, tra i 16 mila giovani ospiti, prevalgono quelli con disagio in famiglia. I minori di 18 anni ospiti nei presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari risultano 15.900, pari a 1,6 ogni 1.000 abitanti di pari età, dei quali 9.294 maschi (il 58%, circa il 2 per 1.000) e 6.605 femmine (42% del totale, pari all'1,4 per 1.000). I minori stranieri sono 5.734 (di cui il 66% maschi), corrispondenti a 7,6 ogni 1.000 residenti stranieri e pari al 36% del totale dei minori ospiti dei presidi.
  Va anche detto che il tasso di minori, ospiti dei presidi, è abbastanza omogeneo sul territorio, intorno al 2 per 1.000 dei minori residenti in tutte le ripartizioni, ad eccezione del Sud dove si attesta all'1,1. Il valore più basso è quello della Campania, inferiore all'1 per 1.000. Tra la popolazione straniera, di età inferiore a 18 anni, il valore più elevato si registra in Basilicata e nella Provincia autonoma di Trento, con 17 ogni 1.000 stranieri residenti (con una notevole prevalenza di maschi). Tassi superiori al 10 per 1.000 si registrano anche in Emilia-Romagna, Lazio e Sicilia (rispettivamente 10,2, 10,7 e 10,7 per 1.000).
  Dai dati emerge, inoltre, che dopo il quinto anno di vita, il tasso di minori ospiti delle strutture residenziali cresce, progressivamente; infatti, è pari all'1 per 1.000 (corrispondenti a circa 3.000 ragazzi) nella fascia compresa tra 6 e 10 anni e arriva a 3,8 per 1.000 tra i 15 e i 17 anni (poco più di 6.000 minori). Oltre la metà dei soggetti sotto i 18 anni (9.240), ancora ospitato nella struttura – a causa di situazioni di disagio nella famiglia – non presenta problemi specifici; circa 4.000 ragazzi (il 25% dei minori ospiti) hanno problemi di tossicodipendenza, alcolismo o altri tipi di disagio e, poco più di 3.000 minori (il 16,3% del totale) vive in situazioni di disagio per problemi di salute mentale o disabilità.
  Dalla rilevazione ISTAT al 31/12/2012, emerge che il motivo di ingresso nelle strutture socio-assistenziali e socio-sanitarie è legato prevalentemente a problemi riconducibili al nucleo familiare: quasi la metà degli ospiti con meno di 18 anni (45%) viene accolto nelle strutture residenziali per problemi economici, incapacità educativa o problemi psico-fisici dei genitori. Per la rimanente quota di minori, le motivazioni che determinano l'ingresso in strutture residenziali sono diverse: quasi 3 mila minori (il 19% dei minori ospiti) entrano nelle strutture perché accolti insieme al genitore, 1.972 ragazzi (il 12%) sono stranieri privi di assistenza o rappresentanza da parte di un adulto; poco più di 1.000 (il 7% dei minori ospiti) sono vittime di abusi e maltrattamenti, mentre circa 2.700 minori (il 17%) vengono accolti per altri motivi.

  STRUTTURE SEMIRESIDENZIALI E RESIDENZIALI TERAPEUTICHE PER I DISTURBI NEUROPSICHICI DELL'INFANZIA E DELL'ADOLESCENZA.

  In questo contesto, il Ministero della Salute sta svolgendo un ruolo di significativo rilievo: infatti, anche se non vi è dubbio che la famiglia di origine sia, com'è ovvio, il luogo elettivo per lo sviluppo ottimale dei bambini, ci sono, tuttavia, delle particolari e delicate condizioni, collegate all'esordio di disturbi neuropsichici, che dimostrano che il contesto familiare e territoriale non è, sempre, sufficiente ed adeguato. Siamo tutti consapevoli che i disturbi neuropsichiatrici nei minori necessitano, infatti, di sostegni specialistici continui, di più tipologie, che difficilmente una famiglia può fornire. Inoltre, è importante ricordare che spesso il fallimento di affidi e/o adozioni è determinato proprio da questo tipo di disturbi, quale conseguenza delle storie di grave disagio e dolore vissute dai minori. Aggiungo che la mancanza di un supporto adeguato comporta, inevitabilmente, l'insuccesso dell'affido/adozione, con la conseguenza che si sommano esperienze negative: si aggrava, infatti, sia la situazione del minore, che sperimenta sulla sua pelle un ulteriore fallimento, che quella delle coppie affidatarie/adottive, che si sentiranno inadeguate rispetto al percorso familiare.
  Il 13 novembre 2014, è stato definito l'Accordo in Conferenza Unificata relativo agli interventi residenziali e semiresidenziali Pag. 18 terapeutico-riabilitativi, per i disturbi neuropsichici dell'infanzia e dell'adolescenza.
  Le strutture semiresidenziali e residenziali terapeutiche sono dedicate al trattamento di minorenni con disturbi neuropsichici, che necessitano di interventi terapeutico riabilitativi, associati a interventi di supporto sociosanitario, e costituiscono una importante componente della rete dei servizi di neuropsichiatria per l'infanzia e l'adolescenza.
  È di tutta evidenza che i minori, con un disturbo neuropsichico, manifestano bisogni complessi, ivi comprese problematiche connesse ad una comorbidità somatica e con necessità di interventi multi professionali; per questa specifica necessità, vengono presi in carico dal Servizio territoriale di Neuropsichiatria dell'infanzia e adolescenza, che elabora un Piano di trattamento individuale (PTI); nell'ambito di detto piano, può essere previsto l'invio e il temporaneo inserimento in una struttura semiresidenziale o residenziale per un trattamento terapeutico riabilitativo.
  L'inserimento in una struttura semiresidenziale o residenziale, nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale, avviene esclusivamente a cura del Servizio territoriale di Neuropsichiatria dell'infanzia e adolescenza, tramite una procedura di consenso professionale per una buona pratica clinica, basata su criteri di appropriatezza, come processo attivo e non di autorizzazione «passiva».
  Il Piano di trattamento individuale prevede la sottoscrizione di un «accordo/impegno di cura» con il minorenne, con la partecipazione della famiglia e il coinvolgimento della rete educativa/scolastica, al fine di favorire la volontarietà e l'adesione al trattamento.
  Il Servizio inviante segue e monitora, tramite un proprio operatore di riferimento (funzione di case manager), l'andamento degli interventi.
  Va sottolineato che le strutture semiresidenziali e quelle residenziali, pur entrambe con finalità riabilitative, hanno indicazioni e caratteristiche differenti.
  Le semiresidenze forniscono un servizio diurno, ospitando un'utenza con bisogni assistenziali che consentono, comunque, la permanenza nell'ambito familiare e nel contesto socio educativo di riferimento; rappresentano, pertanto, l'intervento da privilegiare nel trattamento dei disturbi neuropsichici dei minorenni, anche al fine di prevenire la necessità di ricovero ospedaliero o di inserimento in struttura residenziale terapeutica e di minimizzarne la durata.
  L'inserimento residenziale è, invece, collegato alla presenza di bisogni assistenziali che comportano la necessità di interventi terapeutico riabilitativi maggiormente intensivi, non erogabili né ambulatorialmente né in regime semiresidenziale, o nei quali vi sia anche l'indicazione all'allontanamento temporaneo dal contesto familiare o sociale.
  Un aspetto rilevante da tenere in considerazione per tutti gli utenti con disturbi neuropsichici dell'età evolutiva, è l'istituzionalizzazione, nel senso che la stessa va limitata al tempo strettamente indispensabile a garantire la terapia necessaria; infatti, se prolungata, la stessa può avere ricadute negative sia sul percorso di crescita e sviluppo dei minorenni che sulla loro integrazione nel contesto di appartenenza. Aggiungo che, di significativa importanza, sono i criteri di appropriatezza relativi all'inserimento e alla sua durata, la connotazione puntuale dei percorsi di cura – in rapporto alle caratteristiche del programma terapeutico riabilitativo adottato – e la presenza di strutture territoriali, semiresidenziali e di ricovero per gestire adeguatamente tutte le fasi del percorso.
  Altro aspetto importante è la territorialità. Dai dati disponibili risulta che la maggior parte degli inserimenti residenziali terapeutico-riabilitativi dei minori, con disturbi neuropsichici, avviene, oggi, ad una significativa distanza dal luogo di residenza. Ciò implica numerose conseguenze negative, rendendo più difficile il raccordo tra struttura residenziale e servizio inviante, il mantenimento delle relazioni significative, il reinserimento sociale nell'ambiente Pag. 19 di provenienza. È importante, quindi, che l'inserimento venga effettuato in una struttura ubicata nel territorio di residenza o, comunque, del territorio regionale, al fine di favorire la continuità terapeutica ed il coinvolgimento della rete familiare e sociale; ad eccezione, ovviamente, dei casi in cui vi sia la necessità di un allontanamento del minore.
  L'inserimento in struttura residenziale terapeutica è più frequente in età adolescenziale ma può avvenire anche in altre fasi della vita. Premesso che nelle strutture residenziali e semiresidenziali terapeutiche non è, in genere, opportuna la contemporanea presenza di utenti con età molto diverse, qualora ciò avvenga, devono essere previste modalità organizzative che consentano la gestione con moduli differenziati per età.
  Quanto all'integrazione socio-sanitaria, che è uno dei temi più critici e complessi, osservo che nei minorenni con disturbi neuropsichici sono necessari interventi sanitari (terapeutico riabilitativi) e interventi sociali (educativo pedagogici, sostegno alle famiglie ecc.), con una prevalenza variabile fra gli uni e gli altri. Tale necessità si presenta anche quando i minori sono inseriti in strutture residenziali. Le soluzioni adottate nelle varie regioni sono diversificate: sono previste, infatti, strutture residenziali terapeutico-riabilitative, a gestione sanitaria, e strutture residenziali socio educative, a gestione sociale, nelle quali gli eventuali interventi sanitari sono garantiti dalle ASL, anche tramite protocolli di collaborazione con i servizi di neuropsichiatria per l'infanzia e l'adolescenza.

  MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI

  Siamo tutti consapevoli che i flussi di rifugiati e migranti in Europa hanno raggiunto, oggi, livelli senza precedenti: circa un milione di persone, un terzo dei quali sono bambini, hanno dovuto affrontare il pericoloso viaggio «della speranza» verso l'Europa. La dimensione del fenomeno si traduce in una grande sfida per l'Europa e, in particolare, per gli Stati membri, che, come l'Italia, si trovano sulle rotte migratorie principali. L'impatto sui bambini è senza precedenti: bambini che hanno perso la vita in mare (almeno 700, in massima parte nell'Egeo), bambini rimasti orfani o che hanno perduto persone care; bambini che hanno dovuto lasciare le proprie case e comunità. Il 2015 è stato un anno che ha visto centinaia di migliaia di bambini, e loro le famiglie, migrare in un'odissea di speranza attraverso l'Europa. In Italia, secondo i dati del Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno, i minori stranieri non accompagnati (e coloro che si dichiarano tali), sbarcati nel 2014, sono pari a 13.026, il 50% di tutti i minori sbarcati (26.122).
  Nel contesto europeo, in una recente Tavola Rotonda sul tema «Enhancing respect for children's rights in the EU Agenda on migration», organizzata da UNICEF e dall'Intergruppo per i diritti dei minori del Parlamento europeo, a Palermo presso il Tribunale per i minorenni, il Comitato dei Diritti Umani ha ricordato l'importanza di un lavoro comune nei vari paesi europei in tema di accertamento dell'età dei minori non accompagnati. È emerso che il minore ha il diritto di essere informato con un linguaggio a misura di bambino, nell'ambito della procedura per l'accertamento dell'età, deve essere presente un rappresentante legale (tutore), si deve valutare la validità dei documenti e deve essere consentita al minore la possibilità di fare appello contro il provvedimento di attribuzione dell'età. In merito ai vari protocolli per la determinazione dell'età, è stata espressa preoccupazione per gli esami invasivi e non appropriati ed è stata auspicata la presenza di personale altamente qualificato e multidisciplinare.

  Servizi di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati

  Per mettere in atto politiche di accoglienza di minori stranieri è fondamentale individuare, correttamente, chi è effettivamente minorenne, problema che si pone soprattutto nel caso dei minori non accompagnati. Pag. 20
  Conoscere con precisione l'età di un minore, quindi, non è un mero adempimento burocratico, essendo, invece, indispensabile per la corretta identificazione dei beneficiari delle politiche di accoglienza, in quanto, da un lato, consente ai minori di accedere a tutti i diritti e alle tutele che l'ordinamento appresta loro, in ragione, appunto, della loro età, e dall'altro impedisce a maggiorenni di usufruire illegalmente di diritti e tutele che non gli spettano. Come dichiara l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati – rappresentanza per il Sud Europa, in un documento dedicato del marzo 2014 (https://www.unhcr.it/sites/53a161110b80ee aac7000002/assets/53a164330b80eeaac7000 149/accertamento.pdf) «A fronte della presenza in Italia di minori non accompagnati, in maggioranza di età compresa tra i 16 e i 17 anni, l'accertamento dell'età, ai fini di una corretta identificazione, è di fondamentale importanza per garantire loro l'effettivo esercizio dei diritti di cui sono titolari ed evitare l'adozione di provvedimenti che possono essere gravemente lesivi di tali diritti. Allo stesso modo, un accurato accertamento dell'età potrebbe ridurre le possibilità che adulti vengano erroneamente identificati come minorenni e alloggiati in strutture per minori, mettendo a rischio questi ultimi e abusando del sistema di protezione a loro riservato».

  Iniziative del Ministero della salute

Determinazione dell'età dei minori non accompagnati.

  Il Ministero della Salute sta provvedendo all'aggiornamento del protocollo multidisciplinare per l'accertamento dell'età dei minori non accompagnati, al fine di assicurare una corretta e rapida presa in carico dei minori, che sono certamente i soggetti più vulnerabili nell'ambito della popolazione migrante.
  Il Tavolo interregionale Immigrati e Servizi sanitari del Coordinamento Commissione Salute della Conferenza delle Regioni, coadiuvato da alcuni esperti di società scientifiche e organizzazioni internazionali (SIMM, INMP, GNLB, SIP, FIMP, UNHCR, SAVE THE CHILDREN) ha definito una nuova bozza di «Protocollo per l'identificazione e l'accertamento olistico multidisciplinare dell'età dei minori non accompagnati», aggiornando il precedente del 2009. Detta proposta, più ampia del Protocollo del 2009, comprende sia la parte sanitaria che altri aspetti più pertinenti al processo di accoglienza e identificazione dei minori stranieri, di competenza di altre amministrazioni (Interno, Giustizia, Lavoro e Politiche Sociali), e ha, già, avuto l'avviso favorevole dell'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza.
  La parte sanitaria del nuovo Protocollo, proposto dal Tavolo interregionale, denominata «Protocollo olistico multidisciplinare per l'accertamento dell'età», corredata dalla scheda per il colloquio sociale, la visita pediatrica e la valutazione per l'accertamento dell'età psicologica, nonché di un format standard della relazione olistica, è stata inviata al Consiglio Superiore di Sanità, che ha reso parere positivo nel luglio 2015.
  L'accertamento dell'età, svolto dall'equipe multidisciplinare, avviene sulla base di una procedura caratterizzata da un approccio olistico, multidisciplinare e multidimensionale, che prevede vari step successivi: un colloquio sociale approfondito, condotto da un assistenze sociale e/o psicologo, in modo tale da comprendere la storia e la biografia personale, familiare e sociale del minore, una visita pediatrica-auxologica, una valutazione neuropsichiatrica/psicologica, con l'ausilio, ove necessario, di un mediatore interculturale. Al termine delle suddette valutazioni specialistiche, avviene la refertazione, tramite la predisposizione di una relazione conclusiva della valutazione dell'età (con l'indicazione del margine di errore).
  Per una applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale, il Protocollo è stato esaminato in Conferenza Stato-Regioni, lo scorso 15 marzo 2016, ai fini della successiva definizione di un Accordo.
  Sempre in materia, va, infine, ricordato che il Ministero della salute ha fornito il proprio contributo nella elaborazione dello Schema di regolamento recante «Definizione Pag. 21 dei meccanismi e delle procedure attraverso le quali procedere alla determinazione dell'età dei minori non accompagnati vittime di tratta».
  Il citato provvedimento, per i profili di competenza sanitaria, è prioritariamente finalizzato a determinare l'età dei minori non accompagnati vittime di tratta, nel rispetto del loro superiore interesse e nel rispetto delle maggiori tutele, cui hanno diritto, e a superare l'attuale disomogeneità delle procedure sanitarie utilizzate sul territorio nazionale.