XVII Legislatura

Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria

Resoconto stenografico



Seduta n. 70 di Mercoledì 29 marzo 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Portas Giacomo Antonio , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ANAGRAFE TRIBUTARIA NELLA PROSPETTIVA DI UNA RAZIONALIZZAZIONE DELLE BANCHE DATI PUBBLICHE IN MATERIA ECONOMICA E FINANZIARIA. POTENZIALITÀ E CRITICITÀ DEL SISTEMA NEL CONTRASTO ALL'EVASIONE FISCALE

Audizione del presidente della Commissione per la redazione della «Relazione annuale sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva» (art. 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196), prof. Enrico Giovannini.
Portas Giacomo Antonio , Presidente ... 2 ,
Giovannini Enrico , presidente della Commissione per la redazione della «Relazione annuale sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva» ... 2 ,
Bellot Raffaela  ... 5 ,
Giovannini Enrico , presidente della Commissione per la redazione della «Relazione annuale sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva» ... 5 ,
Portas Giacomo Antonio , Presidente ... 6 ,
Giovannini Enrico , presidente della Commissione per la redazione della «Relazione annuale sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva» ... 6 ,
Portas Giacomo Antonio , Presidente ... 8

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIACOMO ANTONIO PORTAS

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente della Commissione per la redazione della «Relazione annuale sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva» (art. 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196), prof. Enrico Giovannini.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Presidente della Commissione per la redazione della Relazione annuale sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva, di cui all'articolo 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196, Enrico Giovannini, che, anche a nome dei colleghi, ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  L'audizione s'inquadra nell'ambito dell'indagine conoscitiva su «L'anagrafe tributaria nella prospettiva di una razionalizzazione delle banche dati pubbliche in materia economica e finanziaria. Potenzialità e criticità del sistema nel contrasto all'evasione fiscale».
  Do la parola al professor Giovannini, con riserva per me e per i colleghi di rivolgere, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  ENRICO GIOVANNINI, presidente della Commissione per la redazione della «Relazione annuale sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva». Grazie, presidente. Grazie di questo invito, che mi dà l'opportunità di illustrare i risultati principali della relazione, resa a settembre del 2016 e aggiornata a ottobre, a seguito delle nuove stime rilasciate dall'Istat sui conti nazionali.
  In primo luogo, mi lasci dire che io sono molto lieto del fatto che il Governo, attraverso la delega fiscale e, poi, attraverso l'attuazione della stessa, abbia realizzato la proposta della costituzione della Commissione, quindi una delle proposte della relazione, che ebbi l'onore di coordinare nel 2011 proprio per il contrasto all'evasione fiscale.
  Quella che ha guidato il Governo nella definizione di questa relazione, quindi della costituzione della Commissione, è una logica di contrasto all'evasione, con una forma di conflitto di interessi macro.
  Quando realizzammo la prima Commissione, c'erano alcune persone che proponevano un conflitto di interessi micro, quindi l'idea degli scontrini da portare in detrazione. Mi riferisco insomma a cose che conosciamo molto bene e che sono non solo inutilizzabili, ma soprattutto destinate, se realizzate completamente, ad aumentare enormemente le aliquote, perché si ridurrebbe la base imponibile.
  In questo caso, invece, l'idea era che, nel momento in cui, ogni anno, ci fosse una quantificazione – la più accurata possibile – dell'evasione e dei proventi dalla lotta all'evasione, in particolare l'aumento di questi proventi poteva o doveva essere utilizzato in modo automatico dal Governo per la riduzione delle aliquote, per chi le imposte le paga. Nell'attuazione di questa Pag. 3idea iniziale, quindi nella legge che lei ha citato, il Governo, in realtà, ha scelto di avere un margine di manovra, per decidere se l'aumento dei proventi della lotta all'evasione debba andare a riduzione del deficit oppure a riduzione delle imposte, su chi le imposte le paga. Questo è un elemento che, in qualche modo, riduce l'efficacia dello strumento immaginato. Tuttavia, detto questo, anche quest'anno, grazie appunto a questa relazione, il Governo ha appostato, nella legge di bilancio, alcune centinaia di milioni per la riduzione del carico fiscale sui contribuenti che pagano le imposte.
  La relazione illustra le metodologie utilizzate, che, devo dire, sono molto avanzate. Il lavoro congiunto di Istat, Agenzia delle entrate, Dipartimento delle finanze e altri soggetti della Commissione ha consentito di quantificare l'evasione fiscale per circa il 70 per cento dei tributi. Noi stiamo ancora lavorando – ci sarà una riunione anche dopodomani – per far sì che, nel corso del 2017, la relazione copra il rimanente 30 per cento dei tributi.
  La quantificazione del cosiddetto «tax gap», quindi la differenza tra quanto si dovrebbe pagare sulla base dell'effettiva attività economica e delle aliquote effettive e quello che viene riscosso, è nell'ordine dei 110 miliardi di euro l'anno. In particolare, nella tavola 5 dell'aggiornamento della relazione sull'evasione, si nota un aumento del tax gap in termini assoluti, perché si sale, dai circa 108 miliardi nel 2012, ai circa 110 miliardi nel 2013 e a 111,6 miliardi nel 2014. Questo aumento si ritrova anche in quella che abbiamo chiamato la «propensione al gap», per cui si passa da un 23,6 per cento a un 24,4 per cento e a un 24,8 per cento. Questa è la differenza tra il gap, identificato secondo le nostre stime, e la base imponibile.
  È interessante che, all'interno delle diverse imposte, ci siano delle differenze elevatissime. Si va, ad esempio, da un 4 per cento di tax gap nel cosiddetto «lavoro dipendente irregolare», a un 59 per cento nell'IRPEF di lavoro autonomo e impresa. Tra l'altro, questa percentuale è aumentata, tra il 2010 e il 2014, da circa il 53 per cento al 59 per cento, quindi si nota un forte aumento. Nella relazione spieghiamo che, in parte, questo è legato a ritardi dei pagamenti, alla crisi, che, in alcuni casi, ha determinato un gettito minore di quello che avrebbe dovuto realizzarsi. Ciononostante, ci sono dei problemi più profondi. Nel caso del tax gap per l'IVA, siamo intorno al 30 per cento, con una percentuale stabile nel corso degli anni.
  Chiaramente, non vorrei annoiare la Commissione su tutti i dati che sono stati elaborati e che, tra l'altro, mostrano una differenza nella propensione all'evasione molto eterogenea, per settore di attività economica, per territorio e per imposta. Ad esempio, c'è un – per me – interessantissimo grafico, che mostra come, nel caso dell'IMU, l'evasione sia molto maggiore, in proporzione, nei grandi comuni rispetto ai piccoli comuni, dove evidentemente c'è un meccanismo anche di controllo sociale, che rende più difficile evadere. Inoltre, c'è evidentemente un gradiente nord-sud molto forte, che, in parte, è legato anche alla composizione dell'attività economica. Vorrei ricordare, infatti, che l'Istat effettua, annualmente, una valutazione della cosiddetta «economia non osservata», fatta di diverse componenti. La prima è quella legata alla sottodichiarazione da parte delle imprese, per esempio per i redditi dei proprietari delle imprese, quindi degli imprenditori. C'è, poi, una componente legata al lavoro irregolare e c'è una componente anche di errore, che è di natura statistica. In questo caso, non abbiamo considerato evidentemente l'evasione da attività illegali, come prostituzione, contrabbando e così via, perché abbiamo ritenuto che questo sia un tema diverso rispetto all'evasione in senso stretto.
  Ora, la cosa interessante dei dati Istat è che c'è una concentrazione forte in alcuni settori di attività economica. Per esempio, per le altre attività di servizi, quali i servizi personali, le badanti oppure le ripetizioni e così via, c'è una quota di circa il 30 per cento di economia sommersa sul totale di valore aggiunto. Riscontriamo percentuali dell'ordine del 26 per cento nel commercio all'ingrosso e al dettaglio, nei trasporti, nel Pag. 4magazzinaggio, nelle attività di alloggio e nella ristorazione, anzi con i dati più fini, si vede che, nel settore degli alberghi e dei pubblici esercizi, questa quota arriva quasi al 50 per cento di evasione. Nel settore delle costruzioni, la percentuale è intorno al 24 per cento, mentre, nell'agricoltura, siamo intorno al 15 per cento. Anche nelle cosiddette «attività professionali scientifiche e tecniche», cioè nei servizi alle imprese, siamo circa al 20 per cento.
  Vorrei fare qui una brevissima notazione: ormai molte analisi ci mostrano come l'evasione non sia solo un problema di giustizia distributiva, ma anche di produttività, quindi di crescita del Paese. Si vede, anche in modo molto chiaro, che i settori dov'è maggiore l'evasione sono quelli a più bassa crescita di produttività, quindi stiamo parlando di settori a più bassa produttività, ma a bassa crescita di produttività. Noi sappiamo che l'Italia soffre di un problema di crescita della produttività da molti anni ed è evidente che, nel momento in cui si riesce ad andare avanti semplicemente attraverso l'evasione, un'impresa ha molti meno incentivi a trovare una struttura più efficiente e a investire in innovazione. L'evasione ha, quindi, un ruolo molto importante in un generale grado di arretratezza del sistema economico.
  Vorrei – poi mi fermo – rilevare ancora tre brevissimi aspetti. Per la seconda volta, visto che la precedente Commissione che ho presieduto aveva fatto un primo contributo in questo senso, la relazione offre una onnicomprensiva illustrazione delle attività di contrasto. L'attività di contrasto è svolta dall'Agenzia delle entrate, ma anche dall'INPS e dall'INAIL, quindi tutti i vari soggetti e le varie agenzie fiscali. In merito, osservando che cosa viene fatto nella attività di contrasto, si vede che viene fatto tantissimo, ma si vede anche che ci sono dei limiti fisici, che non possono essere oltrepassati, date le risorse disponibili. Faccio un esempio soltanto. Sommando le verifiche ispettive realizzate dai diversi soggetti, arriviamo, se ricordo bene, a circa 200 mila soggetti verificati annualmente. Rispetto a 4 milioni di imprese, 2 milioni di aziende agricole e così via, stiamo evidentemente parlando di un numero limitato, il che mostra che c'è, come dicevo, un limite fisico per la possibilità di indagini in loco. La nuova Agenzia per le attività ispettive ha messo insieme la parte INPS, la parte INAIL e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ma vorrei ricordare che ci sono, in realtà, molti altri soggetti che fanno, in qualche modo, ispezioni. Penso alle ASL, per la sicurezza, o ai comuni e così via. C'è, dunque, una possibilità, visto che si tratta di uno dei temi della Commissione, di aumentare ulteriormente l'efficienza nell'integrazione delle banche dati, tra soggetti non statali e soggetti statali. Questo è un elemento importante, che potrebbe aiutare a fare una migliore attività di contrasto.
  La seconda considerazione riguarda il fatto che ci sono state alcune iniziative, prese negli ultimi anni, che effettivamente mostrano un certo impatto sull'evasione o comunque un cambiamento di mentalità. Bisogna ancora vedere se i nuovi indirizzi dati all'Agenzia delle entrate, per la concentrazione su alcuni soggetti piuttosto che altri e così via, produrranno dei risultati. Noi contiamo, trattandosi anche di uno dei mandati della nostra Commissione, nella relazione di quest'anno, di entrare un po’ più nei dettagli, per valutare l'effetto su questi aspetti.
  La terza considerazione – e con questa concludo – riguarda il tema dell'uso della moneta elettronica. In merito, parlando a titolo personale e non a nome della Commissione, credo che l'aumento della soglia del contante sia stato un segnale contraddittorio, rispetto alle indicazioni seguite precedentemente. Inoltre, sappiamo, da tutta una serie di analisi internazionali, che l'uso della moneta elettronica tende ad ridurre lo spazio per le transazioni. Tale uso – ci mancherebbe altro – non lo elimina, però è indubbio che, non solo per un elemento di costo, ma anche per un elemento di abitudine, l'uso della moneta elettronica consenta, in generale, un avanzamento nel funzionamento di un sistema economico.
  C'è un problema di costi naturalmente, quindi, nel momento in cui si vuole andare nella direzione di incentivare l'uso della moneta elettronica, credo che il sistema Pag. 5bancario abbia ancora diversi passi da fare per migliorare l'efficienza e ridurre, per le persone, i costi dell'uso della moneta elettronica, ma credo anche che incentivi in questa direzione potrebbero aiutare anche a fare dei passi avanti in termini di lotta all'evasione. Grazie. Sono a disposizione.

  RAFFAELA BELLOT. Grazie per la relazione, chiara e succinta, ma anche molto dettagliata. Vorrei porre due domande.
  Innanzitutto, sono d'accordo con lei e, tra l'altro, abbiamo cercato di incentivare, ogni qualvolta si è presentata l'opportunità in vari provvedimenti, l'uso della moneta elettronica, attraverso o defiscalizzazioni oppure aiuti per gli esercenti, che si trovano a sostenere dei costi notevoli. Tant'è che – lo dico per essere pratici e un po’ spicci – in molti esercizi, anche oggi, succede che addirittura con la carta di credito per piccoli importi, anche al di sopra della cifra concessa, comunque ci siano delle reticenze, per via di costi che sono pesanti e sono notevoli, oltre a quelli per installare gli appositi apparecchi per l'utilizzo della moneta elettronica. Sono d'accordo sul fatto che dobbiamo fare, secondo me, un'azione molto più forte per incentivarne l'uso.
  La mia domanda riguarda il dato da lei segnalato, del 30 per cento, nell'ambito degli aiuti domestici, per quanto riguarda badanti, stagionali. Per questa fascia, c'è sicuramente una percentuale importante, a livello contributivo (INPS e INAIL). La nuova scelta di eliminare i voucher, che – lo dico chiaramente – io, pur non trattandosi sicuramente di una panacea per tutti i mali, non condivido, in propensione, quanto potrà portare questa percentuale a crescere? Lo chiedo perché sicuramente torneremo a un sistema di nero; questo è poco, ma sicuro. Ripeto: questo non era probabilmente il sistema migliore, perché c'erano delle falle, ma il sistema si poteva rivedere, senza eliminarlo. In termini di dati, a vostro avviso, questo che cosa potrebbe comportare? Grazie.

  ENRICO GIOVANNINI, presidente della Commissione per la redazione della «Relazione annuale sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva». Siamo d'accordo sulla moneta elettronica. Io credo che, come dicevo, una serie di interventi realizzati ultimamente, come il reverse charge ed altro, abbiano aiutato a dare più trasparenza alla filiera dei pagamenti, ma resta il problema del dettaglio. Credo che, per molti commercianti, effettivamente ci sia un elemento di costo, ma dobbiamo sapere anche che, dietro questo elemento o dietro magari alla scusa «non funziona», ci sia un comportamento, che tende a essere evasivo, come i dati mostrano molto chiaramente.
  Tra l'altro, vorrei ricordare che, per la prima volta nella relazione, abbiamo fatto una stima dell'evasione contributiva e non solo di quella del gettito tributario. Questo è stato un passo avanti particolarmente rilevante, perché c'è anche una sottodichiarazione nei pagamenti fatti ai lavoratori dipendenti. Questo mi porta, appunto, al tema dei voucher. Di nuovo, parlando a titolo personale, come ex Ministro, credo che il mercato del lavoro sia un continuum di strumenti, dal contratto con le massime tutele e con la massima regolazione, a uno strumento che abbia la flessibilità e che abbia una caratteristica che consenta anche di raggiungere gli studenti e i soggetti marginali del mercato del lavoro. Vorrei ricordare che il boom dei voucher, negli ultimi anni, è indubbio, ma, complessivamente, parliamo dello 0,3 per cento del totale delle unità di lavoro, cioè uno strumento, che era stato pensato per un mercato del lavoro «marginale», è rimasto marginale, quindi credo che questa prima considerazione avrebbe dovuto indurre a una maggiore riflessione su questo strumento.
  Il secondo aspetto che, a mio parere, anche se parlo a titolo personale, ha a che fare con l'evasione è che, nel momento in cui il Jobs Act ha eliminato la parte di contratti «flessibili» (co.co.co., co.co.pro. e così via), le imprese si sono divaricate, come spesso è accaduto in passato. Una serie di imprese, magari beneficiando anche degli incentivi alla decontribuzione, è andata verso i contratti, che chiamiamo «a tempo indeterminato» e che sono, in realtà, Pag. 6 a tutele crescenti o indennità crescenti, ma un'altra parte ha virato verso i voucher. Di nuovo, quando ci sono innovazioni nel mercato del lavoro, ma non solo del lavoro, abbiamo una parte delle imprese italiane che tenta di fare il salto, incamminandosi verso una maggiore innovazione, verso una maggiore produttività e così via, e una parte che scantona. Io credo che una parte abbia usato i voucher in maniera non coerente con l'idea dello strumento. Ora, il Governo dice di voler introdurre, comunque, uno strumento per questo tipo di lavoro, con il minijob alla tedesca o quello che sarà, però è evidente che il mercato del lavoro è un insieme di vasi comunicanti e che, ogni volta che si tocca un punto, questo provoca delle onde sul resto del mercato del lavoro.
  Come impatto sull'evasione, non credo che quest'anno riusciremo a far nulla, anche perché comunque i voucher, almeno quelli venduti, sono ancora utilizzabili nel corso dell'anno, però è evidente che sarebbe auspicabile che il Governo trovi, il prima possibile, la soluzione alternativa ai voucher, perché è evidente che non si può chiedere, per quel tipo di lavoro, di andare su forme contrattuali, come il lavoro a tempo determinato o il lavoro a chiamata e così via, che non solo sono molto più costosi, ma tecnicamente sono irrealizzabili per quel tipo di attività. Il mio incoraggiamento è appunto di colmare, il prima possibile, questo vuoto legislativo, in maniera tale da dare certezza sia ai lavoratori che alle imprese.

  PRESIDENTE. Vorrei fare due considerazioni, che dico assumendomi le responsabilità del mio pensiero.
  In questa Commissione, circa due mesi, fa abbiamo audito la Guardia di finanza. È difficile, in Italia, pensare a un dato certo sull'evasione fiscale. Lo dico perché i dati sui 110 miliardi sono differenti da quelli che ci ha detto in Commissione la Guardia di finanza e che si riferivano a 95 miliardi di evasione fiscale. Le chiedo se ci fa chiarezza su questo dato, perché, altrimenti, penso sia difficile anche inquadrare il problema.
  Sono oggettivamente d'accordo sul fatto che portare il limite di 3 mila euro di spesa in contanti è come non dare il piumino a un malato d'influenza. L'Italia non si poteva permettere, vista la situazione dell'evasione fiscale, di portare a 3 mila euro il limite per il contante.
  Un aspetto importante sulla lotta all'evasione fiscale riguarda il fatto che si comunica al cittadino che i proventi dalla lotta all'evasione fiscale servono per diminuire l'aliquota. Questo ha un senso logico, ma, se non è così, oggettivamente non si può pretendere di abbattere il debito pubblico con l'evasione fiscale, perché il convincimento del cittadino a pagare le tasse, in funzione del fatto che più le paga e più le tasse diminuiscono, era un obiettivo giusto, con una ragione d'essere giusta. Trovo difficile e quasi impossibile creare una voglia nei cittadini a denunciare chi non paga le tasse, come in tanti altri Stati. Su quest'aspetto, chiaramente noi, come Commissione, continueremo a fare le nostre battaglie.
  C'è un'altra situazione da capire, per quanto riguarda la nostra Commissione, su tutte le forme dell'organizzazione e della tutela del lavoro nonché dei decreti e delle leggi sul lavoro, che in questi anni sono passati, da co.co.co. a co.co.pro., a interinali e a tutte le altre forme di lavoro. Siamo stati, compresi noi che facciamo parte del Parlamento, più attenti a trovare delle forme giuridiche sul lavoro che a trovare il lavoro stesso, quindi più forme di lavoro ci sono, meno lavoro c'è, oggettivamente. Forse, il lavoro andrebbe inquadrato in due o tre forme, punto e basta. L'errore dei voucher è evidente a tutti e lo dico assumendomi le responsabilità, perché, se, da una parte, è vero che qualcuno ne ha approfittato, oggettivamente non si butta via il bambino con l'acqua sporca, questo è un dato.

  ENRICO GIOVANNINI, presidente della Commissione per la redazione della «Relazione annuale sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva». Intanto, parliamo delle stime. Tra l'altro, la Guardia di finanza fa parte della Commissione, Pag. 7 per cui mi stupisce che abbiano fornito dati diversi.
  Nella Tavola 5 dell'aggiornamento alla relazione, si fa riferimento a un dato vicino ai 95 miliardi, che erano 95 nel 2011, ma 100 nel 2014, rispetto alla sole entrate tributarie evase. Ora, se a questo dato sommiamo le entrate contributive, che, come le dicevo, per la prima volta sono state stimate e che sono di circa 10-11 miliardi, arriviamo a circa 110 miliardi nel 2014, perché sommiamo ai 100 altri 11, quindi siamo a 111 miliardi. Questi sono i dati di riferimento, che considerati ufficiali anche a norma di legge. Ben diversa è, invece, la stima di basi imponibili evase e così via, che, come ripeto, riguarda il tax gap, una definizione internazionale su questi aspetti.
  Per ciò che riguarda la destinazione dei proventi, vi ho già detto qual era l'idea originale, che risale al Governo Monti. In realtà, la Commissione era stata istituita dal Governo Berlusconi, quando erano state previste quattro Commissioni: una sull'evasione fiscale, una sulle cosiddette tax expenditures, una sulle spese e una sulla politica fiscale in generale. In realtà, noi completammo il lavoro, quando ci fu il cambio tra il Governo Berlusconi e il Governo Monti. Ricordo che il Presidente Monti, interessato a questa proposta, mi chiamò a Palazzo Chigi. Ci fu una discussione nell'ambito del Governo, per capire se realizzare pienamente quella proposta e rendere automatico il meccanismo. Ricordo che, nel 2012, c'era una situazione particolarmente difficile, in cui il deficit e soprattutto lo spread erano schizzati a livelli altissimi.
  Come dicevo, la legge delega fiscale, per come è stata scritta, consente al Governo di fare una scelta diversa, ma il Parlamento è sovrano su quest'aspetto. Nel momento in cui arriva in Parlamento la legge di bilancio e, prima di questa, l'aggiornamento al DEF, il Governo, come dice la norma, deve indicare quanto apposterà nel fondo dei proventi per la lotta all'evasione, in termini di riduzione delle aliquote. Questo dato, quindi, è perfettamente evidenziato e sempre di più sarà basato sulle nostre stime. In tal senso, dobbiamo fare la nostra relazione in tempo per fare l'aggiornamento del Documento di economia e finanza, a fine settembre, e prima della presentazione della legge di bilancio. In merito, il Parlamento può chiaramente dire al Governo «non ci piace questa scelta, devi destinare tutto alla riduzione dell'evasione».
  Stiamo parlando, per com'è congegnato il meccanismo, di alcune centinaia di milioni e non stiamo parlando di cifre enormi. Tuttavia, nel momento in cui, come abbiamo visto anche dagli ultimi dati, c'è una maggiore efficacia nella lotta all'evasione in termini di gettito recuperato, è possibile incidere maggiormente.
  Per ciò che concerne la questione del lavoro, mi permetto di dire, vista anche la mia esperienza precedente, che, intorno alla quantità di forme di lavoro, per anni sono circolati numeri, che, come diceva quel comico, «fanno girare la testa». Si parlava di circa 50 contratti di lavoro e così via, che erano una ventina, prima del Jobs Act, e che poi diventano 50, perché c'erano delle caratteristiche particolari con aliquote agevolate in alcuni casi, ma, di fatto, le tipologie erano molte di meno e, comunque, non molte di più di quelle negli altri Paesi. Da questo punto di vista, quel numero, ridotto dal Jobs Act, perché appunto ne sono state soppresse alcune forme, secondo me, era pienamente giustificato dalla necessità, per le imprese, di avere tipologie diverse di lavoro, soprattutto nella discussione, ormai in atto in tutto il mondo, sul futuro del lavoro, che vedrà sempre di meno prevalente, al di là della possibilità di licenziare o meno, il classico contratto a tempo determinato, per via dell'automazione e del passaggio, sempre di più, a un'economia basata sui servizi e così via.
  Personalmente, non sono d'accordo con l'idea di ridurre il numero dei contratti, ma di caratterizzarli bene, quindi magari aiutare le imprese anche a utilizzarli più facilmente, senza dover ricorrere al consulente di turno, perché, altrimenti, scappa qualche errore magari formale e uno si trova nei guai. Bisogna, quindi, non tanto ridurre il numero, quanto chiarire le modalità e, soprattutto, consentire un'applicazione anche della giurisprudenza, che – e Pag. 8con questo concludo – sia la più lineare possibile.
  Nella discussione sui voucher, io sono stato accusato di aver tolto la parola «occasionale» dalla precedente norma Fornero, per ciò che riguarda i voucher. Noi avevamo osservato migliaia di cause, in cui il giudice doveva capire se quello era un lavoro occasionale o meno. Lei immagini che cosa voglia dire trovare una definizione comune di lavoro occasionale? Naturalmente, no. In realtà, credo che il boom, che abbiamo osservato soprattutto negli ultimi due anni, sia legato, come dicevo, all'aver soppresso dei contratti mediamente flessibili, il che ha determinato la polarizzazione di cui abbiamo parlato prima.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Giovannini e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.15.