XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 1 aprile 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPIEGO DI LAVORATORI IMMIGRATI NELLE ATTIVITÀ INDUSTRIALI, PRODUTTIVE E AGRICOLE

Audizione di rappresentanti del comune di Prato, di organizzazioni industriali e sindacali, e di imprese artigiane.
Ravetto Laura , Presidente ... 3 
Silli Giorgio , assessore all'immigrazione del comune di Prato ... 3 
Ravetto Laura , Presidente ... 5 
Belli Andrea , presidente Confartigianato di Prato ... 5 
Ravetto Laura , Presidente ... 6 
Cavicchi Andrea , presidente dell'Unione Industriale di Prato ... 6 
Ravetto Laura , Presidente ... 6 
Fabbrizzi Alessandro , segretario della CGIL di Prato ... 6 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Bellandi Stefano , segretario della CISL di Prato ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Zejnati Qamil , segretario della UILTEC e responsabile immigrazione UIL di Prato ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 9 
Cominardi Claudio (M5S)  ... 9 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 9 
Mazzoni Riccardo  ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Cavicchi Andrea , presidente dell'Unione industriale di Prato ... 10 
Belli Andrea , presidente Confartigianato ... 11 
Silli Giorgio , assessore all'immigrazione del Comune di Prato ... 11 
Fabbrizzi Alessandro , segretario della CGIL di Prato ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 13.35.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti del comune di Prato, di organizzazioni industriali e sindacali, e di imprese artigiane.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impiego di lavoratori immigrati nelle attività industriali, produttive e agricole, l'audizione di rappresentanti del comune di Prato, di organizzazioni industriali e sindacali, e di imprese artigiane.
  Vi ringrazio a nome di tutto il Comitato Schengen. Come sapete, questo è un Comitato bicamerale. Ci occupiamo di molte tematiche ma, in particolare, abbiamo avviato un'indagine conoscitiva sull'impiego e la gestione della forza lavoro immigrata. Nell'ambito del caso Prato, abbiamo già svolto un'altra audizione nel corso della quale abbiamo ascoltato i rappresentanti di Unioncamere e della Camera di commercio.
  Vi siamo grati per la vostra presenza. Sono presenti, in rappresentanza del comune, l'assessore all'immigrazione del comune di Prato, Giorgio Silli; in rappresentanza delle organizzazioni industriali e delle imprese artigiane, il presidente di Confartigianato di Prato, Andrea Belli, e il presidente dell'Unione industriale di Prato, Andrea Cavicchi; in rappresentanza delle organizzazioni sindacali, il segretario della CGIL di Prato, Alessandro Fabbrizzi, il segretario della CISL, Stefano Bellandi, e il segretario della UILTEC e responsabile migrazione UIL di Prato, Qamil Zejnati.
  Ho dei colleghi bravissimi che dai lavori dell'Assemblea di questa mattina sono corsi qui ma che alle 14.30 devono essere presso le rispettive Commissioni permanenti. Sarebbe interessante per noi ascoltare tutti voi. Per questo, se possibile, vi chiederei di parlare per cinque o sei minuti ciascuno, in modo da potere dare successivamente la parola ai colleghi per le domande e quindi di nuovo a voi per la vostra replica. Do la parola all'assessore all'immigrazione del comune di Prato, Giorgio Silli, per lo svolgimento della sua relazione.

  GIORGIO SILLI, assessore all'immigrazione del comune di Prato. Buongiorno a tutti. Grazie per l'invito, quanto mai utile se non indispensabile in questo momento, che vede Prato agli onori della cronaca, da troppi anni, per una presenza «normale» di un fenomeno normale come è quello migratorio, che nel nostro caso, però, è diventato un problema con la «P» maiuscola.
  Noi contiamo un numero altissimo di migranti e siamo famosi non tanto per le 116 etnie che la terza città del Centro Italia ha al suo interno, quanto per la fortissima presenza di una comunità cinese che è una tra le più grandi al mondo. La densità di cittadini cinesi stimata per Pag. 4cittadino pratese è la più alta del mondo. Non ci sono città al mondo con un numero di cittadini cinesi (stimando anche la parte di clandestini, che sono veramente tanti) che possa eguagliare i numeri di Prato.
  Questo, chiaramente, porta a uno sviluppo del tutto particolare di un certo distretto lavorativo. Il cinese, per sua natura, lavora nel manifatturiero. Nel nostro caso, ma anche in altre città europee simili alla nostra, lavora all'interno dell'industria manifatturiera delle confezioni. Questo porta – ahimè – non nel cento per cento, ma sicuramente nella stragrande maggioranza dei casi, all'impiego di manodopera clandestina, che rende i cinesi concorrenziali sul mercato e appetibili anche per grandi catene di distribuzione europee. Sebbene vi siano dei codici etici, da firmare di fatto, ci sono dei filtri in mezzo che permettono anche alle grandi catene di acquistare dei capi prodotti da clandestini con condizioni di lavoro assolutamente disumane.
  I numeri sono spaventosi: in cinque anni di mandato amministrativo abbiamo sequestrato più di 22.000 macchinari (macchine da cucire e via dicendo). Per quanto siano molto limitati i poteri a livello locale in ambito di immigrazione, riusciamo, in seguito ai controlli, a sequestrare e a chiudere l'immobile proprio perché al suo interno, in genere, il cinese ricava anche il loculo dove vive. Questa povera gente è costretta a lavorare anche 16-18 ore al giorno.
  Io ho portato avanti una campagna anti-sfruttamento, che ha permesso ad un cittadino cinese di fidarsi delle istituzioni italiane e di denunciare il proprio aguzzino. Questi è stato condannato penalmente in primo grado, nonché ad un risarcimento per la parte lesa. Dopo questo esempio, per cui le istituzioni nel nostro Paese funzionano, altri cittadini cinesi lo hanno seguito e siamo già al quarto caso, una cosa più unica che rara.
  Io ho parlato a lungo con il sindaco della città di Terrassa, che è – o perlomeno era – il polo tessile catalano, il quale mi ha detto di iniziare adesso a conoscere questo fenomeno e di rendersi conto dell'effettiva pericolosità sociale, oltre che, chiaramente, di quella lavorativa.
  Il problema non è tanto la concorrenza sleale, che già sarebbe un argomento sufficiente per far scattare tutta una serie di operazioni, quanto il trattamento disumano dei lavoratori che, come abbiamo visto diverse volte, porta a delle situazioni drammatiche. L'ultima vicenda tremenda è avvenuta il primo dicembre, con la morte di sette lavoratori cinesi – molti dei quali erano clandestini – in seguito al rogo in un'azienda.
  Tre settimane fa, insieme con il sindaco e con tutte le istituzioni pratesi, siamo stati ricevuti al Quirinale dal Presidente Napolitano, proprio in merito al caso Prato, per i suoi numeri e per tutto quello che concerne un'immigrazione così selvaggia. Questo è diventato una sorta di caso nazionale. Mi occupo di immigrazione, presiedo la Commissione nazionale dell'ANCI per l'immigrazione e faccio parte di un comitato per i minori stranieri presso il Ministero delle politiche sociali. Di fatto, potremmo parlare per ore di soluzioni, di proposte, di schemi e di documenti presentati ai vari livelli istituzionali, ma vorrei che di ciò parlassero nello specifico gli altri amici e rappresentanti delle categorie che sono oggi qui con me. Lasciatemi però dire una cosa: il vero peccato originale, in questo caso, è che, purtroppo, il Governo cinese fa orecchie da mercante. I rapporti diplomatici sono buoni, però, effettivamente, manca un accordo bilaterale sull'immigrazione, il che non permette in nessun caso, o comunque nella stragrande maggioranza dei casi, il rimpatrio del clandestino.
  In seguito al controllo e al sequestro dell'azienda, viene emesso un decreto di espulsione del clandestino. Quest'ultimo, nella migliore delle ipotesi, si muove dal distretto pratese agli altri distretti cinesi (quello milanese, quello di Carpi), altrimenti fa un giro e poi ritrova occupazione in altre aziende, perché la rete all'interno della comunità cinese è assolutamente funzionale e permette a tutti costoro di ritrovare una collocazione all'interno del Pag. 5proprio ambito lavorativo, al pari di una sorta di protezione. Qualora il cinese si ribelli o denunci, viene di fatto scomunicato (uso una parola che tutti noi conosciamo nell'ambito ecclesiastico), cioè viene messo ai margini della comunità e perde assolutamente i diritti e le protezioni interne. Questo serve a dissuadere gli altri dal denunciare.
  In questi ultimi anni abbiamo fatto passi da gigante, grazie a controlli serrati e a una collaborazione da parte del Governo, che però poteva essere migliore. La prefettura, la questura, la Guardia di finanza e i Carabinieri hanno bisogno di uomini, ma soprattutto abbiamo bisogno di strumenti legislativi che permettano a tutti noi e non solo di agire energicamente.
  Io vorrei invitare il Comitato, anche a nome del mio sindaco, a una missione esplorativa nella città di Prato, ma soprattutto a mettere in votazione o a creare un documento che possa servire come grimaldello per spingere i due Governi (quello italiano e quello cinese) a trovare un momento di incontro, che permetta quanto meno il rimpatrio pacifico dei clandestini, che nella nostra città sono stimati non in qualche centinaia ma in qualche migliaia (siamo, forse, oltre 20-25.000).
  Ricordo che Prato è la terza città del centro Italia, è una città da 186.000 abitanti e ha una presenza di circa 34.000 stranieri effettivamente registrati e presenti, più 15-20.000 (c’è chi dice che siano addirittura 25.000) clandestini o comunque stranieri senza titolo di soggiorno.
  Concludo, perché non voglio essere pedante. Spero che l'attenzione, dopo questa audizione, si concentri quasi esclusivamente sul peccato originale e poi, a pioggia, su tutte le altre proposte, che vi farò avere, così come le abbiamo fatte avere al Capo dello Stato. Grazie, presidente.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Ci ha dato degli spunti che, in parte, ci erano già stati segnalati da altri auditi. Peraltro, la prossima settimana avremo ospite il Ministro degli esteri e quindi coglieremo questa occasione. Do la parola ad Andrea Belli, presidente della Confartigianato di Prato.

  ANDREA BELLI, presidente Confartigianato di Prato. Grazie di questo tempo che ci dedicate. Io rappresento aziende piccolissime da sempre, sono pratese e lavoro nell'ambito del tessile ma, da quando ho il piacere di questo incarico, anche in tantissime altre categorie. Quando si parla degli extracomunitari a Prato, spessissimo si tende a parlare dell'etnia cinese, a buon motivo, perché è di gran lunga la più numerosa e la più incisiva, anche se non è l'unica. Nell'ambito dell'etnia cinese, capita spesso di parlare della manifattura, come ricordava Giorgio, ma ci sono anche altre categorie.
  Nelle nostre assemblee è difficile affrontare questo argomento, perché suscita un umore non troppo brillante, perché riguarda la convivenza fra piccoli artigiani: sto pensando ai tassisti abusivi, sto pensando al settore dell'estetica e delle parrucchiere. Io non me ne intendo troppo, ma so che con 6 euro si fa una messa in piega. Dire che tutti i nostri soci, che pensano di lavorare in maniera tranquilla, fanno fatica è un eufemismo.
  Sono tornato sabato dalla Cina, con una missione finanziata dalla regione Toscana: per entrare in Cina manca solo l'analisi del sangue ! Si respira una grande voglia di legge e di regolarità, che a me non dispiace, perché forse permette un giusto convivere, anche se gli eccessi non vanno bene. Il clima, infatti, è l'esatto opposto di quello che si respira a Prato.
  Quando qualcuno mi dice che non c’è integrazione, io rimango un po’ male, perché noi vogliamo l'integrazione. C’è stato un episodio in cui c'era un'aula piena di extracomunitari, senza un italiano: noi nel DNA abbiamo l'integrazione. I cinesi hanno voglia di lavorare e anche noi pratesi abbiamo voglia di lavorare, però, ci piacerebbe farlo a parità di regole, specialmente a casa nostra.
  Io non conosco le soluzioni, però spero di rappresentare bene i miei colleghi. Noi crediamo ancora nel nostro distretto, soprattutto nel tessile, anche se la crisi l'ha mortificato un po’. Specialmente andando Pag. 6in giro, ci rendiamo conto che abbiamo ancora qualcosa da dire. Questa situazione a Prato non ci dà tanta fiducia. Tutte le volte che si parla di commesse e si propone un lavoro, sentirsi dire che c’è chi lo fa a meno, a dir poco, deprime un po’.
  Non conosco soluzioni, perché son convinto che i numeri siano veramente alti. Il male, forse, è stato farli diventare alti. In ogni caso, c’è sempre modo di invertire la tendenza e penso che ciò sia indispensabile e necessario. Noi, piccolo distretto – filiera del tessile e non solo – saremo in grado di riemergere se argineremo questo dilagare, che non è poi tanto sommerso, anzi mi sembra molto alla luce del sole. Mi rendo conto che parlandone si rende solo in parte l'idea.
  Ha detto bene il mio collega: ci sono dei grandi spostamenti. Si vede bene quando ci sono delle grandi commesse, perché aumenta il giro di furgoncini e di gente che entra e esce dai capannoni, specialmente di notte e nel fine settimana. Penso che i controlli siano necessari, ma che non bastino. A nome di tutta la Confartigianato, vi ringrazio per questo tempo che mi avete dedicato. Noi crediamo ancora di poter fare molto per il nostro territorio, per il tessile e non solo. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, presidente. Noi ci riserviamo, eventualmente, di richiamarvi per ulteriori audizioni, anche a fronte degli ulteriori sviluppi. Intendiamo, infatti, portare questa relazione all'attenzione dell'Assemblea e trovare insieme a voi delle soluzioni. Do la parola ad Andrea Cavicchi, presidente della Confindustria di Prato.

  ANDREA CAVICCHI, presidente dell'Unione Industriale di Prato. Buongiorno a tutti. Grazie per l'opportunità. La questione è già stata evidenziata dall'assessore Silli e dal mio collega Andrea Belli. Devo dire che la situazione è particolarmente difficile a Prato.
  Da una ricerca dell'Istituto regionale per la programmazione economica della Toscana (IRPET), presentata a novembre 2013, emerge che circa il 50 per cento del fatturato che proviene dalla nostra provincia è generato da aziende cinesi, in parte regolari. Si dice che la provincia di Prato è la terza provincia a livello nazionale per la rimessa di soldi all'estero. Il denaro, quindi, non rimane nel nostro territorio, ma è completamente mandato via. Si parla di 187 milioni nell'anno 2012, mentre nell'anno 2009 si parlava addirittura di 464 milioni di euro che venivano rimessi verso la Cina. Il problema è grave.
  Come abbiamo denunciato più volte, anche tramite Confindustria – abbiamo incontrato il direttore Befera di recente in Confindustria Toscana –, il problema del distretto pratese si ritrova a livello nazionale: ci sono aziende che lavorano alla luce del sole e sono vessate continuamente – giustamente – da controlli e verifiche e aziende che lavorano nella totale illegalità. A Prato questa situazione è evidente, ma si sta espandendo anche in altre zone. I controlli sono solo su certe aziende, quelle che sono sempre in vista.
  Sul nostro territorio questo problema si evidenzia ancora di più. In quasi tutti i controlli che sono stati fatti nei capannoni c'erano dei clandestini. Quasi sempre, come ha anticipato l'assessore Silli, a questi clandestini viene fatto un foglio di via ma poi se ne perdono le tracce. Questo dimostra un'impotenza dello Stato e dell'Europa su questo problema. Questo non porta ad avviare una situazione di illegalità verso la legalità, ma dimostra quasi che in certe zone c’è una disattenzione da parte dello Stato, che crea ancora di più un volano per uno sviluppo dell'illegalità. Vi ringrazio per l'attenzione, perché credo sia importante denunciare queste situazioni. Grazie per averci ascoltato.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Do la parola ad Alessandro Fabbrizzi, segretario generale della CGIL di Prato.

  ALESSANDRO FABBRIZZI, segretario della CGIL di Prato. Se ci è consentito, come organizzazione sindacale faremo tre interventi estremamente brevi. Credo che il quadro sia abbastanza definito, al di là Pag. 7della notorietà, decisamente triste, che ha acquisito Prato all'indomani della tragedia del primo dicembre. In realtà, dentro a quel profluvio di interesse mediatico, in buona parte si è tentato di trovare delle scorciatoie nell'analisi di questo fenomeno, che continua ad essere un fenomeno estremamente articolato.
  Mi sembra che sia emerso in maniera imponente, anche negli interventi dei colleghi di questa delegazione, il dato delle dimensioni e delle condizioni, del tutto inedite, rispetto ad altri contesti erroneamente assimilati a quello pratese. Giustamente, Giorgio Silli segnalava la necessità di strumenti legislativi, che devono essere potenziati, perché dentro questa condizione, che partorisce quotidianamente illegalità economica, c’è anche un dramma di vite umane.
  Credo che l'episodio del primo dicembre esemplifichi l'estrema esposizione sul piano dello sfruttamento di cui sono oggetto i lavoratori cinesi, rispetto al quale il sindacato non ha possibilità reali di essere incidente, per una semplice natura: se consideriamo le sette vittime del primo dicembre, quattro di loro erano clandestini. Non esiste soltanto un problema di irregolarità nei rapporti di lavoro in essere, almeno per la porzione di quei rapporti di lavoro che sono in chiaro, ma esiste anche un problema di visibilità di queste figure, in quanto necessariamente dovrebbero essere depositarie di un diritto di cittadinanza: che ci sia una condizione di autosfruttamento, quindi di parziale accettazione di quei meccanismi produttivi da un punto di vista culturale, o qualora questa condizione non sia oggetto di una sorta di acquiescenza, ma sia necessariamente subìta da parte delle lavoratrici e dei lavoratori cinesi, la necessità straordinaria di strumenti legislativi va declinata, secondo me, anche in termini di integrazione.
  Io ritengo che si debba immaginare anche una legislazione sperimentale per la concessione di permessi di cittadinanza, non tout court bensì mirati in relazione alla condizione dei singoli lavoratori. Dico ciò al di fuori di qualsiasi provocazione: chi ha la possibilità di un alloggio e chi ha un rapporto di lavoro che può essere regolarizzato, evidentemente deve essere depositario di un diritto di cittadinanza. Per fare questo, gli strumenti attuali sono inadeguati. Diversamente, continueremo a registrare nella nostra realtà pratese quel fenomeno di sfruttamento, di estrema vulnerabilità e di ricattabilità, alla stregua dei Lao Ban cinesi. Se non rimuoviamo e non aggrediamo quella condizione, e quindi non facciamo emergere dall'invisibilità quei cittadini cinesi che sono nella condizione di emergere, probabilmente continueremo a condurre una battaglia impari, nella consapevolezza che continuerà ad alimentarsi quel fenomeno distorto di sfruttamento e di negazione di qualsiasi diritto, non soltanto del diritto di lavoratore o lavoratrice, ma anche del diritto di cittadinanza.
  Penso altresì che non abbiamo la forza per indurre la Repubblica popolare cinese ad un accordo bilaterale. Prova ne è che, almeno nei consessi internazionali che abbiamo registrato sino ad oggi, non abbiamo avuto quel potere contrattuale che ci consentirebbe di realizzare concretamente quel tipo di normativa, non soltanto per quanto riguarda la necessità di un rimpatrio. Anche le organizzazioni sindacali pensano in maniera determinate e ferma che debbano essere contrastate in ogni forma l'illegalità e la produzione illecita di ricchezza. È però evidente che le richieste, che in buona parte sono di matrice sindacale, di contenere queste produzioni illegali, ad oggi, sono rimaste inevase. In quei consessi, talvolta, basta che la Cina minacci di aprire un pertugio e di far sortire milioni di cinesi, come una sorta di minaccia atomica, perché qualsiasi istanza da parte dei Paesi occidentali rientri umilmente nei propri canoni. Realisticamente, penso che non sia possibile immaginare che a breve saremo nella condizione di far accettare un accordo di rimpatrio bilaterale. In questa sede chiedo una determinazione feroce verso il riconoscimento sul piano dei rapporti di commercio internazionale, della tracciabilità e dell'etichettatura dei prodotti. Questo è un Pag. 8ulteriore strumento sul piano del consumo e sul piano culturale per contenere quelle degenerazioni e quelle pratiche senz'altro criminali.
  Vi chiedo cortesemente di valutare la possibilità di sperimentare, in quanto Prato continua a essere un laboratorio straordinario, ma ci vuole coraggio e nettezza nelle scelte. Altrimenti, anche come parti sociali (in questo caso ci metto del mio), continueremo ad affrontare questo problema in maniera del tutto inefficace. La soluzione non può essere quella estrema di concessione della cittadinanza quando il lavoratore formula una denuncia, perché sappiamo perfettamente che c’è una inibizione ad avanzare qualsiasi richiesta da parte dei lavoratori cinesi, in relazione a quel rapporto ambiguo che lega a doppio filo lo sfruttato allo sfruttatore. Tutto ciò richiede un impegno, che naturalmente non si può limitare ai soggetti in campo nel perimetro pratese. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Do la parola a Stefano Bellandi, segretario della CISL di Prato.

  STEFANO BELLANDI, segretario della CISL di Prato. Buongiorno e grazie. Mi associo integralmente a quanto detto dal collega della CGIL, che è condiviso dalle organizzazioni sindacali. Noi siamo, da tempo, impegnati sul fronte sindacale per cercare di dare un supporto ai lavoratori immigrati che vogliono emergere e che vogliono iscriversi al sindacato, però i numeri – ahimè – non ci danno ragione. Come diceva giustamente Fabrizi, in specie per l'etnia cinese, più trasparenza c’è, meglio è. L'iscrizione al sindacato è già un sintomo di regolarizzazione.
  Vi ho portato dei documenti della CISL in cui fotografiamo la situazione al 31 dicembre 2013, in rapporto ai dati del comune di Prato (gli unici che siamo riusciti a trovare aggiornati a questa data), che rappresentano il 95 per cento, se non di più, della densità abitativa. In termini scientifici, non è un paragone esatto, però in termini percettivi si dà la sensazione del fenomeno. Noi, come CISL, abbiamo 1.183 lavoratori extracomunitari iscritti. Di questi, solo 42 sono cinesi e vi posso garantire che non sono pochi.
  Il problema degli extracomunitari non riguarda solo i cinesi. Come diceva un proverbio, chi va con lo zoppo, impara subito a zoppicare. Il fenomeno cinese dà il la ad altri tentativi di evasione da parte del cittadino extracomunitario, che è più debole e quindi più facilmente soggetto a ricatti.
  Anche nell'edilizia notiamo moltissimo sfruttamento. Gli ultimi dati ci hanno evidenziato che ci sono alcuni muratori assunti part-time. Io non ho mai visto in vita mia un lavoratore edile part-time ! Dei pochi cinesi che vengono assunti, molti vengono assunti part-time. Sappiamo tutti che la realtà non è questa. Basterebbe fare un incrocio dei consumi con la produzione e si vedrebbe subito che è una scappatoia. Nel rilasciarvi la documentazione, che spero vi possa essere utile per l'indagine conoscitiva, vi ringrazio per l'attenzione e vi saluto.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola a Qamil Zejnati, segretario della UILTEC e responsabile immigrazione UIL di Prato.

  QAMIL ZEJNATI, segretario della UILTEC e responsabile immigrazione UIL di Prato. Io provengo da un altro Paese del mondo e quindi ho qui una responsabilità doppia. Conosciamo tutti il fenomeno cinese a Prato. Non possiamo andare avanti con questa situazione. Ringrazio il Comitato e spero che sia fatto un accordo con lo Stato cinese per gli esseri umani. Se possibile, non dovrà essere un accordo bilaterale ma un accordo tra più parti. Il fenomeno, oggi, viaggia su due binari. Uno è quello degli accordi statali, nell'ambito dei quali, normalmente, l'immigrazione deve essere regolarizzata. In secondo luogo, l'immigrazione cinese è strana, perché i cinesi arrivano, fanno gli sfruttatori e poi diventano imprenditori. Questa situazione non si fermerà mai in assenza di un accordo bilaterale !
  Vi ricordo che Prato è una città fatta dall'immigrazione, che ha creato il suo Pag. 9benessere sull'immigrazione, quella italiana e non. Come ha detto l'assessore, è una città composta da 115 etnie, di cui 114 potrebbero essere un esempio per tutta l'Italia. Secondo me, questo Comitato deve venire a Prato, prendere l'esperienza delle altre comunità e metterla a confronto con tutta la legge sull'emigrazione nazionale. Grazie.

  PRESIDENTE. Non soltanto sentiremo il Ministro degli esteri la prossima settimana ma, probabilmente, il 17 aprile sentiremo anche rappresentanti dell'ispettorato del lavoro di Prato. Vi ringrazio, perché ci avete dato delle indicazioni per le future audizioni. Prima di passare la parola ai colleghi per le domande, mi riservo di porne due io stessa. Ringrazio il presidente della CISL per averci comunicato i dati degli iscritti. Mi piacerebbe conoscere, se è possibile, anche i dati di iscrizione alla CGIL. Inoltre, mi piacerebbe sapere quante imprese cinesi sono attualmente iscritte a Confindustria.
  Do quindi la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  CLAUDIO COMINARDI. Grazie a tutti. Mi rendo conto che l'integrazione, a cui accennava il rappresentante di Confartigianato, non è sicuramente una condizione sufficiente, perché il problema è di una complessità non indifferente, però vorrei capire se l'ente locale, la regione oppure delle associazioni hanno fatto qualcosa per quanto riguarda il discorso dell'integrazione.
  Come diceva il primo oratore, la comunità cinese, come probabilmente anche molte altre, è una comunità chiusa e anche ricattatoria, perché c’è una difficoltà a denunciare. Quest'aspetto sicuramente non risolve minimamente il problema, però è un qualcosa che potrebbe coltivare altre iniziative in tal senso.
  Vorrei ora porre una domanda al rappresentante di Confindustria. Lei dice che c’è un problema di controlli, in quanto i controlli vessatori vengono fatti alle aziende regolari. Come mai i controlli non ci sono ? C’è una sorta di complicità da parte delle istituzioni e delle forze dell'ordine, oppure è un problema strutturale, perché chi deve fare controlli è sotto organico ? Vorrei capire meglio questa questione. Grazie.

  GIORGIO BRANDOLIN. Vorrei ribadire anch'io la domanda fatta dal collega sul discorso dei controlli. Per quanto riguarda le aziende regolari, ho una piccola azienda anch'io e so benissimo che cosa intende: ci vengono a controllare anche il pelo nell'uovo !
  Lei si domanda perché questo succede. Mi sembra di aver sentito che ci sono 25.000 clandestini: assessore, ho capito bene ? Se a questi sommiamo i 34.000 stranieri regolari, parliamo di circa 60.000 persone su 190.000. Lei mi dice che, come amministrazione comunale, in cinque anni avete fatto 22.000 sequestri di macchinari e di capannoni. Sono numeri veramente impressionanti. Manca personale di polizia o ispettori, oppure c’è forse un'atmosfera, sia nella comunità cinese, sia nell'ambiente industriale, artigianale e del lavoro di Prato che sostiene tutto questo ?
  Mi dispiace aver avvertito la vostra difficoltà nel farci delle proposte. Capisco che noi siamo legislatori e dovremmo noi darvi delle risposte a questi problemi, però, forse, mi sarebbe piaciuto sentire qualcosa di più preciso rispetto a questi numeri, che per quanto mi riguarda non conoscevo e mi sembrano impressionanti.

  RICCARDO MAZZONI. Venendo da Prato, queste cose le conosco e posso assicurare che è proprio questo il problema che dobbiamo porci: i controlli sono praticamente quotidiani ! A fronte di una massiccia operazione di controllo sulla comunità cinese e a fronte di tentativi innumerevoli di integrazione, dei passi avanti sono stati fatti, però dobbiamo renderci conto che prima di tutto il fenomeno dell'immigrazione clandestina cinese è un fenomeno criminale.
  Giustamente, il presidente Belli diceva che in Cina ci fanno quasi l'analisi del sangue, mentre qui ci sono state maglie Pag. 10troppo larghe. In questo, l'Europa non ci ha dato una mano. La tracciabilità, il made in, sono state tutte norme che hanno remato contro l'Italia e nello specifico contro Prato.
  La strada dei permessi di soggiorno umanitari, a cui accennava il segretario della Camera del lavoro, va sicuramente valutata, ma se prima non facciamo riemergere, in tutto o in parte, il distretto dall'illegalità, questa rischia di essere un'arma a doppio taglio. Il rischio è che la strada dei permessi umanitari vada in mano a quell'organizzazione che, come ha detto il presidente Cavicchi, riesce a mandare in un solo anno 464 milioni di euro all'estero, che sarebbero il PIL del distretto di Prato e non solo.
  Le proposte ci sono. Nella scorsa legislatura ho presentato una proposta di legge speciale per Prato e credo che bisognerebbe insistere su questo punto. Il Ministro dell'interno è venuto a dire a Prato che il Ministero dell'interno sta studiando una legislazione speciale per la città. Non si può derogare dal fatto che si deve partire da un incremento delle forze dell'ordine e dei controlli. Presidente, tu parlavi dell'ispettorato del lavoro: fino a due mesi fa gli ispettori del lavoro a Prato erano due ! Ora il presidente Rossi ne ha mandati 50, ma siamo all'anno zero su quel tipo di controlli.
  Il problema che dobbiamo porci è l'emersione dall'illegalità, che non è stata possibile con i mezzi ordinari messi in campo dallo Stato. Ci vuole uno sforzo straordinario. Sarò ripetitivo, però questa è la situazione.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  ANDREA CAVICCHI, presidente dell'Unione industriale di Prato. Grazie delle domande. Per quanto riguarda i controlli, non credo che ci sia una complicità delle forze dell'ordine. Come ha detto l'onorevole Mazzoni, sul nostro territorio c’è un sottodimensionamento delle forze dell'ordine, in tutti i reparti: nella Guardia di finanza, nei Carabinieri, nella Polizia e soprattutto nell'Ispettorato del lavoro, dove fino all'anno scorso c'erano solo due ispettori.
  Nel nostro territorio ci sono 27.000 imprese, di cui 7.600 sono cinesi. Quest'ultime sono difficilmente controllabili e hanno una fortissima mortalità. L'azienda media cinese dura un anno e mezzo, due o due e mezzo al massimo. Ho parlato di questo quando ho incontrato il direttore dell'Agenzia delle entrate di Prato e l'ho ripetuto al direttore Befera nell'occasione che ho citato. Il problema è che loro non hanno neanche gli strumenti per controllare le partite IVA, perché controllando i bilanci dei tre anni precedenti, queste imprese non sono neanche viste dall'Agenzia delle entrate. C’è un problema di burocrazia dei controlli sul nostro territorio, che porta a controllare le aziende alla luce del sole, perché è troppo più facile: parliamo italiano, possono entrare facilmente e hanno l'accesso a tutti i libri.
  Queste aziende, come diceva l'assessore Silli, sono nella totale illegalità: non hanno neanche gli impianti elettrici a norma, vivono con le bombole del gas accanto ai materiali tessili, portano i bambini sul posto di lavoro e hanno creato anche situazioni di igiene veramente gravi.
  Sul nostro territorio ci sono anche altri flussi di denaro e di merce. Molti dei tessuti vengono importati irregolarmente tramite dei porti compiacenti in tutta Europa. È un problema anche europeo. Noi non abbiamo un controllo di tutti questi flussi di merci che arrivano sul nostro territorio. Negli ultimi controlli fatti, la Guardia di finanza ha confiscato quattordici container in un magazzino e tanti altri in altri magazzini. Abbiamo flussi di merce che viene sdoganata con dazi molto più bassi e che circola liberamente sul nostro territorio. È un problema europeo: siamo un continente colabrodo !
  Inoltre, si crea una disparità sempre più grande tra le aziende regolari e le aziende non regolari. A Prato gli iscritti cinesi a Confindustria sono due: uno è iscritto da dieci anni e uno da un anno. Grazie.

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  ANDREA BELLI, presidente Confartigianato. Parto dalla richiesta dell'onorevole Brandolin, che ci invitava a fare delle proposte. Da questo dibattito mi rendo sempre più conto che è difficile, se non impossibile, rappresentare la realtà di Prato. Siccome vi è un problema enorme, che credo non riguardi più solo Prato ma tutta l'Italia, per rendersene conto, bisogna trovare altri sistemi. Pur essendo grato per il tempo che ci dedicate, mi rendo conto che è impossibile rappresentarvi la nostra realtà. Se in una via ci sono 300 famiglie, comprese delle aziende, e due sole pagano il ritiro dell'immondizia, il camion dell'immondizia bisogna mandarlo comunque, perché quei due che pagano hanno diritto al ritiro !
  Si può fare una cartella esattoriale a un'azienda che non ha pagato dopo aver ricevuto una multa o un'ispezione, ma credo che la percentuale di riscossione delle cartelle a ruolo sia bassissima: anche ad averli scovati e sanzionati, dunque, non serve a nulla.
  Come diceva il presidente Cavicchi, non si riesce a riscuotere le cartelle, perché questi imprenditori vanno via, ad esempio a Carpi. La Confartigianato di Carpi ci sta segnalando la crescita dello stesso fenomeno, seppure meno grande. Mia moglie è cancelliere e mi dice che c’è un problema a trovare degli interpreti. È un discorso talmente ampio, che non ci si rende conto. Siamo in grado di rispondere alle singole domande, ma non si dà il quadro neanche parziale del disagio.
  Le nostre aziende hanno voglia di lavorare quanto i cinesi, però, a parità di regole ! Troviamo un'idea per renderci conto della situazione e poi partire con le soluzioni. In questo modo, perlomeno dalla mia parte, siamo abbastanza in difficoltà.

  GIORGIO SILLI, assessore all'immigrazione del Comune di Prato. Le domande erano tante. Mi riallaccio a quanto detto da Belli: al di là di tutto, di proposte ne sono state fatte molte. C’è una sorta di piccolo riassunto che abbiamo lasciato al Capo dello Stato, il quale lo ha inviato al Presidente del Consiglio, indicandogli di occuparsi del caso Prato.
  Per quanto concerne l'integrazione, Prato è l'unica città in Italia ad avere un assessorato all'integrazione. Non si tratta di un assessorato senza portafoglio, formato da una scrivania, ma di un immobile di 3.000 metri quadri adibito ad assessorato all'integrazione, con uffici, sportelli, preistruttoria, informazioni sui titoli di soggiorno e uffici scolastici.
  Tra l'altro, ricordo che per Prato si andò in deroga alla circolare del Ministro Gelmini, che poneva il tetto del 70 per cento di stranieri nelle classi scolastiche. Senza mediatori e traduttori, le classi di Prato rimarrebbero indietro, perché metà della classe non capisce quello che dice l'insegnante. C’è tutto un mondo, dai numeri veramente impressionanti, che andrebbe scoperto.
  Io invitai la Commissione Cultura della Camera. I commissari vennero e si resero conto di persona che cosa erano le classi di alcune delle nostre scuole di Prato. Io ho frequentato le scuole elementari relativamente poco tempo fa. Ho 37 anni, quindi si parla di 23 anni fa. Nella mia scuola, non avevo mai visto un bambino straniero. Oggi, nella stessa scuola c’è il 52 per cento di bambini stranieri. Immaginatevi di che cosa si tratta.
  Parliamo di 4 milioni di euro di fondi che ho personalmente chiesto all'Europa e sono riuscito ad avere, tramite il Fondo europeo per l'integrazione, che sono stati spesi negli ultimi anni per amalgamare i distretti, per cercare di fare educazione, per progetti di integrazione per le seconde generazioni, addirittura per una sorta di colonia estiva per i bambini pratesi che non possono permettersi le vacanze insieme a molti bambini stranieri, in modo che possano amalgamarsi e convivere anche durante le vacanze. Oggi noi stiamo costruendo quella che sarà la società del futuro. Chiaramente, i risultati saranno percepibili non tra un mese, un anno o un lustro, ma tra dieci anni o forse tra una generazione.

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  ALESSANDRO FABBRIZZI, segretario della CGIL di Prato. Sulla consistenza della rappresentanza di lavoratori cinesi nella mia organizzazione, direi che è del tutto velleitaria. Su circa 29.600 iscritti, abbiamo 18 cittadini cinesi iscritti al sindacato.
  Torno a segnalare il problema: noi, come organizzazione, abbiamo raccolto la denuncia di una lavoratrice, che in quel caso aveva un rapporto di lavoro regolare, però non era adeguatamente retribuita in relazione al contratto collettivo di riferimento. Questa denuncia si è risolta con una conciliazione. Detto ciò, ho il sospetto – per quanto non mi appartenga la cultura del sospetto – che quella transazione fuori dai locali sindacali si sia risolta diversamente. È questo il problema.
  Lei parlava di suggerimenti e di proposte. Senz'altro, mi sono spiegato male. Io ho avanzato una richiesta, vista l'imponenza, la massa critica di questo fenomeno e la condizione emergenziale. Non penso soltanto all'evento disgraziato del primo dicembre, perché quell'evento si può ripetere in questo momento, questa notte o tra una settimana ! Viste le condizioni emergenziali, credo di essere nel diritto di rivendicare misure emergenziali, almeno per il governo di questa fase. Non parlo della concessione a titolo umanitario. Mi riferisco, laddove è possibile definire delle condizioni dal punto di vista lavorativo e dal punto di vista alloggiativo, al riconoscimento di un permesso che quanto meno faccia emergere da quella condizione di sistematico sfruttamento quel lavoratore. Altrimenti, qualsiasi politica del diritto o sindacale sarà del tutto superflua. Chiedo di attenzionare la straordinarietà di questo fenomeno. Dopodiché, credo fortemente nella necessità di inventare politiche funzionali all'integrazione.
  Ritengo che l'ospitare nel distretto pratese il 23 per cento delle aziende etniche costituisca una risorsa, anche per il sistema economico del Paese intero. Ritengo che da quella contaminazione culturale vengano fuori delle risorse. Saremmo veramente anacronistici se non si cogliessero questi elementi, per non parlare dei 680-800 milioni di valore aggiunto legato, ad oggi, a quelle produzioni, o del 17 per cento di incidenza sugli affitti (naturalmente, parlo di quelli alla luce del sole).
  Al di là dell'isolamento culturale, un intreccio c’è necessariamente. Se, a differenza di quello che è successo in altre realtà industriali di questo Paese, il valore aggiunto non è calato proporzionalmente come sarebbe dovuto calare, ciò vuol dire che, oltre alle rimesse nei confronti della Cina, evidentemente c’è una redistribuzione all'interno di quella comunità.
  È evidente che il fenomeno è molto articolato. Bene ha fatto l'assessore Silli a invitarvi, perché la questione non si può liquidare con un intramuscolo di audizione. Lo dico con il massimo rispetto. Io credo che vi sia un atteggiamento di severa responsabilità a cui siamo chiamati tutti. Grazie.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo. Ci riserviamo di chiamarvi nuovamente per ulteriori audizioni, per un aggiornamento o un confronto. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.30.