XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 39 di Mercoledì 8 luglio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI FLUSSI MIGRATORI IN EUROPA ATTRAVERSO L'ITALIA, NELLA PROSPETTIVA DELLA RIFORMA DEL SISTEMA EUROPEO COMUNE D'ASILO E DELLA REVISIONE DEI MODELLI DI ACCOGLIENZA

Audizione dell'Ambasciatrice di Francia, S.E. Catherine Colonna.
Ravetto Laura , Presidente ... 2 
Colonna Catherine , Ambasciatrice di Francia ... 4 
Ravetto Laura , Presidente ... 6 
Colonna Catherine , Ambasciatrice di Francia ... 6 
Ravetto Laura , Presidente ... 7 
Colonna Catherine , Ambasciatrice di Francia ... 7 
Ravetto Laura , Presidente ... 7 
Conti Riccardo  ... 7 
Arrigoni Paolo  ... 7 
Colonna Catherine , Ambasciatrice di Francia ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 9 
Frusone Luca (M5S)  ... 9 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 10 
Campana Micaela (PD)  ... 10 
Ravetto Laura , Presidente ... 11 
Colonna Catherine , Ambasciatrice di Francia ... 11 
Ravetto Laura , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione dell'Ambasciatrice di Francia, S.E. Catherine Colonna.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'ambasciatrice di Francia a Roma, Catherine Colonna.
  Ambasciatrice, la ringraziamo di essere qui oggi. La sua presenza è fondamentale per il nostro Comitato per mettere a fuoco le problematiche che hanno visto, nei giorni scorsi, delle tensioni alle frontiere tra Francia e Italia, ma anche, più in generale, per analizzare la problematica del fenomeno migratorio che sta investendo l'Europa.
  Come sa, questo è un Comitato bicamerale che si occupa dell'attuazione degli accordi di Schengen e della vigilanza sulla loro corretta attuazione, che ha, però, sviluppato anche un'indagine conoscitiva sui flussi migratori.
  Le proporrò, quindi, una traccia, che naturalmente può decidere di seguire o meno, dopodiché ascolteremo le sue osservazioni. Comprendiamo che lei è un diplomatico, quindi non ci aspettiamo un approccio tecnico, ancorché preparatissima su questi temi. Sappiamo, infatti, che ha delle competenze specifiche, quindi le saremmo grati se volesse fornirci una visione generale, magari anche globale o internazionale.
  Dopo la sua esposizione, lasceremo ai commissari la possibilità di fare delle domande. Se riterrà, potrà rispondere in replica già in questa sede, oppure potrà ritornare o anche mandarci risposte scritte.
  La seduta è pubblica. Se, tuttavia, ritenesse di dover dire qualcosa che per motivi di riservatezza deve essere secretato, possiamo senz'altro interrompere la pubblicità dei lavori.
  Risulta che da alcune settimane, sebbene non abbiano formalmente ripristinato un posto di controllo della frontiera con l'Italia, a Ventimiglia, le autorità francesi eseguono un controllo nei confronti di viaggiatori provenienti dall'Italia. Non è, quindi, una chiusura vera e propria, ma un controllo di questi flussi.
  Sappiamo che la libertà di circolazione portata dall'accordo di Schengen è un valore dell'Occidente. Sappiamo anche che si è pronunciata una corte francese relativamente al fatto che non c’è stata alcuna violazione degli accordi di Schengen, ovvero non c’è stato un ripristino delle frontiere. Tuttavia, le chiediamo qual è il punto di vista del suo governo, perché sono stati ripristinati di fatto dei controlli, ma soprattutto se, nel fare questo, ci sono state delle comunicazioni formali preventive all'Europa o nostro Paese e se sono state addotte delle motivazioni.
  Vorremmo anche, se è possibile, una sua riflessione sul problema dei migranti che tentano di attraversare la frontiera tra Francia e Regno Unito. Mi riferisco, in particolare, al problema di Calais. Risulta da un comunicato dell'Agenzia LaPresse Pag. 3del 4 luglio che nei giorni scorsi si sia acutizzato il problema dei migranti che tentano di attraversare la frontiera tra Francia e Regno Unito, a Calais. In questa località ci sarebbero circa 3.000 persone provenienti da Paesi quali Eritrea, Siria e Afghanistan che hanno eretto un accampamento vicino al porto della città.
  Risulta, poi, che il 4 luglio scorso circa 150 migranti avrebbero invaso il terminal dell'Eurotunnel a Calais, con tutti i disagi e i disservizi che ne sarebbero occorsi. Un'ANSA del 7 luglio afferma che un migrante sarebbe addirittura deceduto nel tunnel sotto la Manica mentre stava cercando di raggiungere la Gran Bretagna. Le chiediamo, nei limiti delle sue competenze, ulteriori informazioni su quello che è accaduto.
  Sempre nei limiti delle sue competenze, ambasciatrice, le domando se ci può riferire – cosa che abbiamo chiesto a molti interlocutori auditi, anche naturalmente ai nostri ministri – quali siano stati i risultati del Consiglio europeo del 25 e del 26 giugno scorso. In particolare, al di là del tema delle quote dei migranti, al Comitato interesserebbe molto sapere se ha degli elementi sugli sviluppi dell'operazione EUNAVFOR MED. Infatti, pensiamo che a livello europeo ci sia ormai una consapevolezza del fatto che questi flussi migratori hanno origine da uno sfruttamento delle vite umane, quindi derivano da vere e proprie organizzazioni criminali che fanno attraversare i deserti ai migranti, per farli arrivare in Libia e poi imbarcarli. Le chiediamo, quindi, se in relazione a decisioni assunte dal Consiglio europeo può darci delle informazioni in proposito.
  In Italia – come immagino anche negli altri Paesi europei – c’è una forte discussione sul Regolamento di Dublino. Come sa, la posizione dell'Italia è abbastanza chiara, nel senso che dice: è vero che si tratta di un regolamento che è stato sottoscritto pochi mesi fa, ma è altrettanto vero che è stato pensato trent'anni fa in una situazione geografico-storica diversa, per cui andrebbe modificato.
  Al di là della posizione dell'Italia, a questo Comitato risulta difficile – abbiamo affrontato spesso questo tema – pensare che tutti i Paesi europei si trovino d'accordo su una modifica a breve termine di questo Regolamento in relazione al principio che porta al cosiddetto «Stato di primo approdo». Tuttavia, questo Comitato si è fatto anche promotore di una risoluzione, poi approvata in Aula, dove si propone di applicare per intero il Regolamento, se non possiamo cambiarlo, in particolare riguardo all'articolo 17 che pone la clausola di sovranità e la clausola umanitaria.
  Ci riferiamo, in special modo, alla clausola umanitaria, che dà la possibilità di deroga al principio dello Stato di primo approdo da parte di uno Stato, quando ci sia la necessità di operare dei ricongiungimenti familiari.
  Come ormai abbiamo verificato, molti migranti ritengono l'Italia un Paese di mero passaggio perché vogliono ricongiungersi con i familiari che già hanno in altri Paesi europei. Per esempio, abbiamo registrato che i siriani vogliono quasi tutti raggiungere la Germania. Ecco, le chiediamo se può dirci quale potrebbe essere la posizione del Governo francese su questo, ovvero se sarebbe d'accordo nell'attuare in maniera più compiuta questo Regolamento.
  Inoltre, ambasciatrice, vorremmo sfruttare la sua esperienza in materia internazionale per avere una visione più completa del fenomeno. Secondo lei, come dovrebbe porsi la comunità internazionale relativamente a questo fenomeno ?
  La sensazione che abbiamo avuto come Comitato – a parte il fatto che l'Italia lamenta di essere talvolta lasciata sola nella gestione – è che ci si incentri molto sulla necessità di una corretta azione di solidarietà da parte dell'Europa, ma la comunità internazionale è piuttosto assente. È vero, infatti, che i migranti per il 91 per cento sbarcano dalla Libia, ma è anche vero che non sono tutti libici. Spesso per arrivare in Libia hanno attraversato altri Paesi, che molto spesso hanno sottoscritto la Carta ONU dei migranti, ma, tuttavia, talvolta queste persone vengono lasciate morire nel deserto o comunque Pag. 4vengono trasportate sulle coste libiche per poi creare questa pressione sull'Europa.
  Nel ringraziarla nuovamente, le cedo la parola.

  CATHERINE COLONNA, Ambasciatrice di Francia. Presidente, onorevoli membri della Commissione, vi ringrazio per l'invito e per l'occasione di confronto. Prima di passare all'esposizione della posizione francese, vorrei, davanti ai membri di questo Comitato, ringraziare di cuore la Presidente per la visita che mi ha fatto dopo l'attentato alla redazione di Charlie Hebdo.
  Ho accettato questo invito perché penso – come tutti noi presenti – che abbiamo davanti un problema veramente difficile. Infatti, la questione dei migranti è importante, grave e va presa sul serio e in maniera approfondita. Da qualche anno, i Paesi europei, soprattutto quelli dell'Europa meridionale, devono affrontare un fenomeno in rapida crescita, sia sul piano dei profughi sia su quello dei migranti.
  La soluzione deve essere necessariamente europea. Il Presidente della Francia, davanti al Consiglio europeo, ha dichiarato recentemente che su questo non c’è discussione. La soluzione è europea perché un Paese membro da solo non può dare alcuna soluzione a un problema di questa mole.
  Il primo punto, dunque, è che la soluzione non può che essere europea. A questo proposito, entrano in gioco il principio della solidarietà e quello della responsabilità.
  Il secondo punto è che l'Italia non è il solo Paese che si trova ad affrontare questo problema. È vero che è geograficamente più esposta, ma i migranti che arrivano da Sud, ovvero dal Mediterraneo, non si fermano qui, ma vanno altrove in Europa.
  Ci sono, quindi, altri Paesi che hanno difficoltà dovute all'afflusso. Lei stessa, presidente, ha citato il caso di Calais, ma problemi simili ci sono anche a Parigi. Occorre comprendere che, ai flussi da sud provenienti dal Mediterraneo, si aggiungono anche quelli terrestri, soprattutto attraverso la rotta balcanica, che è un passaggio per altrettanti migranti, non necessariamente profughi. A ogni modo, le cifre sono pari a quelle del Mediterraneo.
  Pertanto, si tratta di un fenomeno che coinvolge tutti i nostri Paesi (al plurale), che presenta aspetti quantitativi e qualitativi che vanno analizzati.
  Sul piano quantitativo, l'Italia è esposta geograficamente, con le cifre che conosciamo. Nel 2014, circa 170.000 migranti sono arrivati via mare sulle coste italiane. Questa non solo è una cifra di per sé imponente, ma è il quadruplo rispetto all'anno precedente, che a sua volta moltiplica per 12 il dato dell'anno precedente ancora. I numeri del 2015 mostrano un lieve incremento rispetto al 2014. In totale, nel 2014, ci sono stati 240.000 arrivi dal Mediterraneo, non solo in Italia, e 240.000 arrivi per la rotta terrestre dei Balcani.
  Per me, però, è ancor più importante l'aspetto qualitativo. Infatti, stiamo assistendo a un cambiamento di natura del fenomeno migratorio, che riguarda non soltanto persone che lasciano i loro Paesi in cerca di un avvenire migliore o fuggono da zone di guerre, ma, purtroppo, ha assunto la natura di un traffico di esseri umani, di una attività criminale e di un business, che, fra l'altro, secondo alcune valutazioni internazionali e di alcune procure italiane, frutta alcuni miliardi all'anno. Si arriva a stime di 1-3 miliardi di dollari all'anno.
  Se dico questo è perché occorre acquisire una maggiore consapevolezza del fatto che il fenomeno migratorio è globale. Queste persone sono sfruttate e vittime di un racket in tutte le tappe del loro percorso, fin dal Paese di origine. Il Mediterraneo è solo una tappa, ma subiscono sfruttamento anche dopo il loro arrivo da noi. Finché non avremo una visione globale del fenomeno, sarà ben difficile riuscire a trattarlo. Se ci limiteremo ad analizzare ciò che accade dopo il loro arrivo, ci priveremo dei mezzi necessari per trovare la soluzione per migliorare la situazione.Pag. 5
  Voglio dire che non si tratta soltanto di accogliere i bisognosi di accoglienza e di proteggere le frontiere quando è necessario. Del resto, su tutti i Paesi incombe l'obbligo di proteggere anche le frontiere esterne, ai sensi dell'accordo di Schengen. Non si tratta, quindi, soltanto di aiutare i Paesi in cui arrivano questi flussi – e qui l'Europa dovrà fare di più –, ma bisogna anche cominciare a combattere i trafficanti, a smantellare le filiere, a risalire i canali attraverso i quali passano i flussi finanziari.
  Inoltre, bisogna responsabilizzare i Paesi di transito. Qui sorge il grande problema della Libia che, certo, esula dalle competenze di questo Comitato, ma che andrà affrontato perché sono moltissimi i migranti che arrivano in Italia passando dalla Libia. Occorrerà, pertanto, negoziare bilateralmente o con l'aiuto dell'Unione europea accordi di riammissione per offrire maggiori soluzioni, nonché accordi tecnici per offrire la possibilità di un ritorno nei Paesi di origine.
  Infine, bisognerà fare di più per informare e responsabilizzare i Paesi di origine, i quali devono far sapere ai propri cittadini qual è il rischio di sfruttamento, di racket, di furto e in certi casi anche di perdere la vita, se partono.
  Ecco, finora non si è lavorato abbastanza su questi aspetti. Occorre, dunque, risalire tutti gli anelli della catena del fenomeno migratorio, il più a monte possibile.
  Tornerò su tutti i punti che lei, presidente, mi ha inizialmente esposto. Volevo, però, dare questa visione globale perché penso che se non prendiamo coscienza del fatto che il fenomeno ha cambiato natura, non potremo condurre una riflessione seria su di esso. Non c’è una soluzione unica, semplice o a breve termine. Ci sono, tuttavia, delle cose che possiamo e dobbiamo fare come europei.
  A titolo personale, posso dire che penso che vi sia posto per un progetto comune tra l'Italia e la Francia, che sono particolarmente esposte, per condividere questo messaggio con i partner europei.
  Per ricostruire ciò che è successo finora, bisogna tornare al tenore dell'accordo. Schengen – come sapete – è un insieme di accordi che mira ad assicurare la libertà di circolazione dei cittadini europei all'interno delle frontiere dei Paesi firmatari del Trattato.
  I cittadini europei, dunque, hanno diritto alla libertà di circolazione. I cittadini di Paesi terzi, che siano in situazione regolare, hanno lo stesso diritto. Di contro, i cittadini di Paesi terzi che siano in situazione irregolare non hanno questo diritto. Lo stesso vale se sono privi di titoli per poter circolare. Per esempio, un richiedente asilo con richiesta di asilo in corso di esame deve rimanere nel Paese in cui ha presentato la domanda. Queste sono le regole europee.
  Perciò, se a una frontiera si presenta una persona in posizione irregolare non deve essere ammessa sul territorio. Il corollario della libertà di circolazione all'interno dello spazio di Schengen per i cittadini europei e per le persone in situazione regolare, è che l'applicazione degli accordi di Schengen grava in primo luogo sul Paese che è responsabile del controllo delle frontiere esterne.
  A Ventimiglia abbiamo applicato gli accordi di Schengen. Di fronte a un afflusso di persone in territorio francese abbiamo cominciato ad attuare controlli aleatori e non sistematici, come è stato detto. Abbiamo constatato che molte delle persone controllate erano irregolari e non rientravano nelle condizioni per usufruire della libertà di circolazione. Quindi, ai sensi dell'accordo di Chambéry tra Italia e Francia, abbiamo chiesto la riammissione nel territorio da cui queste persone provenivano.
  Per darvi delle cifre approssimative che danno un'idea dell'entità del fenomeno, dall'inizio del 2015 sono state controllate 12.000 persone, con un netto incremento a partire dall'inizio di giugno.
  Di queste, 8.000 sono state riammesse, il che mostra che un'alta percentuale di esse non erano in situazione regolare. In parallelo, combattiamo i trafficanti e gli Pag. 6spalloni. Infatti, ne abbiamo arrestati 86 dall'inizio dell'anno e abbiamo smantellato tre reti.
  Recentemente – mi riferisco alle ultimissime settimane – dai nostri controlli emerge che gran parte delle persone che si presentano alle nostre frontiere vengono dal Corno d'Africa. Nella stragrande maggioranza sono eritrei e sudanesi, quindi persone che avrebbero, in linea di principio, diritto all'asilo, ma danno tutti i segni di non aver fatto nulla per avanzare la richiesta al loro ingresso in Italia, come avrebbero dovuto.

  PRESIDENTE. Su questo, in Italia registriamo che spesso non vogliono sottoporsi ai controlli. Stando a quello che ci hanno detto le nostre autorità, è molto difficile per una persona che scappa da una guerra, per esempio per un siriano, arrivare qui, essere prelevato e fare il fingerprinting. Questo è un altro tema che abbiamo considerato.

  CATHERINE COLONNA, Ambasciatrice di Francia. Lei ha ragione. Ci sono casi di rifiuto, ma in Europa ci sono delle regole. È obbligatorio per le persone in situazione irregolare o per i richiedenti asilo fornire le impronte digitali. Per questo c’è un termine di 72 ore. Ed è anche un obbligo per lo Stato che li accoglie provvedere a questo.
  Per concludere su Ventimiglia, questa situazione assai particolare è stata più volte ricordata negli incontri tra il Presidente del Consiglio italiano Renzi e il Presidente Hollande. Il 21 giugno, a Milano, è stato deciso di costituire un gruppo di contatto permanente, nonché anche a Roma il 24 giugno. Stamattina, a Nizza, vi è stata altra riunione di questo gruppo di contatto a livello locale, non più centrale, per risolvere – così speriamo – gli ultimi problemi di interpretazione dell'accordo di Chambéry. Insomma, la situazione pare avviata verso una soluzione.
  Per quanto riguarda Calais e il Consiglio europeo – qui accelero per lasciare spazio alle domande – a Calais la situazione è del tutto diversa perché il Regno Unito non fa parte dell'accordo di Schengen. La Francia, anche in questo caso, applica le regole, fa il suo lavoro e protegge la sua frontiera con il Regno Unito, in cooperazione con questo Stato, impedendo il passaggio di queste persone verso un Paese che non desidera questi arrivi e non rientra nella libertà di circolazione prevista da Schengen.
  In merito al Consiglio europeo, penso siate tutti al corrente delle decisioni che sono state prese. In sostanza, il Consiglio europeo ha esaminato la proposta presentata in aprile dalla Commissione per una ripartizione dei profughi fra gli Stati membri. La Francia è a favore di una ripartizione equa dei profughi, ed è anche pronta a prendere in considerazione un sistema di ripartizione obbligatorio. Sapete però che non è stato possibile raggiungere un accordo a 28 su questo. Pertanto, spetterà ai singoli Stati decidere fino a che punto si assumono la propria parte di responsabilità. La Commissione europea farà successivamente rapporto su queste reazioni al prossimo Consiglio europeo.
  Pochi giorni prima del Consiglio europeo c’è stata una prima riunione ministeriale europea che ha dato avvio alla fase uno di EUNAVFOR MED. La Francia non solo è a favore di questa operazione, ma si onora di avere un ammiraglio francese – che ho incontrato – come vice comandante nel comando qui a Roma. A capo dell'operazione vi è un ammiraglio italiano. Noi siamo, quindi, il secondo Paese come risorse fornite. Il primo è, ovviamente, l'Italia. In particolare, abbiamo offerto un aereo ricognitore che ha già effettuato alcune missioni.
  Concludendo, torno a ribadire che la Francia è solidale con l'Italia riguardo alla problematica migratoria ed è accanto al vostro Paese non solo nel promuovere messaggi e idee a livello europeo, ma lo è concretamente, partecipando a operazioni come NAVFORMED e Frontex Plus, contribuendo con una nave all'operazione Triton e facendo la nostra parte in tutti gli sforzi a favore dei rifugiati.
  Ribadisco che Francia e Italia sono in una situazione simile. Nel 2014, abbiamo Pag. 7ricevuto, come voi, 64.000 domande d'asilo. Come voi, ne abbiamo accolte un po’ più di 20.000. Insomma, la situazione è identica.

  PRESIDENTE. Le comunico che alcuni colleghi si allontanano non per scortesia, ma perché i senatori devono essere presenti in Senato per garantire il numero legale.

  CATHERINE COLONNA, Ambasciatrice di Francia. Aggiungo un'ultima cosa su Dublino. So che in Italia sono sorti molti dubbi sul funzionamento del sistema di Dublino. Occorre, però, ricordare che per modificarlo non c’è una maggioranza. Vi sono, peraltro, alcuni meriti del sistema di Dublino, come il fatto di individuare il Paese responsabile dell'esame della domanda d'asilo, e il fatto che esso consente di evitare il fenomeno cosiddetto dell’asylum shopping, ovvero dell'andare a cercare il Paese che, dal punto di vista del trattamento della domanda, offre le migliori possibilità. Ecco, è stato un grande merito di Dublino porre fine alla possibilità di domande plurime in più Paesi, fino a trovare quello che la accoglie.
  Per quanto riguarda l'articolo 17, comma 2, si pone la questione della deroga ai principi di Dublino per motivi familiari o umanitari. Questa, però, è, appunto, una deroga, quindi non può diventare la regola generale, il principio. Pertanto, solo se tra i Paesi membri ci sarà un accordo sull'applicazione dell'articolo 17, comma 2, a quel punto si potrà decidere come intervenire.
  Ritenevo fosse importante questa messa a fuoco generale prima di passare al contraddittorio. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, ambasciatrice, anche per la sua concretezza. Ci ha dato numeri e informazioni importantissime.
  Lascio, ora, la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.

  RICCARDO CONTI. Signora ambasciatrice, ieri mi ero preparato a parlare in francese a casa perché ho una badante che conosce bene l'inglese e il francese. Mi ero fatto fare un esame. Visto, però, che lei ha parlato in francese, parlo in italiano, così non faccio brutte figure, anche perché non devo far nessun discorso particolare.
  Ho visto che oggi ha aggiunto alla categoria della Égalité e della Fraternité quella della responsabilità. Allora, vorrei sapere se lei o i suoi colleghi negli ambienti diplomatici pensate che sia stato responsabile andare in Libia ad abbattere il regime di Gheddafi, avendo ottenuto i risultati che vediamo oggi. Questa è la prima domanda.
  Secondo, la Francia è solidale con l'Italia. Vi ringraziamo per questo, ma il problema è che gli sbarchi in Italia non sono un problema dell'Italia, ma dell'Europa. Allora, bisogna che l'Italia, la Francia e tutta l'Europa si facciano carico di questo enorme problema, che è solo all'inizio. Altrimenti, bisognerebbe fare una grande piattaforma galleggiante per salvare tutti i migranti, dopodiché chiedere loro dove vogliono andare e poi fare domanda d'asilo. Non credo che i migranti vogliano venire tutti in Italia.
  Penso che sarebbe molto interessante per noi – la ringrazio se potrà rispondermi – sapere se il vostro Governo ha mai preso in considerazione l'idea di chiedere alla NATO di schierare delle forze sulla frontiera sud dell'Europa, cioè tra l'Italia e l'Africa, in maniera da disincentivare sbarchi troppo numerosi. Infatti, la solidarietà e la responsabilità arrivano fino a un certo punto, dopodiché non possono più essere sufficienti.

  PAOLO ARRIGONI. Grazie, ambasciatrice. Avrei tante domande, ma mi limito nel numero.
  In ordine al fotosegnalamento lei ha parlato di un obbligo di effettuare questa procedura in 72 ore. Lei trova che l'Italia, da questo punto di vista, sia inadempiente, quindi debba fare di più ?
  Inoltre, sull'articolo 17, comma 2, del Regolamento di Dublino, lei ha detto giustamente che è una deroga che non può diventare una questione di carattere generale, Pag. 8per cui, semmai, ci dovrebbe essere un accordo tra tutti i Paesi dell'Europa. La Francia sarebbe disponibile affinché questa deroga possa diventare una regola generale ?
  Come terza domanda vorrei conoscere il vostro sistema di accoglienza. Lei ha detto che lo scorso anno, delle 64.000 domande, ne avete riscontrato positivamente 20.000, un numero pari a quello dell'Italia. Ad oggi nel sistema di accoglienza francese quante persone sono ospitate ?
  Insomma, vorrei capire come è composto il sistema di accoglienza. Quello italiano ha i CARA, che sono del Ministero, gli SPRAR, con altri 20.000 posti che sono realizzati con la compartecipazione di alcuni comuni, ma per la maggior parte vi è un ricorso a strutture temporanee. Nei territori i prefetti individuano, anche senza accordo con gli enti locali, delle strutture cosiddette «temporanee» ma che in realtà non sono tali perché vengono impegnate per diversi mesi. Vorrei, inoltre, sapere quali sono i costi che sostiene la Francia annualmente.
  Infine, vorrei sapere – ultima domanda, dopodiché mi taccio – se in Francia esiste la fattispecie di reato di immigrazione clandestina e come eventualmente si applica.

  CATHERINE COLONNA, Ambasciatrice di Francia. La Libia è un tema su cui si potrebbe parlare a lungo. Nel 2011 è stata approvata una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU. Non mi sembra di ricordare un'opposizione italiana all'epoca. Recentemente, al vertice franco-italiano di fine febbraio è stato ricordato dal Presidente del Consiglio che l'Italia aveva accettato la decisione della comunità internazionale di agire in Libia. D'altra parte, bisogna distinguere tra decisioni della comunità internazionale con o senza l'avallo del Consiglio di sicurezza.
  E ricordo che, nel caso specifico del difficile problema delle migrazioni, alcuni tra i nostri paesi, tra cui senz'altro la Francia e l'Italia, nutrono la speranza che in sede di Consiglio di sicurezza possiamo adottare una decisione che porti a un'azione più decisa di lotta al traffico di migranti. Dunque non si può volere una cosa in un caso e il suo contrario in un altro.
  Veniamo ora al fardello degli arrivi in massa. Noi, come l'Italia, stiamo facendo la nostra parte. Peraltro, 5 Paesi europei su 28 accolgono più del 75 per cento dei richiedenti asilo (nell'ordine Germania, Svezia, Italia e Francia, più o meno a pari merito, e l'Ungheria, che però accoglie pochissime delle tante domande d'asilo che riceve).
  Veniamo al contributo della NATO. Non mi pare che questa sia la prima strada da scegliere nel contesto internazionale e regionale attuale. Tra l'altro, l'Europa ha attivato un'operazione a più fasi, nell'ambito della PSDC (Politica di sicurezza e di difesa comune), per colpire, se necessario, i trafficanti e distruggere, se necessario, una parte dei loro mezzi di trasporto. Abbiamo adottato recentemente la prima fase e, se possibile e necessario, passeremo a quelle successive. Dico questo perché l'Europa sta agendo, non si può dire che è inerte.
  Sulla fotosegnalazione, non ho detto nulla su come procede l'Italia a questo riguardo. Comunque, la fotosegnalazione è un obbligo per il migrante, ma anche per lo Stato di primo accesso. Certo, c’è l'elemento che in Paesi come i nostri, in cui la legge – e ciò è un bene – è rispettata scrupolosamente anche in materia di libertà individuali, non è permesso l'uso della forza per costringere chi non vuole sottoporsi alla fotosegnalazione. Questo fatto è noto, se non ai migranti, ai trafficanti, e produce il risultato che alcuni di questi migranti deliberatamente rifiutano di assoggettarsi a questa pratica, finendo per non essere inseriti nel sistema Eurodac, quindi spariscono nel paesaggio. Non tutti questi, però, vogliono rimanere in Italia, come sapete, e di fatto non vi rimangono.
  Per quanto riguarda l'articolo 17, comma 2,la questione non è quella dell'interpretazione di tale articolo, ma, quando uno Stato inoltra a un altro Stato Pag. 9una domanda di applicazione del 17.2, di mettersi d'accordo sull'applicazione di tale articolo. È difficile, come ho detto, fare di un'eccezione la regola, ma se ci venissero presentate delle domande non dubito che sarebbero esaminate.
  Per riassumere, la situazione è che in Francia ci sono stranieri in grande quantità, di cui un po’ meno di 20.000 nel 2014 sono richiedenti asilo la cui domanda è stata accolta. C’è anche, però, una numerosa popolazione in situazione irregolare. Noi combattiamo nella misura del possibile le reti dei trafficanti. Ho parlato di arresti e smantellamenti di reti recenti alla frontiera franco-italiana, ma purtroppo ci sono reti di questo genere all'opera anche altrove.
  Ho omesso di citare una proposta della Commissione europea. Il sistema di identificazione francese è diverso da quello italiano perché, oltre ai casi coperti dalla Convenzione di Ginevra e a quelli palesemente irregolari, c’è una terza eventualità, quella di zone d'attesa – così si chiamano in diritto francese – prima dell'ingresso in territorio francese, che svolgono la stessa funzione degli hotspots proposti dalla Commissione europea e di cui il Consiglio europeo del 25 giugno ha accettato il principio, dove sono identificate, registrate e indirizzate verso l'una o l'altra soluzione le persone che si presentano alle nostre frontiere. Questo modello migliorerebbe senz'altro il dispositivo esistente.
  L'Europa è pronta a prestare sostegno tecnico e finanziario alla creazione di questi hotspots, di cui oggi si sente la mancanza, sul territorio dell'Unione. Per me, essi rappresentano un elemento che, se venisse adottato, potrebbe consentire maggiore chiarezza nei processi di identificazione delle persone alle frontiere non solo dell'Italia, ma di tutta l'Unione.

  PRESIDENTE. Credo che questo punto sia importante, commissari, perché quando discutiamo della creazione di hub regionali, questi possono essere finanziati dall'UE. Ambasciatrice, in Italia è molto accesa la discussione sui centri di accoglienza troppo grandi che rischiano di diventare una sorta di ghetto rispetto alla distribuzione in comunità. Ecco, questo elemento che ci ha dato è importante per chiarire questo punto.

  LUCA FRUSONE. Grazie, ambasciatrice, per la sua presenza. Sarò molto diretto, anche perché fra un quarto d'ora dobbiamo essere in Aula.
  Ad oggi, la Francia esegue i rimpatri su base volontaria o coatta ? Questa è la prima domanda.
  La seconda è su Ventimiglia. Lei ha parlato degli irregolari che transitano dal territorio italiano a quello francese e che vengono fermati per i controlli e riportati in Italia. Su questo, nulla quaestio: il trattato di Chambéry parla chiaro. C’è il principio del primo approdo.
  Tuttavia, dei miei colleghi che si sono recati a Ventimiglia hanno visto persone irregolari che venivano da Parigi. Non erano persone che transitavano, ma venivano riportate in Italia da Parigi, avendo come prove scontrini. Erano a Parigi da mesi, ma venivano comunque riportate. In questo caso, il trattato di Chambéry non si può applicare e nemmeno il principio del primo approdo, che, peraltro, non si può utilizzare neppure per i minori non accompagnati.
  Anche su questo, ci sono dei filmati che fanno vedere ragazzi che dichiaravano un'età di 15 anni, che venivano portati in Italia senza accompagnamento. Del resto, bisogna anche vedere qual era il Paese di primo approdo perché può darsi che venissero da altri Paesi e non dall'Italia. Si parla – ripeto – di minori non accompagnati. Infatti, alcuni poliziotti italiani a quel punto hanno rifiutato la consegna in Italia e li hanno lasciati in Francia.
  In questo caso, Chambéry non si applica perché parla di zone di frontiera. A che titolo, quindi, queste persone vengono portate in Italia ?
  Infine, su EUNAVFOR MED, oltre al Falcon, che ha già fatto una prima missione, la Francia ha intenzione di dare altri mezzi o si parla solo di pattugliamento aereo con questo mezzo, che pure è importante ?

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  GIORGIO BRANDOLIN. Vorrei porle una sola domanda. Noi abbiamo delle Commissioni territoriali per espletare la pratica della richiesta di protezione internazionale. Come funziona da voi ? Noi ne abbiamo 20 sull'intero territorio nazionale, ma hanno delle difficoltà enormi. Infatti, i tempi di espletamento della pratica sono di 290 giorni in media, quindi con punte maggiori e minori. Ecco, le chiedo da voi come funziona e quali sono i componenti di queste Commissioni. Da noi vengono dal Governo, dagli enti locali e dalle organizzazioni umanitarie. Insomma, vorrei capire se da voi il sistema è simile a quello dell'Italia o meno.

  MICAELA CAMPANA. Anch'io ringrazio l'ambasciatrice. La prima è una domanda di carattere generale. La Francia è un Paese che sul tema dell'integrazione e dei diritti ha un percorso consolidato. Negli ultimi decenni, anche molto prima degli altri Paesi, ha costruito sul suo territorio politiche di integrazione che ne fanno un'immagine quasi futura dell'Europa. Siete il Paese che ha un'immigrazione di seconda e terza generazione e che ha più laureati tra i migranti. Rispetto all'Italia avete, quindi, un'immigrazione di alta qualità anche rispetto al numero dei laureati, con un sistema di accesso ai diritti e ai doveri molto forti rispetto all'istruzione, alla sanità, al lavoro.
  Lei pensa che nei prossimi decenni l'Europa capirà che la sfida vera, dal punto di vista politico, sarà quella dell'integrazione e dell'accesso di un popolo che, dal sud del mondo, sta cercando di arrivare nel continente europeo ? Vorrei sapere anche se il modello francese, a suo avviso, ha funzionato in questi anni.
  L'altro è il tema delle regole dell'Europa. Lei ha chiaramente detto che in questo ultimo anno i Ministri dell'interno dei vari Paesi d'Europa si sono incontrati molte volte.
  Sul tema delle identificazioni l'agenda europea è molto chiara nel dire che l'Italia deve identificare tutte le persone che arrivano sul territorio italiano.
  Ecco, lei pensa che nell'identificazione serva anche una cooperazione tra polizie internazionali ? Questo, infatti, è previsto anche dall'agenda europea. Inoltre, le chiedo se gli hotspots in Italia possono funzionare solo sui territori di primo arrivo – quindi nel nostro caso nelle regioni Sicilia, Puglia e Calabria – o anche nelle regioni del nord, visto che abbiamo una migrazione che viene anche dai Balcani.
  In questo momento la Marina militare francese è una delle più impegnate nel Mediterraneo ed è anche quella più vicina rispetto al profilo di Triton. È una sorta di Mare nostrum europeo, dal momento che le flotte europee in campo dimostrano che quell'idea di Mare nostrum poteva essere allargata all'Europa, quindi è un'immagine positiva, avendo ampliato anche i confini di Triton. Ci si è spinti, infatti, praticamente sotto i confini libici. Lei pensa che in questi primi mesi di pattugliamento e di salvataggio in mare la situazione rispetto al vecchio Triton abbia funzionato oppure no ?
  L'altro è il tema delle quote. L'agenda europea parla di resettlement, quindi anche di quote che riguardano i profughi oggi presenti sul territorio africano. Abbiamo, perciò, in primo luogo, una prima ridistribuzione di quelle quote. Invece, per quanto riguarda i famosi 40.000 si indica tra i richiedenti asilo politico soltanto gli eritrei e i siriani, ovvero quelli provenienti da queste due aree dell'Africa. Ora, essendo il continente africano in continua evoluzione, purtroppo in negativo, lei pensa che bisogna rivedere il sistema dei Paesi di provenienza ? Faccio solo l'esempio di Boko Haram e di quello che sta succedendo in quella parte dell'Africa. Le chiedo, quindi, se individuare soltanto tra i siriani e gli eritrei quelli che a oggi possono accedere a quella redistribuzione sia giusto oppure bisogna rivedere le regole in questo senso.
  L'altra questione è la lotta ai trafficanti. Lei ha parlato di questa operazione importante che si sta facendo nel Mediterraneo. Mi chiedo se parlando di quote e di rotte dei trafficanti bisogna ritornare con più forza politica a parlare anche di Pag. 11corridoi umanitari. Infatti, se parliamo di redistribuzione di quote senza i corridoi umanitari, a mio avviso manca un pezzo dell'agenda politica.
  L'ultima questione riguarda i Paesi di transito. Il Governo italiano, in questi mesi, sta definendo, anche se con molte difficoltà, accordi bilaterali con i Paesi di transito. Lei pensa che la Francia possa aiutarci in questa fase di discussione anche diplomatica con questi Paesi ?

  PRESIDENTE. Do la parola all'ambasciatrice per la replica.

  CATHERINE COLONNA, Ambasciatrice di Francia. Grazie per l'interesse e per le domande. Cercherò, pur nella brevità del tempo, di rispondere a dovere.
  Sulle quote, il tema è interessante perché questa parola non si ritrova nelle proposte avanzate dalla Commissione europea ad aprile. La Commissione non l'ha usata perché in quel contesto non aveva senso. Le domande di asilo sono trattate nell'ambito del diritto umanitario e della Convenzione di Ginevra, dove, per definizione, non entrano in gioco quote. Sarebbe, infatti, assurdo applicare i diritti sanciti dalla Convenzione di Ginevra sulla base di una chiave meccanica come quella di una ripartizione di quote. Per questo la parola non si ritrova nelle proposte della Commissione.
  Ho detto che la Francia è favorevole a un'equa ripartizione dei profughi tra i Paesi membri, ed è anche favorevole al dispositivo proposto dalla Commissione che pone un obbligo agli Stati membri. Purtroppo non è stato raggiunto un accordo a 28, ma occorre comunque salutare il lavoro della Commissione europea perché è un primo passo di una presa di coscienza che è stata fortemente auspicata dalla Francia e dall'Italia, probabilmente in quanto Paesi più esposti e più sensibili rispetto ai Paesi del nord.
  Lei ha ragione, le proposte, che pure riguardavano solo due Paesi, hanno il merito di esistere perché avviano un processo, ma non esauriscono la questione perché altri Paesi d'origine sono coinvolti, e ripeto che chi ha diritto all'asilo ha diritto all'asilo, punto. Quindi la nostra filosofia è assai vicina alla vostra.
  L'accordo di Chambéry permette di organizzare la cooperazione franco-italiana in materia di riammissione. Nelle ultime settimane ci sono state delle difficoltà, perché è emerso il tema della distinzione tra elementi di prova e elementi di presunzione. In alcuni casi, c’è stata un'interpretazione diversa tra Francia e Italia, ma il gruppo di contatto permanente che è stato costituito il 21 giugno ha tra le sue missioni anche e soprattutto quella di arrivare a un'interpretazione comune degli accordi di Chambéry sui documenti da presentare. Il gruppo, che si è riunito nelle capitali, oggi è in riunione a Nizza, quindi possiamo pensare che questo problema lo avremo presto alle spalle.
  Sui minori non accompagnati sarò precisa, visto che ho letto cose inesatte. I minori non accompagnati rientrano in un altro quadro normativo, che è quello della tutela dell'infanzia. Perciò, per loro non chiediamo la riammissione, bensì li accogliamo. La procedura si espleta in Francia a livello di Consigli dipartimentali, che dispongono di residenze protette. Dall'inizio dell'anno abbiamo avuto 240 casi.
  La difficoltà dipende dal fatto che spesso queste persone sono sprovviste di documenti di identità, volontariamente o involontariamente, per cui è difficile accertare la loro età.
  Ci sono stati casi di minorenni di cui poi si è accertata la maggiore età. Il fatto è che gli stessi trafficanti sono a conoscenza di queste normative, quindi l'informazione può arrivare fino allo stesso minore. In ogni caso, se abbiamo un dubbio sulla maggiore o minore età della persona che si dichiara minorenne, non ne chiediamo la riammissione ma la accogliamo in Francia. Così ci siamo regolati sempre dall'inizio dell'anno.
  Mi è stata fatta una domanda sui costi del sistema d'accoglienza in Francia. Preferisco farvi pervenire una risposta scritta perché non ho i dati precisi a disposizione adesso. Non so esattamente quali siano i diversi tipi di centri e di modelli di accoglienza, Pag. 12anche se in Francia i centri preferiamo evitarli. Non sono a conoscenza del costo né per lo Stato francese, né per l'Unione europea. Posso dirvi che ho visitato il CARA di Mineo a febbraio. Ieri ero a Trieste a visitare Gradisca. Sono cose che informano e che fanno riflettere.
  Sull'integrazione è esatto dire che in Francia abbiamo avuto più tempo a disposizione per imparare, ma mi guardo bene dal parlare di modello. L'integrazione è un tema difficile che presenta aspetti positivi soprattutto grazie al sistema educativo che costituisce il miglior percorso d'integrazione, ma anche dei fallimenti, perché a ben vedere implica una volontà anche da parte di chi arriva. La volontà di integrarsi non dipende solo dal Paese che accoglie, ma anche dalla persona che si presenta sul suo territorio.
  Sull'identificazione e con riferimento agli hotspots, indiscutibilmente questo è un campo dove la cooperazione europea è possibile ed è utile, anche in termini di personale. In Francia abbiamo degli ufficiali dell'immigrazione che trattano le domande di asilo, i quali fanno capo all'Ufficio francese per i profughi e gli apolidi. (Office français de protection des réfugiés et apatrides – OFPRA). Potremmo ipotizzare, nell'ambito di un accordo europeo cui parteciperebbero, spero, altri Paesi, un'assistenza all'Italia per contribuire all'installazione di questi hostpots.
  Al Consiglio europeo del 25 giugno è stata presa una decisione di principio che adesso va attuata. Non solo in territorio italiano, perché non è solo l'Italia a ricevere flussi di migranti da sud o da est.
  Su Triton, abbiamo partecipato all'operazione con una nave, a cui un'altra darà il cambio fra qualche settimana. Certo, Triton non è una soluzione al problema globale. Diamo, comunque, il nostro apporto a un'operazione che è utile.
  Io stessa ho potuto assistere all'approdo di una corvetta francese che ha salvato dei migranti e li ha portati a terra. Sono situazioni che fanno riflettere.
  Infatti, se prendiamo le distanze da temi come le nostre difficoltà d'interpretazione dell'accordo di Chambéry o sull'articolo 17, comma 2, guardare negli occhi le persone che abbiamo salvato è altrettanto importante e più positivo che stare a litigare sugli scogli di Ventimiglia.
  Abbiamo stipulato accordi di riammissione con alcuni Paesi, ma non abbastanza, e ne stiamo negoziando altri. Vorrei dire che non è facile portare avanti questi negoziati, neppure con Paesi cui siamo vicini, e che da noi ricevono assistenza allo sviluppo e per la loro sicurezza. Abbiamo, per esempio, il caso del Mali, con cui la Francia tenta invano da anni di negoziare un accordo di riammissione. Anche in questo caso la forza dei Paesi dell'Unione europea riuniti assieme, se lo volessero, permetterebbe loro di concludere degli accordi di riammissione con un potere negoziale molto più incisivo, facendo sì che un certo numero di persone ritorni nei propri Paesi d'origine.

  PRESIDENTE. Nel rammentarvi che la prossima settimana non ci sarà il Comitato per un convegno di cui vi arriverà l'invito, ringrazio la nostra audita, insieme ai suoi accompagnatori.
  Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 10.15.