XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 37 di Giovedì 25 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI FLUSSI MIGRATORI IN EUROPA ATTRAVERSO L'ITALIA, NELLA PROSPETTIVA DELLA RIFORMA DEL SISTEMA EUROPEO COMUNE D'ASILO E DELLA REVISIONE DEI MODELLI DI ACCOGLIENZA

Audizione della Presidente della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, Debora Serracchiani.
Ravetto Laura , Presidente ... 2 
Serracchiani Debora , Presidente della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ... 3 
Ravetto Laura , Presidente ... 9 
Mazzoni Riccardo  ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Mazzoni Riccardo  ... 10 
Scibona Marco  ... 10 
Fasiolo Laura  ... 10 
Orellana Luis Alberto  ... 10 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 11 
Filippi Marco  ... 11 
Ravetto Laura , Presidente ... 12 
Filippi Marco  ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 12 
Filippi Marco  ... 12 
Ermini David (PD)  ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 13 
Serracchiani Debora , Presidente della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ... 13 
Ravetto Laura , Presidente ... 15 
Serracchiani Debora , Presidente della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ... 15 
Ravetto Laura , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 13.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione della Presidente della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, Debora Serracchiani.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della Presidente della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, Debora Serracchiani.
  L'audizione odierna fa seguito alle audizioni svolte di altri presidenti di regione: Maroni, Zaia, Rossi e Toti. Avremo Emiliano la settimana prossima.
  L'audizione di oggi è particolarmente importante, perché la presidente ha la possibilità di darci delle informazioni in diretta sull'incontro di stamane tra i presidenti di regione e il Presidente del Consiglio, se non sbaglio alla presenza del Ministro degli interni e dell'ANCI.
  Ringrazio la presidente di essere qui. Lei saprà che il nostro è un Comitato bicamerale. Ci occupiamo dei flussi migratori e dell'attuazione del Trattato di Schengen. Abbiamo avviato un'indagine conoscitiva sui flussi migratori. In precedenza, ci siamo occupati della tematica relativa a Mare nostrum e a Triton e del problema delle richieste di asilo. In seguito, ci siamo occupati dell'ambito relativo all'accoglienza, alla situazione dei migranti e alle problematiche inerenti alla distribuzione a livello regionale, nonché a livello europeo.
  Lei per noi è fondamentale. Le chiediamo, in primo luogo, se potrà dirci come è andata la riunione, tenuto conto che lei si è pronunciata su questi temi in più di un'occasione. Noi abbiamo letto alcune agenzie, per esempio l'agenzia AGI del 20 giugno scorso, in cui lei ha dichiarato di ritenere «importantissimo il prossimo Consiglio europeo, perché l'Europa deve capire che l'Italia non può farcela da sola, ma neppure intende farcela da sola; l'immigrazione deve essere un tema affrontato a livello europeo con politiche comunitarie ad hoc».
  Immaginiamo che oggi abbia avuto modo di dare i suoi suggerimenti al Presidente del Consiglio, in vista del Consiglio europeo che si terrà nei prossimi giorni. Le chiediamo, quindi, di fornirci delle indicazioni su questo.
  Inoltre, vorremmo conoscere la sua posizione sull'ipotesi di realizzazione di hub per l'accoglienza di migranti a livello regionale. Gli altri presidenti di regione si sono espressi su questo tema.
  Martedì scorso, nel corso della sua audizione in questa sede, il presidente Toti ha riferito la sua valutazione sui risultati dell'incontro tra il Ministro dell'interno Alfano e i rappresentati delle regioni e dei comuni in relazione alla previsione di questi hub.
  Risulta al Comitato, dal comunicato stampa a cura della Conferenza delle regioni e province autonome del 18 giugno 2015, che nel corso della riunione il Ministro dell'interno ha fornito indicazioni sull'individuazione e l'organizzazione di Pag. 3hub, ossia centri di prima accoglienza regionali, sull'accelerazione delle procedure per gli aventi diritto all'asilo, sui nuovi bandi per lo SPRAR e sul riequilibrio delle presenze dei richiedenti asilo ospitati sul territorio nazionale.
  Lei avrebbe dichiarato che «è stato un incontro estremamente costruttivo e da parte di tutti c’è la disponibilità a fare la propria parte, anche se alcuni di più e altri di meno». Avrebbe, altresì, precisato che «non c’è ancora un'idea sugli hub e alcuni comuni hanno individuato delle aree per l'accoglienza; l'orientamento, comunque, sarebbe quello di non privilegiare grandi assembramenti, perché difficili da gestire».
  In un ANSA del 19 giugno scorso, lei ha dichiarato: «Sul fronte dell'immigrazione c’è sicuramente un tema che abbiamo sollevato al Ministro Alfano e credo che adesso lo abbia ben presente, cioè che i profughi non arrivano soltanto dal mare, ma anche dal confine terrestre. Noi ci stiamo attrezzando, facendo la nostra parte. Abbiamo ribadito che tutte le regioni devono fare la loro, com'era stato stabilito già dal luglio 2014».
  Naturalmente, le chiediamo di confermare o di darci indicazioni su queste sue affermazioni e su questi temi.
  Come ho avuto modo di anticiparle prima dell'audizione, i presidenti di regione si sono espressi con sfumature differenti. Alcuni ritengono che il coinvolgimento regionale debba essere totale; altri, invece, pensano che debba rimanere una delega a livello centrale. Alcuni lamentano il fatto che a livello di prefetti talvolta si dividono delle aree, che non sono quelle più appropriate. Le chiedo di darci delle valutazioni in merito.
  Inoltre, vorremmo una sua considerazione relativamente al controllo della frontiera del Brennero e ai respingimenti da parte della polizia austriaca.
  In questo Comitato abbiamo audito il sindaco di Udine, Honsell, il 30 ottobre 2014 e il prefetto di Bolzano, Margiacchi, il 29 aprile scorso.
  Una delle tematiche emerse è quella relativa ai controlli frontalieri effettuati dalla polizia austriaca al confine con il Brennero e ai conseguenti respingimenti di migranti anche su quella linea di confine.
  Le chiediamo al riguardo, per quanto di sua competenza, quali siano le ricadute sulla Regione Friuli-Venezia Giulia che questa situazione comporta, tenuto conto che risulterebbe a questo Comitato che un posto di frontiera particolarmente delicato sia quello di Tarvisio, come riportato da un'ANSA del 14 giugno.
  Da ultimo – naturalmente questo esula un po’ dalle sue competenze – ci piacerebbe avere una sua considerazione su quello che sta succedendo relativamente ai cosiddetti «muri». Mi riferisco in particolare all'annunciata costruzione di un muro lungo il confine con la Serbia, che il Governo ungherese ha preannunciato nelle ultime ore. Tuttavia, anche a seguito della segnalazione del presidente della Commissione europea, Juncker, il Ministro degli interni ha smentito questa informazione.
  A questo proposito, vorremmo una sua valutazione generale. Rispetto alla sua regione, ci sono prima la Croazia e la Slovenia, Paesi membri di Schengen che comunque verrebbero considerati Stati di primo approdo. Tuttavia, le chiediamo se, secondo lei, queste tensioni in queste aree potrebbero avere ricadute sulla sua regione.
  Informo la presidente che la seduta è pubblica, ma, se ha bisogno di segretare qualche dato o qualche dichiarazione, può dircelo prima e lo faremo.
  Do la parola a Debora Serracchiani, Presidente della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, per lo svolgimento della sua relazione.

  DEBORA SERRACCHIANI, Presidente della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. Ringrazio la presidente e i membri del Comitato per l'opportunità di questa audizione.
   Seguendo le indicazioni della presidente Ravetto, parto dai due incontri che si sono tenuti tra la scorsa settimana e questa mattina.
  Permettetemi di fare una premessa, che non vuole assolutamente essere provocatoria, Pag. 4ma vuole un po’ inquadrare il sistema: le diverse sfumature – in realtà, stiamo parlando di tre sfumature diverse – che possono esserci negli interventi di alcuni presidenti di regione forse derivano anche dall'approccio diverso che c’è rispetto al tema.
  Faccio solo una considerazione di sistema, prima di passare ai due incontri. È vero che le regioni non hanno una competenza diretta sul tema dell'immigrazione, ma è altrettanto vero che, laddove le regioni si stanno facendo carico, insieme alle prefetture, di un coordinamento sul livello regionale, la cosa, non solo funziona, ma è anche ben organizzata. Vi dico con grande onestà che molto spesso stiamo parlando di non-problemi. Lo dico prendendomene la responsabilità.
  Laddove non c’è questa volontà, chiaramente possono crearsi delle situazioni difficili da gestire. Infatti, laddove non c’è alcun coordinamento a livello regionale, è evidente che la decisione viene presa altrove ed è altrettanto evidente che possono non esserci informazioni adeguate e possono non esserci comunicazioni sull'invio di migranti dal Sud verso il Nord.
  Ripeto che si tratta di una volontà di farsi carico del problema. Laddove manca la volontà, evidentemente nascono anche dei problemi.
  Rispetto ai due incontri, sicuramente quello con il Ministro Alfano è stato di tipo operativo. È stato l'occasione per un confronto dei presidenti di regione con l'ANCI e col ministro, anche su passaggi molto concreti e operativi.
  Se posso, lancio un messaggio al Comitato Schengen. È vero che c’è molto da fare a livello europeo e internazionale. Mi riferisco alla revisione della Convenzione di Dublino II. Infatti, la Convenzione di Dublino III, in realtà, in parte è già stata riformata, ma non in modo sufficiente. Pertanto, è sulla convenzione di Dublino II che noi dobbiamo focalizzare la nostra attenzione, perché è quella che dà il via al riconoscimento del luogo di primo approdo e quant'altro. Quella, purtroppo, non è stata modificata neanche dalla terza stesura.
  Sicuramente è importante l'intervento che anche oggi al Consiglio europeo il Presidente Renzi porterà avanti, su una richiesta formale di revisione della Convenzione di Dublino. Questo è ciò che immagino io, almeno in base a quello che ci è stato detto questa mattina.
  Sicuramente è importante l'accesso a tutti livelli internazionali di intervento, evidentemente anche quelli diplomatici e tutti quelli che riguardano le operazioni sulle coste del Mediterraneo.
  È altrettanto importante, però, la messa a fuoco sulle nostre dinamiche normative interne. Questa mattina il Presidente Renzi non ha escluso anche un intervento normativo. Io credo che sia quantomeno opportuno, se non necessario.
  Vi segnalo un paio di casi nei quali la semplificazione è necessaria. Innanzitutto, è necessaria nella formazione delle commissioni che esaminano le richieste dei richiedenti asilo. Infatti, noi abbiamo raddoppiato il numero delle commissioni e delle sottocommissioni.
  A questo proposito, insisto sul fatto che, se si riuscissero a organizzare delle sottocommissioni a livello provinciale, noi accelereremmo di molto l'ottenimento della risposta rispetto alla richiesta di asilo e, di conseguenza, anche il turn over rispetto alle presenze nelle regioni.
  Tenete presente che la Baviera in questo momento ha 80.000 rifugiati, più o meno quanti ne abbiamo noi su tutto il territorio nazionale. Dal momento in cui i richiedenti asilo presentano la richiesta a quando ricevono la risposta, passano sei mesi. Certamente non sono i nostri sei mesi.
  Pertanto, sarebbe opportuno un intervento sulle commissioni e sulla formazione delle sottocommissioni. Peraltro, ci dicono – verificherete voi se è vero – che molto spesso i ritardi sono determinati dal fatto che non si riescono a formare le commissioni, perché mancano i dirigenti delle prefetture piuttosto che dell'UNHCR. Forse una riflessione va fatta, perché è un tema puramente organizzativo.
  In secondo luogo, è necessaria una semplificazione delle procedure rispetto Pag. 5alle richieste di asilo. Sappiamo che soprattutto coloro che rifugiati non sono e che hanno il diniego fanno ricorso. Questo ricorso, che è l'appello rispetto alla risposta, richiede tempi assolutamente lunghi. È chiaro che, se si riuscisse a fare un intervento per una procedura, non solo semplificata, ma anche ad hoc, rispetto a questo, ciò aiuterebbe di molto ad alleggerire la pressione.
  In terzo luogo, sicuramente alcune dinamiche che appartengono alla Bossi-Fini sono superate dalla storia e dagli eventi, aldilà delle questioni politiche o ideologiche.
  Forse una riflessione rispetto ad alcuni aspetti che erano stati affrontati allora nella Turco-Napolitano andrebbe fatta. Mi riferisco in particolare ai riconoscimenti di natura umanitaria, che nella Bossi-Fini sono spariti e che, invece, in alcuni casi potrebbero essere uno strumento utile per dare risposte a determinate incertezze.
  In questo momento non c’è certezza nel distinguere il rifugiato che viene da luoghi di guerra e il rifugiato di natura economica. In alcuni casi, siamo anche in difficoltà a capire se un determinato Paese è un luogo di guerra e in che misura. Forse il permesso di natura umanitaria potrebbe essere interessante per alcuni interventi.
  L'incontro con il Ministro Alfano è stato operativo, perché abbiamo affrontato questi temi, non ultimo un altro tema importante, che è legato, non solo agli hub regionali, ma anche all'individuazione di siti nei quali possano essere ospitate queste persone. Molto spesso si tratta di siti del Ministero della difesa, per esempio caserme, che sono dismessi da tempo.
  Noi saremmo in grado di fare degli interventi di ripristino in tempi relativamente brevi. Il problema è che siamo bloccati dalle procedure burocratiche che il Ministero impiega per liberare e assegnare questi siti.
  Io credo che, quando c’è una situazione di emergenza, non dovremmo perdere tempo sul fatto che c’è un muretto che andrebbe abbattuto o un bagno che andrebbe sistemato. Forse ci vuole un po’ più di flessibilità ed elasticità nell'intervento.
  Tutto questo è stato segnalato al Ministro Alfano, che ha dato già delle prime risposte.
  Il sistema che noi ci siamo dati non risale a un giorno fa o a sei mesi fa, bensì al luglio del 2014. Si è optato per un sistema che decentrasse alcune responsabilità e competenze a livello «provinciale», cioè a livello delle prefetture, individuando degli hub regionali. Non si tratta di strutture di grandi dimensioni, ma di hub nei quali avvengono la prima accoglienza e lo smistamento.
  C’è un tema sul quale l'ANCI è d'accordo dall'inizio, così come molti presidenti di regione. Potrei citare Enrico Rossi, ma sono in tanti. Noi, compreso il Friuli-Venezia Giulia, abbiamo scelto la via della cosiddetta «accoglienza diffusa».
  Quello che spaventa i cittadini e quello che è difficile per noi da controllare, anche in termini di ordine pubblico, sono i grandi assembramenti. I parlamentari del Friuli-Venezia Giulia sanno bene che noi siamo stati gli unici nel Nord-Est ad avere un CIE. Sappiamo benissimo che cosa significa assembrare in un CIE o in un CARA grandi numeri, soprattutto in luoghi che sono fatti anche di piccoli comuni. Le proporzioni spesso sono difficili da gestire.
  In seguito, se avrò modo, mi piacerebbe raccontare quello che abbiamo fatto noi. Abbiamo scelto di andare nella direzione dell'accoglienza diffusa, non solo perché i piccoli gruppi si possono controllare meglio (scusate l'espressione) in termini di sicurezza sanitaria, di sicurezza in generale e, evidentemente, di vigilanza, ma perché in tal modo riusciamo anche a creare le condizioni per una convivenza nelle comunità, anche in quelle più piccole.
  Devo dire che in Friuli-Venezia Giulia questo sta funzionando. Non dico che vada tutto bene e che non abbiamo anche noi delle situazioni di difficoltà, che sono sotto gli occhi di tutti.
  L'altro messaggio che è passato con il Ministro Alfano, che oggi è stato ripreso anche dal Presidente Renzi, è che non c’è più soltanto il confine del mare, ma c’è Pag. 6anche quello della cosiddetta «rotta balcanica», che sta interessando in particolare il confine sloveno e il confine austriaco. Pertanto, il Friuli-Venezia Giulia e la provincia di Trento e Bolzano sono le aree più sotto pressione.
  Questa mattina l'incontro con il Presidente Renzi è stato quanto mai opportuno e utile, perché ci ha permesso per la prima volta di creare le condizioni per un fare sistema, di cui il Paese ha assoluta necessità, perché, se vuole essere convincente in Europa, non può non presentarsi tutto unito. Sarebbe veramente difficile convincere la Baviera a prendersi altri rifugiati, quando non convinciamo la Lombardia e il Veneto a fare altrettanto. Sarebbe veramente curioso pensare di riuscire a far passare questa linea.
  Devo dire che l'incontro è stato costruttivo anche da un punto di vista più politico, in quanto si è affermato con chiarezza che interveniamo perché non possiamo assolutamente non farci carico di ogni singola vita, altrimenti non saremmo l'Italia. Lo dico con convinzione.
  Va anche detto che abbiamo creato le basi per una richiesta formale rispetto alle modifiche che ricordavo poc'anzi.
  Inoltre, abbiamo sottolineato che, se da una parte vi è l'esigenza di intervenire rispetto ai richiedenti asilo che hanno diritto, ai rifugiati da zone di guerra eccetera, dall'altra bisogna iniziare a ragionare su un sistema diverso per quanto riguarda le cosiddette «migrazioni di natura economica».
  Queste ultime sono migrazioni non meno importanti e non meno attenzionate dal punto di vista umanitario, ma sulle quali, a mio avviso, siamo in grado di procedere diversamente, attraverso trattati bilaterali e un maggiore investimento sulla cooperazione internazionale e sullo sviluppo – cosa che abbiamo fatto per la prima volta dopo tanto tempo – creando dei collegamenti con alcune zone dell'Africa. Penso al Niger, ma ce ne sono altre.
  Evidentemente, se raggiungiamo con questi Paesi – spero grazie anche all'aiuto dell'Europa – un equilibrio nei rapporti, siamo anche in grado di impegnarci sui rimpatri.
  Il Presidente Renzi ha anche specificato che in Europa va chiarito l'utilizzo delle risorse, quelle che possono essere utilizzate per i rimpatri e quelle che possono essere utilizzate per l'accoglienza nelle sue varie forme. Mi riferisco a Mare Nostrum, a Triton e alla nuova iniziativa EUNAVFOR MED, ovvero gli interventi che faranno le navi europee contro gli scafisti sulle coste dell'Africa del Nord.
  Ripeto che è assolutamente utile, necessario e opportuno un coordinamento forte tra il livello nazionale e i livelli locali.
  Cosa abbiamo fatto noi in Friuli-Venezia Giulia ? Innanzitutto, siamo la prima regione in Italia che ha siglato un accordo sulla vigilanza sanitaria con tutte le aziende sanitarie della regione. Pertanto, non entra una persona che non sia immediatamente controllata, dovunque entri, perché tutte le aziende sanitarie si sono attrezzate, con un accordo siglato a livello regionale, per l'intervento sulla vigilanza sanitaria. Abbiamo dei «laboratori» in ognuno dei luoghi nei quali vengono smistate queste persone.
  In secondo luogo, aumenta nei numeri la rotta balcanica. Si tratta di ingressi diversi rispetto a quelli dal mare. Dal mare arrivano in un colpo solo grandi numeri, mentre dalla terra arrivano piccolissimi numeri in modo costante, a tutte le ore del giorno e della notte. Un conto è che ne arrivino 300, un altro conto è che ne arrivino prima tre, poi cinque, dieci e quindici.
  Noi abbiamo fatto la scelta di individuare sei hub regionali piccoli, perché noi abbiamo bisogno semplicemente della prima accoglienza e dello smistamento. Li abbiamo già individuati. In uno di questi sono già partiti i lavori di ripristino.
  Per fare in fretta, d'accordo con il commissario Morcone, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha autorizzato la protezione civile regionale a fare gli interventi, evidentemente a spese dello Stato.
  Arriveremo a sottoscrivere, come abbiamo già fatto per l'area di Udine, delle Pag. 7convenzioni con i prefetti di ogni provincia, per l'individuazione di questi hub regionali. Ripeto che si tratta di centri piccoli, dedicati solo alla prima accoglienza e allo smistamento.
  In ognuno di questi hub, ci sarà l'ufficio per il rilascio della documentazione da parte della polizia, per cui i migranti non gireranno per il centro città. Saranno quelli i luoghi nei quali verranno fatte tutte le operazioni di accertamento e rilascio dei documenti.
  In ogni hub c’è anche il laboratorio medico, che, come dicevo poc'anzi, è il frutto di quell'accordo siglato a livello regionale con tutte le aziende sanitarie.
  Quella che ho appena illustrato è la prima fase, non tutta pronta.
  Per essere chiari, Tarvisio è all'onore delle cronache, ma non ha un profugo da nessuna parte. È un tema mediatico. Non c’è nemmeno un profugo. Semplicemente a Tarvisio arrivano dal confine, e da lì vengono presi e spostati laddove siamo in grado in questo momento di accoglierli, cioè Udine, Gorizia, Pordenone e Trieste.
  L'individuazione degli hub, di cui uno anche nella zona del confine con l'Austria, un altro al confine con la Slovenia e gli altri dislocati sul territorio, ci permetterà anche di implementare la fase due della cosiddetta «accoglienza diffusa».
  Noi in questo momento abbiamo un'accoglienza che, su 216 comuni del Friuli-Venezia Giulia, è stata fatta in circa 45. È troppo poco. Abbiamo tentato la via volontaristica, ma adesso tenteremo di convincere i comuni a farsi carico di questi piccoli gruppi.
  Devo dire che, prima ancora della cosiddetta «circolare Alfano», ha funzionato benissimo, peraltro molto spesso su richiesta di queste stesse persone, la convenzione che la regione sottoscrive con i comuni che accolgono queste persone, per farle lavorare gratuitamente. Costa zero ai comuni e alla regione costa solo la rifusione delle spese per le assicurazioni e per l'acquisto degli strumenti di lavoro.
  Devo dire che, grazie a questa iniziativa, abbiamo ripulito i bastioni di Palmanova e per la prima volta Lignano aveva le spiagge pulite prima della stagione.
  Riporto l'esempio di Lignano perché siamo finiti a gridare «al lupo» rispetto ad alcune presenze al mare. Non è il caso del Friuli-Venezia Giulia, che si è organizzato con una convenzione siglata dalla regione con il comune di Lignano. Abbiamo ospitato più di cento persone per tutto il periodo invernale, che, quando è iniziata la stagione, sono state trasferite in montagna.
  Il comune ci ha già chiesto se a ottobre li può accogliere ancora, perché oggettivamente si è trovato bene e questi migranti sono riusciti a fare dei lavoretti che nessun altro avrebbe fatto.
  Aggiungo anche che in quelle convenzioni noi chiediamo il rispetto delle regole. Se non rispettano le regole, perdono il diritto all'accoglienza. Ci sono stati un paio di casi, che hanno comportato che quelle persone venissero allontanate da quel luogo, perché evidentemente non avevano capito che non sono turisti, ma ospiti e, quindi, ci sono delle regole che vanno rispettate. Scriviamo le regole nelle convenzioni. Nel caso di Lignano, c’è addirittura una regola sui rientri notturni, perché c'era una richiesta precisa e puntuale da parte della comunità. Loro le hanno accettate.
  Sia chiaro che tutto questo avviene con i mediatori, gli interpreti, i traduttori. Non è una cosa che cade dall'alto.
  Queste convenzioni stanno funzionando benissimo. Ad esempio, a Venzone, un altro comune in provincia di Udine, c’è stata una convenzione siglata con la regione in questo senso. Questo è il modello che stiamo seguendo anche negli altri comuni.
  Attraverso la protezione civile, sistemeremo quei siti, che verranno attrezzati in pochissime settimane.
  C’è una cosa importante: la regione, pur non avendo alcuna competenza, ma avendo la volontà di farlo, si è fatta carico di realizzare il piano di smistamento delle persone che arrivano in regione. In questo Pag. 8piano, in base al numero degli abitanti, alla percentuale di immigrati già presenti, ad alcune specificità territoriali, al fatto che non li mandiamo d'estate al mare e d'inverno in montagna, abbiamo individuato il numero di profughi che possono essere ospitati in ognuno dei comuni della regione.
  Abbiamo condiviso questo piano con l'ANCI, col Consiglio autonomie locali – CAL, con il commissario di Governo di Trieste e con tutti i prefetti della regione. Il piano adesso verrà attuato.
  Ci tengo a dire una cosa. Noi facciamo la nostra parte e continueremo a farlo. Onestamente, voi qui davanti non avete una che si lamenta, ma una che sta cercando di dare soluzioni. Tuttavia, noi abbiamo molte più presenze di quelle che sarebbero previste nel cosiddetto «piano delle quote» del luglio 2014. Io dovrei avere circa 1.600 persone, ma in questo momento in cui vi sto parlando siamo a oltre 2.700, a cui si aggiungono 353 minori non accompagnati. Questo forse è un tema sul quale una riflessione in più va fatta.
  A questo proposito, sapete che le procedure sono diverse e sapete anche che gli interventi che vengono fatti dal Governo sono diversi. La Regione Friuli-Venezia Giulia è l'unica regione in Italia che sta anticipando il 100 per cento delle spese ai comuni che ospitano i minori.
  Non lo facciamo perché abbiamo tanti soldi essendo una regione a statuto speciale. Io vi farei vedere il bilancio e i tagli che abbiamo avuto. Siccome il presidente Maroni sostiene che io ce la faccio perché sono in una regione a statuto speciale, vorrei spiegargli che la regione a statuto speciale non c'entra proprio niente. Queste cose qui si possono fare ovunque, se si ha la volontà di farlo.
  Io credo che tutti dobbiamo fare la nostra parte. Non possiamo avere regioni che sbraitano di meno e si fanno carico anche dei numeri degli altri, e regioni che urlano, dove non arriva nessuno. Non lo troverei corretto nei confronti dei miei cittadini, che stanno facendo uno sforzo di solidarietà. Sono davvero tanti i volontari che ci stanno dando una mano. Non trovo giusto che questo sforzo appartenga solo ad alcuni e non sia un patrimonio comune, soprattutto in un contesto nel quale chiediamo uno sforzo dello stesso livello all'Europa. Saremmo poco credibili se non lo facessimo.
  Abbiamo aumentato i controlli sul confine austriaco, perché è quello nel quale abbiamo avuto maggiori problemi. Abbiamo attivato delle pattuglie italo-austriache e stiamo lavorando per attivare quelle italo-slovene.
  Devo dire che i maggiori controlli effettuati dalla questura di Udine sul confine austriaco hanno determinato, in primo luogo, l'arresto di 59 passeur dall'inizio dell'anno, un numero importante che dimostra l'attenzione, il controllo e anche il fatto che oggettivamente c’è un aumento rilevante degli ingressi dalla rotta balcanica.
  Evidentemente quello è un fronte che si è aperto per una serie di dinamiche e non basterà un muro a fermarli. È una rotta chiara. Si possono alzare tutti i muri che si vuole, ma passeranno ugualmente. Non li fermerà certamente un muro, con le storie che hanno alle spalle e con la determinazione che hanno a raggiungere le famiglie e una situazione di vita migliore.
  C’è un fatto, però, che determina sicuramente un tema di rapporti interni all'Unione europea: evidentemente, se si applica la Convenzione di Dublino, la si applica a tutti. È chiaro che, nel caso delle rotte balcaniche, molte delle persone che arrivano ed entrano in Italia, non hanno l'Italia come primo Paese d'arrivo. Se tanto mi dà tanto, a spanne, hanno quantomeno cinque o sei Paesi nei quali potrebbero avere l'obbligo, se non il diritto, del riconoscimento.
  In primo luogo, è chiaro che qualcuno gioca a fare l'europeo a giorni alterni. Forse gli andrebbe ricordato che, se sta in Europa, lo è su tutti i fronti.
  In secondo luogo, è chiaro – lo ripeto ancora una volta – che la Convenzione di Dublino non funziona, perché era nata in un contesto storico diverso, nel quale il problema era l'arrivo dal mare. Rispetto al Pag. 9mare, è semplice il discorso del primo approdo, invece, rispetto alle rotte terrestri, bisogna trovare regole diverse, perché quelle sono assolutamente insufficienti.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Segnalo che mi è arrivata una e-mail dell'onorevole Campana, che consegnerò alla presidente Serracchiani. La prima parte è tutta di grandi complimenti per lei, però ci sono due domande che io mi permetto di leggere, affinché ne possa prendere nota.
  La prima è la seguente: «Come giudica la presenza di una flotta navale europea nel Mediterraneo, grazie ai fondi europei triplicati e alla maggiore consapevolezza europea» ?
  La seconda è: «Cosa pensa del fatto che il Governo italiano si sta battendo per una distribuzione di quote europee per un mutuo riconoscimento e per il superamento di Dublino, mentre alcuni suoi colleghi sventolerebbero la bandiera del regionalismo, minacciando i sindaci che, secondo il sistema SPRAR, volontariamente accettano di sostenere il peso dell'accoglienza» ?
  La Campana non è con noi, perché è relatrice di un'importante legge sul cyberbullismo.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  RICCARDO MAZZONI. Grazie, presidente. Io vorrei fare un ragionamento abbastanza nazionale, approfittando del fatto che lei è anche un alta dirigente del Partito Democratico.
  Siamo di fronte a una ridefinizione del sistema di accoglienza, attraverso l'abolizione dei CARA e il rafforzamento, come ha detto lei, dei piccoli raggruppamenti. Questa sembra la strada migliore, però emergono delle contraddizioni enormi.
  Infatti, gli hub, centri di transito, vengono istituiti senza stabilire un termine massimo di permanenza. Si prevede che un migrante possa rimanere in questi hub per tutto l'iter della richiesta di asilo, che, come lei ha ricordato, in Italia va dai 15 ai 21 mesi. Pertanto, si rischia di abolire i CARA, per crearne degli altri.
  L'Unione europea vuole che tutti i migranti vengano tenuti in custodia fino al termine della procedura di identificazione nei cosiddetti hot spot, che sono altre strutture, che si prevede possano contenere fino a 300 migranti.
  L'atto di governo n. 170, che ha recepito l'ultima direttiva europea, prevede addirittura che si possano trasferire i richiedenti asilo nei CIE, con una durata di trattenimento addirittura superiore di quella prevista per chi arriva dalle carceri.
  Bisogna seguire due direttrici: una più rapida definizione delle richieste di asilo e un contrasto più forte alle richieste strumentali.
  Poiché l'ordinamento italiano prevede che i ricorsi vadano tutti alla giustizia ordinaria nei suoi tre gradi e che lo Stato debba dare il gratuito patrocinio, il primo intervento normativo dovrebbe essere questo.
  In Friuli, come commissioni territoriali, a che punto siete ? Ci vorrebbe per lo meno una sezione apposita o un giudice monocratico a tempo pieno che si occupi di questi casi, vista l'eccezionalità della situazione.
  Noi in I Commissione al Senato abbiamo audito molti sindaci del Sud. Il Friuli, che è stato definito «la Lampedusa del Nord» non a caso, ha promesso un allentamento del patto di stabilità per i comuni più impegnati sull'emergenza e delle misure compensative, che non esistono per i comuni del Sud. In parte, ci sono state delle misure a Lampedusa, ma a Pozzallo, per esempio, non è mai arrivato niente.
  Su questa nuova definizione dell'impalcatura di accoglienza, lei vede le contraddizioni che ho illustrato io, oppure la ritiene l'unica strada per rafforzare il sistema e dargli una strutturalità che non sia più emergenziale ?
  Mi rivolgo a lei come dirigente nazionale del PD. È chiaro che è stato un errore firmare il Regolamento di Dublino, che è stato concepito in tempi in cui l'immigrazione arrivava dall'Est Europa. Tuttavia, Dublino III prevede all'articolo 17 due clausole che l'Italia potrebbe attivare: la Pag. 10clausola di sovranità e la clausola umanitaria. Non mi risulta che al momento l'abbia fatto.

  PRESIDENTE. Mi perdoni, senatore Mazzoni. Noi, come Comitato, abbiamo presentato una risoluzione di cui sono prima firmataria, e il parere del Governo è stato favorevole. Aspettiamo di vedere se in Consiglio viene proposta questa possibilità.

  RICCARDO MAZZONI. Fatto sta che Dublino c'era anche prima della risoluzione.
  Dublino III verrà rivisto solo nel 2016. Io credo che sarebbe il caso di anticipare.

  MARCO SCIBONA. Abbiamo audito il prefetto di Bolzano, che ci ha parlato degli scambi di forze di polizia, mi sembra entro venti chilometri dal confine da una parte o dall'altra. In Friuli come siamo messi ? Ci sono situazioni del genere ? Lei parlava di accordi e controlli maggiori sui confini. Succede la stessa cosa ? Andiamo anche noi all'estero o subiamo come dall'altra parte ?

  LAURA FASIOLO. Ieri abbiamo ascoltato l'intervento del Presidente Renzi, che oggi è in visita al Consiglio europeo. Credo che sia stato assolutamente importante quanto ieri ha detto Renzi al termine dell'incontro e Palazzo Chigi, ovvero il richiamo all'unità del Paese, che mi pare oggi lei abbia ribadito nelle sue parole.
  Ciò che è importante, come mi pare lei abbia sottolineato con forza, è fare sistema tra le regioni e affrontare il problema dell'immigrazione a livello strutturale e non emergenziale.
  Credo che l'ottimo piano realizzato nella nostra regione possa essere diffuso come una buona pratica a livello nazionale, senza che questo susciti conflittualità, competitività e gelosie di sorta, perché non ne abbiamo bisogno. Effettivamente, è un piano che va recepito e che si fonda su pilastri molto importanti.
  Tuttavia, ritengo che ci siano ancora alcune criticità da risolvere, che dipendono dalla necessità di velocizzazione delle pratiche per la dismissione degli immobili, come peraltro lei stessa ha enunciato. È assolutamente importante che si superino i tempi burocratici, che sono ancora lentissimi. Devo dire che anch'io, coinvolta da sindaci o da prefetti, ho presentato un piano sulla situazione di alcune ex caserme.
  Le chiedo se può prendere in capo alla sua regione questa questione. Peraltro è di sua competenza e lo sta già facendo. Le chiedo se può premere per la sdemanializzazione degli edifici, perché c’è assolutamente bisogno.
  C’è un'altra questione che vorrei sottolineare, che, dal suo discorso, mi pare abbia delle prospettive sicuramente felici. Mi riferisco al potenziamento delle commissioni territoriali, o meglio delle sezioni.
  Io mi sono permessa di fare un pressing, affinché vengano potenziate le commissioni territoriali anche a Udine, nonché l'unità Dublino di Roma. Pensiamo che la Lituania ha circa 30 persone addette all'unità Dublino nazionale, mentre noi ne abbiamo circa una decina. La Lituania non ha certamente né i barconi né la via balcanica. Credo che questo sia un elemento di criticità assolutamente da risolvere.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Lei ha fatto cenno a possibili interventi legislativi. Le chiedo se può spendere qualche parola in più su questo. Se ho capito bene, parlava di una semplificazione delle procedure per i ricorsi di coloro a cui viene rifiutata la richiesta, però non ho capito se si riferiva solo a questo o se c’è qualche altra cosa in ballo.
  Inoltre, ieri il presidente del Consiglio ci ha fatto capire che i rimpatri non sono più un tabù. Italiani brava gente, però, se c’è bisogno di rimpatriare qualcuno, lo faremo.
  Da ciò che ho capito, ci sono sempre stati grossi impedimenti riguardo ai costi e ai Paesi nei quali rimpatriare, perché la provenienza non è sempre certa.
  Le chiedo se si prevede in questa attività un coinvolgimento regionale. Ho visto Pag. 11che lei valuta molto positivamente – me ne compiaccio – il coordinamento tra Stato, regione e prefetture, anzi ci ha detto addirittura che si potrebbe trattare di un non-problema. Lei è un po’ in distonia con quelli che l'hanno preceduta. Dagli altri abbiamo sentito un po’ più di lamentele.
  Lei ha affermato che ci sono Paesi che si sentono europei a giorni alterni. Io credo che si riferisca a Paesi confinanti con il Friuli-Venezia Giulia, o comunque dell'Est, che non stanno facendo il loro dovere. Cosa possiamo fare in concreto per queste situazioni ? Non possiamo fare come ha fatto la Francia con noi a Ventimiglia. Io non lo auspicherei.
  Ho un'altra domanda, sempre relativamente al confronto con altre regioni. Ormai siamo al quarto o quinto presidente di regione. Lei ci ha detto che coinvolge la sua protezione civile regionale, invece altri ci hanno detto che non possono farlo. Come mai, invece, per lei è possibile ? Dovrei porre la domanda a chi è stato qui prima, ma cerchi di rispondere anche per i suoi colleghi presidenti di regione.
  L'altra domanda è sulle persone accolte in Friuli-Venezia Giulia e che lavorano gratis. Queste situazioni, pur essendo positive, perché sono forme di integrazione, non possono costituire una concorrenza per quelle piccole aziende, che invece farebbero a pagamento lo stesso tipo di attività ? Mi metto nei panni dei lavoratori italiani.
  Le pongo un'altra domanda, a cui in buona parte ha risposto. Come ha detto la collega Fasiolo, non siamo più in emergenza. Riprendendo le parole di ieri del Presidente del Consiglio, ci ha raccontato che nel giugno 2014 avevamo accolto in Italia circa 59.000 migranti, e quest'anno siamo a poco più di 61.000. Effettivamente, ormai questa situazione si protrae.
  Quali interventi più strutturali occorrono ? Rivolgo questa domanda non tanto al presidente di regione quanto al vicepresidente del partito di maggioranza.

  GIORGIO BRANDOLIN. Presidente, conosco e apprezzo il suo lavoro. Vorrei dire al collega che l'esperienza del Friuli si sposa abbastanza anche con quanto fatto e detto dal presidente della Regione Toscana, Rossi.
  Sulla riunione di oggi che avete avuto con il Presidente Renzi, secondo me importante, ho letto qualche dichiarazione di stampa. Vorrei sapere se ci può dire come è andata e se i tre presidenti del Nord di centrodestra, che qui abbiamo audito e di cui abbiamo ascoltato le dichiarazioni, per quanto mi riguarda non condivise, hanno mantenuto le loro posizioni. Come pensa di superare queste posizioni ?
  Per quanto riguarda la nostra regione, lei ha ricordato giustamente che 45 comuni su 217 si stanno adoperando per questa accoglienza diffusa volontariamente. Ha fatto un piccolo accenno alla necessità di superare la volontarietà. Come intende farlo ?
  Ricordo ai nostri colleghi che la presidente ha citato la vigilanza sanitaria e la protezione civile, perché ci sono competenze piene, in particolare sulla sanità. Ringrazio per quello che avete fatto.
  Di quei 45 comuni dove sono ospitate queste persone, vorrei capire quanti hanno utilizzato la buona e, secondo me, fondamentale, esperienza del lavoro, che in alcuni comuni ha creato quella positività di cui lei ha parlato.
  Infine, vorrei sapere se è a conoscenza di quando verranno potenziati i controlli al confine con la ex Jugoslavia, così come è stato fatto sul confine austriaco. Preciso che non mi riferisco alla chiusura di Schengen. Parla uno che si è emozionato quando è stato tolto il confine a Gorizia. Per l'amor di Dio, non si pensi neanche di rimetterlo.
  Tuttavia, so che c'era una richiesta da parte del prefetto e, quindi, vorrei capire se questo sta arrivando anche in quel territorio.

  MARCO FILIPPI. Ringrazio la presidente. Ho avuto modo di apprezzare particolarmente l'intervento da lei fatto, forse anche per una particolare sintonia con quanto ci ha esposto il presidente Rossi. Sono considerazioni abbastanza evidenti. Si tratta di due regioni distanti, ma vi è Pag. 12comunque un'omogeneità dal punto di vista dell'approccio politico e culturale.
  Mi sembra che sia la sua esposizione sia quella del suo collega Rossi abbiano reso plastica la sensazione che è inutile stare a rivendicare il ruolo, quando poi non c’è la volontà di esercitare quel ruolo che comunque le regioni hanno. Questo è il primo elemento di riflessione.
  Come ho già molto garbatamente stigmatizzato con altri interlocutori che l'hanno preceduta, occorre un maggiore senso di responsabilità nelle dichiarazioni, perché le istituzioni sono di tutti e, quando si è chiamati a rappresentarle, bisognerebbe avere la coscienza che alcune dichiarazioni comportano una polarizzazione di atteggiamenti sul territorio, che sono dicotomiche, tra chi si toglie le vesti per proteggere persone in difficoltà e chi le vuole prendere a calci nel sedere.

  PRESIDENTE. Evitiamo le polemiche.

  MARCO FILIPPI. Non è mica la prima volta che si polemizza. Faccio semplicemente una riflessione.
  Ho due domande soltanto. Non ritiene che forse, aldilà delle norme e delle procedure applicative delle stesse, sia necessario in questa fase uno sforzo in più – lo dico guardando proprio voi – e anche la codificazione di un modello possibile di accoglienza ?
  Lo dico perché questo potrebbe essere un elemento in più rispetto alle codificazioni fin troppo grossolane degli hub o dei CIE. Probabilmente un modello che comportasse un approccio culturale differente e un altro sistema di relazioni potrebbe essere utile.
  Lo dico anche in ragione di una tracciabilità delle questioni. Io vorrei, se possibile, nel tempo, un rapporto un po’ più specifico da parte delle regioni dal punto di vista del numero delle persone, della loro identificazione e degli effetti che vengono prodotti dall'accoglienza. Credo che possa essere sicuramente utile a tutti avere una cognizione puntuale e precisa dello stato dell'arte, sia dal punto di vista numerico sia dal punto di vista degli effetti che un modello produce nel rapporto con la comunità.
  Lei parlava di un intervento normativo. Mi ha preceduto il collega Orellana. Anch'io ho percepito nella sua esposizione soprattutto un'attenzione, giusta e assolutamente necessaria, a una semplificazione delle procedure.
  Non è forse il caso di prevedere anche una qualche codificazione formale del ruolo delle regioni ? Se se lo prendono è meglio, ma se glielo affidiamo non è male.
  Le ripeto ciò che dicevo al suo collega Tosi: al netto di posizioni e di approcci culturali differenti, ho trovato la sua esposizione, come del resto quella di Maroni, ragionevole. Contesto altre cose, presidente, cioè l'amplificazione di alcune dichiarazioni e gli effetti che poi hanno sui territori.

  PRESIDENTE. Qui ci affidiamo a quello che viene detto in Comitato. Entrambi i presidenti hanno detto: «Ci manca la pianificazione, ma non è che vogliamo chiudere».

  MARCO FILIPPI. Appunto. Non è forse il caso di prevedere un ruolo più specifico da parte delle regioni, oltre a quello che hanno ? Dico questo in ragione del fatto che questo Paese oggettivamente non può essere governato soltanto a livello centrale con i Ministeri e le prefetture. Le regioni e i comuni, comunque sia, hanno un ruolo, e probabilmente un elemento di identificazione formale non sarebbe male. Le chiedo una sua opinione su questo.

  DAVID ERMINI. Presidente, probabilmente, finché il problema dei migranti non uscirà dalla materia elettorale, ci sarà poca volontà di risolverlo. Io ritengo che, finché l'immagine di cento migranti alla stazione coprirà qualche tipo di notizia diversa e soprattutto porterà un po’ di voti, la voglia di eliminare il problema non ci sarà.
  Le voglio porre una domanda specifica. In questa sede un suo collega è venuto a dire che gli italiani o i soldati italiani – non ricordo bene – si sarebbero dovuti Pag. 13sporcare gli scarponi nella sabbia libica. Lei pensa che i soldati italiani si dovrebbero sporcare gli scarponi anche in Slovenia e in Croazia ?

  PRESIDENTE. Do la parola alla presidente Serracchiani per la replica.

  DEBORA SERRACCHIANI, Presidente della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. Se dimentico qualche passaggio, ricordatemelo, perché avete fatto interventi assolutamente puntuali e tenterò di rispondere a tutti.
  Sicuramente è un sistema un po’ schizofrenico quello con cui stiamo affrontando l'ennesima emergenza, che presenta numeri oggettivamente importanti, ma non così diversi da quelli del passato.
  Io ho l'impressione che pesi molto di più l'idea che non ci sia un freno, ovvero un momento nel quale non partiranno più, piuttosto che gli arrivi effettivi. Bene o male, nel 2011, durante la Primavera araba, si aveva l'impressione che, finita la primavera, si sarebbe fermata la migrazione. Ora sono talmente forti i conflitti ed è talmente importante quello che sta accadendo in Africa, anche in termini di ricerca di vita migliore, se non di lotta alla fame, che sembra non esserci una fine.
  Detto questo, però, io credo anche che quelli che stiamo definendo noi non sono assolutamente né CARA né CIE. Io, che ho vissuto l'esperienza del CARA e del CIE, posso dire che questi che stiamo mettendo in piedi sono tutta un'altra cosa.
  Il centro che sta già funzionando nella caserma Cavarzerani di Udine è proprio emblematico di questo nuovo sistema.
  Io faccio i conti con il Friuli-Venezia Giulia, che ha altri numeri e altri contesti. Da noi le richieste di asilo vengono evase in sei mesi, dopo che è stata aperta la commissione a Verona e, quindi, quella di Gorizia non è più quella di riferimento per tutto il Nord-Est. Non è così nel resto d'Italia. Io devo raccontarvi un mondo che è organizzato su misure diverse. Il ricorso in tribunale è definito al massimo in quattro mesi.
  Stiamo parlando di un sistema che forse nasce schizofrenico, ma che da noi, non per meriti tutti nostri, ma pure per una serie di circostanze casuali e virtuose, oggettivamente è il sistema al quale dovremmo aspirare.
  Vuoi per il lavoro della commissione, vuoi per il lavoro dei tribunali, vuoi perché questi luoghi non sono immaginati come un CARA o un CIE, ma hanno una dinamica diversa, quello è il sistema dell'accoglienza e dello smistamento al quale dovremmo puntare.
  Non me ne approprio né me lo intesto. Dico solo che, per una serie di motivi, in Friuli siamo nelle dinamiche giuste, anche se ci sono problemi. Non passa un giorno senza che l'onorevole Fedriga non dichiari che siamo in pieno degrado in Friuli-Venezia Giulia, perché dove ti giri c’è un profugo.
  Onestamente, io giro tanto e capita che in alcuni parchi si vedano migranti buttati sulle panchine nel pomeriggio, ma immaginate che questi non fanno niente per 24 ore al giorno, sono arrivati dopo viaggi lunghissimi, vogliono andare da tutt'altra parte e stanno lì in attesa. Non sanno in quanto tempo riceveranno la risposta e per 24 ore al giorno devono impiegare il loro tempo.
  Tuttavia, quando parlo con i miei cittadini, non posso non tener conto dei dati e dei riscontri che ho e del fatto che i questori di tutte e quattro le province mi dicono che i reati sono in diminuzione. Se mi dicessero che oggettivamente riscontriamo situazioni di insicurezza, che sono aumentati i reati o che è successo chissà quale disastro, sarebbe diverso. Auspichiamo che non avvenga mai niente.
  Se devo fare i conti sui numeri, io non ho né aumenti di reati né situazioni delle quali oggettivamente possa dire che sono fuori controllo. C’è qualche gruppetto che staziona in un parco e qualche altro che staziona sulle rive dell'Isonzo, però rientrano ogni volta nel luogo dove sono ospitati e oggettivamente non abbiamo grandi problemi al momento.
  Riconosco che c’è una sorta di schizofrenia, che va sistemata nel suo complesso. Mi riferisco ai tempi di risposta, ai tempi del tribunale, ai tempi di accoglienza, ai Pag. 14tempi nei quali queste persone iniziano a muoversi. Occorre sistemare tutto, non basta toccare un pezzetto.
  Rispondo alla domanda sugli interventi normativi. Io ho parlato degli interventi sui ricorsi, perché oggettivamente questo è il tema dei temi. Poi ce ne sono altri, legati anche alla natura della formazione delle commissioni e quant'altro.
  Questa mattina il presidente dell'ANCI Fassino e anche il presidente Chiamparino hanno evidenziato al Presidente del Consiglio e al Ministro dell'interno una serie di problemi: la semplificazione delle procedure per avere gli immobili dismessi, la semplificazione delle procedure per i ricorsi, la semplificazione delle procedure per intervenire con il ripristino.
  Sono una serie di interventi, alcuni normativo-legislativi, altri forse addirittura di carattere amministrativo, che, messi in campo, aiuterebbero ad alleggerire la pressione.
  Dopodiché, come diceva l'onorevole Mazzone, ci vuole una testa che si metta lì a ragionare su quale sistema stiamo costruendo, non tanto e non solo per questi mesi, ma per i prossimi anni, perché è chiaro che ci sarà una strutturalità. Devo dire che i pezzi messi tutti insieme danno una fotografia sulla quale si può intervenire.
  Ci aggiungo il tassello delle forze di polizia, di cui parlava l'onorevole Scibona. Noi abbiamo fatto un intervento italo-austriaco. Sul fronte sloveno, in realtà, già da anni ci sono dei protocolli d'intesa sulla sicurezza transfrontaliera eccetera, che sono stati riattivati e che stanno dando frutti.
  Le relazioni sono le più varie: l'ambasciata italiana che si attiva in Slovenia per cercare di superare le resistenze slovene, quella italiana a Vienna che cerca in qualche modo di accomodare la situazione. Insomma, ci sono vari strumenti che stiamo mettendo in campo.
  Devo dire che il rafforzamento dei controlli sul confine – non la chiusura di Schengen – con la pattuglia della polizia italiana o italo-austriaca che con la paletta ferma per controllare, oggettivamente ha dato il risultato di scoprire molti passeur e di riuscire a controllare il sistema. Questo sistema funziona, anzi suggerirei di rafforzarlo, insieme ad altri interventi che sono stati fatti proprio in questi giorni.
  Tre settimane fa – mi pare che fosse il 16 giugno – il Ministro Gentiloni ha sottoscritto con la Macedonia un accordo di rimpatrio. Stiamo andando nella direzione giusta. La Macedonia è uno dei Paesi di passaggio delle rotte balcaniche. Per la prima volta, abbiamo fatto un accordo bilaterale sul rimpatrio.
  Bisogna insistere in questa direzione. I tempi ovviamente non sono tutti alla nostra portata, perché alcune sono dinamiche europee.
  È vero che la Convenzione di Dublino ha una scadenza di revisione prevista, come tutte le convenzioni europee, però è anche vero che oggettivamente occorre una riflessione rispetto a ciò che sta accadendo, che l'Italia sicuramente porterà al tavolo del Consiglio europeo. Auspichiamo che, se non altro, ci ascoltino e ci permettano di dare un contributo.
  Rispondo sull'uso della protezione civile. Nel momento in cui mi arrivano determinati gruppi che non riesco a gestire con l'accoglienza diffusa, perché non ho pronti i luoghi fisici nei quali i comuni possano accoglierli, né c’è la possibilità per i prefetti di intervenire in tempi brevi trovando un luogo nel quale ospitarli, è chiaro che, in quella situazione di emergenza e di urgenza, la protezione civile è intervenuta. Naturalmente è intervenuta nel ripristino dei luoghi nei quali ospitarli.
  Questo è accaduto nella caserma Cavarzerani, che citavo poc'anzi. Sostanzialmente si è trattato di ripulirla dalla giungla che negli anni si era creata. C’è un capannone, dentro al quale sono state messe le tende in cui sono ospitate queste persone. È chiaro che è una risposta di emergenza, che dobbiamo in qualche modo superare, perché la stessa caserma, ripristinata nei locali, sarà uno degli hub di cui parlavo poc'anzi.
  Dunque, non è vero che non si possa chiedere l'intervento della protezione civile. A mio avviso, si può fare nelle condizioni Pag. 15nelle quali oggettivamente ci sono un'emergenza e la necessità di un intervento tempestivo.
  Tutte queste cose di cui parlo sono fatte in strettissimo coordinamento con il prefetto Morcone. Non è una scelta che viene limitata ai soli prefetti del Friuli-Venezia Giulia. Sono tutti assolutamente in raccordo stretto con il capo dipartimento.
  Visto che stiamo rivedendo il sistema dell'accoglienza in generale, penso che alcune buone prassi che ci sono in tante regioni italiane, non soltanto in Friuli-Venezia Giulia, si possano oggettivamente codificare in un sistema che vada nella direzione di far proprie alcune iniziative.
  In tutta onestà, da presidente di regione, dico che le regioni non vanno tanto di moda. Suggerirei di impossessarci di qualcosa da fare. Altrimenti, prima o poi, qualcuno si chiederà che cosa facciamo. Se non affrontiamo un tema di questo tipo, mi verrebbe da dire che non so che cosa dovremmo fare come presidenti di regione. Una codificazione, anche fatta dalla conferenza dei presidenti, ci starebbe tutta.
  Le convenzioni di lavoro che abbiamo fatto sono circa 25, considerando che possono arrivare a riguardare anche oltre 50 persone.
  Non togliamo lavoro agli italiani. In realtà, questi stanno facendo cose che altri non avrebbero comunque fatto e che i comuni non facevano. La pulizia di alcune aiuole semplicemente non si faceva. Non la facevano gli italiani, perché i comuni non hanno soldi, non hanno risorse e hanno il patto di stabilità. Ci sono una serie di motivi. Pertanto, non abbiamo tolto lavoro a qualcuno.
  Comunque, mi dispiace che stia passando un messaggio, comunque oggettivo, di guerra tra poveri, che è sotto gli occhi di tutti.
  Nonostante tutto quello che vi ho raccontato, c’è un gruppo di persone che hanno montato una tenda e si definiscono profughi italiani, ai quali la regione non dà risposte.
  Io penso che chi governa abbia delle responsabilità, anche rispetto a quello che dice, a quello che fa e a come affronta le cose. Ognuno di noi ne risponderà.
  Se dovessi cambiare il mio atteggiamento e governare in modo diverso, guardando al consenso elettorale, allora probabilmente dovrei fare altre cose. Per quanto mi riguarda, governare significa prendersi cura e farsi carico anche delle emergenze che non si vorrebbe affrontare. Vorrei fare tante altre cose, però questa è un'emergenza della quale bisogna occuparsi, e io cerco di farlo al meglio.
  Credo anche ci siano tutte le condizioni per farlo. Riconosco che il Friuli-Venezia Giulia forse ha il vantaggio di avere una situazione più virtuosa di altre. Tuttavia, non possiamo costruirci alibi perché da altre parti sono meno virtuosi. Dovremmo cercare di diventare tutti lo stesso modello di Paese.
  Mi dispiace che anche questa mattina, contrariamente a quello che accade negli altri Paesi europei, ancora una volta siamo riusciti a parlare male di noi stessi a reti unificate.

  PRESIDENTE. Intende nella riunione ?

  DEBORA SERRACCHIANI, Presidente della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. Diciamo che l'abbiamo fatto a reti unificate anche dopo. Ci sono riunioni nelle quali puoi dire benissimo che non hai voglia di accogliere neanche un immigrato, che non sei d'accordo su niente eccetera. Dopodiché, però, visto che stai dando il mandato al tuo Presidente del Consiglio per andarti a rappresentare nel Consiglio europeo, dove vuoi che l'Europa si impegni, forse sarebbe più utile pensare che davanti ai Paesi europei ci va un Presidente del Consiglio che ha un mandato largo da parte di tutti gli italiani.
  Penso che il lavoro che ci aspetta sia veramente tanto. Io non credo che sia un problema di esercito o di scarponi in Slovenia. Rispetto alla Libia, ovviamente io penso a un intervento diplomatico e a un intervento internazionale delle Nazioni Unite. Che qualcosa si muova, però, è Pag. 16un'assoluta necessità, se non altro per quello che sta accadendo e per il rischio che in ampie aree della Libia arrivi lo Stato islamico. Ce l'avremmo alle porte, in condizioni non facili.
  Mi auguro che non guardiamo solo al tema dell'immigrazione, ma a tutto quello che può avvenire nel Mediterraneo e che può toccare le nostre coste, che ci piaccia oppure no, anche in prospettiva.
  Più che gli scarponi e l'esercito, io manderei una bella squadra di diplomatici a tentare di smuovere le Nazioni unite da una parte e l'Europa dall'altra, per trovare soluzioni che in questo momento forse abbiamo cercato con troppa timidezza. Mi riferisco all'Europa in particolare. Non possiamo pensare di mandare lì Bernardino Léon a fare il giapponese sull'isola, a cui dicono dopo vent'anni che è finita la guerra.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Saluto il dottor Giancarlo Lancellotti, portavoce della presidente, e il dottor Massimiliano Crociani, direttore dell'ufficio della regione a Roma.
  Ricordo ai colleghi che il 7 luglio audiremo il presidente Emiliano e l'8 l'ambasciatrice francese in Italia che ha confermato la sua presenza.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.35.