XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 36 di Martedì 23 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI FLUSSI MIGRATORI IN EUROPA ATTRAVERSO L'ITALIA, NELLA PROSPETTIVA DELLA RIFORMA DEL SISTEMA EUROPEO COMUNE D'ASILO E DELLA REVISIONE DEI MODELLI DI ACCOGLIENZA

Audizione del Presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti.
Ravetto Laura , Presidente ... 2 
Toti Giovanni , Presidente della Regione Liguria ... 3 
Ravetto Laura , Presidente ... 6 
Toti Giovanni , Presidente della Regione Liguria ... 6 
Ravetto Laura , Presidente ... 7 
Frusone Luca (M5S)  ... 7 
Toti Giovanni , Presidente della Regione Liguria ... 7 
Ginetti Nadia  ... 7 
Toti Giovanni , Presidente della Regione Liguria ... 9 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Orellana Luis Alberto  ... 10 
Toti Giovanni , Presidente della Regione Liguria ... 10 
Arrigoni Paolo  ... 11 
Toti Giovanni , Presidente della Regione Liguria ... 11 
Campana Micaela (PD)  ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 13 
Campana Micaela (PD)  ... 13 
Toti Giovanni , Presidente della Regione Liguria ... 13 
Campana Micaela (PD)  ... 13 
Toti Giovanni , Presidente della Regione Liguria ... 13 
Campana Micaela (PD)  ... 14 
Toti Giovanni , Presidente della Regione Liguria ... 14 
Filippi Marco  ... 14 
Toti Giovanni , Presidente della Regione Liguria ... 15 
Filippi Marco  ... 15 
Toti Giovanni , Presidente della Regione Liguria ... 15 
Filippi Marco  ... 16 
Toti Giovanni , Presidente della Regione Liguria ... 16 
Ravetto Laura , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 13.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti.
  Questa audizione segue le audizioni dei presidenti della Lombardia e del Veneto. La prossima settimana audiremo la presidente Serracchiani.
  Il nostro, come saprà, è un Comitato bicamerale. Ci occupiamo di flussi migratori e dell'attuazione del trattato di Schengen. Abbiamo avviato due indagini conoscitive. Una riguarda i flussi migratori in generale. Abbiamo seguito sia l'operazione Mare Nostrum, convertita in Triton, sia la questione dell'accoglienza.
  Abbiamo audito tutti i ministri competenti, i prefetti e i sindaci. In questo momento ascoltiamo i presidenti di regione, anche in vista dell'incontro che, come apprendiamo da notizie di stampa – lei magari ce lo confermerà – avrete giovedì con il Presidente del Consiglio Renzi.
  La sua regione in particolare è sotto i riflettori per le vicende di Ventimiglia. Presidente, naturalmente la prima riflessione che vorremmo da lei è proprio relativamente a questi fatti. Il Governo francese dice: «Non abbiamo chiuso le frontiere». Noi, però, sappiamo che intervenire con controlli sistematici ed estesi su quelle frontiere di fatto, a nostro avviso, può già comportare, se non una violazione, una non aderenza al trattato di Schengen.
  Ci pare abbastanza improbabile che, come contro risposta a questa affermazione, venga affermato che ci sono anche altri trattati, come per esempio quello di Dublino, che comporta un'individuazione precisa di chi è profugo o no. Infatti, riteniamo che in un'Europa che sia realmente tale non si risponda alla presunta violazione di un regolamento con la violazione di un altro trattato.
  Naturalmente, poiché dobbiamo rimanere nei limiti delle sue competenze, non pretendiamo che lei faccia un trattato politico in questa sede, però vorremmo una sua riflessione su questo. Vorremmo capire soprattutto, da lei che lo vive in prima persona, che cosa sta succedendo lì, quali sono le azioni che sono state intraprese e come si sta reagendo alla situazione.
  Inoltre, vorremmo sapere se ci vuole già anticipare delle proposte che, come presidente di regione, vorrà esporre durante l'incontro che terrete con il Presidente del Consiglio giovedì.
  Anche se l'abbiamo letto dai giornali e abbiamo visto delle agenzie, probabilmente lei potrebbe darci qualche dettaglio in più relativamente all'incontro di mercoledì scorso che voi rappresentanti delle regioni avete avuto presso il Viminale con il Ministro dell'interno Alfano.Pag. 3
  Ci risulta che nel corso della riunione con il Ministro dell'interno avete fornito indicazioni sull'individuazione e organizzazione di questi hub regionali.
  Devo dirle, presidente, che noi qui abbiamo avuto versioni che differiscono da un presidente di regione a un altro. Brandolin, mi corregga se sbaglio. Alcuni sono assolutamente favorevoli all'istituzione di questi hub, altri affermano che non sono necessari.
  Le chiediamo, dunque, di riferirci cosa è stato discusso, a che conclusioni siete arrivati e le sue considerazioni in merito.
  In ultimo, le chiediamo di darci delle indicazioni sulle notizie di stampa relative alle critiche che ci sono state sul sistema di gestione dei migranti in Liguria, con particolare riferimento alla critica che è stata mossa sull'utilizzo o meno della protezione civile. Mi pare che lei abbia risposto: «Io non lo carico su regioni e comuni. È un onere dello Stato». Le chiedo di dirci qualcosa in più.
  Dopo la sua relazione, i colleghi avranno la facoltà di porre delle domande. Se lei vuole rispondere immediatamente, le siamo grati. Altrimenti, saremo onorati di riaverla in Comitato.
  Presidente, naturalmente l'audizione è pubblica. Se volesse dire qualcosa che merita segretazione, celo dica e verrà segretata.
  Do la parola a Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, per lo svolgimento della sua relazione.

  GIOVANNI TOTI, Presidente della Regione Liguria. Non credo che rivelerò a questa Commissione cose che le sono particolarmente ignote. Con dispiacere per i miei ex colleghi giornalisti, temo che la loro giornata sarà poco frizzante da questo punto di vista.
  Partiamo dalla Liguria per un duplice aspetto: la Liguria oggi è su tutte le cronache dei giornali per quanto sta accadendo a Ventimiglia, ma lo è anche perché, insieme alle altre regioni governate dal centrodestra al Nord, con geometrie un po’ diverse, come è noto, tra Lombardia, Veneto e Liguria, però sostanzialmente con maggioranze di centrodestra, ha chiesto una serie di cose al Governo.
  Partiamo dal presupposto che abbiamo ribadito ad Alfano mercoledì scorso e che ripetiamo da sempre: le regioni in termini di politica d'immigrazione e d'accoglienza hanno limitati poteri, anzi non ne hanno quasi. Hanno semplicemente i poteri relativi alla sanità che gestiscono e alla sicurezza in senso sanitario dei cittadini che vi abitano. Devono anche farsi carico della sicurezza in termini di salute dei migranti, quali che siano (richiedenti asilo, migranti economici o clandestini) che si vengono a trovare in quella regione.
  Il caso di Ventimiglia non è nuovo, presidente. Come lei sa bene, Ventimiglia ha vissuto emergenze sul confine di questo tipo in fasi diverse anche in altri anni. Non è una novità.
  Io penso che l'unica novità da interpretare a livello politico sia l'atteggiamento della Francia, che, come lei ha spiegato benissimo, è borderline rispetto all'interpretazione di Schengen.
  Stiamo trasformando questa discussione sul tema dell'immigrazione e su tutto quanto ci gira intorno in una disputa quasi giurisdizionale, giuridica o leguleia, mentre in realtà stiamo parlando di un tema squisitamente politico. Infatti, ove ci sia un accordo politico, i termini dei trattati, così come delle leggi nazionali, si possono modificare, interpretare o applicare in modo diverso.
  In termini politici, la prima analisi che noi possiamo fare sull'atteggiamento francese, nonostante l'incontro bilaterale dell'altro giorno con il premier Renzi, è quella di una netta chiusura rispetto a uno spirito di collaborazione, che peraltro più volte è stato negato dall'Europa a tutti i livelli.
  In queste ore circolano delle bozze relative a un accordo di ingresso per quota di 40.000 richiedenti asilo in due anni, che, come si legge dalle anticipazioni di stampa, è rimandato a una data successiva, secondo una formulazione che obbligherebbe comunque gli Stati membri ad assumere questa decisione. Francamente, mi sembra un bizantinismo piuttosto sofisticato Pag. 4rispetto a quello che l'Europa avrebbe dovuto risponderci ormai da molti mesi per l'emergenza di cui ci stiamo facendo carico.
  Oltretutto, questo risolve solo parzialmente il problema. Quello dei richiedenti asilo è un problema molto importante, date la crisi in Medio Oriente e la situazione di particolare pericolo e disagio in cui versano quelle persone.
  Tuttavia, dobbiamo dire – i dati del Ministero degli interni forniti mercoledì scorso sono univoci in questo senso – che i richiedenti asilo sono una minor parte rispetto a quelli che stanno arrivando. Pertanto, non è vero che il tema è la spartizione dei richiedenti asilo tra gli Stati membri dell'Unione europea, sottoscrittori dell'accordo di Dublino III.
  La principale ragione è una crisi regionale importante, economica e di sicurezza, che ha portato a flussi migratori di grande rilevanza. Parliamo di oltre 100.000 migranti all'anno. Credo che anche quest'anno andremo in quella direzione, se i dati verranno confermati. Si tratta soprattutto di migranti per ragioni economiche, non per ragioni di guerra e, quindi, richiedenti asilo.
  Per questo affermo che la disquisizione sull'interpretazione giuridica a volte stende un velo rispetto alle questioni reali. Noi siamo di fronte a un'emergenza relativa a persone che arrivano sul nostro territorio nazionale in vario modo, a vario titolo e per varie ragioni. È questa la vera emergenza, non come dividere quella piccola quota di richiedenti asilo.
  Certamente esiste una lungaggine amministrativa, soprattutto in Italia, per questo genere di procedure, nonostante il Ministero abbia aumentato le commissioni per l'asilo. È una misura significativa rispetto all'efficacia di gestione del problema, però – lo ripeto – non è il suo nocciolo.
  Come è noto, le regioni hanno limitate possibilità sia di intervento sia di giurisdizione sia di competenze. Noi abbiamo semplicemente sottolineato una cosa, che è la stessa che ho detto al Ministro degli interni Alfano l'altro giorno e che mi appresto a dire al Presidente del Consiglio Renzi, quando lo vedremo giovedì: non si può chiedere alle regioni e ancor meno ai comuni, attraverso i prefetti, di farsi carico di importanti azioni di accoglienza, che ovviamente comportano situazioni sul territorio comunale e regionale delle più varie emergenze, senza delineare una politica complessiva da spiegare al Paese e alle regioni che vogliono collaborare.
  In altre parole, se si chiede alle regioni la condivisione di un progetto, per quanto di loro competenza, o anche semplicemente una condivisione politica di un disegno nazionale, come è legittimo, anzi auspicabile, bisogna anche dire cosa si intende fare nel tutto, non solo in una parte.
  Non mi puoi dire che in Liguria mi mandi 2.000 migranti. Io voglio sapere quei 2.000 migranti, che sono un mio sforzo per una politica generale di accoglienza e di gestione di un'emergenza, come si inseriscono nel quadro nazionale. Questa è la risposta che è mancata fino a oggi.
  Le regioni ovviamente hanno sollevato un tema che è squisitamente politico. Lo ripeto.
  Noi a Ventimiglia abbiamo mobilitato quanto era in nostro potere: abbiamo raddoppiato i presìdi del 118 e ci siamo fatti carico economicamente dei presìdi della Croce rossa.
  Non abbiamo mobilitato la protezione civile, per tre ordini di ragioni. In primo luogo, ritengo che non sia compito di protezione civile gestire l'ordine pubblico. In secondo luogo, il Governo avrebbe dovuto decretare lo stato d'emergenza nella regione per permettermi, anche dal punto di vista delle competenze, di muovere i volontari della protezione civile. In terzo luogo – questa è la ragione per cui in campagna elettorale abbiamo chiesto al Governo di non mandare più i migranti o di limitarne di molto il flusso verso la Liguria – la nostra è una regione molto particolare.
  La Liguria è una regione che ha un tasso di disoccupazione superiore alla media delle regioni del Nord e che campa Pag. 5tipicamente di turismo per una parte significativa del suo PIL. Il fatto non è che, cinicamente, preferiamo i turisti ai migranti; il fatto è che in Liguria molte famiglie e molte imprese vivono di turismo, che è una parte importante del PIL e dell'occupazione. È evidente che, in una regione dove c’è il 50 per cento circa di disoccupazione giovanile, la perdita di una stagione turistica piuttosto che il suo depotenziamento significativo in un'area sarebbero un importante problema sociale, oltre che economico.
  Esiste una percezione di insicurezza vasta, nonostante sia una regione tutto sommato piccola e non densamente abitata. In talune sue aree, esistono dei problemi specifici legati all'integrazione.
  Penso al quartiere di Sampierdarena e al problema dell'immigrazione sudamericana di seconda generazione, con tutti i fenomeni di violenza che avete visto anche sui giornali ultimamente.
  Penso al centro storico di Genova, che è molto radicato nella città ed è il più vasto d'Italia, eppure per certi aspetti è molto difficilmente fruibile dai cittadini, perché poco controllato. Il centro in qualche modo sfugge alla fruibilità della città e dei cittadini, per essere purtroppo nelle mani di una criminalità e di una violenza diffusa, che spesso ha un carattere extracomunitario, ovviamente non per ragioni razziali, ma per ragioni di organizzazione della malavita, quali lo spaccio della droga, la prostituzione e quant'altro.
  Ci sono poi altre realtà, come la piana di Albenga che, pur essendo un piccolo centro e campando di agricoltura, presenta una manodopera straniera importante legata ai flussi stagionali, che ha una sua problematicità di gestione.
  La Liguria ha una serie di problemi specifici. Stretti tra gli Appennini e il mare, vivendo di turismo, non abbiamo grandi spazi da gestire né grandi strutture pubbliche che possano essere utilizzate in questo senso, tant’è vero che stiamo usando, come centro di smistamento degli arrivi, la fiera di Genova, che è nel centro della città. Questo di per sé dà l'idea della poca efficienza e della scarsa organizzazione nella gestione di tutto questo.
  Per questo, noi avevamo detto che non avremmo voluto altri migranti. Ovviamente, non possiamo incatenarci ai confini della Liguria né vogliamo farlo. Il nostro è un auspicio politico.
  Su questo il presidente di regione Maroni è stato forse più muscolare di noi, quando ha detto ai comuni che avrebbe usato una politica premiante o disincentivante rispetto alla coerenza con la linea regionale. Lui ha dei fondi che stanzia verso i comuni, con cui può incentivare e disincentivare, che la Regione Liguria non ha.
  Con questo bisogna stare molto attenti, perché ovviamente non si possono penalizzare comuni e cittadini che vi abitano per scelte fatte da un'amministrazione, che solo in parte sono riconducibili al singolo cittadino. Non è questo il tema.
  Il tema, se vogliamo essere seri, è che non si possono chiamare le regioni ad assumersi una parte della soluzione del problema o anche – lo ripeto – semplicemente a una condivisione politica dell'insieme delle politiche d'accoglienza e di immigrazione, se non si disegna l'intero complesso.
  Per ciò che concerne l'intero complesso, è evidente a tutti che l'Europa non sta rispondendo, così come è evidente a tutti che l'ONU non sta rispondendo come avrebbe dovuto.
  Fa male dirlo ? Sì. Avremmo auspicato tutti un intervento dell'Europa ben più deciso e più solidale nei confronti dell'Italia e magari anche più efficace nei confronti del problema stesso ? Certamente sì. Allo stesso modo, sarebbe auspicabile che l'ONU si muovesse in quelle regioni del Nord Africa che abbiamo destabilizzato, in parte per colpa di alcune nazioni europee e per scelte che abbiamo fatto nel recente passato e che oggi ci tornano indietro in termini di ondata migratoria e di destabilizzazione dell'area.
  La mia domanda al Governo è: se tutto ciò non avviene, l'Italia che cosa fa ? L'Italia resta pur sempre uno Stato sovrano Pag. 6e ha diritto a difendere i propri confini e ad applicare una politica di immigrazione, di ingressi e di accoglienza nel Paese che sia coerente con la situazione di crisi che sta vivendo, che sia coerente con la percezione che i cittadini hanno di questo fenomeno e che sia coerente con quello che fanno gli altri Stati che ci circondano.
  Mi pare che la posizione della Francia, governata da un Governo socialista, ancor più della Gran Bretagna e sostanzialmente di tutti gli altri Paesi europei sia per una difesa dei propri confini, ovviamente senza arrivare al muro di Orban.
  Nessuno auspica la creazione di muri nel nostro continente e men che meno tra continenti. Tuttavia, bisogna stare attenti a sottovalutare il problema, perché, se lo si sottovaluta, poi si arriva al muro. Quando c’è una percezione di disagio, di rischio e di paura da parte dei cittadini rispetto a un fenomeno che comincia a diventare veramente di proporzioni importanti, e la politica non sa dare risposte di gestione di questo fenomeno, alla fine si rischia davvero che per eccesso si arrivi alla politica dei muri, che è quello che noi vorremmo evitare.
  Il Governo ci deve spiegare come intende agire, oltre a distribuire migranti in comuni e regioni, per arrestare o regolamentare il flusso. Si comincia a parlare del famoso piano B, ma nessuno ha ancora capito di che cosa si tratta. Vorrei capire, qualora l'Europa continui a essere imbelle e a non agire, e qualora l'ONU decida ancora una volta, per il veto di alcune potenze importanti, di non intervenire in quell'area in alcun modo e sotto alcuna forma, come il Governo italiano intende muoversi per arginare il flusso o regolamentarlo e in quale direzione.

  PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, presidente. Nell'incontro col Ministro Alfano si è discusso, almeno operativamente, di qualcosa di concreto ?

  GIOVANNI TOTI, Presidente della Regione Liguria. Il Ministro Alfano ha ribadito che continuerà la politica di smistamento e accoglienza da parte delle regioni, secondo i protocolli di intesa che sono stati firmati con le amministrazioni regionali durante il 2014. Nel caso delle regioni in cui si sono rinnovati i consigli regionali, evidentemente non li avevamo sottoscritti.
  Esiste la politica degli hub, che continua a rimanere valida per il Ministero degli interni e molto meno valida per noi, come ha già denunciato la Lombardia. Noi la pensiamo nello stesso modo, perché di fatto non sono stati individuati gli hub e non sono state stanziate le cifre che dovevano costituire l'intelaiatura di questi hub e della seguente politica d'accoglienza. La parola hub per la maggior parte delle regioni e certamente per quella che governiamo noi è un auspicio senza nessun radicamento di realtà.
  Dopodiché, il Ministro Alfano ha ribadito che continuerà questa politica, e che ritiene che i flussi siano stati equamente divisi e che non ci sia altra strada al momento.
  Noi abbiamo ribadito quello che vi stavo dicendo poc'anzi: siamo disponibili a ragionarne, non siamo né ottusi né con l'anello al naso. Respingo l'accusa di essere ingenerosi o quant'altro. Semplicemente, siccome le regioni in questo caso vengono abitualmente scavalcate, come si vede in queste ore, e non hanno il potere di non far arrivare i migranti, ove si chieda loro di condividere politicamente una scelta di gestione di questo fenomeno, bisogna anche coinvolgerle nel processo decisionale, altrimenti sono dei soggetti passivi.
  Io credo che, se non si arresta o regolamenta il flusso dal Nord Africa, molto brutalmente, è come spalare l'acqua con la forchetta, oppure occuparsi di come buttiamo fuori l'acqua che entra nella nave da una falla, senza occuparsi prima di tappare la falla.
  Possiamo distribuire e possiamo discutere se la Liguria ha il 2 o il 3 per cento, se ha un territorio adatto o meno all'accoglienza, se c'erano fenomeni pregressi di integrazione riuscita o mal riuscita; all'interno Pag. 7delle singole regioni possiamo discutere di tutto quello che vogliamo, ma occorre una soluzione complessiva.
  La soluzione complessiva per il centrodestra e per le regioni del Nord è quella che abbiamo indicato più volte: interventi, ovviamente mirati, sulla costa della Libia e tutto quello che voi sapete.
  Io capisco che siamo borderline e non voglio trascinarvi di nuovo nella disquisizione giuridica da cui sono partito, affermando che invece il tema è politico. Tuttavia, la Libia oggi, per come è costituita, si può considerare una realtà statuale su cui fare affidamento, con cui si possono fare trattati o con cui possiamo negoziare in termini di diritto internazionale situazioni di rimpatrio ?
  Io non credo. Io non voglio trasformarmi in stratega, né giocare al piccolo dottor Stranamore – Dio ce ne guardi – però che operazioni mirate di polizia internazionale su quelle coste possano configurarsi come violazioni del diritto internazionale francamente mi sembra bizzarro, quando da quelle coste parte sempre di tutto senza controllo e non abbiamo neanche un'autorità statuale a cui possiamo, non solo rivolgerci per una trattativa seria, ma neppure elevare una formale protesta.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUCA FRUSONE. Mi scuso, ma devo andare via, quindi pongo velocemente la domanda. Se lei mi dirà che non può rispondere, lo capisco, perché la mia domanda non riguarda l'attuale Regione Liguria, ma l'emergenza passata, quella del 2011. Lei ha parlato di stato di emergenza attuale, ma ci fu anche nel 2011 uno stato d'emergenza.
  Io non so se lei è al corrente dei numeri della scorsa emergenza del 2011: quanti migranti la Regione Liguria ricevette a quel tempo e quale fu l'iter ? Non so se sul piano nazionale è tutto uguale. Io posso parlare della mia regione, il Lazio, dove so come è andata avanti la cosa. Sa se l'agenzia regionale della protezione civile si prese l'incarico di smistare questi migranti ? In sostanza, vorrei un quadro sull'emergenza passata del 2011.

  GIOVANNI TOTI, Presidente della Regione Liguria. Sull'emergenza passata francamente non ho un quadro. Non ero al Governo e facevo pure un altro mestiere. Mi ricordo qualcosa da giornalista, visto che all'epoca facevo il giornalista.
  L'emergenza, come tutti sanno, era di proporzioni maggiori di quella che stiamo vivendo oggi, anche se fu più concentrata nel tempo. Le somme e la durata di questa emergenza più diffusa rispetto a quelle dell'emergenza acuta dovuta alle bombe del 2011 rappresentano due scenari diversi.
  Non so se fu mossa la protezione civile. Dipende dal fatto che il Governo abbia decretato o meno lo stato d'emergenza nazionale, che è il presupposto giuridico per farlo. Farò avere alla Commissione i documenti su come fu gestita all'epoca l'emergenza, mettendo insieme le varie fonti della regione.
  L'unica cosa che posso dire è che nel 2011 si scatenò un'emergenza dovuta a un fenomeno che era prevedibile, ma solo parzialmente. Ci furono le bombe sulla Libia, la Primavera araba e tutta una serie di situazioni.
  Oggi abbiamo una situazione su cui francamente nessuno sta intervenendo in termini né diplomatici né politici né militari, e che continua ad andare avanti su vari fronti e per vari ordini di problemi, dall'evoluzione della Primavera araba alla guerra in Siria, che sono ampiamente prevedibili, così come è ampiamente prevedibile che permarranno per un periodo di tempo purtroppo indefinito.
  Io credo che oggi ci siano le condizioni anche per programmare in modo diverso rispetto all'emergenza che si trova ad affrontare la nostra Italia, per ragioni che peraltro condivideva solo parzialmente, come è noto alla storia politica.

  NADIA GINETTI. Ringrazio il presidente della Regione Liguria. Vorrei partire Pag. 8da questa osservazione: di fatto oggi non è più possibile considerare il fenomeno delle migrazioni come un'emergenza. Non solo partiamo dal 2011. Senza arrivare ai fenomeni secolari delle migrazioni nei diversi continenti, che hanno cambiato il volto ma anche l'antropologia, oltre che le condizioni sociali ed economiche dei diversi territori, vorrei solo risalire al 1999, dall'Accordo di Tampere fino all'attuale normativa contenuta nel Trattato di Lisbona.
  Come lei diceva, il Trattato di Lisbona richiama una politica di immigrazione comune tra i Paesi membri, per la creazione di un unico spazio interno di libertà, giustizia e sicurezza, proprio a sottolineare che la solidarietà tra i Paesi non è antitetica alla sicurezza, ma, al contrario, sono due valori che vanno di pari passo. Il Trattato di Lisbona affianca a questa politica comune dell'immigrazione una specifica politica per il sistema dei richiedenti asilo, che deve essere strutturata.
  Il Governo in questo momento sta attuando le direttive dell'Ue 2013/32 e 2013/33 sulle procedure di accoglienza, quindi sta delineando un quadro in questo senso, insieme a una politica comune delle frontiere esterne. Forse è questo il gap: l'aver concepito uno spazio interno comune, senza considerare le frontiere nazionali come frontiere esterne dell'Unione europea, su cui attivare un sistema utile di controllo, di gestione e di governance.
  Sono assolutamente d'accordo con lei nel considerare il problema non tanto rispetto ai richiedenti asilo, che sono una percentuale significativa e importante, ma che va governata dal livello nazionale. Il problema è umanitario rispetto agli sbarchi e, quindi, al rischio, non solo della tratta di essere umani, ma anche della morte di esseri umani nel nostro mar Mediterraneo.
  I flussi migratori via terra sono altrettanto importanti di quelli via mare, se non di più, ma non hanno quel problema umanitario di gestione e di sopravvivenza di questi esseri umani. Il Mediterraneo è inteso brutalmente come cimitero delle nostre frontiere. Pertanto, è lì che va posta l'attenzione della Comunità europea.
  Questa mattina c’è stata l'audizione del Ministro Alfano presso la Commissione I Affari costituzionali in Senato. L'ho seguita dal circuito interno. Lui ha provato a delineare la politica nazionale complessiva, che prevede peraltro anche la richiesta dell'intervento ONU, attraverso gli organi di decisione, che possa prevedere dei corridoi legali per l'immigrazione nei luoghi di instabilità, che sappiamo essere difficili da gestire in termini di sicurezza e di relazioni diplomatiche.
  Questi corridoi potrebbero aprire, in quei Paesi che ormai sono stabilizzati (Tunisia, Algeria, Marocco ed Egitto in parte) delle possibilità di rifugio umanitario, in attesa di stabilire lì, come abbiamo sempre detto sin dall'inizio, dei presìdi dell'Unione europea con l'Alto commissariato per i rifugiati, che possano valutare l'ammissibilità e, quindi, l'ingresso nell'Unione europea.
  In tal modo, si potrebbe regolamentare, programmare e fare dell'immigrazione una risorsa per i nostri Paesi europei.
  Non dimentichiamo che la Germania ha stilato un rapporto sull'importanza del contributo che gli immigrati danno al PIL e alla sopravvivenza, perché nel circuito lavoro-previdenza sociale svolgono un ruolo fondamentale, anche in quelle mansioni che molti cittadini – in questo caso tedeschi, ma io direi europei – vanno abbandonando e che, quindi, sono ricoperti da altre etnie.
  Questo ci consentirebbe di chiudere quel cerchio, che lei richiamava, di intervento a livello internazionale, europeo con una politica comune, nazionale e regionale, per suddividere le responsabilità e i ruoli.
  Nel quadro che il Ministro Alfano questa mattina ha delineato come politica nazionale da rappresentare nelle varie sedi – lei sa che il 25 e il 26 giugno prossimi ci sarà un importante Consiglio europeo, che discuterà anche di questo – le regioni saranno chiamate a svolgere un ruolo fondamentale, non in termini di emergenza, Pag. 9o quantomeno non solo nell'emergenza, ma piuttosto nell'individuare degli hub regionali, da cui partire per procedere con quella che definiamo un'accoglienza di terzo livello.
  Mi domando se a questo punto la Liguria da oggi possa cominciare a ragionare su questa prospettiva, dando per scontata una politica nazionale coerente.

  GIOVANNI TOTI, Presidente della Regione Liguria. Ritengo Schengen un elemento di sicurezza per il nostro continente. Pertanto, credo che discutere impropriamente di chiudere Schengen fosse una cosa piuttosto strampalata. Il tema è quello delle frontiere esterne.
  Per quanto riguarda gli hub, io credo che sia un tema superato. Al momento, è stato il Governo a non identificare né le aree né lo stanziamento dei fondi. Tuttavia, non è questo il punto, perché il sistema si trova.
  Sto dicendo dall'inizio di questa audizione che io sono disposto – credo di poter parlare anche a nome degli altri colleghi del centrodestra – a intraprendere una strada di collaborazione, purché la politica coerente, come lei l'ha definita, a livello nazionale del Governo Alfano tenga conto dei criteri tipici di uno Stato sovrano nazionale.
  Mi spiego meglio. Se l'Europa interviene, io ne sono lieto. Se interviene l'ONU, ne sono ancor più lieto. Se l'Unione europea realizza dei campi di identificazione in Tunisia, è meglio ancora. Tuttavia, ritengo che, se tutto questo non avviene, lo Stato italiano non possa abdicare al suo ruolo di Stato sovrano nel difendere i propri confini, la sicurezza dei propri cittadini e tutto quanto il Governo in carica con la sua maggioranza considera legittimo.
  Noi, da opposizione rispetto a questo Governo, legittimamente, continuiamo a sottolineare il nostro punto di vista.
  Se fosse successo agli Stati Uniti quello che è successo all'Unione europea, probabilmente sarebbero già intervenuti in loco con mezzi propri, tranquillamente e serenamente, senza aspettare un minuto di più, come hanno fatto tantissime volte nelle loro aree di pertinenza geopolitica, dai Caraibi in poi.
  Io dico semplicemente che, se il 26 usciamo dal vertice dei capi di Stato e di Governo di Bruxelles con un accordo, non solo sulla spartizione delle quote dei 40.000 richiedenti asilo, ma anche su un intervento efficace sulle coste del Nord Africa, io sono la persona più felice del mondo. Se non lo fa l'Europa, forse si può esplorare la via della NATO, che è un'altra istituzione internazionale che spesso è stata usata per interventi di polizia internazionale, che sono preliminari alla gestione dei flussi.
  Tuttavia, se tutto questo non si muove, io credo che si debba ragionare in termini di Stato nazionale. Tutto qua.

  GIORGIO BRANDOLIN. Innanzitutto rivolgo i miei auguri di buon lavoro al presidente, Personalmente, glieli faccio volentieri, come PD un po’ meno. Comunque, le auguro buon lavoro, soprattutto per i cittadini della sua regione.
  Potrei fare tante considerazioni, ma passo direttamente alle domande. Cosa intende per quadro nazionale ? Che cosa dovrebbe fare il Paese nel momento in cui l'Europa piuttosto che l'ONU non intervenissero ? In parte ha già risposto.
  Giovedì andate dal Presidente del Consiglio. Probabilmente il Presidente del Consiglio si attende da voi un qualcosa, per poter dopo andare in quel di Bruxelles a portare, non solo la sua idea e la sua disponibilità, ma anche quelle del territorio.
  Noi abbiamo sentito alcuni presidenti di regione. Alcuni, tipo il presidente Rossi della Toscana, pur sapendo benissimo che la responsabilità è totalmente in capo al Governo e al Ministero, sì e reso disponibile e pensa sia giusto che le regioni, per la quota parte di loro competenza, si assumano questa responsabilità, in particolare affinché non accada, come in passato, che il territorio e i sindaci si trovino sulle loro spalle un qualcosa di imposto dal Governo attraverso i prefetti.Pag. 10
  Abbiamo ascoltato quel presidente, che si è messo a disposizione per essere un catalizzatore e un coordinatore sul territorio delle esigenze del Governo.
  Abbiamo sentito anche Zaia e Maroni, che sono esattamente all'opposto, soprattutto Maroni. Zaia, così come lei, ha dato una disponibilità, non è stato battagliero come lo è stato Maroni nelle settimane passate. Questo mi fa piacere.
  Credo che giovedì il Presidente del Consiglio vi chiederà questo, proprio per andare a Bruxelles rafforzato, affermando che c’è il territorio a disposizione.
  Penso che i numeri siano ormai consolidati. Cito dei macronumeri, tanto per ricordarli a me stesso e a tutti. Lo scorso anno abbiamo avuto, tra mare e terra, 200.000 migranti. Sappiamo che di questi un terzo ha richiesto la protezione internazionale e soltanto una parte l'ha ottenuta.
  Mi sembra di capire che i numeri di questi primi mesi siano più o meno gli stessi: abbiamo 200.000 migranti, di cui 60.000-70.000 richiedenti asilo. Pertanto, abbiamo la necessità di predisporre 70.000 posti. Mi scusi se mi esprimo molto semplicemente.
  Penso che nella distribuzione, partendo dall'accordo del luglio scorso, le regioni dovrebbero impegnarsi a ragionare con i sindaci e col territorio per trovare questi posti e per sistemare queste 70.000 persone. Mi sembra che ormai siano questi i numeri consolidati.
  Lei afferma che spera che l'Europa o l'ONU intervengano in Libia. Il problema è lì, come sappiamo. Nel caso in cui questo non avvenisse, qual è la sua idea ? Questa è una risposta politica, non da presidente. Non so se può rispondermi. Interveniamo militarmente ?

  PRESIDENTE. Mi scusi, presidente. I senatori si stanno già allontanando per il numero legale. Se lei è d'accordo, li farei intervenire entrambi.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Io sarò telegrafico. Ringrazio il presidente per la presenza e per quello che ci ha detto. Sinceramente in buona parte condivido l'impostazione. Le porrò una domanda puntuale. Mi ha anticipato un po’ Brandolin.
  In ogni caso, voi dovrete accogliere, perché, come è stato detto, la scelta è di competenza dello Stato. Voi chiedete un maggiore coinvolgimento, perché è giusto che coloro su cui ricade il compito di accogliere vengano coinvolti anche in una visione più generale.
  È vero che gli hub regionali non sono stati individuati, ma siete favorevoli a questa idea per lo smistamento dei migranti ?
  Per ciò che concerne la distribuzione sul territorio, siete d'accordo su una modalità di tipo SPRAR, con piccoli numeri ? Credo che questo probabilmente allevierebbe anche il disagio sociale creato dall'arrivo, in piccole o grandi comunità, di gruppi di persone ammassate in grossi centri. Penso che su questo potreste essere propositivi anche voi rispetto al Governo.

  GIOVANNI TOTI, Presidente della Regione Liguria. Senatore, vorrei essere molto chiaro: io al momento sono assolutamente contrario agli hub e ritengo la posizione di Maroni assolutamente corretta.
  Il presidente Maroni, con cui ci consultiamo ormai quotidianamente, ha detto delle cose ben precise. Ha affermato che, di fronte a questo tipo di politica dell'accoglienza e dell'immigrazione, le regioni di centrodestra non intendono collaborare e assumersi una responsabilità politica specifica. In altre parole, per noi dovete cavarvela da soli.
  Nel momento in cui cambiasse la politica dell'accoglienza e dell'immigrazione, in un piano integrato nazionale con diverse finalità, è di tutta evidenza che da persone ragionevoli ci siederemmo a un tavolo per farne parte. Non è detto che si trovi un accordo condiviso su tutto il percorso, però è evidente che staremmo a sentire con grande attenzione quello che ha da dire Renzi.
  Quando parlo di politica nazionale, ovviamente intendo in primis una politica Pag. 11di sicurezza e di blocco dei flussi, in secondo luogo uno stanziamento di risorse ed eventualmente una condivisione dei criteri di smistamento.
  Il problema non riguarda solo i 40.000-50.000 richiedenti asilo, per la verità, ma il blocco dei 200.000 migranti. Quando parliamo della politica dell'accoglienza o della percezione che questi arrivi hanno sul territorio nazionale, la gente non distingue con grande attenzione chi è scappato legittimamente per fame, per paura o per persecuzione politico-religiosa. Semplicemente, sono 200.000 persone che entrano in una situazione di grave disagio nel nostro Paese e che vanno gestite.
  Quando parlo di interventi in Libia, intendo interventi in Libia, anche da soli. Qualcuno deve andare a mettere gli scarponi nella sabbia. Mi dispiace, ma su questo io sono molto chiaro.
  Si possono fare i campi, facendo degli accordi con la Tunisia, con l'Algeria, con la Libia e con gli Stati vicini. Ovviamente devono essere gestiti dalla Croce rossa internazionale e devono essere quei centri di identificazione a decidere chi ha diritto a partire e chi non lo ha.
  Tuttavia, occorrono la distruzione delle imbarcazioni degli scafisti, un «blocco navale» – non voglio entrare nel tecnico – e una politica di riaccompagnamento sulle coste, che è nulla di più di quello che fa la civilissima Australia con l'Indonesia, pur non avendo il permesso di varcare le acque internazionali. Inoltre, è necessario gestire il flusso migratorio sulla costa del Nord Africa prima che attraversino il mare, cosa che salverebbe molte centinaia di vite umane, grazie ai nostri valorosi militari. Io credo che tutto questo sia ineluttabile per discutere di ogni altra cosa all'interno del nostro Paese.

  PAOLO ARRIGONI. Presidente, anch'io rivolgo a lei e alla sua squadra gli auguri di buon lavoro, visto che ha davanti cinque anni impegnativi.
  Parto da una considerazione, per porre due domande. Nel sistema di accoglienza a oggi si trovano poco più di 70.000 richiedenti asilo. Meno del 40 per cento di questi sono ospitati in strutture CARA o in centri SPRAR, strutture che sono state pianificate; oltre il 60 per cento, invece, sta in strutture temporanee. Questo dimostra sostanzialmente che c’è stata poca pianificazione e che si vive sull'emergenza. Sono strutture che vengono individuate occasionalmente dai prefetti sui territori, spesso all'insaputa dei sindaci.
  A oggi, quanti sono i richiedenti asilo collocati nella sua regione ? Quanti sono quelli ospitati tra CARA e SPRAR, rispetto a quelli collocati in strutture temporanee ? Immagino che lei giovedì, durante l'incontro con il premier, pretenderà di conoscere una strategia o una politica complessiva per governare efficacemente il fenomeno incontrollato dell'invasione.
  Premetto che io condivido a caratteri generali l'impostazione che lei ha poc'anzi annunciato. Fino a qualche settimana fa si è parlato di ipotesi di distribuzione dei migranti sui territori regionali; in seguito, in vicinanza delle elezioni, non si è più affrontato questo argomento.
  Posto che lei è un governatore eletto direttamente dai cittadini, pensa di chiedere anche lei, come ha fatto il governatore Maroni, al Ministro dell'interno, attraverso i suoi prefetti, le date di arrivo di altri presunti profughi, la distribuzione territoriale e quali strutture sono state individuate ? Attiverà anche lei l'ASL per verificare se ci sono le condizioni igienico-sanitarie o cosa pensa di fare ?
  Almeno da questo punto di vista, ritengo che sia opportuno da parte del Governo fare trasparenza. Ricordo che nel 2011, nelle situazioni di emergenza per cui era stato chiesto il coinvolgimento della protezione civile, almeno sotto questo punto di vista, in quel periodo di quattro mesi, c'erano state concertazione e condivisione tra Ministero dell'interno ed enti territoriali, per la distribuzione e l'individuazione delle strutture.

  GIOVANNI TOTI, Presidente della Regione Liguria. Vi faccio pervenire i numeri esatti nelle prossime ore, perché non mi è Pag. 12stato possibile ricostruirli nel brevissimo periodo, anche per gli ultimi arrivi che ci sono stati e per la loro collocazione.
  Sicuramente non c’è stata alcuna pianificazione in Liguria. Non solo non è stato individuato l’hub, ma, come è noto, i migranti sono stati sparpagliati in varie zone, in strutture che sono state al momento identificate e rese idonee. Penso alla fiera di Genova, all'ex manicomio di Maggiano e alla stazione di Ventimiglia, che, ahimè, è la più famosa per le cronache.
  È evidente che vigileremo come ASL, perché è nostro compito tutelare sia i cittadini sia i migranti che ci sono.
  Ai prefetti io ho già scritto, esattamente come ha fatto il governatore Maroni, chiedendo in prima battuta di farsi referenti verso gli organismi centrali di governo sulla nostra volontà politica di non poter accogliere altri migranti, per una serie di situazioni che vi ho elencato prima e che non ripeto, e in subordine di conoscere quali sarebbero stati i flussi.
  Per la verità, i flussi non ci sono stati indicati. Non so se fossero stati indicati prima alla precedente amministrazione. Noi siamo di fatto in carica da sette giorni e non siamo ancora una giunta operativa, come è piuttosto noto. Non so se fossero stati identificati prima. Io l'ho sempre saputo dalla stampa.

  MICAELA CAMPANA. Innanzitutto, le auguro buon lavoro per l'incarico appena avuto. Esprimerò alcune considerazioni sulla sua relazione.
  Più volte questo Comitato è tornato sui numeri dei richiedenti asilo politico e sulla distinzione tra le protezioni umanitarie e sussidiarie e l'asilo politico internazionale. Spesso, quando si fa riferimento solo all'asilo politico, si dà un dato erroneo, perché ci sono diverse protezioni nazionali e internazionali che rientrano dentro quel numero e che, quindi, danno dei numeri di chi ha accesso a protezioni internazionali complessive molto superiori rispetto al frammento dell'asilo politico.
  All'inizio lei ha accennato a Dublino e, quindi all'obbligatorietà da parte degli Stati membri. Mi chiedo se, rispetto alle cose che lei diceva, lei suggerisce il superamento della volontarietà degli Stati membri in Europa e, quindi, l'obbligatorietà, rispetto anche a un superamento complessivo di Dublino.
  È evidente che, se bisogna superare la volontarietà, che attualmente esiste sia a livello nazionale sia a livello europeo, occorre inserire una norma che imponga agli Stati membri di accettare le quote a livello europeo.
  Poc'anzi il collega della Lega affermava che i prefetti individuano le strutture all'insaputa dei sindaci. Non è esattamente così. Il sistema SPRAR è basato sulla volontarietà, tant’è vero che su quasi 3.000 comuni solo 500 aderiscono al sistema SPRAR e lo fanno volontariamente.
  Vista l'indicazione che lei dava poc'anzi, vorrei sapere se sta chiedendo al Governo di superare la volontarietà e, quindi, di andare verso l'obbligatorietà anche sul tema della redistribuzione nazionale.
  A proposito del sistema nazionale, lei parlava degli indicatori riguardanti la Liguria, del dato occupazionale e dei piccoli centri diffusi, Genova esclusa. Io penso che la ratio con cui è nato questo sistema SPRAR, diverso dall'emergenza Nord Africa del 2011, sia la volontà di una redistribuzione di piccoli numeri in piccoli centri, per evitare la concentrazione dove già ci sono livelli di sofferenza.
  Infatti, nella famosa discussione in sede di Conferenza Stato-regioni, le regioni presenti hanno scelto all'unanimità una redistribuzione rispetto al Fondo nazionale per le politiche sociali e non rispetto agli indicatori che lei citava. Zaia ha sottolineato che per questioni di correttezza non si era opposto. Tuttavia, la Conferenza Stato-regioni è un luogo ufficiale, dove, se non si è d'accordo, di solito lo si dice e lo si mette a verbale.
  Si sarebbe potuta scegliere una redistribuzione dei richiedenti asilo politico su base regionale rispetto alla popolazione e ai numeri occupazionali. Invece, si è deciso di fare altro, ossia una redistribuzione rispetto al Fondo nazionale delle politiche sociali, che di fatto premia le regioni del Pag. 13Nord, che sono più ricche e hanno un Fondo nazionale per le politiche sociali molto più corposo rispetto alle regioni del Sud, le quali oggi hanno un peso dell'accoglienza maggiore rispetto a quelle del Nord.
  Mi chiedo se nella giornata di giovedì lei richiederà, rispetto alla sua regione, di cambiare la modalità di riferimento, dal Fondo nazionale delle politiche sociali alla popolazione e al livello di disoccupazione della regione.
  Non tutte le regioni hanno istituito un hub centrale, proprio perché c’è stata la volontà – penso alla Toscana e all'Emilia – di avere una collaborazione istituzionale tra il livello regionale e il livello dei sindaci, per non scaricare sui sindaci e sui propri cittadini il peso dell'accoglienza, come ha detto anche lei in maniera molto precisa.
  Mi chiedo se lei abbia intenzione di istituire il coordinamento regionale, per coordinare con i suoi sindaci una redistribuzione che sia equa. Vorrei sapere se lei, sulla base delle sue funzioni, per esempio quella sulla sicurezza sanitaria, intende procedere a uno screening successivo dei migranti.
  Le ultime due domande sono sulla politica internazionale, visto che lei è entrato nel merito ed è stato anche un esponente importante nel dibattito europeo. La differenza tra la Primavera araba e la situazione di oggi deriva anche da una complessità delle condizioni del continente africano rispetto al passato. Pensiamo all'attuale posizione della Siria, a Boko Haram, all'ISIS e a quello che sta succedendo nel post-guerra in Libia.
  Mi chiedo se lei individua nell'operazione militare, anche unilaterale da parte dell'Italia, come lei ha detto, la possibilità di una soluzione alla questione libica.
  Vorrei conoscere anche la sua posizione sull'operazione navale in corso nel Mediterraneo. Le organizzazioni internazionali, tra cui UNHCR, Medici senza frontiere e Emergency, affermano che la presenza di navi militari di quasi tutti gli Stati membri ha incrementato la sicurezza nel Mediterraneo. Mi chiedo qual è la sua posizione in merito.

  PRESIDENTE. Presidente, per quanto concerne Dublino, mi permetto soltanto di segnalare che questo Comitato ci ha lavorato e sappiamo tutti che è stato pensato 30 anni fa per una situazione completamente diversa da quella attuale. È stato firmato da poco, ma è stato pensato 30 anni fa per il sistema dei visti.
  In seno al Comitato, tutti auspichiamo la modifica di Dublino, indipendentemente dalle appartenenze politiche. Tuttavia, grazie a tutti i commissari e all'onorevole Campana in primis, abbiamo presentato una risoluzione affinché Dublino perlomeno si applichi in toto, compreso il famoso articolo 17. Sul superamento, più o meno, possiamo trovarci tutti d'accordo, aldilà della polemica su chi ha firmato e chi non ha firmato, che non è il caso dell'onorevole Campana. Facevo una precisazione.

  MICAELA CAMPANA. Vorrei aggiungere un'ultima cosa sui dati che sentivo poc'anzi. Attualmente la Liguria ha 1.300 richiedenti asilo politico. La quota spettante rispetto al fondo nazionale è del 3 per cento, quindi siamo un po’ sotto rispetto all'indicazione della precedente amministrazione.

  GIOVANNI TOTI, Presidente della Regione Liguria. Non so quanto siano aggiornati questi dati.

  MICAELA CAMPANA. Sono aggiornati ad aprile 2015.

  GIOVANNI TOTI, Presidente della Regione Liguria. Temo che siano aumentati. Rispondo molto rapidamente.
  Dublino va superato ? Sì. Il fatto che gli Stati non si mettono d'accordo neppure per l'applicazione dell'articolo 17, come ha giustamente ricordato la presidente Ravetto, mi fa escludere, a lume di naso, che si accorderanno per un superamento di Dublino nei termini che lei auspicava.Pag. 14
  Su tutto il resto, le rispondo con una considerazione. Io sarò disposto ad assumermi responsabilità che eccedono anche il ruolo della regione, quando il Governo nazionale mi spiegherà il suo piano, e non di fronte a questa guerra tra poveri – perdonatemi l'espressione un po’ brutale – per dividersi i migranti, adducendo che la Liguria è piccola e campa di turismo o che il Piemonte è grande, ma ha i suoi problemi.
  Mi assumerò delle responsabilità quando il Governo mi dirà come intende gestire l'emergenza dei flussi dall'Africa all'Italia, come intende regolamentare i campi di identificazione sulle coste del Nord Africa e, ove l'Europa non se ne facesse carico e l'ONU nemmeno, come intende coinvolgere gli altri Stati interessati da questo fenomeno in un'azione, spero plurilaterale e non unilaterale, che possa essere un surrogato all'azione di quelle istituzioni internazionali che sembrano essere paralizzate.
  Non credo che un nostro intervento risolverà la crisi in Libia. Tuttavia, penso che con il nostro intervento, attraverso accordi con le autorità locali libiche, quelle che si trovano e quelle che sono disponibili a discutere, come si fa normalmente nella politica estera e nella politica di difesa con Stati nelle condizioni della Libia, si possano trovare delle situazioni per ospitare con una certa sicurezza i campi di identificazione e quant'altro.
  Quando lo Stato dirà questo, io sarò disposto a sedermi al tavolo e a farmi carico di come smaltire quanto è accaduto fino a oggi, alla luce di una politica che cambia dal giorno stesso.
  Se la politica resta questa, non intendo farmi coinvolgere in una politica che ritengo semplicemente fallimentare e miope.

  MICAELA CAMPANA. Lei chiede una modifica della distribuzione nazionale ?

  GIOVANNI TOTI, Presidente della Regione Liguria. No, io non chiedo niente e continuerò a dire che la Liguria non ne vuole uno di più, fino a quando il Governo non mi spiega come intende risolvere l'emergenza nel suo complesso, perché ritengo, per i motivi fondati che ho illustrato pocanzi, che la Liguria oggi non se lo possa permettere.
  Inoltre, da governatore di centrodestra e da politico di Forza Italia, non intendo avallare una politica redistributiva che è solo parte del problema, senza che il Governo affronti il nodo centrale del problema stesso.
  Altrimenti si tratta di buttare fuori l'acqua dalla nave, facendo la catena dei secchi per l'acqua, ma nessuno si occupa di tappare la falla. È un sistema di ragionamento che non mi è proprio.

  MARCO FILIPPI. Anch'io rivolgo al presidente i consueti auguri di buon lavoro, che penso siano sempre graditi.
  Devo dire che ho trovato in questa audizione, come in quella precedente del suo collega Maroni, grande ragionevolezza, cosa che purtroppo a volte non traspare dalle dichiarazioni amplificate. La cosa più spiacevole non è l'esistenza di opzioni politiche differenti, ma piuttosto il fatto che talvolta si inducono reazioni polarizzate eccessive tra chi li vuole immediatamente ributtare a mare e che, invece, si prodiga in ospitalità e accoglienza, mettendoci quello che ha.
  Casomai la riflessione da fare è quanto la ragionevolezza che ho trovato nei presidenti di regione, al netto di opzioni politiche differenti, debba essere maggiormente consapevole di un effetto che, vostro malgrado, produce nei comportamenti delle persone. Comunque, al pari dei comuni, vi trovate sulla frontiera nel gestire un fenomeno particolarmente rilevante.
  Questo fenomeno comunque a oggi è ancora ampiamente sotto controllo. I dati non ci parlano ancora di esodi biblici, ma di numeri contenuti rispetto a situazioni che hanno già trovato soluzioni efficaci.
  Le vorrei porre due questioni, che ovviamente sono già state riprese da altri colleghi. Cerco di rendere più esplicite le sue affermazione.
  Giovedì incontrerete il Governo e credo che, giustamente, chiederete un maggior ruolo per le regioni. Lo condivido assolutamente. Pag. 15Non immagino neanche lontanamente un Paese che possa essere governato solo da ministeri e prefetture.
  Il punto è un altro. Come intendete la richiesta di un vostro maggior ruolo ? La intendete al servizio del Paese e, quindi, volete contribuire a definire una politica comune, al netto delle opzioni politiche, e dare una mano indipendentemente, oppure chiedete che modelli differenziati si trovino a gestire situazioni differenti ?
  Il tema può essere quello dell’hub o più in generale di come redistribuire una quota parte di persone e di come gestirle. Mi sembra che questo sia un punto nodale nel rapporto tra regioni e Ministero. Dunque, volte agire ognuno per sé o puntate alla definizione di una politica comune ?
  Questa questione è stata posta anche da altri interventi, però le chiedo, se possibile, di rispondere in termini ancora più espliciti.
  La seconda domanda riguarda più direttamente la Liguria. Mi rendo conto che lei si è insediato da poco, però è anche vero che i fenomeni sono recentissimi, per cui ha un senso porle questa domanda.
  In base alle vostre competenze, soprattutto dal punto di vista della sanità, che cosa è stato fatto e qual è lo stato di salute di queste persone, che le immagini ci hanno rappresentato in condizioni di particolari difficoltà o, se non altro, stremati per essere rimaste sulla scogliera per giorni e giorni ? Credo che alla Commissione interessi capire che cosa avete fatto e qual è lo stato dell'arte.
  Da questo punto di vista, abbiamo avvertito un eccesso di percezione. Sembrava che la scabbia fosse la nuova malattia che avrebbe contagiato la popolazione italiana. Mi interessa capire che cosa in concreto la sua regione ha fatto e qual è lo stato di salute delle persone.

  GIOVANNI TOTI, Presidente della Regione Liguria. Dal punto di vista sanitario, noi siamo intervenuti subito. Non ci risultano emergenze sanitarie significative. Il personale che è sul luogo ha registrato casi isolati di scabbia. Le riporto i dati di qualche giorno fa, perché non ho più parlato con il mio capo di gabinetto nelle ultime 24 ore. Ci sono stati due casi di signore incinte, che sono state ricoverate per problemi, alcuni minori e qualche caso di malnutrizione. Mi pare ci fosse un fenomeno di tipo infettivo o virale di polmonite o cose di questo genere.
  Non esistono emergenze sanitarie significative in questo momento. Esiste un'emergenza di contesto.

  MARCO FILIPPI. Mi scusi se la interrompo. Sono interventi di screening oppure interventi a chiamata sull'emergenza che si determina ?

  GIOVANNI TOTI, Presidente della Regione Liguria. Ci sono interventi di 118 a chiamata. Ci sono poi interventi di presidio e di screening della Croce rossa nel piazzale della stazione di Ventimiglia, per esempio quando vengono spostati dalla scogliera alla stazione o quando arrivano in stazione a gruppi per i flussi. Ci sono volontari della Croce rossa e c’è un presidio medico della Croce rossa, di cui la regione si fa carico dal punto di vista dei costi.
  Ovviamente, il presidio chiama il 118 quando ci sono casi come quelli di cui ho parlato, che comportano un ricovero ospedaliero, mentre si agisce in loco quando ci sono casi di minore entità. Se volete, vi faccio avere tutto lo screening degli interventi fatti, con le modalità esatte da un punto di vista sanitario.
  Ripeto che non esiste un'emergenza sanitaria né per la popolazione né per i migranti stessi, aldilà del disagio e di tutto quello che la situazione che conoscete può comportare.
  Esiste un'emergenza ambientale, perché la stazione di Ventimiglia, da cui partono i frontalieri per andare a lavorare e da cui partivano i ragazzi per andare a scuola fino a pochi giorni fa, si è trasformata di fatto in quel hub mai identificato, perlomeno per l'estremo Ponente ligure.
  La situazione sicuramente non è delle migliori. All'inizio, addirittura i bagni della stazione erano chiusi per disguidi dovuti agli orari, perché abitualmente chiudevano Pag. 16all'ultimo treno e riaprivano la mattina seguente. Abbiamo dovuto far chiedere al prefetto l'apertura dei bagni, che oggi restano aperti 24 ore su 24.
  Dire che è una situazione ideale francamente mi sembra lontano dalla verità. Che esistano pericoli imminenti per la salute dei cittadini o dei migranti lì ospitati è altrettanto falso.
  Non mi ricordo qual'era la prima domanda.

  MARCO FILIPPI. Era sulla richiesta di un maggiore ruolo delle regioni.

  GIOVANNI TOTI, Presidente della Regione Liguria. Le competenze restano residuali rispetto al fenomeno di cui stiamo parlando. Lo ripeto: noi possiamo farci carico di tavoli di coordinamento e di procedure che al momento non rientrano direttamente nelle nostre competenze, che riguardano le classiche funzioni di coordinamento di un'autorità come la regione, qualora si condivida il fenomeno nel suo complesso.
  Io capisco che sono il presidente della Regione Liguria e quindi c’è un aspetto puntuale rispetto a ciò che potremmo fare in questo senso. Quello che potremmo fare in questo senso al momento è quasi niente, rispetto alla non condivisione totale della gestione politica della crisi.
  Il tema è la condivisione totale rispetto ai grandi temi di questa crisi e non tanto il fatto che la Liguria ne vuole ospitare a gruppetti. Io su questo sono abbastanza fanatico del buonsenso. Non credo che si possano ospitare alle Cinque Terre, dove le famiglie campano su due mesi di turismo, a Porto Venere o a Portofino. Cerchiamo di mantenere un minimo di buonsenso, aldilà di tutti i ragionamenti.
  La Liguria è una realtà che campa di turismo, è stretta, lunga, ha una fascia d'Appennino molto impervia e spesso purtroppo anche disagiata e funestata da frane, alluvioni e situazioni che voi conoscete. Inoltre, ha una piccola porzione di mare, dove concentriamo una fetta importante del nostro PIL e delle nostre risorse. Meno si va a turbare questo equilibrio meglio è. Il turismo, come si sa, campa anche di tranquillità, di ordine, di arredo urbano, di percezione di sicurezza per i propri bambini e quant'altro.
  Nel momento in cui dico che non esiste un'emergenza sanitaria a Ventimiglia, dico la verità, ma, nello stesso tempo, ho la netta percezione che, se una persona avesse dovuto scegliere di andare a Ventimiglia in vacanza in queste settimane, probabilmente avrebbe cambiato località geografica. Bisogna tenere conto di tutte queste cose.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente e la dottoressa Roberta Ferraro, sua assistente.
  Voglio dire ai colleghi che ho commesso un'imprecisione: la presidente Serracchiani non sarà con noi la prossima settimana, ma giovedì 25 e auspicabilmente ci dirà come è andato l'incontro.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.15.