XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 30 di Mercoledì 20 maggio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI FLUSSI MIGRATORI IN EUROPA ATTRAVERSO L'ITALIA, NELLA PROSPETTIVA DELLA RIFORMA DEL SISTEMA EUROPEO COMUNE D'ASILO E DELLA REVISIONE DEI MODELLI DI ACCOGLIENZA

Audizione del Comandante generale della Guardia di finanza, generale Saverio Capolupo.
Ravetto Laura , Presidente ... 3 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 4 
Ravetto Laura , Presidente ... 13 
Mazzoni Riccardo  ... 13 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 14 
Arrigoni Paolo  ... 14 
Ravetto Laura , Presidente ... 15 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 15 
Orellana Luis Alberto  ... 17 
Ravetto Laura , Presidente ... 17 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 17 
Frusone Luca (M5S)  ... 18 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 18 
Fauttilli Federico (PI-CD)  ... 18 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 19 
Ravetto Laura , Presidente ... 19

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Comandante generale della Guardia di finanza, generale Saverio Capolupo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del comandante generale della Guardia di finanza, il generale Saverio Capolupo, che ringraziamo di essere qui da noi.
  Generale, noi, come Comitato Schengen, che lei immagino conosca bene, abbiamo avviato un'indagine conoscitiva generale sui flussi migratori, che naturalmente si è incentrata negli scorsi mesi sui fatti di cronaca e anche sulle evoluzioni giuridiche, in particolare sul passaggio dall'operazione Mare Nostrum a Triton.
  Abbiamo fatto un primo ciclo di audizioni dei ministri e poi ci siamo dedicati alle persone che hanno le competenze prioritarie e che sono in prima linea, che sono naturalmente gli opinion leader di questa situazione. Lei, naturalmente, è uno di questi.
  La ringraziamo di essere qui. Per noi quello che ci dichiarerà sarà fondamentale, anche per integrare la relazione che faremo al Parlamento in ordine ai lavori del Comitato. Le lascerò immediatamente la parola e successivamente i colleghi le porranno delle domande. Io mi permetto soltanto di sottolineare alcuni punti per i quali vorremmo, se possibile, dei suoi commenti.
  Il primo naturalmente è quello relativo alle funzioni e ai compiti della Guardia di finanza, che lei dirige, nell'ambito dell'operazione Triton. In particolare, a noi risulta che nella base di Pratica di Mare, dove ha sede il comando operativo aeronavale della Guardia di finanza, sia ospitata, oltre alla centrale di coordinamento operativo del Corpo, anche la base dell’International coordination center, cioè il punto di contatto nazionale di Frontex. Le vorremmo chiedere, quindi, elementi di conoscenza in relazione alle vostre funzioni, in particolare spiegandoci che cos’è cambiato nel passaggio da Mare Nostrum a Triton.
  Il secondo punto riguarda le modalità di coordinamento tra le missioni Triton e Eunavfor Med. Il Consiglio UE degli affari esteri e difesa di ieri ha autorizzato l'avvio di un'operazione militare europea, denominata appunto Eunavfor Med, che avrebbe l'obiettivo di interdire l'attività dei trafficanti di migranti nel Mediterraneo. In particolare, come riportato da un'agenzia Italpress del 18 maggio 2015, il Ministro della difesa Pinotti a Bruxelles ha dichiarato che la missione militare si coordinerà con Triton. Le chiediamo se, nei limiti delle sue competenze, ci può dare delle indicazioni in merito.
  Lei si è pronunciato già sulla decisione di rafforzare Triton. Il 24 aprile 2015 ha detto, giustamente, che non spetta a lei dare valutazioni politiche. Le chiediamo se in questa sede può almeno dirci se ritiene Pag. 4che gli investimenti sui mezzi e sulle nuove risorse siano adeguati e di aggiornarci sui Paesi che realmente stanno inviando dei mezzi o comunque si stanno dimostrando collaborativi. Inoltre, le chiediamo di dirci due parole sul raccordo funzionale con il Corpo della Guardia costiera e con la Marina militare.
  Per ciò che riguarda il suo Corpo, le chiediamo se può dirci quante unità lei è costretto – uso un'espressione forse sbagliata – a sottrarre alle altre importanti attività che il suo Corpo svolge sul territorio e nel mare. Le chiediamo quanti mezzi ha impiegato, se la situazione dovrebbe essere compensata oppure va bene così e se ci può dare degli elementi. Infine, risulta al Comitato che in almeno due occasioni, segnatamente il 16 febbraio e il 14 aprile, alcuni scafisti abbiano esploso dei colpi di arma da fuoco per tenere a distanza soccorritori italiani e islandesi nell'ambito delle operazioni Frontex al largo della Libia. Nel corso delle recenti audizioni presso questo Comitato, sia l'ammiraglio Angrisano, comandante della Guardia costiera, sia il capo di stato maggiore della Marina militare, De Giorgi, hanno riferito che le unità attive per le operazioni di soccorso sotto una certa latitudine dispongono di una copertura della Marina militare. Le chiediamo, pertanto, di fornire al Comitato maggiori e più dettagliati elementi di informazione in merito a queste vicende. In particolare, le chiediamo di fornire al Comitato elementi di conoscenza sulla possibilità di un coinvolgimento di organizzazioni terroristiche nei traffici di migranti dalle coste libiche e sull'attività di contrasto al finanziamento del terrorismo svolte dalla Guardia di finanza.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti. Io ho preparato una relazione, che abbiamo già consegnato e che ovviamente leggerò. Evidentemente, se gli elementi contenuti nella relazione non saranno soddisfacenti per le sue richieste, li integreremo con le domande.
  Signor presidente, onorevoli senatori e deputati, desidero porgere innanzitutto i ringraziamenti per l'opportunità concessa anche alla Guardia di finanza di portare il proprio contributo di esperienza e professionalità ai vostri lavori, in un momento particolarmente delicato, in cui il controllo delle frontiere e dei flussi migratori è strettamente legato alla salvaguardia della vita delle migliaia di migranti che, in fuga da condizioni disperate, si riversano sulle coste italiane.
  La complessità dello scenario e dei temi da trattare mi induce a focalizzare l'esposizione su alcune questioni fondamentali.
  Ritengo, in primo luogo, di dover accennare brevemente ai compiti prioritari assegnati alla Guardia di finanza, per soffermarmi poi nel dettaglio sulle funzioni svolte in mare dal comparto aeronavale.
  Successivamente, esporrò in sintesi quanto attualmente a conoscenza del Corpo in merito alle dinamiche dei flussi migratori, descrivendo le azioni di contrasto ai trafficanti di esseri umani svolte dai reparti della Guardia di finanza.
  Da ultimo, concluderò il mio intervento illustrando le linee essenziali dell'operazione di sorveglianza delle frontiere marittime denominata Triton, in corso di svolgimento nel Mediterraneo sotto l'egida dell'agenzia europea Frontex.
  La Guardia di finanza, come è noto, è una forza di polizia a ordinamento militare, direttamente dipendente dal Ministro dell'economia e delle finanze, i cui compiti di istituto, storicamente incentrati sulle funzioni di controllo fiscale e delle frontiere, si sono progressivamente estesi al contrasto di tutte le violazioni che danneggiano gli interessi economico-finanziari dello Stato, delle regioni, degli enti locali e dell'Unione europea.
  Il riconoscimento normativo di questa ampia proiezione operativa si è avuto con il decreto legislativo n. 68 del 2001, che ha demandato espressamente al Corpo funzioni di polizia economico-finanziaria.
  Queste ultime si completano, secondo le previsioni del Codice di procedura penale, con le funzioni di polizia giudiziaria, Pag. 5nonché con il concorso al contrasto dei traffici illeciti, al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica e alla difesa militare del Paese, come previsto dallo stesso decreto legislativo.
  I compiti di polizia finanziaria si traducono, in sostanza, nelle attività contro l'evasione fiscale e il sommerso, gli illeciti doganali e nel campo dei monopoli, le frodi sui finanziamenti pubblici, nazionali e comunitari.
  Le funzioni di polizia economica mirano invece a garantire il corretto funzionamento dei mercati dei capitali, dei beni e dei servizi e le regole della leale concorrenza fra imprese, contrastando l'infiltrazione della criminalità organizzata nel tessuto produttivo; il riciclaggio di denaro sporco; la contraffazione; i reati societari, bancari e finanziari; la corruzione e le truffe in danno ai risparmiatori.
  L'obiettivo di fondo di questo complesso di azioni è però unitario: tutelare l'economia legale e le imprese rispettose delle regole, garantendo al contempo allo Stato, all'Unione europea, alle regioni e agli enti locali il regolare afflusso e il corretto impiego delle risorse destinate al benessere della collettività.
  Il metodo adottato per raggiungere questo obiettivo è la concentrazione delle risorse operative sui fenomeni di evasione, di frode, di illegalità e criminalità economico-finanziaria più gravi e pericolosi, che danneggiano la stabilità dei conti pubblici, le imprese, i mercati e i consumatori.
  In questo contesto, allo scopo di tutelare i traffici commerciali, la Guardia di finanza esercita alle frontiere nazionali dell'Unione europea una diffusa azione di controllo mediante presidi di vigilanza statica presso tutti i porti, aeroporti e valichi di confine, e un sistema di vigilanza dinamica che estende la rete dei controlli all'interno del territorio nazionale, con finalità preventive e repressive, che comprendono anche il monitoraggio dei movimenti transfrontalieri di valuta.
  Il dispositivo è integrato dalle investigazioni che mirano a individuare le organizzazioni che in Italia e all'estero gestiscono i traffici illeciti che hanno a oggetto merci di contrabbando e contraffatte, stupefacenti, rifiuti, armi ed essere umani, a ricostruire le fonti finanziarie di alimentazione e a colpire i canali di riciclaggio dei relativi proventi.
  Quali sono i compiti e le attività della Guardia di finanza sul mare ? Queste attività si sviluppano attraverso mirate indagini di polizia giudiziaria, che spesso prendono le mosse dal pattugliamento del mare territoriale ed extraterritoriale da parte dei mezzi navali e aerei del comparto aeronavale del Corpo e vengono poi sviluppate anche grazie alla collaborazione internazionale con Paesi esteri.
  I grandi traffici illeciti che danneggiano la sicurezza e l'economia del nostro Paese, infatti, originano in massima parte in altri Stati, transitano per il mare e fanno capo a organizzazioni criminali transnazionali, la cui scoperta e disarticolazione richiedono un'azione operativa che, senza soluzione di continuità, sia in grado di svilupparsi con la massima e rapida integrazione fra sistema di vigilanza a mare e strutture investigative sul territorio.
  Per la Guardia di finanza questo è possibile grazie a un dispositivo organizzativo e operativo unitario, in cui i quindici reparti operativi aeronavali, con le dipendenti quindici stazioni navali e tredici sezioni aeree, si coordinano costantemente con i comandi provinciali e le altre unità operative presenti sul territorio, scambiandosi informazioni, pianificando ed eseguendo piani operativi congiunti e sviluppando insieme investigazioni a largo raggio.
  Al riguardo, ritengo necessario chiarire nei dettagli i compiti attribuiti per legge alla Guardia di finanza sul mare.
  Per effetto di quanto disposto dall'articolo 1 della legge n. 189 del 1959 e dal richiamato decreto legislativo n. 68 del 2001, il Corpo è impegnato, tanto sul mare quanto all'interno del territorio, su due grandi fronti d'azione.
  Il primo rappresenta l'espressione della responsabilità prioritaria ed esclusiva propria della Guardia di finanza, vale a dire la tutela della sicurezza economico-finanziaria del Paese e dell'Unione europea.Pag. 6
  Il secondo riguarda ogni proiezione operativa che coinvolge il mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica, ivi compreso il contrasto ai traffici illeciti.
  Quest'ultima funzione, benché assolta in concorso con le altre forze di polizia inserite nel sistema di sicurezza ben delineato dalla legge n. 121 del 1981 e sotto l'alta direzione strategica del Ministero dell'interno, è connotata nello scenario marittimo dall'oggettiva rilevanza che la componente aeronavale della Guardia di finanza ha assunto nel tempo in termini di consistenza del dispositivo dispiegato, potenzialità operative dei mezzi navali e presenza capillare dei reparti specialistici lungo le coste nazionali.
  A questo riguardo, è utile ricordare che a tutt'oggi i servizi di ordine e sicurezza pubblica sul mare sono regolamentati dalle direttive contenute nel decreto del Ministro dell'interno del 25 marzo 1988 (il cosiddetto «decreto Napolitano»). Tale decreto ben distingue le funzioni tipiche di polizia svolte in ambiente marittimo, riconducibili essenzialmente alle forze di polizia qualificate come tali dalla legge n. 121 del 1981 e consistenti nei servizi di controllo coordinato del mare e di sicurezza delle frontiere marittime, da altre importantissime missioni, come la sicurezza della navigazione e il soccorso in mare, per le quali il decreto stesso ricorda la preminente competenza del Corpo delle capitanerie di porto.
  Per le prime attività, il provvedimento del 1998 afferma che, cito testualmente: «il concorso della Guardia di finanza nei servizi di ordine e sicurezza pubblica sul mare, per l'importante sviluppo aeronavale del Corpo, per la natura stessa dei mezzi, idonei a un impiego multifunzionale, e per gli specifici compiti di vigilanza aeronavale per fini di polizia assolti dal Corpo stesso, assume un ruolo determinante, insieme ai mezzi della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri, nell'espletamento di servizi coordinati di controllo del territorio e di sicurezza generale sul mare». Il sistema delineato in questo decreto è alla base del dispositivo di vigilanza previsto nel decreto interministeriale del 14 luglio 2003 in materia di contrasto all'immigrazione clandestina.
  Il provvedimento, nell'affidare alla Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere del Dipartimento della pubblica sicurezza il raccordo degli interventi operativi in mare e i compiti di acquisizione e analisi delle informazioni connesse, suddivide l'attività di prevenzione e contrasto al traffico di migranti in tre fasi. La prima è di carattere prettamente diplomatico e si sviluppa nei Paesi di origine dei flussi o comunque interessati al traffico, puntando a prevenire il fenomeno alla fonte. La seconda si svolge nelle acque internazionali, tramite il dispositivo aeronavale della Marina militare, della Guardia di finanza, delle capitanerie di Porto e delle altre unità navali o aeree in servizio di polizia. In questo scenario, le operazioni si concretizzano nell'esercizio dei poteri di polizia dell'alto mare diretti al monitoraggio, alla sorveglianza, all'individuazione e al controllo degli obiettivi navali in navigazione. Secondo il decreto del 2003, la pianificazione della sorveglianza dell'alto mare è affidata al comando in capo della squadra navale della Marina militare, in cooperazione con i comandi generali della Guardia di finanza e delle Capitanerie di porto, come il coordinamento operativo in presenza di più mezzi operanti nella medesima scena d'azione.
  La terza fase si sviluppa nelle acque territoriali, tramite le unità e i mezzi navali in servizio di polizia, con il concorso, ove necessario, delle navi della Marina militare, mediante operazioni finalizzate alla repressione dei reati e alla scoperta delle organizzazioni internazionali che gestiscono il traffico. In sostanza, il principio è capovolto. Nelle acque territoriali e interne italiane, ferme restando le competenze dei prefetti, le attività di sorveglianza e controllo per la prevenzione e il contrasto del traffico di migranti sono svolte dalle unità navali delle forze di polizia, in particolare dalla Guardia di finanza, con il concorso della Marina militare e della Capitaneria di porto, mediante la tempestiva comunicazione dall'avvistamento Pag. 7dei natanti o mediante tracciamento degli stessi, in attesa dell'intervento delle stesse forze di polizia. Al fine di rendere più efficace l'intervento di queste ultime nelle acque territoriali, il decreto interministeriale stabilisce una fascia di coordinamento che si estende fino al limite dell'area di mare internazionalmente definita come «zona contigua» (12 miglia nautiche dal limite esterno del mare territoriale), nelle cui acque il coordinamento delle attività navali connesse al contrasto dell'immigrazione clandestina, in presenza di mezzi appartenenti a diverse amministrazioni, è affidato alla Guardia di finanza.
  Tutto questo sistema, che nei fatti funziona ampiamente, non avendo mai dato luogo a criticità, resta subordinato alle primarie esigenze di salvaguardia della vita umana in mare, come prevede il decreto del luglio 2013 e come confermato dal correlato accordo tecnico-operativo del 14 settembre 2005. Ogni genere di azione di contrasto svolta in mare, infatti, deve essere sempre improntata alla prioritaria esigenza di protezione della vita umana e di rispetto della dignità della persona. Gli stessi meccanismi del coordinamento dell'azione di sorveglianza dinanzi accennati vengono superati ogni volta che, anche per le condizioni meteomarine o per la situazione del mezzo navale, sussistano gravi condizioni per la tutela della vita in mare.
  L'impostazione adottata dal legislatore italiano nel 2003 è ovviamente il frutto di una scelta dovuta, non solo per effetto di princìpi fondamentali e norme internazionali, ma anche per l'intrinseca pericolosità delle operazioni rivolte al contrasto in mare dell'immigrazione clandestina, in cui, indipendentemente da come viene svolto il trasporto, è sempre rilevabile un potenziale pericolo per i migranti in relazione all'elevato numero e alle condizioni di navigabilità delle imbarcazioni utilizzate per le traversate.
  Le operazioni di soccorso avvengono nel rispetto dei princìpi e delle regole indicati dal decreto n. 662 del 1994, il Regolamento di attuazione della legge n. 47 del 3 aprile 1989, di adesione dell'Italia alla Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo, adottata ad Amburgo il 27 aprile 1979, che ha sancito il principio internazionale della doverosità incondizionata dell'assistenza a ogni persona in pericolo in mare, «senza tener conto della nazionalità o dello statuto di detta persona, né delle circostanze nelle quali è stata trovata».
  Il regolamento, nel precisare che il soccorso marittimo è costituito da tutte le attività finalizzate alla ricerca e al salvataggio delle vite umane in mare, ha individuato, quale autorità nazionale responsabile per l'attuazione della Convenzione di Amburgo, il Ministro dei trasporti e della navigazione e, quale organismo nazionale che assicura il coordinamento generale dei servizi di soccorso marittimo, il Comando generale delle Capitanerie di porto.
  Vengo ora a esporre alcune considerazioni in merito alle attuali dinamiche dei flussi migratori e all'azione di contrasto al traffico di esseri umani, alla luce in particolar modo delle esperienze operative dei reparti della Guardia di finanza.
  Parto sinteticamente da qualche dato a livello nazionale. Nel 2013 si sono registrati 483 eventi connessi al fenomeno dell'immigrazione clandestina via mare, con l'arrivo di 42.925 migranti, la maggior parte dei quali, 34.384, è stata recuperata in 319 interventi di search and rescue (SAR). Nel 2014 si sono registrati 1.111 interventi, 968 dei quali qualificabili come SAR, con l'arrivo di 170.100 migranti, di cui 166.043 tratti in salvo con interventi di soccorso.
  È abbastanza chiaro, quindi, che tra il 2013 e il 2014 l'accresciuta situazione di instabilità di alcune zone del Nord Africa ha determinato un forte aumento del fenomeno, con una tendenza che si conferma anche per l'anno in corso. Dall'inizio dell'anno a oggi, infatti, sono stati registrati 263 eventi, con l'arrivo di 33.706 migranti sulle coste italiane; anche in questo caso, la maggior parte di loro, 32.766, sono stati soccorsi in 233 interventi SAR.Pag. 8
  Le condizioni di povertà delle popolazioni dell'area settentrionale del continente africano, la debolezza delle strutture degli Stati, lo scarso rispetto della vita e dei diritti della persona, l'estrema facilità di transito di merci di ogni genere attraverso le zone desertiche e la permeabilità delle relative frontiere hanno verosimilmente contribuito in maniera significativa all'aumento dei traffici, oltre che di esseri umani, anche di droga e prodotti di contrabbando o comunque illegali, provenienti anche dai Paesi del Medio ed Estremo Oriente, che utilizzano alcune aree dell'Africa come base logistica di attività illecite che impattano anche sull'Occidente.
  Gruppi di malavitosi e veri e propri clan organizzati sfruttano i proventi del commercio illegale di merci di varia natura, oltre che della tratta degli esseri umani, per erigere roccaforti nelle zone più arretrate e dimenticate, sfruttando la miseria dilagante, il malcontento della popolazione verso le istituzioni e la progressiva disgregazione del tessuto sociale. È quanto risulta da numerosi documenti prodotti da autorevoli istituzioni e organismi dediti ad analisi geopolitiche.
  Lo stesso Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, già nel 2009, aveva lanciato un serio allarme circa gli effetti di destabilizzazione che l'aumento esponenziale dei traffici illeciti, in particolare di stupefacenti, stava determinando per l'intera Africa occidentale e settentrionale, evidenziandone l'evoluzione in termini di affermazione di sodalizi criminali molto evoluti, in grado di occupare nuovi mercati illegali a livello globale.
  Concentrando l'attenzione sul tema dell'odierna audizione, espongo alcuni dati relativi all'attività della Guardia di finanza in materia di immigrazione clandestina via mare. Nel corso del 2014, il Corpo ha individuato 4.206 migranti in mare, arrestando 14 scafisti e sequestrando 21 imbarcazioni. In questo ambito, 2.959 migranti sono stati tratti in salvo dalle nostre unità navali nell'ambito d'intervento di SAR. Con riguardo all'anno in corso, invece, a oggi sono stati individuati 1.525 migranti, 1.473 dei quali tratti in salvo in operazioni SAR. Inoltre, sono stati arrestati 32 scafisti e sequestrate 6 imbarcazioni. Nel complesso scenario che caratterizza ormai da diversi mesi fenomeno migratorio dal Nord Africa e, più di recente, anche dalla Turchia, emerge sempre più chiaramente la difficoltà di separare l'azione di polizia dalle attività di soccorso.
  Le imbarcazioni fatiscenti provenienti da Libia e Tunisia, così come le navi mercantili provenienti dalla Turchia, stracolme di migranti e dirette verso le coste italiane, non tentano mai di eludere i controlli delle unità aeronavali del Corpo, anzi ricercano e sollecitano l'intervento del dispositivo nazionale di ricerca e di soccorso. Le organizzazioni di trafficanti che gestiscono le partenze, infatti, hanno tutto l'interesse a organizzare i viaggi su mezzi che versano in condizioni precarie, in modo tale da rendere doverosa l'azione di soccorso, che non di rado viene sollecitata in tratti di mare prossimi alle coste di partenza. Non va dimenticato, però, che esiste un'ulteriore modalità di manifestazione del fenomeno dell'immigrazione clandestina, forse meno nota in questo momento, che interessa le coste pugliesi e, in parte, quelle calabresi e lucane. In tali aree, infatti, vengono spesso utilizzate imbarcazioni veloci che, seppur dotate di una limitata capacità di trasporto, tentano di eludere i sistemi di vigilanza al fine di raggiungere le coste italiane, procedere allo sbarco dei migranti e allontanarsi prima dell'intervento delle forze di polizia.
  Su un piano più generale, i dati sulla dichiarata nazionalità dei migranti arrivati via mare in Italia testimoniano come le rotte dei clandestini si sovrappongono, di fatto, a quelle dei profughi provenienti da aree di conflitto o da degradate condizioni di vita e sicurezza. Questa condivisione di itinerari e rotte dipende anche dall'attivismo e dalla versatilità tattica delle organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di esseri umani e che operano sin dai territori d'origine dei migranti, facilitando il loro trasferimento verso i porti e le aree di partenza dai quali ha inizio il disperato Pag. 9viaggio via mare. Per la traversata vengono messe a disposizione imbarcazioni pericolanti, la cui condotta in genere è affidata a soggetti individuati tra gli stessi migranti, a fronte di una riduzione del prezzo da corrispondere per l'imbarco. Tale circostanza, connotata da carenza o addirittura assenza di conoscenze marinaresche, costituisce uno dei fattori di maggior rischio delle traversate.
  Quanto alle provenienze geografiche, i migranti originari del Corno d'Africa viaggiano per circa quattro mesi a bordo di camion fuoristrada attraverso il Sudan e il Ciad, per poi giungere in Libia. Da questo Paese, navigano a bordo di imbarcazioni di legno, generalmente di lunghezza compresa tra i 10 e i 25 metri, fino a raggiungere le coste della Sicilia. Secondo quanto affermano i migranti, il prezzo del viaggio oscilla tra i 600 e i 1.500 dollari statunitensi.
  La maggior parte dei migranti provenienti dal Medio Oriente, invece, facilitati da organizzazioni criminali egiziane, libiche e turche, usano i seguenti modus operandi per raggiungere l'Italia. Via terra, mare e aria attraverso il Libano, la Giordania e l'Egitto, quindi raggiungono la Libia, ove si imbarcano nella zona di Zuwarah, impiegando soprattutto barche in legno, più sicure, o gommoni. Via terra, mare e aria, attraverso il Libano o la Giordania, i migranti raggiungono l'Egitto e si imbarcano nella zona di Alessandria su natanti condotti da egiziani, che spesso trasportano anche altri egiziani migranti, per raggiungere prevalentemente le coste della Sicilia, della Calabria e, talvolta, della Puglia. Via terra e mare, si imbarcano dalla Turchia per raggiungere le coste italiane, anche attraversando via terra la Grecia. Questa rotta è stata recentemente impiegata più di frequente, utilizzando anche imbarcazioni di dimensioni rilevanti. Secondo quanto riportato dagli stessi migranti, per tali tratte vengono richieste a ciascuno cifre variabili, comprese tra 1.500 e 6.000 euro.
  I siriani, sempre maggiormente protagonisti di episodi migratori di massa a causa delle instabilità geopolitiche dei loro territori, scelgono il percorso turco piuttosto che la rotta libica. Il principale hub di partenza dei migranti, in questo caso, è la città portuale di Mersin, anche se molte traversate risultano aver avuto origine dalle località di Ayas e Iskendur. Generalmente, in questi ultimi casi, i facilitatori impiegano diversi tipi di imbarcazioni che raggiungono, per il successivo trasbordo, navi di più grandi dimensioni posizionate tra le coste della Turchia e quelle della Siria. L'intero viaggio in mare dura circa sei giorni, al prezzo di 6.000 dollari statunitensi per un adulto e di 3.000 per ogni bambino.
  Ai fenomeni dianzi descritti si aggiunge il flusso migratorio che attraversa i confini europei mediante l'ingresso nei porti nazionali. Gli scali italiani principalmente interessati sono quelli di Venezia, Ancona, Bari e Brindisi, in ragione dei collegamenti diretti con la Grecia, l'Albania e la Turchia. I migranti generalmente si occultano all'interno dei mezzi di trasporto (soprattutto autocarri e rimorchi) che giungono con i traghetti di linea. Nel 2014, nei citati scali portuali la Guardia di finanza ha individuato 308 soggetti introdottisi sul territorio nazionale in questo modo e ha arrestato sedici persone per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
  Approfondendo meglio l'azione di contrasto al fenomeno dell'immigrazione clandestina posta in essere dal Corpo, rimarco la priorità che assume, nel corso delle operazioni in mare, il profilo del soccorso e della salvaguardia della vita umana. Questo pone il problema, centrale nell'approccio di una forza di polizia, di come assicurare, pur nella concitazione di un intervento SAR, l'acquisizione di elementi utili all'avvio di approfondimenti investigativi. Al riguardo, come in parte ho già accennato, la Guardia di finanza fa leva sulla forte integrazione tra il dispositivo aeronavale e le unità investigative presenti sul territorio. Questa stretta sinergia permette a queste ultime di acquisire tempestivamente dalle unità in mare i primi elementi ottenuti durante le stesse operazioni di soccorso, portarli all'attenzione della competente autorità giudiziaria e Pag. 10avviare immediatamente le relative indagini, avvalendosi degli incisivi strumenti previsti dal Codice di procedura penale. Questo è possibile anche perché sia i finanzieri operanti in mare sia quelli sul territorio dispongono di paritetiche qualifiche di polizia giudiziaria a competenza generale (vale a dire estese a tutti i reati) e della medesima pluriennale esperienza maturata nelle indagini contro i traffici illeciti, oltre che nei rapporti con l'autorità giudiziaria che deve tempestivamente assicurarne la direzione.
  Tale sistema, del resto, è alla base dei rilevanti risultati che il Corpo sta conseguendo, ad esempio, nel contrasto al traffico di sostanze stupefacenti, nel cui ambito, a fronte delle 129 tonnellate di droga complessivamente sequestrate nel 2014, ben 105, pari all'80 per cento, sono frutto dell'interazione tra componente territoriale, investigativa e aeronavale e conseguenza diretta di operazioni svolte in mare. Muovendo da queste solide linee d'azione, il Corpo sta puntando a migliorare ulteriormente l'efficacia del suo dispositivo di contrasto al traffico di migranti, in primo luogo implementando l'attività di analisi centralizzata dei dati raccolti nel corso delle operazioni condotte via mare, che viene svolta dal Comando operativo aeronavale, reparto del Corpo responsabile del pattugliamento a largo raggio e punto di contatto con gli organi esteri per la cooperazione aeronavale internazionale. Il comando operativo aeronavale, in particolare, riceve gli elementi informativi acquisiti nel corso degli interventi in mare, li analizza congiuntamente al Servizio centrale investigazioni sulla criminalità organizzata (SCICO), referente per il Corpo della Procura nazionale antimafia, per poi mettere a disposizione dei reparti sul territorio, per le successive investigazioni, le risultanze delle analisi.
  Parallelamente, molta importanza viene attribuita allo sviluppo di nuovi mezzi tecnologici che consentano ai militari operanti in mare di acquisire, sin dalle prime fasi dell'intervento, elementi oggettivi idonei ad avviare celermente le investigazioni. A tal proposito, sono in atto alcune specifiche iniziative finalizzate a integrare la dotazione tecnologica di bordo dei mezzi navali.
  Vengo ora a descrivere il ruolo del Corpo nell'ambito delle iniziative promosse dall'Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale delle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea, meglio conosciuta con il nome Frontex. Tale agenzia, istituita con il Regolamento 2007/2004 del Consiglio europeo, del 26 ottobre 2004, ha il compito di coordinare le attività di pattugliamento dei confini aerei, marittimi e terrestri dell'Unione europea e di facilitare una più efficace applicazione delle misure vigenti nell'Unione per la gestione delle frontiere esterne, in particolare per l'applicazione del Codice frontiere Schengen. Per tale scopo, nel 2007 l'agenzia ha realizzato una Rete di pattugliamento europea, che contribuisce allo scambio delle informazioni finalizzate alla rilevazione, identificazione e intercettazione delle imbarcazioni sospettate di trasportare migranti in corrispondenza delle frontiere marittime meridionali del bacino mediterraneo, da attuare mediante un coordinato impiego di mezzi aeronavali dei Paesi comunitari.
  Frontex non dispone di mezzi e personale propri, ma può contare su fondi stanziati appositamente dall'Unione europea e su un'articolata dotazione di mezzi terrestri e aeronavali, messi a disposizione dai singoli Paesi membri, per promuovere operazioni congiunte, che costituiscono un importante strumento di reazione rispetto a specifiche minacce che mettono in pericolo la sicurezza dei confini europei. In Italia le strutture operative di Frontex sono costituite dal Centro di coordinamento nazionale, dal Centro internazionale di coordinamento dell'attività operativa e dai vari centri operativi locali. Il Centro di coordinamento nazionale, identificato nel Ministero dell'interno, nella Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere, già Punto di contatto nazionale Frontex, assolve alle funzioni di raccordo degli interventi operativi in mare e ai compiti di acquisizione Pag. 11e analisi delle informazioni connesse alle attività di vigilanza, prevenzione e contrasto dell'immigrazione clandestina.
  La seconda struttura è costituita dal Centro internazionale di coordinamento delle attività operative, istituito sin dal 2011 presso il Comando operativo aeronavale del Corpo, con sede in Pratica di Mare, che ha funzioni di organizzazione e gestione delle operazioni congiunte promosse dall'Agenzia, aventi come scenario operativo il tratto di confine aeromarittimo comunitario prospiciente le coste italiane. Allo stato attuale questo tratto è di 24 miglia, estese a 30 con Triton. Ci sono poi vari centri operativi locali, istituiti di volta in volta in base alle necessità delle diverse operazioni, allocati presso le sale operative dei reparti del Corpo nelle sedi interessate dagli scenari di riferimento, soprattutto in Sicilia. La pianificazione delle attività viene dettagliata negli operational plan, documenti operativi che specificano, per ogni singola operazione, quali siano gli obiettivi specifici, i Paesi membri partecipanti, gli assetti impiegati, gli organi nazionali coinvolti e le regole d'ingaggio.
  Negli ultimi cinque anni la Guardia di finanza ha preso parte a venti operazioni congiunte promosse da Frontex. Allo stato attuale, il Corpo sta partecipando a tre iniziative: Poseidon, attività di pattugliamento aeronavale del confine marittimo e aereo europeo prospiciente le coste greche; Indalo, che riguarda le coste meridionali della Spagna; e Triton, la più importante attività di pattugliamento marittimo e aereo in atto nel bacino mediterraneo, prospiciente le coste italiane e, precisamente, quelle siciliane, calabresi e pugliesi.
  Con riferimento all'operazione Triton, avviata il primo novembre 2014, va posto in risalto che, per la prima volta dalla nascita dell'Agenzia europea Frontex, stanno prendendo parte a un'attività congiunta di pattugliamento marittimo ben diciotto Paesi membri nonché tre Paesi terzi, oltre ad agenzie internazionali, con l'impiego complessivo a oggi di tredici aerei, tre elicotteri, nove pattugliatori, nove guardacoste e sette motovedette, oltre a tredici ufficiali di collegamento della Guardia di finanza. Questi mezzi sono destinati ad aumentare. Infatti, ieri è arrivato anche un pattugliatore belga. A seguito del naufragio di oltre 700 migranti avvenuto lo scorso 19 aprile a circa 90 miglia nautiche dalla costa libica, il Consiglio europeo straordinario del 23 aprile ha deliberato di triplicare le risorse finanziarie a sostegno dell'operazione e di incrementare il numero dei mezzi. Gli obiettivi di Triton, secondo quanto specificato dall'apposito operational plan, sono il pattugliamento del bacino del Mediterraneo per il contrasto ai traffici migratori illegali provenienti dal Nord Africa e il rafforzamento dello scambio informativo, dell'analisi del rischio e dell’intelligence congiunta tra Stati membri.
  Il piano operativo di Triton è molto chiaro a proposito della priorità che il soccorso di vite umane assume anche nelle attività dell'Agenzia Frontex ed è tassativamente ribadito che, in caso di interventi SAR, il coordinamento operativo viene immediatamente trasferito in capo all'International maritime rescue coordination centre del Corpo delle capitanerie di porto, secondo quanto previsto dal Regolamento di attuazione nazionale della Convenzione di Amburgo del 1979. Su quest'ultimo concetto, peraltro, è intervenuto recentemente lo stesso direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri, il quale, nel corso di una recente intervista, ha specificato come «non ci sia alcuna contraddizione tra la missione di Triton e il suo contributo alle operazioni di ricerca e salvataggio», rimarcando la «complementarietà delle due tipologie di intervento».
  Del resto, non va dimenticata l'importanza che assume il regolamento n. 656/2014 del 15 maggio 2004 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione, che ha ridefinito le modalità di coordinamento delle operazioni per la sorveglianza delle frontiere marittime esterne da parte dell'Agenzia europea Frontex, sulla base dell'esperienza maturata nelle più recenti operazioni gestite dall'Agenzia. Il provvedimento, di per sé finalizzato all'obiettivo di garantire l'efficiente controllo dell'attraversamento Pag. 12delle frontiere, è fortemente permeato dalla necessità di salvare vite umane e di garantire la protezione internazionale delle persone bisognose e delle vittime della tratta di esseri umani. Il primo principio, affermato nei considerando del regolamento, è infatti che «l'obiettivo della politica dell'Unione nel settore delle sue frontiere esterne è garantire l'efficace controllo, contribuendo nel contempo a proteggere e salvare vite».
  Viene poi ribadita la necessità di garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali dei migranti, così come dei diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo, fra cui i princìpi di non respingimento e di non discriminazione, nonché i diritti dei minori. Viene rimarcato l'obbligo degli Stati membri di osservare le regole stabilite dal diritto internazionale e dalle convenzioni sul diritto del mare, per la salvaguardia della vita, la ricerca e il salvataggio marittimo in mare, la tutela dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, contro la tortura e altri trattamenti crudeli. Di conseguenza, l'operazione Triton rappresenta, tanto di fatto quanto per esplicita previsione normativa, un'operazione di polizia del mare, dove le funzioni di sorveglianza e di contrasto dei traffici si combinano perfettamente con le esigenze di soccorso, nel pieno rispetto del sistema di responsabilità e attribuzioni disciplinato dal nostro Paese per l'una e per l'altra finalità. Le aree sottoposte a vigilanza nell'ambito dell'operazione Triton sono quelle a sud della Sicilia e della Calabria e il tratto di mare prospiciente le coste adriatiche e joniche della Puglia. È prevista, inoltre, un'ulteriore area di pattugliamento a sud della Sardegna, che tuttavia, in considerazione della poca rilevanza degli eventi migratori in quella zona, finora è stata marginalmente attivata.
  L’operational plan è molto chiaro anche in ordine alle regole d'ingaggio del personale che vi opera. In particolar modo, nell'eventualità di situazioni di pericolo per gli equipaggi nel corso degli interventi, è precisato che nelle acque nazionali devono essere rispettare le normative vigenti in Italia e, quindi, viene fatto riferimento a una condizione di legittima difesa, mentre in acque internazionali l'attività resta subordinata alle regole dello stato di bandiera. In ogni caso, deve essere sempre rispettato il principio di ragionevolezza e proporzionalità. A oggi, l'operazione congiunta Triton ha consentito di intervenire in 230 eventi, di cui 195 di SAR, procedendo al salvataggio di 27.485 migranti e all'arresto di 96 scafisti. Va aggiunto, per completezza, che la sorveglianza dell'area marittima, quale obiettivo di Triton, può di fatto riguardare anche diverse fenomenologie di traffici illeciti. A questo riguardo, ricordo l'importante attività svolta il 27 settembre 2014, quando a circa 80 miglia da Cagliari le unità navali del Corpo, con la collaborazione della Guardia civil spagnola, hanno intercettato un peschereccio che, a seguito di controllo, è risultato trasportare oltre 15 tonnellate di hashish. Purtroppo, nel corso delle operazioni di sequestro, le avverse condizioni meteorologiche hanno provocato l'affondamento dell'imbarcazione, dovuto anche alle condizioni fatiscenti in cui versava. Di conseguenza, i finanzieri si sono doverosamente prodigati per trarre in salvo l'equipaggio, riuscendo peraltro a recuperare 1,5 tonnellate dell'ingente carico, che per il resto è affondato con il natante. Anche in questo caso, grazie alla prontezza e alla professionalità dimostrate dai finanzieri di mare, oltre che dai colleghi spagnoli, è stata assicurata la massima priorità alla salvaguardia della vita umana.
  Signor presidente, onorevoli senatori e deputati, con l'auspicio di aver fornito utili elementi di conoscenza per il proseguimento dei vostri lavori, mi avvio alla conclusione, ribadendo che la Guardia di finanza è consapevole delle grandi responsabilità che nell'attuale scenario sono connesse alla sua duplice funzione di forza di polizia deputata all'attività di contrasto ai traffici illeciti via mare e all'immigrazione clandestina e di dispositivo fondamentale per le operazioni di ricerca e soccorso delle persone in difficoltà in questo ambiente.
  I mesi a venire saranno ancor più impegnativi su questi fronti. Siamo pronti Pag. 13a continuare a fornire il nostro contributo, facendo leva sui nostri punti di forza. Il primo punto di forza è un sistema di attribuzioni e poteri incisivo ed esteso a tutti gli illeciti economico-finanziari, che coesiste e si completa con le funzioni di polizia giudiziaria e un quadro di relazioni consolidate con la magistratura. Il secondo è una presenza diffusa su tutto il territorio, che si integra con quella sul mare e nello spazio aereo, in grado di sviluppare investigazioni ad ampio raggio e supportate da una tecnologia avanzata. Il terzo è un sistema di rapporti internazionali che permette di corrispondere, con tempestività ed efficacia, alle esigenze di intervento e di coordinamento d'azione dei collaterali organi esteri. Il quarto è costituito da una pluriennale esperienza investigativa e operativa e dalla capacità di approfondire i diversi scenari di illegalità, con riferimento a tutte le implicazioni di natura criminale, economica e finanziaria. Infine, un altro punto di forza è lo straordinario spirito di sacrificio e il profondo senso di umanità che animano i militari del Corpo nell'espletamento quotidiano dei propri compiti, sia a terra che sul mare.
  Tutto questo rientra nell'ambito del rispetto del sistema di competenze e di coordinamento stabilito dall'attuale legislazione, che ritengo funzionale rispetto alle effettive esigenze e razionale nella distribuzione dei compiti e delle responsabilità.
  Credo che un ulteriore salto di qualità non possa che essere rappresentato da una più incisiva, estesa e convinta cooperazione tra i Paesi membri, in linea peraltro con l'invito agli stessi rivolto dal Parlamento europeo nella risoluzione del 23 ottobre 2013 sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio, per «rafforzare la loro cooperazione marittima come strumento di lotta alla tratta di esseri umani, al traffico di droga e al contrabbando di tabacchi e di altri prodotti illegali e contraffatti», nella considerazione che «la gestione incoerente delle frontiere, anche marittime, fornisce alla criminalità organizzata un'occasione per introdursi nell'Unione europea».

  PRESIDENTE. Grazie, generale. A proposito dell'ultimo punto che lei ha sollevato sulla cooperazione, anche relativamente al traffico, lei è stato il primo che in questa sede ci ha dato delle indicazioni sulla provenienza o comunque l'appartenenza a degli Stati precisi di chi organizza questo traffico di migranti. Se ho compreso bene, lei ha citato Paesi come l'Egitto, la Turchia e la Libia.
  È chiaro che con la Libia ci sono dei problemi, però immagino che con i Governi di Egitto e Turchia ci sia una collaborazione. Le chiedo se anche su questo vorrà e potrà farci un passaggio. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  RICCARDO MAZZONI. Io mi scuso preventivamente con il generale Capolupo. Alle 9,30 abbiamo una votazione in Aula, pertanto porrò una domanda e poi leggerò la risposta nello stenografico.
  L'Unione europea ha previsto quattro livelli di operazioni nel Mediterraneo per fermare gli scafisti: la raccolta delle informazioni, l'intervento in acque internazionali, l'intervento in acque territoriali libiche e le operazioni per spezzare la struttura dei trafficanti.
  Lei poc'anzi ha parlato delle regole di ingaggio. Io vorrei che fosse un po’ più preciso. Per il momento, finché non ci sarà la risoluzione ONU, è difficile sapere quali saranno le reali regole di ingaggio.
  Inoltre, vorrei sapere cosa pensa della distruzione dei barconi come mezzo per prevenire e stroncare il traffico di esseri umani. Questa operazione fu già fatta ai tempi della crisi albanese, con la differenza che a quell'epoca a Tirana c'era un Governo in difficoltà ma riconosciuto, mentre la Libia è di fatto una terra di nessuno. C’è un Governo internazionalmente riconosciuto, ma i barconi partono quasi tutti dalla zona di Tripoli, controllata da un Governo illegittimo.
  Il generale Arpino, ex Capo di stato maggiore della difesa, ha osservato che oggi le regole di ingaggio non sono ancora chiare e che questo potrebbe costituire un Pag. 14incentivo a far partire nuove carrette dalla Libia, sapendo che ci sono navi pronte al salvataggio, senza la possibilità di intervenire sui trafficanti, non essendoci regole di ingaggio precise.
  Infine, vorrei sapere se le risulta che tra il 4 e il 5 maggio, su 22 imbarcazioni stipate di migranti con destinazione la costa italiana, sette siano state affondate, quattro dalle nostre navi militari e tre dalla Guardia di finanza. Questa notizia è stata riportata su alcuni organi di stampa e io non ho visto la smentita. Le chiedo ovviamente un'informazione ufficiale.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. La mia conoscenza con l'onorevole Mazzoni mi consente di rispondergli subito, cominciando dall'ultima domanda. Questa notizia è priva di qualsiasi fondamento, nel senso che, non solo noi non abbiamo mai affondato barconi, ma per principio non li affondiamo. Noi siamo una forza di polizia e, come ho cercato di sintetizzare nella relazione, la nostra competenza e la nostra responsabilità di coordinamento, sia con l'operazione Triton che normalmente sul mare, prevedono di osservare le regole del Codice di procedura penale e, quindi, le regole dell'ordinamento italiano.
  In alto mare, dove ovviamente resta di competenza della Guardia di finanza l'attività di polizia, laddove si sviluppi ulteriormente secondo le regole di diritto internazionale, la competenza sia per il salvataggio delle vite umane sia per tutto il resto è della Marina militare o della Capitaneria di porto.
  È chiaro che sono due operazioni nettamente distinte. Una è di polizia e fa capo alla Guardia di finanza. Noi ne abbiamo la responsabilità e l'orgoglio e ne rivendichiamo anche la competenza. L'altra operazione dell'alto mare non è di competenza nostra e noi ovviamente siamo rispettosi della competenza altrui, ovvero, come dicevo, della Capitaneria di porto o della Marina.
  Tutto quello che non è forza di polizia, ovvero le operazioni militari, è di competenza dello Stato maggiore della difesa, al quale io ovviamente, per competenza e compiti istituzionali, devo lasciare la valutazione.
  Sul piano più generale è chiaro che questo problema non si risolve soltanto con il salvataggio delle vite umane. Questo mi sembra evidente. Si tratta, anche in questo caso, di profili diversi. La vita umana è sacra, quindi viene prima del resto. Tuttavia, è chiaro che, se vogliamo debellare il fenomeno, dobbiamo affiancare le operazioni di salvataggio delle vite umane, che sono sacre, con operazioni di diritto internazionale. Sarà competenza dell'ONU o della difesa, ma sicuramente è una questione politica che non mi compete. Pertanto, qui mi fermo.

  PAOLO ARRIGONI. Generale, grazie per la sua presenza. Quanto ha detto in ordine ai territori, non solo della Libia, ma anche di Egitto e Turchia, entro i quali organizzazioni di trafficanti gestiscono i flussi, dimostra ancor più la necessità da parte del nostro Paese di attivare quanto prima e con urgenza degli accordi bilaterali per contrastare questo fenomeno, visto che in Egitto e in Turchia esistono dei Governi legittimi e da noi riconosciuti. Questa è una mia riflessione, che torno a fare in questa sede. Passo alle domande.
  La nuova configurazione dell'operazione Triton, così come è stata decisa dal Consiglio straordinario europeo di qualche giorno fa, è già giunta a regime ? Qual è la tempistica ? È vero che la fascia di controllo del mare si dovrà estendere da 30 a 50 miglia marine, oppure è solamente un'ipotesi ?
  Lei ravvisa un maggior rischio di perdite umane, a parità di flussi di natanti che tentano la traversata del Mediterraneo, tra l'operazione Triton e l'operazione Mare nostrum, visto che la prima ha come compito specifico la sorveglianza delle frontiere marittime mentre la seconda aveva come obiettivo principale la ricerca e il salvataggio delle vite umane ? Triton dovrebbe controllare con le unità navali della Guardia costiera, della Marina militare e della Guardia di finanza, 30 o 50 miglia marine, lasciando magari molte Pag. 15attività di soccorso alla Marina mercantile, che non è attrezzata per le operazioni di ricerca e salvataggio.
  Lei ha citato dei dati sui flussi di immigrati via terra. Sappiamo all'unità quanti sono stati gli sbarchi via mare. Lei ha riportato i dati relativi agli anni 2013 e 2014 e quelli parziali relativi al 2015. Per ciò che riguarda i migranti che arrivano attraverso le rotte via terra (le cosiddette «rotte dei Balcani»), c’è l'esatta contezza numerica del fenomeno ? Siamo in grado di dire con certezza la percentuale di quelli che arrivano ?
  Vorrei sapere se per quanto riguarda le operazioni di money transfer, a cui fanno ricorso molti stranieri, è conosciuto dalla Guardia di finanza l'esatto ammontare, ovviamente suddiviso anno per anno, e se a noi, come Paese, attraverso la vostra attività e non solo, è nota la tracciabilità di questi movimenti.
  Qualche giorno fa rappresentanti legati al Governo libico di Tobruk hanno ribadito l'esistenza di un accordo tra ISIS e scafisti, affinché degli jihadisti terroristi possano salire sulle carrette del mare per arrivare in Europa e compiere attentati. Vorrei avere una risposta.

  PRESIDENTE. Ringrazio il senatore Arrigoni perché ha fatto cenno al money transfer e mi consente di ricordare che questo Comitato ha in essere anche un'indagine conoscitiva sull'impiego degli immigrati nel tessuto sociale italiano. Ci siamo focalizzati in particolare sull'area di Prato, dove effettivamente questo è un tema presente. Se riesce, le chiedo di toccare anche questo argomento.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Con riferimento alla Turchia, il problema è in parte risolto, nel senso che, come è ben noto, ci sono stati degli accordi e delle forme di collaborazione, tant’è vero che ultimamente dalla Turchia i flussi si sono ridotti. Questo fenomeno degli arrivi dalla Turchia si sta ridimensionando, proprio per la collaborazione con il Governo locale.
  Io ovviamente non sono in condizioni di dire cosa sarebbe successo se non ci fosse stato Mare nostrum o se fosse proseguito. Il problema, secondo me, va posto in termini leggermente diversi, nel senso che dipende dalla strategia e dal rapporto che è stato stabilito con questo fenomeno.
  È chiaro che, se noi partiamo dal presupposto che occorre salvare vite umane, tanto vale che andiamo sulle coste, li prendiamo e sicuramente evitiamo che ci siano morti. Consentitemi questa battuta. Se invece li facciamo partire, il rischio esiste. O schieriamo delle unità navali nelle immediate adiacenze del mare territoriale libico, per cui appena ci chiamano si interviene e si riduce il rischio, oppure, se si avventurano nel Mediterraneo, il salvataggio dipende dalle condizioni del mare. Non tutti i mezzi sono in condizioni di navigabilità 24 ore al giorno e in qualsiasi situazione meteomarina.
  Francamente, è un confronto che possiamo fare, ma non abbiamo un riscontro oggettivo. Sono valutazioni che si prestano a qualche equivoco. Non vorrei fare affermazioni che poi non trovano riscontro nella realtà. È certo che, se facciamo un'operazione di traghettamento, eliminiamo il rischio; se il traghettamento non si fa, il rischio aumenta.
  L'ampliamento di Triton non è ancora operativo e penso che si verificherà a inizio giugno, anche se comincia ad arrivare qualche mezzo ulteriore. È chiaro che ampliando la zona di Triton approssimativamente a 70 miglia – questa è un'ipotesi, staremo a vedere – si pone un problema, non di sovrapposizione, ma di coordinamento tra l'operazione Triton e l'operazione Mare sicuro della Marina. Quest'ultima, infatti, schiera dei mezzi a protezione di alcune piattaforme nazionali. Tuttavia, questo non è un problema, perché nella nostra centrale operativa di Pratica di Mare, che ha la responsabilità di Triton, e nella centrale operativa della Marina di Santa Rosa, che ha la gestione dell'operazione Mare sicuro o comunque delle attività della Marina, ci sono gli Pag. 16ufficiali di collegamento. Pertanto, non c’è nessun problema di coordinamento e non c’è nessuna sovrapposizione.
  Ripeto che gli obiettivi sono politicamente, giuridicamente e tecnicamente completamente diversi. Ribadisco che la nostra è un'attività di polizia di tutela dei confini europei, che poi finisce con il contrastare i fenomeni illeciti che ho già citato, soprattutto il traffico di stupefacenti. Ovviamente, stando lì, in base al diritto internazionale, se ci chiamano, dobbiamo intervenire. Pertanto, Triton si trasforma da operazione di polizia a operazione di salvataggio delle vite umane.
  Il numero dei mezzi potrebbe essere questo: 21 velivoli, tre elicotteri, 44 pattugliatori, sei guardiacoste e undici vedette. È una flotta consistente.
  Come dicevo, la responsabilità di Triton è della Guardia di finanza, la responsabilità di Mare sicuro ovviamente è della Marina e il coordinamento avviene con gli ufficiali di collegamento. D'altra parte, da un punto di vista giuridico, l'attività di polizia non può essere coordinata da una forza armata e una forza di polizia non può coordinare un'operazione militare. C’è un grande rispetto, ma nello stesso tempo c’è una netta separazione tra le due operazioni.
  Gli sbarchi via terra numericamente non sono molti. Sono le modalità che a volte sono umanamente spiacevoli: viaggiano in container, in frigoriferi, in camion in mezzo alle merci. Non abbiamo una percentuale nazionale, ma abbiamo i dati che riguardano la nostra attività. Mi riservo di farveli avere nei prossimi giorni. Come dicevo, arrivano soprattutto nel porto di Ancona o al Nord, a Trieste. Queste sono le rotte.
  Per quanto riguarda il money transfer, è un bel problema. Questo fenomeno ci è noto. Non ho i dati aggiornati della Banca d'Italia, ma la quantità di moneta che circola nei canali non ufficiali probabilmente si avvicina a quella che transita per i canali ufficiali. Lei parlava di tracciabilità, ma una delle caratteristiche del money transfer è proprio l'impossibilità di tracciarlo. Infatti, quando io mi presento allo sportello per fare un trasferimento di valuta in un Paese qualsiasi, non gli do il documento di riconoscimento. I vantaggi dell'operazione sono proprio la possibilità di farla 24 ore al giorno per sette giorni e la mancata identificazione del soggetto, che è invece uno degli obblighi principali del sistema bancario quando ci si presenta allo sportello.
  Proprio su Prato stiamo facendo una grossa operazione. Abbiamo chiesto una serie di interventi, anche a livello di Unione europea, sul tema dell'identificazione. Un'altra idea è quella di limitare la circolazione dei biglietti da 500 euro. Ci sono una serie di iniziative su questo tema, che ci è particolarmente noto e che ci preoccupa non poco, perché è il sistema per trasferire i capitali all'estero senza identificazione. Ne abbiamo chiusi diversi ultimamente.
  Vi posso mandare un documento specifico su questo tema, che è all'attenzione del nostro reparto di punta, ovvero il Nucleo speciale di polizia valutaria, che si occupa di queste tematiche in modo specifico.
  Per ciò che concerne gli scafisti-terroristi, questo è un tema di cui si parla, ma solo per ipotesi. Non abbiamo prove che tra gli scafisti si nascondano i terroristi. Almeno finora, non abbiamo avuto nessun caso documentato. È chiaro che il rischio esiste e non lo possiamo escludere.
  Lo scenario di uno sbarco è che ci arrivano 500, 600 o 800 persone in condizioni fisiche disastrose. C’è difficoltà a prendere le impronte digitali, perché c’è chi si rifiuta. A quel punto, occorre dare priorità alla parte sanitaria e alla prassi profilattica, perché non può essere che così. Molto spesso l'unità navale deve attraccare appena possibile perché alcune persone non sono nelle condizioni fisiche per allungare il viaggio.
  Ci sono una serie di problematiche che vanno aldilà del puro intervento sul mare. Questo significa che non possiamo escludere che tra questi sfortunati soggetti ci sia qualche delinquente. Francamente, non lo posso confermare, ma non mi sento neanche di escluderlo in modo tassativo. Pag. 17Dico soltanto che finora non c’è stato un riscontro dal punto di vista probatorio.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Io ho qualche domanda in prospettiva. Da notizie note, si pensa anche alle frontiere del sud della Libia per ridurre il transito di migranti verso questo Paese e poi dalle coste libiche verso l'Europa. Mi domando se c’è già l'idea di coinvolgere anche la Guardia di finanza, proprio per la conoscenza che ha nella gestione in generale delle frontiere.
  Ritorno sulla considerazione del collega Mazzoni sulle imbarcazioni. Nella relazione è scritto che ci sono stati dei sequestri di imbarcazioni. Vorrei sapere cosa si fa di queste imbarcazioni. Non vengono distrutte ?
  Le notizie televisive mostrano che vengono recuperati i migranti, il barcone resta galleggiante, poi viene ripreso dalle stesse organizzazioni criminali e riutilizzato.
  Quando si parla di sequestro, cosa si fa di questi barconi ? Vengono portati in Italia ? Può darsi che non vengano distrutti per evitare di inquinare il mare con continui affondamenti. Fisicamente di questi 21 barconi cosa ne fate ? Interviene l'autorità giudiziaria con un sequestro ?
  Infine, ho visto che a pagina 23 riferite che giustamente si stanno sviluppando dei nuovi mezzi tecnologici per migliorare le investigazioni riferite a questo traffico. Precisamente, si afferma che «ci sono specifiche iniziative finalizzate a integrare la dotazione tecnologica di bordo dei mezzi navali in uso». Le domando di dirci, se può, qualcosa in più su queste specifiche iniziative.

  PRESIDENTE. Generale, naturalmente lei può non rispondere oppure chiedere la segretazione della risposta.
  Vorrei dire al senatore Orellana che in merito alla distruzione dei barconi noi stiamo sollecitando Galletti, affinché ci spieghi bene che cosa fanno e come operano lo smaltimento. Chiaramente il generale ci risponderà, ma credo che la competenza sia del Ministero dell'ambiente.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Come Guardia di finanza, a suo tempo ci eravamo impegnati a fornire alla Libia delle nostre unità navali. In seguito, queste unità sono state in parte affondate. Abbiamo riportato le altre e le abbiamo risistemate.
  Inoltre, avevamo dato la nostra disponibilità per la formazione a Gaeta presso la nostra base navale e per l'invio di personale a Tripoli o comunque nelle zone libiche d'interesse, per formare i libici nel comparto marittimo.
  In seguito, è successo quello che è a tutti noto. Ultimamente noi siamo fermi. Finora non abbiamo avuto una richiesta formale di partecipazione in operazioni militari o di polizia. Ovviamente siamo disponibili. Se i colleghi della difesa o addirittura il Ministero dell'interno ci chiedessero una collaborazione, sin da adesso diciamo – sono sicuro di interpretare anche il pensiero del mio Ministero – che sicuramente siamo disponibili a fare il nostro mestiere, che è di formazione in materia doganale o comunque di assistenza e formazione nel campo marittimo.
  Per quanto riguarda i barconi, questo è un problema che è solo parzialmente risolto. Tuttora, se lei va a Lampedusa, trova dei barconi sequestrati che sono accantonati in un campo. Io ci sono stato la settimana scorsa.
  Alcuni si affondano, perché non sono in condizioni di navigabilità. Sono talmente messi male che facendo il trasbordo non reggono e affondano. Quelli che, invece, arrivano nei porti vengono sequestrati e messi a disposizione dell'autorità giudiziaria. Evidentemente per distruggerli ci vuole un ordine della magistratura.
  È un'operazione non semplice, perché ovviamente ci sono seri problemi di natura ambientale. Non è competenza mia. Non saprei cosa dirvi.
  Per ciò che concerne i mezzi tecnologici, sono mezzi che ci aiutano nelle investigazioni e che devono migliorare le indagini tecniche. Sono mezzi usati dalla Pag. 18forza di polizia per individuare la provenienza dell'organizzazione, i contenuti del rapporto e così via.

  LUCA FRUSONE. Grazie per questa opportunità. Io le chiedo di aiutarmi a fare un po’ di chiarezza. Si è parlato del nuovo assetto di Triton, ma, secondo informazioni di stampa, nell'ultima riunione che c’è stata fra i vari ministri degli esteri e della difesa si è discusso di una missione chiamata per il momento Eunavfor Med, che dovrebbe partire, per quanto riguarda il contrasto degli scafisti, più che del flusso dei migranti.
  Io non ho capito se in merito a questo nuovo assetto di Triton è questa la missione di cui si parla oppure questa sarà una missione nuova. Io mi rendo conto che è ancora tutto in stadio larvale e che in questo momento è un po’ difficile dare risposte, ma le chiedo se ci può accennare qualcosa su questa nuova missione, se la Guardia di finanza ne farà parte, se iniziate a parlarne e, visto che non si parla di Triton, se c’è un coordinamento con Frontex.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. In primo luogo, è tutto in itinere. Questa sarebbe un'operazione non di polizia ma militare e, quindi, di competenza dello Stato maggiore della difesa. Noi ovviamente saremmo estranei a questo tipo di operazione, avendo già Triton.
  Come accennavo poc'anzi, queste due operazioni ovviamente hanno obiettivi diversi, senza escludere che ci possano essere dei punti di contatto ogni qualvolta ci sia una richiesta di salvataggio. Questo è l'unico punto di contatto che ci può essere. Sicuramente Triton non va sulle coste libiche e sicuramente la Marina non viene nei porti per quell'operazione che riguarda i porti nazionali.
  Questi punti di contatto ci sarebbero sicuramente. Infatti, non credo che le forze della Marina impiegate siano in condizioni di intervenire contemporaneamente, perché arrivano anche venti richieste di intervento al giorno, quindi bisogna avere venti unità pronte per intervenire. In questo caso, scatta il meccanismo: richiesta di soccorso SAR, centrale operativa della Capitaneria di porto, Pratica di Mare, Triton e coordinamento. Ci si coordina, si danno le coordinate e si interviene.
  Ciò che dico non è nulla di ufficiale e di documentato, ma non potrebbe essere che così, perché, come dicevo, noi siamo dell'idea che la forza di polizia debba avere la responsabilità delle attività di polizia e la difesa la responsabilità delle operazioni militari.
  Tenga conto che la sicurezza in mare resta comunque sotto l'egida del Ministero dell'interno, che ne ha la responsabilità. Pertanto, gli accordi, più che con la Guardia di finanza e, quindi, con il comando generale della Guardia di finanza, vanno assunti con il Ministero dell'interno e più precisamente con la Direzione centrale per l'immigrazione.
  Da questo punto di vista, sono molto sereno. Si può anche amplificare e strumentalizzare, ma le due operazioni hanno compiti, finalità e modalità operative completamente diversi.

  FEDERICO FAUTTILLI. Generale, la ringrazio per la relazione che questa mattina ci ha voluto offrire, anche perché, come è già stato sottolineato dalla presidente, contiene delle informazioni nuove per noi, nonostante le audizioni fatte in questi mesi.
  Io ho solo una domanda. Lei ha tenuto a ribadire, sia nella relazione sia nelle risposte che ci ha dato, le competenze diversificate tra la Marina militare e la Guardia di finanza, ovvero tra il soccorso marittimo e il salvataggio, da un lato, e la sorveglianza e il controllo, dall'altro.
  Proprio per quanto riguarda la competenza di polizia da parte della Guardia di finanza, nella sua relazione si parla di sorveglianza e controllo per la prevenzione e il contrasto del traffico di migranti.
  Non so se lei può rispondermi. Quando parla della prevenzione, che cosa significa ? In risposta alla domanda del senatore che mi ha preceduto, lei ha parlato di attività di formazione a cui eravate pronti, Pag. 19ma a cui non siete stati chiamati. Oltre a questa attività di formazione, c’è anche un'attività di informazione a cui la Guardia di finanza è chiamata ?

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Anche in questo caso, rispondo che ognuno fa il suo mestiere, nel senso che l'attività di intelligence non può che competere agli organismi preposti.
  Noi, quando parliamo di prevenzione, partiamo dal presupposto che il traffico di migranti è gestito da organizzazioni criminali. Questo mi sembra abbastanza evidente. Noi cerchiamo di individuare, attraverso le nostre indagini, la provenienza e, possibilmente, gli organizzatori.
  Non recentemente – non ricordo se alla fine del 2013 o all'inizio del 2014 – noi abbiamo sequestrato due navi-madri nel Mediterraneo. Il sequestro è stato frutto di indagini di polizia giudiziaria. Non siamo intervenuti perché ci hanno chiamato. Siamo andati lì perché da indagini tecniche ci risultava che c'erano due navi che trasportavano migranti, gestite da organizzazioni criminali.
  Quando parlo di prevenzione e repressione, intendo questo. La nostra attività di intelligence ovviamente è limitata. Non facciamo intelligence in Libia. Questo è compito di altri. Tuttavia, essendo noi una forza di polizia, utilizziamo tecniche di polizia, tra cui c’è l'analisi del rischio. Noi facciamo una serie di analisi sulla provenienza, sulla religione, sulla cultura, sul Paese d'origine, sulla professione eccetera, che sono tipiche di una forza di polizia.
  Da qui, spesso interveniamo, a volte non ce la facciamo, altre volte riusciamo a capire e a prevenire il fenomeno. Prevenire il fenomeno significa intervenire in modo da evitare il rischio che la vita umana si perda. Questo è il concetto.
  Non dimentichiamo che tutti questi arrivi, questi arresti e questi sequestri non finiscono così. C’è un'attività di indagine e di polizia che viene svolta dalla Polizia di Stato o dalla Guardia di finanza. Quando arriva lo scafista e lo arrestiamo, non finisce così. C’è uno sviluppo. Dove porta ? Bisogna avere pazienza e ci vuole tempo. Comunque, le procure vengono avvertite e, quindi, partono delle indagini.
  Queste indagini in qualche caso hanno dato la possibilità di arrivare addirittura all'organizzazione, in altri casi no. Sappiamo tutti com’è la situazione libica. Le tecnologie nuove cui facevo riferimento servono proprio a questo. Investiamo perché forse otterremo a livello repressivo qualche risultato in più.

  PRESIDENTE. Ringrazio il generale e chi lo accompagna: il generale di brigata Stefano Screpanti, capo del terzo reparto operazioni, il colonnello Joselito Minuto, capo della centrale operativa, e il capitano Giuseppe Riccio, aiutante di campo del comandante generale.
  Anticipo che nella riunione dell'Ufficio di presidenza si discuterà della proroga e dell'integrazione dell'indagine sull'impiego degli immigrati nelle attività produttive italiane, a seguito dell'audizione del Ministro Guidi e a fronte di quanto ci ha spiegato oggi il generale. Ci permetteremo magari di invitare il responsabile della sua unità operativa per trattare il tema del money transfer. Pertanto, la proposta sarà di prorogare l'indagine dal 31 maggio 2015 al 31 dicembre 2015.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.55.