XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 29 di Martedì 12 maggio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

Variazione nella composizione del Comitato:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI FLUSSI MIGRATORI IN EUROPA ATTRAVERSO L'ITALIA, NELLA PROSPETTIVA DELLA RIFORMA DEL SISTEMA EUROPEO COMUNE D'ASILO E DELLA REVISIONE DEI MODELLI DI ACCOGLIENZA

Audizione del Capo di stato maggiore della Marina militare, ammiraglio Giuseppe De Giorgi.
Ravetto Laura , Presidente ... 3 
De Giorgi Giuseppe , Capo di stato maggiore della Marina militare ... 5 
Ravetto Laura , Presidente ... 5 
De Giorgi Giuseppe , Capo di stato maggiore della Marina militare ... 5 
Ravetto Laura , Presidente ... 6 
De Giorgi Giuseppe , Capo di stato maggiore della Marina militare ... 6 
Ravetto Laura , Presidente ... 6 
De Giorgi Giuseppe , Capo di stato maggiore della Marina militare ... 6 
Ravetto Laura , Presidente ... 7 
De Giorgi Giuseppe , Capo di stato maggiore della Marina militare ... 7 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Artini Massimo (Misto-AL)  ... 10 
Conti Riccardo  ... 10 
Orellana Luis Alberto  ... 11 
Campana Micaela (PD)  ... 11 
Ravetto Laura , Presidente ... 12 
De Giorgi Giuseppe , Capo di stato maggiore della Marina militare ... 12 
Orellana Luis Alberto  ... 13 
De Giorgi Giuseppe , Capo di stato maggiore della Marina militare ... 14 
Ravetto Laura , Presidente ... 14 
De Giorgi Giuseppe , Capo di stato maggiore della Marina militare ... 14 
Ravetto Laura , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 9.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Variazione nella composizione del Comitato.

  PRESIDENTE. Saluto e do il benvenuto al senatore Orellana del Gruppo misto, in sostituzione della senatrice De Petris.

Audizione del Capo di stato maggiore della Marina militare, ammiraglio Giuseppe De Giorgi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Capo di stato maggiore della Marina militare, l'ammiraglio Giuseppe De Giorgi, nell'ambito della nostra indagine conoscitiva sui flussi migratori.
  Ringrazio l'ammiraglio De Giorgi della sua presenza. Lei conoscerà senz'altro il Comitato Schengen. Siamo un Comitato bicamerale e vigiliamo sugli accordi di Schengen. Sarà probabilmente venuto in audizione nelle precedenti presidenze.
  Tra le altre, abbiamo avviato un'indagine generale sui flussi migratori. Il Comitato in questo ultimo anno si è occupato in prevalenza del passaggio dall'operazione Mare nostrum a Triton e naturalmente ha ascoltato tutti gli opinion leader, che ci hanno spiegato, non soltanto le modalità delle operazioni, ma anche la situazione dei Paesi di provenienza, la situazione libica e naturalmente il problema del flusso dei migranti, correlato alle tragedie in mare cui purtroppo abbiamo assistito.
  Abbiamo ascoltato in un primo momento tutti i ministri competenti e abbiamo avuto l'onore di avere la loro presenza in Comitato. In seguito, ci siamo trasferiti sui rappresentanti locali e, quindi, abbiamo cercato di capire come sindaci e governatori gestiscono sia il tema dell'accoglienza che quello della socialità. Infine, ci siamo rivolti a chi veramente opera tutti i giorni in prima persona sul nostro mare.
  Lei naturalmente è per noi uno speaker fondamentale e determinante per la relazione che stiamo presentando al Parlamento. Penso che gli uffici le abbiano già evidenziato i temi. Io mi permetterò di indicare alcuni punti su cui vorremmo la sua opinione, naturalmente nei limiti di quanto le è possibile ed eventualmente richiedendo, se riterrà, la segretezza su alcuni suoi passaggi. In seguito, l'ascolteremo e lascerò la parola ai colleghi per brevi domande.
  Segnalo a tutti che il Capo di stato maggiore ha un impegno tra un'ora esatta, per cui abbiamo 55 minuti, che cercheremo di ottimizzare.
  Ammiraglio, la prima domanda riguarda le operazioni per l'identificazione, il sequestro e la distruzione delle imbarcazioni dei trafficanti. Abbiamo imparato, anche dal comandante della Guardia costiera, che dobbiamo parlare di sottrazione degli strumenti. Spesso abbiamo visto, Pag. 4anche da ricostruzioni di stampa, l'utilizzazione di terminologie non esattamente appropriate.
  In ogni caso, a livello di Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, adesso si sta parlando anche di questo tema. L'altro giorno abbiamo letto dell'impegno che si sta tentando di avere sulle quote di distribuzione. A noi interessa particolarmente questo tema.
  Sappiamo che, nel quadro di un'azione diplomatica volta a far approvare una proposta di risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU, c’è effettivamente la volontà di creare una cornice internazionale di certezza dal punto di vista legale, per condurre operazioni di identificazione, sequestro e distruzione delle imbarcazioni dei trafficanti, prima che siano utilizzate.
  Stando a quanto si apprende da fonti di stampa – agenzia ANSA del 6 maggio 2015 –, tecnici militari e diplomatici europei sarebbero già a lavoro per definire una missione di Politica europea di sicurezza e difesa (PESD) a guida italiana, al fine di mettere a punto il cosiddetto crisis management concept, ovvero il piano che articola tutte le possibili opzioni di intervento.
  Questo, peraltro, allo stato attuale prevedrebbe operazioni entro le acque territoriali libiche per l'arresto dei trafficanti. Mi esprimerò in maniera atecnica, perché l'ho letto in velocità ieri. Mi risulta che l'ambasciatore libico presso l'ONU ieri, proprio sulla dicitura «entro le acque territoriali libiche», abbia espresso delle perplessità.
  In che cosa consiste ? Di che cosa si tratta ? Le chiediamo di darci un commento in merito.
  Il secondo punto riguarda finalità, mezzi e modalità operative delle attività svolte dalla Marina militare nell'ambito dell'operazione «Mare sicuro». Io mi ricordo che l'abbiamo votato in Aula. C'era uno stanziamento per questa operazione.
  Il Ministro della difesa Pinotti ha riferito che, a causa dell'aggravarsi della minaccia terroristica, si è reso necessario il rafforzamento del dispositivo aeronavale dispiegato nel Mediterraneo centrale, al fine di garantire un'adeguata sicurezza delle rotte marittime, dei natanti commerciali e delle installazioni off-shore. È stata, quindi, avviata quest'operazione, denominata «Mare sicuro». Anche su questo le chiedo di darci delle informazioni.
  Per quanto riguarda le funzioni e i compiti della Marina militare nell'ambito dell'operazione Triton, le chiediamo se e in che misura essi siano diversi, in particolare rispetto a quelli assegnati precedentemente con Mare nostrum, e, se ritiene, un commento in merito.
  Le chiediamo altresì un commento sul raccordo funzionale con il Corpo della Guardia costiera. Su questo si è già pronunciato il comandante, spiegandoci, se abbiamo compreso bene, che di fatto c’è una copertura di intervento da parte vostra rispetto alle loro operazioni.
  Capisco che questo è un commento di natura politica, quindi, ammiraglio, giudichi lei in che termini si può esprimere sugli effetti della decisione del Consiglio europeo di rafforzare Triton e, quindi, sul nuovo piano operativo della missione.
  In particolare, il 23 aprile scorso si è deciso di potenziare le operazioni Triton e Poseidon, almeno triplicando le risorse finanziarie. A tale scopo, nel 2015 e nel 2016 si è incrementato il numero di mezzi.
  Tuttavia, il 4 maggio scorso Natascia Bertaud, uno dei portavoce della Commissione europea, ha dichiarato che in questo momento non risultano impegnati i nuovi mezzi che sono stati offerti durante il Consiglio europeo e che per il nuovo assetto sarà necessario attendere la definizione del nuovo Piano operativo della missione Triton. Le chiediamo di fornire al Comitato, nei limiti delle sue competenze, informazioni in proposito e una valutazione sulla possibilità che il previsto rafforzamento di Triton sia adeguato a fronteggiare l'accresciuto flusso di migranti.
  Se ritiene, vorremmo anche qualche elemento di conoscenza sul nuovo bilancio dell'operazione Triton, sulle spese Pag. 5operative mensili previste, sui nuovi Stati membri partecipanti e sull'ammontare effettivo delle risorse umane e dei mezzi aggiuntivi.
  Il penultimo punto concerne le regole di ingaggio per le cosiddette «azioni armate» nei confronti degli scafisti. Le chiediamo se può darci elementi di informazione su queste vicende, su quali siano le regole di ingaggio delle unità italiane, in particolare della Marina militare, in queste circostanze e su quali siano i rapporti con le autorità libiche per contrastare il traffico dei battelli dalla Libia. Ci riferiamo naturalmente anche ai casi in cui gli scafisti hanno esploso dei colpi di arma da fuoco.
  L'ultimo punto è l'orientamento emerso dal forum annuale dei capi delle marine militari. Abbiamo visto che lei recentemente ha presieduto il Chiefs of european navies, il forum annuale che ha riunito a Napoli i capi di 26 marine militari degli Stati membri della NATO e dell'Unione europea. È stato riportato anche questo dalla stampa. Abbiamo visto un'ANSA dell'8 maggio 2015.Al centro della discussione del forum sarebbero state le nuove emergenze nel Mediterraneo, in particolare il ruolo delle marine militari di fronte alla sfida della sicurezza dell'ambiente marittimo e le tematiche dell'immigrazione. Visto che l'ha presieduto, le chiedo se può darci degli elementi di questo incontro.
  Do la parola a Giuseppe de Giorgi, Capo di stato maggiore della Marina militare, per lo svolgimento della sua relazione.

  GIUSEPPE DE GIORGI, Capo di stato maggiore della Marina militare. Grazie, presidente, per questa audizione. Sono lieto di poter rispondere alle domande che lei mi ha posto.
  Inizio dalla distruzione degli scafi prima della loro utilizzazione. Il problema nasce dal fatto che durante questo anno ci si è resi conto che gli scafi, una volta utilizzati, in molti casi affondavano, ma in altri casi venivano recuperati da pescherecci che sembravano fare questa attività in maniera continuativa. Si appostavano dietro ai soccorsi e, quando lo scavo veniva liberato, aspettavano che si andasse tutti via e recuperavano lo scafo abbandonato per riutilizzarlo.
  Di conseguenza, si è cominciato a sequestrare gli scafi e a toglierli dalla disponibilità degli scafisti.
  Il venir meno di questi scafi nel circuito dell'utilizzo per l'emigrazione ha generato una crescente richiesta da parte delle organizzazioni criminali di questi scafi. Di conseguenza, anche la pressione per recuperarli è aumentata molto, finché si è arrivati all'uso delle armi per costringere i soccorritori ad allontanarsi rapidamente o addirittura per costringere i migranti ad «accelerare» il passaggio dal barcone alla nave-soccorso. Ci sono stati due episodi di questo genere.
  «Mare sicuro» emerge anche in risposta a questo aspetto di protezione della Capitaneria di porto mentre compie i soccorsi, proprio per impedire questo tipo di attività.
  Per quanto riguarda le acque territoriali libiche, il problema è la sovranità nazionale libica. Da un lato, la presenza di almeno due Governi libici rende estremamente complesso trovare l'interlocutore per potersi mettere d'accordo su questa vicenda. Dall'altro, entrare nelle acque territoriali costituisce comunque un'operazione molto sensibile sotto il profilo della sovranità nazionale libica.
  Per farlo, serve o l'adesione del Governo libico oppure una risoluzione dell'ONU che autorizzi questo tipo di operazione.
  In Somalia, per esempio, sono autorizzate le operazioni nelle acque somale per l'antipirateria. In quel caso, però, c’è un'autorizzazione del Governo somalo riconosciuto dall'Italia.

  PRESIDENTE. Sono alternative ?

  GIUSEPPE DE GIORGI, Capo di stato maggiore della Marina militare. Sono un'estensione dello spazio di operazione. È chiaro che, se io potessi entrare in acque territoriali libiche per catturare questi pescherecci, Pag. 6avrei un'ampiezza e una quantità di mezzi da poter sequestrare molto maggiore.

  PRESIDENTE. Mi sono spiegata male. La risoluzione ONU e l'adesione dello Stato sono alternative ?

  GIUSEPPE DE GIORGI, Capo di stato maggiore della Marina militare. Sì, sono alternativi, perché chiaramente la risoluzione dell'ONU riduce la sovranità di quel Paese, preso atto che questo non assicura come dovrebbe l'ordinato sviluppo dei controlli sulle sue coste e consente alle organizzazioni criminali di usare liberamente quella nazione come trampolino e come base per attività che risultano potenzialmente destabilizzanti, oltre a condurre alla morte di centinaia o migliaia di persone.
  «Mare sicuro» ha una media di quattro unità navali. I compiti fondamentali sono: la difesa delle piattaforme petrolifere che si trovano davanti alla Libia – è molto importante impedire che vengano attaccate, anche per motivi di tipo ecologico – la sicurezza della Capitaneria di porto e dei mezzi di soccorso, intervenendo come scorta, e il contrasto delle operazioni criminali, togliendo l'iniziativa alle bande criminali.
  Inoltre, si è sviluppata, nell'ambito di questa presenza navale, la protezione dei pescherecci italiani che operano davanti a Derna e a Misurata in acque internazionali. Questi pescherecci sono stati sottoposti a tentativi di sequestro almeno in due occasioni da quando le navi italiane sono lì, mentre in passato venivano periodicamente sequestrati.
  Quel tratto di mare è una zona internazionale, che la Libia, però, in maniera unilaterale, ha dichiarato essere di sua esclusiva pertinenza per quanto riguarda l'esercizio della pesca. La comunità internazionale non ha riconosciuto questo vincolo, quindi noi siamo liberi di pescare in quelle acque. Pertanto, la Marina protegge i pescherecci e le unità nazionali.
  Come sapete, in un caso è stato ripreso un peschereccio che era sotto controllo libico, mentre nell'altro caso, più recente, è stato scoraggiato un rimorchiatore armato che voleva sequestrare un peschereccio.
  Vengo ora ai compiti della Marina militare nell'ambito di Triton. La Marina militare nell'ambito di Triton fornisce periodicamente un pattugliatore, una unità minore, e partecipa con le altre unità, che sono della Guardia di finanza, della Capitaneria di porto, oppure delle altre nazioni, come nel caso di Tyr, un pattugliatore straniero che è molto presente. Effettua un pattugliamento che era prevalentemente nelle 30 miglia dalla linea di base e che adesso è stato esteso...

  PRESIDENTE. Di quale nazionalità ?

  GIUSEPPE DE GIORGI, Capo di stato maggiore della Marina militare. Il Tyr è islandese. Il pattugliamento avveniva entro 30 miglia ed ora è stato esteso a 50 miglia.
  Sostanzialmente in cosa consiste l'attività ? Triton, come tutte le attività di Frontex, è mirata al controllo delle frontiere. Benché non fosse previsto inizialmente il SAR, quando una nave è in mare, che sia mercantile o militare, nel momento in cui si viene a conoscenza che c’è un soccorso da compiere, normalmente è la nave più vicina che interviene. Pertanto, anche il Tyr ha partecipato ai soccorsi.
  Adesso naturalmente, estendendosi la presenza delle navi, l'attività si avvicina alla costa libica. Pertanto, sono significativamente aumentati gli interventi delle navi sotto Triton fin quasi alle acque territoriali libiche.
  La Marina, rispetto alle altre forze di polizia, ha inerentemente il compito di polizia dell'alto mare, che gli deriva dai trattati internazionali, i quali assegnano alle marine militari il diritto di esercitare l'azione di sovranità di uno Stato nelle acque internazionali, anche su mercantili di altre nazioni, nell'ambito di alcune casistiche particolari. Si tratta di una forma di polizia limitata ad alcuni compiti. Comunque, il comandante è ufficiale di polizia giudiziaria.Pag. 7
  È in questo ambito che la Marina, applicando le leggi nazionali, ha operato una notevole quantità di arresti nel corso delle varie attività effettuate in alto mare.
  Questo è un aspetto che non sempre è chiaro. Le forze di polizia agiscono in alto mare ratione materiae, limitatamente alle funzioni proprie per cui sono state create, mentre esercitano il compito di polizia generale nell'ambito delle acque territoriali.
  Infatti, il compito di polizia va con la sovranità territoriale. In alto mare non esiste nessuna forma di polizia, se non quella che, come dicevo, è regolamentata dai trattati internazionali riconosciuti. I vari Paesi sono d'accordo sul fatto che una nave da guerra possa ispezionare una nave mercantile, fermarla ed esercitare il cosiddetto «diritto di visita». Sulla base dell'ispezione effettuata, si può anche sequestrare la nave, qualora si ricada in certe situazioni particolari, come la violazione di un embargo di armi, la tratta di schiavi o la trasmissione di comunicazioni ostili verso un Paese che non ha autorizzato queste operazioni.
  Si tratta di un diritto importantissimo, che ci ha consentito di svolgere molte operazioni, tra cui la cattura di alcuni pescherecci trasformati in navi di appoggio per le organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani.
  Per ciò che concerne il raccordo tra la Marina militare e le Capitanerie di porto nell'ambito di «Mare sicuro», l'accordo è che noi gli forniamo la sicurezza militare.
  Quando sono impegnati in operazioni di soccorso, materialmente non potrebbero usare le armi per difendersi, anche per non esporre il personale e soprattutto i migranti salvati alla reazione degli eventuali criminali.
  La nave militare, invece, normalmente in questi casi si tiene un po’ defilata, col duplice scopo di intervenire in caso di bisogno e di catturare gli scafisti. Quando si portano vicino, noi capiamo che sono scafisti. Perché normalmente non girano identificandosi come tali. Di solito sono pescherecci che fingono di pescare e poi all'ultimo momento tagliano le reti, o quello che fingono essere le reti, e si portano vicino per recuperare il barcone.

  PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, ma è molto interessante. Probabilmente ai miei colleghi è chiaro, ma a me lo è un po’ meno. Questo punto è determinante. Ci è stato detto dal comandante della Guardia costiera che loro hanno dotazione di armi, però lei ci sta spiegando che non le possono utilizzare per difesa e che dovete intervenire voi.
  Dunque, qual è lo scopo di questi armamenti sulle loro imbarcazioni ?

  GIUSEPPE DE GIORGI, Capo di stato maggiore della Marina militare. Anche la Capitaneria di porto esercita compiti di polizia marittima ed effettua sequestri. Sono normali dotazioni di bordo che consentono nei compiti di polizia di agire e di proteggersi. Si tratta di armi molto piccole, come una pistola o cose di questo genere.
  In ogni caso, non è che non possono, ma non sarebbe saggio mettersi a sparare, avendo la propria unità coperta di centinaia di uomini e donne che stanno salendo. Se uno si mettesse a sparare e l'altro rispondesse, succederebbe una strage. Oltretutto, si creerebbe il panico e la gente si butterebbe in acqua. Da questo punto di vista, non è tecnicamente auspicabile. È chiaro che, se si viene assaliti per essere massacrati, a quel punto si spara e si cerca di ottenere la migliore reazione possibile.
  Le nostre navi normalmente hanno un elicottero e questo consente anche l'inseguimento, qualora le imbarcazioni fossero ad alta velocità, come spesso capita.
  È fondamentale da questo punto di vista il coordinamento. C’è un'area di operazioni davanti alla Libia, nella quale la Marina militare esercita il coordinamento tra le varie forze. Come sapete, la legge Bossi-Fini assegna alla Marina, per quello che riguarda le operazioni di controllo dei flussi migratori, l'autorità del coordinamento su qualunque altra forza nazionale.Pag. 8
  Per quanto riguarda, invece, il coordinamento degli interventi SAR, questo viene effettuato dal Maritime rescue coordination center (MRCC) della Capitaneria di porto.
  Bisogna far coesistere queste due esigenze: da una parte, la Capitaneria di porto che deve andare a soccorrere e coordina o invia mercantili o altri mezzi; dall'altra, la nostra attività di sicurezza che deve essere presente nel momento in cui avviene il soccorso.
  L'altro aspetto che complica le cose è che quando si hanno migliaia di migranti in mare, come è capitato qualche giorno fa – in tre giorni abbiamo soccorso 3.000 persone – anche i mezzi della Marina vengono regolarmente coinvolti in operazioni di soccorso. Noi stiamo massicciamente partecipando ai soccorsi. Questo rende estremamente complesso gestire la protezione e il soccorso.
  Per questo, noi abbiamo in mare l'ammiraglio Ribuffo. Peraltro, è l'ammiraglio che ha operato in mare in occasione di Norman Atlantic dal bordo del San Giorgio. È una persona estremamente capace ed è supportato dalla centrale operativa della Marina di Santa Rosa, che è molto potente.
  Passo al potenziamento di Triton. Per quanto riguarda la valutazione sull'adeguatezza, francamente su questo non ho molti elementi. Io sono rimasto alle dichiarazioni e mi risulta che verranno inviate molte unità. Questo sicuramente potenzierà molto il dispositivo in mare e, quindi, aumenterà la quantità di soccorsi effettuati e il controllo delle coste.
  L'altro aspetto importante è che in questo momento sono presenti in mare il Bulwark, una grossa nave inglese, il Berlin e l'Hessen, due navi della Marina militare tedesca. Anche di questo abbiamo parlato a Napoli: come coordinare rapidamente e sfruttare da subito la loro presenza, in attesa che parta l'operazione europea.
  Nell'ambito del Chiefs of european navies (CHENs), essendoci i capi di stato maggiore, è stato possibile far attivare subito questa operazione. Infatti, già sono stati compiuti i primi soccorsi da parte inglese e da parte tedesca. Stanno dando anche loro una grossa mano.
  Sulla parte finanziaria di Triton onestamente non so granché.
  Passo alle regole di ingaggio sugli scafisti. Le regole di ingaggio sono classificate, nel senso che non le posso trattare in maniera dettagliata. Quello che posso dire è che sono regole che governano essenzialmente la difesa estesa, cioè l'autodifesa e la difesa di terzi, per esempio la protezione di un peschereccio o di qualcuno che non è sulla stessa unità. Questo ci consente di proteggere in maniera più puntuale e più efficace, per esempio, i pescherecci italiani. Inoltre, ci sono altre autorizzazioni che ci facilitano nell'abbordaggio e nella cattura di eventuali barche di scafisti.
  Queste sono cose che noi abbiamo sempre fatto nell'ambito del rapporto con la procura. Quando abbiamo compiuto tutte le nostre operazioni di abbordaggio o di uso della forza, l'abbiamo sempre fatto nell'esecuzione di richieste della procura.
  Questo ci dà una maggiore speditezza, pur rimanendo noi sempre in rapporto con la procura. Essendo il comandante un ufficiale di polizia giudiziaria, ogni volta in cui si trova di fronte a un reato o a un potenziale reato, si attiva e avverte la procura.
  Per quanto riguarda gli orientamenti del CHENs, abbiamo trattato vari argomenti. Uno, di cui si parla poco in termini pratici, è l'impatto del cambiamento climatico sulla sicurezza e sulla stabilità delle nazioni. Infatti, cambiando il livello del mare, naturalmente molte città costiere perderanno i propri porti e le loro falde di acqua potabile, perché l'acqua salmastra salirà. Si creeranno dei problemi che in Italia non vengono affrontati in maniera frequente.
  Come Marina militare, abbiamo fatto un primo simposio sull'argomento a Venezia e ne riproporremo un altro, perché secondo me è un tema importantissimo, che ha tempi lunghi di reazione, tempi medi di attuazione e tempi lunghi per Pag. 9combatterlo. Se si perdono i propri porti, è un problema estremamente serio. Cambia la geografia. Ciò avviene anche con piccoli cambiamenti. Per non parlare dell'ecosistema e di tutto l'impatto che c’è sulla catena alimentare eccetera.
  L'altro aspetto che ha occupato maggiormente la nostra attenzione è stato prendere atto che non esiste più una separazione netta tra i compiti caratteristici della Guardia costiera e i compiti della Marina militare, come hanno dimostrato gli eventi recenti, oltre ad altri indicatori. Mi riferisco al fatto che, mentre prima le operazioni di soccorso erano «imbozzolate» in un mondo di «bontà e di tranquillità» dal punto di vista militare, anche se erano impegnative e pericolose dal punto di vista marinaresco, adesso, come si è già visto, sono situazioni quasi belliche o comunque di uso della forza immanente.
  Lo si è visto anche davanti alle coste libanesi alcuni anni fa, quando venivano simulate delle situazioni di difficoltà, per poi far trovare sulla barca dei manichini esplosivi oppure addirittura dei kamikaze.
  L'altro aspetto è l'impatto molto superiore a quello che normalmente è proprio di una banda di criminali. È evidente che, quando si ha a che fare con Stati che stanno diventando dei failed States, non si tratta più di un problema che una polizia può affrontare, ma ci deve essere una marina oppure una forza armata. Tutto questo naturalmente si combina con le situazioni economiche.
  Progressivamente, tutti si stanno orientando a mettere insieme nel modo più efficace possibile le componenti, in modo da prendere atto che c’è questo continuum operativo, che viaggia in maniera abbastanza indistinta dalle acque territoriali di un Paese fino alle acque territoriali del Paese opposto.
  Questo, purtroppo, avviene mentre si riaffermano le vecchie minacce. Ciò che non è sparito e sta tornando sono le forme convenzionali di guerra marittima. Questo si vede sempre più dagli investimenti fatti dalle nazioni in giro per il mondo.
  Per esempio, abbiamo navi cinesi che periodicamente visitano il Mediterraneo, cosa che prima non accadeva mai. Abbiamo navi indiane che battono bandiera in Mediterraneo. Abbiamo navi iraniane, che ormai sono nell'Oceano Indiano in maniera sistematica e fanno anche antipirateria. Abbiamo la Russia che ha ripreso a posizionare i propri sommergibili nel Mare del Nord, vicino all'Inghilterra, e in altre zone, naturalmente anche nel Mediterraneo.
  Tutto questo impone la ripresa dell'addestramento e delle capacità nella lotta antisommergibile e nella lotta antiaerea.
  Basti pensare che nel Mediterraneo, ad esempio, nazioni del Nord Africa, che prima non avevano sommergibili, ora li hanno. Il sommergibile è uno di quei mezzi che segnano una separazione fra una marina di terzo ordine e una marina con capacità operative superiori. Per esempio, l'Algeria possiede quattro sommergibili. È una cosa che prima non sarebbe stata assolutamente possibile. L'Iran ha sommergibili.
  Questo è ciò che è emerso. Naturalmente, in tutto questo, si evidenzia l'importanza dell'interoperabilità in ambito europeo e di mettere a fattor comune i nostri investimenti, le nostre capacità operative eccetera.
  In effetti con il Bulwark e con le navi tedesche, nonostante siano rimaste sotto catene di comando nazionali, noi stiamo già comunicando e lavorando insieme. Ci stiamo dividendo delle zone, in modo tale da distribuire la presenza delle navi, proprio per consentire intanto di potenziare la macchina dei soccorsi.
  Io sono ottimista circa la costituzione di questo gruppo navale europeo e naturalmente mi auguro che sia a guida italiana.
  Credo che i suoi compiti saranno innanzitutto quelli di interdizione marittima, cioè togliere l'iniziativa alle organizzazioni criminali, per esempio intercettando i barconi che provengono dai luoghi di fabbricazione e si dirigono verso la Libia. Pag. 10
  Naturalmente per i mezzi che sono costruiti in Libia non è possibile agire, finché non ci saranno delle autorizzazioni particolari per eliminarli prima. Tuttavia, togliere la libertà di movimento e aumentare i controlli in alto mare aiuterebbe moltissimo e avrebbe un effetto importante.
  Per esempio, il peschereccio che è naufragato urtando la fiancata del mercantile, quello delle 700 vittime potenziali – non sappiamo ancora quante erano in realtà – probabilmente non veniva direttamente dalla Libia, ma veniva da un altro Paese e faceva scalo in Libia. Se noi avessimo avuto i mezzi per intercettarlo prima, forse 700 persone in questo caso non sarebbero morte.
  Segnalo un evento importante per noi, che è stato il ritrovamento del relitto, che è avvenuto molto presto. L'incidente ha avuto luogo nella notte tra il 18 e il 19 aprile; il 7 maggio, utilizzando i cacciamine Gaeta, abbiamo trovato il relitto a circa 370 metri di profondità. È stata un'operazione estremamente avanzata dal punto di vista tecnico, che ci ha riempito di un orgoglio che penso sia giustificato, visto che trovare relitti in fondo al mare a quella profondità non è affatto semplice.

  PRESIDENTE. Ammiraglio, la ringrazio perché ci ha dato degli elementi che oserei definire «illuminanti». Alcuni passaggi, se non vengono spiegati da chi li vive quotidianamente, non possono essere compresi, tantomeno da noi, per quanto i nostri sforzi siano orientati all'approfondimento. Anzi, dovremmo effettuare delle missioni per comprendere bene che cosa succede nell'area costiera.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MASSIMO ARTINI. Ringrazio l'ammiraglio perché tenevo particolarmente alla sua audizione. È stata una discussione fatta nell'ufficio di presidenza. Lei ha risposto praticamente a quasi tutte le domande che avevo in mente, per cui le chiedo solo alcuni piccoli spunti, anche come valutazione personale rispetto alla sua esperienza.
  In primo luogo, qualora, nell'eventuale risoluzione che venisse approvata, la Russia non acconsentisse a un attacco aereo, penso che, per operare in sicurezza, nell'ipotesi in cui si volessero distruggere barconi, sarebbe opportuno utilizzare forze speciali direttamente in loco. Le chiedo se questa è una mia supposizione oppure potrebbe essere la realtà.
  A questo si connette il tema delle eventuali regole di ingaggio. Ovviamente, se si apre una risoluzione sotto il cappello del capitolo 7, dovranno essere ridefinite determinare regole di ingaggio. In particolare, come si farà a distinguere i vari attori, cioè ISIS, militari di Tobruk, trafficanti eccetera ? Occorre definire, rispetto all'uso di eventuali forze speciali sul territorio, delle regole di ingaggio che ci permettano di non fare danni. La sensibilità è forte. Entrambi i Governi della Libia hanno segnalato che non gli va molto a genio che qualcuno vada sul loro territorio.
  Ieri leggevo un'agenzia, che poi è stata smentita da altre voci, che riportava che il Governo di Tripoli sta cercando di contrastare l'immigrazione, effettuando seicento arresti e mettendoli in contenimento da qualche parte. Vi chiedo se avete delle informazioni su questo e se ci sono da parte della Marina militare rapporti ancora stretti con le forze navali libiche, sia di Tripoli che di Tobruk.

  RICCARDO CONTI. Io ringrazio l'ammiraglio. Ho due cappelli oggi, perché venendo qui mi ha chiamato un collega della Lega, il senatore Paolo Arrigoni (probabilmente, essendo nordico, ha pensato a me) e mi ha chiesto di porre per lui tre domande. Gliele leggo: ammiraglio, considerato che l'operazione Mare nostrum è conclusa e che allo stato il mandato dell'operazione Triton rimane quello originario di sorveglianza delle frontiere, qual è il ruolo della Marina militare nelle operazioni di soccorso nel Canale di Sicilia ? Recentemente è stato attribuito un ruolo Pag. 11strategico alla configurazione delle unità navali della Marina militare. Tale assetto operativo, che prescinde dalla funzione propriamente di difesa, è finalizzato anche al soccorso in mare e in che misura ? Le risorse economiche recentemente attribuite dal decreto sulle missioni internazionali antiterrorismo, per il potenziamento del dispositivo aeronavale di sorveglianza e sicurezza del Mediterraneo, sono finalizzate anche al concorso delle operazioni di soccorso in mare ? Non essendo presente, il senatore non sapeva che a molte cose lei ha già risposto. Io ho espletato il mio compito.
  Io ero già un po’ illuminato su queste cose. Come ha detto la presidente, essendo in Commissione difesa del Senato, ho già avuto occasione di ascoltarla sia alla Camera che al Senato in Commissioni riunite e so quale sia l'impegno suo e della Marina in questa situazione, che è straordinaria. Credo che purtroppo questa situazione non sia destinata a risolversi rapidamente, anche perché non c’è una politica estera di difesa comune dell'Europa e si può contare fino a un certo punto sulle decisioni dell'ONU in senso risolutivo. Secondo me, l'ONU oggi non dà garanzie di capacità di intervento strategico, anche a causa della scarsa trasparenza della sua organizzazione e delle sue decisioni.
  Ammiraglio, la guida italiana come si rapporta al fatto che, ad esempio, in Europa c’è qualcuno che dice che la Marina britannica non vorrà mai perdere il suo primato rispetto a qualsiasi iniziativa che riguardi il mare ? Immagino che lei con i suoi omologhi europei abbia occasione di incontri e di confronti. So che lei non può rispondere politicamente, ma tecnicamente è possibile fare un ragionamento che ponga alla NATO la questione in maniera sistemica ?
  Infatti, da soli non ci riusciremo, l'Europa purtroppo è una cosa indefinita e dell'ONU abbiamo parlato poc'anzi. A me, che sono un semplice cittadino e non sono un esperto del settore, sembra che, se la NATO si impegnasse e capisse che questo è un fronte fondamentale per tutta l'Europa e, quindi, anche per se stessa, sarebbe una cosa importante.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Io ho delle domande puntuali. A sentire le cronache, molto spesso capita che i soccorsi vengono fatti anche da navi della Marina mercantile che passano. Vorrei sapere com’è la situazione, se c’è collaborazione e se è avvenuto qualche caso di mancato soccorso da parte della Marina mercantile. Se ciò è successo, quali azioni si possono fare contro i mercantili che hanno violato la regola del mare, che è durata per secoli, che prevede di intervenire comunque in soccorso di navi in difficoltà ? Che giudizio dà sull'iniziativa Migrant offshore aid station (MOAS) ? È un'iniziativa privata maltese, in cui sono coinvolti anche degli italiani.
  Io a settembre dell'anno scorso ho visitato la missione Mare nostrum sulla nave San Giusto, se ricordo bene. Ci hanno fatto vedere che a bordo c'era un drone, con il quale ci si avvicinava sul barcone in difficoltà per scopi investigativi. Vorrei sapere se questa possibilità è stata potenziata, se esiste ancora e se la può commentare.

  MICAELA CAMPANA. Innanzitutto rivolgo un ringraziamento a nome del mio partito, non soltanto per l'audizione di oggi, ma anche per tutto il lavoro che la Marina militare sta facendo in questi anni e per l'orgoglio che ha dimostrato nei confronti di tutto il Paese.
  Lei ha parlato di coordinamento delle navi già presenti di Paesi stranieri. Io vorrei sapere se c’è stato, anche in maniera non ufficiale, un trasferimento di conoscenze da parte della Marina militare nei confronti di queste navi che stanno operando in queste prime settimane nel Mediterraneo, rispetto alla situazione, sia in fase di protezione che in fase di salvataggio.
  In secondo luogo, vorrei sapere se in casi particolari lo screening sanitario continua a essere effettuato sulle navi della Marina militare. Fino a quando esisteva Pag. 12Mare nostrum, la gran parte dello screening sanitario avveniva in nave. Vorrei sapere se operazioni di tipo sanitario vengono ancora effettuate.
  Inoltre, le chiedo se, rispetto alla vostra esperienza, risulta un cambio di strategia criminale da parte degli scafisti. I numeri delle organizzazioni internazionali ci dicono che cambiano la tipologia delle persone: non ci sono più solo maschi adulti, ma anche bambini e donne. Questo significa che aumentano le condizioni di pericolosità nei Paesi d'origine. Vorrei sapere se, anche rispetto alle strategie criminali, c’è un cambio di strategia, cioè se sono presenti gli scafisti sui barconi, oppure se, come le cronache ci consegnano, ormai arrivano direttamente dalle coste libiche.
  Infine, la Commissione europea di domani potrebbe istituire un sistema nuovo di quote europee rispetto all'accoglienza e anche dei corridoi umanitari legalizzati per la cancellazione delle tratte criminali. Vorrei una sua opinione su questo.

  PRESIDENTE. Do la parola all'ammiraglio De Giorgi per la replica.

  GIUSEPPE DE GIORGI, Capo di stato maggiore della Marina militare. La prima domanda riguardava il discorso della neutralizzazione dei barconi su terra. Questo è esattamente quel tipo di operazione a cui ovviamente si sono subito opposti i libici. Questo al momento è uno degli aspetti più controversi, perché non tutti sono d'accordo, a partire dai russi e probabilmente anche dai cinesi, quantomeno sull'impiego degli aeroplani o dei droni. Dunque, quale sistema resta ? Restano le operazioni speciali, con agenti che vadano a neutralizzare questi barconi. Naturalmente per farlo ci vuole l'autorizzazione dell'ONU. Torniamo sempre a questo discorso, perché si va in uno Stato sovrano e, quindi, l'ONU deve prevedere questo tipo di operazione.
  Non abbiamo rapporti regolari con i libici. Chiaramente li abbiamo avuti in passato. Abbiamo avuto ufficiali libici che hanno frequentato l'Accademia navale di Livorno. Al momento, non stiamo avendo contatti con loro.
  Peraltro, le forze navali libiche sono poco operative. Ci sono aeroplani che stanno volando. Come avete visto, hanno attaccato un mercantile pochi giorni fa. Questo segnala una capacità riacquisita di impiego dei mezzi aerei, perché comunque sono riusciti a colpire una nave in orario pomeridiano. Ciò evidenzia una capacità di sorveglianza costiera e una capacità di intervento in tempo utile per colpire il bersaglio. Ci sono due rimorchiatori armati della Marina libica. Peraltro, la Marina libica risponde anche lei a due comandi diversi: uno è la Tripolitania e l'altro è la Cirenaica. La Guardia costiera è separata a metà. I rimorchiatori a cui mi riferisco appartengono alla Guardia costiera di Tripoli e sono quelli che cercano di sequestrare i pescherecci davanti a Misurata.
  Quando noi li incontriamo in mare, li richiamiamo, ricordandogli che quelle sono acque internazionali e che non devono sequestrare i nostri pescherecci. Di recente, c’è stato un inseguimento a un peschereccio. In seguito, è arrivata una nostra nave e il rimorchiatore ha desistito.
  Per quanto riguarda, invece, le domande del senatore Arrigoni della Lega, nel Canale di Sicilia la Marina svolge sostanzialmente tre compiti. Oltre a quelli istituzionali tipicamente militari, effettuiamo la vigilanza sulla pesca. Dalla fine degli anni 1950, abbiamo sempre una nave in vigilanza sulla pesca nella zona cosiddetta del «mammellone» tra la Tunisia e la Libia. Inoltre, partecipiamo, come tutte le navi della Marina, ai soccorsi in mare.
  Da questo punto di vista, i soldi dati all'operazione non sono finalizzati al soccorso. Ogni volta che una nave esce per qualunque tipo di operazione, anche per l'addestramento, se viene a sapere che c’è qualcuno in difficoltà, interviene immediatamente. I soldi non sono specificatamente dati per il soccorso.
  Per quanto riguarda il discorso del comando italiano verso i britannici, indubbiamente Pag. 13la Marina inglese ha una tradizione che tuttora è confermata dalle sue grandi prestazioni professionali e dalla qualità dei suoi mezzi. Quasi sempre rivendica il primato, quantomeno in ambito europeo, per il comando delle operazioni. Tuttavia, in questo caso, nella zona di operazione c’è una grande esperienza italiana. Noi siamo, tra le varie marine, quella che è ha maggiore esperienza a livello mondiale in questo tipo di interventi, avendo soccorso 150.000 persone, con quell'operazione che tutti conoscete, Mare nostrum, che ci ha permesso di mettere a punto un sistema operativo estremamente valido.
  Inoltre, abbiamo una grande tradizione di maritime interdiction operation proprio con la NATO dai tempi del Kosovo. Abbiamo, per esempio, i team del reggimento San Marco su ogni nave e gli sniper. Abbiamo una capacità di intervento mirata molto efficace, che ci ha permesso di recuperare parecchi barconi, che altrimenti sarebbero finiti nelle mani degli scafisti. Pertanto, io sono fiducioso. D'altra parte, ci vogliono una capacità e una potenzialità per il comando. Noi abbiamo già esercitato questo comando sia in ambito NATO che in ambito europeo, per esempio nelle operazioni antipirateria, dove gli inglesi sono coinvolti.
  In questo caso, ci sarebbe da scegliere l’operation commander, che è il capo di tutta l'operazione. L'Italia ha proposto l'ammiraglio Credendino. Siamo fiduciosi e ottimisti. Sarebbe una cosa logica.
  Aiuto della NATO: la NATO è stata investita più volte di questa tematica. Di fatto, però, le nazioni coinvolte coincidono. Tutti quelli coinvolti in questo tipo di operazione sono Paesi NATO, quindi i mezzi non cambierebbero. Credo che sia più facile mettere insieme la volontà politica dei Paesi appartenenti alla NATO, ma che sono europei, rispetto a quella della NATO in quanto tale, che vede al suo interno Canada e Stati Uniti, nazioni che magari sentirebbero molto meno l'urgenza dell'intervento.
  Se crescesse il tipo di minaccia, probabilmente ciò richiederebbe l'egida della NATO, però io in questo caso punterei di più sull'operazione UE. Peraltro, l'operazione Atalanta, sotto l'egida UE, è stata di grande successo, anche come regole di ingaggio e come determinazione. Ha funzionato veramente molto bene.
  Per ciò che concerne il soccorso da parte di navi mercantili, per ora noi non abbiamo nozione di mercantili che non si sono fermati. I mercantili sono sempre andati.
  Naturalmente per i mercantili questo costituisce un grosso problema economico, perché l'armatore normalmente perde un paio di giorni, prima per raccogliere i migranti, poi per portarli al punto sicuro più vicino o a quello ordinato dal Ministero degli interni e, infine, se è il caso, per ricondizionare la nave. Infatti, a seconda della quantità di migranti, chiaramente c’è da rimettere a posto l'unità navale.
  Certamente è una cosa che loro fanno, però con delle conseguenze economiche, per cui nel tempo ci potrebbero essere anche dei ricorsi economici.
  Se non dovessero partecipare, interverrebbe la magistratura per mancato soccorso. Come avviene per tutti, navi militari e civili, il magistrato si documenta sul motivo del mancato intervento.
  Per ciò che concerne l'iniziativa MOAS, ben venga se salva delle persone. Io non so esattamente cosa c’è dietro, però non ha creato problemi di nessun tipo, ma anzi ha salvato delle persone.
  Per quanto riguarda il drone che lei ha visto, probabilmente era un elicottero senza pilota. Si tratta di un elicottero che non è di proprietà della Marina, ma è in leasing per la sperimentazione a bordo delle navi. È in fase sperimentale, ma non è diffuso alla flotta. Ne abbiamo solamente due esemplari, con i quali viene fatta una sperimentazione. Sarebbe auspicabile in futuro acquisirne un certo numero.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Non sono armati ?

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  GIUSEPPE DE GIORGI, Capo di stato maggiore della Marina militare. No, hanno un FLIR molto bello. Hanno una telecamera a colori, una telecamera a intensificazione di luce e un sensore a infrarossi. Assicurano una grandissima stabilità.
  Questo drone può essere messo anche a quota dove non si sente, se si vuole fare un'osservazione occulta. Pertanto, è estremamente utile. Non è armato. Può avere anche un piccolo radar per fare un pattugliamento, se serve.
  Naturalmente, come tutti i droni, richiede un contingentamento dello spazio aereo e una deconfliction con gli aerei pilotati. Tuttavia, in mare aperto e a bassa quota è sicuramente più facile usarli.
  Per ciò che riguarda il coordinamento con i Paesi che stanno già operando, per esempio Inghilterra e Germania, abbiamo stabilito degli ufficiali di collegamento. Trattandosi di marine della NATO ed europee, è stato estremamente facile. Ci siamo scambiati questi ufficiali, con il compito di travasare l'esperienza e di facilitare i rapporti con il Ministero degli interni per la rapida assegnazione del posto di sbarco. Questo semplifica molto. Loro si appoggiano alla nostra centrale operativa anche per gli aspetti logistici, per i porti, per fare rifornimento eccetera.
  Mi è stato chiesto se c’è un cambio di strategia da parte degli scafisti. Gli scafisti, le organizzazioni criminali, cambiano effettivamente le loro modalità operative. Lo fanno molto sulla base delle nostre reazioni.
  Per esempio, quando abbiamo sequestrato un peschereccio e abbiamo arrestato il suo equipaggio e in un'altra occasione abbiamo ispezionato due pescherecci, sequestrando parte delle cose che avevano a bordo, effettivamente abbiamo notato che per un certo periodo hanno interrotto l'impiego dei barconi e hanno utilizzato maggiormente i gommoni. Dopo un po’, sono ritornati in auge i barconi.
  Inizialmente c'erano flussi continui. In seguito, sono passati a flussi massivi, con l'evidente intenzione di saturare il sistema, in modo tale da impegnare tutte le navi che erano presenti. Probabilmente pensavano in tal modo di poter recuperare i barconi, essendo tutte le navi impegnate a soccorrere.
  L'altro elemento riguarda i punti d'imbarco. Si vede che, entro certi limiti, c’è una forma di coordinamento. A volte partono soprattutto da una città, altre volte partono soprattutto da un'altra. Ci sono zone da cui si parte con barconi e zone da cui si parte soprattutto con gommoni.
  Naturalmente i gommoni sono quelli che creano il maggior numero di vittime, perché, essendo gommoni di pessima qualità, vengono rinforzati con dei fogli di compensato, che spesso tagliano con i bordi le camere d'aria.
  Credo che la presenza a bordo degli scafisti sia rimasta più o meno invariata. Sicuramente c’è un'organizzazione nella fase iniziale, che vede gommoni e barconi circondati da personale che effettua una sorta di servizio d'ordine molto violento, molto rigido e molto aggressivo. Da un certo momento in poi, i migranti vengono lasciati al loro destino.
  Si è visto che, per esempio, c'erano degli scafisti a bordo del peschereccio, che sono stati identificati e arrestati dal magistrato.
  È probabile che ciò dipenda dal carico utile, cioè da quante persone ci sono a bordo, dalla complessità del mezzo navale e dalla provenienza. Non abbiamo, però, una statistica puntuale.

  PRESIDENTE. C'era una domanda sulle ispezioni sanitarie.

  GIUSEPPE DE GIORGI, Capo di stato maggiore della Marina militare. Su tutte le nostre navi è presente il dottore. Adesso siamo al secondo parto. Uno è avvenuto addirittura su un gommone degli incursori. L'ultima bambina, invece, è nata su un nostro pattugliatore. Abbiamo anche riscontrato diversi casi di scabbia. Il medico fa un controllo speditivo. Naturalmente prima avevamo una nave anfibia, che faceva da hub, su cui c'era la Croce Pag. 15Rossa. C'era una situazione di natura diversa. Ora la nostra missione e più orientata alla sicurezza e all'interdizione, ovvero a cercare di sottrarre la libertà di manovra agli scafisti e a proteggere, come dicevo, sia le piattaforme che la Capitaneria di porto nella sua azione.
  Naturalmente, come dicevo, facciamo soccorso in modo massiccio, proprio perché, quando ci troviamo in quelle ondate, è impossibile non intervenire quando finiscono i mezzi di soccorso.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Capo di stato maggiore della Marina militare. È stato un onore averla qui.
  Anche a nome del Comitato, saluto chi l'accompagna: il contrammiraglio Vitiello, assistente del Capo di stato maggiore; il capitano di fregata Vignola, aiutante di bandiera; e l'ammiraglio Bisconti, vicecapo di gabinetto del Ministero della difesa.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.05.