XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 14 di Mercoledì 22 ottobre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI FLUSSI MIGRATORI IN EUROPA ATTRAVERSO L'ITALIA, NELLA PROSPETTIVA DELLA RIFORMA DEL SISTEMA EUROPEO COMUNE D'ASILO E DELLA REVISIONE DEI MODELLI DI ACCOGLIENZA.

Audizione del Ministro dell'interno, on. Angelino Alfano.
Ravetto Laura , Presidente ... 2 
Alfano Angelino (NCD) , Ministro dell'interno ... 3 
Ravetto Laura , Presidente ... 3 
Alfano Angelino (NCD) , Ministro dell'interno ... 3 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Arrigoni Paolo  ... 11 
Mazzoni Riccardo  ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 12 
Artini Massimo (M5S)  ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 13 
Distaso Antonio (FI-PdL)  ... 13 
Ravetto Laura , Presidente ... 14 
Frusone Luca (M5S)  ... 15 
Alfano Angelino (NCD) , Ministro dell'interno ... 15 
Frusone Luca (M5S)  ... 15 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 15 
Alfano Angelino (NCD) , Ministro dell'interno ... 16 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 16 
Ravetto Laura , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 9.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro dell'interno, on. Angelino Alfano.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui flussi migratori in Europa attraverso l'Italia, nella prospettiva della riforma del sistema europeo comune d'asilo e della revisione dei modelli di accoglienza, del Ministro dell'interno Angelino Alfano, che ringraziamo di essere tornato presso di noi.
  Il Ministro, che conosce tutto di questo Comitato (quindi non farò alcuna introduzione), ha recentemente svolto una relazione in Assemblea sui temi che trattiamo. Mi permetto di anticipare alcuni punti sui quali, come Comitato, gradiremmo conoscere la sua posizione. Naturalmente, dopo darò la parola ai colleghi per eventuali domande o richieste di chiarimento.
  Il primo punto, signor Ministro, riguarda quanto da lei riferito in Aula in merito alla possibilità che sia emanata una delibera di chiusura dell'operazione Mare Nostrum. Le chiediamo se abbiamo compreso correttamente e, se è così, quando è prevista tale delibera e se veramente all'interno del Governo c’è omogeneità di posizioni a questo riguardo.
  Abbiamo analizzato, all'interno del Comitato, l'operazione Triton, però vorremmo chiederle alcuni chiarimenti, perché non sappiamo se abbiamo effettivamente compreso tutti i dettagli di questa operazione. La prima richiesta che intendiamo rivolgerle è relativa al tema del recupero dei migranti da parte delle navi europee che si sono rese disponibili. Ci è parso di comprendere, anche dalle dichiarazioni del direttore di Frontex, che di fatto queste saranno mere operazioni di recupero in mare per poi trasferire i migranti sulle nostre coste, rimanendo, pertanto, in capo all'Italia gli oneri di identificazione degli stessi. Vorremmo da lei una conferma di queste notizie e, quindi, anche una valutazione, da questo punto di vista, della reale collaborazione a livello europeo.
  La seconda domanda riguarda gli screening sanitari: le chiediamo se sia vero o no, signor ministro, che queste navi europee, di fatto, non saranno attrezzate per questo genere di screening, che invece veniva operato dalla nostra Marina.
  Inoltre, le chiediamo di esprimere una sua osservazione sulla questione delle miglia, perché ci è parso di comprendere che Triton opererà fino a trenta miglia dalla costa, mentre Mare Nostrum operava fino a centosettanta miglia dalle coste italiane, quindi estremamente vicino alle coste libiche. Sappiamo che ci sono state, da questo punto di vista, delle critiche di Amnesty International secondo le cui osservazioni, se non si può arrivare fino alle coste libiche, dove di fatto si verificano la Pag. 3maggior parte dei naufragi, probabilmente questa operazione di salvataggio verrà in parte vanificata.
  Sull'applicazione della direttiva n. 55/2011 circa una possibilità di tutela immediata ma temporanea, in risposta ad un afflusso massiccio di sfollati, lei ha già risposto in alcune occasioni. Le chiediamo se può confermare qui la sua posizione.
  Infine, signor Ministro, il 15 aprile ultimo scorso lei affermò in questa sede che sarebbe stato opportuno spostare la sede di Frontex in Italia. Sono passati parecchi mesi da quella sua dichiarazione e le chiediamo se secondo lei sia questo un progetto ancora fattibile ed opportuno ? A che punto è l'iter ? Ringraziando ancora il Ministro Alfano, gli do subito la parola.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Ringrazio il presidente, che mi pare abbia, con sforzo di notevole preveggenza, anticipato le domande più significative che suppongo mi sarebbero state poste. Quindi, proverò a dare risposta a tutte le domande che sono state appena formulate, partendo dalle considerazioni svolte nell'audizione del 15 aprile scorso e anche del 28 maggio, laddove ho dato il mio contributo all'indagine conoscitiva avviata da questo Comitato per approfondire le problematiche connesse al massiccio afflusso di migranti sul territorio nazionale e all'evolversi dei flussi migratori verso l'Europa. Premetto che, stante la corposità delle domande e la mia volontà di essere esaustivo nelle risposte, non credo di riuscire ad essere troppo breve.

  PRESIDENTE. Noi siamo contenti.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Dico ciò perché alcuni colleghi, prima dell'avvio dell'audizione, mi hanno con cortesia preavvisato di altri impegni al Senato e che quindi non potranno essere presenti. Di ciò mi dispiace, comunque, vado ora ad illustrare quello che ho in mente di dire.
  Nelle due occasioni precedenti, proprio in questo Comitato, ho delineato un quadro delle politiche nazionali portate avanti in ordine ai temi delle migrazioni in Europa, dei flussi migratori verso l'Europa. Si tratta di politiche ispirate al principio della solidarietà, che non è diviso dalla inflessibilità sui fronti dell'immigrazione irregolare e del contrasto delle organizzazioni criminali dedite alla tratta e al traffico di esseri umani.
  Nei giorni scorsi ho ricevuto l'invito del presidente Ravetto a fornire questi ulteriori elementi conoscitivi e l'ho accettato subito volentieri, proprio per l'importanza di mantenere un proficuo rapporto con le istituzioni parlamentari. Il tempismo dell'audizione mi consente anche di ragguagliare questo Comitato circa gli esiti dell'ultimo Consiglio GAI in Lussemburgo (9 e 10 ottobre), che si è svolto in un clima di disponibilità ad affrontare i temi dell'immigrazione, con una visione di maggiore respiro europeo e di apertura alle proposte dell'Italia.
  Tra le conclusioni, mi soffermo innanzitutto sul via libera dato dal Consiglio all'operazione Triton, un'operazione di Frontex. Quindi, il primo risultato del Consiglio Giustizia e Affari interni è stato la deliberazione dell'operazione Triton di Frontex. Consentitemi di ascrivere questo risultato al tenace impegno del Governo italiano, che ha saputo creare attenzione e consenso intorno alla propria proposta di una gestione rinforzata delle frontiere esterne dell'Unione, in particolare di quelle del Mediterraneo centrale, da realizzarsi attraverso il consolidamento della presenza e la leadership dell'agenzia Frontex.
  L'agenzia Frontex viene opportunamente potenziata nelle sue capacità operative e nella sua dotazione finanziaria e, altrettanto opportunamente, sostenuta nella sua azione da parte degli Stati membri. A questo proposito, vorrei aprire una breve parentesi, perché ritengo che un indubbio effetto di rafforzamento dell'azione di Frontex sia nello spostamento del suo vertice operativo, come dicevamo alcuni mesi fa, nel cuore del Mediterraneo, poiché questo costituisce un vero scenario del fenomeno migratorio.Pag. 4
  In particolare, la nostra proposta è stata quella di aprire in Italia un centro operativo, vista la baricentrica posizione del nostro Paese. I tentativi che si sono svolti durante il semestre di presidenza hanno avuto il merito di porre la questione sul tappeto in maniera tale da gettare le basi – a questo siamo riusciti ad arrivare – per quel consenso necessario a raggiungere il quorum, cioè un quarto degli Stati membri, previsto ai fini della formalizzazione della proposta.
  Si tratta di una procedura complessa, che difficilmente sarà portata a termine nell'arco del semestre italiano, ma la conclusione del turno di presidenza non determinerà affatto l'abbandono del progetto, che anzi troverà da parte nostra una forte e decisa spinta in prosieguo. Lo ripeto, prima c’è da costruire un quorum qualificato, cioè un quarto degli Stati membri, per poter formulare la proposta formalmente.
  L'operazione di Frontex avrà inizio il primo novembre. I suoi assetti aeronavali si dispiegheranno nel Mediterraneo e, da quel momento, opereranno sulla base dell’operational plan redatto da Frontex d'intesa con la Commissione europea e i Paesi interessati, con l'indicazione di tutte le caratteristiche dell'operazione, compresi i suoi costi, quantificati in circa 3 milioni di euro mensili (ossia meno di un terzo di quanto è costata l'operazione Mare Nostrum), non certo pagati solo dall'Italia.
  La regia unitaria della nuova missione europea, che assorbirà quelle già in atto, cioè Eneas ed Ermes, sarà affidata, come dicevamo, all'agenzia Frontex. Per l'espletamento del mandato l'agenzia riceverà dall'Unione europea uno stanziamento aggiuntivo di 20 milioni di euro per l'anno 2015 e si avvarrà del Centro di coordinamento internazionale istituito a Pratica di Mare, presso il comando aeronavale della Guardia di finanza, dove saranno distaccati i rappresentanti della stessa agenzia e di tutti i Paesi partecipanti.
  Questo mi serve per dire che non abbiamo lavorato del tutto invano per la sede di Frontex in Italia, cioè abbiamo posto le basi politiche per formulare la proposta ma, al tempo stesso, sul piano operativo avremo un coordinamento in Italia, poiché l'operazione di Frontex avrà un Centro di coordinamento internazionale a Pratica di Mare. Questo mi sembra già un risultato molto importante, perché pone in Italia il luogo da cui si coordineranno le operazioni.
  Anche in ragione del vasto raggio di azione, che comprenderà l'intero Mediterraneo centrale e lo Jonio, l'operazione di Frontex richiederà la più ampia partecipazione di Stati membri. Abbiamo ottenuto un risultato veramente eccellente, perché, a parte l'Italia, altri diciotto Paesi hanno dato la loro disponibilità. Non è neanche escluso che tali numeri aumentino, ma già ora essi danno la dimensione della più grande e partecipata operazione di controllo delle frontiere messa mai in campo dall'Unione europea, a maggior ragione nello scenario del Mediterraneo. Alcuni Paesi hanno messo a disposizione assetti aerei o navali, mentre altri hanno contribuito con i propri esperti. Non mancherà il contributo italiano, perché il nostro Paese metterà a disposizione un aereo, un pattugliatore d'altura e due pattugliatori costieri.
  Questo, al momento attuale, è il panel degli Stati partecipanti e dei dispositivi su cui potrà contare l'operazione guidata da Frontex. I Paesi sono: Spagna, Portogallo, Islanda, Finlandia, Malta, Olanda, Lettonia, Francia, Austria, Belgio, Estonia, Germania, Polonia, Romania, Slovenia, Svezia, Svizzera e Regno Unito.
  Nei giorni scorsi sono circolati imprecisi accostamenti tra l'operazione Mare Nostrum e la missione di Frontex. Innanzitutto, voglio dire subito che Mare Nostrum andrà a conclusione e la decisione sarà formalmente assunta in uno dei prossimi Consigli dei ministri, così come da me concordato con il Presidente del Consiglio. Si tratta non di un cambio di nome, come qualcuno ha detto in modo gravemente errato, ma di due missioni completamente distinte.
  La prima distinzione è racchiusa già nella domanda della presidente Ravetto: questa missione opera al confine delle Pag. 5acque territoriali, cioè Schengen, ossia a trenta miglia dalle coste italiane, mentre Mare Nostrum arrivava in prossimità reale delle coste nordafricane. Quindi, questa è un'enorme differenza che dà una risposta chiara a chi diceva che l'operazione «Mare Nostrum» potesse essere considerata un pool factor, cioè un fattore di attrazione di migranti, per il fatto che si avvicinava a quelle coste.
  Chi era di questa idea, dovrà adesso riconoscere che, se fosse vera la tesi d'accusa, sarebbe smontato esattamente tutto ciò che è stato detto fin qui: non arrivando fino alla prossimità delle coste nordafricane, viene meno l'accusa di operare azioni di attrazione – pool factor – ciò che era ritenuto il vero limite e la gravità in negativo dell'azione di Mare Nostrum da parte dei suoi detrattori.
  Inoltre, come è fin troppo evidente, l'operazione di Frontex, denominata Triton, è un'operazione decisa, portata avanti e finanziata dall'Unione europea con una governance complessiva assicurata dall'agenzia di Frontex, cioè ancora una volta da un organismo della stessa Unione europea. Viceversa, Mare Nostrum è nata da una decisione italiana, è stata condotta e finanziata dall'Italia ed è stata realizzata per dare una risposta emergenziale al gravissimo problema umanitario manifestatosi, tragicamente, con la sciagura di Lampedusa sotto i nostri occhi, a poche migliaia di distanza dal nostro territorio, quindi, al tempo, coinvolgendo l'Italia anche emotivamente in misura maggiore rispetto agli altri Paesi europei.
  Non cogliere queste differenze porta all'errore di ritenere che le due operazioni possano considerarsi assimilabili, cosa che non è vera in modo assoluto. Mare Nostrum e Triton non sono paragonabili tra loro, perché l'operazione nuova di Frontex svolge un compito del tutto differente rispetto a quello di Mare Nostrum.
  Le risorse che il decreto-legge sugli stadi, che è stato contestato, ha riservato al settore dell'immigrazione sono destinate non a rifinanziare il dispositivo di Mare Nostrum – come è stato detto anche in Aula, cosa che peraltro non riguarderebbe specificamente il Ministero dell'interno, perché i costi sono prevalentemente a carico del bilancio della Difesa – ma a rimpinguare i capitoli di spesa destinati all'accoglienza, cioè quei capitoli di spesa che, rispetto ai soggetti che devono essere accolti nel nostro Paese, servono per non farli stare per strada e per non dare anche ai nostri concittadini l'impressione di un Paese che abbia più migranti di quelli che in realtà vi siano. Dico questo con chiarezza perché ho sentito troppe cose non vere durante il dibattito riguardante il decreto-legge sugli stadi.
  Anche le modalità operative delle due missioni sono diverse in ragione dei due diversi obiettivi. Come è già stato annunciato, l'obiettivo della missione di Frontex nel Mediterraneo centrale sarà contrastare l'immigrazione clandestina, la tratta e il traffico di esseri umani. È logico, dunque, che nel corso di questa operazione Frontex debba rispettare i limiti e le procedure imposte dal Regolamento n. 656/2014, che reca le norme a cui l'agenzia si deve attenere per la sorveglianza delle frontiere marittime – quelle esterne – dell'Unione europea. Vorrei precisare che, proprio in base a questo Regolamento, l'attività di vigilanza in mare dei mezzi di Triton non sarà passiva e di puro contenimento, ma contemplerà ogni intervento utile anche in chiave dissuasiva, inclusa l'ispezione del natante, del carico e delle persone che vi sono a bordo, nonché il sequestro del mezzo e il fermo delle persone.
  Naturalmente, la missione di Frontex svolgerà all'occorrenza anche attività di ricerca e soccorso di persone in pericolo, conformemente non tanto agli obiettivi di questa missione, bensì al diritto internazionale e nel rispetto dei diritti fondamentali, indipendentemente dalla cittadinanza, dalla situazione giuridica o dalle circostanze in cui si trovino le persone da soccorrere.
  Del resto, anche il direttore di Frontex, Arias Fernandez, ha recentemente dichiarato – cito testualmente – che «la salvezza delle vite umane è considerata un'assoluta priorità per la nostra agenzia» e tale rimarrà anche nel corso di Triton, Pag. 6analogamente, del resto, a tutte le operazioni marittime condotte da quell'organismo.
  Non mi sfugge che, dopo aver dato vita alla decisione su Triton da parte di Frontex, è stato posto il problema di un impegno maggiore dell'Unione europea, anche nella consapevolezza che non vi è alcuna simmetria con l'operazione Mare Nostrum e che alcune di quelle fondamentali esigenze che tale missione – lo diceva da ultimo la presidente Ravetto – ha finito per coprire, non potrebbero trovare risposta altrettanto efficace e pronta da parte della missione di Frontex. Resterebbe poi aperto il problema dell'accoglienza, cui ha fatto cenno la presidente Ravetto.
  A queste domande non si può che rispondere – lo dico con grande chiarezza – in base alla normativa europea. Bisogna ricordare che questa normativa verrà applicata in questa operazione ed è informata al principio del non respingimento, secondo il quale non è possibile rinviare le persone verso i Paesi terzi in cui esista un rischio grave per la loro sopravvivenza o incolumità. Siccome questa situazione riguarda, in pratica, tutti i Paesi rivieraschi da cui provengono effettivamente le imbarcazioni, ne deriva, a termini di regolamento, la necessaria riconduzione del natante verso lo Stato membro che ospita l'operazione.
  Devo ricordare ancora una volta che l'operazione di Frontex è nata con esclusive finalità di presidio delle frontiere, dunque non credo che si possa chiedere a questa operazione anche la soluzione del problema dell'accoglienza, che riguarda invece altri temi, che partono esattamente dal Regolamento di Dublino.
  A questo riguardo, è stata anche agitata la possibilità dell'attuazione della direttiva n. 55/2001, che prevede la ripartizione degli sfollati tra gli Stati membri nel caso di afflusso massiccio di stranieri da Paesi terzi. Vorrei ricordare – soprattutto agli amici della Lega – che nemmeno di fronte ai tragici fatti del 2011, della primavera araba, quando il Ministro era il collega e amico Roberto Maroni della Lega, l'Unione europea ritenne che vi fossero i presupposti per dare attuazione alla direttiva n. 55/2001, che ripartisce gli sfollati tra i vari Stati. In soldoni, neanche nel 2011, quando c’è stata la primavera araba, il cosiddetto «burden sharing» è stato accolto dall'Unione europea, che infatti non dette seguito alle richieste avanzate dall'allora Ministro Maroni e da Malta, laddove l'Italia e Malta si ritrovarono da sole a sostenere queste richieste.
  Io non escludo che la questione possa essere riproposta in futuro, superando una diffidenza europea che portò a considerare l'applicazione della direttiva come ostacolata dalla decisione del Governo di concedere ai fuggiaschi la protezione umanitaria ai sensi della normativa italiana, mentre le due iniziative avrebbero ben potuto conciliarsi e probabilmente scorrere parallele. Posizioni altrettanto intransigenti e di chiusura hanno finito, del resto, con lo svuotare anche i compiti operativi dell'apposita task force istituita a livello europeo dopo i fatti di Lampedusa, la cui attività avrebbe potuto offrire un contributo ancora più ampio e incisivo, essendo stata limitata, in questa fase, a poche scelte – sebbene importanti – e a un sostegno finanziario. La scelta della protezione umanitaria, allora, di fatto bloccò la possibilità di aprire un varco e uno spiraglio per il tema del burden sharing. Dunque, alla luce di tutti questi «no» anche del recente passato, non vi deve apparire trionfalistico rivendicare il merito che ha avuto l'Italia nell'ottenere la concreta disponibilità dell'Europa a impegnarsi direttamente nel controllo delle proprie frontiere esterne. È un risultato senza precedenti, che sancisce un grande risultato politico oltre che operativo: l'Europa riprende a occuparsi delle proprie frontiere e lo fa cominciando dal Mediterraneo centrale, quindi è un'Europa che attraverso Schengen ha cancellato le frontiere interne e con queste operazioni torna a presidiare più efficacemente le frontiere esterne.
  È un dato politico importantissimo, che invito tutti a non sottovalutare, non perché voglia rivolgere i complimenti al Governo o voglia specificamente riceverli, ma perché Pag. 7è un risultato al quale abbiamo lavorato a lungo e che è stato conseguito con grande tenacia.
  Pur nella discontinuità che l'operazione di Frontex rappresenta, sono dell'avviso – e anche questa vorrei che fosse colta come una considerazione politica – che non saremmo riusciti a conseguire questo risultato se non ci fosse stata l'operazione Mare Nostrum. Oltre ai vari e alti meriti umanitari, credo che Mare Nostrum abbia avuto il risultato politico di avere costretto l'Unione europea a uscire dal suo guscio e a misurarsi con un più concreto e operativo approccio alle questioni della frontiera e della migrazione nel Mediterraneo.
  In conclusione della parte dedicata all'operazione di Frontex, vorrei spendere qualche parola in riferimento a quanto chiesto dalla presidente Ravetto. Ovviamente, per tutto quanto attiene al tema della sanità, bisognerà parlare con il Ministro Lorenzin. Quello che posso dire è che saranno mantenuti i tradizionali presìdi di screening sanitari sui migranti, effettuati a terra subito dopo gli sbarchi e prima del loro smistamento presso i vari centri governativi.
  Passiamo ad un altro capitolo, perché nella richiesta di audizione mi era stato posto anche il tema della vigilanza sull'attività di Europol di controllo e vigilanza della materia dell'immigrazione, quindi tutto questo investiva anche il tema del diritto d'asilo e altri temi fondamentali. La scelta di Frontex costituisce una prima significativa misura attuativa di rafforzamento della sorveglianza delle frontiere, ma è solo uno dei punti cardine della nuova strategia europea di gestione dei flussi migratori delineata nelle conclusioni del Consiglio GAI di Lussemburgo e che è volta a superare l'approccio emergenziale che ha caratterizzato finora il settore.
  A questa scelta di presidio delle frontiere si affiancano altri due punti cardine: il miglioramento della cooperazione con i Paesi terzi di origine e transito dei flussi, e la piena attuazione del sistema comune europeo di asilo. In merito al primo punto rilevo quanto sia avvertita l'esigenza di ripristinare un dialogo politico globale con la Libia, attuale crocevia dei flussi migratori e come, al momento, si tratti sostanzialmente di una missione che con un generoso eufemismo potrei definire assai ardua, viste le condizioni di crescente instabilità in cui versa il Paese. Lo dico ai componenti di questo Comitato come l'ho detto in Parlamento: è bellissimo dichiarare sulle agenzie che occorre ripristinare una discussione sulla Libia e io inviterei tutti quelli che fanno le agenzie dicendo ogni giorno che è facile risolvere il problema della migrazione, in quanto è semplice e sufficiente fare un accordo con la Libia, ad entrare più nel merito e a darci qualche consiglio più specifico, suggerendoci magari con chi parlare.
  Insomma, gradirei ricevere sulle agenzie qualche consiglio più mirato e più preciso da potere girare anche ai colleghi della Difesa e degli Esteri. Mi rendo conto quanto spesso sia facile suggerirci di ragionare con la Libia. Quando leggo le agenzie ringrazio frequentemente per l'intuizione, ma vorrei che quest'ultima fosse ulteriormente precisata.
  A parte la pur basilare questione libica, le conclusioni del Consiglio indicano un'articolata serie di iniziative da adottare in cooperazione con gli Stati terzi. Cito quelle più significative quali: l'individuazione, insieme alle autorità tunisine, egiziane e libiche, di eventuali modi per limitare l'acquisizione di navi da parte dei trafficanti; la collaborazione di polizia per lo smantellamento delle reti di traffico; il sostegno allo sforzo profuso dai Paesi terzi per incrementare la capacità di gestire le proprie frontiere e i propri flussi migratori, nonché di prestare assistenza ai rimpatriati; l'intensificazione dell'uso delle azioni congiunte dell'Unione europea nel settore dei rimpatri, in particolare sotto il coordinamento di Frontex.
  Ciascuna di queste misure è una misura specifica che avrà un seguito a livello europeo. Si tratta di misure di indubbia validità, che possono certamente condurre a un efficace contenimento della pressione migratoria. L'Italia, da questo punto di vista, è in prima linea da sempre, avendo privilegiato la sottoscrizione di accordi di Pag. 8questo tipo, in particolare con i Paesi del Nord Africa, Tunisia, Libia ed Egitto, nonché con quelli dell'Africa subsahariana, cioè il Niger, la Nigeria e il Gambia, nell'intento di attuare specifici programmi di assistenza tecnica a beneficio delle forze di polizia di quegli Stati.
  In tale ambito, il Governo riconnette fondamentale importanza anche allo sviluppo dei partenariati di mobilità, dei programmi di protezione regionale e dei processi regionali, strumenti indispensabili per portare l'azione dell'Europa direttamente nelle aree di origine del fenomeno migratorio. In proposito, informo che in aggiunta ai partenariati con il Marocco e la Tunisia, già operativi, è stato firmato, a margine dell'ultimo Consiglio Giustizia e Affari interni di Lussemburgo, anche un partenariato con la Giordania.
  Per ciò che attiene ai processi regionali, un ulteriore impulso potrà venire dalla IV Conferenza ministeriale euro-africana su migrazione e sviluppo, che l'Italia ospiterà a Roma il prossimo 27 novembre, nel quadro del «processo di Rabat», cioè un foro di dialogo tra l'Unione europea e i Paesi dell'Africa occidentale, centrale e mediterranea sui temi migratori.
  Il Governo italiano sta inoltre promuovendo l'avvio e lo sviluppo del «processo di Khartoum», analogo foro di dialogo, stavolta con i Paesi dell'Africa orientale. È in questo ambito collaborativo che potrà essere ulteriormente sondata la possibile apertura di corridoi umanitari, la cui praticabilità sembra oggi particolarmente complicata a causa delle conflittuali condizioni geopolitiche e dalla assenza di interlocutori affidabili.
  Inoltre, riaffiorano anche su questo tema rigidità europee prevalentemente espresse dai Paesi del nord Europa, preoccupati che uno screening effettuato nei Paesi di origine dei richiedenti protezione porterebbe a conseguenze per loro meno favorevoli rispetto all'attuale applicazione del principio di Dublino. Ritengo di aver appena detto una cosa molto significativa.
  Vengo ora al terzo asse, quello dell'attuazione del sistema comune europeo di asilo. In proposito, le conclusioni del recente Consiglio di Giustizia e Affari interni contengono due indirizzi precisi agli Stati membri, diretti, da un lato, all'intensificazione delle attività di identificazione dei migranti, dall'altro, alla costruzione di sistemi di accoglienza flessibili, che siano in grado di rispondere ai flussi migratori improvvisi. Nessuna delle due sollecitazioni, né quella che riguarda l'intensificazione delle attività di identificazione, né quella che riguarda l'accoglienza di flussi improvvisi trova l'Italia impreparata. Anzi, abbiamo già richiamato l'attenzione dei questori sull'esigenza di curare il fotosegnalamento dei migranti, nonché la registrazione e la raccolta delle loro impronte, anche al fine di contrastare i tentativi di aggirare il sistema EURODAC perpetrati dalle reti dei trafficanti. Noi abbiamo duramente contrastato tali reti e sono arrivati a circa settecento gli scafisti arrestati nell'ultimo anno e mezzo. Si tratta di un risultato importante, anche questo connesso a un'azione delle nostre forze dell'ordine, delle forze di polizia e di tutti coloro i quali stanno in mare, che ringrazio di vero cuore.
  Oltre all'identificazione, il migrante viene informato delle conseguenze, anche penali, che può determinare la sua opposizione alle attività di identificazione, ricordandogli che, in base alle norme del nostro codice, è possibile punire l'alterazione fraudolenta di parti del proprio corpo compiute con questo specifico dolo, prassi che, come è noto, è particolarmente invalsa tra i migranti (per esempio, abradere le impronte digitali o, comunque, operare delle azioni che implichino un'alterazione del proprio corpo).
  Nella stessa ottica di attenzione al contrasto degli interessi criminali si colloca anche l'operazione Mos maiorum, che si sta svolgendo con il coordinamento italiano e il contributo di Frontex, e che è destinata a concludersi tra qualche giorno. L'iniziativa, che coinvolge varie polizie europee, è finalizzata a mettere sotto la lente i punti di passaggio per così dire «caldi» delle frontiere esterne e i movimenti secondari, quelli cioè che avvengono all'interno degli Stati membri, con l'obiettivo di Pag. 9monitorare nell'area Schengen i flussi di transito dell'immigrazione clandestina.
  L'operazione, del tutto analoga a quelle pianificate dagli altri Stati membri nel loro turno di presidenza dell'Unione europea, è finalizzata in particolare ad ottenere una migliore conoscenza e una mappatura delle attività di trafficking che ricostruisca le rotte seguite dalle organizzazioni criminali, i mezzi di trasporto utilizzati e i principali luoghi di rintraccio.
  Quanto al secondo versante del Sistema europeo comune di asilo, l'intensità e la frequenza incalzante degli sbarchi ci avevano già indotto a ripensare l'intero sistema dell'accoglienza in modo da collocarlo al di fuori della logica emergenziale degli ultimi dieci anni. Dal marzo 2002 al dicembre 2012, infatti, l'Italia aveva gestito gli eccezionali flussi migratori con gli strumenti propri della protezione civile, cioè con ordinanze di necessità e urgenza, previa dichiarazione dello stato di emergenza. L'impegno profuso per la riorganizzazione del sistema di accoglienza ha condotto all'elaborazione, d'intesa tra Governo, regioni e autonomie locali, di un Piano operativo nazionale sul quale la Conferenza unificata ha sancito l'intesa proprio nella seduta dello scorso 10 luglio. La portata innovativa del Piano sta nel fatto che la gestione dei flussi acquisisce la connotazione di attività ordinaria strutturata e programmabile, fondata sul metodo dell'accordo tra lo Stato e il mondo delle autonomie territoriali, espressamente definito, a sua volta, come metodo ordinario. L'accordo, cioè, diventa il metodo ordinario, così come richiesto da alcuni presidenti di regione, a cominciare dal presidente Maroni.
  Il Piano distingue l'accoglienza in tre fasi, organizzate in maniera tale da consentire il rapido passaggio dall'una all'altra. La prima fase è la fase del soccorso e della prima assistenza, attuata in appositi centri governativi ubicati nelle regioni di sbarco limitrofe, nei quali il periodo di permanenza sarà estremamente contenuto, al fine di garantire il massimo turnover delle presenze.
  La fase della prima accoglienza e qualificazione è da attuare per periodi di tempo limitati, in una struttura governativa concepita come base logistica ampia, di livello regionale o interregionale, dove avverrà, tra l'altro, la selezione tra gli aventi diritto all'asilo e coloro che non ne hanno titolo, ove si sia conclusa in questi centri la relativa procedura.
  La terza fase sarà la fase della «seconda accoglienza» – scusate il gioco di parole – e dell'integrazione e sarà realizzata attraverso lo SPRAR, cioè il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, gestito, come è noto, dagli enti locali con la regia unitaria del Ministero dell'interno. Lo SPRAR viene confermato come sistema unico di accoglienza di secondo livello.
  Il motore di questa macchina complessa rimane il Ministero dell'interno che, per la ripartizione dei migranti sul territorio nazionale e l'organizzazione delle altre misure previste dal Piano, si avvale del supporto e delle indicazioni del tavolo di coordinamento nazionale a cui partecipano le amministrazioni statali interessate, la Conferenza delle regioni, l'UPI e l'ANCI.
  Analogamente, il prefetto del comune capoluogo di regione attiva e presiede tavoli di coordinamento regionali aventi il compito di realizzare a livello locale le strategie operative definite dal tavolo nazionale. Oltre a riformare il sistema dell'accoglienza, abbiamo posto le basi anche per il suo potenziamento attraverso finanziamenti che, per l'anno 2014, ammontano a 113 milioni di euro e che, a regime, ammonteranno a circa 187 milioni di euro, questi ultimi stanziati con il disegno di legge di stabilità appena approvato dal Consiglio dei ministri.
  Il riferimento alla prossima legge di stabilità mi offre l'occasione per fornirvi un'informazione su un tema che è stato oggetto di una grande attenzione in sedi varie, tra cui, in primis, quella parlamentare.
  La legge di stabilità, infatti, contiene una soluzione appropriata all'annoso problema dei minori stranieri non accompagnati Pag. 10presenti sul territorio nazionale. Si prevede che i minori stranieri non accompagnati, anche se non richiedenti asilo, siano accolti nello SPRAR, poiché lo SPRAR è il vero fiore all'occhiello delle politiche nazionali di accoglienza dei rifugiati e riteniamo che sia il luogo idoneo in cui accogliere i minori. Contestualmente, presso il Ministero dell'interno è stato istituito un fondo che sarà destinato ad essi, con la soppressione del fondo attualmente previsto presso il Ministero del lavoro.
  Rimanendo in tema, non sfugge a nessuno come la vera sfida stia in una rivisitazione profonda delle politiche dell'Europa in materia di asilo, una politica basata sull'idea di fondo che occuparsi dell'accoglienza sia un preciso compito dell'Europa, vista come soggetto politico e istituzionale che prende il posto, nel suo insieme, di ciascun singolo Paese.
  In sostanza, ottenuto l'avvio della missione di Frontex, l'obiettivo che adesso avremo è quello di concentrare gli sforzi sulla modifica, o quanto meno sull'attenuazione, del principio base del Regolamento di Dublino, che limita l'ambito di radicamento del richiedente asilo allo stato di primo approdo.
  Si tratta di un principio di cui io ho avuto modo di rappresentare più volte una sorta di iniquità, sia nei confronti dei richiedenti asilo e dei rifugiati, che sono menomati nei loro diritti e nelle loro aspettative di vita familiare, sociale e lavorativa, sia nei confronti di quegli Stati membri che sono frontiera esterna dell'Unione, come l'Italia, su cui finiscono per riversarsi in esclusiva gli oneri dell'accoglienza.
  Per la verità, il superamento di questo principio è da tempo all'attenzione del nostro Governo, come di quelli che l'hanno preceduto ma che non sono riusciti a cambiare la filosofia di fondo del Regolamento di Dublino. Il tema l'abbiamo posto sempre, in tutte le sedi istituzionali. Consapevoli della netta contrarietà della larga maggioranza dei Paesi membri alla sua eliminazione tout court nel programma del semestre di presidenza italiana, abbiamo quindi prospettato un'applicazione flessibile del Regolamento di Dublino che tenga conto, ai fini della determinazione dello Stato competente, di fattori familiari – mi riferisco ai ricongiungimenti – e anche degli interessi dei minori.
  Inoltre, abbiamo messo in campo la proposta del mutuo riconoscimento delle decisioni di asilo, a suo tempo elaborata proprio dalla Commissione europea e, all'occorrenza, siamo pronti a sottoporre al vaglio dell'Unione europea anche altre misure, quali l'esame congiunto delle domande di asilo e il pooling delle strutture di accoglienza.
  La partita è difficile, è ardua, ma è aperta. Io non sono in grado di anticiparne l'esito finale, anche se non mancano segnali positivi. Mi riferisco alle significative aperture fatte dal neo commissario designato Avramopoulos nel corso della sua audizione di fronte alle competenti Commissioni del Parlamento europeo. Quello che posso garantire è che l'impegno del Governo sarà massimo. La tenacia ci sarà, come c’è stata per l'operazione di Frontex, essendo consapevoli tutti che su questo tema si gioca tanto del futuro delle politiche migratorie non solo del nostro Paese, ma anche dell'Unione europea.
  La ringrazio, presidente, per il tempo che mi ha concesso. Mi scuso per averne abusato, ma ritenevo opportuno provare a fornire una risposta esaustiva all'ampio bouquet di quesiti che lei mi ha posto durante la sua premessa. Vi ringrazio e rimango a disposizione per eventuali domande o richieste di chiarimento.

  PRESIDENTE. Grazie a lei per l'attenzione importante che dedica sempre a questo Comitato, dal momento che, come ha giustamente fatto rilevare, ci ha risposto immediatamente e oggi ci ha fornito innumerevoli elementi di riflessione.
  Vorrei salutare, a nome del Comitato, coloro che accompagnano il Ministro Alfano, cioè il prefetto dottor Bruno Frattasi, direttore dell'Ufficio affari legislativi, il viceprefetto dottor Paolo Formicola, Capo dell'Ufficio primo coordinamento, il dottor Pag. 11Antonio Cananà, Capo dell'Ufficio relazioni parlamentari, il suo segretario particolare, il dottor Roberto Rametta, e la sua portavoce, dottoressa Danila Subranni.
  Signor Ministro, lei ha parlato, giustamente, della questione della Libia. Noi non pretendiamo assolutamente di darle un'indicazione, ma le vogliamo segnalare che abbiamo in programma un'audizione con un ambasciatore, il cui nome è Ahmed Elmabourk Safar. Trasferiamo ai suoi uffici questo nome perché può essere di utilità (avremo a breve l'audizione di questo rappresentante della Libia).
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAOLO ARRIGONI. Ministro Alfano, ho notato che lei ha colto l'occasione anche per togliersi un po’ di sassolini dalle scarpe. Io ho una serie di domande. Mi limito nella quantità, perché non voglio abusare della pazienza dei colleghi.
  Lei ha detto che il termine di Mare Nostrum sarà deliberato dal Consiglio dei ministri in una delle prossime riunioni. Triton parte il primo novembre, quindi, sicuramente ci sarà un periodo di sovrapposizione delle due operazioni. Le chiedo se sia stato già quantificato questo tempo e se l'interruzione di Mare Nostrum avverrà di netto oppure con una certa gradualità.
  Tra gli obiettivi di Triton lei ha sottolineato il contrasto all'immigrazione clandestina e al traffico di esseri umani, ma ricordo che, quando lei lanciò, insieme al collega Mauro, l'operazione Mare Nostrum, la definì come «somma del pattugliamento dell'azione della polizia giudiziaria e della magistratura, che avrà un effetto deterrente molto significativo per chi pensa impunemente di fare il traffico di esseri umani». Mi pare che gli obiettivi siano i medesimi. Tuttavia, un conto sono gli obiettivi, un conto sono i risultati.
  Inoltre, non ho ben capito quali sono le regole di ingaggio – sono stato disattento, ragion per cui le chiedo, se possibile, di ripeterle – delle imbarcazioni che sono affiliate all'operazione Triton.
  La quarta domanda riguarda i mezzi navali di Triton. Lei ha spiegato che questi limiteranno le loro azioni direttrici all'interno delle 30 miglia marine dalle coste dei Paesi europei. Le faccio una domanda: qualora un natante che lascia le coste della Libia o dell'Egitto dovesse lanciare un SOS, come si comporteranno le navi ? Le persone che sono presenti in questi natanti, che immagino non potranno essere respinte, da quale Paese verranno ospitate e accolte ?
  Passo alla quinta domanda. Visto che è passato un po’ di tempo dall'ultima audizione, le volevo chiedere un aggiornamento dei dati. Lei ha parlato di 700 scafisti arrestati. Volevo chiedere mediamente quali condanne hanno ricevuto, se cioè sono in carcere; vorrei anche sapere qual è il numero di sbarchi dall'inizio dell'anno e quanti sono i minori non accompagnati, sempre dall'inizio d'anno.
  Aggiungo un'altra domanda, spiacevole, ma sulla quale, ovviamente, ritengo di fare chiarezza per la dovuta trasparenza. Era contenuta anche in una delle tante interrogazioni sul tema Mare Nostrum, alle quali non è mai stata fornita risposta, ministro, nonostante diversi solleciti. Sono stati quantificati morti e dispersi ? Noi ci basiamo solamente sui dati forniti dall'UNHCR !
  Infine, lei ha stigmatizzato coloro che suggeriscono di aprire dei contatti bilaterali con la Libia. Mi rendo conto che questo è un Paese in cui, probabilmente, non c’è un interlocutore autorevole, ma degli altri volevo rappresentarle quanto qui ha detto l'ambasciatore egiziano, proprio in tema di minori non accompagnati, che lei vorrebbe accogliere nel sistema SPRAR, il quale mi pare che da luglio sia stato aumentato, come capienza, a 20.000. Questi minori rientrano nei 20.000, oppure di quanti numeri viene ampliato lo SPRAR ?
  L'ambasciatore egiziano diceva che ci sono altri Paesi dell'Europa che, nel momento in cui arriva un minore non accompagnato, lo respingono. Io non riesco a capire la legislazione italiana, che invece mantiene il minore non accompagnato, lo Pag. 12accoglie, lo forma – c’è un formatore linguistico – e crea le condizioni per trovargli un lavoro fino alla maggiore età.
  Da dati che ho raccolto dall'inizio dell'anno, sono arrivati 10.000 minori non accompagnati, i quali, per la cronaca, costano, in termini di accoglienza, il doppio rispetto agli adulti. Di questi, un quarto mi risulta che siano egiziani. Pertanto, di fronte alla disponibilità del Governo egiziano di accogliere il rimpatrio di questi minori non accompagnati, le consiglio di valutare l'opportunità di modificare questa legislazione italiana in modo tale che questi minori non accompagnati, che lo stesso ambasciatore dell'Egitto ha affermato che vengono in Italia perché il nostro Paese viene definito come «il Paese del Bengodi», possano ritornare nel loro Paese. Cito: «l'accoglienza di 2.500 minori non accompagnati egiziani rappresenta per le casse dello Stato la spesa modica di 75 milioni all'anno».

  RICCARDO MAZZONI. Anch'io ho un po’ di domande. Non faccio considerazioni, se non per il fatto che, chiaramente, esiste il diritto internazionale, che impone il soccorso in mare. Pertanto, le nostre navi non si sottrarranno più di certo, se ci sarà questo tipo di esigenza.
  Anch'io, però, volevo qualche chiarimento. Il direttore esecutivo di Frontex ha detto testualmente: «L'Agenzia e l'Unione europea non possono sostituire gli Stati membri nella responsabilità di controllare le loro frontiere. Da noi ci sarà un supporto». Io credo sia essenziale che la nuova missione che parte non offra livelli di ambiguità a cui l'Europa ci ha, purtroppo, abituati. Rilevo con soddisfazione che, fino a pochi giorni fa, erano solo 8 gli Stati, che ora sono diventati 18 (c’è anche la Germania, che in un primo momento si era tirata indietro). La mia domanda specifica è: Triton opererà non oltre le trenta miglia dalle nostre coste, quindi, quello che resterà di Mare Nostrum si spingerà oltre, o resterà ancorato alle trenta miglia ? Per quanto durerà ancora Mare Nostrum, quante navi saranno impiegate, con quale personale a bordo e con quale tipo di supporto tecnico ?
  Da ultimo, sul Regolamento di Dublino, ministro, lei è stato piuttosto chiaro: va superato, perché va contro anche il principio di solidarietà che è alla base dell'Unione europea. Secondo lei, è pensabile e possibile che si possa iniziare una revisione entro la fine del semestre di presidenza italiana ?
  Pongo un'ultima domanda statistica: dei 140.000 clandestini salvati da Mare Nostrum quest'anno – anche questi sono dati Frontex – quanti avevano diritto a richiedere asilo e quanti erano, invece, immigrati economici ? Quanti si sono rifiutati di fornire le generalità ? Quanti sono rimasti sul territorio italiano e quanti, invece, sono riusciti ad andare nei Paesi che erano il loro obiettivo al momento della partenza ? Le chiedo ciò visto che l'Europa ci ha anche accusato di essere un fattore di impulso all'immigrazione e di non saper poi controllare le nostre frontiere, poiché diversi migranti sono espatriati.

  PRESIDENTE. Considerato che il Ministro è preparatissimo, ma non è una calcolatrice, magari alcuni dati che gli stiamo chiedendo può farceli avere per iscritto o dopo questa seduta.

  MASSIMO ARTINI. Grazie, Ministro. Faccio alcune piccole considerazioni, perché sono in parte preliminari ad alcune domande.
  In particolare, lei ha detto che per Triton il contributo europeo sarà di 3 milioni di euro. Considerato che ha detto che comunque Ermes, Eneas e la stessa Mare Nostrum andranno a concludersi e che i contributi europei a quelle missioni erano, rispettivamente, di 1,8 milioni per le prime due e di 750.000 euro per la terza, ciò vuol dire, indicativamente, che prima l'Europa contribuiva per 2,5 milioni a delle missioni di controllo e che ora contribuirà per 3 milioni, con un incremento di quasi 400.000 euro. Sinceramente, ciò significa che chiude Mare Nostrum, Pag. 13ma che da parte europea il contributo è poco. Da questo scaturisce una domanda. I tempi, se l'inizio è il primo novembre, sono stretti. Lei ha detto che ci sono 18 Paesi che parteciperanno alla missione, ma ha fornito solamente per l'Italia i dispositivi navali che potranno partecipare. Sicuramente, in questa fase è obbligatorio che ci sia il sovrapporsi di una missione italiana più forte rispetto alle altre, perché gli altri Paesi dovranno far arrivare queste navi o altri pattugliatori dalle loro zone, o comunque dovranno garantire delle disponibilità, in slot di un tot di mesi, da parte di ogni singolo Paese, per poter gestire quel controllo sul confine.
  La domanda che mi pongo è quanto sia esteso il confine che viene controllato. Mare Nostrum aveva un'estensione ampia, non solamente sulla parte vicina alla Libia, ma anche e soprattutto sulla parte del Mediterraneo aperto, che guarda all'Egitto, al Libano e alla parte mediorientale.
  Quanto al grosso lavoro fatto, è da riconoscere che sia stato svolto egregiamente rispetto a prima, con riferimento alla scoperta di navi madre e di scafisti, ma ciò è dipeso soprattutto dal fatto che tale lavoro veniva svolto nella zona che non era limitrofa alle nostre coste, bensì, viceversa, molto più in mare aperto. Proprio per questo motivo la domanda è: al fine di continuare a ricercare le navi madri e gli scafisti, questo tipo di azione è stata valutata o no ? È stato valutato, cioè, il fatto di poter continuare a fare questa ricerca e con quali dispositivi ?
  In più, le chiedo, aggiungendo la mia alla domanda corretta dei colleghi senatori, qualora si verificasse un problema di ricerca e soccorso, cosa farebbero le navi della missione Triton in questo caso.
  C’è anche un altro problema. Mi riferisco alle missioni VIPE, di vigilanza pesca, attive dal 1959, che avevano come secondo ruolo il controllo dei flussi dell'immigrazione. Queste missioni, naturalmente, si estendono oltre le 30 miglia e arrivano fino alle coste della Libia, fino al 34o parallelo, se non ricordo male. Tali missioni erano le stesse con cui era configurata Mare Nostrum. Mare Nostrum è un'etichetta affibbiata a quel tipo di missione militare, alla quale è stato solamente aggiunto un numero maggiore di navi, in particolare d'altura.
  La domanda è: poiché non dovrà essere senz'altro rimosso il ruolo di vigilanza pesca e quelle navi dovranno comunque lavorare, come si integrano con Triton ? In quella fase è dato il carico solo all'Italia, con lo stesso dispositivo – un pattugliatore d'altura o due fregate – per arrivare a quel tipo di lavoro ?
  Uno spunto, sulla parte finale, è importante. Lei ha descritto la parte svolta dal Ministero dell'interno sull'accoglienza. Visitando varie prefetture, CARA, CIE e via elencando, la parte che mi è sembrata più problematica è quella del coordinamento nazionale, sia con riferimento all'accettazione dei flussi d'ingresso, sia alla ripartizione nelle varie regioni.
  Le rivolgo uno spunto specifico. In Toscana la situazione è piuttosto particolare. Lei ha detto che occorrono strutture ampie che dovrebbero garantire l'afflusso. Io vorrei chiedere al Ministro dell'interno se ha valutato la statistica per cui, al corrispondere di crisi, ci sono flussi che non sono normali e che devono essere valutati sopperendo con determinati luoghi in cui accogliere tali afflussi. In Toscana, prendendo questo spunto – ma in altre regioni il ragionamento è analogo – è difficile avere accordi costanti per avere strutture d'accoglienza, ma è anche difficile che i comuni concedano luoghi con ampi posti, evitando il concetto del ghetto.
  Vorrei sapere, quindi, se c’è la volontà, da parte del Ministero, di creare strumenti informatici ad hoc che evitino, per esempio, l'arrivo di un fax la sera in prefettura dove magari si dice: «ci sono 600 persone da smistare».

  PRESIDENTE. Ho una preghiera per i colleghi, anche perché così i senatori possono ascoltare la risposta: cerchiamo di essere sintetici.

  ANTONIO DISTASO. Grazie, Ministro. L'incontro di oggi avviene a pochi giorni Pag. 14dall'informativa del Ministro alla Camera e ci consente – io credo – di affrontare con maggiore lucidità problemi ben noti, ma che, nell'enfasi della discussione in Assemblea, sono stati forse un po’ traslati nella politica interna e non nella loro immediata operatività. Svolgo alcune brevissime considerazioni ed esprimo qualche giudizio da parte nostra, come esponente di Forza Italia. Peraltro, mi ritrovo anche nell'intervento fatto alla Camera dalla presidente Ravetto.
  C’è ancora qualche equivoco di fondo, Ministro, che secondo me noi dobbiamo chiarire. Lei è stato, in effetti, chiaro nelle sue dichiarazioni, ma negli stessi giorni il direttore esecutivo di Frontex, richiamato da uno dei senatori che mi hanno preceduto – Frontex, peraltro, è emanazione della Commissione e, quindi, è un organismo operativo – diceva alcune cose che non mi trovano d'accordo.
  Per esempio, diceva che il controllo dei confini è di competenza degli Stati membri. Intendiamoci anche su questo: i confini dell'Italia sono i confini dell'Europa: se noi non affermiamo questo principio in Europa, credo che ci troveremo sempre a inseguire le situazioni.
  Certo, abbiamo qualche supporto da altri Stati, come la Spagna, Malta e altri Stati che hanno qualche cointeressenza nel Mediterraneo. È chiaro, però, che tutto grava maggiormente sull'Italia e anche il fatto che i Paesi del Nord Europa abbiano posizioni diverse dalle nostre, è molto facile da capire: la loro posizione geografica consente loro di avere sì un'immigrazione, ma, di fatto, molto più controllata e filtrata.
  Il punto, perciò, rispetto anche a quando si è insediata questo Comitato e alla sua prima informativa, è che questo era tutto ben noto. Noi già ad aprile-maggio prevedevamo – lo disse, credo, proprio il direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere del suo Ministero – queste decine di migliaia di profughi e di clandestini che sono poi sbarcati sulle coste, dalla Puglia, alla Calabria, alla Sicilia: era tutto ampiamente previsto.
  Allo stesso modo era previsto che fosse – lo è tuttora – insufficiente lo sforzo europeo da questo punto di vista. Come ha detto giustamente il vicepresidente del Parlamento europeo Tajani recentemente, un conto è controllare gli aeroporti, un conto è pattugliare circa 7.000 chilometri di coste.
  Pertanto, credo che il punto debole, in questo momento, anche rispetto alla richiamata direttiva n. 55, che prevede la libera circolazione negli Stati membri, sia soltanto uno. Nella preoccupazione, anche in questo caso, di uno scenario politico-geografico che è mutato – l'ha richiamato il collega Cicchitto alla Camera – è vero che sono esplose alcune situazioni (abbiamo richiamato la Libia) che prima erano più controllate, nonostante la presenza di cosiddetti dittatori. Questa, secondo me, è una convalida ex post dell'azione di politica estera del Governo che c’è stata dal 2008-2011 – che io sostenevo – di intessere relazioni nei Paesi di provenienza. Certo, come oggi ha detto il Ministro, di fronte all'esplosione e quindi alla frammentazione in tribù di quella che era la classe dirigente dell'epoca, è anche difficile trovare un interlocutore.
  Di fronte a una situazione che si prevedeva e che si prevede che vada peggiorando, credo che l'Italia debba non chiedere, ma – non vorrei usare il termine «pretendere», che non sarebbe adeguato ma piuttosto un termine che gli assomigli – assumere nei confronti della Commissione e dell'Unione europea un atteggiamento assolutamente più forte.
  Ripeto, i confini italiani sono i confini dell'Europa e questo è ben noto a tutti. Pertanto, noi dobbiamo porre il problema italiano in Europa, da questo punto di vista, come centrale, condizionandolo anche a tante altre opzioni di politica estera e al mantenimento di una solidarietà vera di tutti gli Stati membri dell'Unione.

  PRESIDENTE. Il Ministro ha dato la disponibilità a ritornare da noi per rispondere perché, effettivamente, lo impegneremmo per un'altra ora a rispondere alle domande di tutti. Comunico questo per Pag. 15tranquillizzare i senatori sul fatto che avranno la possibilità di ascoltare la replica del Ministro.

  LUCA FRUSONE. Parliamo un po’ di sicurezza. Considerando che la maggior parte – almeno la metà – degli afflussi adesso arrivano dalla Siria e considerando il discorso di Daish, quali sono le misure antiterroristiche che l'Italia sta prendendo sul discorso dell'immigrazione ? Inoltre, specifichiamo un po’ il discorso dei foreign fighters. Il 26 settembre c’è stato un incontro a L'Aja di tutti i capi delle polizie europee e si è parlato di una squadra multinazionale europea.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Noi l'abbiamo proposta.

  LUCA FRUSONE. Questo progetto a che punto è ? Quali idee l'Italia vuole mettere in campo ? Sempre parlando di Europol, c’è un problema riguardante le carenze di condivisione delle informazioni a livello europeo, almeno questo è stato detto anche dal direttore di Europol. Che cosa si intende fare a livello sia europeo, sia italiano per aumentare la condivisione del database e, quindi, per avere un approccio più rapido sui sospetti ?
  Per quanto riguarda il PNR (Passenger Name Record), quali sono le proposte dell'Italia in merito ? Il discorso della privacy viene preso in considerazione, considerando il peso che ha un simile sistema su tutti i cittadini europei ? Quali sono i costi di attivazione di un tale sistema, che comunque, come dicevo, è un progetto ambizioso dal punto di vista sia della privacy, sia dei costi, o almeno credo ?

  GIORGIO BRANDOLIN. Presidente, cercherò di essere telegrafico, come sempre, peraltro. Ringrazio il Ministro per l'azione costante che sta facendo di coinvolgimento dell'Europa nelle problematiche che noi abbiamo affrontato con Mare Nostrum.
  Io, però, Ministro, mi permetto di farle delle domande – gli altri colleghi le hanno già fatte e, quindi, non ci torno – relativamente agli altri due punti che lei ha toccato, ossia il discorso dell'accoglienza, la gestione dei flussi migratori e poi il sistema di asilo.
  Per la prima parte – ho con me i documenti che ha anche lei – investito da parte di alcuni assessori e presidenti di regione, relativamente e giustamente – come ha detto anche lei – al Piano di accoglienza nazionale che è stato concordato tra la Conferenza delle regioni, gli enti locali e il suo Ministero. Quanto al problema delle coperture, cui lei ha fatto cenno ci sono dei documenti – ovviamente, li avrà anche lei – che, in questo momento, portano alla copertura finanziaria esclusivamente per l'anno 2014. Questo è stato un limite. Lei ci ha detto che nella legge di stabilità ci saranno i soldi e ci ha anche elencato le quantità di milioni, per il 2015 e per la triennalità.
  In questo momento, però – mi creda – ci sono regioni che si sono bloccate nella realizzazione del Piano di accoglienza di loro competenza, in quanto mi hanno segnalato – mi riferisco a Friuli Venezia Giulia e Veneto – che la copertura, così come da documentazione anche della stessa Conferenza in data 12 settembre 2014, è esclusivamente fatta per il 2014.
  Questo è un limite, mi creda, signor Ministro. Abbiamo ascoltato qui anche il presidente dell'ANCI e anche lei nella precedente audizione. Si diceva – lei l'ha ribadito anche oggi – che in ogni regione – io l'avevo definito forse impropriamente – ci dovesse essere un hub in cui raccogliere, nella seconda fase di accoglienza, queste persone, per poi distribuirle secondo il Piano regionale. Pongo alla sua attenzione questa prima problematica, relativa alle difficoltà. Di fronte a queste difficoltà l'operazione si ferma, dal punto di vista proprio concreto e fattivo.
  Passo alla seconda domanda, al secondo punto che vorrei porle. Noi stiamo vivendo, nel Nord-Est in particolare, un fenomeno un po’ particolare, che non ha, ovviamente, le quantità di Mare Nostrum, ma che si può quantificare in qualche migliaia di emigranti che io chiamo «di ritorno».Pag. 16
  Si tratta di persone che non hanno ottenuto l'asilo, così come da richiesta, in Germania, in Svezia o in Olanda e che poi ritroviamo laddove ci sono le Commissioni territoriali. Per il Triveneto l'unica è a Gorizia, città di 34.000 abitanti, che si trova con 400-600-800 immigrati, di cui qualche centinaio, o poco meno, vivono sotto i ponti dell'Isonzo.
  Sono numeri risibili rispetto ai numeri che lei ci ha posto, ma che pongono la problematica, che lei ha sollevato, intanto di un chiarimento sulla legislazione europea rispetto alle richieste di asilo e anche all'uniformità di comportamenti delle varie Commissioni a livello nazionale. La seconda è una domanda precisa: quando sarà realizzato il potenziamento delle Commissioni territoriali ? Sappiamo che devono passare da 10 a 30 (è nel decreto).

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. È stato approvato !

  GIORGIO BRANDOLIN. È stato approvato, lo so, quindi è legge. La domanda è proprio questa. Anch'io credo che il piccolo problema di Gorizia venga risolto nel momento in cui viene costituita la Commissione a Verona, a Padova o a Rovigo.
  La domanda precisa e puntuale è questa. Vorrei sapere, tecnicamente e operativamente, quando ci saranno, e se vi sarà anche la copertura finanziaria, queste nuove Commissioni che il Governo prima e il Parlamento dopo hanno voluto che venissero realizzate.

  PRESIDENTE. Saluto i colleghi e ringrazio il Ministro Alfano, che aspettiamo per la replica. Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 10.25.