XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 13 di Mercoledì 8 ottobre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

Variazione nella composizione del Comitato:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI FLUSSI MIGRATORI IN EUROPA ATTRAVERSO L'ITALIA, NELLA PROSPETTIVA DELLA RIFORMA DEL SISTEMA EUROPEO COMUNE D'ASILO E DELLA REVISIONE DEI MODELLI DI ACCOGLIENZA

Audizione dell'ambasciatore del Regno del Marocco, S.E. Hassan Abouyoub.
Ravetto Laura , Presidente ... 3 
Abouyoub Hassan , ambasciatore del Regno del Marocco ... 5 
Ravetto Laura , Presidente ... 9 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Scibona Marco  ... 10 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Abouyoub Hassan , ambasciatore del Regno del Marocco ... 10 
Ravetto Laura , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Variazione nella composizione del Comitato.

  PRESIDENTE. Comunico che la Presidente della Camera dei deputati, in sostituzione del deputato Claudio Cominardi, dimissionario, ha chiamato a far parte del Comitato il deputato Massimo Artini, al quale do il benvenuto.

Audizione dell'ambasciatore del Regno del Marocco, S.E. Hassan Abouyoub.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui flussi migratori in Europa attraverso l'Italia, nella prospettiva della riforma del sistema europeo comune d'asilo e della revisione dei modelli di accoglienza, l'audizione dell'ambasciatore del Regno del Marocco, S.E. Hassan Abouyoub. Ringrazio l'ambasciatore per la sua presenza. Innanzitutto, voglia scusarci, signor ambasciatore, se abbiamo spostato l'audizione, già calendarizzata per ieri, ma i senatori erano impegnati. A breve dovrebbe raggiungerci anche il senatore Mazzoni, il quale per primo ci ha segnalato l'opportunità di spostare l'audizione (cortesemente, chiedo agli uffici di avvertirlo dell'inizio dell'audizione). Queste sono giornate piuttosto intense sia per la Camera, sia per il Senato, mi scuso, quindi, se non siamo tutti presenti.
  Per noi è fondamentale ascoltarla come opinion leader in questo percorso di indagine che stiamo svolgendo, in particolare nel ciclo di approfondimento che stiamo ultimando ascoltando tutti gli ambasciatori dei Paesi interessati dall'indagine conoscitiva in oggetto, al termine della quale il Comitato presenterà una relazione all'Assemblea. Pertanto, è per noi fondamentale, al di là della presenza dei colleghi, registrare ciò che ci dirà e prendere atto delle sue dichiarazioni.
  Immagino che lei conosca il Comitato bicamerale Schengen e l'attività che ci vede impegnati, ragion per cui sorvolerei su questo. Abbiamo avviato un'indagine conoscitiva sui flussi migratori in generale, con un particolare riguardo al funzionamento di dispositivi quali Frontex e Mare Nostrum (quando abbiamo iniziato), per arrivare oggi a Frontex Plus. È prossima un'ulteriore evoluzione, che si chiamerà Triton e che stiamo già studiando.
  In sostanza, stiamo esaminando la situazione attuale partendo da una considerazione sul Regolamento di Dublino, che come lei sa, impone all'Italia di gestire praticamente tutto il tema dell'accoglienza, dal momento che l'Italia è il primo Paese esposto rispetto alle attuali ondate migratorie. Noi, naturalmente, ci stiamo muovendo in quest'ambito, con spirito bipartisan e con molta obiettività, per capire quali possano essere le soluzioni, anche Pag. 4per evitare disastri e tragedie come quelle già viste relativamente ai numerosi tentativi di sbarchi sulle nostre coste.
  Per ciò che riguarda il Marocco, sappiamo perfettamente che è un Paese con cui sono in atto moltissimi accordi, su cui mi permetterò anche di chiederle, da questo punto di vista, alcune informazioni (a che punto sono e come attualmente vengono interpretati).
  Sappiamo anche, da precedenti audizioni che abbiamo avuto, per esempio da quella con il Presidente dell'ANCI Piero Fassino, che il Marocco è un Paese che sta conoscendo – sono parole testuali del Presidente Fassino – uno sviluppo economico-industriale significativo, cominciando ad essere esso stesso un Paese da cui si emigra molto meno e in cui si immigra, in particolare dall'Africa equatoriale.
  La prima domanda, o comunque la questione che mi piacerebbe affrontare con lei, è relativa proprio a questo cambiamento. Le chiedo se ci può fornire delle indicazioni in questo senso, in particolare, se lei ritiene che ad oggi il Marocco risulti un Paese di transito o addirittura di destinazione, se e com’è cambiato l'aspetto del Paese e che cosa ci può dire in questo senso. In più, le chiederei di darci ulteriori informazioni in merito al partenariato di mobilità che il Marocco ha firmato – primo tra i Paesi del Mediterraneo a far ciò – il 7 giugno 2013 con l'Unione europea, partenariato che vede naturalmente la presenza anche dell'Italia. Come sappiamo, sul fronte dell'immigrazione irregolare questo accordo prevede la lotta al traffico di migranti e alla tratta di esseri umani, ma anche l'assistenza alle vittime di questi reati.
  In questo senso le chiediamo se può fornirci elementi attuali dell'applicazione di questo accordo e dirci se si ritiene che, nell'ambito di questo accordo, si potrebbero valutare, tenuto conto di quello che sta succedendo anche nei Paesi limitrofi al Marocco, anche a seguito delle cosiddette Primavere arabe, ipotesi di collaborazione.
  Noi abbiamo posto questa domanda a tutti gli ambasciatori: secondo lei, è configurabile la realizzazione di Centri di accoglienza nel vostro Paese, naturalmente con la collaborazione dell'UNHCR ? Lei ritiene che sia opportuno o possibile creare eventuali corridoi umanitari attraverso il vostro territorio ? Queste misure sono realizzabili ? In caso contrario, perché e quali sono le motivazioni ?
  Inoltre, personalmente vorrei da lei conoscere, se le è possibile fornirli, gli elementi dell'accordo bilaterale sul controllo delle frontiere concluso tra Spagna e Marocco, relativamente alla parte che riguarda la riammissioni dei migranti. Le chiedo, inoltre, se ci può fornire delle indicazioni da questo punto di vista, perché nelle varie audizioni – non soltanto, ovviamente, con gli ambasciatori, ma anche con gli operatori dei vari istituti coinvolti nei flussi migratori – è emerso che quando uno Stato si muove in autonomia rispetto alla negoziazione a livello comunitario, può succedere che si blocchino dei flussi verso un Paese e se ne aprano altri altrove, in direzioni di altri Stati.
  È emerso, anche nelle audizioni con i Ministri competenti, che talvolta all'Unione europea sembra mancare un po’ di quell'abilità negoziale, o comunque di quella posizione netta di trattativa tale da coinvolgere tutti gli Stati d'Europa e che qualche volta gli Stati europei si muovono, quindi, singolarmente. Non è una critica, ma vorrei capire se, secondo lei, l'accordo in questione ha avuto degli effetti in tal senso e con che modalità si sta sviluppando.
  Oltre che nel partenariato di mobilità, sappiamo che il Marocco è un interlocutore di primaria importanza per l'Italia nel quadro del processo di Rabat, un foro di dialogo regionale tra l'Unione europea e i Paesi dell'Africa occidentale, centrale e mediterranea sui temi migratori. Ci risulta che l'Italia dovrebbe ospitare il prossimo 27 novembre la IV Conferenza ministeriale euro-africana su migrazione e sviluppo. Mi pare che ne abbia parlato anche il Ministro Mogherini quando è venuta in audizione presso il Comitato. Se potesse fornirci qualche anticipazione in merito, le saremmo grati di ciò. Passo ora alle ultime due domande. Una è un collegata a ciò che Pag. 5già le chiedevo rispetto a Frontex Plus: il lancio è previsto per novembre; sappiamo che è un dispositivo che vedrà ridotta l'area di attività, perlomeno rispetto ai limiti di miglia delle acque territoriali in cui potrà operare; sappiamo che tale operazione comunque non eliminerà il problema dell'accoglienza a carico dell'Italia come primo Paese di ingresso. Vorremmo una sua opinione in generale su questo, se può fornircela.
  L'ultima domanda è con riferimento al fenomeno dei minori stranieri non accompagnati, un tema che sta molto a cuore al Comitato. Chiediamo a lei, così come già fatto agli altri ambasciatori prima di lei, se avete dei dati da fornirci e dei suggerimenti anche in questo senso. Do quindi la parola all'ambasciatore Abouyoub. Le sarò grata se al termine della sua esposizione vorrà ascoltare le domande dei colleghi, alle quali potrà rispondere direttamente in questa sede o, se lo riterrà, in altra forma successivamente. La ringrazio.

  HASSAN ABOUYOUB, ambasciatore del Regno del Marocco. Grazie, presidente, grazie per l'invito. La vostra è un'idea che mi sembra veramente importante, ricca e proficua per tutti. In particolare, venendo da un Paese impegnato sul fronte dell'immigrazione, stiamo osservando con ammirazione e solidarietà ciò che l'Italia sta mettendo in opera per gestire situazioni di drammi importanti. Ho avuto personalmente l'opportunità di constatare il dramma di Lampedusa l'anno scorso insieme con alcuni colleghi africani e di misurare l'importanza attribuita dell'argomento, nonché ciò che rappresenta per tutti noi.
  Parlare del Marocco non è facile, nel senso che noi siamo in una situazione molto peculiare. Lei ha cominciato chiedendo se il Marocco sia un Paese di transito. Il Marocco è il Paese più vecchio del Mediterraneo come nazione centrale. Quando Isabella la Cattolica ha fatto ciò che ha fatto, il Marocco è stato il Paese che ha ricevuto centinaia di migliaia di persone escluse dalla Spagna. Tali persone sono state inserite nel Paese e costituiscono parte del nostro capitale umano.
  Questa situazione l'abbiamo riconfermata nell'ultima Costituzione, adottata dopo l'inizio della Primavera araba, la quale, nel suo preambolo, ha previsto ciò che noi avevamo provato a definire quasi in un secolo di dibattiti interni, ossia quale fosse l'identità del Marocco. Abbiamo scelto di non scegliere e di considerare che noi siamo pluri-identitari. È scritto chiaramente che il Marocco è un Paese arabo, africano, musulmano, con radici culturali ebree. Forse siamo l'unico Paese che abbia deciso di chiudere questo dibattito mettendo in rilievo questo aspetto del pluriculturalismo e della pluri-identità.
  Per quanto riguarda l'immigrazione, non possiamo dimenticare, all'inizio del secolo passato, il quartiere italiano di Casablanca Roches Noires, ossia Rocche Nere – io, cittadino di Casablanca, non posso dimenticarlo – che ha giocato un ruolo molto importante nella costruzione del mio Paese. Quando si fa una passeggiata nelle strade di Casablanca, si vedono tutti questi nomi di architetti italiani che hanno traslocato il modello del liberty palermitano nella città di Casablanca. Siamo fieri di essere una delle città del liberty più importanti nel mondo, grazie al vostro genio. Tuttavia, non c’è solo questo, poiché anche tutti gli altri mestieri si sono sviluppati: c’è la scuola Dante Alighieri e via elencando. Dunque, siamo dentro un processo di intercambio che affonda le sue radici nel 1600-1700. La prima manifattura di armi da difesa è stata realizzata dall'esercito italiano. Non c'era l'Italia a quell'epoca, eravamo ancora alle Repubbliche marinare di Genova e di Venezia. Abbiamo, quindi, una tradizione di terra di accoglienza e questo spiega la nostra politica, in particolare la politica attuale, che è basata su elementi che in tutti i punti sono paragonabili alla vostra situazione geografica, in termini di peso politico, sociale, umano e di metodo per affrontare questo tema.
  Abbiamo sofferto anni fa, nel 1992-93, come tutti i Paesi che sono in prima linea, per queste navi, o barche – non so come chiamarle – che avevano preso l'abitudine Pag. 6di attraversare il Mediterraneo. Ci sono 12 chilometri tra Tangeri e Tarifa, in Spagna. Noi abbiamo deciso di prendere le nostre responsabilità dopo un dialogo molto positivo con l'Europa, tuttavia, tante promesse sono rimaste solo promesse. Noi abbiamo preso, per conto nostro, sulle spalle del Marocco e del bilancio del Marocco, tutto il peso della regolazione – la chiamo così – dei flussi non autorizzati tra Sud e Nord della parte Ovest del Mediterraneo.
  Per fornirvi dei dati precisi, sono più di 10.000 le persone mobilitate fra esercito, polizia, Marina, per un costo annuale di quasi 200 milioni di euro, che paghiamo noi. Questo fa parte del dibattito che abbiamo sempre con l'Unione europea su ciò che chiamiamo l'aiuto finanziario. Va bene, ma ciò che paghiamo noi per la vostra sicurezza, va al di là del contributo netto dell'Unione europea alla politica dello sviluppo del mio Paese. Dunque, siamo in una situazione molto differente rispetto agli altri colleghi Paesi del vicinato e della sponda Sud del Mediterraneo.
  Abbiamo deciso l'anno scorso, dopo l'iniziativa reale, di creare un Comitato pluridisciplinare e multiministeriale per una visione e un trattamento a trecentosessanta gradi della tematica dei flussi migratori, sapendo che non si può trattare questo tema dal punto di vista della sicurezza al cento per cento. Dobbiamo, però, mettere in opera alcuni ingredienti di politica economica e di sviluppo umano, nel rispetto dei diritti umani. Tutta la nostra politica è ispirata innanzitutto dal fatto che la libertà di circolazione è una libertà fondamentale. L'abbiamo dimenticato forse in Europa.
  Da ciò è nata la politica di «regolarizzare» i clandestini, i quali hanno deciso di provare a usare il Marocco come terra di transito ma che poi sono rimasti, perché qui ci sono crescita, progresso economico e libertà politica. Dunque, si trovano bene nel Paese: perché lasciarlo ?
  Così, in un anno, più o meno, abbiamo già registrato più di 20.000 richieste di regolarizzazione, delle quali 10.000 sono state già trattate, compresi questi casi di profughi trattati secondo la legge internazionale dell'Alto commissariato per i profughi. Noi abbiamo alcune centinaia di casi che abbiamo trattato e risolto al 99 per cento. Sono pochissimi, meno di dieci, i casi che abbiamo messo un po’ da parte, in particolare per alcune situazioni di cittadini marocchini che avevano dimenticato di essere marocchini quando hanno richiesto – è strano, ma è così – l'asilo in Marocco.
  Pertanto, noi siamo veramente della stessa filosofia europea e ciò spiega perché avevamo tranquillamente concluso questa trattativa sulla mobilità. Stiamo anche negoziando, con volontà di andare avanti, l'accordo di riammissione. Sappiamo bene che non è una cosa facile, per mancanza di una politica comune in Europa. Quando l'entusiasmo europeo, tre anni fa, ci ha messo davanti a quest'obiettivo, noi eravamo tranquilli. Poi, quando abbiamo accettato, mettendo sul tavolo alcune realtà, tra cui l'Accordo di Cotonou, che dà fastidio ad alcuni Paesi dell'Unione europea, abbiamo riscoperto la tradizionale divisione dei pareri tra Stati membri. Stiamo aspettando, quindi, che sia possibile una visione coerente e unita per andare avanti in questo accordo, che avevamo già approvato con l'Italia (c'era il Presidente Napolitano, me lo ricordo benissimo).
  Noi abbiamo firmato un accordo di riammissione con l'Italia: c'era il Presidente Napolitano, che era al Governo a quell'epoca. Ricordo benissimo il dibattito avuto con il Governo su questa vicenda: fu veramente un dibattito forte e ricchissimo. Era l'inizio della consapevolezza che siamo in un mondo molto difficile – globale, ovviamente – e in una regione che non dobbiamo trattare con una visione a breve termine, ma per la quale serve un visione lungimirante.
  Per noi tutto ciò che stiamo mettendo in opera con la politica migratoria tiene conto del fatto che nel 2050 dovremo affrontare in Africa – il Marocco appartiene al continente africano – 2 miliardi e 300 milioni di africani. La metà è nella zona del Sahel, una zona di Paesi – come Pag. 7si dice – failed States, che fino ad adesso non hanno sulla carta tutti gli ingredienti necessari per affrontare sfide economiche, politiche, sociali, ma anche poste dal clima e dalla meteorologia. L'immigrazione per ragioni climatiche, infatti, è un fattore da non dimenticare e sarebbe, dal 2050 in poi, un fattore da prendere in considerazione nel bacino del Mediterraneo. Sappiamo bene che, con l'eccezione di due situazioni nazionali, tutti gli altri Paesi del Mediterraneo sono già in sofferenza idrica e non hanno la capacità di affrontare il fabbisogno della loro popolazione all'interno del Paese (non dico sulla costa, ma dentro il Paese).
  Stiamo già osservando, da alcuni Paesi, un trasferimento violento della popolazione dalla parte interna continentale verso il Mediterraneo. Sappiamo bene che la popolazione urbana nel Mediterraneo sarà quasi all'80 per cento, fra 10-15 anni, una popolazione concentrata sulla sponda, con tutti i problemi che possiamo immaginare, non solo a livello di immigrazione, ma anche a livello di finanziamento delle infrastrutture urbane necessarie per affrontare questa popolazione. La BEI ha fatto un lavoro molto interessante – vi raccomando di consultare questo rapporto – sul costo dell'urbanizzazione del Mediterraneo del Sud e sul suo impatto sulla macroeconomia e sulle prospettive di lavoro.
  Per concludere su questo aspetto, noi siamo sulla stessa barca e affrontiamo gli stessi problemi, in particolare quelli del rispetto dei diritti umani. La riammissione, ovviamente, non è una decisione che si prende premendo un bottone. Ci sono considerazioni umane, ma anche politiche. Quando si tratta di un ghaniano, abbiamo rapporti di straordinaria vicinanza politica e anche storica, nonché accordi con quel Paese. Con il Senegal abbiamo un accordo di stabilimento concluso nel 1963, che dà alla popolazione del Senegal il diritto di stabilirsi liberamente nel Marocco. Costoro non hanno bisogno di visto, possono fare tutti i mestieri, alla stregua di un marocchino, dal farmacista al dentista. Abbiamo concluso questi accordi anche dentro il Maghreb, con l'Algeria e la Tunisia, nello stesso anno, cioè il 1963, tuttavia, strano ma vero, questi accordi non sono applicati, non sono messi in vigore: quello con il Senegal, invece, funziona benissimo. Sono problemi molto complicati, in cui l'aspetto politico e psicologico gioca un ruolo centrale, direi.
  Per quanto riguarda la domanda sulla Spagna, non abbiamo un accordo di riammissione, ma abbiamo una cooperazione eccezionale e forse esemplare. Non penso che esista neanche a livello del rapporto tra l'Italia e Frontex Plus il rapporto tecnico, tecnologico e umano di partenariato che c’è tra Marocco e Spagna. Condividiamo tutto ciò che riguarda la gestione dello Stretto di Gibilterra, dalla formazione al lavoro in squadre comuni, ivi compresi la tecnologia, l'intercambio dei dati e l'interoperabilità, che ci ha aiutato molto anche in ambito NATO.
  Il Marocco è il Paese più vicino nel Sud del Mediterraneo – a parte la Turchia, che è membro della NATO – per quanto riguarda l'interoperabilità. Questo è molto importante, quando si tratta di tutto ciò che concerne le tematiche dell'immigrazione e dei flussi migratori. L'interoperabilità da frequenze radio, ma non solo, è un sistema che funziona benissimo e che spiega perché nello Stato di Gibilterra siano ormai rarissime le situazioni di migrazioni clandestine come quelle che, purtroppo, stiamo osservando dalla Libia verso l'Italia. Forse è una questione da studiare. In Italia, forse, c’è molto da imparare, in tutta modestia, su come gestire questi rapporti, sapendo che in opera ci sono la Tunisia e anche l'Egitto, Paesi i quali, a un certo punto, possono dare una mano nel controllo intelligente, positivo e umano di questa sfida terribile.
  Quanto al processo di Rabat, è naturale che un Paese come il Marocco, che ha capito da anni che non si può trattare l'Africa dimenticando che siamo membri del continente, ossia parte integrante del continente, si senta in parte responsabile anche di ciò che sta accadendo lì.
  Questo spiega perché noi, da anni, avevamo scelto di dare una grande priorità Pag. 8al rapporto con l'Africa. C’è una strategia, ormai, che funziona benissimo. Siamo forse il Paese più africano come vocazione per i rapporti esteri del Sud del Mediterraneo. Il nostro Capo di Stato, Re Mohammed VI, è il Capo di Stato che ha fatto il numero più importante di visite in Africa, nessuno escluso, dall'Asia all'America: non c’è paragone.
  Noi abbiamo aiutato, facilitato e agevolato l'insediamento di quattro banche del Marocco in 38 Paesi africani. La Royal Air Maroc, il nostro ente internazionale di navigazione aerea, è infatti presente toccando 36 Paesi. Nella grave crisi dell'Ebola siamo rimasti l'unica struttura di trasporto aereo ancora funzionante, perché non si può immaginare di chiudere, come tanti Paesi hanno fatto (non penso che sia neanche efficiente dal punto di vista medico) il rapporto aereo con i Paesi che sono in sofferenza, anche per trasportare medici e vaccini. È una situazione terribile.
  Dunque, abbiamo mantenuto questo servizio, ovviamente con un controllo medico di altissimo livello. Questo spiega la nostra volontà e voglia non solo di trattare l'immigrazione in modo umano, ma anche di anticipare alcuni flussi di natura economica che si possono neutralizzare creando ricchezze e valore aggiunto in questi Paesi.
  Ormai siamo i secondi investitori in Africa e questo trend sta andando ancora più avanti, perché stiamo sviluppando alcune infrastrutture, nonché il mercato finanziario con la piazza finanziaria di Casablanca, che è in corso di costruzione e di attuazione per affrontare in modo specifico il fabbisogno globale del business finanziario dell'Africa.
  Il processo di Rabat si inserisce, naturalmente, in questa politica e abbiamo fatto il massimo per convincere l'Europa ad andare in questa direzione. Se lei legge l'accordo di mobilità, noterà che abbiamo introdotto, in modo razionale, molto di ciò che abbiamo ottenuto come risultato nell'approccio più olistico dei flussi umani, sapendo che tutti i Paesi del mondo, ormai, sono Paesi di emigrazione, di immigrazione e di transito. Il 99 per cento dei membri dell'ONU, ormai, sono nella stessa situazione, anche se a livelli diversi, ovviamente.
  Inoltre, siamo anche in una realtà che, dopo la Primavera araba, vede l'instabilità politica della sponda Sud del Mediterraneo. Quando osserviamo questi flussi di milioni, quando vediamo che un Paese come la Tunisia ha quasi 1.400.000 residenti libici e la Giordania ha ne ricevuti più o meno 2,5 milioni, i rapporti quantitativi sul fenomeno perdono significato. Ciò che avviene in Europea diventa microscopico. Mi dispiace, ma lo sforzo investito da un Paese come la Giordania è senza paragone, pur con tutti i drammi, la sofferenza e gli aspetti anche di delinquenza che osserviamo in Europa.
  Dobbiamo, quindi, rendere più relativi questi fatti e pensare, forse, al di là della zona geografica europea, per capire che i problemi di domani sono molto più gravi di quelli che stiamo affrontando oggi. Prendo l'Egitto, per concludere su questo tema (credo di avere fornito quasi tutte le risposte).
  Un Paese come l'Egitto ha 43-45 milioni di egiziani che vivono sotto la soglia di povertà, con meno di un dollaro al giorno Qualsiasi sia lo sforzo che l'Egitto fa o è capace di fare, qualsiasi sia il sostegno dei Paesi del Golfo, che ormai è mensile – ci sono pagamenti mensili per sostenere il bilancio egiziano – non penso che sia possibile affrontare questa realtà in modo efficiente con una politica economica ambiziosa e capace di restaurare la competitività dell'ambiente economico egiziano, nonché di creare posti di lavoro per 35-45 milioni: non è possibile.
  Dobbiamo, quindi, riprendere tutti i paradigmi sui quali avevamo concepito, in modo più o meno accidentale, più o meno per caso, le politiche dei flussi umani. Noi abbiamo fatto uno studio – ero nel processo di negoziazione dell'accordo di libero scambio e di associazione tra Marocco e Unione europea (ero un negoziatore, a nome del Marocco, su Schengen, cioè su quale sia stato l'effetto econometrico, meccanico di Schengen). Abbiamo Pag. 9fatto un lavoro molto serio per scoprire che, alla fine, con o senza Schengen, i flussi rimangono gli stessi. Quello che cambia è la qualità dei candidati all'immigrazione, ma i flussi, in quantità, rimangono gli stessi.
  Avevamo notato, per esempio, nel caso del Marocco, che in Francia, dopo Schengen, le richieste di cittadinanza francese avevano fatto un salto quantitativo epocale. Nell'indagine svolta su queste persone che avevano richiesto la cittadinanza e l'avevano ottenuta, alla domanda: «Perché l'avete fatto e perché avete aspettato trenta o quarant'anni ?», la risposta, nel 92 per cento dei casi, è stata «Per la sicurezza e la libertà di movimento. Con la cittadinanza non ho più problemi e non ne ha neanche la mia famiglia ad attraversare lo Stretto di Gibilterra».
  Dunque, la gente dopo Schengen, pur essendo stato un accordo bellissimo, ha scelto di consolidare la propria libertà prendendo la cittadinanza. Senza di questo, non avremmo questo flusso di richieste di cittadinanza – lo dico con certezza – che abbiamo notato e osservato. Ormai la maggioranza è francese di nazionalità. Dico questo perché, forse, quella che dovrebbe essere la nostra risposta comune a questa sfida enorme, dovrebbe consistere nel rimettere in causa i paradigmi sui quali noi avevamo fino adesso elaborato questa politica. Grazie.

  PRESIDENTE. Molte grazie, ambasciatore. Prima di dare la parola ai colleghi, le chiederò la grande cortesia di aiutarci, tramite i suoi uffici tecnici, inviandoci del materiale, ovvero segnalandoci chi potremmo audire per avere ulteriori dettagli su questa vicenda. Lei ci ha fornito un suggerimento importante e forse, facendo l'esempio della cooperazione Spagna-Marocco, l'ha fornito all'Europa intera. Sono interessata ad avere i dettagli tecnici dell'accordo, quindi, le sarò grata se potrà aiutarci in questo senso, perché penso che il Comitato debba studiare gli elementi di questo accordo. Do quindi la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIORGIO BRANDOLIN. Grazie per quanto ci ha detto stamattina, che deriva – così mi sembra di aver capito – da un'esperienza non soltanto tecnica, ma anche politica del suo Paese. Si sente e si capisce anche dall'afflato con il quale lei ci ha presentato il suo Paese, i problemi ma anche le speranze che vive, così come l'impegno che il suo Paese in particolare sta mettendo in campo – questo mi sembra di aver capito e va molto sottolineato – nel rapporto con l'Africa, al fine di diventare o di essere un punto di riferimento importante per quel continente.
  Ci ha fornito anche dei numeri impegnativi. Condivido il discorso che ci ha fatto sostenendo che i nostri problemi sono microproblemi rispetto ai macroproblemi che alcuni Paesi stanno vivendo – lei ce lo conferma, così come ce l'avevano già confermato gli altri ambasciatori – in particolare per la Tunisia, la Giordania e l'Egitto.
  Io ho alcune domande, che sono anche della mia collega Campana, rispetto ai suoi concittadini che sono venuti a lavorare nel nostro Paese. In particolare, vorrei sapere se abbiamo contezza di quanti cittadini marocchini – dopo un periodo che, come ci ha detto anche lei prima, è di lunga permanenza nel nostro Paese – siano tornati in patria. Vorrei una percentuale, se possibile. Vorrei sapere se sono il 10 per cento, il 5 per cento, di meno o di più.
  Inoltre, vorrei sapere se, da indagini e anche dalle relazioni con queste persone, avete avuto contezza delle critiche che questi vostri concittadini hanno fatto al nostro sistema italiano nel momento in cui sono arrivati in Italia, sono rimasti e ci hanno vissuto, ovvero sono ritornati. Vorrei sapere se ci sono critiche particolari rispetto al nostro sistema, rispetto alla politica, rispetto alla situazione industriale o relazionale con i nostri cittadini.
  Ancora, vorrei sapere se, nell'ultimo anno, ha contezza di quanti siano i rimpatri assistiti dal vostro Paese o dalle ambasciate di cittadini marocchini dall'Italia al Marocco. Queste sono domande precise e specifiche.Pag. 10
  Infine, aggiungo una considerazione importante. Lei ci ha confermato, in ultimo, che prima di Schengen e dopo Schengen la quantità di flussi non si è modificata, se non rispetto alle varie situazioni che si sono create nei diversi Paesi, in particolare del Nord Africa. Ci ha spiegato che sono cambiate la qualità, le motivazioni e i comportamenti, se ho ben capito.
  Lei ha fatto l'esempio della richiesta di cittadinanza francese per avere la doppia cittadinanza e ci ha anche spiegato che questo fenomeno è dovuto al fatto che i marocchini, con Schengen, hanno trovato, attraverso la cittadinanza, la possibilità di avere mobilità in tutto il continente. Vorrei sapere se ci sono anche altri motivi che spingono a cambiare le modalità di comportamento rispetto a queste immigrazioni. Avrei altre domande, ma mi fermo qui, perché abbiamo tempi strettissimi.

  PRESIDENTE. Do il benvenuto al senatore Arrigoni, della Lega Nord, che è appena arrivato, al quale, non avendo potuto seguire l'intervento dell'ambasciatore, faremo pervenire il resoconto stenografico della seduta...

  MARCO SCIBONA. Lei ha fatto un accenno al problema Ebola sul fronte aereo, invece, su quello terrestre come siete organizzati ?

  PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.

  HASSAN ABOUYOUB, ambasciatore del Regno del Marocco. Per quanto riguarda la comunità marocchina in Italia, siamo più o meno 600.000, ma questa comunità è integratissima. Non pone problemi, francamente, neanche laddove la politica interna può indicare trattamenti diversi (parlo delle province in cui la Lega Nord è presente). Abbiamo rapporti ottimi con tutti i sindaci della Lega Nord, senza problemi (lo preciso perché è importante). Sono andato a Bergamo, per esempio, due anni fa, dove eravamo, con la comunità marocchina, ad un evento marocchino puro e c'erano quindici sindaci, tutti della Lega Nord. Pertanto, lavoriamo insieme, dall'insegnamento della lingua araba a tante altre questioni. Non abbiamo problemi.
  Il problema è legato, invece, a due vicende importanti. Una riguarda l'accordo sulla previdenza sociale INPS, concluso nel 1994, ratificato dal Marocco e firmato, peraltro, da Napolitano, accordo che non è ancora stato ratificato dal Parlamento italiano (sappiamo bene il perché). Le difficoltà ci sono perché l'Italia ha firmato – io ero il negoziatore e il mio partner, all'epoca, era Andreotti – questo accordo di associazione con il Marocco, che prevede un trattamento uguale dei cittadini marocchini in Europa e dei cittadini italiani ed europei in Marocco. Dunque, siete in infrazione – non c’è dubbio – con la legge europea e stiamo pensando a come fare. C’è una pressione enorme su come mettere in opera un impegno chiaro del Governo italiano che non è ancora stato ratificato dall'apparato amministrativo italiano.
  Il secondo problema è quello della burocrazia, per quanto riguarda l'impatto della crisi economica sui contratti di lavoro. Quando si perde il lavoro, un disoccupato ha un anno per ritrovare un posto. Già lo sforzo fatto dal Governo italiano per ampliare questo periodo è meritevole, devo dirlo, e apprezziamo molto questo trattamento. Il problema, però, è come gestire persone che non hanno la capacità di trovare un altro posto, in considerazione delle condizioni in cui versa il mercato del lavoro e sapendo che le prospettive a breve e medio termine sono terribili. È una problematica molto importante quella del trattamento sociale e dell'impatto della crisi sul livello di lavoro di questi immigrati.
  Rispondo ora a una domanda chiarissima e importantissima, quella del ritorno. La storia umana ha dimostrato, molto meglio di tutto il resto, un fatto: possiamo dire, oggi, che una volta traslocato dal suo luogo originale a un altro luogo, una persona diventa membro di una diaspora al 90 per cento. Quello dell'Italia è un Pag. 11bellissimo esempio: gli italo-americani sono rimasti in America al 90 per cento.
  C’è un rapporto tra l'accelerazione della crescita e lo sviluppo umano e l'immigrazione. Dalla fine del 1800 fino alla Prima guerra mondiale, e anche dopo la Prima guerra mondiale, Svezia, Italia, Spagna, Portogallo e altri Paesi hanno perso tra il 15 e il 20 per cento della loro popolazione. Questi flussi sono rimasti completamente integrati nel loro territorio di destinazione.
  Gli italiani che sono nel mio Paese, per esempio, sono ormai di quinta generazione: ciò è normale. I marocchini dell'Italia per noi saranno italiani, non c’è dubbio. Vedendo i bambini marocchini italiani, che ormai sono quasi 90.000 nelle scuole italiane, notiamo che il loro livello di padronanza di una lingua diversa dall'italiano è zero: parlano inglese e italiano e, dunque, la capacità di riciclaggio del capitale umano in questo senso è limitatissima. Per me è un fatto ovvio: fa parte del bel modello multiculturale italiano per il futuro e noi l'abbiamo concepito così. Abbiamo proposto al Governo italiano, tre anni fa, un accordo di integrazione, chiedendo cioè di anticipare e di trattare in modo culturale, sociale e umano questa realtà.
  Noi, ad ogni modo, l'abbiamo preso come un imperativo amministrativo. Ci sono sei nostri consolati generali in Italia, non per caso ma per una scelta di accompagnamento. Non è casuale il fatto che con tutte le questure italiane abbiamo un rapporto eccezionale di cooperazione, di partenariato, di trasparenza e di aiuto per limitare e neutralizzare tutti i delinquenti.
  Questo accompagnamento amministrativo è una questione essenziale anche dal punto di vista dello Statuto personale, del Codice della famiglia. All'ambasciata c’è un giudice di altissimo livello, che era presidente di una Corte d'appello, che tratta tutti i casi di matrimoni.
  Vi rientra, per esempio, anche il problema dei minori, che pone problemi di natura legale e giuridica, perché c’è un trattamento diverso del minorenne e noi siamo parte di molte convenzioni internazionali. Il Marocco ha firmato tutte queste convenzioni internazionali e le ha messe in vigore: siamo veramente a punto.
  Nella Costituzione nuova ci sono articoli veramente precisi per la protezione di questa categoria umana, ma abbiamo un lavoro molto più importante da fare per il rispetto dei loro diritti umani qui. Abbiamo, per esempio, difficoltà con alcuni tribunali a far capire il diritto vincolato alla religione della persona. Stiamo lavorando su questo, perché è una tematica difficilissima, che richiede un livello di sensibilità politica altissimo. Andiamo molto piano su questo argomento difficile.
  Spiego anche che, nell'accompagnare amministrativamente questi cittadini, noi diamo un'agevolazione amministrativa all'amministrazione italiana enorme e la paghiamo noi, nel nostro conto. Su questo tema stiamo lavorando con il Governo italiano anche per vedere come migliorare l'accesso alla lingua araba partendo da un'osservazione fatta in Francia. Quando io ero ambasciatore in Francia, avevamo fatto uno studio per valutare il livello di adesione dei giovani cittadini marocchini al sistema dell'insegnamento. Abbiamo scoperto che coloro i quali hanno un accesso alla lingua araba, fanno un percorso molto più lungo nel loro cammino accademico. Infatti, vanno molto più all'università coloro che hanno ricevuto un insegnamento in lingua e cultura di origine, quando si fa il paragone con gli altri.
  Per questa ragione, avevamo introdotto un programma di partenariato sofisticatissimo con il Ministero dell'educazione nazionale francese. La nostra ambizione è di fare in modo di inventare per il caso italiano – ogni caso ha la sua peculiarità – un modello di inserimento e di insegnamento della lingua araba e della cultura di origine, da inserire nel modello italiano, tenendo conto delle competenze regionali.
  Abbiamo provato un progetto che ha funzionato benissimo in Emilia Romagna, in particolare a Reggio Emilia, dentro due licei. Abbiamo appoggiato e strutturato un corso dentro il sistema generale. La bella Pag. 12sorpresa è stata che più della metà degli allievi sono stati italiani: più della metà.
  Questa iniziativa, che può essere considerata una microiniziativa, ha avuto un impatto enorme sul livello di reciproca comprensione tra questi ragazzi. Non ci sono solo marocchini in questo sistema di insegnamento, ci sono anche altre nazionalità. Si trattava di un corso designato all'origine per trattare una popolazione mirata. Avevamo insistito per non chiuderlo e devo dire che l'autorità locale regionale ha risposto immediatamente con un'apertura eccezionale, ragion per cui l'abbiamo fatto.
  Dobbiamo pensare, quindi, al trattamento dell'impatto dell'immigrazione e a come integrare in modo positivo queste popolazioni.

  PRESIDENTE. Grazie molte, ambasciatore. Grazie anche per aver svolto tutto l'intervento in italiano. Di solito abbiamo la necessità di utilizzare degli interpreti, quindi, la ringraziamo infinitamente anche per questa disponibilità. Rimaniamo in contatto per quella documentazione che le ho chiesto. Ci riserviamo, naturalmente, ambasciatore, di richiamarla anche in futuro per avere nuovamente l'onore di ascoltare la sua testimonianza. Ringrazio i colleghi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.30.