XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Mercoledì 18 giugno 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 2 

FLUSSI MIGRATORI IN EUROPA ATTRAVERSO L'ITALIA, NELLA PROSPETTIVA DELLA RIFORMA DEL SISTEMA EUROPEO COMUNE D'ASILO E DELLA REVISIONE DEI MODELLI DI ACCOGLIENZA

Audizione dell'onorevole Piero Fassino, Presidente dell'ANCI.
Ravetto Laura , Presidente ... 2 
Fassino Piero , presidente dell'ANCI ... 3 
Ravetto Laura , Presidente ... 6 
Conti Riccardo  ... 6 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 6 
Braga Chiara (PD)  ... 7 
Campana Micaela (PD)  ... 7 
Arrigoni Paolo  ... 7 
Fassino Piero , presidente dell'ANCI ... 8 
Arrigoni Paolo  ... 8 
Fauttilli Federico (PI)  ... 8 
Vattuone Vito  ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 9 
Fassino Piero , presidente dell'ANCI ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Fassino Piero , presidente dell'ANCI ... 10 
Ravetto Laura , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 20.20.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, nonché mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione dell'onorevole Piero Fassino, Presidente dell'ANCI.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'onorevole Fassino, in qualità di presidente dell'ANCI, che ringraziamo di essere qui, nonostante l'ora tarda. Presidente, questo è un Comitato bicamerale che, come lei saprà, si occupa dell'attuazione degli accordi di Schengen e in particolare dei flussi migratori. In queste ultime settimane, il Comitato si è premurato di audire tutti gli opinion leaders e comunque i key players relativi anche ai drammatici eventi, a cui tutti abbiamo assistito, dagli sbarchi agli approdi sulle nostre coste, anche tenuto conto del fatto che, secondo il Regolamento di Dublino, risultiamo lo Stato di primo approdo di flussi migratori dell'area euro-mediterranea, che ormai sono diventati un vero e proprio esodo.
  In particolare, l'abbiamo chiamata per chiederle informazioni, delucidazioni e qualche argomento di merito relativamente al nuovo piano per l'accoglienza che nelle settimane scorse è stato elaborato da lei, ovvero dai comuni e dal Ministero dell'interno. Sappiamo che c’è stato un incontro tra lei, il Ministero dell'interno, il sindaco di Palermo, Orlando, e il sindaco di Catania, Bianco.
  Abbiamo già audito due volte il Ministro dell'interno in questo Comitato, prima di questo incontro, quindi, le saremmo grati se volesse darci i dettagli e la tempistica di questo piano, nonché qualche delucidazione sulle risorse. Tra l'altro, abbiamo audito anche dei rappresentanti territoriali i quali ci hanno spiegato che, effettivamente, i comuni sono molto coinvolti, anzi probabilmente l'onere della gestione dei migranti ricade per lo più su di loro. Le chiediamo, pertanto, di spiegarci quali sono le previsioni o comunque gli accordi in tema di risorse con il Ministero dell'economia, se ce ne sono stati o se è stata discussa la possibilità di deroga al patto di stabilità interno per i comuni virtuosi laddove si caricano di questi oneri.
  Infine, presidente, le chiediamo qualche approfondimento sul programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati, promosso dal Ministero delle politiche sociali e del lavoro, ma realizzato dall'ANCI. A questo proposito, abbiamo audito dei rappresentanti, anche a livello regionale, che ci hanno illustrato la tematica. Domandiamo, da ultimo, anche a lei, come politico di primo piano, una valutazione, che abbiamo chiesto a Pag. 3tutti gli auditi, su un tema di stretta e vera attualità, cioè quello del coinvolgimento dell'Europa. Lei, come politico, ma anche come presidente dell'ANCI in quanto ente, ha dei suggerimenti o intende fare delle proposte durante il semestre europeo di presidenza italiana per valutare un maggiore coinvolgimento dell'Unione europea ? Prima di darle la parola, le ricordo che alla fine della sua relazione i colleghi potranno rivolgerle delle domande a cui, se vorrà, potrà replicare.

  PIERO FASSINO, presidente dell'ANCI. Grazie, presidente. Mi scuso per il ritardo e mi fa piacere essere qui, anche perché sono stato membro del Comitato Schengen in altre legislature, quindi ritorno in una sede che ho già avuto modo di praticare. Quelle poste dalla presidente sono tutte questioni che abbiamo affrontato in queste settimane, insieme al Ministro Alfano, al sottosegretario Delrio e al Ministro Lanzetta perché la problematica dei profughi ha un impatto molto grande sulla vita dei comuni e delle nostre comunità.
  Il tema è quello di mettersi nelle migliori condizioni per gestire questo problema. Partiamo, intanto, da una considerazione, che è un punto di approccio fondamentale. Di fronte a fenomeni come quelli che conosciamo, si usa la parola «emergenza», che è certamente giusta, ma a una condizione, vale a dire che non si pensi che usare la parola «emergenza» significa che dobbiamo gestire un fenomeno straordinario, temporaneo e di breve periodo, ovvero una fiammata, finita la quale tutto torna pacifico e tranquillo, perché non è così.
  È un'emergenza, che, però, ha una sua strutturalità. Non c’è contraddizione nel riconoscere che è un'emergenza da tutti i punti di vista, data la dimensione del fenomeno, l'impatto che provoca e i drammi umani che porta con sé (abbiamo presenti i morti che abbiamo visto galleggiare nelle acque del Mediterraneo nelle scorse settimane), ma con un carattere strutturale perché, come sappiano, il fenomeno si protrae ormai da lungo tempo. Peraltro, avvicinandosi ormai la stagione estiva, sappiamo tutti che esso conoscerà un ulteriore sviluppo, perché le condizioni estive favoriscono maggiormente la possibilità di attraversare il mare.
  Insomma, dobbiamo sapere che si tratta di gestire un fenomeno che già per come si è manifestato fin qui è strutturale, ma lo sarà ancora di più. Occorre, pertanto, attrezzarsi con una strategia capace di reggere l'emergenza non di un giorno o di una settimana, ma di un arco temporale più lungo. Questo è il punto di partenza.
  Anche sulla base dell'esperienza fin qui vissuta, pensiamo che il sistema dell'accoglienza debba essere riorganizzato. Nel dire questo c’è da parte nostra la più alta considerazione per chi fino adesso è stato in prima linea, dalla Marina militare, ai centri di accoglienza, al personale civile che è deputato ad accogliere i profughi che arrivano.
  Nel momento in cui poniamo il problema di mettere in campo una riorganizzazione, lo facciamo anche partendo dalla piena consapevolezza della straordinaria competenza, professionalità e anche umanità che chi ha gestito fin qui il fenomeno ha dimostrato di avere, e che proprio per questo ha bisogno di essere messo nelle migliori condizioni per esercitare questa attività così delicata.
  Sulla base di questo approccio, abbiamo convenuto con il Governo – qui c’è un aspetto delicato, di cui dirò più avanti – e anche con la maggioranza delle regioni italiane una riorganizzazione del sistema di accoglienza che ci si è articolata su tre passaggi.
  Il primo è l'accoglienza di primo impatto: i barconi arrivano, bisogna intercettarli in mare o sulle coste e farsi carico di raccogliere questa umanità desolata e sofferente che approda sulle nostre coste. Questa è una responsabilità delle strutture militari, civili e governative, che già stanno facendo ciò. Più che accoglienza, si tratta di raccogliere. Questo è il primo impatto dei profughi. In questo primo impatto Pag. 4occorre anche identificare le persone e cercare di qualificarne il profilo, perché non tutti i profughi sono uguali.
  Il secondo step consiste nel smistare tali profughi immediatamente, cioè massimo nel giro di 48 ore, in centri di smistamento regionali, anch'essi sotto responsabilità governativa, dove possa essere fatta, in modo più preciso, un'azione di accertamento e di accoglienza. Dopodiché, sulla base di un piano predisposto e gestito insieme, dai centri regionali di smistamento questi soggetti devono essere indirizzati nei comuni, che siano in grado di accoglierli, sapendo, sulla base di una programmazione, dell'arrivo dei profughi, con numeri e tempi, e non siano, come invece è accaduto una settimana fa nella città di Milano, messi in condizione di scoprire 300 siriani alla stazione centrale senza che nessuno sapesse da dove arrivavano. Questo è lo schema organizzativo: primo impatto, hub di smistamento regionali, accoglienza e integrazione nei comuni.
  Lo strumento per gestire questo schema – soprattutto il terzo step, che è quello che ci riguarda – è lo SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), che si è rivelato essere efficace. Come sapete, fino a pochi mesi fa, lo SPRAR era un sistema che disponeva di 13.000 posti giorno in accoglienza; entro il 1 luglio sarà portato a quasi 20.000, con un incremento di 6.400 posti. C’è, poi, una disponibilità dei comuni di andare oltre, che è stata fin qui quantificata in una capacità di accoglienza che può arrivare a 35.000 posti giorno.
  Il punto dolente è che tutto questo richiede delle risorse adeguate. Infatti, i comuni non hanno nei loro bilanci risorse aggiuntive per gestire un'emergenza di questo genere. I Comuni possono mettersi a disposizione, attivare il sistema, mobilitare – come hanno fatto e stanno facendo – tutte le strutture di gestione, sia diretta sia indiretta, di sussidiarietà, le Onlus, il volontariato, il terzo settore, le parrocchie e quant'altro, perché l'accoglienza va gestita con una pluralità di strutture; possono mettersi in campo per organizzare e fare da regia a tutto questo e utilizzare lo SPRAR come sistema fondamentale, tuttavia, anche in questo campo non si fanno «le nozze con i fichi secchi»: se non c’è una predisposizione adeguata di risorse finanziarie, è difficile gestire questa partita.
  Tutti i comuni che in questi mesi hanno accolto e si sono accollati migliaia e migliaia di profughi – in realtà, sono molti di più dei 13.000 posti perché molti arrivano, vengono accolti, ma poi in un arco temporale dato vanno via, magari nel nord Europa – sono in credito. È vero che andiamo verso l'allargamento dei posti, ma se non arrivano le risorse, tenuto conto che già siamo in credito per la capacità di accoglienza odierna, per una capacità di accoglienza allargata lo saremo ancora di più. Oltre un certo limite, i comuni non sono in grado di sostenere finanziariamente questo sforzo. Quindi, quello delle risorse è un tema cruciale. Ci rendiamo conto tutti che siamo in una situazione di risorse scarse. Questo fatto non sfugge a nessuno, tuttavia, ci sono delle priorità: un'emergenza così drammatica ha bisogno di essere fondata su delle risorse certe. Dopodiché, queste risorse possono anche non arrivare tutte subito, bensì gradualmente, ma dobbiamo avere la certezza che i fondi ci siano e che, comunque, anche con una gradualità, ci si sia un flusso. Altrimenti, oltre un certo limite, anche una gradualità non ci consente di reggere.
  Su questo c’è un accordo con il Governo, in particolare con il sottosegretario Manzione che ha seguito tutto, oltre che con il ministro Alfano, con il sottosegretario Delrio, con il sottosegretario Minniti e con il Ministro Lanzetta.
  Peraltro, questo sistema potrà avvalersi fin da ora della competenza e dell'esperienza del prefetto Morcone, che è stato nominato in questi giorni responsabile di questa emergenza. Ovviamente, è necessaria una condivisione dell'intero sistema istituzionale (Governo, regioni e comuni). Qui, però, c’è un punto delicato perché il grado di sensibilità delle diverse regioni italiane non è lo stesso. In particolare, ci Pag. 5sono alcune regioni che hanno un atteggiamento di minore disponibilità rispetto ad altre. È evidente, però, che se non si arriva a una condivisione che ci consenta di gestire questo problema in solido, è tutto più complicato.
  Si sta lavorando per arrivare a una condivisione. L'accordo non è stato ancora trovato. In origine, doveva essere domani. Lavoriamo, comunque, affinché vi si possa arrivare il più rapidamente possibile, di modo che la prossima settimana alla Conferenza Stato-Regioni si possa ratificare.
  Quello dei minori stranieri non accompagnati è un tema ancora più delicato, perché è questa una delle fasce più deboli di questa popolazione già di per sé fragile. Secondo i dati del Ministero dell'interno, siamo ad un totale di 40.000 sbarchi dal 1 gennaio (cioè in questi primi sei mesi), il che significa che se la tendenza continua a questo ritmo a fine anno saremo a 70-80.000, cifra di gran lunga più alta rispetto a tutte le emergenze analoghe precedenti. Si calcola che a oggi i minori non accompagnati siano 2.000, ma certamente questa cifra è per difetto.
  Questa popolazione più fragile risulta più esposta a ogni tipo di rischio. Siamo di fronte alle cose più turpi, da chi cerca di sequestrare questi bambini per avviarli al mercato nero delle adozioni, se va bene, oppure a quello della prostituzione o dell'espianto di organi: insomma, siamo di fronte a tragedie drammatiche e questa popolazione ha bisogno di essere tutelata.
  Allo stato attuale, questa popolazione viene gestita con la legge n. 328 del 2000, che è stata concepita, scritta e messa in essere quando non c'era questa emergenza. Infatti, è una legislazione per il minore abbandonato che troviamo in via del Corso, ma non per i minori stranieri non accompagnati in queste dimensioni.
  Abbiamo, quindi, insistito e insistiamo sul fatto che occorre che anche la gestione dei minori stranieri non accompagnati sia ricondotta dentro quello schema a tre tappe che abbiamo descritto. In particolare, a maggior ragione, è necessario che nel primo impatto i ragazzi vengano raccolti, accolti e non sfuggano, perché è proprio appena sbarcano che spesso la criminalità organizzata cerca di portarseli via, e che nell'accoglienza e nell'integrazione nei comuni siano parte del sistema SPRAR.
  È evidente, poi, che l'assessore del comune di Torino o di Milano, nel gestire lo SPRAR, sa benissimo che il minore andrà messo in un certo tipo di comunità, essendo appunto minore. È chiaro che non lo si mette indifferenziatamente in qualsiasi posto. Tuttavia, abbiamo bisogno di avere un unico schema di gestione, senza percorsi paralleli, altrimenti diventa più complicato e le fasce più fragili sono più a rischio.
  Sul tema dei minori non accompagnati dovrebbe essere cominciato oggi alla Camera dei deputati, in sede legislativa, l'esame di un disegno di legge apposito, prima firmataria l'onorevole Zampa, relatrice l'onorevole Pollastrini (se non ricordo male). È in sede legislativa proprio perché il tema è urgente, quindi non vi è poi la necessità di passare per il vaglio dell'Assemblea. Il disegno raccoglie, sostanzialmente, il nostro impianto, condiviso anche da tutte le organizzazioni che si occupano di infanzia, da Save the childeren, a Unicef, ad altre.
  Infine, l'ultima considerazione è che il nostro Paese fa la sua parte con l'operazione Mare Nostrum, sulla base dei valori di umanità, di accoglienza e di solidarietà che ispirano la nostra società e le nostre istituzioni democratiche. Ciò nonostante, un problema di questa natura non può essere scaricato soltanto sull'Italia. Questo è del tutto evidente.
  È chiaro che approdano in Italia perché è, per collocazione geofisica, nel centro del Mediterraneo, per cui chi vuole entrare in Europa approda da noi oppure, come capita a chi cerca di arrivare in Europa dal Marocco, in Spagna. Sono i due punti di ingresso principali.
  Si richiede, allora, una strategia europea, soprattutto essendo noi una zona di libera circolazione Schengen, per cui chi approda in un Paese è libero di circolare Pag. 6in tutto il continente senza più frontiere, barriere o controlli. Chiediamo, insomma, un supplemento di impegno, con l'assunzione di questo problema da parte dell'Unione europea con una forza e una consapevolezza superiori a quelle manifestate fin qui.
  Il Presidente del Consiglio ha annunciato che – ne farà uno dei punti importanti del suo discorso di insediamento a Strasburgo davanti al Parlamento europeo – nel semestre di presidenza di turno dell'Unione europea, che ci toccherà tra qualche settimana, intendiamo porre questa questione come una priorità della nostra azione di presidenza. Peraltro, credo che questo nodo cruciale sia stato posto anche oggi a Van Rompuy, nell'incontro che il Presidente Renzi ha avuto con lui, proprio perché siamo consapevoli che è l'Europa che deve fare la sua parte, non soltanto una singola nazione europea.
  Dopodiché, non ci sottraiamo alle nostre responsabilità. Dal fatto che l'Europa non ha fin qui assunto adeguatamente la sua responsabilità, non traiamo la conseguenza che non lo facciamo neppure noi, perché di fronte a temi di questo genere non c’è la reciprocità negativa.
  Proprio per questo, però, insistiamo anche come comuni. Infatti, come ANCI, intendiamo assumere un'iniziativa nei confronti delle Associazioni dei comuni degli altri Paesi europei per verificare come, tra sindaci, si possa promuovere e sviluppare una strategia comune e convergente. Di questo qualche settimana fa ho parlato con il presidente dell'ANCI spagnola, che è il sindaco di Santander, paese investito come noi del problema, ma dalle sponde del Marocco. Intendo, quindi, porre la stessa questione agli altri presidenti. Lunedì sarà mio ospite, a Torino, il presidente dell'ANCI tedesca, quindi porrò anche lui la questione.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  RICCARDO CONTI. Grazie. Ho ascoltato il presidente Fassino. So che ha parlato con sincerità e gli do atto anche dell'autorevolezza del suo intervento. Il problema è che, se l'emergenza ha un carattere strutturale, lei rappresenta l'anello più debole. Allora, mi domando se ci sarà un punto di caduta dopo il quale i comuni non vi potranno più far fronte. Infatti, se questo fenomeno continuasse ad aumentare, non è solo una questione di soldi o di mezzi. Se diventasse un fenomeno abnorme, per tanti mezzi che ci fossero, non riusciremmo a farvi fronte, e forse non dovremmo neanche farvi fronte, perché non possiamo diventare un Paese che fa questo di mestiere.
  Mi rendo conto che tutto questo evoca il problema della nostra politica estera e della politica estera e della difesa dell'Europa, che non c’è. Tuttavia, vorrei capire se quei contatti che ha con i suoi colleghi europei possono produrre qualcosa di concreto. Certamente, sono doverosi e utili. Possono, però, essere anche un punto di smistamento immediato, senza che tutte queste persone che potrebbero venire in Italia stazionino sul territorio, o comunque questo è un lavoro per una seconda fase ?

  GIORGIO BRANDOLIN. Ringraziando e condividendo ciò che ha detto il presidente Fassino, anche per la chiarezza e per averci detto con molta concretezza come stanno le cose, che in parte già conoscevamo, e quali sono i problemi dei sindaci, vorrei porre alcune domande.
  La prima riguarda l'individuazione degli hub regionali. Condivido l'idea, perché è giusto, che ci sia una responsabilità condivisa del Paese Italia. È possibile sapere quali sono le difficoltà che qualche regione ha manifestato ? Non domando chi e come, perché mi sembra banale, ma vorrei sapere i motivi della non condivisione di questa azione, che invece ritengo fondamentale, proprio perché gli SPRAR e gli hub regionali evitano situazioni di pericolo, di confusione, nonché di violenza, Pag. 7già vissute nei centri sul territorio nazionale. Ne conosco, per esempio, uno in quel di Gradisca d'Isonzo, a Gorizia.
  Inoltre, in merito agli SPRAR, che anch'io condivido essere uno strumento importante per aiutare il territorio nell'attività di integrazione, con quali caratteristiche i comuni hanno in testa di formarli ?
  Infine, mi risulta che nell'ultimo periodo, proprio sulla base dell'emergenza strutturale, come giustamente ha detto lei, sono stati i prefetti che hanno chiamato i sindaci e hanno deciso di mandare queste persone a Staranzano, piuttosto che a Gorizia o Udine. Su questo l'ANCI, in questo caso sul piano regionale, ha un'idea o un secondo piano in modo tale da predisporre in anticipo gli strumenti per realizzare il piano da lei descritto, che anch'io condivido essere fondamentale per affrontare questo problema ?
  Sui minori, lei proponeva di utilizzare gli SPRAR anche per loro. Vi è, però, un problema di risorse. Attualmente, con la legge esistente, mi risulta che paga il comune dove si trovano questi ragazzi e ragazze. Come superare questo problema ? Nella legge che lei ci ha ricordato essere in esame alla Camera c’è questo aspetto finanziario e di superamento della normativa ?

  CHIARA BRAGA. Anch'io avrei due domande molto sintetiche per il sindaco Fassino, che riguardano il tema dell'accoglienza dei minori e la questione, che giustamente lei ha sottolineato come problematica, dell'impatto economico sui comuni, chiamati a far fronte alla gestione di questa fascia particolarmente sensibile. Poiché diverse amministrazioni hanno segnalato anche la difficoltà di farsi carico di questi costi – magari per il fatto di avere sul proprio territorio delle strutture di accoglienza, per questo motivo essendo colpite dall'onere di farsi carico dei costi conseguenti – mi chiedo se, tra le possibili soluzioni, come rete di amministratori, non avete valutato quella di prevedere delle misure di condivisione territoriale o di compartecipazione e di solidarietà tra i vari comuni per far fronte a queste spese.
  Inoltre, siccome nell'ultima parte della sua relazione c’è un accenno alle modifiche normative volte a facilitare i processi di integrazione, anche se mi rendo conto che non è l'oggetto centrale della discussione di questa sera, approfittando della sua presenza, vorrei sapere come valutano i comuni la possibilità di un progressivo trasferimento a livello comunale delle pratiche burocratiche e amministrative per la gestione di procedure che normalmente per i cittadini italiani vengono svolte dai comuni (rinnovi di permessi e così via) senza un intervento delle forze di polizia, e che ancora oggi, invece, gravano sulle questure, con appesantimenti anche nei confronti dei cittadini.

  MICAELA CAMPANA. Anch'io mi associo ai ringraziamenti per la relazione. Vorrei porle due domande veloci. La prima, in realtà, è una considerazione. Dagli interventi degli altri auditi nel corso delle precedenti audizioni svolte si è capito che l'Italia è un Paese di transito più che di stanzialità. Presso i comuni, che sono il punto finale di approdo, ci sono dei dati che riguardano la successiva integrazione ? Una volta che gli stranieri escono dagli SPRAR, abbiamo la possibilità di monitoraggio ? I Comuni hanno dati a loro disposizione ? Se sì, quali sono i comuni più virtuosi, che riescono ad avere un'integrazione massima in questo senso ?
  Inoltre, lei parlava di non condivisione del sistema istituzionale da parte di alcune regioni. Vorrei conoscere anch'io le motivazioni che queste regioni hanno addotto.
  Infine, a che punto è il livello europeo ? Lei ha detto che l'Italia, tra qualche settimana, metterà al centro della propria agenda politica la questione, da Mare Nostrum fino all'integrazione. Vorrei sapere, però, se nel sistema dei comuni c’è già un livello di discussione comune dal punto di vista istituzionale, oltre agli incontri che lei sta facendo.

  PAOLO ARRIGONI. Mi domando se in questo periodo ANCI abbia messo in discussione l'operazione Mare Nostrum, che Pag. 8riteniamo sia anche l'artefice di questo enorme quantitativo di migranti. Inoltre, qualche giorno fa lei ha detto che gli sbarchi stavano assumendo dimensioni drammatiche insostenibili. Lei ritiene che con questo schema del piano di accoglienza la situazione possa ritornare a essere sostenibile ?
  Nel primo periodo di smistamento presso i comuni, mi risulta, per via diretta, che molti sindaci non sono stati preventivamente informati della collocazione di questi migranti sul proprio territorio. Lei ha chiesto garanzie affinché i sindaci possano sapere preventivamente della collocazione dei migranti sul territorio ?
  Ancora, vorrei sapere se è stata fatta una quantificazione dei crediti dei comuni, che fino a oggi hanno fatto parte di questo sistema di accoglienza. C’è da parte dei sindaci la piena consapevolezza del fenomeno della migrazione ?
  Presidente Fassino, lei ha detto che dall'inizio dell'anno a oggi sarebbero 40.000 gli sbarchi, di cui 2.000...

  PIERO FASSINO, presidente dell'ANCI. Lo dice il Ministro dell'interno !

  PAOLO ARRIGONI. Comunque, 2.000 sarebbero i minori non accompagnati. Invece, a me risulta che i numeri siano notevolmente maggiori perché, ad oggi, siamo vicini ai 60.000, quindi a giugno non ancora terminato siamo ai livelli del totale dell'anno 2011, che fu caratterizzato dalla «Primavera araba».
  Se non ricordo male, in una delle ultime audizioni abbiamo ascoltato il direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale per il Lazio, il quale ci ha portato un dato generale secondo cui, da fine novembre fino ad aprile o maggio di quest'anno, i minori non accompagnati sono stati più di 8.000 e di questi almeno il 25 per cento ha fatto perdere le proprie tracce. Dico questo per ritornare a farle una domanda: ANCI e i sindaci hanno una fotografia esatta di quello che sta avvenendo sul nostro territorio, ovvero di quanti migranti e quanti minori non accompagnati ci sono ?
  Infine, le chiedo se per lei è rassicurante il fatto che molte di queste persone che vengono collocate nei centri di accoglienza fuggono, anzi – scusate il termine, sul quale sono stato redarguito dal Ministro Alfano – si allontanano volontariamente. Queste persone, ivi compresi i minori, che sono oltre 2.000, non sono assolutamente controllate, per cui spariscono, fuggono, alcune rimangono sul territorio nazionale, mentre altre vanno all'estero. Questo fenomeno desta molta preoccupazione nella popolazione. Peraltro, non l'ho detto prima, ma sono stato anch'io sindaco fino a pochi mesi fa, quindi conosco molto bene la sensibilità dei cittadini di fronte a questo fenomeno.
  L'ultima domanda riguarda lo schema di piano di accoglienza: è stata fatta una quantificazione dei costi ed è stata stimata una tempistica per la completa attuazione dello stesso ? In ordine alle regioni che sono restie all'attuazione di questo piano di accoglienza, vorrei anche rappresentare gli incontri sconvocati nelle ultime ore, a cui dovevano partecipare delle regioni molto importanti del Paese proprio per affrontare il tema dell'immigrazione. Si tratta, ovviamente, di sconvocazioni fatte non dalle regioni, bensì dal Governo. Questo sta a dimostrare la piena disponibilità da parte degli enti regionali ad affrontare il problema.

  FEDERICO FAUTTILLI. Vorrei porre soltanto una domanda. Presidente, lei ha parlato della nomina del prefetto Morcone a capo di una struttura. Si tratta di una nuova struttura del Ministero ?

  VITO VATTUONE. Vorrei porre anch'io una domanda al sindaco Fassino, sollecitato dal collega della Lega, rispetto al quale, per quanto ci riguarda, abbiamo opinioni diverse sull'operazione Mare Nostrum, anche perché, secondo i dati statistici sull'immigrazione, nell'estate del 2013, rispetto al 2012, c’è stato un aumento Pag. 9del 230 per cento. Pertanto, Mare Nostrum è un'operazione di sicurezza e umanitaria che condividiamo. Ciò nonostante, per il nostro Paese le prospettive del flusso dell'immigrazione sono preoccupanti.
  A ogni modo, vorrei chiedere al sindaco una valutazione sull'accordo di Dublino III, perché, effettivamente, espone il Paese di prima accoglienza. Poiché la maggior parte degli immigrati, in teoria, non sono clandestini perché c’è anche un'esigenza di ricongiungimento familiare, sarebbe necessaria una modifica. Una spinta in questo senso potrebbe arrivare anche del territorio perché la modifica dell'accordo di Dublino III consentirebbe un'organizzazione più adeguata rispetto al passaggio verso altri Paesi d'Europa. La circostanza che alcuni preferiscano la clandestinità o addirittura fuggire dai centri di accoglienza, deriva dal fatto che questo accordo espone il Paese di prima accoglienza, obbligando gli immigrati a stare lì. Questo, quindi, sarebbe sicuramente un aiuto forte anche all'organizzazione sul territorio.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Fassino per la sua replica.

  PIERO FASSINO, presidente dell'ANCI. Mi sforzo di dare delle risposte perché è giusto che sia così, ma non sono il Ministro dell'interno e neanche il Presidente del Consiglio o il Ministro degli esteri, né il Ministro degli affari europei, per quello che riguarda le relazioni con l'Europa.
  Ho fatto tutti questi lavori in altri tempi, ma adesso ne faccio un altro.
  Comincio dalla questione che ha posto il senatore Conti. C’è un'emergenza, che cresce, ma c’è un punto di rottura ? La domanda è del tutto legittima, ma è difficile dare una risposta.
  Ci sono tre questioni che possono spostare e modificare il punto di rottura. La prima è un sistema di accoglienza che sia più ordinato e consenta di governare il fenomeno. Più un sistema di accoglienza è ordinato, più si ha la capacità di gestirlo. Il secondo punto è che ci sia un'assunzione di questo tema da parte dell'Europa, perché a seconda del fatto che l'Europa lo assuma o meno, questo fenomeno diventa o meno governabile in una certa dimensione e in una certa dinamica. Il terzo è un tema che non abbiamo affrontato perché sta sullo sfondo (ma neppure tanto). Vengo dal Marocco, dove sono stato la scorsa settimana. Mi ha colpito che nei colloqui che ho avuto con alcuni esponenti del Governo del Marocco mi è stato fatto stato del fatto che, essendo il Marocco un Paese che sta conoscendo uno sviluppo economico e industriale piuttosto significativo, comincia a essere esso stesso un Paese da cui si emigra molto meno, per cominciare a essere un Paese in cui si immigra, in particolare dall'Africa equatoriale.
  Faccio questo riferimento perché – lo dico brutalmente – se non vogliamo che vengano tutti qui, bisognerà porsi il problema di farli vivere meglio lì. Questa formulazione è ovvia, ma non lo è nelle nostre politiche perché, tra le tante cose che tagliamo costantemente, ci sono i finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo.
  Insomma, vogliamo fare contemporaneamente due operazioni: non aiutare quei Paesi a crescere e al tempo stesso pretendere che non vengano. A una persona che non ha nessuna speranza di vita non possiamo spiegare in nessuna lingua che va tutto bene. Se non gli diamo una prospettiva, andrà a cercarsi una speranza di vita altrove. Bisogna essere consapevoli di questo.
  Questo tema non lo si discute e non lo si affronta mai, meno che meno in questi anni di tagli ai bilanci, perché scatta immediatamente il meccanismo che siccome abbiamo pochi soldi, non possiamo darli anche a loro. Detta così, può sembrare perfino un'affermazione di buonsenso, ma non lo è. Tuttavia, se non mettiamo in campo un flusso di risorse che aiuti quei Paese a crescere, è evidente che poi si scaricherà su di noi, in termini di immigrazione, la condizione di povertà, di sottosviluppo e di endemica assenza di speranza di vita che questi Paesi vivono. Abbiamo tutti gioito che fosse andato via Pag. 10Gheddafi, ma da allora la Libia è ingovernabile. Dico questo perché bisogna avere delle politiche, altrimenti, se vi va alla ventura, si pagano le conseguenze in modo drammatico.
  Sulle questioni poste dall'onorevole Brandolin, alcune regioni hanno un atteggiamento più restio per ragioni essenzialmente di natura politica. Tra l'altro, anche se non ha molta importanza riferirsi a questa o quella, colpisce che le regioni che sono più restie sono anche quelle economicamente più sviluppate, che in realtà dovrebbero avere una maggiore capacità di accoglienza e di integrazione. È evidente che il problema è politico e culturale, non economico.
  Credo che occorra ragionare e discutere come sempre con tutti, tanto più di fronte a un tema di questa complessità, ma è anche necessario cercare di arrivare – stiamo lavorando per questo – alla condivisione di un'azione.
  Senatore Arrigoni, dire che Mare Nostrum è la causa di quello che sta succedendo – opinione del tutto legittima e rispettosa – è un'inversione del rapporto tra causa ed effetto. Non è Mare Nostrum che fa arrivare i barconi; questi partono indipendentemente dal fatto che ci sia Mare Nostrum, che invece cerca di governare questo fenomeno.

  PRESIDENTE. Il dottor Pinto, direttore generale dell'immigrazione, non si è espresso proprio in questi termini. È stato detto, ci sono dei rumors secondo cui, sapendo che ci sono la nostra Marina e i nostri mezzi navali a disposizione, si possono incentivare le partenze.

  PIERO FASSINO, presidente dell'ANCI. Non voglio entrare in polemica con l'affermazione di un'altra persona. Dico che il fenomeno ha una sua ragione, delle sue radici e una sua strutturalità che non sono date dal fatto che c’è Mare Nostrum. Comunque, i barconi attraverserebbero il Mediterraneo e ci troveremo di fronte a una situazione difficile.
  L'onorevole Brandolin ha posto una questione, che è la ragione per cui speriamo di arrivare presto alla definizione dello schema che ho illustrato. Oggi, in assenza di uno schema chiaro e dovendo gestire un'emergenza in modo convulso, nella convulsione accade esattamente quello a cui ha fatto riferimento lei, cioè arrivano 1.000, 2.000, 3.000 persone, non sappiamo cosa fare, il Ministero dell'interno telefona ai prefetti, dicendo che gliene manderà 300; il prefetto si vede arrivare 300 persone e cerca di dislocarle come capita, spesso informando i sindaci – capita anche a me – all'ultimo minuto, perché lo stesso prefetto lo sa all'ultimo minuto. Insomma, arrivano, non sanno dove metterli, per cui decidono di mandarli a Milano; avvertono il prefetto di Milano, che a sua volta telefona al sindaco per annunciargli l'arrivo. In questo modo, la situazione diventa caotica. Per questo ho fatto la dichiarazione a cui si è riferito. Il fenomeno è già complicato e di dimensioni notevoli, quindi va gestito con una capacità di governo. Altrimenti, se è affidato alla convulsione dell'immediatezza diventa ingovernabile.
  Penso che quello che abbiamo proposto – raccogliere i profughi, hub regionali di prima accoglienza, di qualificazione e di smistamento, ed infine comuni – sia uno schema ordinato, che evita quella convulsione che rende più difficile la gestione, la quale, tra l'altro, non sempre trova delle soluzioni. I 300 alla stazione centrale di Milano sono una buona dimostrazione di questo.
  Sulla questione dei minori, mi sono riferito ai numeri dati dal Ministero dell'interno. Ho anche detto che 2.000 è chiaramente una cifra per difetto. Dopodiché, non ho gli strumenti per dire qual è il numero probabile. Certamente, però, la cifra reale è più alta di 2.000, così come il Ministro dell'interno dice. Il problema della gestione di questi minori è l'emergenza e la criticità più acuta. Per questo chiediamo di uscire da questa situazione per cui anche sui minori siamo di fronte Pag. 11a una gestione non adeguata, prima dal punto vista degli strumenti. Ricondurre allo schema a tre, con lo SPRAR, la questione dei minori non accompagnati ci sembra il modo per gestire al meglio questo tema.
  La condivisione tra comuni – l'onorevole Braga ha posto il problema – si fa su scala locale. A Torino – ne parlo perché è un'esperienza che conosco – abbiamo un coordinamento con i comuni dell'area metropolitana per gestire insieme i flussi che arrivano. Credo che si faccia così anche in molte altre realtà. Non è facile perché ogni comune è impaurito, diffidente e non sa bene come gestire la cosa. Insomma, non è semplicissimo, ma avviene.
  Il riferimento che lei ha fatto alle pratiche burocratiche mi consente di affrontare un tema che non avevo trattato nell'introduzione. Infatti, uno dei temi è questo. I profughi arrivano: facciamo tutta l'accoglienza ma qual è la prospettiva ? Come sapete, la gran parte questi profughi fa domanda di asilo. A questo proposito, c’è un altro problema che evochiamo e proponiamo: l'escussione della domanda, per capire se il soggetto abbia diritto all'asilo o meno, quindi se gli venga concesso o meno, avviene oggi con un numero di commissioni ridotto e una metodologia troppo lenta. Quindi, proponiamo la triplicazione da 20 a 60 delle commissioni, lo snellimento del numero dei componenti delle commissioni stesse e l'attivazione di procedure che, fermo restando l'accertamento con tutta la serietà necessaria, siano più rapide.
  Dopodiché, non è ancora risolto il problema del dopo, perché chi si vede riconosciuto il diritto di asilo è un asilante, con tutte le prerogative che la legge gli attribuisce, ma a chi non viene concesso cosa succede ?
  La questione non è chiara perché, teoricamente, è un clandestino, quindi dovremmo rimpatriarlo, ma magari spesso viene da un posto dove ci sono guerre. Questo è un tema non risolto, che poniamo al tavolo con il Governo e con le regioni. È un problema di quadro normativo e di decisione del Governo come gestirlo.
  Per quello che riguarda le altre associazioni di comuni europei, ho detto che abbiamo avuto un contatto con gli spagnoli; lunedì ne parlerò con i tedeschi. Ho proposto al Presidente del Consiglio, che condivide, che uno dei primi atti che faremo durante la nostra presidenza sarà proporre un incontro dei presidenti delle ANCI di tutti i Paesi dell'Unione per provare a capire se tra sindaci si possono definire alcune linee guida comuni.
  Per quello che riguarda i costi, il costo di un profugo è di 35 euro al giorno, moltiplicato per 365 giorni e per 19.000 posti – mi riferisco ai 13.000 in carico e ai 6.000 che stanno arrivando – fa 250 milioni circa all'anno. È un costo non piccolo.
  I comuni – lo ripeto – non sono in grado di sostenere questo costo, quindi serve una predisposizione finanziaria. Per i minori, serve un'ulteriore predisposizione finanziaria. Ospitare nello SPRAR 1.000 minori, calcolato che per i minori il costo è di 80 euro al giorno, per 365 giorni fa circa 30 milioni su base annua.
  Segnalo che c’è un fondo per i minori non accompagnati di 40 milioni, 30 milioni dei quali messi a disposizione dai comuni. Lo sottolineo perché è un'ulteriore dimostrazione di come i comuni si fanno carico di questo problema. Infatti, nella legge di stabilità il Fondo statale aveva solo 10 milioni di euro. Quando ci siamo resi conto che con 10 milioni non si faceva nulla, discutendo con il Governo, abbiamo convenuto e abbiamo messo a disposizione 30 milioni attinti dal Fondo di solidarietà comunale. Ribadisco questo aspetto.
  La condizione fondamentale è che lo schema che abbiamo proposto, che trova la condivisione del Ministro Alfano e di tutti i principali attori del sistema istituzionale, ha assoluto bisogno delle risorse. Siccome siamo in una sede parlamentare, chiedo ai gruppi parlamentari e al Comitato Pag. 12di farsi portavoce verso il Governo di questa nostra assoluta esigenza, che non è solo nostra, ma è legata alla gestione di questo problema. Altrimenti, se non ci sono le risorse, il problema diventa ingestibile.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente, per le utilissime informazioni. Mi scuso di non aver salutato prima la dottoressa Veronica Nicotra, segretario generale ANCI, e la dottoressa Camilla Orlandi, responsabile ufficio immigrazione ANCI, che hanno accompagnato il presidente Fassino. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 21.20.