XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Martedì 25 marzo 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI FLUSSI MIGRATORI IN EUROPA ATTRAVERSO L'ITALIA, NELLA PROSPETTIVA DELLA RIFORMA DEL SISTEMA EUROPEO COMUNE D'ASILO E DELLA REVISIONE DEI MODELLI DI ACCOGLIENZA

Audizione di rappresentanti dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).
Ravetto Laura , Presidente ... 3 
De Bonis Andrea , rappresentante dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ... 3 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Pegorer Carlo  ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Pegorer Carlo  ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Pegorer Carlo  ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 9 
Pegorer Carlo  ... 9 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 9 
De Bonis Andrea , rappresentante dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ... 9 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 9 
De Bonis Andrea , rappresentante dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ... 9 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 9 
Mazzoni Riccardo  ... 9 
Ginetti Nadia  ... 9 
Arrigoni Paolo  ... 10 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 10 
Arrigoni Paolo  ... 10 
De Bonis Andrea , rappresentante dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ... 10 
Arrigoni Paolo  ... 12 
De Bonis Andrea , rappresentante dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 13.40.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui flussi migratori in Europa attraverso l'Italia, nella prospettiva della riforma del sistema europeo comune d'asilo e della revisione dei modelli di accoglienza, l'audizione di rappresentanti dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.
  È presente il dottor Andrea De Bonis, protection associate dell'Alto Commissariato, che invito ad illustrare la sua relazione introduttiva. Ricordo, altresì, che il dottor De Bonis ha trasmesso al Comitato della documentazione che è stata inviata ai colleghi via mail. Al termine del suo intervento, i colleghi potranno formulare domande o richieste di chiarimento, in merito alle quali il dottor De Bonis potrà rispondere. Do quindi la parola al dottor Andrea De Bonis.

  ANDREA DE BONIS, rappresentante dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). Ringrazio la presidente, i deputati e i senatori del Comitato per questo invito e per averci dato l'opportunità di portare una nostra riflessione in questa sede, così contribuendo all'indagine conoscitiva sui flussi migratori in Europa attraverso l'Italia, nella prospettiva della riforma del sistema europeo comune d'asilo e della revisione dei modelli di accoglienza.
  Siamo particolarmente contenti di questa possibilità e invitiamo questo illustre Comitato a porre l'attenzione sul fatto che il 2014, a nostro avviso, sarà un anno cruciale per l'asilo. Lo sarà fondamentalmente per tre aspetti: innanzitutto, in ragione della presidenza italiana dell'Unione, ma anche in ragione di una stagione che – pensiamo – sarà significativa per il numero di arrivi di richiedenti asilo in Italia (soprattutto, questo sarà certamente un anno significativo per la riforma del sistema nel suo complesso). Questi sono i tre ambiti su cui brevemente vorrei concentrare il mio intervento.
  Iniziamo con la presidenza italiana dell'Unione europea. L'UNHCR in genere contribuisce con alcune raccomandazioni a costruire le priorità delle diverse presidenze degli Stati membri dell'Unione. A breve invieremo al Governo italiano un documento di raccomandazione. In questa sede vorrei anticipare alcuni degli argomenti che riteniamo fondamentali e che auspichiamo possano essere trattati durante la presidenza italiana.
  Il primo è certamente quello del salvataggio in mare. L'UNHCR ha più volte Pag. 4espresso la propria gratitudine nei confronti del Governo italiano per le operazioni di salvataggio in mare. Lo ha sempre fatto supportando la Guardia costiera e lo fa a maggior ragione oggi nei confronti della Marina militare, che da ottobre all'inizio dell'operazione «Mare Nostrum» ha portato in salvo circa 13 mila persone.
  Noi riteniamo che questo grosso sforzo che l'Italia sta compiendo debba essere sostenuto anche dall'Unione europea e per questo abbiamo avanzato alcune proposte relativamente allo sviluppo delle operazioni di salvataggio in mare, che sono riassunte in uno dei documenti che ho inviato alla vostra attenzione. A tale riguardo, pensiamo che sia opportuno un coinvolgimento anche dell'Unione europea e che occorrano procedure comuni per il riconoscimento della protezione internazionale e per l'indicazione dei luoghi di sbarco dei Paesi responsabili per la presa in carico delle persone salvate.
  L'altro aspetto che consideriamo assolutamente cruciale rispetto alla presidenza italiana è quello dei rifugiati siriani. Invitiamo tutti gli Stati a porre una particolare attenzione alle condizioni dei rifugiati siriani, che nel 2013 hanno raggiunto il numero di 2,5 milioni, per lo più nei Paesi limitrofi (Turchia, Giordania, Libano, nord Iraq).
  In Europa, dal 2011 a oggi, cioè dall'inizio della crisi siriana, le domande di asilo sono state 81 mila, solo 51 mila nel 2013, a dimostrazione di un trend in crescita. Il dato per l'Italia è particolarmente significativo: i siriani sbarcati in Italia nel 2013 sono stati 11.307, ma le domande di asilo sono state 695, segno che i siriani hanno scelto di non fermarsi in Italia, ma di spostarsi in altri Paesi europei, peraltro con particolari difficoltà, attesa la vigenza della Convenzione di Dublino. Comunque, sulla circostanza che numerosi siriani arrivati in Italia non abbiano fatto domanda di asilo mi vorrei soffermare successivamente.
  L'altro aspetto sul quale auspichiamo che vi sia attenzione da parte del Governo italiano durante i mesi della presidenza dell'Unione è quello dell'apolidia. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha un mandato anche di protezione dei cittadini apolidi. L'Alto Commissario Antonio Guterres ha chiesto che, nel prossimo decennio, si cerchi di arrivare a una sostanziale eliminazione dell'apolidia. Il 2014 è un anno cruciale per l'apolidia perché ricorre il 60o anniversario della Convenzione sullo status degli apolidi del 1954, che insieme alla Convenzione del 1961 sulla riduzione dell'apolidia rappresenta la cornice di diritto internazionale sul tema. Poiché l'Italia al momento non aderisce alla Convenzione del 1961, il nostro auspicio è che al 1o luglio, quando ci sarà la celebrazione del 60o anniversario della Convenzione del 1954 (la data corrisponde all'inizio della presidenza italiana), si possa arrivare alla ratifica da parte dell'Italia della Convenzione del 1961.
  Dopo aver riferito, in breve, le raccomandazioni rispetto alla presidenza italiana, vorrei ora soffermarmi sugli aspetti significativi legati agli sbarchi, che consideriamo un tema estremamente rilevante per il 2014. Partiamo con alcuni dati. Nel 2013 le persone sbarcate in Italia sono state 42.925, il secondo dato più alto negli ultimi dieci anni. Questo dato, già di per sé significativo, lo è ancor di più se paragonato al 2014. Abbiamo stimato che nei primi tre mesi del 2013 le persone sbarcate sono state circa mille, mentre nello stesso periodo del 2014 sono state circa 10 mila, quindi il dato del 2014 – primi tre mesi – è dieci volte superiore a quello del corrispondente periodo del 2013. Il dato del 2014, peraltro, è estremamente significativo rispetto a quello del 2013 perché circa il 50 per cento delle persone sbarcate sono potenziali rifugiati, cioè siriani ed eritrei.
  Il numero di domande di asilo nel 2013 è stato di 27.830, circa 10 mila domande di asilo in più rispetto al 2012, quando sono state 17.350. Questo trend è comune in tutti i Paesi industrializzati. Ho portato all'attenzione del Comitato un rapporto pubblicato ieri dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati sui livelli di domande di asilo nei 44 Paesi industrializzati: Pag. 5si è passati da 479 mila a 612 mila domande, con un aumento più che considerevole in tutti i Paesi. Come dicevo, le domande di asilo in Italia sono state circa 27 mila, dato di per sé significativo ma non tra i più alti (infatti già nel 2011 e nel 2008 in Italia sono state superate le 30 mila domande), soprattutto se rapportato ad altri Paesi europei. In Germania le domande d'asilo nel 2013 sono state 109 mila, in Francia 60 mila, in Svezia 54 mila. Se poi si rapporta il numero di domande di asilo agli abitanti, anche il dato di piccoli Stati come Austria, Belgio e Olanda è estremamente significativo.
  L'UNHCR si aspetta che nel 2014 il numero degli sbarchi aumenterà significativamente, anche rispetto al 2013. Riteniamo che sia necessario, fin da subito, fare una programmazione sull'accoglienza di queste persone, perché constatiamo che in questo momento il sistema di accoglienza è già in sofferenza. Nei centri di accoglienza per richiedenti asilo, i CARA, che dovrebbero ospitare potenzialmente 6 mila persone, i richiedenti asilo ospitati superano già le 10 mila unità.
  I progetti SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), cioè i piccoli progetti di accoglienza diffusa, sono arrivati a 9.500 posti nel 2013 e, con il nuovo bando, sono stati portati a 13.500, estendibili fino a 20.000 in caso di emergenza. Tuttavia, i 13.500 posti sono già potenzialmente occupati – dico potenzialmente perché non sono stati tutti aperti – ed in attesa di essere finanziati, però sappiamo che le liste d'attesa delle questure sono anch'esse già molto considerevoli. Il dato è che per le ultime persone sbarcate la scorsa settimana, quasi 5 mila, il Ministero dell'interno si è orientato chiedendo a tutte le prefetture d'Italia di dare una disponibilità di posti.
  Abbiamo chiesto al Governo di definire un piano e, secondo una stima dei possibili arrivi nei prossimi mesi, auspichiamo di poter dare disponibilità garantendo standard qualitativi adeguati, tenuto anche conto dell'aumento significativo del numero dei minori tra le persone che sbarcano. L'anno scorso i minori non accompagnati sono stati più di 5 mila, quasi un ottavo del numero complessivo delle persone sbarcate, cui vanno aggiunti i minori accompagnati, cioè quelli appartenenti a nuclei familiari. Sulla necessità di fare una programmazione dell'accoglienza, a questa si deve accompagnare una riforma significativa del sistema. Questo è l'anno per riformare il sistema d'asilo. Abbiamo accolto con grandissimo favore il monito del Presidente Napolitano successivo alla strage di Lampedusa di ottobre, con il quale il Presidente aveva chiesto di intervenire sul tema dell'asilo. Subito dopo c’è stata la richiesta di procedura accelerata alla Camera dei deputati per le proposte di legge organica sull'asilo, incardinate in Commissione affari costituzionali. Nello stesso tempo, il Governo chiese la delega, all'interno della legge di delegazione europea 2013-bis, per un testo unico sull'asilo.
  Il provvedimento della legge di delegazione europea 2013-bis è estremamente significativo perché contiene due importantissime direttive europee: la direttiva 2013/32, che disciplina le procedure per il riconoscimento della protezione internazionale e la direttiva 2013/33 che disciplina il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo. Si tratta di due direttive che modificano precedenti direttive già trasposte nel sistema italiano, con standard abbastanza elevati.
  Noi pensiamo, però, che nel contesto della trasposizione di queste due direttive ci sia l'opportunità per intervenire in maniera significativa nel riformare il sistema di asilo italiano, intervenendo sugli aspetti di maggiore criticità. Tra il materiale che abbiamo posto all'attenzione del Comitato, c’è il documento contenente le raccomandazioni che l'UNHCR pubblica quasi ogni anno; l'ultimo è del luglio 2013. In questo documento abbiamo indicato, tra gli aspetti più critici del sistema di asilo italiano, l'accoglienza e l'integrazione.
  Dell'accoglienza in parte abbiamo già detto. Nell'ultimo periodo i sono stati, indubbiamente, degli aspetti positivi: l'aumento dei posti nel sistema SPRAR è oggettivamente un aspetto positivo, così Pag. 6come il rafforzamento del tavolo nazionale di coordinamento presso il Ministero dell'interno. Si tratta di un tavolo, dove sostanzialmente sono rappresentate tutte le amministrazioni pubbliche e gli enti locali, un luogo di confronto sulle politiche dell'accoglienza.
  Pensiamo che il sistema di governance del sistema d'asilo nel suo complesso debba essere rafforzato, magari istituendo un tavolo interistituzionale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri che possa dare indicazioni e indirizzi alle politiche sull'asilo.
  È fondamentale la programmazione, soprattutto rispetto all'accoglienza. È vero che gli arrivi dei richiedenti asilo non sono programmabili in sé, però possono essere in parte prevedibili e comunque possono essere approntate delle stime sulla base dell'esperienza degli anni precedenti.
  L'altro aspetto al quale si rivolge una delle proposte dell'Alto Commissariato di modifica del sistema accoglienza nel suo complesso è quello del superamento dei grossi centri collettivi, i quali hanno, negli anni, presentato alcuni aspetti di criticità.
  I CARA sono stati pensati per far permanere le persone per un massimo di 25-30 giorni, quindi, per fornire servizi di base. In ragione, invece, del numero basso dei posti di accoglienza nel suo complesso, le persone vi rimangono un anno, un anno e mezzo, non ricevendo quegli strumenti d'integrazione utili (per esempio, corsi approfonditi di italiano o di orientamento ai servizi al lavoro), i quali possono essere utilizzati, qualora le persone vengano riconosciute rifugiati, in una fase successiva alla permanenza in queste strutture.
  Pensiamo che il sistema di accoglienza possa essere strutturato rafforzando il sistema dei piccoli centri SPRAR, centri diffusi e integrati in tutto il territorio italiano, che hanno un minore impatto nei contesti locali e che, anche per una ragione di prossimità tra i servizi, tra gli operatori e i richiedenti asilo e rifugiati stessi, possono riuscire a dare servizi più qualificanti anche in relazione al processo di integrazione.
  L'altro aspetto essenziale da introdurre in una riforma dell'accoglienza è quello del monitoraggio, che attualmente manca. In ragione di questa assenza di un monitoraggio sistematico dei centri di accoglienza, constatiamo una disomogeneità significativa negli standard. Abbiamo in Italia centri di eccellenza che coesistono con centri dove gli standard non raggiungono la sufficienza. Per questo, l'istituzione di un sistema di monitoraggio potrebbe favorire un'uniformità di standard qualitativi.
  Altro elemento estremamente importante è quello dell'integrazione. L'integrazione per i beneficiari di protezione internazionale non è la stessa di un qualsiasi migrante economico. I problemi con cui si confronta il rifugiato, in ragione della separazione forzata con le famiglie, dell'assenza di network di supporto, della mancata programmazione del proprio viaggio e a volte anche della propria meta, sono numerosi. Arrivano in Italia persone che neanche sanno di essere arrivate nel nostro Paese: sanno genericamente di essere arrivate in Europa. Dico questo per darvi una misura della difficoltà con cui possono confrontarsi. Soprattutto, dobbiamo considerare le difficoltà psicologiche dovute alle violenze subìte, nei Paesi di origine o nei Paesi di transito, dal migrante forzato.
  I processi di integrazione per un rifugiato sono, se vogliamo, più difficoltosi e hanno necessità di alcuni supporti specifici. Noi constatiamo alcuni aspetti positivi che sono stati introdotti con la trasposizione della direttiva qualifiche (Direttiva 2011/95/UE), che è stata recentemente emanata. Alcuni membri del Comitato sono intervenuti in Commissione politiche europee e in Commissione affari costituzionali su questo tipo di provvedimento. Questo è stato molto significativo, laddove si equipara lo status di beneficiario di protezione sussidiaria con lo status di rifugiato, ma anche nella previsione di linee guida per la presa in carico delle vittime di tortura e, soprattutto, per aver previsto un piano biennale sull'integrazione. Pensiamo, però, che siano necessarie Pag. 7ulteriori misure per sostenere l'integrazione di beneficiari di protezione internazionale, che in questo momento mancano di strumenti di supporto successivi al riconoscimento.
  Vorrei dirvi, in parole povere e anche un po’ brutalmente, quello che accade ai rifugiati in Italia. In genere, dopo il riconoscimento costoro devono essere allontanati dai centri di accoglienza per richiedenti asilo, nei quali possono permanere solo in quanto richiedenti asilo, senza avere alcun tipo di strumento di supporto. Solo in pochi riescono a finire nei centri SPAR da beneficiari di protezione internazionale.
  Una ricerca condotta nel 2011 ha stimato che solo il 32 per cento delle persone riconosciute rifugiate che transitano nei CARA hanno poi una seconda accoglienza. La maggior parte di queste persone, oltre al permesso di soggiorno, non riceve alcun tipo di supporto e si riversa nelle grandi città, molto spesso andando a richiedere alle grandi metropoli – Roma, Torino, Milano – servizi di natura emergenziale (accoglienza nei centri emergenziali), oppure andando a vivere nei palazzi occupati.
  Nel 2011 venivano stimati, solo a Roma, 1.700 rifugiati che vivevano nei palazzi abbandonati e nelle grandi occupazioni. Riteniamo che questo numero, nel giro di due anni, si sia quasi raddoppiato. Solo a palazzo Selam, che è un palazzo dell'Enasarco nel quartiere Romanina, nei pressi di Cinecittà, a Roma, vivono attualmente circa 1.200 rifugiati. È stato definito dalla stampa internazionale il «palazzo della vergogna», stigmatizzato anche dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa. Esso rappresenta la fotografia plastica delle difficoltà reali di integrazione dei beneficiari di protezione internazionale in Italia. Nell'estate del 2013, l'Alto Commissariato ha organizzato la visita di una delegazione parlamentare nel palazzo e invitiamo anche il Comitato a prendere in considerazione un'eventuale visita.
  Vorrei ora ritornare sul fatto che i siriani sbarcati in Italia, che hanno fatto domanda d'asilo, sono in numero così basso. Essi sanno che in Italia non ci sono prospettive di integrazione, quindi cercano, finché possono, di andare in Centro o Nord Europa, in parte anche perché hanno legami familiari in quei Paesi, ma in misura significativa per la consapevolezza delle difficoltà nei processi di integrazione.
  Abbiamo avanzato alcune proposte per sostenere i processi di integrazione, tra cui quella di includere i beneficiari di protezione internazionale tra le categorie dei lavoratori svantaggiati previste dalle leggi sulle cooperative sociali, nonché quella di dare applicazione all'articolo 25 della Convenzione di Ginevra sull'assistenza amministrativa.
  Queste due proposte sono state incluse in un emendamento presentato dal relatore all'articolo 7 della legge di delegazione europea 2013-bis (l'articolo che prevede la delega per il Testo unico). Auspichiamo che tale emendamento sia sostenuto da tutte le forze politiche.
  Concludo brevemente sulla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale. L'Alto Commissariato è da sempre stato parte delle procedure per il riconoscimento, dello status di rifugiato prima e della protezione internazionale dopo. Fino al 1990, fintanto che l'Italia ha mantenuto la riserva geografica alla Convenzione di Ginevra, l'Alto Commissariato faceva direttamente la valutazione delle domande di asilo.
  Dal 1990 siamo membri della Commissione centrale per il diritto d'asilo, con un potere consultivo, mentre dal 2005 siamo membri delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, come membri effettivi. Io stesso sono stato membro di una di queste Commissioni, a Crotone, per sei anni. Le Commissioni sono composte da un funzionario di carriera prefettizia con funzioni di presidente, da un rappresentante della Polizia di Stato e da un rappresentante degli enti locali.
  Esprimiamo un giudizio molto positivo sulle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale in Italia e sui Pag. 8livelli di protezione che si riescono a garantire. Tuttavia, pensiamo anche che questo sistema non abbia più margini di miglioramento, in parte perché non sono richieste per la nomina all'interno di queste Commissioni competenze specifiche sull'asilo, in ragione anche dell'alto tasso di turnover tra gli altri membri delle Commissioni e della mancanza di una formazione obbligatoria iniziale. Pensiamo, quindi, che sia arrivato il tempo di riformare la procedura nel suo complesso, rafforzando la professionalizzazione di chi è deputato a valutare le domande di asilo, nonché l'indipendenza del processo di valutazione della domanda di asilo.
  Riteniamo che queste due caratteristiche possano essere soddisfatte dalla creazione di un organismo dedicato, che possa essere competente per la valutazione delle domande di asilo attraverso funzionari professionali suoi dipendenti.
  Auspichiamo che questa riforma possa essere realizzata con il recepimento della direttiva procedure. Pensiamo, altresì, che l'UNHCR possa svolgere un ruolo differente, non essendo più direttamente coinvolto, ma mantenendo un ruolo di supervisione e monitoraggio, che è quello che più gli compete.
  Ho cercato di essere sintetico e forse sono stato troppo celere nell'illustrazione, ma avevo piacere di rappresentare tutti gli aspetti. Spero di essere stato chiaro nell'esposizione, soprattutto di avere evidenziato come l'attenzione sui temi dell'asilo quest'anno debba essere massima, nell'auspicio che l'UNHCR possa contribuire a ciò continuando la collaborazione con questo Comitato. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor De Bonis. È stato molto chiaro. Direi che potremmo senz'altro prendere nota dei riferimenti legislativi cui lei ha accennato, procedendo a svolgere un'audizione con chi avrà la delega su tutto ciò all'interno del Governo e comunque con i colleghi delle Commissioni competenti.
  Prima di dare la parola ai colleghi per eventuali domande, me ne riservo solo una. Mi può dire qualcosa sulla questione dell'iscrizione anagrafica ? Ho letto dai suoi documenti e ho sentito dire che è un aspetto cruciale, ma non ho ben capito che cosa succeda e come possa essere migliorata. Do, quindi, la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CARLO PEGORER. Signor presidente, chiedo di intervenire sull'ordine dei lavori. Vista l'interessantissima relazione del rappresentante dell'UNHCR e considerato che molti di noi, purtroppo, hanno impegni di Commissione che stanno per iniziare, chiederei se fosse possibile posticipare...

  PRESIDENTE. Capisco tutti gli impegni di Commissione, però, come lei sa, la presenza in questa sede equivale a quella nelle Commissioni di competenza. Sono certa del fatto che anche i lavori delle altre Commissioni siano importantissimi, però, l'audizione odierna è stata fissata secondo le disponibilità di tutti, quindi, oggi intendo concludere l'audizione.
  Eventualmente, si potrà richiamare il dottor De Bonis per approfondimenti – in questo assicuro la massima flessibilità – però, chiaramente, quella di oggi è un'audizione importante e pur comprendendo che possiate avere altri impegni, non possiamo – tanto per essere chiari – rivedere l'audito più tardi, anche perché alle 15 dobbiamo essere in Assemblea. Senz'altro, posso prendere buona nota di un invito successivo al fine di un approfondimento ulteriore, tuttavia, teniamo anche conto delle corrispondenze, altrimenti rischiamo di diventare matti.

  CARLO PEGORER. Su questo, presidente, non ho alcun dubbio. Siamo d'accordo su quanto lei ci ha riferito, ma ci sono ordini del giorno diversi anche nelle singole Commissioni, che dipendono dagli argomenti che vengono trattati.

  PRESIDENTE. Io stessa, oggi, sto perdendo un'altra seduta di Commissione, ma ribadisco che per l'audizione di oggi c'era una disponibilità da parte della presidenza, della Commissione e degli auditi.

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  CARLO PEGORER. Volevo chiedere soltanto se fosse possibile un ulteriore incontro con il rappresentante dell'UNHCR, non che oggi si interrompesse la riunione.

  PRESIDENTE. Se vuole, può porre le sue domande ed eventualmente prenderemo nota delle risposte, qualora non potesse ascoltarle.

  CARLO PEGORER. La questione che intendo porre si riferisce alle procedure di richiesta d'asilo. Dottor De Bonis, lei ci ha presentato un progetto di lavoro che si segnala come raccomandazione all'operatività del Governo e del Parlamento su questo fronte. Vorrei solo chiederle se, rispetto a queste raccomandazioni, ci sono stati già passaggi ufficiali e formali nei confronti del Governo – del Ministero dell'interno, in questo caso – per far sì che le stesse possano trovare una loro esplicazione.

  GIORGIO BRANDOLIN. Chiedo, innanzitutto, se esista una mappatura dei cosiddetti «piccoli CARA» sul territorio nazionale.

  ANDREA DE BONIS, rappresentante dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). Gli SPRAR...

  GIORGIO BRANDOLIN. Ciò servirebbe per capire dove sono distribuiti, se questa distribuzione deriva dalla disponibilità dei singoli comuni o comunità, oppure se c’è già un'indicazione del Governo in tal senso.
  In secondo luogo, lei oggi ha riferito che nei primi tre mesi del 2014 ci sono stati sbarchi dieci volte superiori a quelli dello stesso periodo del 2013, in ciò confermando il trend riportatoci in una precedente audizione un mese fa. Speriamo che non sia così, perché da 43 mila rischieremmo di passare a 400 mila !

  ANDREA DE BONIS, rappresentante dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). Non pensiamo a una progressione geometrica...

  GIORGIO BRANDOLIN. Le domando ciò perché questi cominciano a essere numeri importanti.

  RICCARDO MAZZONI. Vorrei sapere se le ultime direttive europee hanno in qualche modo superato il Regolamento Dublino III, che a mio parere dovrebbe essere uno dei primi punti nell'agenda del semestre di presidenza italiana.
  Lei ha giustamente detto che questo sarà un anno cruciale e che arriveranno sempre più profughi in Italia. Il Regolamento Dublino III ribadisce il fatto che il Paese su cui incombe l'onere di riconoscere il diritto d'asilo è quello di primo arrivo: noi, da questo punto di vista, rappresentiamo la frontiera.
  Il sistema va rivisto ! I CARA sono già stracolmi ! Succede, infatti, che il Governo dia l’input alle prefetture e poi tutto si scarica sui comuni, i quali devono trovare sistemazioni di fortuna e via dicendo. In Toscana è successo che la metà esatta dei profughi siriani arrivati sono spariti durante la notte, perché hanno preso i treni verso la Germania, verso il Nord Europa, dove magari hanno dei parenti. Tuttavia, penso che l'Italia non possa farcela se prima di tutto non si supera il Regolamento Dublino III, che scarica l'onere dell'asilo sull'Italia e sui Paesi del Mediterraneo. L'Europa è bravissima a emanare direttive, ma è bene che si assuma anche qualche responsabilità.

  NADIA GINETTI. Ringrazio per questa audizione. Preso atto delle raccomandazioni che vengono formulate nei confronti del Governo italiano per una miglior disciplina e gestione della protezione dei rifugiati, è chiaro, però, che ogni livello deve compiere il proprio dovere. Quindi, se l'Italia deve assumersi responsabilità di accoglienza, è evidente che, come diceva il collega, anche l'Unione europea deve prendere atto del fatto che l'Italia è una porta d'accesso. Soprattutto, si devono elaborare delle politiche per il Mediterraneo, secondo un'ottica geopolitica nuova, che riporti il Mediterraneo all'attenzione della complessità della politica internazionale, Pag. 10non solo come Mediterraneo, ma come punto d'arrivo di aree in difficoltà, come quelle subsahariane.
  In tal senso, rispetto a queste dinamiche nuove, che vedono l'Africa spostarsi attraverso il Mediterraneo, chiedo cosa pensi di fare il livello internazionale dell'ONU e, in particolare, l'Agenzia. Chiedo, insomma, se non ci sia anche una responsabilità del livello più propriamente internazionale dell'Agenzia nell'affrontare il problema dei rifugiati a partire da quelle terre, senza aspettare che essi arrivino in altri Paesi, attraverso il Mediterraneo.

  PAOLO ARRIGONI. Non ho domande da porre, ma vorrei esprimere alcune riflessioni. Il dottor De Bonis ha parlato di una richiesta alle prefetture in termini di disponibilità dei posti per l'accoglienza delle persone sbarcate nelle ultime settimane. Dottor De Bonis – le parlo anche da amministratore locale – poiché i prefetti non collocano questi migranti all'interno delle prefetture, alla fine, questo problema si riverbera sugli enti locali. Peraltro, lei ha anche detto che i prefetti devono garantire standard qualitativi elevati. Molti di questi migranti sono stati collocati anche in hotel a tre e quattro stelle e questo sicuramente crea un problema...

  GIORGIO BRANDOLIN. Sono 35 euro a giornata !

  PAOLO ARRIGONI. Io non ho parlato di costi, ma di categoria di hotel. Dopodiché, penso che l'aumento dei flussi migratori sia strettamente correlato all'operazione «Mare Nostrum», un'operazione che anziché rappresentare un deterrente per molti migranti, rappresenta invece un canale di assoluta garanzia e incentiva il flusso migratorio. Di questo, secondo me, il nostro Governo deve occuparsi come di una questione seria.
  È certamente un approccio diverso da quello che, ricordo, veniva adottato qualche anno fa, laddove la Marina militare veniva impiegata per cercare di contrastare la partenza delle bagnarole dalle coste dei Paesi del nord Mediterraneo. Ho presentato anche un'interrogazione per chiedere quali sono le regole di ingaggio della Marina militare e quali sono le aree oggetto di pattugliamento. Tuttavia, questa è una mia considerazione personale, come avevo anticipato in premessa.

  ANDREA DE BONIS, rappresentante dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). Rispondo cominciando dalle domande del senatore Pegorer. In relazione alle interlocuzioni istituzionali che l'UNHCR ha avuto, abbiamo rappresentato le nostre proposte in Parlamento alle Commissioni di merito, inviando un documento sulla proposta di legge ordinaria, la legge Giacomelli, nonché sulla proposta del partito SEL, entrambe accomunate nell'iter alla Camera in Commissione affari costituzionali.
  Inoltre, in relazione alla legge di delegazione europea 2013-bis, abbiamo inviato delle osservazioni con proposte di criteri di delega. Abbiamo, dunque, un'interlocuzione stabile con il Parlamento. Anche in Senato abbiamo lavorato a stretto contatto con le Commissioni affari costituzionali e politiche europee per la legge di delegazione europea 2013, quindi, c’è un dialogo costante. Lo stesso può dirsi del rapporto con il Ministero dell'interno, con gli uffici legislativi, con il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione e con il livello «politico» del Ministero stesso, cioè con il sottosegretario Manzione, il Ministro Alfano e il viceministro Bubbico. Insomma, l'interlocuzione c’è a tutti i livelli.
  Si sta dialogando sulle proposte che l'UNHCR ha posto. Ovviamente, siamo all'inizio, ma comunque c’è la consapevolezza da parte di tutti che bisogna intervenire riformando. Le proposte vengono valutate, ci sono anche delle proposte del Ministero su come avviare la riforma del sistema, sia per quanto riguarda l'accoglienza, sia le procedure.
  Relativamente all'integrazione, avevamo proposto di garantire un periodo minimo di accoglienza anche ai beneficiari di protezione internazionale. Questa proposta, in questa fase, ovviamente anche Pag. 11per una questione di coperture economiche, non è stata accettata, però c’è una volontà di trovare soluzioni ai temi dell'integrazione.
  Onorevole Brandolin, esiste una mappatura. Lo SPRAR stesso definisce una mappatura dei propri centri; i progetti sono passati da circa 130 a 430, con aumento del numero di posti. I progetti sono su base volontaria e sono cofinanziati per l'80 per cento dal Ministro dell'interno e per il 20 per cento dai comuni, i quali presentano una proposta quando viene fatto il bando.
  È vero che questa logica della volontarietà fa sì che i progetti siano concentrati per lo più al Sud: dei 13.500 posti, circa 2.000 sono in Sicilia e 1.800 in Calabria. Questo rappresenta un problema per i processi successivi all'integrazione perché, evidentemente, questi territori hanno difficoltà ad assorbire il numero di beneficiari, che alla fine del periodo di permanenza si spostano comunque al Centro e al Nord Italia.
  Noi chiediamo che il criterio della volontarietà, che deve rimanere, possa essere integrato da quote stabili per singole regioni, in modo che quanto meno gli arrivi non previsti possano essere suddivisi su base regionale in maniera omogenea.
  Senatore Mazzoni, le direttive non intervengono sul Regolamento Dublino III, che però è stato varato a giugno, quindi, è recente. Dico ciò perché se si pensa di inserirlo nell'agenda della presidenza italiana, lo si deve fare con la consapevolezza che è stato appena varato, ma queste sono osservazioni estemporanee.
  Faccio ora una considerazione a tutto tondo che richiama anche l'intervento della senatrice Ginetti. Il tema del coinvolgimento dell'Europa è sicuramente importante. Nella prima parte dell'intervento ho detto che l'UNHCR sta cercando, in tutti i modi, di promuovere un coinvolgimento dell'Unione europea nelle missioni di salvataggio in mare, perché è evidente che non può gravare sull'Italia tutto il peso di questo aspetto estremamente significativo. Come leggerete nella proposta dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite, che è stata portata all'attenzione di tutti gli organismi europei, questo vuol dire anche individuare i modi per stabilire chi deve prendere in carico le persone salvate in acque internazionali. Non necessariamente deve essere lo Stato di bandiera della nave militare che ha effettuato il salvataggio. Questa è una delle posizioni dell'UNHCR.
  Dall'altro lato, rispetto all'accoglienza delle persone che arrivano bisogna pur fare i conti con i numeri. Se è vero ciò che lei dice su Dublino, ossia che rientra tra le competenze del primo Paese di approdo la decisione sulla domanda di asilo, dobbiamo però fare anche una verifica sui numeri. Oggi il numero di domande di asilo in Germania è quattro volte superiore a quello delle domande presentate in Italia: 109 mila in Germania nel 2013, 60 mila in Francia (più del doppio che in Italia), quasi 60 mila in Svezia.
  Riteniamo che se l'Italia, durante la presidenza, vorrà con forza sostenere in Europa un ruolo autorevole sul salvataggio in mare, dovrà però dare risposte soddisfacenti sull'accoglienza di chi arriva nel territorio.
  In Svezia, in Germania, ci sono persone che dovrebbero, in teoria, essere rimandate in Italia (tramite procedura Dublino) e immagino che vi sia un aspetto di criticità anche nelle relazioni tra questi Paesi circa le ragioni per cui le persone abbandonano l'Italia.
  Senatore Arrigoni, sono tante le considerazioni possibili su «Mare Nostrum», ma la prima è che a ottobre sono morte 600 persone, mentre da quando è stata avviata l'operazione «Mare Nostrum» le persone decedute in mare sono quasi zero. Questo è un elemento di cui non si può non prendere atto.
  Quando parlavo di standard, non si pensi all'hotel a quattro stelle come a uno standard qualitativo alto, perché se un richiedente asilo sta per un anno in un hotel a quattro stelle e non gli viene fornito un corso di italiano o servizi minimi, non gli abbiamo certo reso un favore. Quando parlo di standard adeguati, non mi riferisco a quello: standard adeguati Pag. 12significa dare dei servizi che possano favorire l'autonomia del richiedente asilo.
  L'auspicio dell'UNHCR è che, dopo un anno di accoglienza, una persona possa essere autonoma, per non gravare più sullo Stato. Questa è la logica che bisognerebbe provare a percorrere. Quando parliamo di standard, questi sono legati ai servizi per una successiva integrazione e anche ai servizi sanitari, poiché constatiamo, sempre di più tra le persone che arrivano e soprattutto tra i rifugiati siriani, livelli di disagi molto significativi.
  Mi scuso perché stavo omettendo la risposta alla presidente Ravetto. Uno dei temi maggiormente problematici è quello dell'accesso all'iscrizione anagrafica. Quando le persone si spostano, come ho provato a descrivere, dai CARA ai centri urbani, non riescono a iscriversi all'anagrafe, a ottenere una residenza e questo fatto li pone in una sorta di limbo giuridico, benché siano regolarmente soggiornanti, che rende difficile dare operatività a un progetto di integrazione.
  Quando parlavo prima di una norma che possa dare applicazione all'articolo 25 della Convenzione di Ginevra sull'assistenza amministrativa, dicevo ciò perché constatiamo, sempre di più, che i rifugiati si confrontano con una serie di problemi amministrativi legati al fatto che non possono produrre documentazione originaria del proprio Paese di origine, perché non si possono rivolgere alle proprie autorità. La Convenzione di Ginevra prevede che gli Stati di arrivo si sostituiscano agli Stati di origine per rilasciare tale documentazione.
  Rispetto all'iscrizione anagrafica si prevede che il rifugiato possa iscriversi senza presentare il passaporto, perché non ce l'ha. La Convenzione di Ginevra prevede che gli Stati rilascino un titolo di viaggio e questo dovrebbe essere sufficiente per potersi iscrivere all'anagrafe. Purtroppo, però, non sempre questo avviene, perché molto spesso gli ufficiali di stato civile non sono a conoscenza delle specificità della condizione del rifugiato e quindi sorgono una serie di problemi.
  Pensiamo che con una norma generale di applicazione dell'articolo 25 sull'assistenza amministrativa questi problemi possano essere parzialmente superati.

  PAOLO ARRIGONI. Al dottor De Bonis, che voleva ricordarmi – ma non l'avevo dimenticato – il naufragio con le 600 vittime, vorrei dire che anche un diverso approccio, ad esempio quello del pattugliamento delle coste di partenza, potrebbe abbattere il rischio di incidenti.

  ANDREA DE BONIS, rappresentante dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). Quando ci sono stati i 13 salvataggi in mare recentemente, le pattuglie libiche ne hanno fermati 5. La Libia in questo momento ha gravi difficoltà. Ci sono centri per richiedenti asilo gestiti direttamente dalle milizie, quindi, sono per noi, che siamo comunque presenti in Libia, irraggiungibili.

  PRESIDENTE. La ringrazio molto e la inviteremo nuovamente, anche per venire incontro alla richiesta del collega. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.30.