XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 4 marzo 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI FLUSSI MIGRATORI IN EUROPA ATTRAVERSO L'ITALIA, NELLA PROSPETTIVA DELLA RIFORMA DEL SISTEMA EUROPEO COMUNE D'ASILO E DELLA REVISIONE DEI MODELLI DI ACCOGLIENZA

Audizione del direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno, Giovanni Pinto.
Ravetto Laura , Presidente ... 3 
Pinto Giovanni , direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno ... 3 
Ravetto Laura , Presidente ... 3 
Pinto Giovanni , direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno ... 3 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Ginetti Nadia  ... 9 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno ... 9 
Pegorer Carlo  ... 10 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno ... 11 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 11 
Arrigoni Paolo  ... 12 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno ... 12 
Arrigoni Paolo  ... 12 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno ... 12 
Arrigoni Paolo  ... 13 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno ... 13 
Arrigoni Paolo  ... 13 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno ... 13 
Arrigoni Paolo  ... 13 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno ... 13 
Ravetto Laura , Presidente ... 13 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno ... 13 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 14 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno ... 14 
Ravetto Laura , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 9,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno, Giovanni Pinto.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno, il dottor Giovanni Pinto.
  Dottore, il Comitato ha deliberato l'avvio di due indagini conoscitive, una più generale sui flussi migratori in Europa attraverso l'Italia, nella prospettiva della riforma del sistema europeo comune di asilo e della revisione dei modelli di accoglienza, e un'altra sull'impiego di lavoratori immigrati nelle attività industriali, produttive e agricole, con particolare riferimento alle questioni di Prato. Non so se su questo lei ci potrà aiutare. Probabilmente la questione non è attinente a quest'indagine, però io gliela segnalo, perché magari ha qualcosa da dirci.

  GIOVANNI PINTO, direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno. Su Prato non ho elementi.

  PRESIDENTE. Io gliela segnalo ugualmente, perché magari potrà riferire su questo tema in una successiva audizione che mi riservo di convocare nell'ambito dell'altra indagine conoscitiva.

  GIOVANNI PINTO, direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno. La ringrazio e saluto i presenti.
  Devo fare anche oggi una premessa di carattere generale. Io sono il direttore centrale dell'immigrazione. Nella precedente audizione, il 10 dicembre 2013, ho già parlato diffusamente di tutti i fenomeni migratori. È un tema di grande ampiezza: si parla di Europol, di sistemi di asilo e di accoglienza.
  Partirò dallo stato della situazione attuale. Dal 10 dicembre ad oggi è proseguita l'operazione Mare Nostrum e questo ha determinato una serie di interventi rivolti soprattutto alla salvaguardia delle vite umane in mare, in particolare delle persone che non sono neanche sbarcate ma sono state prese in carico dalle navi militari in alto mare.
  Quest'anno, fino al 3 marzo, le persone soccorse sono state 5.611, a fronte delle 476 soccorse nel corrispondente periodo dell'anno scorso. C’è un'evoluzione incrementale di circa undici volte. Questo ha determinato problemi di accoglienza e Pag. 4quindi di asilo, per un concatenarsi di situazioni susseguenti al soccorso in mare di questi stranieri.
  Innanzitutto devo sottolineare che, pur permanendo una certa situazione di potenziali migranti legittimamente candidati all'asilo politico (mi riferisco ai siriani e ai somali, per cui per definizione c’è una ipotesi di plausibile richiesta d'asilo), sono comparse nuove nazionalità. Mi riferisco a gambiani, maliani, senegalesi e nigeriani. C’è stata inoltre la conferma di un flusso che già l'anno scorso era stato registrato, riguardante i pachistani.
  La maggior parte di queste persone sono arrivate dalla Libia, ne abbiamo la certezza assoluta. Poiché le navi della Marina militare sono dislocate a ridosso del golfo della Sirte, non c’è possibilità alcuna che ci sia un errore su questo, perché su 5.600 migranti, quasi 4.800 sono stati soccorsi dalle unità della Marina militare e quindi sono di provenienza esclusivamente libica. Voi sapete che il Governo libico attraversa un'ulteriore fase d'instabilità, per cui diventa difficile poter avviare rapporti di collaborazione con tale Paese. Tranne alcuni piccoli sbarchi avvenuti alla Siculiana, a Pantelleria e in Puglia, la quasi totalità di questi migranti è giunta dalla Libia.
  Mi riallaccio a quanto detto prima. La presenza di un numero rilevante di stranieri provenienti da aree geografiche diverse, che si affacciano per la prima volta nello scenario dell'immigrazione clandestina (gambiani in particolare, ma anche nigerini e nigeriani) dimostra che le organizzazioni criminali hanno raggiunto un livello di sofisticazione molto elevata. Attraverso il «collo di bottiglia» libico giungono in Italia nazionalità di Paesi distanti, dall'Africa centrale all'Africa dell'Ovest, fino al Corno d'Africa. Il fenomeno abbraccia quindi tutta la fascia immediatamente a ridosso del Sahara e dell'Africa occidentale.
  La situazione è preoccupante perché, secondo informazioni degne di fede, in Libia ci sono circa 700.000-800.000 stranieri e non si sa se siano lì per rimanervi o per partire. Non possiamo dare per sicuro che partiranno, ma è un'ipotesi.
  Questo ha comportato una serie di iniziative in materia di accoglienza. I posti del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) – individuati dal Dipartimento delle libertà civili, che è l'altra faccia della medaglia in questo contesto – si sono rapidamente esauriti. C’è stata, quindi, una recente iniziativa da parte del Dipartimento delle libertà civili per dare fondo a ulteriori risorse, che sono invero molto ridotte. L'Emergenza Nord Africa, che metteva a disposizione mezzi finanziari per il reperimento di posti d'accoglienza, non c’è più, per cui, visto l'andamento dei flussi migratori, è stata tentata la via di creare ulteriori 6.000 posti, cercando di liberare il centro di Mineo per renderlo un vero e proprio hub di accoglienza per questi stranieri.
  Vi ho riferito in termini generali l’update del fenomeno migratorio. Che cosa c’è a livello europeo ? Noi ci avviciniamo a grandi passi al semestre di presidenza italiana e abbiamo l'esigenza di non creare nuovi concetti e nuove ipotesi, ma di applicare quello che è già previsto. Mi riferisco al Programma di Stoccolma, in parte inattuato.
  Ciò si riversa, da un lato, sulle misure da intraprendere nell'ambito della migrazione e della lotta all'immigrazione illegale dall'altro, sulla necessità di mettere a punto il sistema di asilo e d'accoglienza. Mi riferisco in particolare al «pacchetto» in materia di asilo approvato nel 2013, che fra l'altro contempla anche una rivisitazione del sistema Eurodac (il sistema di raccolta delle impronte).
  Ne parlo perché Europol entra un po’ in tutte le minestre. Essendo un'agenzia e preconizzandosi una collaborazione interagenzie, vediamo che nei vari settori che adesso citerò hanno sempre un ruolo sia Europol sia Frontex. La cooperazione interagenzie è infatti un dato fondamentale per il contrasto dei fenomeni criminali, con le relative specifiche.
  Anche rispetto a Eurodac non è estranea Europol (mi riferisco al tema di oggi), Pag. 5per la possibilità da parte della stessa Europol di attingere alle impronte digitali, che però non riguardano l'asilante in quanto tale, ma solo l'asilante che si sospetta abbia commesso un reato o si reputa possa essere coinvolto in un atto grave di criminalità.
  Parallelamente, nel 2013 si è verificata una forte sedimentazione normativa, con una serie di iniziative che hanno rideterminato il framework normativo in materia. Mi riferisco ad alcune iniziative, in particolare al sistema di rivisitazione del sistema di valutazione Schengen. Come voi sapete, precedentemente c'era una commissione di valutazione, composta da rappresentanti degli Stati membri, che procedeva alla valutazione periodica dello stato di applicazione dell’acquis di Schengen.
  Credo lo sappiate, ma lo ripeto qualora dovesse essere necessario: l’acquis di Schengen comprende una serie di disposizioni normative che vanno dall'Accordo di Schengen alla convenzione applicativa, passando per il manuale in materia di frontiere e tutte le decisioni del comitato esecutivo che sono state prodotte nel corso degli anni all'indomani dell'Accordo di Schengen, che è un accordo intergovernativo e non comunitario. In seguito, l’acquis di Schengen è stato assorbito nel corpus iuris comunitario e quindi si è determinata la necessità di una trasformazione graduale in norme comunitarie di tutte le norme che prima erano di carattere intergovernativo.
  La stessa agenzia Europol, il 6 aprile 2009, è stata sussunta in ambito comunitario, perdendo la connotazione di convenzione, quale era precedentemente, e diventando un'agenzia comunitaria, sotto il controllo della Commissione oltre che degli Stati membri.
  Con il sistema di valutazione Schengen si è determinata la necessità che la valutazione periodica non sia più appannaggio esclusivo del Consiglio, ovvero degli Stati membri, ma preveda una forte partecipazione della Commissione. Essa consiste sostanzialmente in una valutazione periodica sulla base di analisi e di visite nei Paesi membri, nonché nella possibilità di intervenire, laddove se ne rappresenti la necessità, in situazioni di emergenza e di urgenza.
  La commissione di valutazione, in genere, fa un suo programma il 1o ottobre di ogni anno e prevede per l'anno successivo una serie di visite. C’è anche un programma di visite di natura quinquennale.
  La situazione di emergenza e di pressione migratoria rilevante che si sta determinando sulle coste meridionali, certamente non può sfuggire alla valutazione, anche se in questo momento non c’è nessun indizio che questa possa alimentare un'iniziativa del sistema di valutazione Schengen.
  Nel sistema di valutazione Schengen partecipa anche Europol come osservatore, non solo nella fase operativa, ma anche nella fase preparatoria. Il mandato dei funzionari Europol rimane comunque legato alla commissione di reati, perché la funzione di Europol è il contrasto alla criminalità transfrontaliera e alla criminalità in materia migratoria, e non attiene ai flussi migratori in quanto tali, la cui valutazione è di competenza di Frontex.
  In sostanza, quello che si è delineato con l'assorbimento di tutte le agenzie europee sotto il controllo della Commissione, perdendo la connotazione intergovernativa, è proprio una cooperazione interagenzie, che si ritrova telle quelle nel regolamento Eurosur di recente approvazione. Si tratta di una rete di collegamento dei sistemi di controllo alle frontiere esterne divisi in settori, in vigore dal dicembre 2013. Per il momento riguarda solamente le frontiere marittime, ma è estensibile anche alle frontiere aeree e a quelle terrestri.
  In Italia siamo un po’ più avanti rispetto ad altri Paesi. Questo è un fatto rilevante. Noi abbiamo già creato un centro nazionale di coordinamento, dove operano fianco a fianco Capitaneria di porto, Marina militare, Guardia di finanza e Pag. 6Polizia di Stato, che raccoglie le informazioni ed è in stretto contatto con Frontex e con il centro di analisi.
  Questo centro nazionale di comunicazione è anche in contatto con i centri locali di comunicazione che vengono istituiti da Frontex nell'ambito delle joint operations che abitualmente vengono svolte nel Mediterraneo. Noi siamo interessati a due operazioni congiunte, con la presenza di altri assetti di Paesi membri, le operazioni Aeneas e Hermes.
  Per quanto riguarda invece Europol in quanto tale, è un sistema di coordinamento e di semplificazione per il contrasto delle persone coinvolte in reati di immigrazione clandestina, e soprattutto nei confronti dei soggetti che si sono resi responsabili o sono sospettati di compiere atti gravi.
  Il contrasto riguarda principalmente la criminalità organizzata, ma non solo questa. Nell'allegato alla decisione del Consiglio del 6 aprile 2009 sono menzionate altre forme di criminalità sulle quali ha competenza Europol, fra cui il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, intesa non solo come ingresso illegale, ma anche come svolgimento di lavoro nero, matrimoni fittizi e tutto ciò che è collegato in maniera patologica a una presenza illegale.
  Nell'ambito nazionale, la direzione centrale della Criminalpol ha una sua Unità nazionale Europol (UNE), che è un punto di riferimento per la raccolta di tutte le informazioni pertinenti da convogliare verso Europol. Nell'ambito di Europol, invece, ci sono gli ufficiali di collegamento dei Paesi membri.
  Le attività consistono nel raccogliere informazione, produrre assistenza, scambiare informazione e creare dei veri e propri AWF (analysis work file) legati a determinati fenomeni criminali, a cui tutti i rappresentanti degli Stati interessati collaborano attivamente, fornendo ai servizi investigativi dei Paesi membri le informazioni pertinenti per le azioni di polizia conseguenti. Questo è lo scenario.
  Europol partecipa al sistema di valutazione Schengen di cui ho parlato prima, così come partecipa alle operazioni Frontex. Nelle operazioni terrestri, marittime e aeree che ogni anno Frontex sviluppa nell'ambito dei propri fondi messi a disposizione con l'aiuto degli Stati membri può esserci anche la partecipazione di un rappresentante di Europol. In effetti, nel 2012 Frontex e Europol hanno firmato un memorandum of understanding e una convenzione apposita per la collaborazione nello specifico settore. Questo rientra in un più ampio disegno di cui parlerò in seguito.
  Per quanto riguarda invece il sistema di valutazione Schengen ribadisco che nell'ottobre 2013 è stato aggiunto anche un altro regolamento per l'attuazione dei controlli alle frontiere interne. Sono considerate le frontiere dell'insieme dei Paesi membri, come fossero un unico territorio. C’è una compartecipazione. Non si parla più di singoli elementi di un territorio più complesso, ma il territorio va considerato nella sua interezza. Una minaccia che si propaga da uno Stato verso altri è certamente una lesione della sicurezza generale.
  Viene rimesso alla responsabilità dello Stato membro adottare delle misure, quali il ripristino dei controlli alle frontiere, che può essere limitato ad alcuni valichi di frontiera per un periodo determinato, al massimo di sei mesi, ulteriormente prorogabili non oltre i due anni, perché si ritiene che sia un lasso di tempo sufficiente a risolvere le eventuali criticità (questo lo immagino, ma non è scritto da nessuna parte).
  C’è poi la possibilità che lo Stato membro che riceve delle raccomandazioni da adottare per una maggiore impermeabilità delle proprie frontiere possa essere sanzionato con il ripristino dei controlli. Se uno Stato non ha fatto il proprio dovere e non ha seguito le raccomandazioni di preparare un piano d'azione perché in un certo lasso di tempo la situazione si decantasse, questo Stato è sanzionabile attraverso il ripristino dei controlli alle frontiere. Chiaramente è un'ipotesi deprecabile, perché determinerebbe una situazione un po’ imbarazzante.Pag. 7
  Tuttavia, bisogna dire che sul piano oggettivo generale si verifica una situazione geograficamente diversa. Questa è una considerazione del tutto personale. Noi abbiamo due frontiere sensibili: le frontiere del Sud (il Mediterraneo in particolare) e l'Est europeo. Altri Paesi vivono una situazione beata, perché se un'immigrazione clandestina si può configurare questa è solamente quella per via aerea o marittima. Nel primo caso mi riferisco ai voli di collegamento, mentre via mare si tratta del traffico mercantile o passeggeri. Questa è un'ipotesi veramente residuale rispetto al grande flusso.
  Evidentemente, tutto questo, soprattutto se pensiamo alle conseguenze dell'immigrazione clandestina via mare e alla tragedia del 3 ottobre 2013, richiede meccanismi di solidarietà che sono ancora lungi dall'essere determinati. Mi riferisco, per esempio, a un riconoscimento reciproco dell'attribuzione dello status di rifugiato. Attualmente lo straniero che chiede asilo in Italia, cui viene riconosciuto un permesso di soggiorno, in forza di questo può circolare liberamente negli altri Stati membri per un periodo di tre mesi, senza diritto di stabilimento.
  Quest'ipotesi di riconoscimento reciproco dello status di protezione temporaneo di asilante, contenuta in una parte del Programma di Stoccolma non ancora attuata, determinerebbe ipso facto la possibilità per uno straniero che si rechi in Francia o in Spagna, che abbia parenti lì o che vi trovi un lavoro, di richiedere legittimamente di potersi installare in quel Paese anziché ritornare in Italia al termine dei tre mesi di libera circolazione. Oggettivamente ci sono circostanze (familiari, di lavoro, affettive o sanitarie) che possono determinare una diversa valutazione. Nell'ambito del semestre di presidenza italiana intendiamo propugnare questa parte del Programma di Stoccolma non ancora attuata.
  C’è poi la questione del contrasto all'immigrazione clandestina, che si basa su concetti ormai assodati. Uno di questi è la gestione integrata delle frontiere, che richiede una collaborazione e una solidarietà, anche finanziaria (perché ci sono delle spese da sostenere) da parte di tutti gli Stati membri.
  Il concetto di gestione integrata delle frontiere si basa su quattro elementi essenziali. Non è un dato nozionistico, ma rispecchia condizioni effettive. Il primo elemento è il controllo delle frontiere esterne, che è basilare.
  Vi sono poi le relazioni con i Paesi limitrofi, perché un fenomeno d'immigrazione clandestina avviene anche da un Paese confinante. Pensiamo alla frontiera orientale. Adesso, per esempio, abbiamo la questione dell'Ucraina. La Bulgaria deve fronteggiare un vastissimo fenomeno di immigrazione irregolare di siriani e di altre persone che attraverso la Turchia risalgono fino al suo territorio. La Bulgaria ha dovuto rivedere il sistema di asilo, perché non aveva ancora un sistema omogeneo. Il sistema era eccessivamente vantaggioso per i richiedenti asilo e la Bulgaria ha dovuto porre un freno, rivedendo la normativa.
  Un ulteriore elemento è la relazione con i Paesi terzi. La Commissione, tutti gli Stati membri e i Paesi partner confermano la necessità di avere una collaborazione con i Paesi terzi. Il problema è uno solo: con un Paese come la Libia, la collaborazione diventa un'ipotesi assolutamente immaginaria. L'anno scorso noi abbiamo «incassato» 42.000 stranieri. Quest'anno ne sono arrivati già 5.600. È vero che la Libia ha contribuito in qualche modo a Mare Nostrum, ma quest'ultima è un'operazione lanciata per la salvaguardia delle vite umane in mare.
  Voglio eliminare una possibile critica a Mare Nostrum. Indubbiamente, ormai Mare Nostrum sta diventando un fattore di attrazione, ma è pur vero che l'operazione non si differenzia dalle operazioni Frontex. Infatti, prima dell'operazione Mare Nostrum che è partita in ottobre, abbiamo avuto una quantità di operazioni congiunte con Frontex e con altri assetti, in Spagna, nel Mediterraneo centrale e nel mare Egeo, che si traducevano, grosso modo, in operazioni di search and rescue. Infatti, c’è un fattore fondamentale Pag. 8quando si intercettano in mare questi migranti – che si tratti del dispositivo Frontex o che si tratti di Mare Nostrum, che invece è un dispositivo di search and rescue – ovvero la salvaguardia di vite umane.
  In realtà, Mare Nostrum non è solo questo. Per esempio, è successo negli ultimi tempi che la Tunisia, in virtù di un rapporto bilaterale, abbia preso in carico alcune imbarcazioni e le abbia riportate indietro. Allo stesso modo le forze libiche in un paio di circostanze hanno riportato indietro alcuni barconi partiti dalla Libia. È la sola ipotesi praticabile. Noi non possiamo respingere. Come ho detto la scorsa volta, la sentenza Hirsi ha condannato l'Italia perché non aveva rispettato il principio di non refoulement, un principio sacrosanto e fondamentale dal punto di vista dei diritti umani. Se ne può discutere, però è sancito a chiare lettere come un principio a cui non si può derogare.
  Anche le operazioni di Frontex si traducevano, di fatto, in una raccolta di immigrati. Al di là delle polemiche sterili, non vedo una grande differenza fra un'operazione Mare Nostrum, nata per salvare la gente in mare, e le operazioni di tipo joint operation Frontex, che di fatto si sono tradotte in operazioni di search and rescue, perché trovavano le barche in mare e quindi le dovevano soccorrere, vista la situazione di difficoltà.
  A questo punto, se c’è un Paese debole e inaffidabile dal punto di vista della collaborazione per il contenimento dei flussi migratori, evidentemente bisogna spostare l'attenzione ai Paesi immediatamente retrostanti. È una sorta di domino. Avremo a che fare con la Somalia, con il Sudan, con l'Eritrea, con il Gambia eccetera.
  Immaginate quale sia l'impegno di dialettica da instaurare con Paesi che in principio preferiscono la collaborazione bilaterale e hanno una certa sfiducia nella collaborazione con l'Unione europea, perché la considerano eccessivamente burocratica. La collaborazione bilaterale si sviluppa fra poche persone e se un aiuto viene concesso, ciò avviene nell'immediatezza, senza le lungaggini e tutte le accortezze che l'Unione europea, essendo trasparente al cento per cento, richiede. Sul piano bilaterale invece si può essere maggiormente flessibili e quindi più efficaci sotto questo profilo.
  Europol in tutto questo ha una sua funzione primaria per il contrasto dell'immigrazione, relativamente ai soggetti dedicati alla commissione di reati o sospettati di esserlo. Tutto il resto interviene negli altri contesti (valutazione Schengen, rapporto con Frontex, rapporto con le altre organizzazioni internazionali), nell'assoluto rispetto del proprium istituzionale, cioè interviene per lo scambio di informazioni, per l'assistenza e la presenza in tutte le operazioni legate al fenomeno migratorio, con finalità di contrasto alla criminalità.

  PRESIDENTE. La ringraziamo. L'ultima volta lei ci aveva parlato di 144 voli di rimpatrio.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno. Ho il dato aggiornato. Dall'inizio dell'anno ci sono stati tredici voli di rimpatrio (dieci in Egitto e tre in Tunisia) con 171 espulsi. C’è stato poi un charter congiunto, perché noi, anche con finanziamenti di Frontex, organizziamo voli di rimpatrio, per esempio di cittadini nigeriani, insieme ad altri Stati. Quest'anno ce n’è stato uno solo con la Nigeria. Inoltre, sono state espulse 147 persone con 133 voli di linea.
  Tunisia, Egitto e Nigeria sono i Paesi con i quali vigono accordi stabili per l'organizzazione dei voli di rimpatrio. I voli di linea invece sono molto più ampi, perché singoli soggetti vengono imbarcati su singoli voli per diverse destinazioni.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

Pag. 9

  NADIA GINETTI. Grazie, presidente. Ringrazio il dottor Pinto per le importanti informazioni che ci ha consegnato questa mattina.
  La mia domanda è più che altro una riflessione. Il Programma di Stoccolma ci assegna un obiettivo importante, quello di creare uno spazio unico di libertà, garantita prima di tutto dalla giustizia e dalla sicurezza. Europol, come lei ha illustrato, si occupa principalmente di problematiche specifiche dei singoli immigrati, potenzialmente tendenti a delinquere o sospettati per i reati che sono più connessi all'immigrazione illegale.
  L'operazione Mare Nostrum ha evidenziato una capacità della criminalità organizzata di favorire un'immigrazione che si concretizza in reati singoli, ma a monte dei quali c’è un'organizzazione criminale, capace addirittura di convogliare istanze anche da Paesi distanti e portarle nel Paese più permeabile da questo punto di vista, che sembra essere la Libia.
  Se non è Europol il soggetto istituzionale preposto a affrontare la problematica delle organizzazioni criminali e di questi trafficanti di morte, quale, secondo lei, potrebbe essere un organismo o una forma di collaborazione internazionale capace di incidere sul fenomeno a monte ?
  Se cominciamo a ragionare sulla questione dei numeri e consideriamo le ultime innovazioni che abbiamo prodotto nell'ordinamento penale, con l'espulsione non solo come sanzione sostitutiva ma anche come misura alternativa, cominciamo a parlare di numeri cospicui rispetto all'obbligo di rimpatrio. L'aspetto della criminalità organizzata, secondo me, andrebbe affrontato maggiormente.
  Collegato ma diverso è il secondo problema. Proprio per il fatto che esistono aree potenzialmente disposte a collaborare, anche con sussidi o forme di incentivazione, l'Unione europea, anche insieme all'ONU, potrebbe istituire dei presìdi, per scindere i richiedenti asilo, che passerebbero attraverso canali che permetterebbero loro di non dover raggiungere i territori europei e di far richiesta d'asilo nei loro Paesi d'origine, da quel flusso illegale clandestino che si riversa di fatto su altri canali.
  Vorrei sapere se secondo lei c’è questa possibilità, non immediata ma quantomeno non troppo lontana. Grazie.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno. È una domanda che richiede diverse risposte. L'analisi corretta è quella a cui ho appena accennato: ormai il ruolo delle organizzazioni criminali è prevalente, e, come lei ha giustamente sottolineato, riesce a convogliare in Libia dall'eritreo al senegalese, passando per tutte le dimensioni geografiche dell'Africa subsahariana.
  Noi abbiamo situazioni di analisi molto affinate. Frontex produce un'analisi periodica che fornisce alla Commissione, a Europol e a tutte le agenzie, per dare alla Commissione stessa e agli Stati membri, qualora ce ne fosse bisogno, una conoscenza dell'andamento dei fenomeni migratori.
  A mio avviso ci sono innanzitutto gli Stati terzi. Come ho detto, noi abbiamo un rapporto eccellente con la Tunisia, con l'Egitto e con la Nigeria, però questo ci costa, perché chiaramente è un do ut des. I Paesi chiedono assistenza tecnica e in materia di formazione. Se può contribuire a un contenimento dei fenomeni migratori o alla riammissione delle persone rintracciate in posizione irregolare, questo è perfettamente funzionale. Probabilmente, è necessario, soprattutto per i Paesi che sono maggiormente interessati da questi fenomeni, poter contare su un aiuto finanziario, perché si tratta di costi notevoli. Basti pensare a quello che si è dovuto fare con la Tunisia dopo la primavera araba, quando metà della Tunisia è venuta in Italia, per organizzare il rimpatrio di tutti i tunisini in posizione irregolare.
  Questo ruolo può essere svolto in maniera efficace dalla Commissione, ma con Pag. 10un processo di affinamento. Dopo la tragedia del 3 ottobre, la Commissione si è resa promotrice dell'iniziativa della task force mediterranea e ha prodotto una serie di proposte e di misure che io posso succintamente evocare. Per esempio, posso citare la questione della risistemazione, di cui ho parlato la volta scorsa, la possibilità della richiesta d'asilo nei Paesi di origine, il riconoscimento reciproco, la solidarietà tra gli Stati membri (burden sharing) e la collaborazione con i Paesi terzi. Sono tutti concetti che passano attraverso finanziamenti, iniziative e realizzazioni.
  Se ho inteso bene, il singolo Stato non può affrontare una biblica processione di persone da tutti gli angoli di questo scenario geografico che comprende Medio Oriente, Africa magrebina, Centro Africa e Africa subsahariana. È un'entità notevole e bisogna capire che l'Italia, purtroppo, ha una sua esposizione geografica evidente, ma il fenomeno non può interessare solamente il nostro Paese. Peraltro, come ho già sottolineato la scorsa volta, otto Paesi raccolgono l'80 per cento (se non di più) dei richiedenti asilo. Gli altri sono tutti territori di transito.
  Lei mi chiedeva chi può assumere un'iniziativa decisiva. Chiaramente può farlo la Commissione con il Consiglio, perché anche gli Stati membri devono collaborare. Tuttavia bisogna dare maggiore celerità a questi interventi. La Commissione ha lanciato alcune operazioni. In questo momento in Libia c’è la missione EUBAM (EU border assistance mission), che cerca di creare delle condizioni favorevoli. Purtroppo, EUBAM ha dovuto rivedere i propri programmi, perché mancano le condizioni di sicurezza e c’è il rischio per l'incolumità delle persone che vi lavorano. C’è il recente caso del francese addetto alla sicurezza che è stato trucidato.
  Ci sono alcune aree della Libia che sono fuori controllo: tutta la Cirenaica si dice che sia un'area ad altissimo rischio; nella regione meridionale della Libia c’è una situazione di instabilità; la Tripolitania invece ha una condizione diversa. Recentemente c’è stata l'occupazione del Parlamento. Si richiedeva che tutti i parlamentari si ritirassero, perché c’è un confronto asperrimo tra fazioni contrapposte.
  Ci sono ancora dei prodromi, che ormai sono dei consolidati fenomeni di contrapposizione fra etnie e religioni, perché, come ho detto l'altra volta, si tratta di una realtà clanica che si basa sulle tribù, e non per un senso di appartenenza unica allo Stato libico. Ci sono i berberi e varie tribù. Inoltre, c’è la lotta per la gestione del petrolio: la Cirenaica dispone delle fonti di approvvigionamento petrolifere e la Tripolitania no.
  Quello che ho appena tracciato è uno «spaccato» sulla Libia. La senatrice Ginetti ha affermato che bisogna andare oltre il problema della Libia. Bisogna farlo, sia sotto il profilo umanitario per i richiedenti asilo, nel senso dell'assistenza e della creazione di hub, sia sotto il profilo della collaborazione con questi Paesi, affinché migliorino le loro condizioni di controllo e di gestione dei flussi migratori.
  Inoltre, ci sono accordi di partnership con i vari Paesi per un inserimento nel mondo del lavoro e per la preparazione alle attività di lavoro dei cittadini dei Paesi africani. Questa è una via non più tanto percorribile, vista la situazione.

  CARLO PEGORER. Mi scuso, dottor Pinto, ma più tardi devo partecipare ai lavori di un'altra Commissione e vorrei, se possibile, avere una risposta immediata. Ho una questione da porle. Noi siamo portati a porre attenzione in modo particolare alla realtà del Mediterraneo, come è naturale che sia, però lei ha detto che sono due le zone su cui può insistere l'immigrazione clandestina in Europa: l'Est e il Mediterraneo.
  Peraltro, è vero che ad Est il processo di integrazione europea in quest'ultimo periodo ha conosciuto una fase di espansione. Siamo ben lieti della recente integrazione a pieno titolo della Croazia nella Pag. 11nostra Unione. È pur vero che sicuramente in quell'area dell'Europa insistono ancora dei flussi migratori incontrollati. Io vorrei capire se presso il suo osservatorio si compie un monitoraggio della situazione e se in quell'ambito si riscontra, ad esempio, un ruolo predominante della criminalità organizzata. Grazie.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno. Sì, c’è un monitoraggio. Come ho detto, Frontex ha un'unità di analisi del rischio migratorio. Lo stesso fa Europol con le sue analisi specifiche sulla criminalità organizzata. Il fenomeno è monitorato attentamente.
  Nel Mediterraneo con evidenza lapalissiana, ma anche nell'Est europeo (parlavo prima dei bulgari) c’è una forte recrudescenza della pressione migratoria. Si vedono con una certa inquietudine alcuni fenomeni di instabilità nell'aria orientale.
  Il ruolo della criminalità organizzata è senz'altro presente. In particolare Europol nel semestre di presidenza italiana svilupperà, proprio nell'area balcanica, un approfondimento rivolto ai fenomeni criminali e alle organizzazioni criminali che seguono le vecchie rotte della seta, ma non solo quelle. È uno scenario particolare, perché in quell'area si verifica la presenza di pachistani e afgani, che oggettivamente contengono elementi inquietanti. Mi riferisco ai pericoli di terrorismo che possono interessare popolazioni fortemente fideistiche dal punto di vista religioso, anche se gli afgani sono presenti pure fra gli immigrati che giungono dalla Libia.
  Voglio fare una considerazione a margine dell'operazione Mare Nostrum. In passato noi abbiamo raccolto una quantità di informazioni e una serie di elementi conoscitivi sulle organizzazioni criminali, perché i migranti quando arrivavano in Sicilia erano attesi da quelle organizzazioni. Abbiamo sempre trovato una difficoltà a completare l'attività investigativa, perché quando si acquisiscono numeri di telefono di stranieri o anche di cittadini italiani coinvolti, bisogna fare un accertamento nei Paesi di provenienza e spesso le rogatorie che si sviluppano non hanno risposta. Uno degli sforzi maggiori che si sta compiendo è volto a cercare di avere una collaborazione soprattutto sotto questo profilo da parte dei Paesi di ultima partenza o di origine.
  L'operazione Mare Nostrum, con la raccolta immediata dei clandestini a ridosso delle coste libiche, determina una difficoltà ulteriore, perché molte acquisizioni informative telefoniche vengono perse. L'organizzazione sa che di lì a 15, 20 o 25 miglia i migranti verranno raccolti e trasferiti dalle navi militari in porti specifici, come quello di Augusta. Molta acquisizione informativa al fine di intelligence investigativa così viene persa.
  Di converso, però, la presenza in profondità di unità italiane ha consentito di rintracciare in tre circostanze le navi madri. L'ultimo caso ha riguardato una nave egiziana. Coloro che erano a bordo della nave madre sono stati tratti in arresto. In seguito siamo andati in Egitto per cercare di sviluppare questa indagine e per la prima volta abbiamo avuto da parte egiziana riscontri su elementi informativi di carattere giudiziario.
  Si è mosso qualcosa, però è tutto un lavoro da costruire con grande pazienza e gradualità, sperando soprattutto in una maggiore disponibilità a collaborare delle autorità competenti di questi Paesi. Certamente l'elemento saliente che viene sottolineato dalla Commissione europea è la collaborazione con i Paesi terzi, perché è quella la chiave di volta del fenomeno.

  GIORGIO BRANDOLIN. Ritorno a una richiesta fatta dal collega Pegorer, sulla parte settentrionale dei Balcani e sui controlli alla frontiera Schengen in Slovenia. La Croazia è entrata in Europa otto mesi fa. È possibile ipotizzare un periodo nel quale sarà la Croazia a controllare le frontiere esterne dell'Europa e non più la Slovenia ? Parlo della frontiera meridionale con la Bosnia e non della frontiera orientale con l'Ungheria. Ci interessa perché Pag. 12così verrà tolto il controllo sul confine tra la Slovenia e la Croazia, e ciò unirà l'Istria, che non è mai stata divisa nella sua storia.
  La seconda domanda riguarda l'operazione Mare Nostrum. Nell'audizione svoltasi lo scorso dicembre, lei ha affermato che Mare Nostrum è un fattore di attrazione e l'ha ripetuto oggi, precisando molto bene il suo pensiero. È un'opinione condivisa, anche se lei giustamente ha ricordato che Frontex fa lo stesso. Ci ha detto che in questi primi mesi gli sbarchi sono aumentati di undici volte. Abbiamo quindi una proiezione di numeri rilevanti. Erano già cospicui prima, ma lo adesso diventano dieci volte di più, se questo è il trend del 2014.
  Lei ha accennato a degli hub: vorrei sapere se avete già individuato queste strutture e se avete già fatto una proiezione di numeri.
  Infine, sulle circa 700.000 persone presenti in Libia di cui lei parlava, ha detto che non si sa se sono pronte per partire, ma siamo quasi sicuri che lo siano. Ciò inquieta. Vorrei capire insieme a lei come si può affrontare questa situazione, considerando tutto quel che ci ha già detto e le difficoltà che troviamo nella collaborazione con la Libia, che praticamente è inesistente. Vorrei sapere se questo discorso viene portato all'attenzione europea, perché cominciano ad essere numeri elevati, sia quelli riguardanti i migranti salvati, sia quelli riguardanti le persone pronte a partire con le navi.

  PAOLO ARRIGONI. Vorrei ritornare su tre aspetti. Sui numeri relativi ai rimpatri, lei prima parlava di 144 voli civili e poi di 13 voli per un totale di 171 espulsi. Significa una media di 15 espatri per volo ?

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno. Le rispondo subito, in riferimento al 2013. Sono stati effettuati 140 voli charter riguardanti solo l'Italia (quindi esclusi i charter congiunti), di cui 100 per l'Egitto e 40 per la Tunisia, per un totale di 2.024 espulsi, di cui 1.300 egiziani e 724 tunisini.

  PAOLO ARRIGONI. Quindi c’è stata una media di 15 persone a charter ?

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno. Molte di più. Certamente ci sono voli di trenta persone, perché se trovavamo una decina di tunisini c'era l'accordo con la Tunisia di mandarli subito via, mentre i voli per l'Egitto sono più consistenti.
  Ci sono stati nove voli congiunti, di cui cinque con la Nigeria, due con l'Ecuador e la Colombia, uno con l'Ucraina e la Georgia e uno con l'Albania, per un totale di 202 espulsi, tra cui 186 nigeriani e sei georgiani. Sono stati espulsi con 943 voli di linea 1.129 migranti. Le principali nazionalità erano Marocco, Tunisia e Albania.
  Nel 2014 ci sono stati 13 voli, di cui dieci con l'Egitto e tre con la Tunisia, per un totale di 171 espulsi. C’è stato poi un volo con la Nigeria. Abbiamo avuto tre voli con 147 espulsi.
  È chiaro che c’è stato un condizionamento che ha ribaltato completamente le cifre del passato. Io ricordo che nel 1998, durante la prima applicazione della legge Turco-Napolitano, fu fatto un volo charter per Islamabad con 148 pachistani, che erano sbarcati tutti insieme a Pozzallo. La questione adesso è un'altra: spesso bisogna intervenire subito per il rimpatrio, perché altrimenti anche persone di Paesi che non hanno alcuna problematica di asilo presentano strumentalmente una domanda di asilo. La domanda, una volta presentata, blocca l'allontanamento, perché dobbiamo ricorrere alla commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato. Quantunque la commissione al termine di un certo periodo rigetti la domanda, lo straniero ha diritto al ricorso e rimane ulteriori 15 giorni. Ciò ha determinato l'accelerazione dei processi di rimpatrio.Pag. 13
  C’è un altro fenomeno che non deve sfuggire: attualmente i Centri di identificazione ed espulsione (CIE) sono solamente cinque, con una capacità teorica di 660 posti. In realtà, alcuni CIE sono solo per donne, come, per esempio, quello di Roma. Si sta attivando una politica di riconversione dei posti. In questo momento ospitiamo circa 450 persone.
  Nel momento in cui arrivano 5.000 persone sulle coste siciliane, è evidente che non sono sufficienti le disponibilità ricettive per il trattenimento nei CIE, passaggio assolutamente necessario, perché lì devono recarsi i consoli per il riconoscimento. Infatti i migranti non vengono con il passaporto, ma bisogna identificarli. È chiaro che tutto questo determina una riduzione dell'attività di allontanamento, che è causata appunto dall'urgenza e dalle difficoltà ricettive. Nonostante gli sforzi che si producono per trovare aerei e scorte per il rimpatrio, questo si traduce in numeri inferiori a quelle che potrebbero essere le normali aspettative in relazione al flusso migratorio.

  PAOLO ARRIGONI. Vorrei sapere se è possibile acquisire quei dati sugli espatri. Inoltre, ho due domande veloci. L'Italia è stata per caso richiamata o sanzionata per gli scarsi controlli ?

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno. Assolutamente no. Se fosse accaduto, la notizia avrebbe fatto il giro del mondo immediatamente.

  PAOLO ARRIGONI. Su Mare Nostrum vorrei conoscere le regole d'ingaggio. Vorrei chiedere tra il prima e il dopo...

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno. Prima di Mare Nostrum e adesso ?

  PAOLO ARRIGONI. Vorrei conoscere i numeri, perché probabilmente mi sono sfuggiti.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno. Gli sbarchi sono stati undici volte di più, ma non sono tutti avvenuti con Mare Nostrum. L'operazione Mare Nostrum ha la parte preponderante, ma ci sono stati anche alcuni migranti soccorsi dalla Capitaneria di porto e da navi mercantili ed altri giunti direttamente sulle coste (parlavo prima di Pantelleria e Siculiana).
  Dei 5.611 migranti sbarcati dall'inizio dell'anno al 3 marzo, 5.507 sono arrivati in Sicilia, 80 in Puglia e 24 in Calabria. Quelli raccolti dall'operazione Mare Nostrum rientrano nel numero di coloro che sono sbarcati in Sicilia: ad eccezione dei due sbarchi di Pantelleria e di Siculiana, che hanno interessato circa un centinaio di persone, tutti gli altri sono stati soccorsi in mare dalle unità della Marina militare.

  PRESIDENTE. Bene, acquisiamo questi dati. Le chiedo di dare una risposta all'onorevole Brandolin.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno. L'onorevole Brandolin ha posto la questione della Croazia. È chiaro che tutte le frontiere esterne sono deputate ad essere un baluardo nei confronti dei fenomeni migratori clandestini. I flussi attuali già insistono verso la Slovenia attraverso il territorio serbo. D'altra parte non scopriamo nulla di nuovo: la Krajine dell'ex Jugoslavia, i movimenti e la presenza di entità musulmane all'interno della stessa Serbia sono elementi che favoriscono un fenomeno di questo tipo. Non a caso la Bulgaria è diventata un punto d'ingresso attraverso cui vengono aggirate determinate aree geografiche. Abbiamo registrato per la prima volta sbarchi sulle coste rumene, al di là del Bosforo, direttamente nella parte orientale. Pag. 14
  La Croazia, diversamente da prima, si troverà a far fronte a un fenomeno migratorio come frontiera esterna.

  GIORGIO BRANDOLIN. C’è una data per questo, 2017 o 2018 ?

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno. Questo dipende dai processi di assorbimento e di applicazione dell'Accordo di Schengen anche da parte della Croazia. Comunque i Balcani sono un'area di grande attenzione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il direttore Giovanni Pinto e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10,30.