XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 53 di Giovedì 20 luglio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brandolin Giorgio , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE POLITICHE DEI PAESI ADERENTI RELATIVE AL CONTROLLO DELLE FRONTIERE ESTERNE E DEI CONFINI INTERNI

Audizione del Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno, prefetto Giovanni Pinto.
Brandolin Giorgio , Presidente ... 2 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 4 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 4 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 4 
Arrigoni Paolo  ... 4 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 4 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 6 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 6 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 6 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 6 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 6 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 6 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 6 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 6 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 7 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 7 
Orellana Luis Alberto  ... 7 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 7 
Orellana Luis Alberto  ... 7 
Arrigoni Paolo  ... 7 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 7 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 7 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 7 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 7 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 8 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 8 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 8 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 8 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 8 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 8 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 9 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 9 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 9 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 9 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 9 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 9 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 10 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 10 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 10 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 10 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 10 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 10 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 11 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 11 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 12 
Orellana Luis Alberto  ... 12 
Arrigoni Paolo  ... 13 
Mazzoni Riccardo  ... 14 
Ginetti Nadia  ... 14 
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 14 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 15 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 16 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 16 
Mazzoni Riccardo  ... 16 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 16 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 16 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 16 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 16 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 16 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 16 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 16 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 16 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 16 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 17 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 17 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 17 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 17 
Mazzoni Riccardo  ... 18 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 18 
Arrigoni Paolo  ... 19 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 19 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 19 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 19 
Ginetti Nadia  ... 20 
Pinto Giovanni , Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere ... 20 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIORGIO BRANDOLIN

  La seduta comincia alle 13.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere presso il Ministero dell'interno, prefetto Giovanni Pinto.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen, con particolare riferimento alle politiche dei Paesi aderenti relative al controllo delle frontiere esterne e dei confini interni, l'audizione del Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere presso il Ministero dell'Interno, prefetto Giovanni Pinto, che per la terza volta è ospite del nostro Comitato in questa legislatura.
  Il prefetto è accompagnato dalla dottoressa Rosa Maria Preteroti, primo dirigente della Polizia di Stato e responsabile della seconda Divisione del Servizio immigrazione della Direzione centrale dell'immigrazione della Polizia di frontiera.
  Nell'introdurre questa riunione, mi permetto alcune osservazioni e alcune domande. La ringraziamo per essere ancora una volta venuto da noi. Lei sa cosa stiamo facendo, qual è l'audizione, qual è anche l'attualità delle cose che stiamo trattando.
  Sappiamo che lei ha recentemente partecipato al vertice svolto l'11 luglio a Varsavia per rivedere – se così si può dire – la missione Triton. Vi sarebbe allo studio in particolare, secondo quanto si apprende da notizie di stampa (ANSA dell'11 luglio) la definizione di un nuovo piano operativo. Vi sarebbe stata la richiesta da parte dell'Italia, nel caso di un massiccio afflusso di migranti, come avvenuto alcune settimane fa con i 12.000 sbarchi concentrati in un unico weekend, di consentire lo sbarco delle persone soccorse nei porti di altri Paesi dell'Unione.
  D'altra parte è in prossimità la scadenza (questa è la seconda domanda) dell'operazione Sophia, prevista per il prossimo 27 luglio, quindi tra una settimana. In relazione alla lotta al traffico dei migranti dalla Libia risulta al Comitato che attualmente la missione Sophia, operazione navale militare volta a contribuire a smantellare le reti di traffico e della tratta di esseri umani nel Mediterraneo centro-meridionale, operi solo in alto mare. Per poter entrare nelle acque territoriali libiche a completamento della cosiddetta «terza fase» dell'operazione mai completata, sarebbe quindi necessario il consenso dello Stato territoriale o una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
  Le chiediamo quindi, per quanto di sua competenza, di riferire al Comitato maggiori e più dettagliate informazioni relative al rinnovo della missione Triton e anche dell'eventuale rinegoziazione e rinnovo dell'operazione Sophia da parte dell'Italia.
  Secondo capitolo degli argomenti che vorremmo trattare con lei: cooperazione antiterrorismo e libera circolazione nell'area Schengen. Di particolare interesse per il Comitato sono le iniziative per salvaguardare la libera circolazione nell'area Schengen Pag. 3 (penso all'Austria che ha «minacciato» quanto sappiamo) e rafforzare la cooperazione antiterrorismo a livello europeo. Si ripropone il tema della necessità del rafforzamento anche a livello europeo delle misure per contrastare il terrorismo, con migliore scambio di informazioni in materia di sicurezza, frontiere, banca dati sulle migrazioni.
  Risulta al Comitato, anche da notizie di stampa, che nei primi mesi del 2017 siano state espulse 64 persone sospette, legate al terrorismo islamista, il doppio rispetto al 2016. Si tratta di un fenomeno importante che sta impegnando direttamente il ministro dell'interno, Marco Minniti, il quale in un'intervista al giornale Il Foglio avrebbe spiegato: «fino a quando il traffico dei migranti passava quasi esclusivamente dalle navi militari, la percentuale di infiltrazione sospetta non poteva che essere bassa. Mentre prima c'era una ragionevole certezza che chi aveva intenzione di agire contro la sicurezza nazionale ci avrebbe pensato due volte prima di imbarcarsi su una nave che sarebbe stata soccorsa dai militari, oggi con percentuali capovolte, con la missione Frontex che salva l'11 per cento dei migranti e con la missione Sophia che salva il 9 per cento dei migranti, con la Guardia costiera italiana che salva il 28 e con le ONG che arrivano a salvare il 34 per cento dei migranti, non si può dire che valga lo stesso principio».
  Le chiediamo quindi, per quanto di sua competenza, di fornire al Comitato informazioni sulle iniziative che il Governo intende assumere per salvaguardare la libera circolazione nell'area Schengen e rafforzare la cooperazione antiterrorismo a livello europeo.
  Terzo punto: codice di comportamento con le ONG. Uno dei temi di cui il Comitato si è sempre occupato è quello della definizione di un codice di comportamento per le ONG. Risulta al Comitato che l'Italia abbia chiesto a livello europeo di includere su richiesta delle autorità competenti, ovvero non sistematica ma attuabile in qualsiasi momento, la «presenza di ufficiali di polizia giudiziaria» a bordo delle navi delle ONG che fanno soccorso nell'area del Mediterraneo centrale, attualmente sotto il comando del Centro del controllo di Roma della Guardia costiera fino alle acque libiche. Sappiamo che questo c'è stato già negato da parte di tutte le ONG che abbiamo audito.
  Si tratta di una delle principali novità che potrebbero essere introdotte nel codice di condotta per le ONG, che dovrebbero essere adottate in via definitiva, secondo quanto si apprende da notizie di stampa, in settimana. Le chiediamo anche per questi aspetti maggiori dettagli e informazioni.
  Quarto punto: accordi di riammissione e rimpatri. Come è noto, la rotta del Mediterraneo centrale dalla Libia verso l'Italia è la via di transito principale in questo momento dei flussi irregolari diretti in Europa attraverso il nostro Paese. Di recente, il ministro si è recato in Libia per incontrare alcuni sindaci o capitribù, allo scopo di cooperare nel controllo del fenomeno migratorio. Le chiediamo di fornire al Comitato, nel limite delle sue competenze, maggiori e più dettagliate informazioni sui contenuti di eventuali accordi al riguardo, stipulati o ipotizzati, sulla loro implementazione e sugli sviluppi della situazione in Libia.
  Gli accordi di riammissione conclusi tra i diversi Stati europei dei Paesi di provenienza e di transito dei migranti sono inoltre strumento privilegiato, che avrebbe dovuto garantire l'effettività dell'espulsione e dei respingimenti in frontiera. Nei fatti, la loro efficacia è dipesa soprattutto dai rapporti economici e politici tra gli Stati ed è finora mancata una politica comune dell'Unione europea: ogni Paese ha fatto accordi per conto suo. Le chiediamo di riferire al Comitato sugli sviluppi in proposito e su possibili nuovi incontri con le autorità tunisine e libiche.
  Quinto punto: distribuzione dei migranti sul territorio nazionale e sistema di accoglienza. Risulta al Comitato che dal 1 gennaio al 18 luglio 2017 il numero dei migranti sbarcati in Italia sia pari a 93.284, rispetto ai 79.000 riferiti allo stesso periodo del 2016, con un aumento del 17 per cento. Il maggior numero di questi è avvenuto nei porti di Augusta (13.000 persone), Catania Pag. 4(11.200) e Pozzallo (8.200); le principali nazionalità dichiarate al momento dello sbarco sono Nigeria (14.000), Bangladesh (8.400), Guinea (7.900), secondo i dati del cruscotto giornaliero del Ministero dell'interno aggiornato al 18 luglio.
  In particolare, a fronte di un elevato numero di richieste di asilo registrate dal 1 gennaio 2017 ad oggi, il numero di presenze dato nel sistema di accoglienza sembrerebbe di poco incrementato rispetto a quello del 31 dicembre 2016. Le chiediamo quindi un aggiornamento dei dati relativi alla gestione delle migrazioni: sbarchi, richieste di asilo, esiti (fin dove già espletate), ricollocamenti, ricorsi alla procedura giudiziale con particolare riferimento alla presenza nel sistema di accoglienza.
  Sesto punto: prospettive di attuazione dei programmi di ricollocazione da parte dell'Unione europea e implementazione degli hotspot sul territorio nazionale (Civitavecchia). Ricordo infine che gli Stati membri si erano impegnati a ricollocare 160.000 persone dall'Italia e dalla Grecia entro settembre 2017, mentre Grecia e Italia si sono impegnate ad istituire un certo numero di centri di smistamento e identificazione dei migranti, i cosiddetti hotspot.
  Le chiediamo di riferire al Comitato maggiori informazioni sulle prospettive di attuazione dei programmi di ricollocazione con i Paesi dell'Unione europea e sull'implementazione degli hotspot sul territorio nazionale (quanti sono e quanti sono eventualmente in previsione).
  Cedo quindi la parola al Prefetto Pinto per lo svolgimento della sua relazione, cui faranno seguito le domande dei colleghi.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Grazie, presidente, ringrazio il Comitato per avermi rivolto l'invito e sono ben felice di poter interloquire. Devo però inizialmente fare un punto di chiarezza: l'accoglienza dei migranti rientra nella competenza non del Dipartimento di polizia, ma del Dipartimento libertà civili e immigrazione, quindi per rispetto e per competenza di quel Dipartimento potrei fornire delle valutazioni, ma che esulano dalla competenza della Direzione centrale dell'immigrazione della polizia delle frontiere, che ha un altro compito.

  PRESIDENTE. Quello che può dire...

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Quello che posso dire, anche perché sono dati di cui non dispongo nel dettaglio.

  PAOLO ARRIGONI. Neanche il Paese da tre mesi: nel cruscotto giornaliero da tre mesi non ci sono più i dati.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Sì, non è un dato nostro. Noi forniamo i dati che sono del Dipartimento PS (mi corre l'obbligo di rappresentarlo) e su quelli io posso fornire ampi chiarimenti. Non intendo con questo eludere assolutamente le questioni poste.
  Partirei dall'inizio, cioè dalla riunione che ha avuto luogo l'11 luglio a Varsavia con il direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri. Noi siamo ormai di fronte a un fenomeno epocale, termine abusato che però fotografa la situazione, perché il fenomeno migratorio ha assunto dimensioni veramente impressionanti e per certi versi preoccupanti. Un fenomeno così impressionante è affrontato dal Ministro dell'Interno Minniti con un impegno (oserei dire, sono prossimo alla pensione quindi sono fuori da ogni dubbio) veramente titanico, perché si è confrontato con tutte le realtà che cercherò di esemplificare in questo mio breve intervento.
  La riunione di Varsavia nasce dal fatto che l'articolo 16, paragrafo 4 del Regolamento, che sarebbe Guardia costiera e di frontiera – che riassume Frontex in questo nuovo Regolamento ma non lo istituisce avendo una competenza più ampia, in quanto i protagonisti sono le autorità dello Stato oltre che l'agenzia –, prevedeva la possibilità di rivedere il piano operativo Triton.
  Innanzitutto una piccola esegesi di fondo: il piano Triton nasce nel 2014, allorché il Ministro Alfano, il Ministro dell'interno pro tempore, dopo i due gravissimi sinistri dove Pag. 5morirono circa 800 persone, di fronte a Lampedusa (302 persone sono state poi recuperate, anche se le stime erano maggiori) e a Malta, dove fu impegnata la motonave Libra della Marina Militare e nacque anche una querelle su chi dovesse intervenire, ritenne opportuno, essendo imperante all'epoca l'operazione Mare Nostrum, uscire da questa situazione, peraltro estremamente costosa, e richiedere un'operazione che il Ministro all'epoca definì «Frontex plus».
  Si trattava infatti di un'operazione che prevedeva l'intervento diretto di Frontex con il finanziamento degli assetti navali e del personale e con il compito di distruzione delle barche utilizzate per il trasferimento dei migranti.
  Non fu però solo quello: in quella sede fu fatta anche la richiesta al Commissario Cecilia Malmström, che peraltro era alla fine del suo mandato, del mutuo riconoscimento delle richieste di asilo nell'ambito dell'Unione europea, in modo da consentire ai migranti che avessero richiesto asilo di potersi ricongiungere ai familiari presenti in altri Stati membri.
  Naturalmente fu richiesto anche di incrementare la collaborazione con i Paesi terzi, un tema quanto mai importante perché si capisce che questo fenomeno migratorio ha due aspetti salienti: la partenza dei migranti e l'accoglienza, che non sempre sono in linea di continuità l'una con l'altra, ma che potrebbero essere anche affrontati in maniera distinta, in quanto frenare i flussi migratori verso il nostro Paese implica accordi con i Paesi terzi, situazioni di accoglienza, costituzione di centri, collaborazione con le autorità dei Paesi terzi, che possono contenere le partenze.
  Come ha detto giustamente il Ministro dell'interno, non si può debellare, bisogna governare il fenomeno, perché il fenomeno è di una tale dimensione che non è possibile arrestarlo con la bacchetta magica, ma richiede anche impegni di finanziamento, di evoluzione degli Stati da cui partono, perché ormai la stragrande maggioranza dei migranti che giungono in Italia non sono richiedenti asilo tout court, ma sono rifugiati economici che scappano da situazioni di grave povertà e miseria.
  In quella circostanza fu richiesto questo piano e in effetti il piano Triton parte immediatamente, alla fine di quello stesso anno, e ha una dimensione operativa identica, perché ci eravamo impegnati a raccogliere tutti i migranti e a portarli in Italia (rescue). In effetti, se si vanno a verificare i piani delle operazioni marittime in altri Stati (mi riferisco naturalmente all'operazione Indalo che la Spagna conduce con i dirimpettai africani o Poseidon della Grecia), esiste lo stesso principio del rescue qualora non sia possibile rinviarli per mancanza di garanzie circa la tutela dei diritti umani o di collaborazione.
  Il caso nostro è di prima evidenza, perché purtroppo non abbiamo di fronte un Paese con una stabilità di Governo, per cui intrecciare relazioni positive che possano condurre a un risultato probante è un'impresa oltremodo difficile, anche se lo si sta facendo con tutte le forze e con tutti i tentativi.
  Il piano Triton si distingue rispetto ai due piani che ho prima evocato, Indalo e Poseidon, per il semplice fatto che c'è una clausola di esclusione di Malta. Date le sue dimensioni, Malta ha condizionato la propria partecipazione alla pianificazione a due condizioni, che i rescued non fossero portati a Malta e che nell'area SAR di competenza maltese il pattugliamento fosse effettuato da unità maltesi. Questo impegno non è stato assunto a cuor leggero ma nella condivisa convinzione della Commissione europea e del nostro Governo, perché Malta per dimensioni di territorio non poteva permettersi una tale situazione.
  Detto questo e considerando che la pressione migratoria era estremamente importante e in costante crescita, sia pure in termini percentuali (il 18-20 per cento di 180.000 non è il 100 per cento della Spagna, dove da 3.000 sono passati a 7.000, da 180.000 si arriva a 200.000, quindi i numeri sono assolutamente diversi), è stato richiesto ed ottenuto dal direttore esecutivo di organizzare immediatamente un gruppo di lavoro, la cui prima riunione avrà luogo il 24 luglio, quindi si è proceduto nell'immediatezza. Pag. 6 In quella circostanza occorrerà vedere quali sono le possibili forme di riorganizzazione del piano stesso.
  Questa richiesta è scaturita dal fatto che ormai sulla scena è presente un nuovo attore, le Organizzazioni non governative, le quali non trovano neanche una disciplina in base al diritto del mare, perché sono considerate a tutti gli effetti delle navi commerciali, quindi non c'è una previsione di categoria di questa organizzazione.
  Il Comando generale della Capitaneria di Porto ha formulato un quesito all'IMO se sia configurabile un'operazione di search and rescue con delle unità navali che sono a ridosso dell'area da cui partono i barconi, perché automaticamente tutto si risolve in operazioni di search and rescue.
  Traduco: normalmente una nave interviene in un'operazione di search and rescue quando riceve una segnalazione di una nave in difficoltà, che quindi sta affondando; in questo caso noi abbiamo una situazione di presenza permanente, che si è infittita dopo la cessazione dell'operazione Mare Nostrum – quindi dal 2013 in poi –, che vede in determinati periodi addirittura la presenza contestuale di 12-13 unità navali di Organizzazioni non governative di diverso taglio.
  Fra l'altro, il codice di condotta dovrebbe specificarlo, perché sono dodici punti che riguardano un insieme di fattori, fra cui il divieto di entrare nelle acque territoriali libiche. Poiché l'argomento sarà affrontato a giorni con le stesse Organizzazioni non governative, non mi sembra qui il caso di evocare specificamente i contenuti di questo codice di condotta...

  PRESIDENTE. Neanche qualche anticipazione?

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. L'anticipazione si può dare, ad esempio non spegnere i trasponditori, ma queste sono banalità, la possibilità di ammettere a bordo del personale di polizia laddove sia necessario, la questione di non usare luci per dare segnalazioni ai migranti.
  Fra l'altro, le Organizzazioni non governative presentano una doppia sfaccettatura: c'è lo Stato di bandiera, quindi del Belize, dell'Olanda, e il Paese dove sono stati immatricolati; questo crea una differenza di competenze in termini giuridici. Tutto questo è rifluito in un codice di condotta che è stato valutato dalla Commissione europea, che lo ha approvato formulando alcuni suggerimenti e ha dato incarico all'Italia di negoziarlo con le Organizzazioni non governative.

  PRESIDENTE. E cominciate il 24.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Sì, il 24 Triton, la riunione con le Organizzazioni non governative è fissata a giorni (adesso mi sfugge la data esatta, ma credo che possa essere addirittura il 25 luglio).
  Questa consultazione con le Organizzazioni non governative sarà un impegno probante, perché occorrerà una condivisa valutazione delle problematiche; lo stesso gruppo di lavoro dovrà elaborare nuove proposte, perché l'area di pattugliamento Triton, a seguito di ulteriori sinistri avvenuti in prossimità della Libia, ha esteso la propria area di competenza addirittura a 138 miglia dalle coste, quindi quasi a ridosso.
  In realtà, però, bisogna restituire onestà a questi dati dal momento che, per quanto riguarda le percentuali di intervento, le ONG dal 1 gennaio fino al 10 luglio hanno soccorso 37.000 migranti, pari al 41,75 per cento del totale dei migranti...

  PRESIDENTE. Io ho il 34.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. No, il 41. Le Capitanerie di Porto il 25,33 per cento, i mercantili il 14,84, Eunavfor Med ha soccorso il 7,18. In realtà Frontex ha soccorso solamente il 6,15 per cento dell'intero ammontare dei migranti.

  PRESIDENTE. Triton?

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Triton. In buona sostanza, gli interventi Pag. 7avvengono ormai a ridosso delle acque territoriali libiche, quindi non c'è intervento delle unità di Triton, che sono più dietro, e automaticamente, nel momento in cui sono soccorsi da unità italiane o coordinate da unità italiane, vige una regola più generale di diritto del mare.
  Siamo fuori dalle previsioni del piano Triton, ma vige un concetto di carattere generale per cui, se soccorre una nave italiana o vengono gestiti i soccorsi della Capitaneria di Porto, diventa un obbligo trasferirli in Italia.
  Questo per sgombrare il campo da interpretazioni non sempre lineari. Riassumo per chiarezza: le operazioni Indalo, Poseidon e Triton hanno lo stesso principio, per cui lo Stato ospitante ha l'obbligo di ricevere le persone soccorse...

  PRESIDENTE. E portarsele a casa.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. E portarsele a casa. Qualora non ci siano le condizioni...

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Un chiarimento: quindi non esiste il caso in cui, ad esempio, un mercantile battente bandiera di un'altra nazione se li debba portare in quella nazione.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Non esiste...

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Si è parlato pure molto di questo sui giornali: quando si prende su una nave si è su quello Stato, quindi bisogna portarli nel porto di quello Stato.

  PAOLO ARRIGONI. Un'osservazione: di fronte ai contenuti del piano operativo, ci domandiamo se noi qui e la Commissione difesa al Senato abbiamo scherzato. Noi abbiamo buttato via delle sedute per capire come mai le imbarcazioni delle ONG portavano esclusivamente in Italia...

  PRESIDENTE. Arrigoni, mi scusi, è un'osservazione che ho concesso, però adesso facciamo finire il signor prefetto.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Io ringrazio e sono convinto che il tema è talmente appassionante e coinvolgente da suscitare più di qualche domanda.

  PRESIDENTE. Le faremo dopo. Prego.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Io ho fornito dei dati oggettivi, gli interventi sono stati svolti da quelle organizzazioni; fra l'altro, abbiamo risposto anche a interrogazioni parlamentari, quindi sono dati assolutamente certi.
  Le modalità del soccorso in mare sono disciplinate dalla Convenzione di Amburgo e dalla convenzione SOLAS. Nel momento in cui la Capitaneria di porto italiana constata l'assenza di un qualsiasi intervento da parte libica, – tant'è che una delle misure che occorrerà creare e a cui si sta lavorando è una sala operativa della Guardia costiera libica, che costituisca una logica di interlocuzione per la Guardia costiera italiana nel momento in cui si assiste a una latitanza di altri centri di coordinamento o di soccorso in mare –, si vede costretta ad intervenire per la salvaguardia della vita umana in mare.
  Il mercantile interviene su indicazione della Guardia costiera: un mercantile che sta facendo il suo cabotaggio per trasferire merci o derrate da un Paese all'altro, viene distolto, deve intervenire e naturalmente lo fa con grande fatica.
  Le dirò di più: l'avvento sulla scena delle Organizzazioni non governative ha determinato come effetto conseguente una riduzione del coinvolgimento dei mercantili in questo tipo di attività, quindi è un'attività assolutamente complessa.
  Ritornando al discorso di Varsavia, è stato detto (il comunicato stampa è stato diffuso) di rivisitarlo e il ministro ha sottolineato l'esigenza di farlo con grande rapidità, tant'è che, nonostante l'imminente pausa estiva, il 24 luglio si terrà la prima Pag. 8riunione e si cercherà di sviluppare un nuovo concetto, che embrionalmente si può già avere ma che deve essere discusso con gli altri Stati partner.
  Chiarisco un altro aspetto: nel momento in cui dovessero emergere delle indicazioni valutate negativamente dagli Stati concorrenti, noi abbiamo nell'ambito di Frontex, a livello di personale o di assetti navali o aerei, la partecipazione di 27-28 fra Stati membri e Stati associati. Dirò di più: c'è una nave irlandese che è fuori dall'egida di Triton e che svolge la sua operazione in prossimità delle acque libiche come attività di soccorso indipendentemente dal fatto di essere inserita in una pianificazione.

  PRESIDENTE. È una specie di ONG...?

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Una specie di ONG, ma non lo è, è statale.
  Questa situazione di presenza di ONG costituisce indubbiamente un fattore nuovo, che dovrebbe essere disciplinato dal punto di vista giuridico, perché noi ci troviamo in un vacuum normativo. Abbiamo queste navi ONG che sono navi mercantili per definizione, agiscono in una determinata area e, secondo un principio di normale organizzazione, dovrebbero essere assorbite nell'organizzazione del soccorso italiano, perché se fanno parte di questo scenario e svolgono questo tipo di attività, dovrebbero essere incluse o essere escluse, dipende dalla valutazione che se ne fa, tenendo presente peraltro che le navi delle Organizzazioni non governative sono di diversa stazza.
  Ci sono infatti navi di rilevante stazza (soprattutto Medici Senza Frontiere e Save the Children) che sono in grado di trasportare centinaia di migranti e di trasferirli nei porti di destinazione; altre navi hanno una consistenza talmente minima che non sono in grado di farlo. Anche su questo occorrerebbe verificare che queste navi abbiano le capacità effettive per svolgere l'attività, anche perché in molti casi le navi ONG di minore stazza trasferiscono i migranti su altre navi, quindi c'è una sorta di passaggio.
  Da ultimo, non si può comprendere questa situazione se non si considera il modus operandi delle organizzazioni criminali in Libia. Noi assistiamo sempre più a partenze simultanee, l'anno scorso addirittura in una sola giornata ci sono stati 52 eventi contemporanei.

  PRESIDENTE. Quindi questo è voluto.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Sicuramente non si fa peccato nel pensare che sia... anche perché la storia è ripetitiva, è avvenuta più volte, perché in questo modo l'andamento caotico degli sbarchi mette alla corda l'organizzazione che deve intervenire. È possibile che molti dati vengano persi, perché alcune informazioni non vengono raccolte per la necessità di intervenire in maniera urgente, e tutto questo si traduce in un vantaggio per le organizzazioni stesse. Questo è un dato di fatto incontrovertibile, perché abbiamo una periodica recrudescenza dello stesso fenomeno.

  PRESIDENTE. Come quello dell'altra settimana.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Come quello, ma non è solo quello: nel 2016 in un giorno ci sono stati 52 eventi di sbarco. Questo è un dato monitorato non solo da noi ma anche da Frontex.
  Eunavfor Med, per ritornare al discorso Sophia. Qualche dato storico: Sophia è un'operazione europea condotta nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune, avviata a seguito di un'apposita decisione del Consiglio del 18 maggio 2015.
  L'operazione è articolata su tre fasi. La prima fase, che si è conclusa, era quella del monitoraggio della situazione per vedere in che modo le reti di immigrazione si muovono, la raccolta di informazioni, il pattugliamento in alto mare, conformemente al diritto internazionale. C'è da fare una precisazione: Eunafor Med nella sua pianificazione si è agganciata al piano Triton, rispecchia gli stessi principi del piano Triton. Pag. 9 Questo significa che, nel momento in cui raccoglie i migranti in alto mare, deve fare soccorso perché è la regola internazionale del mare, trasferendo i migranti in territorio italiano, perché è un legame che c'è con l'operazione Triton.
  Questo è importante perché quando qualcuno ha vagheggiato l'idea di sospendere l'operazione Triton – dirò poi le conseguenze, a parte che, come ho detto prima, il dato di soccorso è veramente minimo, 6 per cento rispetto alle ONG che ne raccolgono 43 – non ha valutato una serie di conseguenze che è bene rappresentare. Eunavfor Med ha una sua missione di monitoraggio, la seconda fase, avviata il 7 ottobre, che consiste nel procedere a fermi, ispezioni, sequestri delle imbarcazioni. C'è poi una terza fase che, come è stato già detto in esordio, richiede una risoluzione del Consiglio delle Nazioni Unite oppure la richiesta dello Stato, della Libia. Questo non è avvenuto, siamo ancora in una fase...

  PRESIDENTE. Per entrare nelle acque territoriali.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Le acque territoriali libiche e addirittura intervenire in Libia. Questa è una soluzione che ancora non è stata approcciata perché non ci sono le condizioni per poterlo fare.
  Cosa avviene? Eunavfor Med fa la sua attività di pattugliamento, ha un sistema di sorveglianza aerea, che ci indica i barconi che stanno arrivando e che necessitano di soccorso, ma è un'operazione coerente con quella svolta dalle unità della Capitaneria di Porto di Triton, nel senso che le persone soccorse vengono trasferite in Italia. Si raccolgono le informazioni, ma non si va al di là di questo.
  Ad arricchire lo scenario delle presenze in mare continua l'operazione Mare Sicuro, che è un'operazione squisitamente militare, nata subito dopo l'operazione Mare Nostrum, che è completamente diversa perché ha finalità squisitamente militari, di tutela.
  Abbiamo quindi l'operazione Triton, l'operazione Eunavfor Med per le finalità, che è strettamente contigua all'area di pattugliamento di Triton, l'operazione Mare Sicuro, che è una missione squisitamente militare. Tutti questi dispositivi comunque, per il rispetto della legge del mare, nel momento in cui intercettano o ricevono richieste di soccorso di natanti in difficoltà, devono intervenire e tutto viene trasferito in Italia.
  Nella riunione di Varsavia è stato ribadito questo concetto, da parte italiana è stata richiesta unilateralmente la possibilità di sbarcare i migranti, in caso di afflussi massicci, anche in altri porti di Stati membri ma devo dire che in questa fase preliminare non abbiamo riscosso alcuna reazione, neanche negativa.
  Questo formerà oggetto di un approfondimento difficile del nuovo gruppo di lavoro per la rivisitazione di Triton o un nuovo piano operativo, mentre è confermato da parte di Frontex, dell'agenzia della Guardia costiera e della Polizia di frontiera il più ampio supporto in materia di assetti navali e di personale di appoggio, per eventuali attività di rimpatrio, ma naturalmente il core business rimane il pattugliamento in mare e quindi l'attività di soccorso.
  Questa è la situazione. Dal 24 si comincerà a ridiscutere di questo piano e vedremo quale sarà l'evoluzione di questo nuovo documento.

  PRESIDENTE. Sophia scade a fine mese.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Per il momento, per intervento del Governo, non è stata ancora rinnovata, quindi c'è una moratoria. Sono le notizie che ho, io non ho una comunicazione ufficiale.

  PRESIDENTE. Neanche noi.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Però abbiamo saputo che c'è una pausa di riflessione prima di proseguire l'operazione Sophia.
  Evidentemente in questo momento continua secondo i vecchi dettami, ma occorrerà Pag. 10 riapprovarla, perché altrimenti manca la base giuridica sulla quale muovere.

  PRESIDENTE. Perfetto, l'ultima domanda. Avevo chiesto qualcosa sui programmi di ricollocazione con l'Unione europea: pensa che l'Unione europea sia in grado...?

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Io non ho questi dati, so che il ricollocamento è veramente minimo, parva res, anche perché c'è da fare una considerazione fattuale: la quasi totalità dei migranti sono migranti economici che richiedono asilo in maniera strumentale, la ricollocazione prevede solo alcune nazionalità, il cui tasso di riconoscimento della richiesta di protezione è il 75 per cento.

  PRESIDENTE. Lo sapevamo, ma ce lo conferma. Ultima cosa, se ha notizie degli hotspot.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Il Ministro dell'interno ha preso molto a cuore la questione migratoria. Si è mosso in tutte le direzioni, si è recato in Libia anche di recente, ha assunto contatti con le tribù Tebu e Tuareg, per cercare di frenare le partenze e l'afflusso nei Paesi di frontiera della Libia (Niger, Ciad, Nigeria).
  Allo stesso tempo si è impegnato fortemente per creare le strutture necessarie che ci ha chiesto l'Unione europea e che hanno formato oggetto di una nostra roadmap approvata con la Commissione europea. Quindi centri per il rimpatrio: proprio ieri c'è stata una riunione in cui si sta esaminando con le diverse regioni e ci saranno delle visite sul posto per realizzare questi nuovi centri per i rimpatri.
  Naturalmente è di tutta evidenza che questi centri per il rimpatrio non sono delle soluzioni prêt à porter, perché occorre trovare il manufatto e riadattarlo, occorre il personale, quindi è un impegno che durerà diversi mesi ma, se non si inizia, non si arriverà mai a una conclusione e i centri per il rimpatrio sono di fondamentale importanza per effettuare i rimpatri, perché per tutti coloro che sono in attesa del rilascio del documento di viaggio è necessario poter disporre di luoghi in cui trattenerli in via transitoria per acquisire il famoso lasciapassare.
  Noi abbiamo fatto qualcosa di più (questo è un aspetto che non è noto): di fronte alla contingente difficoltà di avere un numero sufficiente di posti nei centri per il rimpatrio, è stato disposto con circolare a tutte le questure di procedere anche in assenza di posti nei centri per il rimpatrio alle identificazioni, richiedendo l'identificazione ai Consolati. Questo ha consentito un incremento dell'attività di rintraccio, che è raddoppiata, e un aumento di quasi il 7 per cento dei lasciapassare.
  Prima, in assenza di posti nei centri, non si poteva fare altro che invitare lo straniero ad allontanarsi dal territorio nazionale, anche se poi si rischiava che rimanesse. In questo caso noi continuiamo ad agire nella stessa maniera perché i posti sono pochi (nei centri per il rimpatrio vanno non solo i migranti, ma anche gli stranieri che hanno scontato una pena e che hanno un profilo di pericolosità ben maggiore del migrante che giunge per motivi economici sulle coste) e, pur avendo una condizione che non consente il trattenimento di tutti i migranti, operiamo con i Consolati, con i quali abbiamo avviato positive relazioni, affinché rilascino il documento di viaggio.
  Questo viene inserito in un database. Nel momento in cui viene rintracciato in un secondo momento, è immediatamente possibile organizzarne la partenza, perché nel frattempo è stato ottenuto il documento.

  PRESIDENTE. Con quali Stati avete questi... accordi?

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Noi abbiamo degli Stati privilegiati con i quali c'è sempre una grossa collaborazione, in primis la Nigeria, con cui facciamo dei voli charter da tempo immemore. Occorre tener presente che l'organizzazione dei viaggi in Nigeria, a parte i costi, visto il fenomeno Pag. 11migratorio che coinvolge migliaia e migliaia di nigeriani, implica anche doverli trattenere per il tempo necessario per poter organizzare il rimpatrio, quindi ecco perché i centri per il rimpatrio sono assolutamente necessari.
  Ci sono costi di gestione, ma adesso l'Agenzia europea per la gestione di Guardia costiera e di Polizia di frontiera, ex Frontex, ha ottenuto una dotazione finanziaria rilevante, per cui su nostra richiesta è pronta a spesare l'organizzazione del viaggio non solo sui voli charter, che sono quelli da preferirsi perché in un'unica soluzione ne vanno via diversi, ma anche sui voli commerciali, quindi anche sul singolo biglietto sarà possibile ottenere il pagamento dall'agenzia Frontex. Questo è un rilevante vantaggio.
  Accordi. Abbiamo con la Nigeria un canale privilegiato di collaborazione che di recente è stato ulteriormente rafforzato con delle intese, delle visite, degli incontri politici e degli accordi, dei memorandum con la Nigeria.
  La grande collaborazione ce la offre l'Egitto, in assenza assoluta di accordi. L'Egitto accetta di organizzare voli charter anche in assenza di un accordo formale.
  Tengo a sottolineare che in questo momento, secondo dati forniti dal nostro esperto in migrazione al Cairo, ci sono ben 208.000 migranti presenti al Cairo che sono trattenuti dalle autorità egiziane, ma non abbiamo avuto uno sbarco di un naviglio partito dall'Egitto. Vi è quindi un grande impegno da parte di quel Paese ad ulteriore riprova dell'eccellente collaborazione esistente con l'Egitto.

  PRESIDENTE. Nonostante Regeni.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Questo lo devo dire per oggettività, perché risponde al vero. Una positiva collaborazione è stata avviata con l'intervento personale del ministro con la Tunisia.
  Noi avevamo sottoscritto all'indomani della Primavera Araba, nel 2011, un accordo che ci ha consentito di rimpatriare numerosi tunisini; adesso i tunisini che sbarcano sulle coste italiane vengono immediatamente rimpatriati con volo charter. Tuttavia il numero di tunisini presenti fra i migranti in arrivo in Italia è un numero ridotto.
  Sulla base di una forte attività negoziale abbiamo ottenuto dai tunisini il rilascio dei documenti di viaggio entro trenta giorni. Questo è di fondamentale rilievo perché, se consideriamo i tempi di permanenza in un centro per il rimpatrio, 30 giorni è un tempo sufficiente per organizzarne, una volta ottenuto il lasciapassare, il rientro in Tunisia.
  Abbiamo poi sottoscritto altri accordi, perché ci siamo trovati a far fronte a dei flussi migratori senza precedenti anche sotto il profilo delle nazionalità dei componenti migranti: Gambia, Guinea, Costa d'Avorio, Sudan. Occorre fare una riflessione: questi sono Paesi estremamente poveri, da cui la gente parte alla ricerca di una migliore fortuna, che può essere anche un ponte viste le condizioni in cui vivono nei Paesi di origine. Ho visto gente il cui abito è rappresentato dalla polvere che si attacca alla pelle, non hanno altro, vivono per strada. Mi riferisco a una esperienza diretta che ho avuto in Niger.
  Poiché i Governi che hanno intenzione di collaborare non possono sottolineare questa apertura a collaborare con i Paesi europei per il rimpatrio, perché avrebbero delle ripercussioni interne a fronte di una politica di disponibilità alla riammissione, siamo intervenuti nei Paesi africani soprattutto sotto il profilo delle cure mediche, però solo cure mediche, senza possibilità economiche; ciò ha determinato un'esplosione demografica di questi Paesi, con popolazioni estremamente giovani. Di qui una situazione demografica endemica che non solo in questi anni, ma anche per gli anni futuri spingerà la gente a partire, inevitabilmente.
  Sono Paesi in cui una siccità può determinare movimenti epocali, quindi questa è la realtà che abbiamo di fronte. Al di là delle misure di contrasto e di rimpatrio, probabilmente occorrerà anche una politica di miglioramento economico di questi Pag. 12Paesi, è assolutamente necessario una sorta di Piano Marshall.
  Per questo motivo, di fronte alle difficoltà interne di alcuni Paesi, abbiamo privilegiato una modalità di negoziato soft, nel senso che sono intese tecniche, perché le intese tecniche non richiedono una ratifica da parte dei Parlamenti ed è possibile negoziarle in maniera più diretta e meno formale. Questo è stato raggiunto con il Gambia e abbiamo degli esperti del Niger, della Nigeria, del Gambia in Italia che collaborano fattivamente all'identificazione dei propri connazionali all'atto dell'arrivo.
  Resta il problema che, per poter organizzare questi rimpatri, non essendoci peraltro una rappresentanza diplomatica ufficiale in Italia, occorre chiedere il lasciapassare ai Paesi di origine. Di qui la necessità di disporre di strutture dove trattenere temporaneamente questi stranieri.
  La stessa cosa è stata fatta con il Senegal, anche se l'intesa stenta a decollare, perché il Governo del Senegal ha qualche problema interno. Però di recente hanno condiviso la possibilità di inviare esperti senegalesi in Italia per collaborare con il nostro personale all'identificazione. È stato fatto un charter con il Sudan, anche se questo ha creato non pochi problemi circa la garanzia, ma abbiamo accertato il tutto attraverso la rappresentanza diplomatica e c'era la più assoluta garanzia che non ci sarebbe stata alcuna lesione dei diritti umani, perché vige pur sempre anche nel mare l'osservanza assoluta del principio del non-refoulement e della necessità di rinviare gli stranieri nei Paesi in cui loro non abbiano un rischio per la propria incolumità o lesione dei propri diritti.

  PRESIDENTE. Grazie, signor prefetto. Senatore Orellana, prego.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Grazie, prefetto, è stato molto interessante tutto quello che ci ha detto. Mi fa molto piacere che lei abbia più volte smentito categoricamente questa vulgata sulla cosiddetta «vendita» del Governo italiano per far attraccare nei porti, che è stata semplice applicazione di norme europee che si applicavano già a operazioni analoghe, Indalo e Poseidon. Vado subito alle domande.
  La prima, che è quella di più stretta attualità, anche perché oggi ho depositato una interrogazione in tal senso, riguarda la nave C-Star di questa organizzazione, Generazione Identitaria, che va in mare con l'obiettivo di contrastare le ONG e il salvataggio. Io credo che questo sia inaccettabile. So che chiedono o sono già nel porto di Catania, ma per me è inaccettabile che succeda una cosa del genere, se giustamente stiamo ponendo regole alle ONG che salvano la vite umane, non possiamo certo accettare che esistano organizzazioni che intendano contrastare e sostituirsi a un contrasto che invece giustamente fanno operazioni militari come Sophia.
  La seconda domanda riguarda un'altra ipotesi che sta girando, l'applicazione della direttiva 55 del 2001, la concessione di permessi temporanei di asilo, che consentirebbe il movimento all'interno dell'Unione europea. Vorrei conoscere la sua posizione su questo.
  Anche se la Libia è un Paese di transito e bisognerebbe evitare le partenze, non è l'unico perché anche il Niger è un Paese di transito. Mi sono informato sui rapporti Frontex, ci sono dati molto precisi di un attraversamento di camion e di autobus da Agadez, in Niger, quindi vorrei capire se questo transito possa essere più fortemente combattuto. So che c'era (forse c'è ancora) la missione EUCAP Sahel, quindi volevo capire se su questo stavate lavorando, oltre a questi accordi con i cosiddetti «sindaci», che saluto con favore.
  Un altro punto è capire, applicando la Convenzione di Amburgo del 1979 e la Convenzione SOLAS, se si possa considerare posto sicuro, place of safety, la nave ONG stessa, che consente di non far rischiare più la vita alla persona che era in difficoltà, una volta che il natante viene abbandonato perché i migranti vengono caricati su una nave grande (non quelle piccole che pure abbiamo conosciuto) e quindi sono già in sicurezza. A questo punto decadrebbe tutta l'organizzazione del salvataggio, che è finito, non ricadrebbe più Pag. 13negli obblighi di un'operazione SAR che è in carico a un coordinamento italiano, ma a questo punto l'ONG potrebbe decidere liberamente di andare da qualsiasi parte.
  Vorrei capire se questa interpretazione che in passato è stata fatta credo in particolare dall'Australia per evitare gli sbarchi possa essere considerata come extrema ratio nel caso in cui, come stiamo vedendo, nessun altro Paese europeo ci desse appoggio nel prendere i migranti.
  Una valutazione sul cosiddetto «embargo» di gommoni e motori fuoribordo, che non potranno essere più importati in Libia o esportati verso la Libia, che è una delle decisioni più recenti del Consiglio del 17 luglio, quindi di questa settimana, di cui ha parlato anche l'Alto rappresentante Mogherini. Vorrei sapere se lo consideri uno strumento valido. Grazie.

  PAOLO ARRIGONI. Grazie, dottor Pinto. Una premessa: mi rendo conto che non è competenza del dipartimento, però il fatto che non si sappia in questo Paese quale sia l'effettiva presenza dei migranti richiedenti asilo nel sistema di accoglienza è una cosa grave, è una mancanza di trasparenza nei confronti del Parlamento e del Paese intero. È da tre mesi che sono scomparsi questi dati dal cruscotto giornaliero.
  Innanzitutto la ringraziamo, prefetto, che anche lei dica quello che la realtà afferma, ovvero che la maggior parte di coloro che sbarcano in Italia sono migranti economici e quindi sedicenti profughi.
  Parlando del piano operativo di Triton del 2014, con il quale ha sostenuto che tutti i migranti salvati in mare con operazioni rescue devono essere portati in Italia, conferma quello che l'allora Ministro Bonino poche settimane fa ha confermato, quindi che Malta è stata esclusa dall'accogliere persone, che le navi straniere non erano tenute a portare i migranti salvati nel Paese corrispondente alla bandiera battente.
  Questa – lo sottolineo – è un po’ una presa in giro per il Parlamento, per questo Comitato Schengen, per la Commissione difesa del Senato, che per settimane ha cercato di capire come mai tutti questi migranti salvati venissero portati in Italia sotto il coordinamento della Guardia costiera.
  Denuncio qui una cosa: il 22 ottobre 2014, così come poi il 19 novembre 2014, a poche settimane dall'avvio dell'operazione Triton, a domanda specifica fatta dal sottoscritto e da altri all'allora Ministro Alfano, il Ministro Alfano ha negato i veri contenuti del piano operativo. A domanda specifica: «i migranti che vengono salvati dove vengono portati? Non verranno portati in Italia?», non è stata data una risposta affermativa e questo lo denuncio perché è assolutamente grave.
  Passo all'operazione Sophia. Vorrei capire quale sia l'intenzione dell'Italia: puntare su una riconferma dell'operazione Sophia con l'attuazione del livello 3?
  Terza domanda. Per quanto riguarda gli arrivi, la seconda nazionalità registrata a ieri, 19 luglio, riguarda i cittadini del Bangladesh (8.436). Ci domandiamo come mai migliaia di cittadini del Bangladesh facciano quasi 8.000 chilometri per venire in Italia. Si avvalgono di visti rilasciati da qualche Governo, magari dal Governo libico?
  Quarta domanda. Lo scorso anno, come ci ha confermato il Prefetto Trovato, Presidente della Commissione nazionale, abbiamo registrato in Italia lo sbarco di poco più di 3.000 pachistani, mentre i pachistani che hanno richiesto asilo sono risultati lo scorso anno 13.500. Questo è dovuto a una mancanza di controllo dei confini interni? Sono passati per la rotta dei Balcani ufficialmente chiusa, quindi attraverso i confini Italia-Slovenia, Italia-Austria?
  Quinta domanda. Ha un'idea della pressione che c'è attualmente in Libia, ovvero quante centinaia di migliaia di persone sono pronte a salpare per arrivare nel nostro Paese?
  Infine, due ultime velocissime domande. Sui rimpatri assistiti volontari immagino che non abbia i dati, però se potesse fornirli a questo Comitato, in ordine alla quantità di persone che hanno beneficiato del rimpatrio assistito volontario, i costi sostenuti da questo Paese e le associazioni che sono state coinvolte per attuare questa modalità. Infine, se oltre ai tunisini che lei ha Pag. 14detto vengono immediatamente rimpatriati, a quali altre persone e quante arrivate nel nostro Paese sia stata respinta la richiesta di asilo per manifesta infondatezza. Grazie, mi scuso con i colleghi per aver abusato.

  RICCARDO MAZZONI. Grazie, prefetto. Volevo tornare prima di tutto su quanto detto dall'ex Ministro degli esteri Bonino. Lei oggi ci ha fatto un quadro di trattati per cui è quasi obbligato che, avendo noi il coordinamento delle operazioni, le navi arrivino tutte nei nostri porti.
  L'ex Ministro Bonino però ha detto una cosa molto diversa: «che il coordinamento delle operazioni di salvataggio dei migranti fosse a Roma alla Guardia costiera e che gli sbarchi avvenissero tutti quanti in Italia l'abbiamo chiesto noi. L'accordo lo abbiamo fatto noi, violando di fatto anche il Regolamento di Dublino». Ora, che un ex ministro dica una cosa che non sia... oggi mi pare che lei abbia smentito questo tipo di ricostruzione.
  Il Ministro Minniti ha detto che l'Italia potrebbe chiudere i porti. È una cosa fattibile o è una minaccia politica. A quali conseguenze l'Italia andrebbe incontro se lo facesse davvero?
  Per «costringere» l'Europa ad accogliere un po’ di migranti rispettando gli impegni presi e gli impegni scritti nelle direttive europee, è uscita la proposta di ricorrere alla direttiva europea 55 del 2001, a cui il Governo italiano ha già fatto ricorso in qualche occasione, per concedere un visto temporaneo di protezione umanitaria. Secondo lei questa è una strada percorribile, anche se l'ex Ministro dell'interno Maroni ha detto che potrebbe diventare un boomerang, perché attirerebbe altri migranti dall'Africa?
  La Relazione XVI sulle ricollocazioni dell'Unione Europea dice che all'inizio del 2017 i ricollocamenti hanno avuto un incremento abbastanza significativo. Lei ci conferma questo dato?
  Non tutti i richiedenti asilo hanno possibilità di accedere al programma di relocation. Secondo le attuali norme europee possono essere ricollocate solo le persone la cui nazionalità ha un tasso medio di riconoscimento di protezione internazionale a livello europeo superiore al 75 per cento. La lista viene aggiornata ogni tre mesi dall'EASO.
  I Paesi terzi presi in considerazione per la relocation sono Siria, Eritrea, Burundi, Mozambico, Barhein, Bhutan, Qatar e Yemen. Salta subito all'occhio come questo criterio escluda in partenza dal programma Paesi in cui ci sono ancora guerre in atto (Iraq, Afghanistan) o Paesi in cui ci sono dittature (Sudan).
  Questo tipo di scelta limita di fatto la sua applicabilità soltanto ai richiedenti asilo eritrei per l'Italia e ai siriani per la Grecia. Un aumento delle nazionalità da includere nell'accesso alla relocation, definite anche in relazione alla consistenza dei flussi verso l'Europa e alla composizione di questi flussi, non sarebbe necessario per alleggerire il carico che pesa sull'Italia? Grazie.

  NADIA GINETTI. Grazie, presidente, grazie, prefetto. Molto velocemente, per ribadire un concetto che io ho sempre espresso in questa sede, ovvero dal mio punto di vista è quasi inutile, è uno sforzo enorme pensare di organizzare a monte quando il problema si è già verificato, perché non esiste sistema di ricollocazione, di gestione dei rimpatri, di accoglienza o di revisione di Dublino 3 che possa reggere a un fenomeno di questa dimensione.
  La mia domanda è quindi se si stia lavorando e in che termini, anche in vista del fatto che noi saremmo nell'ambito del Consiglio di sicurezza dell'ONU protagonisti a breve, per gestire la situazione in partenza, dall'origine, pensando ad un intervento importante che garantisca partenze sicure, non solo di contenimento ma anche di canali legali, corridoi umanitari con un intervento di tipo europeo per il diritto di asilo, facendo saltare il sistema del controllo delle frontiere esterne europee, quindi Dublino e in parte Schengen.

  MARIA CHIARA GADDA. Vorrei aggiungere due domande. Lei ha parlato di flussi particolari e significativi concentrati nella stessa giornata provenienti dalla Libia. Voi avete un quadro preciso dei porti di partenza? È possibile monitorare situazioni e aree geografiche specifiche di quel Paese? Pag. 15
  L'altra domanda riguarda parzialmente le sue competenze, ma ne abbiamo discusso questa mattina nella Commissione d'inchiesta sui migranti con il presidente dell'INPS Boeri, che ha posto il tema dei decreti flussi. Vorremmo capire come distinguere persone che arrivano nel nostro Paese per via illegale dai cosiddetti «migranti economici» che potrebbero essere gestiti con dei decreti flussi mirati, legati a politiche migratorie diverse vincolate ad aree geografiche e a professionalità particolari. Questa ipotesi è in discussione?

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Cominciamo dal soccorso in mare. Innanzitutto è opportuno far riferimento al Regolamento 656 del Consiglio europeo del maggio 2014.
  L'articolo 10 di questo regolamento, che uniforma tutte le operazioni di contrasto in mare dei fenomeni migratori che poi si traducono in operazioni di search and rescue, stabilisce inequivocabilmente che per il piano operativo (che sia Indalo, Poseidon o Triton), conformemente al diritto internazionale nel rispetto dei diritti fondamentali, in caso di intercettazioni in acque territoriali lo sbarco avviene nello Stato membro costiero, e questo non è il caso perché siamo confrontati con la Libia.
  Nel caso di intercettazioni in alto mare lo sbarco può avvenire in un Paese terzo ove ciò sia possibile, e anche in questo caso siamo confrontati con una realtà dove tale garanzia non è data e bisogna osservare poi il principio del non-refoulement. Noi abbiamo avuto la sentenza Hirsi per aver rimpatriato in Libia un natante con dei migranti a bordo.
  Nel caso di situazioni di ricerca e soccorso e fatta salva la responsabilità del centro di soccorso, lo Stato membro ospitante e gli Stati membri partecipanti cooperano con il centro di coordinamento e di soccorso competente per individuare il luogo sicuro. In questo modo mi aggancio al concetto di luogo sicuro che credo sia stato evocato in una delle domande.
  Qui siamo nell'ambito del diritto del mare e nell'ambito delle operazioni di search and rescue. Il luogo sicuro, per letteratura internazionale di diritto, è la località dove le operazioni di soccorso si considerano concluse, la sicurezza dei sopravvissuti e la loro vita non sono più minacciate, le necessità primarie come il cibo (in una nave non credo che ci siano possibilità infinite di dare cibo, sanità, assistenza, abbiamo feriti, donne in gravidanza, minori), il trasporto dei sopravvissuti fino alla destinazione vicina finale può essere organizzato tenendo conto della protezione dei loro diritti fondamentali. Il posto sicuro quindi non è il porto più vicino o la nave, e occorre una garanzia di sviluppo futuro di questa situazione.
  Il dramma italiano. La Spagna in questo periodo ha avuto un aumento del 100 per cento della pressione migratoria, ma siamo passati da 1.500 a 3.000. Il 10 per cento italiano rappresenta 20.000 persone, ma la differenza sostanziale... per esempio non abbiamo parlato delle operazioni di pattugliamento congiunto esistenti fra Isole Canarie e Senegal perché c'è un accordo di base che consente l'intervento, noi abbiamo di fronte un Paese che ha un'instabilità governativa, è tutto lì il problema.
  La Turchia è il caso esemplare. Finquando non è intervenuto l'accordo Unione Europea-Turchia c'era lo stesso fenomeno. È intervenuto l'accordo e i turchi hanno bloccato le partenze e credo ci sia stato un calo del 95 per cento degli arrivi, quindi praticamente azzerati.
  Devo però citare la nostra realtà. Nel 2010-2011 abbiamo avuto 4.000 migranti, si è scatenato il putiferio con l'operazione Mare Nostrum. Io non attribuisco colpe, ma quando è partita l'operazione Mare Nostrum siamo passati da 62.000 a 170.000, questo è un dato oggettivo.
  Non lo commento, perché lì c'è stata un'operazione di search and rescue, di salvaguardia, era umanamente necessario prestare soccorso, però prima si parlava di visti della direttiva 2001 e, se applichiamo quella direttiva, può essere un fattore di attrazione, ma è la stessa cosa qui, perché nel momento in cui c'è stata la possibilità di avere una garanzia di raggiungere le coste italiane c'è stato un aumento del Pag. 16fenomeno. Non si tratta quindi di politica, si tratta di un dato di fatto.

  PRESIDENTE. Non c'era neanche più un Governo...

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Non c'era neanche più un Governo, e l'ho messo in stretta relazione. Nel momento in cui sono deflagrate forme di Governo in quei Paesi, si sono aperte le cataratte di nostro Signore. Quindi, poiché c'è una situazione di grave povertà immanente, di difficoltà in tutto lo scenario dal Corno d'Africa fino all'Africa occidentale, abbiamo assistito a questa recrudescenza del fenomeno.

  RICCARDO MAZZONI. Era solo per sottolineare che lei ci sta dicendo esattamente il contrario di quanto hanno detto gli ultimi Governi che si sono succeduti, cioè che Mare Nostrum non è stata la calamita dei migranti. Lei ci sta dicendo in maniera oggettiva il contrario, perché ha detto che il flusso è iniziato con Mare Nostrum.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Nel 2014 c'è stato... Io ho detto una cosa molto chiara, tecnicamente evidente, come quando sono apparse sulla scena le Organizzazioni non governative, perché sono fattori che possono alimentare un flusso di migranti. Ho detto però che l'operazione Mare Nostrum è stata mossa dalla necessità di salvaguardare la vita umana in mare, questa è la cifra di quell'operazione.
  Che poi facendo quell'operazione ci sia stata una recrudescenza del fenomeno è un altro dato di fatto. Io dico solamente che nel 2014 inizia l'operazione Mare Nostrum e noi assistiamo a questo aumento di sbarchi.

  PRESIDENTE. Mare Nostrum è del 2013.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Del 2013-2014, da 62.000 perché nel 2011 abbiamo avuto la Primavera Araba, poi era sceso a 40.000 e poi siamo passati... c'è stato questo andamento, una grafica a linee spezzate dei vari anni.

  PRESIDENTE. Possiamo vederlo? Dopo magari le chiederò anche i documenti, se è possibile.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Noi abbiamo 9.573 nel 2009, nel 2009-2010 vigevano gli accordi con la Libia.

  PRESIDENTE. E c'era un Governo...

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Pattugliamenti congiunti, respingimenti, c'è stato il caso Hirsi per cui l'Italia è stata condannata.
  Nel 2011 saliamo a 62.682, Primavera Araba, invasione tunisina (chiamiamola così), accordo con la Tunisia, vengono effettuati dei rimpatri, cala il fenomeno dei migranti a 13.267 nel 2012, dopodiché ci sono stati nel 2013, 42.925.

  PRESIDENTE. E non c'era Mare Nostrum, che è iniziato ad ottobre.

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Voglio aggiungere che Mare Nostrum non viene fuori come un fungo dopo una giornata di pioggia, ma viene fuori dopo due gravi sinistri, Lampedusa e Malta, in cui hanno perso la vita circa 800 persone, quindi è stata un'operazione di carattere squisitamente umanitario, che merita tutto il rispetto, ma nonostante questo, in costanza di Mare Nostum c'è stato un aumento, e questo è un dato statistico oggettivo.
  Nel 2014 arriviamo a 170.100, c'è un lieve regresso nel 2015, quando dopo un ulteriore naufragio è stata allargata l'area operativa di Triton, che è arrivata fino a 138 miglia, nel 2016 181.017, nel 2017 lo vedremo, anche se in questo momento c'è un aumento di circa il 13 per cento (varia di giorno in giorno). La questione degli Pag. 17sbarchi simultanei è un dato registrato, indiscutibile.
  Per i bengalesi effettivamente c'è una recrudescenza del fenomeno, arrivano in Libia via aerea o dagli Emirati Arabi o direttamente in Libia, dove a loro avviso ci sono condizioni più favorevoli per tentare il viaggio verso l'Europa.
  Circa poi la presenza di richiedenti asilo in Italia bengalesi ma anche pachistani e afgani, noi assistiamo a uno stillicidio oggettivo di cittadini bengalesi e pachistani che arrivano dall'Est europeo, che richiedono asilo e la cui riammissione evoca una procedura Dublino, quindi sono già richiedenti asilo in altri Paesi dell'Est europeo, rinnovano la richiesta, poiché in base alla Convenzione di Dublino è lo Stato di primo ingresso. Naturalmente possono essere rimpatriati solo attivando la procedura di riammissione Dublino, che non è una procedura di polizia, ma una procedura amministrativa che implica un contatto con le autorità competenti dell'altro Stato.
  Per quanto riguarda le relocation, non dispongo del dato effettivo, ma è notorio che segnano il passo. Siamo a 7.600, ben al di sotto della quota prevista per l'Italia. Di recente c'è un impegno tedesco per 500, ma bisogna verificare alla fine dell'anno quale sarà il dato di relocation.
  Come voi stessi avete detto, inoltre, c'è una lista di Paesi dove noi siamo interessati solamente per eritrei e siriani, perché del Bahrain e di altri Paesi non ne abbiamo, quindi in questo momento nell'ambito delle nazionalità registrate all'atto dell'arrivo abbiamo nell'ordine nigeriani, Bangladesh, Guinea, Costa d'Avorio, Gambia, e gli eritrei solo al settimo od ottavo posto, e solamente questi possono essere rilocati e c'è il Dipartimento libertà civili ed immigrazione che segue le procedure con gli altri Paesi candidati. C'è un ostracismo, come voi sapete, in alcuni Paesi ad applicare la relocation, soprattutto in alcuni Paesi dell'Est europeo che non cito, ma che conoscete perfettamente.
  Non dispongo di questo dato, si parla di circa 200.000 persone in accoglienza, però mi interesserò di raccoglierlo dal Dipartimento libertà civili. Per quanto riguarda l'asilo c'è uno schema preciso, dato della Commissione nazionale asilo: nel 2017 il dato delle richieste di asilo, che è aumentato, è pari in questo momento a 43.252. Queste sono le richieste di asilo esitate. Di queste 43.022 , non è stato riconosciuto il 52 per cento, ovvero solamente 22.406 domande sono state dichiarate non ammissibili, questo alla data del 14 luglio, dato recentissimo, quindi rigettate 22.406.

  PRESIDENTE. Su quelle fatte...

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Su quelle esaminate, che è il dato più concreto. Irreperibili sono 2.118, pari al 5 per cento, lo status di rifugiato è pari al 9 per cento, 3.842. La protezione sussidiaria è stata attribuita a 4.165 persone, pari al 10 per cento, la protezione umanitaria il 24 per cento a 10.632 persone. Quindi abbiamo un'anatomia che vede il 50 per cento rigettate, il rimanente 50 per cento non sono tutte accolte, ma alcune sono nel limbo, perché abbiamo gli irreperibili, abbiamo altro esito (non si sa cosa sia avvenuto, lo riportano così, ma è pari allo zero per cento) e poi abbiamo lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria, la protezione umanitaria, che sono pari al 9 più 10 più 24, quindi circa la metà.

  PRESIDENTE. I visti temporanei?

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Per i visti temporanei ho approfondito la questione perché non ne avevo notizia precedente, la direttiva del 2001 è stata emanata subito dopo la crisi balcanica.
  Non è un visto, è un documento di viaggio, e quello che noi abbiamo applicato all'indomani della Primavera Araba era un'altra roba, avevamo dato dei permessi di soggiorno agli stranieri, che davano la possibilità di circolare liberamente in Europa. Questo ha suscitato all'epoca vibrate reazioni da parte degli altri Stati membri, perché questa modalità di rilascio di permessi di soggiorno (nel caso della direttiva del 2001 non sono permessi di soggiorno, Pag. 18ma semplicemente un documento di viaggio che li abilita a circolare, concetto diverso perché il permesso di soggiorno radicalizza la permanenza nel Paese che lo ha rilasciato, qui si tratta di un documento di viaggio eccezionale) è diversa dalla protezione data all'indomani della Primavera Araba.

  RICCARDO MAZZONI. Il documento di viaggio consente di spostarsi?

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Consente di spostarsi. Questo ha creato l'immediata reazione di alcuni Paesi, che magari per delle boutade politiche... l'Austria non è la prima volta che ci fa questo lavoro, sono tre volte che ci dice che ripristina i controlli al Brennero senza l'ombra di un migrante, anzi abbiamo sulla Carinzia, ovvero dalla parte di Tarvisio, un fenomeno inverso, che sono quei pachistani afgani di cui ho parlato prima.
  Non solo. La mia direzione, il Dipartimento della polizia si è impegnato fortemente ad evitare che l'afflusso di migranti potesse determinare reazioni immotivate da parte di altri Stati membri o reazioni di chiusura. Voglio ricordare che dei quattro Paesi ai confini terrestri, ovvero Francia, Svizzera, Austria e Slovenia, solo la Francia ha ripristinato i controlli. La Francia li ha ripristinati a seguito di situazioni interne di sicurezza, di politiche, è una scelta autonoma, ha la possibilità, in base all'accordo sull'attraversamento delle frontiere, di poter adire questa procedura e ripristinare i controlli, peraltro avvenuti con grande spirito di collaborazione tra le polizie di frontiera dei due Paesi, quindi senza esasperare il concetto.
  Noi ci siamo impegnati ad evitare con ogni forma lecita il travaso di migliaia e migliaia di persone nei Paesi vicini, perché questo, in una condizione di minaccia terroristica, avrebbe immediatamente provocato reazioni che avrebbero finito con il penalizzare ulteriormente il nostro Paese. Si è quindi cercato con grande impegno, con controlli sul territorio sui cosiddetti «movimenti secondari» (i movimenti di quegli stranieri che giunti in Italia cercano di proseguire il loro viaggio), con controlli mirati sui treni e alle frontiere di evitare che il fenomeno si riversasse in maniera drammatica nei Paesi vicini.
  Questo ci costa che li tratteniamo ma è un dovere europeo darsi da fare, anche perché le conseguenze potevano essere ancora più gravi per il nostro Paese, in quanto una chiusura delle frontiere sarebbe stata un'ipotesi estremamente perniciosa.
  Ulteriore considerazione. La situazione in Europa e quindi negli Stati membri è radicalmente cambiata con l'istituzione nel 2016 della nuova agenzia per la Guardia costiera e la Guardia di frontiera, ex Frontex. La nuova agenzia ha un potere penetrante nei confronti degli Stati membri, cioè per esempio fa una valutazione di vulnerabilità dei confini. Ogni anno la Commissione europea ha un'organizzazione che fa la cosiddetta «valutazione Schengen», che è itinerante e può fare dei controlli sistematici o a sorpresa alle frontiere esterne dei Paesi membri, perché si interessa anche del rimpatrio, si occupa anche della consultazione dei database, della preparazione del personale di frontiera. Ha un controllo penetrante sull'organizzazione dello Stato membro.
  Nel momento in cui ravvisa delle lacune dello Stato membro, formula delle raccomandazioni e questa è la valutazione di vulnerabilità: vulnerability assessment. Se lo Stato non si conforma a queste disposizioni, può intervenire addirittura come extrema ratio (innanzitutto c'è tutto un passaggio burocratico con cui informa la Commissione, il Parlamento europeo) al ripristino dei controlli alle frontiere. Ho visto la reazione delle popolazioni locali, che non sono certamente favorevoli a una tale ipotesi, perché i traffici sono traffici e la libera circolazione è amata da tutti, quindi c'è un dovere (noi abbiamo cercato di portarlo avanti fino in fondo) di evitare questa situazione che poteva essere estremamente dannosa.
  So dell'esistenza della nave contro le ONG, sono state date indicazioni alla polizia di prevenzione, c'è un'attività di monitoraggio per valutare se vi siano comportamenti Pag. 19 lesivi del diritto e quindi intervenire qualora se ne presentasse l'ipotesi.
  Sul Niger c'è un'attività della Commissione europea. È stato lanciato un fondo di finanziamento Trust Fund da cui vengono attinte imponenti risorse per l'Africa. Lo stesso Ministero affari esteri al di fuori del Trust Fund ha avuto un'assegnazione di fondi per l'Africa.
  La Libia ha la grande attenzione del nostro Governo per ovvie ragioni, abbiamo varato un progetto di capacity building pluriennale per la Libia, di formazione, di creazione della guardia costiera, per pervenire ad un'organizzazione dei controlli affidabile, ma anche per le frontiere terrestri sulle quali ha un finanziamento che credo si aggiri sugli 80 milioni di euro da parte dell'Unione europea, quindi c'è tutta un'attività. Noi stessi siamo presenti in Libia, abbiamo fornito delle imbarcazioni, è cominciato un certo tipo di attività, in alcune circostanze la Guardia costiera libica è intervenuta fermando delle partenze. Naturalmente sono piccoli esempi che possiamo coltivare a condizione che ci sia un impegno costante, probante, non solo dell'Italia ma di tutta l'Unione europea.

  PAOLO ARRIGONI. Prefetto, solo per rinnovare l'invito a favorirci in seguito i dati di coloro che sono stati rimpatriati...

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. Ve lo dico subito, perché dispongo di questo dato. Quest'anno noi abbiamo avuto un rimpatrio volontario assistito ridottissimo: 30.
  Per quanto riguarda i rimpatri il dato è interessante e ha formato oggetto di comunicazione al Ministro non più tardi del 4 luglio (rubo due minuti per farvi dei paragoni per annate). Nel 2015, dal 1 gennaio al 30 giugno (abbiamo fotografato a sei mesi): stranieri rintracciati in posizioni irregolari, significa attività sul territorio, 15.117, di cui 7.137 allontanati, 2.566 rimpatriati. Che significa allontanati e rimpatriati? Gli allontanati sono i respinti alla frontiera, i rimpatriati sono quelli che vengono muniti di documento di viaggio, messi sull'aereo e mandati via.
  Nel 2016, stesso periodo, le attività di rintraccio 19.000, quindi abbiamo avuto un incremento del 30,30 per cento, 9.003 allontanati (più 26 per cento), 2.648 rimpatriati (3,20 per cento di incremento).
  Nel 2017 c'è quella famosa circolare di cui vi ho parlato prima, per cui abbiamo invitato le Questure a richiedere l'identificazione nonostante non ci fossero... Abbiamo avuto un ulteriore incremento dei rintracci, che è passato a 23.900, cioè da 15.000 del 2005 siamo arrivati a 23.900 (più 21.34 per cento rispetto all'anno precedente), 11.353 allontanati (più 26 per cento rispetto all'anno precedente), 3.070 rimpatriati (più 15,94 per cento). Naturalmente non sono dati sui quali cullarsi, visto l'andamento, ma l'impegno profuso c'è sicuramente stato.
  Ultimo dato che è stato richiesto, anno 2017. Voi sapete che per la sicurezza del Paese c'è il Comitato di analisi strategica antiterrorismo, un organismo creato ad hoc, e tra l'altro vengono esaminate le proposte di allontanamento di cittadini stranieri ritenuti particolarmente pericolosi.
  Nel 2017 gli stranieri per i quali è stato disposto un provvedimento del ministro sono stati in tutto 17, di cui 15 eseguiti, 2 ancora da eseguire. Nel 2016 sono 45, di cui eseguiti 33, perché ci sono poi situazioni di non rintraccio, addirittura in qualche caso il provvedimento di allontanamento è stato notificato all'atto del rientro dello straniero, che era stato segnalato però era all'estero, e nel 2015 sono 49, quindi 49 più 45 più 17 sono i provvedimenti firmati, i provvedimenti eseguiti sono 15 più 33 più 39.

  PRESIDENTE. Ultima domanda, Sophia: il Governo italiano ha intenzione di chiedere una proroga della missione o finisce a fine mese?

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. La questione è oggetto di valutazione politica, io non sono a conoscenza delle determinazioni assunte, so che per il momento Pag. 20non è stato rinnovato il mandato, se le mie informazioni sono corrette. Ricordo che Sophia è strettamente legata a Triton, perché si rifà ai princìpi di Triton.

  NADIA GINETTI. I corridoi umanitari...

  GIOVANNI PINTO, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere. I corridoi umanitari ci sono, vengono gestiti dal Dipartimento libertà civili, vengono periodicamente organizzati gli arrivi di stranieri assistiti, ma quelli sono corridoi umanitari già previsti. Cosa diversa è il corridoio umanitario estemporaneo, perché anche le ONG possono fare un corridoio.

  PRESIDENTE. Ringrazio il signor prefetto e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.40.