XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 51 di Mercoledì 14 giugno 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brandolin Giorgio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE POLITICHE DEI PAESI ADERENTI RELATIVE AL CONTROLLO DELLE FRONTIERE ESTERNE E DEI CONFINI INTERNI

Audizione di rappresentanti dell'Organizzazione «Medici Senza Frontiere».
Brandolin Giorgio , Presidente ... 3 ,
Bertotto Marco , responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere ... 5 ,
Brandolin Giorgio , Presidente ... 6 ,
Bertotto Marco , responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere ... 6 ,
Brandolin Giorgio , Presidente ... 6 ,
Bertotto Marco , responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere ... 6 ,
Brandolin Giorgio , Presidente ... 7 ,
Bertotto Marco , responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere ... 7 ,
Brandolin Giorgio , Presidente ... 7 ,
De Filippi Loris , presidente di Medici Senza Frontiere Italia ... 7 ,
Bertotto Marco , responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere ... 8 ,
Brandolin Giorgio , Presidente ... 9 ,
Bertotto Marco , responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere ... 9 ,
Brandolin Giorgio , Presidente ... 9 ,
De Filippi Loris , presidente di Medici Senza Frontiere Italia ... 9 ,
Brandolin Giorgio , Presidente ... 9 ,
De Filippi Loris , presidente di Medici Senza Frontiere Italia ... 9 ,
Brandolin Giorgio , Presidente ... 9 ,
De Filippi Loris , presidente di Medici Senza Frontiere Italia ... 9 ,
Brandolin Giorgio , Presidente ... 10 ,
De Filippi Loris , presidente di Medici Senza Frontiere Italia ... 10 ,
Brandolin Giorgio , Presidente ... 10 ,
Mazzoni Riccardo  ... 10 ,
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 11 ,
Orellana Luis Alberto  ... 11 ,
Brandolin Giorgio , Presidente ... 12 ,
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 12 ,
De Filippi Loris , presidente di Medici Senza Frontiere Italia ... 12 ,
Orellana Luis Alberto  ... 15 ,
De Filippi Loris , presidente di Medici Senza Frontiere Italia ... 15 ,
Bertotto Marco , responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere ... 15 ,
Brandolin Giorgio , Presidente ... 15 ,
Bertotto Marco , responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere ... 15 ,
Mazzoni Riccardo  ... 17 ,
Brandolin Giorgio , Presidente ... 17 ,
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 17 ,
De Filippi Loris , presidente di Medici Senza Frontiere Italia ... 17 ,
Brandolin Giorgio , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIORGIO BRANDOLIN

  La seduta comincia alle 19.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, i processi verbali delle sedute precedenti si intendono approvati.
  Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Organizzazione «Medici Senza Frontiere».

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Loris De Filippi, presidente di Medici Senza Frontiere Italia, e di Marco Bertotto, responsabile Advocacy della medesima organizzazione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen, con particolare riferimento alle politiche dei Paesi aderenti relative al controllo delle frontiere esterne e dei confini interni.
  Come sempre, farò, a nome del Comitato, un'introduzione con alcune domande su quattro punti che hanno attinenza con ciò che, fino a oggi, abbiamo discusso e anche sentito nelle nostre audizioni, in particolare da alcuni mesi a questa parte, specificatamente sul fenomeno del trasporto dalla Libia all'Italia.
  Il primo punto su cui vorremmo una vostra interlocuzione riguarda le accuse fatte ad alcune ONG per i contatti con i trafficanti sulle rotte migratorie dalla Libia all'Italia.
  Dal documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sul contributo militare per il controllo dei flussi migratori nel Mediterraneo e l'impatto delle attività delle Organizzazioni non governative, approvato il 16 maggio 2017 dalla Commissione difesa, che vi ha già auditi, risulta al Comitato che la vostra Organizzazione internazionale a concessione italiana operi nel Mediterraneo con due navi in proprio: sulla Vos Prudence, battente bandiera italiana, il cui costo di esercizio sarebbe di 9.000 euro al giorno e, in collaborazione ancora con l'Organizzazione SOS Méditerranée, svolgendo attività sanitaria a bordo della nave Aquarius, al cui costo di noleggio contribuisce in quota parte. L'attività di soccorso nel Mediterraneo da voi svolta inciderebbe sul bilancio di Medici Senza Frontiere per 4 milioni di euro su un totale di 950 milioni di euro.
  Il primo tema che vorremmo affrontare con voi riguarda, quindi, l'ipotesi di possibili contatti di alcune Organizzazioni non governative con trafficanti di migranti.
  Si tratta ovviamente di ipotesi già formulate da Frontex, l'ex agenzia dell'Unione europea, recentemente trasformata in Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, in due rapporti interni alla fine del 2016. Vi sarebbero indagini in corso presso alcune procure, come quelle di Trapani e di Palermo, e attività di indagine conoscitiva da parte della procura di Catania, il cui procuratore è stato già audito in questo Comitato.
  Nel corso delle audizioni svolte dal Comitato, i rappresentanti delle ONG Sea-Eye, MOAS, SOS Méditerranée e Sea-Watch hanno dichiarato di avere contatti solo con il cosiddetto MRCC, il famoso centro per il coordinamento del salvataggio marittimo della Guardia costiera di Roma, Pag. 4e che l'attività delle loro unità si è svolta sempre a stretto contatto con questo Comitato.
  Anche nel corso delle vostre audizioni già rese in Parlamento, in particolare quella della Commissione difesa del Senato del 2 maggio, avete dichiarato che il coordinamento operativo delle vostre attività di ricerca e soccorso in mare viene effettuato in via esclusiva dal centro MRCC di Roma e che esistono contatti tra le varie Organizzazioni impegnate, come nell'ambito dell'operazione Sophia di EUNAVFOR MED.
  Vi chiediamo, quindi, di illustrare al Comitato come si svolge la vostra attività di soccorso, con chi entrate in contatto prima di intervenire, con particolare riferimento alle rotte seguite dalle vostre unità navali, alle modalità di svolgimento degli interventi di soccorso e al trasporto dei migranti. Vi chiediamo se vi è capitato di contattare altri centri di soccorso come, per esempio, oltre a quello italiano, quello di Malta o Tunisi, e quali siano state, in questi casi, le successive decisioni assunte.
  Vi saremmo grati inoltre se poteste indicare al Comitato le modalità di finanziamento e, se possibile, gli sponsor della vostra organizzazione. Con particolare riferimento a quest'aspetto, risulta al Comitato, sempre dall'audizione del Senato, che i vostri bilanci sono pubblici e certificati. Vi saremmo grati se poteste indicarci in tal proposito chi sono i vostri finanziatori e, se non sapete dirlo oggi, magari indicarli in seguito per metterli agli atti. Vi chiediamo anche di fornire maggiori utili informazioni al riguardo, con specifico riferimento a eventuali donatori istituzionali.
  Il secondo punto riguarda lo sconfinamento di unità navali di ONG in acque territoriali libiche, in merito alle famose dodici miglia.
  Risulta al Comitato che vi sarebbero delle intercettazioni di comunicazioni fra alcune unità navali appartenenti a varie ONG (tedesche, maltesi e spagnole) e persone sulla costa libica che stavano facendo partire il gommone dei migranti. Grazie a tali intercettazioni, si sarebbe a conoscenza che, dopo poche miglia di viaggio, quei gommoni in acque territoriali libiche sarebbero stati intercettati da imbarcazioni delle varie ONG, che nel frattempo avevano spento i cosiddetti «transponder» per non essere localizzate dalla Guardia costiera italiana. Questa è la domanda che vi facciamo. In questi casi, i transponder sarebbero stati riaccesi una volta «salvati» i migranti in acque internazionali e, a quel punto, dalle imbarcazioni delle ONG sarebbero partite le chiamate al sistema dell'MRCC di Roma per segnalare il salvataggio. Questa è una domanda precisa.
  Sappiamo che voi avete già escluso ogni collegamento o contatto con persone libiche e dichiarato di aver proceduto a sconfinamenti nelle acque libiche in cinque occasioni, ma sempre con l'autorizzazione dei soggetti preposti. In questo senso, avete dichiarato di non aver mai ricevuto chiamate dalla Libia, ma di essere entrati nelle acque territoriali di quel Paese appunto in queste cinque occasioni.
  Da notizie di stampa (Corriere della sera dell'11 maggio 2017), risulterebbe peraltro al Comitato che la procura di Trapani avrebbe aperto un'indagine nei confronti di equipaggi della vostra Organizzazione. Alcuni membri dell'equipaggio di una nave di Medici Senza Frontiere avrebbero soccorso, infatti, i migranti senza avvisare la Guardia costiera italiana e avrebbero poi convinto gli stranieri a non rispondere alle domande della Polizia – questa è ovviamente un'ipotesi – per il cosiddetto «debriefing», che avviene dopo lo sbarco.
  Vi chiediamo, quindi, di riferire al Comitato, in merito all'evento specifico a voi addebitato e per quanto in vostra conoscenza, se nel corso della vostra attività avete potuto riscontrare, direttamente dalle persone da voi soccorse o da altri operatori, testimonianze di pratiche di interventi di soccorso pilotati da terra (in Libia) o se siete mai stati contattati da persone che avevano chiesto di svolgere interventi di soccorso, prima che questi si verificassero.
  Il terzo argomento riguarda la presenza di operatori di polizia giudiziaria sull'imbarcazione delle ONG. Ne abbiamo discusso con diversi operatori, ma anche gli stessi procuratori e la Polizia. Pag. 5
  Il Comitato ha appreso da notizie di stampa (ANSA del 28 maggio) che la vostra nave Vos Prudence avrebbe soccorso 1.444 migranti al largo della Libia, trasferiti al porto di Napoli e non in Sicilia, a causa delle disposizioni legate al G7 di Taormina. Anche in questo caso, si è fatta parecchia polemica sulla Vos Prudence e vi sarebbero stati anche i corpi senza vita di due ragazzi nigeriani di 19 e 21 anni, di donne incinte, di 40 bambini anche di cinque anni e uno addirittura di appena una settimana.
  Sempre da notizie di stampa è emerso che, da ultimo, avete ribadito di effettuare i soccorsi sotto il normale coordinamento dell'MRCC e di non avere avuto alcun contatto con la Guardia costiera libica.
  Tutti questi elementi conducono a un altro tema sul quale il Comitato è particolarmente attento: la presenza di operatori di Polizia sulle imbarcazioni delle ONG.
  Sulla base della vostra esperienza negli ultimi interventi evidenziati e in tutti gli altri da voi svolti che qui non sono stati riportati, vi chiediamo se sareste d'accordo – altri ci hanno già detto di no – a consentire la presenza di operatori di polizia giudiziaria sulle vostre unità navali e quali sarebbero a vostro giudizio altre iniziative appropriate ed efficaci per ridurre, ma soprattutto – lo sottolineo – combattere, il traffico di migranti nel Mediterraneo, quindi colpire questi trafficanti.
  Il quarto punto sul quale vi chiediamo una vostra risposta riguarda il collegamento tra sbarchi di migranti e organizzazioni terroristiche. Un altro tema sul quale il nostro Comitato è concentrato riguarda appunto questo collegamento tra i flussi di migranti e organizzazioni terroristiche.
  Com'è emerso nel corso di alcune audizioni, in particolare in quella del vicedirettore di Europol del 18 gennaio, non vi sarebbero prove di un collegamento diretto tra clandestini e terroristi, ma vi sarebbe ragione di ritenere che parte dei proventi del traffico delle migrazioni clandestine, in particolare in Africa, finisca in mano a organizzazioni terroristiche o paraterroristiche, anche sulla base dei racconti che fanno i migranti che voi salvate.
  Vi chiediamo, in conclusione, di riferire al Comitato, nei limiti delle vostre competenze e conoscenze, maggiori e più dettagliate informazioni al riguardo, con specifico riferimento a modalità che, secondo voi, potrebbero eventualmente essere utilizzate per prevenire questo possibile collegamento tra i flussi migratori e i potenziali infiltrati per attività di terrorismo.
  Do la parola a voi, come vi dicevo prima, e poi ai colleghi, che potranno intervenire con domande specifiche cui voi risponderete dopo la vostra illustrazione.

  MARCO BERTOTTO, responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere. Grazie per quest'opportunità. Per noi questa è la terza audizione ed è una nuova e benvenuta occasione per provare a fare un po’ di chiarezza e per raccontare il ruolo di Medici Senza Frontiere, ma anche per contribuire a una discussione che crediamo debba superare il passaggio della polemica diretta sul ruolo delle ONG e sulle attività del soccorso in mare per abbracciare un ragionamento più ampio sul tema delle morti in mare, delle politiche migratorie e delle conseguenze delle politiche migratorie nella situazione delle persone che cerchiamo di assistere.
  Entro subito nel merito dei punti sollevati.
  Con la prima domanda, ci chiedete come si svolge l'attività di soccorso in mare, se è capitato di avere contatti con altri centri di coordinamento e quali sono le modalità di finanziamento. Si tratta di cose già abbastanza approfondite, ma credo sia importante concentrarci su alcuni aspetti.
  Confermiamo che tutta l'attività è svolta sotto lo stretto coordinamento della Guardia costiera italiana e che i contatti che abbiamo con le autorità sono esclusivamente con l'MRCC di Roma. Accade a volte che ci siano dei contatti in mare con altri soggetti, come la Guardia costiera libica, nel contatto tra navi normale, in situazioni di intervento di soccorso. Quello che ci è chiaro, e che è quanto peraltro spiegato dalla Guardia costiera italiana nelle sue audizioni, è che, di fatto, ciò che impedisce che sopraggiunga un'attività di coordinamento non svolta dalla Guardia costiera Pag. 6italiana ma da altri centri di coordinamento è l'indisponibilità degli altri centri di coordinamento ad assumere questa...

  PRESIDENTE. Parliamo di Malta e Tunisi?

  MARCO BERTOTTO, responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere. Parliamo di Malta e Tunisi. Di fatto, avviene che, quando c'è un avvistamento per una situazione di emergenza o quando la Guardia costiera riceve una segnalazione per una situazione su cui intervenire per obblighi internazionali che le sono dati dalle convenzioni sul soccorso in mare, la Guardia costiera contatta i centri di coordinamento più vicini.
  La Libia non dispone di un centro di coordinamento, anche se la Guardia costiera sta lavorando per costituire un supporto alle autorità libiche per costituirlo, ma le autorità maltesi e le autorità tunisine, che costituirebbero gli MRCC di riferimento per vicinanza geografica, non rispondono.
  Di fatto, la Guardia costiera italiana si trova con il cerino in mano, nel senso che questa riceve la segnalazione per la richiesta di intervento e ha l'obbligo di coordinamento del soccorso fino all'affidamento a un altro soggetto deputato a quell'attività di coordinamento, per cui, in assenza di questa disponibilità, la Guardia costiera mantiene e detiene tutta la responsabilità nel coordinamento dei soccorsi, ivi inclusa la determinazione del POS, cioè del porto di sbarco.
  Questa è la ragione tecnica per cui il porto di sbarco è sempre italiano, quindi, da questo punto di vista, poco influisce la posizione delle ONG.
  Noi affidiamo...

  PRESIDENTE. Posso fare una domanda? Vi risulta che Malta non abbia ancora dichiarato e definito la propria zona SAR di competenza, quindi c'è un buco in cui interviene la competenza italiana?

  MARCO BERTOTTO, responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere. In merito, sicuramente la Guardia costiera è più tecnica nel dare la risposta. A noi risulta che effettivamente ci sia un conflitto di competenze tra la Guardia costiera italiana e la Guardia costiera maltese, in ordine a una sovrapposizione di zone SAR che sono state definite.
  Dopodiché, c'è una posizione che ci viene raccontata dalle autorità italiane con cui abbiamo parlato di indisponibilità. Nei fatti, la Guardia costiera maltese, in molte delle occasioni in cui è stata sollecitata ad assumere il comando e il coordinamento dei soccorsi e di cui alcune, peraltro, sono anche oggetto, oggi, di indagini e di procedimenti giudiziari, si è rifiutata di farlo. Sappiamo che la Guardia costiera maltese non ha ratificato le convenzioni e gli accordi internazionali che, praticamente, imporrebbero al soggetto che gestisce il coordinamento anche la determinazione del porto di sbarco.
  Questo fa sì, di fatto, che il soccorso si trovi a essere gestito in autonomia dalla Guardia costiera italiana, la quale ovviamente poi è obbligata anche a determinare il porto di sbarco e non lo può determinare in un Paese terzo, in assenza di accordi bilaterali, come credo sia stato anche dichiarato a suo tempo dal Ministro Alfano.
  Lascio parlare delle modalità di finanziamento il mio collega, che può entrare più nel merito.
  Lo sconfinamento in acque territoriali, di fatto, nel tempo è accaduto anche più di quelle cinque volte che dichiariamo perché questo è recentemente successo almeno un'altra volta, però si tratta di un intervento previsto dalle norme. Quando c'è una situazione di necessità, c'è la possibilità di accedere anche nelle acque territoriali, con la richiesta alle autorità competenti. Noi, quando siamo entrati, lo abbiamo fatto per circostanze in cui non c'è stata un'autorizzazione, magari per mancata risposta delle autorità libiche, perché riteniamo che ci sia un obbligo di soccorso e uno stato di necessità. In qualche misura, attiene alla valutazione del comandante a bordo decidere se sconfinare nelle acque territoriali, in funzione di un intervento salvavita, o non farlo. Pag. 7
  A oggi, quello che, come pratica, abbiamo fatto è stato, in circostanze del tutto eccezionali e in situazioni di stato di necessità, informare le autorità competenti e procedere all'ingresso nelle acque territoriali, qualora non ci fosse un intervento da parte di altri soggetti o della Guardia costiera libica.

  PRESIDENTE. Avete avuto problemi con la costruenda Guardia costiera libica anche per l'ultimo intervento?

  MARCO BERTOTTO, responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere. Ci sono stati un po’ di problemi e un po’ di pallottole e abbiamo avuto qualche incidente.
  Nell'agosto 2016, abbiamo avuto un incidente serio con la Guardia costiera libica, nel senso che sono stati sparati dei colpi sul ponte di comando. C'è stata una situazione complessa in cui le persone si sono dovute rifugiare nella safe room, quindi in una zona della nave preposta esattamente a quella situazione. Abbiamo interrotto, per un mese e più, le operazioni della Bourbon Argos e ci siamo trovati anche nella situazione di valutare l'opportunità di proseguire o meno l'operazione.
  Siamo stati, quest'anno, con la nave Prudence in un'analoga situazione di colpi di arma da fuoco sparati e con persone che erano in una situazione di soccorso in essere, nel senso che stavamo operando un soccorso. C'è stato un intervento della Guardia costiera libica, con colpi di arma da fuoco e panico di persone che si sono buttate in mare, quindi il nostro conseguente intervento in emergenza per cercare di togliere persone dall'acqua.
  Ci sono stati altri episodi, ormai raccontati, con la nave di Sea-Watch per intercettazioni e situazioni – mi verrebbe da dire – alla Far West da parte della Guardia costiera libica, per cui questo è un elemento per noi di estrema preoccupazione.
  Oggi siamo nelle condizioni di avere timore a operare interventi in acque internazionali in presenza di imbarcazioni della Guardia costiera libica, che non sempre segue procedure standard nella gestione dei soccorsi, per usare un eufemismo. Questo è causa di preoccupazione per l'incolumità del nostro personale, per la praticabilità delle nostre operazioni e per le conseguenze per gli accordi, che, nel sostenere l'attività di soccorso e di intercettazione in mare della Guardia costiera libica, provocano situazioni di respingimento delle persone nei centri di detenzione della Libia.
  Come organizzazione umanitaria, valutando esattamente l'aspetto umanitario, cioè le conseguenze di determinati accordi politici, non possiamo non essere preoccupati da una situazione che, di fatto, si verifica in un contesto che noi definiamo da evacuazione umanitaria. La Libia ha caratteristiche, da un punto di vista strettamente umanitario, che sono estremamente preoccupanti, per l'esistenza di una categoria vulnerabile di persone, com'è l'intera popolazione migrante, che, prevalentemente, viene da alcune zone dell'Africa. Evidentemente, il ruolo della Guardia costiera libica è più di un ruolo di soccorso e c'è qualcosa in più che è preoccupante.

  PRESIDENTE. Come vede l'intervento italiano a sostegno della Guardia costiera libica?

  LORIS DE FILIPPI, presidente di Medici Senza Frontiere Italia. Dal nostro punto di vista, questo è sicuramente problematico perché, pur rendendoci conto del fatto che la zona SAR libica deve essere rafforzata e che le persone devono essere salvate in mare, finora vediamo una fase assolutamente preoccupante.
  Il 23 maggio, ci sono stati spari, fortunatamente in aria, che hanno provocato del panico. Qualche giorno dopo, sembra ci sia stato un conflitto a fuoco addirittura con una corvetta della Marina militare italiana. Poi, ovviamente la Guardia costiera si è prontamente scusata con l'autorità, dicendo che credevano che quelli fossero migranti.
  Siamo preoccupati anche dal fatto che le nostre équipe sono presenti all'interno dei centri in Libia e vedono quali sono i trattamenti delle persone.
  Inoltre, vorrei segnalare il fatto che, da due anni, anzi è dall'inizio della nostra Pag. 8attività, nel maggio del 2015, abbiamo segnalato più volte la presenza a bordo di persone che abbiamo tratto in salvo e che ci raccontavano, in maniera sin troppo precisa, le violenze subite nel loro periodo di presenza in Libia. Si tratta di violenze fisiche subite sia da parte di trafficanti che da parte di persone riferite come autorità libiche. Questo ci fa ovviamente preoccupare.
  Il secondo dato di preoccupazione è più geopolitico, nel senso che oggi è veramente difficile definire chi è il capo dello Stato di quel Paese. La Libia è un Paese che, come sappiamo, vive una situazione complicata, con la presenza di molteplici persone che hanno il controllo di parti del Paese, quindi richiamiamo l'attenzione su questo fatto.
  Affidare, oggi, la deterrenza e il contenimento di una serie di persone che scappano, di cui molte sono quasi sicure di ricevere un asilo o comunque una protezione umanitaria di qualche tipo da noi, ci fa preoccupare.

  MARCO BERTOTTO, responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere. Un altro tema riguarda la presenza di operatori di polizia giudiziaria a bordo.
  Questo è un tema delicato perché per noi è difficile argomentare ragioni che non sono ideologiche, ma di principio. Vorremmo provare a raccontarle, senza dare, anche agli occhi dell'opinione pubblica, il sospetto che abbiamo qualcosa da nascondere.
  Per farlo, diciamo due cose. La prima è che c'è tutta una serie di altre attività di coordinamento e di collaborazione con l'autorità cui noi non veniamo meno, quindi è evidente che gli operatori di polizia giudiziaria possano salire a bordo delle nostre navi nelle fasi di sbarco ed è evidente che manteniamo con l'autorità della Guardia costiera uno scambio di collaborazione e di coordinamento.
  Tuttavia, c'è un elemento di difficoltà connesso agli stessi valori e agli stessi princìpi su cui si basa la nostra azione umanitaria. Si tratta innanzitutto di princìpi di imparzialità, di indipendenza e di percezione di imparzialità e di indipendenza, che per noi sono condizioni essenziali per continuare a operare con accesso e senza rischio negli altri contesti.
  Provo a esemplificarlo in maniera molto chiara. In ogni ospedale di MSF al mondo, noi vietiamo l'ingresso con le armi. Per tutti gli operatori di MSF al mondo, diamo indicazioni molto chiare di evitare, per esempio, di accettare un passaggio a bordo di un elicottero militare, per una ragione molto semplice: è chiave per noi essere percepiti come un'organizzazione terza, imparziale, autonoma e del tutto indipendente.
  L'immagine di una nave di MSF con operatori di polizia giudiziaria a bordo armati e con la divisa italiana o della NATO o altra divisa, anche se presumo con una divisa italiana, e che svolgono un'attività di identificazione e magari di arresto e di accertamento di fatti di polizia giudiziaria, mentre i nostri medici curano ferite e i nostri operatori intervengono, è una fotografia che, se trasmessa in Afghanistan o in altri contesti ad alto rischio, costituirebbe un enorme impedimento, un'enorme difficoltà e un enorme pericolo. La nostra incolumità e la possibilità di accedere in tutti i contesti tragici in cui interveniamo dipende esattamente da questa logica: noi siamo medici e siamo operatori umanitari del tutto separati e facciamo un mestiere diverso dal mestiere di chi opera come militare o come forza dell'ordine o come forza di polizia.
  Siamo dispiaciuti quando viene detto che c'è una posizione ideologica delle ONG che impedisce di collaborare con le autorità italiane. La situazione è diversa: c'è un rispetto per il lavoro delle autorità italiane e delle autorità di polizia giudiziaria ma noi facciamo un mestiere diverso. Il nostro mestiere si basa, ancor prima che esserlo, sull'essere percepiti come cosa altra, lontana e diversa.
  Questo è un aspetto su cui si regge l'azione di tutte le organizzazioni umanitarie indipendenti e che, per esempio, impedisce, sulla base degli stessi principi, al Comitato internazionale della Croce Rossa, quando visita un centro di detenzione, di uscire il giorno dopo e fare una denuncia pubblica. La Croce Rossa non fa la denuncia Pag. 9 pubblica perché sostiene le condizioni drammatiche di quel centro di detenzione o del regime che gestisce quel centro di detenzione ma lo fa perché sa che, se si facesse una denuncia pubblica, il giorno dopo non potrebbe più accedere e non avrebbe più la sicurezza per i propri operatori di fare il proprio lavoro.
  Per noi è essenzialmente così: non è affatto una questione di ideologia ma, alla fine, semplicemente di rispetto per la sicurezza dei nostri operatori e per il nostro lavoro.

  PRESIDENTE. Lei capisce che questo è stato rappresentato da alcuni procuratori come un impedimento, non a bloccare la vostra attività, ma a rintracciare e colpire i trafficanti. Dobbiamo precisare che l'obiettivo era di aiutare la nostra giustizia e i nostri uomini a bloccare questi trafficanti, delinquenti eccetera.

  MARCO BERTOTTO, responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere. Il nostro parere negativo non è per sostenere i trafficanti ma semplicemente per sostenere il nostro lavoro, quindi quest'aspetto ci è molto chiaro.

  PRESIDENTE. L'ultima domanda sui terroristi...

  LORIS DE FILIPPI, presidente di Medici Senza Frontiere Italia. Sui terroristi, abbiamo molto poco da dire.
  Vorrei specificare che, in moltissime occasioni, quando siamo sbarcati in un porto siciliano, subito dopo la presenza a bordo dell'USMAF, quindi degli ufficiali della Sanità della Marina militare, entravano e salivano a bordo i poliziotti per verificare se ci fosse eventualmente la presenza di un...

  PRESIDENTE. Allo sbarco?

  LORIS DE FILIPPI, presidente di Medici Senza Frontiere Italia. Sì, allo sbarco. Ci provocherebbe una serie di problemi navigare con la polizia giudiziaria ma non avremmo alcun problema a farlo – abbiamo mostrato la piena collaborazione – all'arrivo al porto, prima ancora di sbarcare, quindi in una fase in cui tutte le bocce sono ferme, perché sono tutti a bordo e nessuno si muove. Prima di sbarcare, si arriva in porto – non so se conoscete la modalità – con la bandiera gialla che segnala la quarantena.
  La quarantena viene tolta dopo che l'USMAF, quindi la Sanità, sale a bordo e verifica che è possibile far scendere le persone. Dopodiché, spesso, c'è la presenza dei poliziotti che salgono a bordo e verificano se, per caso, sono identificabili eventuali scafisti.
  Ovviamente noi abbiamo sempre collaborato, quindi, dal nostro punto di vista, questa è la risposta migliore per chiarire il fatto di cui si parlava prima.
  Per quanto riguarda i terroristi, semmai ci sia un finanziamento che viene direttamente da un'attività di traffico degli esseri umani, è evidente che ciò avvalori la tesi che noi sosteniamo da moltissimo tempo: parte del prodotto interno lordo libico viene influenzato sicuramente dal traffico di esseri umani...

  PRESIDENTE. Abbiamo anche una percentuale?

  LORIS DE FILIPPI, presidente di Medici Senza Frontiere Italia. Sì. Credo che la percentuale sia anche alta.
  Per tale motivo, sono molto più convinto che questo sia il fattore da colpire: se ci dovesse essere una stabilizzazione del Paese che permette un'attività di Polizia all'interno, la situazione sarebbe completamente diversa.
  Credo che quello delle ONG o comunque il soccorso in mare anche da parte di Frontex o della Marina militare italiana non sia, di fatto, un fattore di attrazione, ma sicuramente è uno dei tanti fattori che fa sì che ci sia la presenza in mare di persone che scappano. Il dato più rilevante è che il traffico è cresciuto in questi anni in maniera molto importante e non è qualcosa che, in questo momento, mi sembra sia osteggiato in maniera particolarmente forte. Pag. 10
  È evidente che, se questo influenza in maniera importante il prodotto interno lordo, può fare lo stesso – questa è una mia illazione – anche a livello di altri tipi di traffici o di finanziamenti che potrebbero favorire l'ascesa dei terroristi islamici anche internazionali.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola ai miei colleghi, vi ricordo che vi avevo chiesto, a nome di tutti, di chiarire il discorso dei finanziamenti.

  LORIS DE FILIPPI, presidente di Medici Senza Frontiere Italia. I finanziamenti sono molto importanti per noi. Per rispondere a quanto mi chiedeva prima sui nostri finanziatori, posso dire che è veramente complicato darvi i nomi: ci sono circa 350.000 donatori privati italiani che finanziano Medici Senza Frontiere, che dispone di circa 56,5 milioni riferiti all'anno scorso, come fondi interamente privati.
  Storicamente, Medici Senza Frontiere (soprattutto la sezione italiana), dal 1993, si è rifiutata di raccogliere finanziamenti istituzionali provenienti dai vari Governi che si sono succeduti. Abbiamo fatto un'eccezione per i finanziamenti che venivano dalle regioni, quando c'era stato il tentativo della cooperazione decentrata di qualche anno fa. A parte quell'esperienza, non ce ne sono stati.
  Vorremmo chiarire ancora una volta, visto che siamo stati spesso associati a un finanziatore e a un filantropo molto controverso come Soros, che non abbiamo mai preso un solo euro da Soros per attività legate alla migrazione. L'unico finanziamento che siamo riusciti a trovare è stato quello, peraltro non particolarmente importante, riferito al terremoto di Haiti del 2010. Dopo questo finanziamento, non abbiamo avuto altri tipi di contatti con Open Society.
  È molto complicato per noi dare il database dei 350.000 donatori e posso dire che non ci sono altre istituzioni internazionali e nazionali pubbliche. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire.

  RICCARDO MAZZONI. Grazie, presidente. Prima di tutto, vi ringrazio per quello che fate perché si tratta di un'operazione umanitaria importantissima e fondamentale.
  Vorrei, però, approfondire un punto che, devo dire, ci avete spiegato in maniera molto chiara, cioè sulla vostra neutralità e sull'esigenza di salvaguardare il vostro personale.
  Ho capito perfettamente quest'aspetto, che non mi era chiaro prima, quindi vi ringrazio del chiarimento.
  Le accuse generalizzate alle ONG nascono da un'accusa arrivata da due procuratori. Quello di Catania prima ha detto che le ONG sono addirittura finanziate dai trafficanti e poi ha fatto mezza marcia indietro, dicendo che si trattava di un'ipotesi eccetera.
  L'accusa più deflagrante è che, con la vostra presenza, impedite di individuare i trafficanti di uomini. Questa è un'accusa che non so quanto sia oggettiva o soggettiva, però viene mossa da una procura della Repubblica italiana.
  L'altra accusa è politica e si riferisce al fatto che le ONG hanno creato surrettiziamente un canale umanitario a senso unico verso l'Italia: le navi di ogni Paese imbarcano i migranti e li portano unicamente in Italia. A questo, si aggiunge il fatto che l'Europa non fa il suo dovere nella relocation eccetera, per cui, in Italia, la situazione è oggettivamente difficile, anche da parte della gestione politica.
  Avete spiegato che non vorreste mai la polizia giudiziaria a bordo, però credo che sarebbe anche nel vostro interesse, di fronte alle accuse che sono state mosse, avere, se non la polizia giudiziaria, osservatori neutrali, come quelli dell'ONU o dell'Unione europea, che non portino pistole, ma che eseguano, per un determinato lasso di tempo, una congrua osservazione sulla vostra attività. Questa non è una domanda, ma una proposta.
  C'è una seconda cosa che vorrei dire: lei, presidente, ha lanciato accuse molto pesanti all'Unione europea e ha detto che quello che accade nel Mediterraneo non è una conseguenza indiretta delle mancate Pag. 11politiche europee, ma è una volontà deliberata di non soccorrere i migranti, quindi, anche se non si provocano direttamente morti, non si interviene lasciandoli morire.
  Lei ripete qui queste accuse molto pesanti all'Unione europea, quindi volevo focalizzare l'attenzione su questi due punti.
  Chiudo come ho iniziato: vi ringrazio per il lavoro che fate.

  MARIA CHIARA GADDA. Buonasera. Desidero rinnovare il ringraziamento che vi avevo già rivolto in occasione di un'analoga audizione svolta nella Commissione d'inchiesta sui centri migranti svolta qualche tempo fa.
  Vorrei ritornare sul tema del rapporto con la Guardia costiera libica. Alcuni articoli comparsi sulla stampa nel mese di maggio, tra cui uno di Avvenire, non citano soltanto fatti che ci avete già anticipato, ma anche episodi molto gravi, per i quali pare che la Guardia costiera libica abbia attaccato e anche – riporto quanto descritto in quest'articolo – depredato i migranti che erano presenti su un barcone o su diverse imbarcazioni.
  Vorrei approfondire quest'aspetto e ritornare sul tema della Guardia costiera libica per capire se avete riscontrato anche voi, durante la vostra presenza al confine nelle acque territoriali libiche, fatti di questo tipo oppure, se i migranti che avete provveduto a salvare, vi hanno riportato casi di questo tipo.
  L'altra domanda riguarda un tema significativo che appunto abbiamo trattato nell'altra Commissione. Molto spesso, si dimentica un terzo soggetto che interviene nelle operazioni in mare, oltre la Guardia costiera o le navi che fanno parte di una missione internazionale e le ONG. Nel passato, ma anche nel nostro presente, capita che alcuni salvataggi vengano svolti anche da navi mercantili.
  Chiaramente, se si analizzano i risultati, questo trend è diminuito nel corso del tempo.
  Vorrei capire da voi, rispetto alle caratteristiche con cui vengono salvate le persone che mostrano delle patologie e dei disagi, dovuti non soltanto alla permanenza in mare, ma anche alle loro vicissitudini in Libia o al percorso che li ha portati in Libia, se ritenete positivo il fatto che le navi delle ONG possano offrire anche un'assistenza medica, che è, peraltro, la vostra attività principale e la vostra ragion d'essere.
  L'ultima domanda riguarda, visto che siamo nel Comitato Schengen, la vostra presenza non in mare, ma sul territorio nazionale, quindi vorrei spostare il tema sulla vostra presenza in altre aree del Paese. Mi riferisco a Ventimiglia o altre zone d'Italia dove c'è il fenomeno migratorio. Vorrei capire, anche su quel versante, come si sviluppa la vostra attività, quali sono le criticità riscontrate e se magari è possibile avere un'attenzione particolare al tema non soltanto delle patologie fisiche dei migranti ma anche a quello dell'aspetto psicologico dei traumi. Vorrei capire effettivamente che cosa incontrate nel momento in cui queste persone vengono salvate, nel caso di salvataggio in mare e, nel caso delle vostre altre iniziative svolte sul territorio nazionale, quali sono le altre esperienze che affrontate.
  Grazie.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Grazie, presidente. Anch'io mi associo ai ringraziamenti che hanno fatto i colleghi per la meritoria attività di salvataggio, che credo sia quella che, più di tutte, debba guidare le vostre attività, ma anche quelle della nostra Marina militare e dei mercantili che, qualche volta, com'è stato detto, vengono coinvolti in operazioni SAR.
  Vorrei porre solo qualche piccola domanda perché altre sono state già fatte e vorrei tornare sul vostro supporto alle indagini.
  Chiarite, in maniera abbastanza esplicita, le ragioni per cui voi non ritenete di poter accogliere la polizia giudiziaria, vorrei capire, al momento dello sbarco, entrando in acque territoriali italiane, se, una volta individuato il porto di sbarco, eravate disponibili ad aiutare il più possibile le indagini degli inquirenti.
  Immagino che uno degli obiettivi sia quello di cercare di capire chi è e se c'è uno scafista e se c'è qualcuno che faccia parte di un'organizzazione. Pag. 12
  Per esempio, vi chiedo se, qualora interrogato da un magistrato, il vostro personale collabora nelle indagini. Si era detto che, per esempio, quando i migranti erano salvati dalle navi militari, gettavano i telefoni satellitari in acqua. I migranti avevano ricevuto l'indicazione di farlo se venivano salvati dalla Marina; invece, se capitava con voi o, per esempio, con altre ONG, non c'era quest'indicazione e magari venivano recuperati i telefoni, che comunque hanno un certo valore.
  Vorrei sapere se in queste situazioni, per le quali magari il magistrato vi chiede chiarimenti, collaborate oppure se la vostra neutralità si estende anche a momenti – esagero un po’ e mi scuso se uso un termine brutale – di omertà su questi aspetti.
  È stato detto, anche da un esponente di Governo, se ricordo bene, che si vorrebbe avere la possibilità per cui, finalmente, qualche migrante venga trasportato in porti non italiani.
  Abbiamo visto che, a causa di un evento importante a Taormina, sono stati portati alcuni migranti a Napoli e altri fino a Bari. A questo punto, se uno arriva a Bari, ci mette poco ad arrivare in Croazia o, se uno arriva a Cagliari, forse ci mette poco ad arrivare in Corsica, quindi, forse, anche gli altri Paesi potrebbero essere più sensibili. Dal momento che i migranti vengono portati dalle coste libiche, facendo non so quanti chilometri e miglia nautiche, fino a Cagliari, si possono percorrere altri chilometri e arrivare anche in Corsica. Credo che, in questo senso, si potrebbero rendere gli altri Paesi europei più sensibili.
  Tornando sul discorso se operate anche fuori, visto che, in generale, MSF opera in zone di guerra, a parte questo caso specifico, vi domando se avete qualche presenza in Niger e nelle zone prima del deserto per poter evitare che i migranti partano.
  Le chiedo se su quest'aspetto potete aggiungere qualcosa. Grazie.

  PRESIDENTE. Ribadisco due domande che ho già posto prima.
  Quali sono gli sviluppi che voi conoscete in merito alle indagini che vi hanno – per essere brutale – coinvolto con le varie procure?
  Ribadisco la domanda che avevo fatto prima: a parte la situazione dovuta al G7 di Taormina e a esigenze di altri tipi di sicurezza, vi siete posti il problema, per esempio, di portare i migranti in Tunisia o a Malta piuttosto che fare un percorso di miglia marittime di tre volte superiore per arrivare ai porti italiani?
  Do la parola alla collega Gadda.

  MARIA CHIARA GADDA. Visto che è stato toccato l'argomento, vorrei fare una domanda. Si è parlato in queste settimane del campo profughi di Bidibidi in nord Uganda e vorrei capire se voi siete presenti a Bidibidi, che pare essere il campo profughi più grande del mondo, dove peraltro sono presenti anche molti minori. Vorrei capire se la vostra esperienza in questi campi ci può portare a qualche riflessione ulteriore.

  LORIS DE FILIPPI, presidente di Medici Senza Frontiere Italia. Io inizierei dalla domanda su Taormina, che è stata sollecitata da più parti e che tocca in maniera chiara anche l'inefficienza e l'inesistenza dell'Europa, per quanto riguarda il soccorso.
  Da ciò derivano le mie reiterate accuse sull'inefficienza e sul ruolo, purtroppo, molto scarso dell'Europa rispetto a questo fatto. Lo dico perché quello che abbiamo fatto il 27 maggio è un soccorso eccezionale: dodici imbarcazioni hanno chiesto aiuto, ma la Vos Prudence può portare al massimo 600 persone. È possibile, dall'omologazione, tenere 400 persone in più all'interno dell'imbarcazione e arrivare a 1.000, ma siamo arrivati a una situazione veramente drammatica di 1.400 persone, con problemi sanitari perché ci sono sei toilette a bordo e con problemi anche legati al cibo, che non avevamo a sufficienza.
  Abbiamo chiesto ovviamente un aiuto alla Marina militare. C'è stato effettivamente, da parte della Marina militare, un contributo in termini di cibo, ma non c'è stata nessuna corvetta, per esempio di Frontex, che sia intervenuta, benché l'abbiamo richiesto più volte, per condividere questo grande fardello in termini di vite umane e Pag. 13portare, assieme ad altre imbarcazioni, le persone. Questo tragitto è durato tre giorni.
  Perché non abbiamo portato queste persone in Libia? Medici Senza Frontiere non è un'Organizzazione che, in questo caso, diventa sovrana all'interno del mar Mediterraneo. Noi rispondiamo, in maniera chiara e incontrovertibile, al coordinamento di Roma, cioè a quello che ci dice, in maniera molto chiara, l'MRCC e, molto spesso, il Ministero dell'interno. Ho trovato veramente incredibile che il Ministro dell'interno, alcuni giorni dopo, abbia detto: «perché non li avete portati altrove?».
  Noi rispondiamo a quello che voi ci chiedete di fare, cioè il Ministro dell'interno dice in quale porto le persone devono sbarcare. L'MRCC dice a Medici Senza Frontiere: «raccogliete le persone e condividetele con altri oppure portatele da soli e arriverete nel porto di Augusta domani».
  La risposta è chiara: chi coordina l'MRCC, ossia il Ministero dell'interno, ci chiede di portarle e ci dice in quale porto. In questo caso, il Ministero dell'interno ci ha intimato di trasferirle al porto di Napoli perché erano stati chiusi tutti i porti siciliani, quindi siamo stati costretti a portare 1.470 persone fino a Napoli.
  Ora, non vogliamo più tornare a fare polemica su questo, ma vorrei ritornare su un fatto centrale, quello dell'Unione europea.
  Medici Senza Frontiere non ha assolutamente voglia di continuare a fare un'attività di ricerca e soccorso in mare perché si tratta della cosa più lontana da quella che dovremmo fare, visto che si affacciano nel mar Mediterraneo, o almeno nella zona nord, Paesi presenti nel G7 che dovrebbero aver l'opportunità e la capacità di fare ricerca e soccorso in maniera congiunta con gli altri 27 Stati membri dell'Unione europea.
  Noi chiediamo, a fronte del fatto che Frontex costa ai contribuenti 250 milioni di euro l'anno, che, per esempio, ci sia l'opportunità in Europa di avere un sistema di ricerca e soccorso europeo che possa funzionare. Noi non possiamo vicariare quello che fa l'Europa.
  Per rispondere alla domanda sui canali preferenziali che avremmo creato, posso dire che, semmai i canali preferenziali siano stati creati, bisognerebbe riferirsi alle attività pregresse, cioè all'attività, per esempio, di Mare Nostrum.
  Le persone che scappano dalla Libia cercano di arrivare in un'area a circa venti miglia a nord dalle coste libiche. Si tratta di un'area riconoscibile perché ci sono dei pozzi petroliferi, con fiamme ventiquattr'ore su ventiquattro, che di notte sono visibili da lontano, quindi tutti tentano di arrivare in quella zona. Questo accade da sempre, per cui non è stato creato un canale preferenziale. Quando c'era Mare Nostrum, questo sistema funzionava.
  Perché arrivano tutti lì? C'è una sorta di faro creato dall'uomo, che dà l'opportunità alle persone di raccapezzarsi e capire, più o meno, dove si trovano. Ovviamente si devono raggiungere queste venti miglia, il che non è sempre facile. Abbiamo visto che una persona è morta ogni due ore nel 2016, quindi 5.000 morti danno l'idea di cosa voglia dire arrivare a queste famose venti miglia.
  Noi non abbiamo creato il canale preferenziale e rifiutiamo il fatto che le Organizzazioni siano state demonizzate in questo modo, definendole come quelle che creano il fattore di attrazione.
  Com'è possibile? Spiegatemi come mai, se le ONG nel giro di tre anni o di due anni e mezzo hanno salvato il 22-25 per cento delle persone e l'altro 75 per cento naturalmente è stato salvato dalla Marina militare, da Frontex e da qualche imbarcazione privata questi non erano un fattore di attrazione in nessun modo? Spesso, le imbarcazioni passano in quella zona perché si tratta di una zona importantissima, anche dal punto di vista del passaggio marittimo e commerciale, che influenza gli arrivi e le partenze da terra.
  Questo è un dato di fatto, ma dire che le Organizzazioni non governative sono un fattore di attrazione credo sia molto pericoloso ed è sfatato da alcune ricerche, di cui l'ultima è uscita qualche giorno fa. Si tratta di una ricerca indipendente che non dimostra assolutamente questa tesi, anzi Pag. 14avvalora il contrario: se non ci fossero le ONG e se non ci fossero le imbarcazioni della Marina militare, oggi il numero dei morti sarebbe sicuramente altissimo perché c'è un Paese che non riesce a contenere determinati flussi e c'è un'attività criminale in quel Paese assolutamente importante, che fa una parte considerevole del traffico. È evidente che la disperazione non manca, quindi continueremo a vedere queste situazioni.
  Mi riallaccio brevemente alla domanda sui campi profughi. Sicuramente, la situazione nel nord Uganda è drammatica, come lo sta diventando sempre di più tutto quello che gira intorno al lago Ciad, e la fuga dei nigeriani da Boko Haram, nel nord del Paese, sta diventando sempre peggiore.
  L'altro giorno c'è stato l'attacco più veemente e più terribile nella città di Maiduguri, che ha circa un milione di abitanti e una presenza incalcolabile di rifugiati perché questi si sono integrati nella città. Il Boko Haram ha fatto un certo numero di morti e moltissimi feriti, con ripetuti attacchi suicidi e con un'offensiva che il Governo nigeriano non si era trovato a combattere negli ultimi due anni.
  Questa è una situazione esplosiva, per quanto ci riguarda. Queste persone vivono, per esempio, nel campo di Diffa in Niger. Quel campo ha avuto recentissimamente un'epidemia, per esempio, di epatite E, oltre che altri problemi, ed è un campo che fa fatica a sostenersi perché c'è mancanza d'acqua. Inoltre, ci sono tutte le possibilità per alcune persone che riescono a fare una colletta con i money transfer di poter avere qualche cifra e attraversare il nord, arrivando il prima possibile verso la Libia. Queste sono situazioni che noi verificheremo.
  L'altro giorno il Ministro dell'interno Minniti ha detto una cosa che sembra lapalissiana, ma dobbiamo ripeterla costantemente: per i prossimi vent'anni vedremo un flusso di persone importantissimo. La situazione dell'Uganda è come quella che descrivo, grosso modo, per Diffa nel Niger, cioè una situazione in cui moltissime persone scappano. In quel contesto, si trovano svariate centinaia di migliaia di persone che non sono gestibili, come non è gestibile più il campo di Dadaab nel nord-est del Kenya, dove ci sono 400.000 persone.
  Ci troviamo in una situazione che vediamo ogni giorno ed è risibile, dal nostro punto di vista, pensare che un blocco navale, quindi una situazione di deterrenza, possa fermare questo flusso.
  Continuiamo a sentire, da ormai tantissimi anni, la frase «aiutiamoli a casa loro». Sappiamo quanto poco fa l'Italia, che non riesce neanche a raggiungere il tetto stabilito dalle Nazioni Unite, per quanto riguarda il prodotto interno lordo destinato alla cooperazione. Oggi, se non ci fossero gli stranieri che rimangono a lavorare in Italia e che rimettono i loro soldi al loro Paese, l'emorragia sarebbe ancora più importante.
  Sempre rapidamente, posso dire che non c'è omertà con i magistrati nel modo più assoluto. Per quanto siamo stati – mi scuso – molto veementi e molto arrabbiati nella prima audizione che abbiamo fatto con la Commissione difesa del Senato, in cui eravamo molto indignati per la speculazione politica che c'era stata, abbiamo veramente offerto dall'inizio la nostra massima apertura, per quanto riguarda i procuratori e la magistratura in generale.
  Vogliamo collaborare nel modo più fattivo. Abbiamo fatto, qualche giorno fa a Trapani, una prima audizione che non era stata richiesta, anche perché non siamo indagati in maniera diretta. Spontaneamente siamo andati per incontrare i magistrati e siamo pronti a farlo anche in altre procure, qualora venissimo a conoscenza di possibili indagini sulla nostra Organizzazione o anche sulle persone che compongono la nostra Organizzazione, per cui vogliamo collaborare al massimo.
  Crediamo che sia importantissimo che le Organizzazioni, da questa vicenda, escano pulite. Ci può stare che ci sia una dialettica, anche forte, per quanto riguarda la polizia giudiziaria, perché crediamo che appunto ci siano due filosofie che, in qualche modo, si incontrano e, a volte, si scontrano, però sia chiaro: pensiamo che i trafficanti di esseri umani siano la feccia e siano persone veramente innominabili perché sappiamo Pag. 15come trattano le persone in quel Paese. Quindi non c'è da parte nostra nessuna volontà di difendere un nucleo di persone assolutamente spregevole e c'è, con i magistrati, piena collaborazione per spiegarci.
  Per quanto riguarda l’ombudsman o qualcuno che possa salire a bordo con noi, qualora questi non faccia parte della polizia giudiziaria, ma sia una persona terza, siamo ovviamente favorevolissimi e lo siamo stati dall'inizio.
  Rispetto al numero di giornalisti che è salito nelle nostre imbarcazioni, all'inizio eravamo molto timidi e non volevamo apparire perché volevamo capire come si gestivano queste situazioni. Poi, siano stati apertissimi a tutti i giornalisti di qualsiasi tipo di giornale.
  Va detto che questa è l'unica esperienza...

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Anche membri del Comitato Schengen potrebbero essere accolti?

  LORIS DE FILIPPI, presidente di Medici Senza Frontiere Italia. Quando voi lo chiederete, saremo onorati di avervi a bordo.
  Vorrei ribadire che, per quanto ci riguarda e per moltissimi anni di esperienza che ho nell'Organizzazione che presiedo, è la prima volta che un'operazione, dal primo giorno a oggi, è stata messa sotto una lente di ingrandimento in maniera così chiara. Lo sapevamo dall'inizio e siamo stati apertissimi a fare uso di tutto quello che si deve utilizzare perché sappiamo perfettamente che, a volte, marciamo sulle uova e dobbiamo procedere con molta circospezione.

  MARCO BERTOTTO, responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere. Parlerò pochi istanti ancora per dire un paio di cose.
  Ci è stato chiesto delle navi mercantili. Il tema delle navi mercantili si dice essere l'indicatore di qualità di un sistema di soccorso: più è dipendente dall'attività di operatori che non sono preparati, non sono attrezzati e non hanno le caratteristiche per svolgere questo tipo di attività, maggiore è il rischio.
  Lo abbiamo visto ad aprile 2015, con la chiusura di Mare Nostrum e la sua sostituzione con l'operazione Triton, che, per mandato, per area geografica e per risorse, non era in grado di sostituire le operazioni di soccorso. Di fatto, c'è stata una privatizzazione del sistema di soccorso in mare e, in una sola settimana, dal 18 al 22 aprile, sono morte 1.200 persone nel corso di due interventi di soccorso mal gestiti. Non c'è stata una responsabilità ma, di fatto, una situazione in cui navi di 30 metri e personale non addestrato hanno provocato quella conseguenza.
  Le ONG hanno, in qualche misura, sostituito le navi commerciali. Nel 2014, una persona su cinque era soccorsa da navi commerciali, mentre le ONG non avevano un ruolo. Nel 2015 le ONG hanno soccorso il 13 per cento e le navi commerciali l'11 per cento mentre, nel 2016, le ONG hanno soccorso il 26 per cento e le navi commerciali l'8 per cento.

  PRESIDENTE. Si possono avere questi dati?

  MARCO BERTOTTO, responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere. Sì, si tratta di dati della Guardia costiera italiana.
  Di fatto, c'è una situazione per cui, oggi, il sistema di soccorso è passato da una fase di privatizzazione a una fase di ruolo delle ONG, che continua a crescere, non perché noi stiamo aumentando le risorse, ma perché altri soggetti, come Frontex con l'operazione Sophia, stanno riducendo la loro presenza in contesti in cui potrebbero essere chiamati a intervenire in soccorso.
  Contestiamo appunto questo fatto e, come diceva De Filippi, da parte nostra non c'è una posizione ambigua rispetto alla denuncia forte che facciamo per la presenza dei trafficanti e dell'elemento criminale e per le conseguenze sulle persone. Al tempo stesso, crediamo che ci sia una totale sottovalutazione, in questo momento, del tema del soccorso in mare.
  Dal 2015, parlando di morti in mare, l'unica strategia che l'Europa ha proposto è stata quella di rendere più forte, più violenta e più incessante l'azione di repressione dei trafficanti e degli scafisti. Pag. 16
  Questo è, per carità, legittimo, ma non c'è stata un'iniziativa o un'azione orientata al tema del soccorso in mare. Questa situazione ha, di fatto, lasciato sola l'Italia e tolto mezzi, per cui, se domani le ONG decidessero di ritirarsi, probabilmente assisteremo di nuovo a quanto abbiamo già visto ed è già successo con Mare Nostrum. Allora, Frontex aveva fatto, per le attività di Mare Nostrum, le stesse critiche che oggi rivolge al ruolo delle ONG, per cui, in quella situazione, è successo esattamente che, una volta ritiratosi Mare Nostrum, venne privatizzato il sistema di soccorso e aumentò di trenta volte la mortalità nel Mediterraneo.
  Oggi, ci sentiamo anche nella spiacevole situazione di avere responsabilità di chi, pur attaccato, ritiene comunque di non dover cedere di un millimetro, in modo da non consentire che si ripeta quello che è successo nel 2015.
  Riguardo alla Guardia costiera libica, MSF è una delle fonti. Abbiamo vissuto in prima persona quello che è stato raccontato dall'articolo di Avvenire, che si riferiva ai fatti di quel soccorso interrotto e operato dalla nave Aquarius, ma credo che ormai ci siano tantissime fonti giornalistiche che raccontano le difficoltà in merito alla Guardia costiera libica. Ci sono indagini e c'è un rapporto, recentemente pubblicato dalle Nazioni Unite, che mette in evidenza una sovrapposizione tra autorità sedicenti della Guardia costiera e i trafficanti.
  Siamo molto perplessi sulle politiche del Governo italiano e sugli accordi siglati con le autorità libiche, non solo per le conseguenze umanitarie che dicevo prima, ma anche per la difficoltà di interloquire con una controparte che, in molti casi, invece che essere la risposta al problema, rischia di essere un aggravamento del problema stesso.
  Dal nostro punto di vista, c'è un tema, oltre che morale, anche legale, che crediamo debba essere affrontato per sollevare l'opportunità di mettere in mano e in capo alle autorità libiche responsabilità, che poi possono anche trasformarsi in forme di complicità, rispetto a situazioni di respingimento non voluto, come non è voluta la nostra cosiddetta «collusione» con i trafficanti, perché il tema è guardare le conseguenze.
  Concludo dicendo che la nostra preoccupazione principale di questi mesi è stata quella di un dibattito che si è molto concentrato su un aspetto che, dal nostro punto di vista, è centrale ma, per dimensioni, secondario: il soccorso in mare operato dalle Organizzazioni non governative.
  In questi giorni, è stato pubblicato uno studio della Goldsmiths University che ha provato, con un approccio accademico e un'analisi dei dati, a controbattere e confutare le argomentazioni di Frontex e di altri osservatori sul tema del pull factor.
  Uscendo da quel dibattito e da quella contrapposizione, a noi sembra inopportuno non tornare, invece, a discutere di quelle che sono oggi le vere problematiche sul motivo per cui si continua a morire in mare, nonostante ci sia una maggiore presenza di navi in senso lato, e su quale sia la migliore strategia per combattere i trafficanti.
  Fino a oggi, quella adottata dall'Europa è una strategia di contenimento e di azione repressiva tradizionale legittima. Crediamo, però, che, fino a quando non si affronteranno le cause che generano il business del traffico, non si ragionerà sulla necessità di modificare diametralmente le politiche europee. Dopo anni che l'Europa ha intrapreso una direzione molto chiara, il vero tema è che, oggi, c'è un bisogno reale, quale fattore di spinta che, di fatto, convince le persone a cercare ogni mezzo possibile per attraversare il Mediterraneo, per cui l'unica risposta possibile per questo bisogno incontenibile è rifornire il trafficante di turno e mettere a rischio la propria vita, imbarcandosi in mare. Fino a quando non si disinnescherà questo meccanismo, crediamo che sia impossibile combattere, in maniera efficace, i trafficanti.
  La nostra non è una giustificazione per l'attività dei trafficanti ma è semplicemente una constatazione che deriva dall'esperienza fatta in tantissime altre frontiere di mare, ma anche di terra: non c'è una strategia esclusivamente depressiva in grado di fermare il traffico di esseri umani e la Pag. 17tratta, per cui l'unica possibilità è costruire modalità e alternative legali e sicure, che consentono l'accesso alle persone in modo controllato. Pur essendo Medici Senza Frontiere, non siamo per l'assenza delle frontiere, però ci deve essere una soluzione altra a una risposta esclusivamente repressiva che non sta dando i frutti.

  RICCARDO MAZZONI. È l'Europa che sta alzando di nuovo i muri e che ha fatto un accordo con Erdogan per tenere in lager 300.000 persone o un milione e mezzo di siriani. Inoltre, è l'Europa che lascia sola l'Italia ed è l'Europa che fa un piano di relocation che sistematicamente non viene rispettato, quindi siamo tutti d'accordo su questo discorso, ma bisognerà che passino probabilmente dei decenni perché si compia il suo auspicio.

  PRESIDENTE. Anche la collega Gadda vuole fare una domanda.

  MARIA CHIARA GADDA. Ho solo una curiosità che mi sollecita il collega.
  Vorrei sapere se siete presenti anche in altri Paesi europei, per esempio, in Ungheria. Lo chiedo perché, anche in quel caso, ci sono frontiere difficili, dove si innalzano muri. Noi tutti abbiamo visto le immagini provenienti da quei Paesi, per cui vorrei capire se siete presenti anche lì.

  LORIS DE FILIPPI, presidente di Medici Senza Frontiere Italia. Stavo rispondendo alla domanda in merito all'Italia.
  In Italia, siamo presenti a tutti gli sbarchi con un'unità di terra che segue, appunto, le due imbarcazioni di Medici Senza Frontiere ed è basata in Sicilia.
  Siamo presenti a Trapani, soprattutto per vicariare l'assenza parziale dello Stato per quanto riguarda la salute mentale, quindi supportiamo in particolare i Centri di Assistenza Straordinaria (CAS). Alcune zone della Sicilia sono un po’ sguarnite di CSM, quindi c'è la necessità di aiutarli, supportandoli in termini di salute mentale.
  Siamo presenti a Como e Ventimiglia per il flusso incessante di persone che tenta di superare le frontiere.
  Siamo alla soglia di un Dublino IV e credo che sia stato fatto pochissimo in questi anni, come denunciavamo un paio di anni fa, perché il numero di persone, al di fuori dal sistema di accoglienza, sta crescendo in maniera considerevole.
  Siamo stati presenti a Gorizia per un brevissimo periodo, in modo da creare un hub, quindi la possibilità, perlomeno nel primo soccorso, che le persone venissero prese.
  Siamo presenti con comitati di volontari in altre città e, in particolare, a Torino e a Bari, dove orientiamo le persone verso il Sistema sanitario nazionale, non volendoci sovrapporre ad altro, anche perché questa è la nostra mentalità.
  Siamo presenti a Roma con un'importantissima iniziativa di un centro multidisciplinare per il trattamento dei casi di tortura. Come sapete, moltissime persone che vediamo nelle nostre imbarcazioni, sia nel Paese di partenza che in quello di transito (Libia), hanno subìto delle torture particolarmente gravi, per cui avere un approccio multidisciplinare, con un medico, un fisioterapista, un esperto in salute mentale o uno psicologo e gli operatori sociali, è la strada da seguire. Crediamo che, in Italia, ce ne sarà bisogno anche per altre città in futuro.
  Per quanto riguarda i Paesi stranieri, in Ungheria abbiamo tentato di essere a più riprese, durante i grandi flussi. Come sapete, con Orban si sta vivendo una situazione molto complicata perché il Governo sta facendo una sorta di editto contro le Organizzazioni non governative. C'è una sorta di criminalizzazione dell'ONG o, comunque, il bailamme politico fatto sulle Organizzazioni ha avuto dei contraccolpi importantissimi, in termini di reputazione, ma anche in termini economici.
  Al di là di quest'aspetto, in Ungheria siamo presenti alle frontiere con la Serbia, dove, effettivamente, ogni giorno verifichiamo un numero crescente di persone che sono state picchiate dalle forze dell'ordine, utilizzando dei cani. Le forze dell'ordine ungheresi, quando le persone tentano di attraversare il Paese, le respingono immediatamente ma, prima di essere respinte, Pag. 18 in molti casi, queste persone vengono picchiate. Questo succede anche con le guardie serbe.
  Siamo presenti in Grecia in maniera molto importante, con tre sezioni dei MSF che lavorano all'interno del Paese, quindi non solo sull'Egeo a Lesbo ma anche in vari campi all'interno del Paese e nella capitale Atene.
  Siamo presenti anche in Francia, sia a Calais che a Grande-Synthe, nel nord della Francia. Ultimamente siamo presenti anche nel centro di Parigi, dove c'è un certo numero di persone, lasciate un po’ a loro stesse, che vivono situazioni difficili.
  Siamo presenti anche in Paesi in cui non ci si aspetterebbe mai la nostra presenza, come la Svezia, per esempio, e la Norvegia, perché c'è un numero montante di persone che sono abbandonate non dal punto di vista umanitario, ma dal punto di vista del sostegno psicologico. Si tratta di persone che hanno subìto torture e non hanno una copertura totale dal punto di vista sanitario.

  PRESIDENTE. Prima di salutarvi, vorrei dare un messaggio positivo sull'Europa: siccome sono europeista convinto, spero in un piano della Merkel, come il Piano Marshall, o almeno di questo si è parlato giusto due giorni fa, e spero anche che, per le infrazioni che l'Europa ha dato a quei Paesi, le sanzioni siano penalizzanti.
  Saluto anche Francesca Mapelli, che è la vostra addetta stampa, e vi ringrazio.
  La seduta è chiusa.

  La seduta termina alle 21.

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