XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 48 di Giovedì 18 maggio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE POLITICHE DEI PAESI ADERENTI RELATIVE AL CONTROLLO DELLE FRONTIERE ESTERNE E DEI CONFINI INTERNI

Audizione di rappresentanti dell'Organizzazione Sea-Watch.
Ravetto Laura , Presidente ... 3 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di ... 4 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 4 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di ... 5 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 5 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di ... 5 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 5 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di ... 5 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 6 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di ... 6 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 6 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di ... 6 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 7 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di ... 7 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 7 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di ... 7 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 8 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di ... 8 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 8 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di ... 9 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 9 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di Sea-Watch ... 9 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 9 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di ... 9 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 10 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di ... 10 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 10 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di ... 10 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 11 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di ... 11 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 11 ,
Arrigoni Paolo  ... 11 ,
Mazzoni Riccardo  ... 12 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 13 ,
Brandolin Giorgio (PD)  ... 13 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 13 ,
Brandolin Giorgio (PD)  ... 13 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 14 ,
Brandolin Giorgio (PD)  ... 14 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 14 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di ... 14 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 15 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di ... 15 ,
Brandolin Giorgio (PD)  ... 17 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di ... 17 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 17 ,
Arrigoni Paolo  ... 17 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 17 ,
Arrigoni Paolo  ... 17 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 17 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di ... 17 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 17 ,
Grafmanns Axel , direttore amministrativo di S ... 17 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 17 

ALLEGATO: Documentazione consegnata al Comitato nel corso dell'audizione e relativa traduzione ... 18

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 13.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, i processi verbali delle sedute precedenti si intendono approvati.
  Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Organizzazione Sea-Watch.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti dell'organizzazione Sea-Watch, Axel Grafmanns, direttore amministrativo, che è accompagnato dai consulenti Loredana Leo e Lucia Gennari.
  Grazie, signor Grafmanns, per essere qui. Questo è un Comitato bicamerale (senatori e deputati), che ha come scopo, non solo la verifica dell'attuazione degli accordi di Schengen, ma anche in generale l'analisi dei flussi migratori.
  Nell'ambito di questa analisi il 22 marzo ha iniziato un'indagine conoscitiva sul ruolo delle ONG, della guardia costiera italiana e, possibilmente, anche della guardia costiera libica nel mar Mediterraneo.
  Arrivo subito al dunque. Se dirò qualcosa di atecnico o di sbagliato, anche sulla vostra ONG, mi corregga tranquillamente.
  Risulta al Comitato che la vostra sia un'organizzazione non governativa no profit fondata da tre partner commerciali tedeschi il 19 maggio 2015, dopo la fine dell'operazione Mare nostrum nel Mediterraneo, come si legge nel vostro sito, ed è registrata come organizzazione senza fini di lucro a Berlino.
  La direzione dell'associazione è composta da Harald Höppner, il presidente, Matthias Kuhnt, il vicepresidente, Holger Mag, il tesoriere, Johannes Bayer e il dottor Frank Scholz.
  Inizialmente avete riadattato un vecchio peschereccio per svolgere le operazioni di ricerca e salvataggio in mare, l'unità navale Sea-Watch One, e successivamente è stata acquistata una seconda nave, Sea-Watch Two.
  In relazione a questo, come già le dicevo prima informalmente, ci piacerebbe che illustrasse al Comitato la vostra attività, con particolare riferimento alle miglia. Lei si è già pronunciato molto su questo e ha già spiegato la questione delle 24 miglia navali, però le chiedo se ci spiega bene, perché la prima discussione che c'è in Italia è se alcune ONG vadano o meno in acque libiche e se o meno ci vada addirittura la Guardia costiera italiana. Risulta che di fatto non ci sia un perimetro SAR (search and rescue) individuato davanti alle coste libiche.
  Le chiedo se ci può dire cosa succede quando avvistate una barca di migranti, cioè se chiamate, come molte ONG ci hanno detto – ne abbiamo già ascoltato molte – l'MRCC (Maritime rescue and coordination centre) di Roma, se magari prima chiamate o meno Malta oppure non vedete collaborazione e chiamate direttamente Roma.
  Inoltre, saremmo interessati a conoscere, se ce lo può dire – noi chiediamo tutto, poi voi quello che avete ci date – le percentuali di segnalazione delle imbarcazioni Pag. 4 in distress. Molte ONG ci hanno precisato che sono già in distress in partenza dalla costa, perché sono gommoni fatiscenti.
  Come le avvistate? Quale percentuale avvistate voi da soli e quale percentuale, invece, viene indicata direttamente dall'MRCC di Roma? Alcune ONG ci hanno detto che ricevono la telefonata dalla Guardia costiera italiana.
  Abbiamo un tema in Italia sul porto vicino più sicuro. Qui nessuno di nessuna forza politica, certamente in questo Comitato ma immagino in tutto il Parlamento italiano, mette in discussione il salvataggio in mare. Il vero tema è il principio del diritto internazionale del porto vicino più sicuro. È stato registrato anche da alcune inchieste giornalistiche che spesso magari era un porto della Tunisia o un porto di Malta e, invece, sono stati portati in Italia. Le chiedo se su questo ha dei commenti e che cosa ci può dire.
  Sappiamo che lei ha già escluso ogni collegamento o contatto con persone libiche e dichiarato di aver sempre operato nei limiti delle cosiddette «acque contigue».
  Da notizia stampa (ANSA 11 maggio 2017) risulta, peraltro, al Comitato che il portavoce della Marina libica, il generale Ayob Amr Ghasem, abbia denunciato che sarebbe stata ostacolata un'operazione di salvataggio di migranti condotta dalla sua guardia costiera al largo della Libia, circostanza peraltro da lei già respinta nell'ambito di un'altra audizione.
  Sempre da notizie stampa (Corriere della sera dell'11 maggio 2017) risulterebbe che la guardia costiera libica in quell'occasione avrebbe riportato a Tripoli circa 300 migranti. Anche se lei ha già respinto questa accusa (se posso chiamarla così), chiedo se può spiegare anche a noi l'evento e, quindi, ribadire la sua posizione.
  Sempre da notizie della stampa italiana (Repubblica del 4 maggio 2017) risulta al Comitato che Ruben Neugebauer, portavoce di Sea-Watch, ha escluso la disponibilità a imbarcare personale di polizia sulle vostre unità navali, perché – parrebbe – li avete definiti «osservatori non neutrali». Le chiedo se ci può spiegare questo e se lo conferma, perché, invece, molte altre ONG ci hanno detto: «Noi non abbiamo nessun problema a far venire operatori». Le chiedo se lei conferma che non li volete e dove sarebbe questa mancanza di neutralità.
  Capiamo che ci sono problemi di privacy, ma le chiedo se può dirci qualcosa sui finanziamenti. Ci risulta che abbiate oltre un milione di euro di finanziamento sia nel 2015 sia nel 2016 e che le donazioni complessivamente sarebbero 6.300. Nessun donatore avrebbe origine libica, anzi il 95 per cento delle donazioni proverrebbe dalla Germania. Ci sarebbe in particolare la chiesa evangelica tedesca, che avrebbe dato un importante contributo iniziale. Le chiedo se può dirci qualcosa su questo.
  La ringrazio e le lascio la parola. Arriveranno i vari commissari che le faranno delle domande. Naturalmente, come le ho detto prima, la seduta è pubblica. La stanno ascoltando tutte le agenzie e i giornali italiani. Se dovesse ritenere di dire qualcosa che non vuole sia reso pubblico, me lo chiede e secreto l'audizione.
  Do la parola al direttore Grafmanns per lo svolgimento della sua relazione.

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. Buongiorno. Mi chiamo Axel Grafmanns e sono CEO di Sea-Watch. Sono tantissime le domande che mi ha rivolto. Mi ci vorrà un po’ di tempo per rispondere a tutte; sono molto ben preparate.
  Ovviamente mi chiedevo come mai fossi stato invitato in questo luogo, mentre ero in aereo. Sono venuto a Roma, bellissima città, con tantissimi turisti. «Perché mi avete invitato?» mi sono chiesto, anche perché già la settimana scorsa ho avuto il piacere di parlare dinanzi alla Commissione Difesa del Senato. Non lo so, forse vi piace sentire la mia voce ed è per questo che mi reinvitate.

  PRESIDENTE. Glielo spiego subito. La reinvitiamo perché purtroppo, nonostante le sue dichiarazioni e anche quelle di altre ONG, ci sono state altre indiscrezioni di stampa, si sono aperti altri fascicoli in Italia, il tema è molto discusso, ci sono Pag. 5degli elementi in più e, quindi, noi abbiamo necessità di sapere. Riteniamo che la trasparenza sia un dovere di tutti, anche delle ONG e, quindi, la ringraziamo di essere qua.

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. A ogni modo, noi non abbiamo nulla da nascondere. Noi lavoriamo in maniera assolutamente trasparente e possiamo rispondere a tutte le domande. L'unica cosa che chiedo però è di poter parlare senza essere interrotto, perché le domande sono tante e mi sta a cuore rispondere a tutte.
  Innanzitutto, lei ha parlato del 10 maggio, quando abbiamo assistito a un push back ad opera della guardia costiera libica, con il coordinamento dell'MRCC di Roma. Il fatto ci ha molto colpiti. Vi vorrei leggere un passaggio, che forse già conoscerete: «Nessuno può, in violazione del principio di non respingimento, essere sbarcato, costretto a entrare, condotto o altrimenti consegnato alle autorità di un Paese in cui esista, tra l'altro, un rischio grave di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura, alla persecuzione o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti, o in cui la vita o la libertà dell'interessato sarebbero minacciate a causa della razza, della religione, della cittadinanza, dell'orientamento sessuale, dell'appartenenza a un particolare gruppo sociale o delle opinioni politiche dell'interessato stesso o nel quale sussista un reale rischio di espulsione, rimpatrio o estradizione verso un altro Paese in violazione del principio di non respingimento».
  Se questa frase vi è nota, si tratta dell'articolo 4 del Regolamento UE n. 656/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio del 2014. Quello che noi abbiamo osservato e che l'MRCC ci ha detto era che la nave libica era il cosiddetto on-scene coordinator, vale a dire la nave principale che coordina le operazioni di salvataggio.
  Alla luce della frase che vi ho appena letto, si è verificata una totale violazione della norma in questione. L'intera operazione è stata coordinata dall'MRCC. Noi volevamo condurre l'operazione di salvataggio ma siamo stati prevenuti dal farlo e addirittura la nostra nave è stata messa in pericolo quando è arrivata la Guardia costiera libica.
  Noi abbiamo sentito molte dichiarazioni attraverso i mezzi di stampa nelle ultime settimane e contro di noi sono state avanzate accuse assolutamente immotivate. Noi non lavoriamo in questo modo, noi vogliamo fare chiarezza, ed è per questo che io ho scritto una lettera aperta all'MRCC di Roma, di cui vi fornisco una copia, semplicemente per chiarire. Qual è il ruolo dell'MRCC?

  PRESIDENTE. Mi scusi, possiamo allegarla al verbale?

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. Sì, certo.

  PRESIDENTE. Autorizzo la pubblicazione dei documenti da lei predisposti in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna.

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. Faccio semplicemente una considerazione: non siamo solamente noi a meravigliarci in quanto Sea-Watch, ma anche altre organizzazioni si stupiscono. Amnesty International ha scritto anch'essa una lettera all'MRCC, perché vogliamo fare chiarezza: a nostro avviso siamo di fronte a violazioni del diritto internazionale.
  Ritorno alla domanda di cui parlavo all'inizio. Perché sono qui a Roma? Ho un po’ riflettuto. Prima del fine settimana di Pasqua moltissimi rifugiati hanno sovraffollato le navi delle organizzazioni non governative. Nel fine settimana del 6 e 7 maggio sulla nostra nave piccola, che è lunga 30 metri, che riesce ad accogliere sedici-diciassette volontari a bordo, sono saliti 300 profughi, in uno spazio che è quindi molto ridotto. Abbiamo solamente un bagno a bordo e abbiamo cibo e acqua in quantità molto limitata. Immaginatevi che cosa succede quando c'è cattivo tempo.
  Con una nave così piena di persone, abbiamo chiesto continuamente all'MRCC: «Che cosa dobbiamo fare? Mandateci degli Pag. 6aiuti». Io ovviamente non voglio rivolgere delle accuse all'MRCC su questo punto, perché credo che l'MRCC non avesse altra scelta: infatti tutte le navi di Frontex e dell'operazione Sophia di Eunavfor Med non erano presenti in loco, dunque l'MRCC non aveva alcuna possibilità di reagire mandandoci una nave di trasferimento.
  Noi non svolgiamo alcun servizio di «navetta» verso l'Italia, noi svolgiamo attività di primo soccorso, dunque cerchiamo di evitare che la gente anneghi, cerchiamo di salvare le vite umane fornendo giubbotti di salvataggio, acqua, tutto il necessario per evitare una catastrofe.
  Il fine settimana del 6 e 7 maggio è stato molto difficile. Trovo scandaloso che si abbandonino persone a loro stesse. Ai sensi della Convenzione SAR, che è stata firmata dai Paesi dell'Unione europea, è un obbligo svolgere attività di ricerca e soccorso, e ai sensi della Convenzione SOLAS (Safety of life at sea, Convenzione per la Salvaguardia della vita in mare) è un obbligo fornire soccorso alle persone che sono in pericolo in mare.
  Ripeto che noi lavoriamo in maniera concreta e cerchiamo in un certo senso di far luce sulle ombre delle accuse che ci vengono mosse. Perciò abbiamo invitato a Berlino, il 12 maggio, Fabrice Leggeri di Frontex. Diverse ONG lo hanno invitato anche al Parlamento europeo a Bruxelles a marzo, solo allo scopo di dare concretezza alle accuse. Noi non abbiamo assolutamente nulla da nascondere e soprattutto ci chiediamo cosa si nasconda dietro le accuse diffamanti divulgate dai mezzi di stampa.
  Gli abbiamo scritto una lettera, chiedendogli chiarezza. Anche di questa ho portato una copia, che è ovviamente pubblica. La risposta che ho ricevuto è, a mio avviso, molto interessante. Il dott. Leggeri ci ha detto da una parte che noi lo avremmo frainteso, quindi le ONG non sarebbero delle associazioni criminali (grazie, mi fa piacere) e in secondo luogo – punto, questo, altrettanto interessante per me – Frontex asserisce che le operazioni di search and rescue sono un compito molto importante. Anche questo ci fa molto piacere. Nell'ultima riga il dott. Leggeri ci invita nuovamente a Varsavia, ma senza indicarci una data. A noi piacerebbe molto un confronto con Frontex. Anche di questa lettera ho portato una copia.
  Ritornando alla questione «perché sono qui», io sarei felice se faceste anche un'audizione con Frontex, cercando di capire che cosa è successo, perché sono state formulate quelle accuse.

  PRESIDENTE. L'abbiamo fatta e la rifaremo.

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. Bene, sono molto contento, ma sarei felice se faceste anche un'audizione con la Guardia costiera libica oppure con rappresentanti dell'operazione Sophia di Eunavfor Med, per dissipare le ombre che sono state gettate. Noi vogliamo chiarezza.

  PRESIDENTE. Ci sottovaluta. Vede che ha fatto bene a venire a Schengen? Stiamo lavorando anche su questo, la stupirò.

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. No, non vi sottovaluto, per carità, anzi ho assolutamente rispetto per la vostra attività parlamentare.
  Prima di dire che cosa è Sea-Watch, come lavoriamo e dove siamo registrati, vorrei tornare alla questione «perché sono qui» guardando all'ultimo fine settimana, quando si è verificato un episodio increscioso a Catania. Un gruppo di neonazisti ha cercato di impedire l'uscita dal porto di Catania della nave di una ONG, la Aquarius. È stata la prima volta che qualcuno ha cercato concretamente di impedire a una nave che vuole salvare vite umane di uscire da un porto. Per me è scandaloso.
  E quando leggo di un rappresentante della Lega nord, Matteo Salvini, che invita ad emulare l'episodio, resto un po’ scioccato. Ma dove viviamo? Quello che noi facciamo è salvare vite umane e qualcuno invita la cittadinanza a impedire che le nostre navi salpino da un porto. Ma non è possibile. È scandaloso. E se Matteo Salvini mette in pratica quello che dice, allora io vi Pag. 7chiedo di organizzare un'audizione sulla criminalizzazione delle navi delle ONG ad opera di gruppi di dubbia natura.
  Voglio cercare di rispondere alle domande che mi ha posto all'inizio. Sea-Watch è stata fondata alla fine del 2014, in risposta alla fine dell'operazione Mare nostrum. Il tutto ha una cornice legale, non siamo certo criminali. Quando si fonda un'ONG in Germania bisogna redigere uno statuto, che vi ho portato, all'interno del quale è tutto definito, gli obiettivi, le nostre responsabilità, chi fa parte dell'organizzazione, chi fa parte del direttivo. Si tratta di un documento giuridico che è registrato in tribunale e corredato delle firme legali autorizzate. Ne ho portato una copia.
  Ho portato anche una copia della registrazione della nostra ONG presso la Pretura di Charlottenburg, a Berlino. Ciò vuol dire che noi lavoriamo in un contesto di legalità. Noi abbiamo diversi obblighi da rispettare, dobbiamo rendere conto di quello che facciamo.
  Ho portato poi un'altra registrazione del tribunale, anche questa con il timbro ufficiale, che attesta che siamo un'organizzazione legale senza fini di lucro. Lo status di pubblica utilità è molto difficile da ottenere in Germania, perché prevede il rispetto di diversi obblighi. Si è «di pubblica utilità» solo se si opera per scopi caritatevoli, se il proprio operato ha uno scopo che sia vantaggioso per la società o la comunità. Io ho portato un'attestazione.
  Per quanto riguarda ciò che facciamo, abbiamo due imbarcazioni. Avevamo iniziato con una vecchia nave, come lei giustamente ha ricordato, un peschereccio di cent'anni, prima con attività di ricerca e soccorso e poi con attività di documentazione, allo scopo di scattare immagini da trasmettere in Europa, in Germania. Con le donazioni siamo riusciti ad acquistare una nave leggermente più grande, di soli cinquant'anni, con sedici membri di equipaggio, tutti volontari.
  Le nostre operazioni durano quattordici giorni, dopodiché rientriamo in porto e cambiamo l'equipaggio. L'equipaggio si compone di sedici-diciassette persone di diverso genere: ci sono medici, giornalisti, macchinisti, personale di comando. È una squadra mista di professionisti. Quello che facciamo è svolgere attività di primo soccorso.

  PRESIDENTE. Capitani tedeschi, ad esempio?

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. È un equipaggio composto all'80 per cento da tedeschi, ma abbiamo sempre più volontari internazionali, olandesi e britannici. Adesso abbiamo un comandante olandese.
  Abbiamo anche un velivolo, gestito insieme a una ONG svizzera, la Humanitarian Pilots Initiative. Il tutto viene sovvenzionato dalla Chiesa evangelica. Utilizziamo un velivolo semplicemente perché dall'alto abbiamo una panoramica più ampia per individuare persone in difficoltà in mare. C'è una visuale completamente diversa rispetto alla nave. Questo è il motivo per cui gestiamo il velivolo, nonostante richieda un grande impegno finanziario, ed è per questo che siamo felici di collaborare con dei partner e con le sovvenzioni della Chiesa evangelica.
  Per quanto riguarda le donazioni, come lei ha già detto, il 95 per cento proviene dalla Germania. Non abbiamo neanche un donatore libico. Il restante 5 per cento viene da Cipro, dalla Corea del Sud, dall'Australia, dalla Spagna e dall'Inghilterra. Potrei continuare con la lista.

  PRESIDENTE. Avete solo donatori privati o anche istituzionali?

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. Abbiamo solo donatori privati, non abbiamo sovvenzioni pubbliche, se è questo quello che intende. Si tratta ovviamente di persone private di vario genere, dalle associazioni ecclesiastiche alle iniziative genitori-figli e così via.
  Tutti gli anni redigiamo un rapporto annuale, dove spieghiamo che cosa abbiamo fatto con i soldi che ci sono stati donati, come abbiamo operato, quali sono state le difficoltà, quali i punti di forza. Pag. 8Tutto è assolutamente pubblico. Anche in questo caso vi ho portato due fascicoli.
  Inoltre, vi ho portato la registrazione della nostra associazione presso l'agenzia delle entrate tedesca, perché ovviamente ogni anno dobbiamo presentare una dichiarazione dei redditi, secondo la legge tributaria tedesca, per cui dobbiamo dimostrare in modo trasparente per che cosa abbiamo speso i soldi e da dove arrivano.
  Vi ho portato diversi documenti, per esempio quello dell'Ufficio Centrale Federale per le Imposte, il che dimostra che siamo legalmente registrati, che abbiamo un codice fiscale e quindi che lavoriamo in maniera consona.
  Il nostro metodo di lavoro si attiene a un cosiddetto «code of conduct», che ho portato con me e che descrive i principi secondo i quali operiamo. È stato sottoscritto da numerose ONG, come Sea-Watch, Proactiva Open Arms, Sea-Eye, Save the Children e molte altre, che si sono impegnate a rispettare questo codice etico. Si ribadisce che noi siamo neutrali in mare, siamo indipendenti e per noi ha la massima priorità il salvataggio di vite in mare. Tutto ciò viene detto in modo trasparente. Vi metto a disposizione anche questo codice etico, se avete voglia di leggerlo.
  In questo contesto voglio anche ritornare alla sua domanda riguardante la polizia. Non mi sembra che ci siano tante ONG che hanno accettato la presenza di un ufficiale di polizia giudiziaria a bordo. C'è stato un incontro tra diverse ONG qualche giorno fa e nessuna di quelle presenti ha detto: «Sì, noi lo facciamo». So che ce ne sono una o due. Come ha già detto Lei, non ce ne sono tante.
  Noi vi spieghiamo perché non lo facciamo. Sono tre i motivi. Vi ho appena detto il primo motivo: il codice etico ci impone la neutralità. La neutralità per noi è molto importante, si tratta di un principio umanitario, e noi operiamo solamente seguendo i princìpi umanitari. Immaginate un'organizzazione umanitaria in Africa che cerca di aiutare la gente in loco. Non accetterebbero mai la presenza di persone armate, perché sarebbe una violazione della neutralità. Noi ci sentiamo vincolati alla neutralità.
  Secondo motivo: le persone che abbiamo a bordo sono traumatizzate. Quasi tutte le donne che salviamo sono state violentate, molte persone sono state torturate o comunque si trovano da diversi anni in fuga, dopo aver subito violenze. Immaginatevi se la prima persona che incontrano a bordo è una persona armata in uniforme. Non mi sembra che sia vantaggioso.
  Peraltro, che cosa dovrebbe fare la polizia da noi a bordo? Noi salviamo semplicemente dei profughi che si trovano in difficoltà in mare. Non abbiamo mai avuto a bordo un solo scafista. Dunque, perché dovremmo avere un ufficiale di polizia giudiziaria a bordo? Noi non lo accetteremmo.
  Ovviamente lavoriamo in un contesto legale. Noi non forniamo un servizio di «navetta», ma se dovessimo svolgerlo e all'ingresso in un porto trovassimo la polizia locale con un mandato di perquisizione, così come tutti gli altri cittadini dell'Unione europea, accetteremmo una perquisizione a bordo della nostra nave.

  PRESIDENTE. Mi perdoni. Accettereste, invece, o riterreste una buona idea una sorta di registro con un'identificazione delle ONG che operano in mare o comunque in questi scenari, con delle valutazioni come quelle che lei ci ha fornito oggi?

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. Che cosa intende per registro? È chiaro in ogni momento dove siamo. L'MRCC sa esattamente dove ci troviamo. Tramite un software ad accesso pubblico (VesselFinder) può vedere sempre dove si trova la nostra nave. Di conseguenza, se avete bisogno di ulteriori metodi per individuarci, me lo dica; noi non abbiamo nulla da nascondere.

  PRESIDENTE. No, non è una questione che riguarda la vostra ONG. Voi rispondete a dei criteri che magari non tutte le ONG hanno. Pertanto, ritiene che sarebbe una buona idea un registro delle ONG che devono Pag. 9 avere dei criteri, per esempio quello che ha detto lei di trasparenza dei donatori? Chiedo una sua opinione.

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. Bisognerebbe essere più concreti. Non posso rispondere adesso, perché non capisco cosa intende dire con «registro» e con una frase come: «Alcune ONG, non la sua». Cerchi di essere concreta. A chi fa riferimento? È un elemento, questo, che caratterizza tutto questo dibattito.

  PRESIDENTE. Sono molto concreta, le faccio subito un esempio. Ripeto: un registro per cui si autorizzano a operare in certi ambiti ONG che hanno trasparenza, per esempio, sui finanziamenti. Lei sarebbe d'accordo o non sarebbe d'accordo? Oppure si autorizzano a operare ONG che vengono registrate, per le quali è dimostrato che non ci sono, ad esempio, partner che possono essere in potenziale conflitto di interessi perché magari riconducibili nel caso di specie al traffico di esseri umani. I registri servono semplicemente per individuare degli operatori che rispondono a dei criteri di trasparenza tali da poter escludere qualunque conflitto d'interessi.
  Le chiedo, visto che questa è una discussione che si sta facendo anche a livello europeo, se lei sarebbe d'accordo o no. Non è una domanda poco concreta. Punto.

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. Scusatemi, ma mi sembra un discorso assolutamente inutile, perché qui stiamo parlando della frontiera con il più alto tasso di mortalità del mondo. L'OIM parla di 46.000 morti dall'anno 2000, 46.000 morti. Dunque, cerchiamo di trovare un punto comune. Sicuramente il punto comune è diminuire la quota di questi decessi. Esistono normative. Non è che non esistano.
  Vi ho già citato l'articolo 4 della Convenzione della Commissione europea. Si tratta di obblighi previsti dal diritto internazionale. Esiste la Convenzione SAR, esiste la Convenzione SOLAS. Tutte rappresentano – lo ripeto – una cornice legale idonea per la nostra attività di salvataggio in mare di persone in difficoltà e respingo completamente le teorie secondo cui noi avremmo a che fare con gruppi criminali.
  Se vuole un registro, va bene, facciamolo, però parliamo un attimo dei 46.000 morti nel Mediterraneo e non parliamo di questa insinuazione secondo cui le ONG collaborano con gruppi criminali. Si tratta di un'insinuazione.

  PRESIDENTE. Nessuno ha detto questo, però credo che mi darà atto che va benissimo il salvataggio in mare, ma lei non sarebbe il primo dei contenti se sapesse che il salvataggio in mare viene operato da soggetti che sono organici a delle organizzazioni di trafficanti di uomini. È giusto? Non ce ne sono certamente in questo momento nel panorama, però un registro e una trasparenza potrebbero escluderlo.
  Il salvataggio in mare non legittima qualunque cosa, magari anche lo sfruttamento di vite umane, anche perché il salvataggio in mare si può fare in altri modi. Io personalmente ritengo che per evitare che la gente muoia bisognerebbe fare dei corridoi umanitari aerei dove ci salgono veramente i profughi e vengono portati, magari a spese di tutta la comunità internazionale. Non c'è solo un modo per non far morire queste persone. Purtroppo con questi sbarchi c'è stato anche un aumento grave di morti. Io non credo che sia serio consentire a delle persone di mettersi su dei barconi fatiscenti, sapendo che assumeranno il rischio di morire. Ci potrebbero anche essere corridoi umanitari aerei.
  Qua nessuno sta mettendo in discussione il salvataggio delle vite umane – glielo voglio dire con chiarezza – però sono contenta che mi stia dicendo che comunque un registro di trasparenza, senza nessuna criminalizzazione, potrebbe avere anche il vostro consenso. Punto, grazie.

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. No, non l'ho detto, io ho detto che valuteremmo quest'ipotesi.
  Rispetto alle contraddizioni – lo ripeto – noi non siamo presenti perché non abbiamo nulla di meglio da fare oppure perché Pag. 10 ci divertiamo a fare quello che facciamo, noi siamo lì perché alla fine dell'operazione Mare nostrum siamo nati come associazione, noi siamo lì perché non c'è alcuna assistenza statale (o comunque non sufficiente) per salvare queste persone in mare. Se le autorità statali competenti facessero il loro dovere, potremmo valutare l'ipotesi di ritirarci. Noi siamo lì perché l'Unione europea, quindi un insieme di Stati, non si muove e lascia morire molte persone.
  Per quanto riguarda le accuse criminali, ripeto che noi non abbiamo contatti con la Libia. Vi dico io chi è che ha contatti con la Libia: sono sicuramente gli organi dell'Unione europea. Esiste addirittura un programma di formazione con la cosiddetta guardia costiera libica. Da nostre informazioni, esistono tre diverse guardie costiere libiche, con finalità diverse.
  Io sinceramente vi proporrei di fare un'audizione con l'Unione europea, con i responsabili dell'Operazione Sophia di Eunavfor Med per cercare di capire con chi collaborano loro. Forse lì ci sono manovre criminali. Chi è che controlla la guardia costiera libica? Chi si nasconde dietro quale governo? Secondo le nostre informazioni il partner dell'Unione europea in Libia è un governo che tiene sotto controllo tre quartieri a Tripoli.
  Ancora una cosa. Io sono una persona assolutamente cortese. Vi ho portato un regalo, un calendario della nostra organizzazione, Sea-Watch, dove potete vedere qualche foto che mostra come operiamo. Mi farebbe piacere vederlo appeso all'interno dei vostri uffici. Purtroppo, per contenere il peso del mio bagaglio, ho potuto portarne con me solo due copie, che Le consegno con piacere. Si tratta – lo ripeto – di immagini che dimostrano come operiamo.

  PRESIDENTE. La ringrazio del calendario. Mi può spiegare, come le ho chiesto nelle mie domande, quali sono le percentuali di avvistamento che fate da soli e quali vi arrivano dall'MRCC di Roma? Mi dice se chiamate mai l'MRCC di Malta? Malta fa parte dell'Europa e ha porti sicuri molto più vicini alle zone in distress. Chiamate Roma o chiamate prima Malta, come dovreste fare?

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. L'area in cui operiamo si trova a 24 miglia marine dalla costa libica e il coordinamento viene svolto dall'MRCC di Roma, al quale ci sottoponiamo, dunque accettiamo questo coordinamento, il che vuol dire che noi entriamo nelle 24 miglia dalla costa libica solamente se abbiamo il permesso e l'autorizzazione dell'MRCC di Roma.
  Non entreremmo mai autonomamente in acque libiche anche per ragioni di sicurezza. In Libia c'è la guerra civile, quindi si tratta di un Paese molto pericoloso, ed è per questo che ci affidiamo totalmente all'MRCC. L'anno scorso abbiamo collaborato molto bene, quest'anno sinceramente auspicheremmo una migliore collaborazione.
  Per quanto riguarda la Sua domanda relativa a Malta, noi collaboriamo con le autorità che sono incaricate del coordinamento. Certo che possiamo chiamare anche Malta, ma Malta probabilmente ci dirotterebbe su Roma. Anche in Germania esiste un MRCC.

  PRESIDENTE. Mi perdoni, si è mai chiesto perché? Con tutto il rispetto, la competenza non sarebbe di Roma. Lei si è mi ha chiesto come mai la Guardia costiera italiana collabora e altri no? La responsabilità di quell'area dovrebbe essere perimetrata diversamente, l'Italia non può essere responsabile di tutto il mar Mediterraneo. Vi siete posti la domanda? Qualcuno ha parlato con le autorità maltesi? Avete mai cercato di entrare in un porto di Malta, che senza dubbio è un porto sicuro?

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. Innanzitutto noi prestiamo primo soccorso, il che vuol dire che non svolgiamo un servizio di navetta. Noi cerchiamo, anzi, di rimanere il più lontano possibile dai porti, per fornire primo soccorso e salvare vite umane, ma non svolgiamo un servizio di navetta. Pag. 11
  Quest'anno siamo stati costretti con 300 persone a bordo, che per 90 ore erano rimaste in mare aperto, ad avvicinarci fino a un miglio al porto di Lampedusa, dove ci è venuta incontro una nave della Guardia costiera italiana.
  Noi non vogliamo a tutti i costi portare la gente in porto, né a Malta né in Italia; noi vogliamo semplicemente dare primo soccorso e salvare vite umane.
  Io non avrei problemi a collaborare con un altro MRCC. Secondo le nostre informazioni, l'MRCC di Roma è competente per le operazioni di ricerca e soccorso nell'area a 24 miglia dalla costa libica. Se voi, a livello politico, volete ridistribuire diversamente le competenze, ben volentieri. Ripeto che non è una nostra predilezione chiamare l'MRCC di Roma. Semplicemente partiamo dalla circostanza per cui l'MRCC di Roma è competente per quell'area. Se volete regolarla diversamente, fatecelo sapere, ma non è compito mio fare chiarezza su questo.

  PRESIDENTE. Sono notizie utili alla discussione che è in corso in Italia. Per quanto concerne gli avvistamenti, ci può dare delle percentuali? Li avvistate voi al 100 per cento a vista o anche con degli strumenti aerei? Vi vengono segnalati da Roma? Ricevete telefonate? Quali sono le percentuali?

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. Non ho valutato i dati, ma posso dire che la maggior parte degli avvistamenti è fatta direttamente da noi e un'altra cospicua parte dall'MRCC.
  Quando noi avvistiamo un'imbarcazione, informiamo l'MRCC e comunichiamo che è stata avvistata un'imbarcazione in difficoltà, quindi chiediamo che cosa dobbiamo fare, se c'è un'altra nave o se dobbiamo andare noi e procedere con il salvataggio; chiediamo quindi quali sono le disposizioni. Ripeto che noi non riceviamo chiamate né dalla Libia né da imbarcazioni libiche. Abbiamo cercato di capire quante delle navi dei profughi abbiano telefoni satellitari a bordo. Su 150 imbarcazioni forse solo dieci hanno un telefono satellitare. È una percentuale molto bassa.
  Le imbarcazioni che salviamo sono in condizioni disastrose: immaginate che al centro di queste imbarcazioni si trova un deposito per le feci; intorno siedono molte persone in condizioni miserabili, che da 24-30 ore sono in mare mentre le imbarcazioni lentamente cominciano ad affondare. Queste sono le condizioni che noi vediamo e che ci spingono a intervenire, perché noi non possiamo assistere inermi alla morte di esseri umani senza fare niente. Siamo nel XXI secolo. Dobbiamo salvare le vite umane, perché questa è la nostra missione ed è questo che ci sta a cuore.
  Trovo che sia veramente scandaloso che noi accettiamo che alle porte dell'Europa siano morte 46.000 persone. Tutti gli Stati mediterranei dovrebbero dire sulle loro spiagge: «Attenzione, state facendo il bagno all'interno di una fossa comune». Questo è il Mediterraneo: una fossa comune dove hanno perso la vita tante persone innocenti.

  PRESIDENTE. Non solo gli Stati mediterranei, ma anche la Germania, tutta la comunità internazionale, tutti gli Stati che attraversano quei poveri migranti prima di arrivare in Libia, dove vengono sfruttati e derubati e forse le donne anche stuprate.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAOLO ARRIGONI. Grazie, direttore. Lei ha nominato prima Matteo Salvini, che è il segretario del mio partito, criticandolo. Vorrei solo rilevare che Matteo Salvini fa politica e pretende che il governo dell'immigrazione sia fatto in modo efficace ed efficiente.
  Noi siamo per il riconoscimento di quanto afferma la Convenzione internazionale di Ginevra, ovvero che deve essere garantita la protezione internazionale a chi scappa dalla guerra, a rifugiati o a coloro che ottengono la protezione internazionale, che nel nostro Paese sono meno del 20 per cento di coloro che arrivano, a meno che lei decida di mettere in discussione i procedimenti amministrativi delle nostre commissioni territoriali o i nostri procedimenti Pag. 12giudiziari. Fa politica Salvini, così come la fa lei, definendo tutti coloro che arrivano in Italia profughi o rifugiati. Ho letto prima i dati che si evincono dal lavoro delle nostre commissioni territoriali e giudiziarie.
  Le faccio una domanda. Lei ha citato prima 46.000 morti in mare nel Mediterraneo. Le chiedo qual è la fonte, perché mi risulta che l'OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni) parli di un numero nettamente inferiore, ancorché elevato. Comunque, è di tutta evidenza che da tre anni a questa parte il numero dei morti nel Mediterraneo si è totalmente elevato.
  Voi fate politica, perché sul vostro sito internet voi scrivete che vedete con preoccupazione la cooperazione tra l'Unione europea e la Libia. Qual è l'idea di Sea-Watch? Quella che debbano continuare a imperare le tribù, oppure che l'Unione europea e la comunità internazionale debbano cercare di collaborare e di favorire l'istituzione di un governo che possa controllare il Paese?
  Infine, da questo Comitato è partita l'indagine conoscitiva sulle ONG. Dopodiché, in Senato la Commissione difesa ha fatto partire un'indagine conoscitiva, che si è chiusa l'altro giorno con un documento conclusivo, che afferma che vanno bene le operazioni di SAR, purché non contrastino l'attività investigativa delle procure contro i trafficanti di migranti e contro il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Dice altresì che non debbono essere costituiti da parte dei privati dei corridoi umanitari e che devono essere intensificate le forze investigative. Guarda caso sono le tre cose che in questa sede il 22 marzo il procuratore Zuccaro ha evidenziato.
  Lei condivide quanto ha detto il 4 maggio il suo portavoce, Neugebauer, che ha definito le parole di Zuccaro delle totali scemenze?
  Infine, le faccio questa domanda. Nella relazione conclusiva, che certamente non promuove o liquida tutte queste indagini sulle ONG, si scrive che vengono fatte delle proposte operative che il Governo è tenuto o meno ad attuare, comunque approvate a maggioranza.
  Le proposte sono che le ONG devono essere accreditate e certificate, come ha detto prima la presidente Ravetto, devono avere delle imbarcazioni adeguate e devono essere trasparenti, pubblicando i bilanci, l'elenco dei finanziatori, l'elenco del personale di bordo e l'elenco dei dirigenti. Inoltre, devono agire sotto l'azione di coordinamento della centrale operativa della Guardia costiera, non solo dal momento dell'operazione di soccorso, ma sempre, h24. Infine, dovrà essere garantito in qualche modo, visto che voi non consentite che salgano a bordo degli ufficiali di polizia giudiziaria, l'intervento degli ufficiali di polizia giudiziaria.
  Di fronte a queste quattro proposte operative (accreditamento e certificazione, trasparenza, coordinamento permanente della Guardia costiera e intervento tempestivo della polizia giudiziaria), allorché il Governo le metta in atto, attraverso degli interventi legislativi o normativi, Sea-Watch che cosa farà? Continuerà ancora a fare le operazioni di search and rescue?

  RICCARDO MAZZONI. Grazie, direttore. Io non vorrei che lei ci considerasse dei pubblici ministeri. Questo è un Comitato parlamentare che cerca semplicemente di fare chiarezza. Io, dal mio punto di vista personale, non posso che ringraziarvi per l'opera che state svolgendo: salvare le vite umane in mezzo al mare. Che si tratti di profughi o di migranti economici, si salva chiunque in mezzo al mare, poi saranno gli Stati a definire e a separare i profughi dai migranti economici e a prendere le relative determinazioni.
  Voi siete entrati nell'occhio del ciclone, a mio parere, e pagate prima di tutto le manchevolezze dell'Unione europea, nel senso che, se l'Unione europea avesse rispettato una corretta relocation fra tutti gli Stati europei, in Italia la pressione sarebbe minore e sarebbero minori anche le polemiche. Infatti, l'accusa politica di aver creato un canale umanitario unilaterale verso l'Italia è molto diffusa nel sentimento della popolazione, non solo della politica.
  Il secondo fattore è che alcuni procuratori della Repubblica hanno messo nel mirino le attività delle ONG, alcuni in maniera Pag. 13 non proprio documentata, altri in maniera molto più specifica. Il procuratore di Trapani ha affermato che sono indagati dei singoli membri di ONG, non ONG nel loro complesso, per il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, che in Italia è ancora un reato. Tuttavia, ha precisato che, se viene verificato lo stato di necessità, il reato non esiste.
  Io credo che voi, quando intervenite, evidentemente agiate in stato di necessità. Tuttavia, credo che una cosa vi converrebbe. Lei aveva cominciato a spiegare perché non volete la polizia giudiziaria sulle navi. Aveva detto che c'erano tre punti, poi probabilmente è stato interrotto e ha enunciato solo il primo, il codice etico. Vorrei sapere gli altri due motivi.
  La nave Phoenix è arrivata in porto (a Catania mi pare) con una vittima uccisa a colpi di pistola perché non si era tolta il cappellino. Se ci fosse stata la polizia giudiziaria, probabilmente gli autori di questo efferato delitto sarebbero stati presi immediatamente. Se entrano gli scafisti sulle navi delle ONG con le pistole, a maggior ragione potrebbero esserci gli ufficiali di polizia giudiziaria, anche per un problema vostro di chiarezza e di trasparenza rispetto alle accuse, a mio parere in gran parte ingiuste, che vi vengono mosse.
  Vi chiedo: voi sareste disposti a ospitare sulle vostre navi, proprio per un problema di chiarezza, una delegazione di parlamentari o anche questo comprometterebbe la vostra neutralità?
  Lei ha fatto delle accuse gravissime a Frontex e a Sophia, affermando che scientemente hanno cercato, per creare un precedente, di far affogare un gruppo di migranti. Sono accuse molto gravi, che io vorrei che lei ci specificasse meglio, perché qui si accusano due operazioni europee nel Mediterraneo di possibili omicidi volontari, di non intervenire o addirittura di creare un incidente per screditare le ONG. Sono accuse molto pesanti, su cui credo che si dovrebbe indagare.

  PRESIDENTE. Mi dicono gli uffici che l'evento da lei citato ha riguardato una nave della MOAS, la Phoenix.
  Perfetto, avevo capito male, però è giusto avere anche la loro opinione.

  GIORGIO BRANDOLIN. Siamo di fronte a un'audizione abbastanza vivace.

  PRESIDENTE. Lo sapevamo.

  GIORGIO BRANDOLIN. Sì, lo sapevamo, ma è pregnante anche rispetto ad altre. Vorrei soltanto significare questo: sono anni che questo Comitato, con molta serenità e penso anche con molta competenza, sta cercando di comprendere il fenomeno dell'immigrazione, che adesso vede tutti i riflettori puntati su di voi e sul mar Mediterraneo, ma che nel nostro Paese ha avuto momenti diversi, con altri flussi, con altri percorsi e con altre difficoltà. Sono tre anni che stiamo «indagando», audendo, cercando di capire, per poi aiutare il Parlamento a trovare delle soluzioni.
  Siamo tutti consapevoli che questo è un problema che non può essere lasciato in mano né alla buona volontà e ai grandi valori che voi portate, né a un singolo Paese, anche se questo è grande e importante come l'Italia. Siamo tutti convinti che l'Europa, con le sue strutture, debba prendersi veramente carico di questo come di altri fenomeni che sono, come stiamo dicendo da anni, non emergenziali, ma strutturali.
  Detto questo, anch'io la prego di specificare meglio le osservazioni o accuse (definiamole come vogliamo) rispetto a queste organizzazioni europee, nelle quali noi crediamo. Le mie domande sarebbero tante altre, ma faccio solo queste.
  Lei ha fatto un passaggio velocissimo sulle contraddizioni e sulla sua non condivisione dell'azione che si sta tentando anche a livello nazionale e non solo di collaborare con le autorità libiche, ancorché adesso quelle che noi riconosciamo sono quelle riconosciute dalla comunità internazionale.
  Qualche settimana fa abbiamo assistito a un tentativo di accordo almeno tra le due fazioni più importanti. Non so quali risultati abbia dato, però non riesco a capire come si possa intervenire per aiutare a Pag. 14superare tutte le tragedie che questo fenomeno porta con sé, se non si riesce a collaborare con l'autorità libica, con qualcuno là. Non mi riferisco solo all'autorità libica. Leggevo da informazioni di stampa in questi giorni che si parla addirittura di creare un cuscinetto, un controllo, un aiuto in Niger, per evitare di portare questi disgraziati dalla Somalia e dal Sub-Sahara fino in Libia con tutto ciò che sappiamo succede loro.
  Mi sembra un po’ strano che voi che fate questo lavoro umanitario non comprendiate e non «apprezziate» il lavoro che il nostro Paese sta tentando di fare per cercare di affrontare questo problema. Questa è la prima domanda.
  La seconda è un'osservazione. Nel nostro Paese la politica è molto «vivace» e, quindi, anche le posizioni sono vivaci da questo punto di vista, però qui dentro si è sempre cercato di lavorare in termini di competenza, di conoscenza e di dati.
  C'è una domanda che io faccio sempre a tutte le ONG, a cui in parte lei ha già risposto. Mi sembra di aver capito che voi non intervenite mai da soli, ma esclusivamente una volta individuato il natante su indicazione del coordinamento di Roma. Mentre altre ONG che avevamo sentito ci hanno riferito che per il 50 per cento svolgono interventi autonomi che vengono comunicati dopo, voi intervenite soltanto dopo questo coordinamento. Le chiedo se mi può spiegare questo, il tipo di veicolo, se banalmente...

  PRESIDENTE. È un drone.

  GIORGIO BRANDOLIN. Sì, immagino. Ho capito che in queste 20 miglia dove voi vi collocate, fate dei progetti o delle missioni che durano diciotto giorni. È giusto? Poi ritornate alla base per cambiare equipaggio, vettovaglie, eccetera. Dove vi piazzate? Andate con vostra scienza e coscienza? È un arco di centinaia di miglia. Vi mettete lì perché avete già l'esperienza o perché qualcuno del coordinamento di Roma ve lo dice?
  L'ultima è un'osservazione. All'inizio, quando abbiamo cominciato quest'indagine, si parlava sempre di persone che usavano imbarcazioni – questo è un ragionamento delicato – capaci di portare dalla Libia alle coste italiane. Ce l'ha detto anche il procuratore di Trapani ieri pomeriggio. Adesso, invece, questi trafficanti di persone usano imbarcazioni che non hanno questa capacità.
  La preoccupazione di tutti noi è che il vostro intervento abbia favorito questo cambio di atteggiamento e comportamento e, quindi, anche di strumenti per portare queste persone. Prima le portavano con pescherecci di legno attrezzati per arrivare a 200 miglia dalla Libia, mentre adesso al massimo arrivano a 20 miglia. Questo è il nodo delle speculazioni, che io non condivido, che vengono fatte sul vostro lavoro, perché appunto qualcuno pensa che la vostra presenza favorisca questo e «ingrassi» questi delinquenti.

  PRESIDENTE. Do la parola al direttore Grafmanns per la replica.

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. Cerco di rispondere a tutte le domande che mi sono state rivolte.
  Per quanto riguarda il Suo appunto, onorevole, lei mi può credere sulla parola. Io non voglio assolutamente fare politica, non è il mio obiettivo e tantomeno ho interesse ad esprimere un giudizio sulla politica italiana. Io voglio semplicemente salvare vite umane e questo è lo scopo di Sea-Watch.
  Quella a cui facevo riferimento era la dichiarazione di Matteo Salvini, che aveva rappresentato in modo positivo l'episodio dello scorso fine settimana, quando alcuni neonazisti nel porto di Catania hanno cercato di impedire alla nave Aquarius di salpare, e ha anzi invitato a emulare quell'episodio, cosa che mi sembra difficilmente difendibile.
  Noi vogliamo salvare vite umane e non penso che sia un'azione cattiva – su questo siamo tutti d'accordo – mentre voi appoggiate delle azioni che mirano a impedire che navi di ONG salpino dai porti. Mi si accappona la pelle. Pag. 15
  Lei ha di nuovo accennato alle collaborazioni con gli scafisti. La situazione è molto semplice. Immaginatevi un gommone o un'imbarcazione di legno che è in difficoltà in mare, con persone a bordo in condizioni terribili. Io ovviamente non chiedo: «Sei un profugo politico o un migrante economico?». Il nostro compito è salvare le persone in difficoltà in mare, secondo quanto prevede la legislazione internazionale. Noi non facciamo differenza rispetto a chi salviamo.
  Per quanto riguarda le illazioni di Zuccaro: io sono un sostenitore della giustizia indipendente, anzi la sostengo in pieno, ma chiedo a voi che cosa succede nel momento in cui attraverso la stampa si formulano contro di voi accuse infondate e non precise. Fino a oggi non è stata mossa neanche un'accusa concreta nei miei confronti. Sinceramente mi sembra una dinamica poco chiara.
  Un componente del nostro consiglio di amministrazione la settimana scorsa ha ricevuto una minaccia di morte perché noi saremmo accusati di collaborare con scafisti. Più volte alla settimana ricevo delle telefonate dove mi si insulta.
  Io sinceramente non so come lavori la giustizia in Italia. Troverei più serio che svolgesse indagini, qualora abbia dei sospetti. Oppure, se vuole rivolgerci domande, può chiamarci, ma formulare accuse attraverso la stampa...

  PRESIDENTE. Guardi che il procuratore Zuccaro in questa sede non si è assolutamente permesso di lanciare accuse a lei o ad altre ONG. Ha detto una cosa diversa: «Io prima beccavo i mediatori degli scafisti perché questi accompagnavano i barconi fatiscenti dei migranti, o ci salivano sopra col satellitare o li accompagnavano. Adesso, da quando ci sono le ONG – questo è quello che lui dice, avrà i suoi motivi per dirlo – gli scafisti non hanno neanche più bisogno di mandare mediatori. Danno un telefonino, se glielo danno, a un migrante disperato su quella nave e gli dicono: “Vedi laggiù le luci delle ONG? Vai là che ti salvano”. Questo per me è un problema a progredire nell'arresto dei mediatori e degli scafisti per risalire alla testa degli scafisti».
  Non credo che ci siano procuratori d'Italia che stiano accusando le ONG. Stanno semplicemente cercando di fare il loro lavoro e di arrestare gli scafisti, cosa su cui – ne sono certa – lei è d'accordo, perché la prima cosa è salvare le vite umane, la seconda cosa è mettere in carcere tutta questa gentaglia che ormai ha fatto un business che è il secondo più importante al mondo dopo la droga, che è il traffico di esseri umani. Sono certa che lei vorrà collaborare come tutte le ONG per sgominare questo traffico.

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. Non ho assolutamente nulla in contrario che la Polizia svolga il proprio lavoro. La cosa sulla quale ho da ridire, signora Presidente, è quando leggo un'intervista dopo l'altra al Procuratore Zuccaro e all'interno delle interviste non si legge nient'altro che accuse infondate. Questo sì che mi crea problemi, mentre non è sicuramente un problema se la Polizia, la Procura o le autorità competenti fanno il loro lavoro. Ma perché sulla stampa devo leggere una sfilza di accuse infondate contro di noi? Finora non sono mai stato contattato telefonicamente né per iscritto da parte del dottor Zuccaro né mi è stata inviata una missiva da parte della polizia giudiziaria. Niente, assolutamente niente. Ma in compenso ho letto numerosi articoli e interviste nei quali Zuccaro rivolge una serie di accuse completamente infondate.
  Sottoscrivo in pieno quello che ha detto il nostro addetto stampa Neugebauer. Le citazioni che sono state riportate dal nostro addetto stampa Neugebauer sono state pronunciate da me, dunque ve la potete prendere direttamente con me su questo punto.
  Per quanto riguarda la questione della Polizia, sono tre i motivi. Il primo è che operiamo secondo princìpi umanitari e non vogliamo forze armate su suolo umanitario. Degli osservatori umanitari potrebbero andare bene. C'è una grandissima inattività nel Mediterraneo.
  In secondo luogo, molte delle persone che noi salviamo sono fortemente traumatizzate, perché sono state torturate, sono state violentate, hanno una storia di abusi alle spalle. Quando vengono salvati da noi, vengono raccolti Pag. 16 in uno stato pietoso. Far stare queste persone a contatto con un ufficiale armato (in genere si resta a bordo due o tre ore, almeno così è stato l'anno scorso, ma quest'anno la situazione sta cambiando) trovo che sia increscioso. Che cosa si può fare con le persone traumatizzate che sono sedute a bordo?
  Terzo punto: perché uno scafista dovrebbe salire a bordo della nostra nave? Perché dovrebbe farlo? Tantissime sono le persone che muoiono. Vi ho parlato di 46.000 persone che sono morte annegate. A Barcellona c'è un orologio che conta il numero ufficiale di morti. L'anno scorso ha segnato 5.000 vittime. Perché uno scafista dovrebbe mettersi in pericolo di vita? Non abbiamo degli scafisti sulle nostre imbarcazioni. Noi salviamo persone in difficoltà in mare e le troviamo in condizioni veramente pietose. Questi sono i tre motivi.
  Non abbiamo assolutamente nulla in contrario se la polizia giudiziaria italiana fa il proprio lavoro, cioè se prende una nave e cerca di fare qualcosa contro gli scafisti. Sarebbe ancora meglio, perché ci sarebbe una nave in più nel teatro d'azione.
  Noi non saremmo disposti ad accogliere volontariamente persone armate a bordo, ma la ringrazio, perché lei ci ha ringraziato per il nostro lavoro. Ci fa del bene, nel momento in cui all'interno di un contesto come questo, dopo aver letto così tante illazioni nei nostri confronti sui giornali, riceviamo anche degli elogi. E colgo l'occasione per esprimere la mia solidarietà all'Italia.
  La mia opinione personale è che sia assolutamente ingiusto che l'Italia venga abbandonata al proprio destino con questo problema, come è accaduto per la Spagna. Per carità, non è mia competenza e mio compito cambiare questo stato di cose. Rivolgetevi alla signora Merkel, rivolgetevi all'Unione europea, cercate di imporvi affinché vengano attuati dei cambiamenti. Io vi sostengo, perché trovo che sia assolutamente giusto ed equo e sono indignato del fatto che l'Italia venga lasciata da sola. In questo caso siamo concordi e fa bene anche avere dei punti di contatto.
  Per quanto riguarda le altre domande, mi sembra che Lei, onorevole, abbia detto che tutti i riflettori sono puntati su di noi. Se torno indietro con la mente su questo argomento, l'Unione europea nel 2012 ha ricevuto il premio Nobel per la pace.
  Sì, sicuramente, in questo periodo. Vi chiedo: secondo voi è giusto accusare le organizzazioni che si impegnano a operare per il rispetto dei diritti umani, così come sta accadendo al momento? Perché i riflettori sono puntati su di noi? Forse dovremmo cercare di rispondere a questa domanda. Noi non facciamo altro che rispettare gli obblighi vigenti all'interno dell'Unione europea, quando occorre avviare un'operazione di salvataggio in mare.
  Per quanto riguarda la domanda sull'operazione Sophia di Eunavfor Med e Frontex. La scorsa settimana, in Commissione Difesa al Senato, ho sentito parlare di un numero estremamente alto di navi di ONG. Bene, di queste non ce ne sono neanche venti. Non arriviamo neanche a venti, mentre sono tantissime le imbarcazioni militari e le imbarcazioni di Frontex. Quella che viene perseguita è la strategia del lasciar morire la gente in mare.
  Queste imbarcazioni semplicemente si ritirano verso nord, noi restiamo soli e possiamo fare ben poco, perché veniamo abbandonati. Troviamo che sia scandaloso, perché ci sono dei vincoli di diritto internazionale (la Convenzione SAR, la Convenzione SOLAS) che dicono che occorre prestare soccorso a qualunque imbarcazione che sia in difficoltà in mare.
  Io adesso non ricordo più chi mi ha rivolto la domanda riguardante le nostre critiche nei confronti della collaborazione con le autorità libiche. Sinceramente, su quali principi si basa il programma di formazione? Qual è la base di una collaborazione con un Paese dove c'è una guerra civile?
  Noi ONG – lo ripeto – cerchiamo di salvare vite umane e di rispettare i diritti umani. Dunque, se voi ci fate una domanda su eventuali collegamenti criminali, mi piacerebbe girare la domanda all'Unione europea: quali collegamenti criminali ha la guardia costiera libica? Si possono provare prima di dare avvio al programma di collaborazione? Forse è lì che ci sono legami con gli scafisti? Organizzate Pag. 17 un'audizione... A me farebbe molto piacere.

  GIORGIO BRANDOLIN. Lo stiamo facendo. L'accordo fatto dal Ministro Minniti due mesi fa è proprio quello di formare la guardia costiera libica, soltanto di quella parte riconosciuta dalla comunità internazionale. È ovvio che finché non sarà tutto il Paese Libia questo sarà un pezzo del lavoro, però si è appena cominciato a far questo, ecco il perché della mia domanda.

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. Neanche il 50 per cento della Libia si trova in condizioni di pace. Il Governo con il quale l'Unione europea ha avviato la collaborazione controlla tre quartieri a Tripoli.
  Per quanto riguarda la sua domanda, io sinceramente non so quale sia stato l'obiettivo di avviare una collaborazione col Governo libico o con la guardia costiera. Mi piacerebbe saperlo. Noi vorremmo un po’ più di trasparenza in merito. Quali sono gli sfondi che caratterizzano questa collaborazione con la guardia costiera libica? Che tipo di collaborazione viene portata avanti? Siamo sicuri che non ci siano dei rapporti criminali? Che vengano rispettati i diritti umanitari?
  Io vi ho parlato dell'episodio del 10 maggio, dove si è verificato un respingimento in violazione del diritto internazionale...

  PRESIDENTE. Vuoi dire qualcosa? Approfittiamone, perché è iniziata la vostra Aula.

  PAOLO ARRIGONI. C'erano le mie domande, che sono state totalmente inevase in merito alle proposte operative che il Senato ha licenziato e che il Governo dovrebbe tradurre in normativa, in ordine all'accreditamento del certificato...

  PRESIDENTE. Sull'accreditamento ha risposto.

  PAOLO ARRIGONI. Sul coordinamento h24...

  PRESIDENTE. È d'accordo su un eventuale coordinamento h24 della Guardia costiera con le ONG?

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. Non ho assolutamente nulla in contrario, credetemi. Se la Guardia costiera italiana o non importa di quale Stato mette a disposizione le proprie capacità o, addirittura, le amplia per salvare vite umane, avete il mio completo sostegno. Se parlate di un controllo h24, sinceramente non capisco che cosa intenda, però non è assolutamente un problema per me.

  PRESIDENTE. Coordinamento.

  AXEL GRAFMANNS, direttore amministrativo di Sea-Watch. Noi informiamo sempre l'MRCC quando entriamo in una zona SAR per operare. Se avete bisogno di qualcos'altro, fatecelo sapere.

  PRESIDENTE. Scusi, non è un intento provocatorio, anzi le dirò di più: noi stiamo indagando in merito perché ci sembra che rappresentiate un corridoio umanitario non autorizzato. Io lo ribadisco. Noi stiamo indagando su questo, quindi gli elementi che ci dà lei rafforzano delle convinzioni di alcuni, non di tutti.
  La voglio ringraziare, Axel Grafmanns, per questo. Ci è parso di vedere un'apertura – vero, senatore Arrigoni? – sul fatto che potrebbe ospitare un Comitato parlamentare. Noi ci candidiamo a venire su Sea-Watch 1 e Sea-Watch 2 tutti quanti.
  Voglio ringraziare anche i consulenti che l'hanno accompagnata, ma soprattutto gli interpreti che oggi hanno avuto una vita pesante, la dottoressa Soledad Ugolinelli e il dottor Franz Karasz.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.10.

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ALLEGATO

Indagine conoscitiva sulla gestione del fenomeno migratorio nell'Area Schengen, con particolare riferimento alle politiche dei paesi aderenti relative al controllo delle frontiere esterne e dei confini interni: audizione di rappresentanti dell'Organizzazione Sea-Watch

DOCUMENTAZIONE CONSEGNATA AL COMITATO
NEL CORSO DELL'AUDIZIONE E RELATIVA TRADUZIONE

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