XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 43 di Giovedì 27 aprile 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE POLITICHE DEI PAESI ADERENTI RELATIVE AL CONTROLLO DELLE FRONTIERE ESTERNE E DEI CONFINI INTERNI

Audizione di S.E. l'Ambasciatore di Svizzera in Italia, Giancarlo Kessler.
Ravetto Laura , Presidente ... 3 ,
Kessler Giancarlo , Ambasciatore di Svizzera in Italia ... 5 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 8 ,
Kessler Giancarlo , Ambasciatore di Svizzera in Italia ... 8 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 9 ,
Kessler Giancarlo , Ambasciatore di Svizzera in Italia ... 10 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 10 ,
Kessler Giancarlo , Ambasciatore di Svizzera in Italia ... 10 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 10 ,
Lazzeri Pietro , Ministro d'Ambasciata ... 10 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 10 ,
Lazzeri Pietro , Ministro d'Ambasciata ... 10 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 11 ,
Lazzeri Pietro , Ministro d'Ambasciata ... 11 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 11 ,
Lazzeri Pietro , Ministro d'Ambasciata ... 11 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 11 ,
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 11 ,
Arrigoni Paolo  ... 12 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 12 ,
Arrigoni Paolo  ... 12 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 12 ,
Kessler Giancarlo , Ambasciatore di Svizzera in Italia ... 12 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 13 ,
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 13 ,
Kessler Giancarlo , Ambasciatore di Svizzera in Italia ... 13 ,
Lazzeri Pietro , Ministro d'Ambasciata ... 14 ,
Kessler Giancarlo , Ambasciatore di Svizzera in Italia ... 14 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 14 ,
Kessler Giancarlo , Ambasciatore di Svizzera in Italia ... 14 ,
Lazzeri Pietro , Ministro d'Ambasciata ... 14 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 14 ,
Lazzeri Pietro  ... 14 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 14 ,
Lazzeri Pietro , Ministro d'Ambasciata ... 14 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 14 ,
Kessler Giancarlo , Ambasciatore di Svizzera in Italia ... 14 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 15 ,
Arrigoni Paolo  ... 15 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 15 ,
Arrigoni Paolo  ... 15 ,
Kessler Giancarlo , Ambasciatore di Svizzera in Italia ... 15 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 15 ,
Kessler Giancarlo , Ambasciatore di Svizzera in Italia ... 15 ,
Arrigoni Paolo  ... 15 ,
Kessler Giancarlo , Ambasciatore di Svizzera in Italia ... 15 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, i processi verbali delle sedute precedenti si intendono approvati.
  Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di S.E. l'Ambasciatore di Svizzera in Italia, Giancarlo Kessler.

  PRESIDENTE. L'audizione odierna reca l'incontro con l'ambasciatore di Svizzera in Italia, Giancarlo Kessler, nell'ambito della nostra indagine conoscitiva sulla gestione del fenomeno migratorio.
  La ringrazio, ambasciatore, di quest'opportunità. Lei immagina quale sarà l'argomento trattato. Noi siamo, come lei sa, un comitato bicamerale che si occupa dell'attuazione degli accordi di Schengen, e quindi naturalmente valutiamo con attenzione come vengono applicati dal nostro Paese, come viene valorizzata e tutelata la libertà di circolazione dei Paesi Schengen.
  Abbiamo così sollevato delle perplessità quando abbiamo visto la decisione presa, io dico dalla Svizzera per ignoranza del vostro ordinamento, ma dovrei parlare di un Cantone della Svizzera – probabilmente, ci spiegherà poi bene – di chiudere tre valichi, a quanto abbiamo compreso minori, tra l'altro per un periodo, a quanto capiamo, sperimentale temporaneo, che tuttavia appunto hanno posto al Comitato la questione se effettivamente questa decisione fosse in contraddizione con l'accordo di Schengen.
  Come presidenza, abbiamo scritto al Ministro degli esteri e al Ministro dell'interno per comprendere se questa decisione fosse stata comunicata al nostro Governo. Mi pare che il Ministro degli esteri successivamente l'abbia effettivamente incontrata. Oggi, abbiamo la fortuna di averla qui. Questo è il primo tema che vorremmo affrontare con lei.
  Risulta al Comitato che ci sarebbero circa 65.000 italiani che ogni giorno dai comuni limitrofi alla frontiera con la Svizzera si recano in Ticino per lavorare, facendo poi ritorno in Italia, i cosiddetti frontalieri. Non sono un fenomeno esclusivamente ticinese. Vi sono, se vogliamo dirla tutta, molti più francesi che si recano quotidianamente a lavorare a Ginevra e molti sono i tedeschi che si spostano verso Basilea e Zurigo.
  Come risulta anche da notizie stampa, da ultimo da il Giornale del 2 aprile 2017 e da La Stampa del 3 e 16 aprile, la tensione si registra oggi soprattutto nel Cantone italofono per effetto della pressione al ribasso sui salari, generata dalla presenza – così si direbbe – dei nostri connazionali a fronte di una forza lavoro indigena più piccola che a Ginevra, Basilea o Zurigo.
  Nell'aprile 2015, partendo da un fatto di cronaca, il Cantone avrebbe deciso di introdurre, come misura straordinaria per tutelare l'ordine pubblico e la sicurezza, l'obbligo di presentazione del casellario giudiziale e dei carichi pendenti per il rilascio e il rinnovo dei permessi per i frontalieri. Di fatto, è una misura effettivamente rivolta a tutti ma alla fine, andando lì soltanto Pag. 4 i lavoratori italiani, sembra quasi un atto ad hoc.
  Tra l'altro, a novembre del 2015, il Governo cantonale avrebbe sospeso la richiesta di questi carichi pendenti, in particolare per dare un segnale positivo nell'ambito delle trattative fiscali in corso tra Svizzera e Italia. Tuttavia, è rimasto l'obbligo di presentare il casellario giudiziario, con un vago impegno a rivedere le misure il prossimo giugno.
  Risulterebbe al Comitato, secondo le statistiche cantonali disponibili, che, a fronte di 17.468 istanze esaminate, 17.276 avrebbero portato al rilascio e al rinnovo del permesso; 192 domande contenevano invece elementi rilevanti, e quindi sono state maggiormente approfondite.
  La presenza delle misure del casellario parrebbe impedire, tra l'altro, la firma del nuovo accordo sulla tassazione dei lavoratori frontalieri secondo una dichiarazione unilaterale fatta dall'Italia al momento della parafatura dell'accordo stesso, 2015. L'accordo, che innova il regime tuttora in vigore dal 1974, implicherebbe un aumento della pressione fiscale dei lavoratori.
  Da una parte, le chiediamo di questi tre valichi e se ci può spiegare, ambasciatore, che cosa vi siete detti, se possibile, col Ministro degli esteri italiano; se c'è stata una comunicazione alla Commissione; se, effettivamente, si ravvisano queste ragioni di sicurezza. Lei ritiene, soprattutto, che sia veramente una misura temporanea, che quindi verrà eliminata o, come alcuni movimenti territoriali paiono dire, la loro intenzione è addirittura quella non solo di continuarla, ma anche di estenderla? Se vuole, può fornirci elementi su questa situazione del casellario, anche se sono connessi, ma sono cose profondamente diverse.
  Avremmo poi altri tre punti su cui chiedere la sua opinione. Relativamente alla presenza dei migranti in Svizzera, risulterebbe al Comitato, anche secondo i dati aggiornati alla Segreteria di Stato della migrazione (SEM), che per il terzo anno consecutivo è stato osservato un calo dell'immigrazione in Svizzera (-15 per cento nel 2016) e che alla fine del 2016 vivevano in Svizzera 2.029.527 migranti, il 24,6 della popolazione totale. Circa il 70 per cento della popolazione residente permanente straniera proverrebbe dagli Stati dell'Unione europea, area europea di libero scambio. Nel 2016, come l'anno precedente, il principale motivo di immigrazione in Svizzera, circa il 47 per cento, sarebbe stato l'assunzione di un impiego, seguita dal ricongiungimento familiare.
  Per quanto concerne i flussi migratori extra Unione europea, la Svizzera, a seguito della conclusione di due accordi di associazione firmati il 26 ottobre 2004, è parte dell’acquis di Schengen, e quindi condivide, naturalmente, le politiche migratorie europee. Risulta al Comitato che sul piano bilaterale la Svizzera ha concluso circa 50 accordi di riammissione con altrettanti Paesi e con tutti i Paesi confinanti. Tali accordi prevedrebbero, tra l'altro, che ciascuna parte contraente riammetta nel proprio territorio, su richiesta dell'altro, i cittadini in uno Stato terzo che non soddisfano le condizioni di ingresso vigenti sul territorio nazionale. Può fornirci un po’ di elementi anche su questi 50 accordi?
  Sulle modalità di gestione dei richiedenti asilo, anche per confrontarci, e sui principali Paesi di provenienza, risulterebbe al Comitato che le domande d'asilo presentate in Svizzera nel 2016 siano diminuite del 31,2 per cento rispetto al 2015 proprio per la chiusura della rotta migratoria dei Balcani nel marzo scorso, per la collaborazione eccellente tra Italia e Svizzera, rafforzate procedure di presa di impronte dei migranti in arrivo in Italia, che hanno reso più difficile la prosecuzione del viaggio a nord. Anche su questo, se vuole, può lasciarci qualche commento.
  Da ultimo, c'è la nuova disciplina sul diritto d'asilo. Lo scorso 5 giugno 2016, i cittadini svizzeri hanno votato, col 66,8 per cento dei voti, a favore della modifica della legge sull'asilo sostenuta dal Consiglio federale. La nuova disciplina elaborata dalla SEM prevede, tra l'altro, uno snellimento delle procedure burocratiche e l'accentramento a livello federale della gestione dei centri di accoglienza, con capacità fino a Pag. 55.000 richiedenti asilo, nei quali si svolge tutta la procedura di accoglienza.
  L'obiettivo sarebbe quello di accelerare le procedure limitando l'utilizzo dei centri di accoglienza dei Cantoni. Da quanto risulta al Comitato, il funzionamento delle nuove procedure d'asilo sarebbe stato dimostrato in una fase di test effettuati da specialisti e dipendenti tenutisi a Zurigo. Anche su questo potrebbe darci qualche commento.
  La ringrazio molto. Le rammento che la seduta è pubblica, quindi tutto ciò che viene detto, viene recepito dalle agenzie e pubblicato nel verbale. Se ritiene di dire qualcosa o fare qualche commento che dovrebbe essere segretato, non ha che da avvertire gli uffici e verrà tolto il collegamento.
  La ringrazio moltissimo, ambasciatore, e le cedo la parola. Lei sa che, dopo il suo intervento, è lasciata la possibilità ai commissari di fare delle domande.

  GIANCARLO KESSLER, Ambasciatore di Svizzera in Italia. Presidente, onorevoli deputati e senatori, è un piacere essere qui. Desidero, innanzitutto, ringraziarvi per il vostro invito e per la possibilità di esporvi a nome del mio Governo una visione d'insieme dell'attuazione dell'accordo tra Svizzera e Unione europea sulla libera circolazione delle persone e di darvi informazioni sulla recente chiusura notturna di tre valichi minori.
  Parlerò circa una decina di minuti, dandovi il quadro generale, poi magari ripetiamo le domande, perché sono molte, varie e non riguardano solo la questione dei valichi di frontiera. Penso, però, che sia importante dare un quadro generale della collaborazione della Svizzera, soprattutto con l'Italia, nel quadro Schengen.
  Com'è noto, la Svizzera non è membro dell'Unione, ma è legata a essa da relazioni profonde e articolate, che trovano riscontro in più di cento trattati bilaterali. Tuttavia, contrariamente a un'opinione ampiamente diffusa, la Svizzera non è beneficiaria di tutte le quattro libertà di cui godono i Paesi membri dell'Unione. La Svizzera, in effetti, è coinvolta a pieno titolo solo nella libera circolazione delle persone, non beneficia della libera circolazione dei servizi e de iure neanche di quella dei capitali. Per quel che riguarda le merci, invece, vi è un accordo di libero scambio del 1972.
  L'Unione europea e i suoi 28 Stati membri sono di gran lunga i principali partner della Svizzera, sia per il peso economico e politico che per la prossimità geografica e culturale. Le relazioni economiche assumono particolare importanza, tenendo conto che la Svizzera, dopo Stati Uniti e Cina, è il terzo partner commerciale dell'Unione europea.
  Negli ultimi anni, sono stati conclusi ulteriori accordi, tra i quali va menzionato anche l'accordo sullo scambio automatico di informazioni a fini fiscali. Quest'approccio bilaterale è stato sistematicamente avallato dal popolo svizzero in occasione di una serie di votazioni popolari.
  Nell'ambito dell'attuazione dell'accordo di Schengen, credo sia innanzitutto opportuno ricordare alcune cifre. Lei ne ha menzionate alcune. In Svizzera risiedono circa 2 milioni di stranieri, un quarto della popolazione nazionale. Di questi 2 milioni, più di due terzi provengono da Paesi membri dell'Unione e 300.000 lavoratori frontalieri raggiungono quotidianamente la Svizzera.
  In ambito migratorio, la Svizzera è solidale con i Paesi dell'Unione nell'affrontare le sfide attuali. Le autorità elvetiche sono convinte che sia assolutamente necessario che tutti i Paesi europei si uniscano in un impegno comune. L'Italia non può essere lasciata sola nel soccorrere e accogliere i richiedenti asilo emigranti.
  Il mio Paese desidera sostenere misure comuni a livello europeo. Le soluzioni individuali e unilaterali devono essere evitate. Esse non fanno che spostare il problema e il fardello sulle spalle altrui, ma non risolvono per contro il problema.
  La Svizzera rispetta gli impegni presi con gli accordi di associazione di Schengen e Dublino e mantiene le sue promesse concernenti il sostegno degli Stati più toccati dalla crisi migratoria, in particolare l'Italia. D'altra parte, la Svizzera si aspetta che tutti i Paesi rispettino gli impegni presi nell'ambito della collaborazione prevista dagli Pag. 6 accordi di Schengen e Dublino. Ora vi dettaglio un po’ come concretamente questo ha riscontro.
  A causa della situazione geografica e degli stretti rapporti con i Paesi vicini, è evidente che la Svizzera è pienamente toccata dalle sfide migratorie, che ci toccano tutti in questo momento. Crediamo di assumere pienamente le nostre responsabilità e contribuiamo fattivamente agli sforzi europei volti ad affrontare le sfide comuni, questo per solidarietà con i nostri partner, in accordo con gli impegni presi nell'ambito degli accordi di Schengen.
  Siamo fiduciosi che si troverà un approccio consensuale nell'ambito della politica d'asilo basata sui princìpi della responsabilità e della solidarietà. La Svizzera continuerà a sostenere anche in futuro una ripartizione solidale della responsabilità nel campo della migrazione e dell'asilo. Miriamo, perciò, a un rafforzamento a lungo termine del sistema Dublino e continueremo a impegnarci per una divisione basata sulla solidarietà di richiedenti asilo e migranti.
  Sul terreno gli esperti svizzeri sono regolarmente impegnati nelle operazioni di Frontex e contribuiscono, così, alla sicurezza delle frontiere esterne. La Svizzera partecipa, inoltre, a EASO, l'European Asylum Support Office, sia finanziariamente sia con del personale di sostegno degli hotspot e dei programmi di riallocazione in Italia e in Grecia. In questo senso, l'impegno è aumentato e ora abbiamo 14 esperti impegnati con EASO, di cui 13 su territorio italiano.
  Oltre a quanto previsto dagli accordi di Dublino, la Svizzera si impegna volontariamente, nel programma di riallocazione e reinsediamento nell'Unione europea. La Svizzera ha già accolto 519 rifugiati, per cui si era impegnata nel programma di reinsediamento dell'Unione. A gennaio di quest'anno, la Svizzera aveva già reinsediato 1000 rifugiati siriani. Altri sono previsti in futuro.
  La Svizzera manterrà, inoltre, anche il suo impegno di riallocare 1.500 persone entro fine settembre 2017, come previsto dal primo piano di riallocazione dall'Unione europea. Di queste, 900 provengono dall'Italia, 547 sono già state trasferite in Svizzera. Entro settembre, pensiamo di riempire il contingente per cui ci eravamo impegnati.
  In cooperazione con i Paesi europei e africani di origine e di transito dei flussi migratori, la Svizzera sostiene inoltre misure e piani comuni, per esempio il piano d'azione della Valletta, e contribuisce con 4 milioni all'EU Emergency Trust Fund per l'Africa.
  Un altro tema che vorrei rapidamente affrontare è quello della collaborazione tra Svizzera e Italia nell'ambito migratorio. L'Italia è il nostro partner più importante nell'ambito della migrazione. Abbiamo investito molta energia per creare una buona collaborazione tra i servizi competenti dei nostri due Paesi. Tengo qui a sottolineare che soprattutto la collaborazione nell'ambito Dublino funziona molto bene.
  L'Italia oggi registra praticamente tutti i migranti che sbarcano sulle coste italiane. Questo significa che le autorità italiane applicano le regole vigenti, e che dunque il sistema Dublino può funzionare. Siamo felici di poter affermare che abbiamo buonissime relazioni a tutti i livelli (operativi, dirigenziali e ministeriali) nell'ambito Dublino.
  Siamo coscienti che l'Italia non può gestire da sola questi ingenti flussi migratori, che arrivano soprattutto dalla Libia. La migrazione attraverso la rotta centrale del Mediterraneo ha un diretto effetto anche sulla situazione migratoria in Svizzera. Anche in quest'ambito, la collaborazione tra le autorità italiane e svizzere funziona bene.
  Siamo stati anche invitati a partecipare alla conferenza sulla migrazione lungo la rotta centrale del Mediterraneo, tenuta a Roma a marzo 2017. Per noi, è molto importante prendere parte a questo tipo di iniziative. Siamo dell'opinione che la creazione del gruppo di contatto, istituito in occasione della conferenza a Roma, faciliterà il dialogo e la collaborazione nella regione del Mediterraneo.
  Per quanto riguarda la Libia, è importante proseguire la strada intrapresa e mettere Pag. 7 in atto le tre priorità che sono state definite a Roma durante la conferenza, cioè rafforzare la capacità dei guardacoste libici, aumentare la protezione dei migranti in loco e garantire il controllo della frontiera a sud.
  Vengo ora alla questione della protezione delle frontiere.
  Per il buon funzionamento di uno spazio senza frontiere interne è indispensabile un controllo effettivo delle frontiere esterne. In questo senso, la Svizzera sostiene il sistema di guardie di frontiera e guardacoste europeo. La Svizzera comprende che alcuni Stati membri di Schengen abbiano reintrodotto temporalmente dei controlli alla frontiera alla luce dei flussi migratori osservati nel 2015-2016. La Svizzera non ha sentito finora la necessità di reintrodurre questi controlli alla frontiera, ma si riserva la facoltà di farlo ultima ratio, se le circostanze lo richiedessero.
  Tuttavia, grazie alla collaborazione con i nostri vicini, facciamo di tutto per evitare di trovarci in una tale situazione. Per noi, è particolarmente importante che eventuali misure non vengano adottate unilateralmente, ma siano discusse insieme in una stretta collaborazione con i Paesi vicini e i Paesi del sistema Schengen.
  In questo senso, gli incontri trilaterali di Germania, Italia e Svizzera hanno luogo regolarmente tra le autorità responsabili: uno a dicembre 2016 a Zurigo, l'ultimo a margine della conferenza a Roma a marzo 2017, mentre il prossimo è previsto, anche con la partecipazione dell'Austria, a Berlino, probabilmente a maggio.
  Le guardie svizzere di frontiera sosterranno, inoltre, l'Italia in occasione dei controlli alla frontiera interna previsti dal 10 al 30 maggio in vista della riunione dei Capi di Stato del G7 a Taormina. Un accordo in tal senso è stato concluso il 18 aprile, cioè qualche giorno fa, a Chiasso, con il direttore della Polizia delle frontiere.
  Passo ora alla situazione alla frontiera italo-svizzera.
  La Svizzera è toccata dall'immigrazione irregolare sia come Paese di transito sia come Paese di destinazione. L'anno scorso sono state interpellate più di 48.000 persone senza titolo di soggiorno valido, la maggioranza provenienti dalla frontiera a sud. La collaborazione con i colleghi italiani è decisiva anche alle frontiere.
  Nell'ambito di scambi regolari tra le autorità di frontiera, sono state adottate misure che migliorano la collaborazione. La Svizzera ringrazia le autorità italiane per l'eccellente collaborazione nell'ambito della gestione della crisi migratoria.
  Sulla chiusura dei valichi di frontiera, il 5 marzo 2014, come sapete, la consigliera Roberta Pantani ha presentato una mozione di chiusura notturna dei valichi secondari tra Svizzera e Italia che ha il seguente tenore: «il Consiglio federale ha incaricato di prendere provvedimenti affinché, per migliorare il controllo del presidio del territorio da parte della Polizia e delle guardie di confine, si possa ottenere in collaborazione con le autorità italiane la chiusura notturna dei valichi di confine secondari tra Svizzera e Italia», qui sottolineo in collaborazione con le autorità italiane.
  La mozione è stata accolta da entrambe le Camere federali. Il progetto pilota è legato a questa mozione e dovrà permettere di individuare le ripercussioni concrete di tale misura, in particolare per quanto concerne la lotta contro la criminalità transfrontaliera. Il Governo svizzero prende seriamente le preoccupazioni espresse dalla popolazione locale riguardo alla criminalità transfrontaliera e alla migrazione illegale. È in questo contesto che ha esaminato la chiusura notturna dei valichi secondari tra Svizzera e Italia.
  Il progetto è per la durata di sei mesi a partire dal 1° aprile. È stata introdotta in Ticino la chiusura notturna di questi tre valichi dalle 23 alle 5. Si tratta di tre valichi secondari che si trovano a Novazzano, a Pedrinate e a Ponte Cremenaga. Le valutazioni svolte a livello federale cantonale in base ai criteri legati alla sicurezza e ai volumi di traffico transfrontaliero hanno permesso di identificare questi tre valichi come idonei per l'avvio di una fase di sperimentazione.
  Questa misura è stata anche discussa nell'ambito della comunità di lavoro Regio Pag. 8Insubrica già l'anno scorso. Alla fine del progetto pilota, verrà effettuata una valutazione dettagliata, che permetterà in particolare di individuare le ripercussioni di tale misura sulla lotta alla criminalità transfrontaliera e sui flussi di traffico. In questa valutazione saranno coinvolte anche le esperienze italiane al riguardo, come già discusso in occasione della visita del direttore svizzero delle Dogane a Roma nel marzo di quest'anno.
  In occasione del prossimo dialogo transfrontaliero, previsto per il 23 maggio a Bellinzona, i rappresentanti dei rispettivi Governi delle regioni interessate potrebbero già avere un primo scambio di esperienze anche su questa chiusura. Nel quadro di questa valutazione, verranno anche prese in conto le reazioni a queste misure della regione di frontiera e a livello Unione europea. È chiaro che siamo in una fase di sperimentazione.
  I risultati tratti dall'analisi forniscono la base per la procedura da seguire. Si dovesse giungere a una conclusione positiva in merito all'utilità del mantenimento dell'espansione delle misure, il coinvolgimento delle autorità italiane alla messa in atto di queste misure sarà assicurato.
  Passo ora allo scalino...

  PRESIDENTE. Posso permettermi due osservazioni su questo? Se mi potesse chiarire...
  A parte che coinvolgimento delle autorità italiane... L'accordo Schengen prevede un accordo di entrambi gli Stati quando si assumono queste misure, non solo un coinvolgimento.
  La seconda domanda è: che cosa significa valutare risultati positivi e poi, eventualmente, estendere? Farete una verifica se sono diminuiti o no i furti, secondo voi? Se sono diminuiti i furti, lo estenderete anche agli altri valichi? Che cosa vuol dire? Sperimentazione sulla base di che cosa? Quali saranno i dati che considererete?

  GIANCARLO KESSLER, Ambasciatore di Svizzera in Italia. Se mi permette, voglio risponderle dopo. Ci sono ancora due elementi che voglio mettere in rilievo, che sono proprio la collaborazione a livello di Polizia contro criminalità e terrorismo, già parte del quadro, che già avviene. Poi entreremo nel vivo della domanda.
  Gli ultimi elementi che voglio fornirvi riguardano, dunque, le misure concernenti la lotta alla criminalità e al terrorismo.
  La Svizzera lavora strettamente con l'Unione europea nella lotta al terrorismo e utilizza ampiamente i sistemi di informazione dell'Unione europea ai quali partecipiamo. Anche la cooperazione con Europol è stata rinforzata. Da settembre 2016, un esperto svizzero dell'antiterrorismo siede nell'ufficio di collegamento svizzero presso l'Europol all'Aia.
  La Svizzera condivide, inoltre, informazioni operative, per esempio sui foreign terrorist fighters, ed è rappresentata nell'ufficio di collegamento, il Joint liaison team presso il Centro europeo di lotta al terrorismo di Europol. La Svizzera, inoltre, sostiene anche in maniera proattiva il lavoro di questo centro.
  Altro elemento importante in questo quadro è l'accordo di collaborazione tra le Forze di polizia italiane e svizzere. Il nuovo accordo bilaterale di cooperazione è entrato in vigore il 1° novembre scorso e i protocolli di esecuzione sono entrati in vigore il 22 novembre 2016. L'Italia e la Svizzera possono avvalersi di strumenti efficaci al servizio della sicurezza interna di entrambi i Paesi.
  A tale proposito, mi preme ringraziare ancora una volta i collaboratori del dipartimento della pubblica sicurezza, che l'autunno scorso hanno svolto un lavoro straordinario e hanno permesso l'elaborazione di soluzioni valide per il tipo di armi e munizioni utilizzabili nel quadro della cooperazione stabilita dall'accordo.
  L'accordo costituisce uno strumento di progresso nella lotta alla criminalità transfrontaliera. Il futuro è costituito da pattugliamenti misti e dalle indagini transfrontaliere, due misure che dovranno essere adottate anche nella lotta attiva contro i passatori. Questi nuovi strumenti permetteranno ai nostri agenti di collaborare in modo ancora più efficace, in quanto potranno Pag. 9 scambiarsi informazioni e intervenire congiuntamente con maggiore rapidità.
  Vorrei concludere riconoscendo l'enorme lavoro svolto dalla parte italiana rispetto alla forte pressione migratoria cui è chiamata a far fronte. L'importante impegno italiano è dimostrato sia nella fase di registrazione dei migranti sia nella loro accoglienza, così come nella conduzione dell'operazione «Sophia» e la formazione delle guardie della costa libica.
  In avvenire, la Svizzera continuerà a impegnarsi per la solidarietà e la condivisione delle responsabilità tra gli Stati europei in materia di asilo e immigrazione, e manterrà la sua dedizione in questo campo.
  Va, infine, rilevata l'eccellente collaborazione che si è creata tra i nostri Paesi negli ultimi anni. Sono convinto che le buone relazioni costituiscano una solida base per rinforzare ulteriormente la nostra cooperazione in questo campo molto importante di cui si occupa il vostro Comitato.
  Andiamo subito al sodo. Riguardo alla chiusura delle frontiere, forse il primo chiarimento alle sue osservazioni è che l'iniziativa viene da una parlamentare del Canton Ticino, ma la decisione è stata presa a livello federale. Come ho spiegato nella mia esposizione, il Consiglio federale prende seriamente queste preoccupazioni della popolazione e ha deciso per una fase di sperimentazione su tre valichi ritenuti minori, che non dovrebbero impedire o oltremodo rendere difficile lo spostamento delle persone.
  Forse, alcuni di voi conoscono la regione: ci sono quattro valichi a 8 chilometri di distanza, grosso modo, e due di questi vengono chiusi. I tempi di percorrenza per raggiungere un valico durante quelle ore senza traffico sono pochi minuti. Per il terzo valico di Ponte Cremenaga c'è la stessa situazione: sono tre valichi nello spazio di 800 metri in linea d'aria. Il fatto di chiuderne uno...
  Lei mi ha chiesto, giustamente, come verrà valutato. Si tratta proprio di quello che ha detto lei, di vedere che cosa vuol dire per la Polizia svizzera, che cosa per la Polizia italiana, per i frontalieri italiani questa chiusura, che cosa significa in realtà, come eventualmente si evolvono le statistiche della criminalità, se ci può essere un legame o meno. Lei ha sollevato la questione di principio. Chiaramente, il Consiglio federale, poi ne potremo parlare, non ha nessuna intenzione di contravvenire agli accordi di Schengen. Questo mi sembra evidente.
  Noi giudichiamo lo spazio Schengen uno spazio di libertà, ma anche uno spazio di sicurezza. È anche per questo che facciamo questa fase sperimentale, ma bisogna anche dire che la sperimentazione va proprio in questo senso. Se riteniamo, con il coinvolgimento della parte italiana, che può essere utile alla collaborazione della Polizia per combattere la criminalità che alcuni valichi minori durante la notte vengano chiusi, non credo che questo contravvenga agli accordi. Esprimo il mio parere: è tutta una questione di misura e di misurare le conseguenze.
  Certo, se se ne fa una questione di principio e si applica la lettera, che adesso non conosco a memoria, degli accordi, si può dire che questo non s'ha da fare, ma qui si tratta di trovare un equilibrio tra la libertà di circolare e l'assicurazione della sicurezza in un certo spazio.

  PRESIDENTE. Benissimo. Non mi permetto considerazioni politiche, ma è di tutta evidenza che, da una parte, devono essere accertati i reali motivi di sicurezza e, dall'altra, la lettera è importante, perché tra coinvolgimento e accordo tra Stati la differenza è abbastanza evidente. Mi sembra, però, che le sue parole siano state molto chiare e la ringrazio per queste parole.
  A quanto capisco, è a ottobre l'esito di questa sperimentazione. Naturalmente, il Comitato – vero, colleghi? – verificherà che cosa sarà successo. Le saremo grati anche se vorremo di nuovo scambiarci delle informazioni.
  Veramente capisco, ha ragione, forse questo è fuori dall'ambito per cui le abbiamo chiesto la cortesia di essere qui, ma ha delle considerazioni su questi accordi di rimpatrio in cui avete un'eccellenza e anche Pag. 10 su questa modifica nelle procedure di richiesta d'asilo? Avete effettivamente avviato addirittura un'accelerazione?

  GIANCARLO KESSLER, Ambasciatore di Svizzera in Italia. Sugli accordi di rimpatrio è difficile dire che c'è un'eccellenza. Abbiamo molta esperienza, perché abbiamo avuto molte richieste d'asilo già durante la guerra dei Balcani. Per motivi linguistici, per motivi di spostamento di popolazione, in un periodo avevamo molte richieste d'asilo, a fine anni Ottanta, inizio anni Novanta. Questa problematica del rimpatrio si è imposta rapidamente all'attenzione della nostra politica.
  Detto questo, il nostro sistema non copre tutti i Paesi. Ci sono dei Paesi per cui abbiamo accordi di rimpatrio, sappiamo che l'Italia non ne ha, e viceversa, sappiamo che l'Italia ha degli accordi di rimpatrio per Paesi che a noi interesserebbero e noi non ne abbiamo. È anche per questo che pensiamo che al livello dell'Unione europea e come associazione Schengen dobbiamo coordinarci e cercare di fare degli accordi con questi Paesi perché non ci sia questo spostamento, per cui si va in un certo Paese perché c'è un accordo o un altro... Esattamente.
  Quanto al secondo punto che ha sollevato sulla nuova legge sull'asilo, come sa, abbiamo votato sull'asilo perché era molto controversa. C'è chi diceva che era troppo dura, chi che non lo era abbastanza. È una legge – non siamo i migliori della classe – che credo si sia ispirata molto al modello di altri Paesi, soprattutto l'Olanda, per accelerare le procedure d'asilo.
  C'è chi ha detto che i diritti dei migranti o dei richiedenti non erano più sufficientemente difesi, ma la presenza di un avvocato e qualcuno che aiuta questi migranti è assicurata. Si è cercato di fare in modo che queste procedure funzionassero e pare che i primi risultati siano positivi, nel senso che la procedura è accelerata e questo è nel vantaggio anche dei richiedenti asilo: se conoscono la propria situazione, possono anche molto più rapidamente prendere una decisione per il futuro.
  Parliamoci chiaro, anche da noi molti spariscono, specialmente quando la decisione è negativa, è evidente. Non sono criminali, non si possono rinchiudere, alcuni scelgono la via del sottobosco, altri tornano a casa, perché magari vengono da Paesi in cui la difficoltà è piuttosto di tipo economico che conflittuale.
  C'è anche una certa politica che abbiamo già messo in piedi ai tempi dei rifugiati dei Balcani, in cui si dà un certo aiuto. Anche lì è una questione molto difficile: quanto aiuto diamo? Diamo aiuto abbastanza perché possano rifarsi una vita o iniziare un'attività nel Paese, ma non sufficiente perché vengano a porre un'altra domanda per riprendersi di nuovo la somma. C'è stato anche quello. Parliamoci chiaro, è un esercizio molto difficile, ma c'è quest'esperienza perché viene da una situazione che avevamo già vissuto negli anni Ottana e Novanta con la guerra dei Balcani.

  PRESIDENTE. Scusi, noi stiamo discutendo in Italia di sezioni specializzate dei tribunali e abbiamo delle commissioni territoriali che esaminano le richieste e la possibilità del ricorso: voi avete questa possibilità? Immagino di sì, perché è portata da regole internazionali: ma si ricorre a chi? Ai tribunali? A...

  GIANCARLO KESSLER, Ambasciatore di Svizzera in Italia. So che ci sono dei tribunali di ricorso proprio in materia d'asilo. C'è un'istanza proprio di ricorso a livello federale per le domande d'asilo.

  PRESIDENTE. L'accompagna il Ministro d'ambasciata Pietro Lazzeri, a cui do la parola.

  PIETRO LAZZERI, Ministro d'Ambasciata. Con la riforma accettata dal popolo svizzero nel 2016, abbiamo ridotto in realtà di uno step, quindi anche i tempi. Adesso, abbiamo una capacità di risposta ai casi direi tra i tre i sei mesi al massimo.

  PRESIDENTE. Tribunale ordinario?

  PIETRO LAZZERI, Ministro d'Ambasciata. L'autorità ultima è federale, poi c'è Pag. 11possibilità di fare ricorso, ma è un tribunale ordinario che decide.

  PRESIDENTE. Mi faccia capire: sono tre gradi in tutto?

  PIETRO LAZZERI, Ministro d'Ambasciata. Sono due gradi.

  PRESIDENTE. Il primo di fronte a quest'autorità federale e poi un grado solo per il ricorso al tribunale.

  PIETRO LAZZERI, Ministro d'Ambasciata. Esattamente.

  PRESIDENTE. Perfetto. La ringrazio moltissimo. Ringrazio l'ambasciatore.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Raccoglierei tutte le domande, per poi lasciare la parola all'ambasciatore per la replica.

  MARIA CHIARA GADDA. La ringrazio, signor ambasciatore, per la sua disponibilità.
  La Svizzera, oltre che essere partner commerciale, è un importante interlocutore, come già ricordato, per quanto riguarda i tantissimi lavoratori transfrontalieri che ogni giorno varcano la frontiera e anche per molti studenti italiani che frequentano l'università nel Canton Ticino.
  Vorrei aggiungere ai quesiti posti dalla presidente delle domande anche sull'ultima decisione che riguarda la modifica sulle commesse pubbliche da parte del Gran Consiglio del Canton Ticino, che esclude le imprese italiane dalle commesse inferiori a 8,7 milioni di franchi. Vorrei un giudizio su questa delibera del Gran Consiglio del Canton Ticino.
  Per quanto riguarda la chiusura delle frontiere, vorrei aggiungere la chiusura a Ponte Tresa in seguito a un tentativo di rapina, chiaramente una situazione che poteva mettere a rischio la sicurezza nazionale svizzera: su quella chiusura di frontiera, che ha causato disagi non soltanto ai lavoratori transfrontalieri, ma credo anche a tanti cittadini svizzeri – è durata qualche ora – sono state opportunamente coinvolte le autorità italiane? Provenendo da quel territorio, non mi risulta che così sia avvenuto in quel caso specifico, pur comprendendo le ragioni legate alla sicurezza.
  Per quanto riguarda la questione del casellario giudiziale, sicuramente è un'opportunità che è lecito che uno Stato possa chiedere. Vorrei chiedere una valutazione, un commento in merito alle dichiarazioni del consigliere di Stato Norman Gobbi, che ha giustificato il fatto che questo casellario fosse richiesto soltanto ai lavoratori italiani e non a quelli, per esempio, francesi o tedeschi, dicendo che in quei Paesi non esistono le organizzazioni criminali presenti in Italia.
  Noi sappiamo che purtroppo i fenomeni criminali, soprattutto di tipo mafioso, non hanno ormai frontiere, e anzi sono arrivati anche oltreoceano. Credo che queste dichiarazioni non aiutino, talvolta, la collaborazione tra Paesi.
  Per quanto riguarda il fenomeno migratorio, vorrei chiedere conferma di questi dati. In altre Commissioni parlamentari abbiamo visto il rapporto dell'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione elaborato nell'agosto 2016. Da questi dati risulta che dal 1° maggio al 30 settembre 2016 vi sono state 9.440 riammissioni semplificate verso il confine italiano, in particolare a Chiasso.
  Sempre secondo questi studi, questo rapporto, risulta che ai richiedenti asilo non sia stato di fatto consentito di formalizzare per iscritto la richiesta d'asilo, e non essendo stata presentata in forma scritta risulta anche difficile fare ricorso. Peraltro, la maggior parte di questi respinti proveniva da Paesi quali Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan, per i quali si può ritenere che sussistano i presupposti per il riconoscimento di protezione internazionale.
  A questo aggiungo il numero molto elevato di stranieri minori non accompagnati, per i quali esistono anche delle norme specifiche, delle forme di tutela maggiori legate anche alle convenzioni internazionali, alla tutela del fanciullo.
  Sempre per quanto riguarda i dati – chiaramente, chiedo conferma anche di questo Pag. 12 – se si analizzano quelli, per esempio, tra l'aprile e l'agosto 2016, nell'agosto 2016 queste riammissioni sono aumentate del 70 per cento. Sembra che queste riammissioni alla frontiera possano essere legate anche a un controllo numerico dei flussi in ingresso, a un controllo su richieste che riguardano protezione internazionale, che sono però individuali e non possono essere legate a respingimenti di tipo collettivo.
  Vorrei chiedere maggiori puntualizzazioni su questi elementi, chiedendo innanzitutto se corrispondono al vero.

  PAOLO ARRIGONI. Ringrazio l'ambasciatore. Innanzitutto, mi complimento per l'applicazione del rigore della legalità del vostro Paese e della considerazione che le vostre autorità hanno nei confronti del popolo sovrano, come lei poc'anzi ha citato.
  Ho cinque domande, ambasciatore. Io ho un dato sui ricollocamenti probabilmente un po’ datato: 471 ricollocamenti al 20 marzo. Lei ha citato prima un numero, 519, e vorrei capire a che data si riferisce, se tra i 519 sono ricompresi anche dei minori non accompagnati. Questo è un numero rilevante, tra i principali dei ricollocamenti rispetto agli altri Paesi europei.
  Vorrei sapere se, tra le nazionalità che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale, oggetto quindi di ricollocamento, la Svizzera esprime delle preferenze per poter ricevere siriani, iracheni, libici, eritrei, somali o afgani.
  Per quanto riguarda le riammissioni passive, ho anch'io rilevato un numero importante di riammissioni della Svizzera fatte nei confronti del nostro Paese. Posto che lei ha detto che non c'è il controllo dei confini, vorrei sapere se questo è frutto, come penso, di un'attività di rintraccio, che giudico molto positiva, degli irregolari presenti sul vostro territorio.
  Sempre in termini di riammissioni, la presidente Ravetto parlava all'inizio di 50 riammissioni: vorrei capire se, quando si usa questo termine, si intende anche riammissioni/rimpatri e se è possibile avere, se la nostra segreteria non ne dispone, un elenco di questi 50 Paesi.

  PRESIDENTE. Lo abbiamo e lo faremo avere.

  PAOLO ARRIGONI. Grazie. Vengo alla terza domanda.
  Sulla valutazione delle richieste di asilo abbiamo detto che il ricorso avviene presso l'autorità giudiziaria: la prima istanza è sempre a un'autorità giudiziaria o a un'autorità amministrativa?
  Quanto ai numeri di richiedenti asilo nel vostro Paese, è possibile avere dei dati, per esempio, dell'ultimo triennio, 2014-2016, e dei primi quattro mesi di quest'anno? È possibile conoscere anche le differenze tra le varie nazionalità?
  Ultima domanda, vorrei sapere quante persone oggi la Svizzera ha nel sistema di accoglienza; se esso è rappresentato da centri di grossa dimensione, di piccola dimensione; se sono gestiti dagli enti governativi, dai Cantoni, dal Governo federale o se le autorità pubbliche affidano attraverso gara a privati la gestione di questi centri; se esistono delle condizioni per cui riconoscete ai richiedenti asilo/rifugiati una quota per una gestione autonoma dell'accoglienza.
  Infine, oltre alla protezione internazionale, allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria, riconoscete anche la protezione umanitaria, che il nostro Paese comunque prevede?

  PRESIDENTE. Do la parola all'ambasciatore per la replica.

  GIANCARLO KESSLER, Ambasciatore di Svizzera in Italia. Penso che vi richiederò le domande, perché sono molto precise, esaustive.
  Faccio una prima osservazione generale sulle domande d'asilo, che riguarda poi anche la politica in generale di riammissione in Italia. I dati italiani sono: 2014, 65.000 domande; 2015, 83.000; 2016, 125.000. Per la Svizzera, i dati sono: 2014, 23.000 domande; 2015, 39.000 domande d'asilo; 2016, 27.000 domande, grossomodo. Fatte le dovute proporzioni, riceviamo da una e mezzo a tre volte più domande d'asilo rispetto alla parte italiana. Pag. 13
  Perché le domande in Svizzera sono calate nel 2016? Una delle componenti è sicuramente il fatto che l'Italia, a partire dal 2016, registra i migranti che arrivano sul territorio italiano, e quindi le persone che raggiungono il territorio svizzero per porre una domanda d'asilo sono probabilmente diminuite anche grazie a questo. Abbiamo visto che anche l'Italia è diventata interessante e come questi migranti oramai domandino l'asilo anche in Italia, come prima non era.
  Il flusso degli eritrei è diminuito. Non conosco le percentuali, ma sembrava che ci fosse una filiera eritrea, come in passato abbiamo avuto una filiera srilankese in Svizzera. Non possiamo determinare questi flussi, dovuti al fatto che ci sono parentele, amicizie e così via, a condizioni particolari.
  Detto questo, torno alla domanda generale posta dalla signora. Sappiamo di queste accuse fatte al Corpo di polizia, soprattutto alle guardie di frontiera, che negano assolutamente. La prima cosa che fanno è chiedere al rifugiato, alla persona che arriva, se vuole porre una domanda d'asilo o meno. Se vogliono questo, vengono incanalati in un certo sistema.
  Se qualcuno non vuole porre la domanda d'asilo, si controllano i documenti: se sono documenti di viaggio per andare in Germania o dove vuole, va bene; se questa persona non ha i documenti per proseguire il viaggio e risulta provenire dall'Italia, viene restituita alla parte italiana. La cosa è abbastanza chiara. Veramente la guardia di frontiera nega relativamente a queste accuse. Se ci sono stati dei casi in cui la cosa non ha funzionato, evidentemente non sono le procedure standard che dovrebbero applicare. Questo è evidente.

  PRESIDENTE. Posso permettermi di lasciar intervenire un secondo l'onorevole Gadda?

  MARIA CHIARA GADDA. Per i minori stranieri, indipendentemente dalla loro volontà di formalizzare, deve essere comunque fornito un tutore. Prendo atto di quanto ha dichiarato, ma sui minori stranieri non accompagnati esiste un focus particolare.

  GIANCARLO KESSLER, Ambasciatore di Svizzera in Italia. Siamo perfettamente d'accordo che questo focus debba essere dato. Penso sia previsto dalle procedure. Se si sono verificati casi in cui questo non è stato fatto, eccezionalmente, evidentemente è un errore e va corretto. La guardia di frontiera nega, però, che questo sia avvenuto.
  Saltiamo un po’ di palo in frasca, poi magari approfondiremo.
  Quanto alla questione del casellario giudiziario, il mio Ministro della giustizia e il Segretario di Stato alle questioni della migrazione, che si occupano dell'applicazione dell'accordo di Schengen, hanno detto chiaramente che questa richiesta non è conforme agli accordi di Schengen. È stato chiesto al Canton Ticino di trovare delle misure alternative, conformi al diritto internazionale, e il Canton Ticino ha promesso di farlo entro fine giugno di quest'anno. Le autorità federali lo ricordano alle autorità ticinesi, quindi, che hanno preso quest'impegno, e noi contiamo che le autorità ticinesi trovino delle soluzioni alternative.
  È vero che nella dichiarazione del Ministero delle finanze alla parafatura dell'accordo sui frontalieri è stata posta questa condizione, che conosciamo bene: contiamo che il Canton Ticino tolga questa misura, e che quindi a giugno riusciremo finalmente a firmare quest'accordo sui frontalieri.
  Quanto alla nuova legge sugli appalti pubblici, dobbiamo ancora farci un'opinione a livello federale su questa nuova legge. Chiaramente, la legge è stata fatta al di sotto delle soglie previste dagli accordi internazionali, ma bisogna vedere se poi soddisfa l'accordo tra Svizzera e Unione europea in materia di appalti pubblici, dove queste soglie sono confermate, ma lo spirito è un altro.
  Si può vedere la questione de iure e de facto. Questa è una mia interpretazione. È chiaro che, probabilmente, rispetto ai trattati internazionali – questo è previsto, appunto, sotto certe soglie – di fatto questa misura è volta a difendere l'industria locale. Conosciamo le difficoltà di questo Pag. 14momento del Canton Ticino dal punto di vista economico, dove ritengono che questa misura potrebbe aiutare le industrie locali. Comunque, l'esame di questa legge è ancora da fare, dobbiamo vedere che cosa comporterà.
  Prima dei dettagli sulle questioni dei migranti, c'erano altre domande generali sul...

  PIETRO LAZZERI, Ministro d'Ambasciata. Ce n'erano sul sistema di accoglienza e su come funzionano i centri.

  GIANCARLO KESSLER, Ambasciatore di Svizzera in Italia. Non so se ci fossero altre questioni generali, sul casellario...

  PRESIDENTE. No, non mi pare.

  GIANCARLO KESSLER, Ambasciatore di Svizzera in Italia. Do allora la parola, col permesso del presidente, al signor Lazzeri sui centri...

  PIETRO LAZZERI, Ministro d'Ambasciata. Prima, affronterei la domanda sulla questione delle decisioni.
  Con l'introduzione della nuova legge, ribadisco che in Svizzera abbiamo introdotto i centri di registrazione procedura, che devono in 48 ore determinare se c'è un'entrata in materia o meno per valutare la domanda d'asilo, dopodiché c'è una decisione dell'ambito direzionale asilo, un'unità del Segretariato di Stato alla migrazione. In seguito, c'è la possibilità, per la persona, il richiedente, di ricorrere, se la risposta è negativa, al tribunale amministrativo federale.
  I centri di accoglienza sono distribuiti sul territorio. Sono gestiti dai Cantoni, ma in comparazione con altre entità, che possono essere la Croce Rossa, ONG o anche entità private. L'importante è che si rispettino degli standard, dati dalla legge.
  Per quanto riguarda la questione delle 9.000 persone oltre i casi Dublino, quella è una testimonianza che la cooperazione bilaterale funziona con l'Italia e funziona anche in modo celere. Io direi che è anche importante inserire questo in un contesto più ampio.
  Nel 2015, la Svizzera ha ricevuto 40.000 domande d'asilo, l'anno scorso oltre 32.000. È come se in Italia fossero state ricevute 300.000 domande. Questa è una proporzione molto importante. Noi abbiamo 8 milioni di persone.
  Se guardiamo alla maggior parte dei casi Dublino, in realtà riguardano nazionalità che in Svizzera non hanno chance di ottenere l'asilo, e posso fare la lista: Nigeria, Costa d'Avorio e così via.

  PRESIDENTE. Questo è importante: da voi da qualunque parte della Nigeria non c'è chance di avere la tutela?

  PIETRO LAZZERI, Ministro d'Ambasciata. Ci sono chance molto limitate rispetto a Siria, Afghanistan, Somalia, Eritrea.

  PRESIDENTE. Per tornare alla questione posta dal senatore Arrigoni, noi abbiamo la protezione sussidiaria, lo status di profugo e la cosiddetta protezione umanitaria: voi conoscete un istituto di questo tipo?

  PIETRO LAZZERI, Ministro d'Ambasciata. No, non l'abbiamo. Noi abbiamo quello che si chiama non-entrée en matière, in francese, cioè casi in cui si nega la protezione internazionale e devono lasciare il territorio.

  PRESIDENTE. Giustamente, il senatore Arrigoni chiedeva, se potrete, se vorrete, se avrete la possibilità, di farci avere, ma anche i nostri uffici ci possono lavorare, l'elenco dei 50 accordi.

  GIANCARLO KESSLER, Ambasciatore di Svizzera in Italia. Il senatore ha chiesto sui casi di riallocazione, che credo fossero 547. Comunque, lo scopo è arrivare a 900 entro settembre. Non c'è scelta, nel senso che vogliamo solo questi, quelli con gli occhi blu e così via, ma ci sono i criteri dell'Unione europea, dei casi delle domande d'asilo che hanno possibilità in generale Pag. 15 di essere accolte, come la vulnerabilità, la ricerca della famiglia.
  Il problema non c'è, nel nostro caso, con l'Italia, perché i 900 sono già stati individuati, 547 sono già stati mandati in Svizzera e per gli altri adesso si faranno le solite procedure, le carte, si verifica che non siano dei criminali. Queste cose si risolvono in alcune settimane. Il trasferimento è previsto entro la fine di settembre, senz'altro.

  PRESIDENTE. Sulle riallocazioni ringraziamo, perché non tutti i Paesi si stanno comportando alla stessa maniera.
  Posso lasciare ancora la possibilità al senatore Arrigoni...?

  PAOLO ARRIGONI. Ambasciatore, approfitto per una domanda banale e curiosa.
  La Svizzera, come sappiamo, è al centro dell'Europa e confina con Paesi tutti di area Schengen, l'Italia a sud, l'Austria, la Germania e via dicendo. In considerazione del Regolamento di Dublino, per il quale si fa la richiesta d'asilo nel Paese di primo approdo dell'area Schengen, tutte queste persone, un numero importante (32.000 nel 2016, 39.000 nel 2015), che hanno richiesto asilo come sono arrivate in Svizzera? Se sono passate dall'Austria, voi non pretendete di fare la riammissione attiva, così come verso...

  PRESIDENTE. Lo fanno verso l'Italia.

  PAOLO ARRIGONI. Come verso l'Italia. Arrivano in aereo...

  GIANCARLO KESSLER, Ambasciatore di Svizzera in Italia. Penso che la situazione sia uguale per tutti i Paesi. Sono semplicemente persone che non abbiamo preso, che ci hanno fatto la domanda d'asilo e di cui non abbiamo la prova che sono venute da sud, da nord.

  PRESIDENTE. E, quindi, le riammettete...

  GIANCARLO KESSLER, Ambasciatore di Svizzera in Italia. Le riammettiamo. Pongono la domanda d'asilo, poi segue una procedura d'asilo: o vengono accettati o...

  PAOLO ARRIGONI. Fate, quindi, le riammissioni quando avete la consapevolezza del Paese di provenienza.

  GIANCARLO KESSLER, Ambasciatore di Svizzera in Italia. Certo. Parliamoci chiaro. L'altro giorno ho preso il treno per Lugano, il TILO, e c'erano sei ragazzi che la guardia di frontiera svizzera ha visto subito, ha chiesto loro i documenti, hanno risposto di no. Eravamo sulla banchina del treno a Chiasso e sono stati restituiti alle autorità italiane, perché erano sul treno che veniva da Como. Parliamoci chiaro: ci sono centinaia di persone che passano la frontiera da sud, ma anche da est, di cui non sappiamo niente. Questo è evidente.

  PRESIDENTE. Benissimo.
  Ringraziamo l'ambasciatore Kessler. Ci risentiremo, non dico rivedremo, a giugno per la questione del casellario e a ottobre per la questione dei tre valichi. La ringraziamo moltissimo per quello che ha detto.
  Ringrazio i colleghi. Ci vediamo la prossima settimana, quando abbiamo sia la Guardia costiera sia un'altra ONG, quindi proseguiamo nella nostra indagine migratoria.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.30.