XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 34 di Giovedì 29 settembre 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 1 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE POLITICHE DEI PAESI ADERENTI RELATIVE AL CONTROLLO DELLE FRONTIERE ESTERNE E DEI CONFINI INTERNI

Audizione del Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio di squadra Valter Girardelli.
Ravetto Laura , Presidente ... 2 
Girardelli Valter , Capo di Stato Maggiore della Marina Militare ... 3 
Ravetto Laura , Presidente ... 6 
Girardelli Valter , Capo di Stato Maggiore della Marina Militare ... 6 
Ravetto Laura , Presidente ... 7 
Girardelli Valter , Capo di Stato Maggiore della Marina Militare ... 7 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Girardelli Valter , Capo di Stato Maggiore della Marina Militare ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Girardelli Valter , Capo di Stato Maggiore della Marina Militare ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 10 
Conti Riccardo  ... 10 
Campana Micaela (PD)  ... 11 
Girardelli Valter , Capo di Stato Maggiore della Marina Militare ... 11 
Ravetto Laura , Presidente ... 13 
Girardelli Valter , Capo di Stato Maggiore della Marina Militare ... 13 
Ravetto Laura , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione prodotta nel corso dell'audizione ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTEPag. 2. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio di squadra Valter Girardelli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen, con particolare riferimento alle politiche dei Paesi aderenti relative al controllo delle frontiere esterne e dei confini interni, l'audizione del Capo di Stato Maggiore della Marina militare, ammiraglio di squadra Valter Girardelli.
  Ringraziamo l'ammiraglio, anche perché siamo uno dei primi comitati che visita dopo la sua nomina, quindi siamo onorati di averlo qui. Essendo già stato audito, sa che la seduta è pubblica, ma se lo ritiene possiamo, ovviamente, passare al circuito secretato.
  Vorrei sottoporle dei brevissimi punti, dopodiché lascio la parola a lei e ai colleghi.
  La prima questione è relativa ai flussi migratori diretti in Europa attraverso la Libia. Sappiamo che, secondo le stime dell'UNHCR, dal 1 gennaio al 30 agosto 2016 hanno attraversato il Mediterraneo verso l'Europa oltre 271.000 migranti, di cui 163.000 sbarcati in Grecia, 106.000 in Italia e 2.500 in Spagna. Peraltro, nei primi 8 mesi del 2016 i flussi appaiono profondamente diversi. In Grecia si è registrato un sostanziale arresto degli arrivi; sono circa 2.000 a luglio, a fronte dei 60.000 dello scorso gennaio. In Italia, invece, durante il periodo estivo si è registrato un picco di arrivi, con 21.000 a giugno, 23.000 a luglio e 22.000 agosto, dopo che avevamo avuto dei flussi più contenuti a gennaio. Le chiediamo, quindi, anche se sappiamo che non è di sua stretta competenza, di fornirci una valutazione di quali siano le iniziative che il Governo libico e l'ONU stanno tentando di porre in essere per affrontare questo problema dei flussi.
  Per ciò che riguarda direttamente il suo incarico, le chiederei di spiegare al Comitato quali sono i risultati conseguiti dalla missione EUNAVFOR-Med – Sophia. Nel corso della sua audizione dell'8 ottobre 2015, l'ammiraglio Credendino, operation commander dell'Operazione navale militare denominata, appunto, Sophia, volta a contribuire a smantellare le reti di traffico e della tratta di esseri umani del Mediterraneo centro-meridionale, ci ha riferito che il 28 settembre 2015 il Comitato politico e di sicurezza dell'Unione europea ha convenuto di avviare la prima parte della seconda fase dell'operazione, a partire dal 7 ottobre 2015 e ha approvato le corrispondenti regole di ingaggio. Sophia, quindi, è stata autorizzata a procedere, sempre nel rispetto del diritto internazionale, a fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti in alto mare di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico o la tratta di esseri umani, con l'avallo politico del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite attraverso la risoluzione n. 2240 del 9 ottobre 2015. Le chiedo, quindi, di darci maggiori informazioni su questo, in particolare per quanto Pag. 3riguarda il numero di trafficanti fermati, il tipo di imbarcazioni utilizzate oggi dai trafficanti, il numero di quelle neutralizzate e tutti i dati che ritiene di poterci dare.
  Inoltre, abbiamo ancora due domande. Una è relativa al mandato dell'operazione Sophia, perché ci risulta che, attualmente, essa operi soltanto in alto mare, pertanto per poter entrare nelle acque territoriali libiche sarebbe necessario il consenso dello Stato territoriale o una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Risulta, altresì, al Comitato che il 14 giugno 2016 il Consiglio di sicurezza dell'ONU abbia approvato all'unanimità la risoluzione n. 2292, la quale amplia il mandato dell'operazione Sophia nel Mediterraneo, applicando nelle acque internazionali al largo della Libia l'embargo sulle armi destinate all'Isis. Risulta, ancora, al Comitato che con decisione PESC n. 9916, adottata dal Consiglio affari esteri delle UE nella riunione del 20 giugno 2016, il mandato dell'operazione Sophia sia stato prorogato fino al 27 luglio 2017 ed esteso per includervi il contributo allo sviluppo delle capacità e alla formazione della Guardia costiera delle Marina libica. Nel nostro colloquio informale mi accennava questo tema. Tra l'altro, diceva che probabilmente era anche un achievement del Governo italiano, quindi le chiedo se può darci dei dettagli anche su questo.
  Passo all'ultima domanda, che riguarda la missione navale della NATO nel quadro della sorveglianza delle frontiere marittime e della lotta contro i trafficanti. Risulta al Comitato che il vertice di Varsavia dell'8 e 9 luglio 2016 dei Capi di Stato e di governo della NATO, su istanza di alcuni Paesi, tra cui l'Italia, che ritengono che la missione della NATO non si esaurisca nella sola difesa collettiva del fianco orientale, ha indicato nelle conclusioni l'obiettivo di proiettare stabilità nel vicinato dell'Alleanza. Tale obiettivo comporta l'adozione di alcune misure sul fianco sud, tra le quali figurerebbe, in particolare, una nuova missione navale della NATO nel Mediterraneo, Sea Guardian, che dovrebbe sostituire l'attuale missione Active Endeavour, istituita con funzione antiterrorismo. Inoltre, l'impiego nell'Egeo dello Standing Maritime Group 2, uno dei gruppi navali multinazionali che fanno parte delle forze di reazione rapida della NATO, dovrebbe continuare ad assistere Grecia, Turchia e Frontex nell'affrontare la crisi migratoria. L'Alleanza si sarebbe detta pronta anche a sostenere la missione Sophia, su richiesta dell'Unione, fornendo supporto logistico, capacità di intelligence, ricognizione e sorveglianza. Anche in questo caso le chiediamo se le informazioni che abbiamo sono corrette, nonché le sue indicazioni di dettaglio in merito.
  La ringrazio, ammiraglio, e le cedo la parola.

  VALTER GIRARDELLI, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare. Ringrazio lei, presidente, e i commissari per l'opportunità che mi viene concessa di offrire un contributo ai lavori che state svolgendo. Dividerei la mia esposizione in due parti. Innanzitutto, vorrei fare un primo richiamo ai compiti in alto mare della Marina militare, per poterli poi inquadrare nelle attività connesse con la parte migrazione, salvataggio in mare, controllo dei traffici illeciti ed altro. Dopodiché, vorrei aggiungere una seconda parte, più nel dettaglio, per rispondere alle domande stimolanti che il presidente mi ha posto, che vanno tutte inserite nell'ambito di un'attività di sicurezza marittima dell'alto mare, elemento di nostro prevalente interesse, sia per gli aspetti economici, sociali e finanziari, sia per il rispetto dei diritti umani. Questa esposizione sarà coerente con quella già effettuata dal Capo di Stato Maggiore della Marina pro tempore il 12 maggio 2015. Per quanto di competenza, vi aggiornerò sui profili che mi sono stati richiesti. Sono, ovviamente, lieto di rispondere alle domande che mi saranno rivolte nell'ambito della competenza della Forza armata che rappresento.
  Quali sono i compiti della Marina militare? Abbiamo, prima di tutto, la difesa marittima del territorio, in particolar modo con riferimento agli 8.000 chilometri di costa che rappresentano l'ultima frontiera aperta, essendo le frontiere terrestri condivise dai Paesi europei. C'è, poi, la protezione Pag. 4 delle linee di traffico marittimo e dei passaggi obbligati (choke points), delle rotte di accesso ai porti, del sistema produttivo e di trasporto marittimo nazionale da cui dipende la sopravvivenza del Paese.
  Molti analisti e organizzazioni internazionali hanno definito il tempo in cui viviamo il «Secolo blu» (Blue Century) perché tutte le attività economiche vanno via mare. Per esempio, il 90 per cento delle merci va via mare e negli ultimi anni il 75 per cento dei Paesi ha rafforzato le capacità marittime, di trasporto nel campo marino (pesca e altro), ma anche infrastrutturali e i porti. Questo vuol dire che l'alto mare si presenta come uno dei global commons, ovvero dei beni a servizio di tutta l'umanità, insieme al cyberspazio, all'Antartide e alle risorse naturali condivisibili da tutti sulla Terra. Tutti si stanno orientando, dunque, a valutare delle strategie per l'economia blu, quella che, appunto, va per mare. Ci sta pensando l'Unione europea, con la Maritime Security Strategy, ma anche la NATO e i grandi di questo mondo. Peraltro, ci sta pensando, per esempio, l'Australia perché è chiaro che le attuali risorse energetiche, proiettate in futuro, potranno trovare una grande provenienza proprio dall'alto mare, per cui il regime dell'alto mare è particolarmente interessante. In questo ambito rientra la protezione delle linee di traffico, non solo di quelle tradizionalmente connesse con il petrolio che arriva dal Golfo, ma anche, in previsione futura, di quelle che saranno le risorse che ci consentiranno di avere uno sviluppo economico e sociale significativamente funzionale alla nostra vita.
  Da questo discende un altro compito della Marina militare e delle altre marine, ovvero il controllo integrato degli spazi marittimi, che è indispensabile per disporre della consapevolezza di ciò che avviene in ambiente marino, dove operano altri interessi. Tra parentesi, ricordo che, sempre nell'ambito del «Secolo blu», la Cina sta facendo un investimento di 1.800 miliardi di euro per la nuova via Della Seta, con un percorso che porterà infrastrutture e quant'altro. Sono note le isole artificiali e il contenzioso anche internazionale nel Mare Cinese Meridionale. Questo avrà sicuramente riflessi su tutto il quadro di riferimento, ivi incluso il Mediterraneo e i bacini attorno a esso, sia ad est, sia a ovest, che hanno influenza su di esso e quindi anche sulla vita dei nostri cittadini e del nostro Paese.
  L'altro compito della Marina è quello di fare presenza e sorveglianza nelle aree di interesse, per assicurare una credibile capacità di intervento di tutela e dell'uso legittimo del mare, anche in relazione al fenomeno della cosiddetta «territorializzazione dell'alto mare». Diverse nazioni – nel Mediterraneo in maniera non eccessivamente marcata, ma soprattutto negli oceani in Sudamerica, nell'Oceano Indiano e nell'Oceano Pacifico – oltre alla zona economica esclusiva delle 200 miglia, che è già stata stabilita, tentano di avere una presenza, come facevano gli antichi navigatori, che arrivavano sull'isola, piantavano la bandiera e dicevano «questo è mio». Questo è il rischio dell'alto mare. Infatti, i beni che possono essere estratti – oggi la tecnologia arriva a 2000 metri, ma fra 20-30 anni può arrivare anche a 4-5.000 metri per estrarre le fonti energetiche – costituiscono un aspetto che deve essere sorvegliato, salvaguardato e attenzionato per poter mantenere i nostri standard economici di vita.
  Inoltre, la Marina partecipa alle operazioni e alle missioni nell'ambito delle Nazioni unite, della NATO; dell'Unione europea e multinazionali per garantire iniziative comuni. Ha, poi, anche la proiezione di capacità militari e umanitarie su terra per intervenire in situazioni di crisi, calamità o di straordinaria necessità e urgenza. Un altro elemento riguarda la sicurezza dei nostri connazionali all'estero. Gli italiani residenti all'estero sono 4,5 milioni, il cui 85 per cento risiede in Paesi rivieraschi o raggiungibili dal mare, senza considerare le decine di milioni di italiani di seconda, terza e quarta generazione che mantengono un collegamento con la loro origine.
  Un altro aspetto è la prevenzione dello sfruttamento illegale delle risorse sottomarine e la protezione degli obiettivi strategici quali le piattaforme off-shore per le infrastrutture energetiche di interesse nazionale Pag. 5in acque internazionali – come avviene con la missione Mare Sicuro, il cui compito principale è la protezione delle piattaforme energetiche nelle acque internazionali di fronte alla Libia che conducono il rifornimento energetico strategico della nostra nazione – ma anche nelle acque dei Paesi stranieri, nel caso che ci siano rapporti di collaborazione.
  In pratica, se c'è una richiesta possiamo intervenire con la nostra esperienza. A questo proposito, apro un inciso. C'è un accordo tra il Ministero della difesa (in particolare la Marina) e il Ministero delle infrastrutture e trasporti per fare la mappatura e la sorveglianza delle prospettazioni geodetiche nei mari territoriali, sia in Adriatico sia nel canale di Sicilia, per capire se ci sono minacce poste direttamente o indirettamente da nazioni che hanno altri interessi (è sempre l'interesse economico che governa questi aspetti), ma anche per verificare la presenza di vulcanelli o altre attività sul fondo di origine naturale che possono mettere a rischio le strutture energetiche che ci riforniscono.
  La polizia dell'alto mare è un altro compito tradizionale della Marina Militare, con il contrasto ad attività illecite come la pirateria, il terrorismo, il traffico di distruzione di massa, nonché la sorveglianza e la vigilanza della pesca per verificare che non ci sia pesca non autorizzata al di fuori degli accordi. La settimana scorsa ero all’International Sea Power Symposium a Newport, negli Stati Uniti, là dove si è visto, appunto, che tutte le marine nel mondo hanno le stesse tematiche, come la pirateria, i traffici illeciti e la pesca. In particolare, la pesca ha, in proiezione, una dimensione elevatissima per la parte economica. Infatti, le risorse alimentari che possono derivare dalla pesca indiscriminata o non regolamentata portano dei benefici economici significativi. Questi temi devono essere, dunque, oggetto di adeguata attenzione, comprendendo anche i nostri pescherecci. A questo proposito, Mare Sicuro ha proprio lo scopo di garantire la protezione dei pescherecci italiani che operano nel Golfo della Sirte, soprattutto davanti a Misurata e Bengasi, le due zone particolarmente pescose in cui si sono verificati degli eventi in passato. Insomma, è necessario dare protezione a queste attività economiche e di benessere.
  Altri compiti della Marina sono la sorveglianza e l'intervento antinquinamento, ovvero la protezione dell'ambiente da danni accidentali come collisioni in mare e affondamenti intenzionali, protezione della biodiversità marina e delle risorse ittiche e la tutela sorveglianza di siti archeologici. Siccome il mondo moderno è strutturato per sistemi, tutto questo va fatto in coordinamento con tutti i ministeri e le agenzie competenti, fermo restando le autorità e le responsabilità attribuite. Ulteriori compiti sono il controllo per la sicurezza della navigazione attraverso il controllo e il monitoraggio dei fondali; l'aggiornamento delle carte e dei documenti nautici; il servizio fari e segnalamenti marittimi, ovvero sicurezza marittima in generale; il controllo dei flussi migratori, su cui torneremo più avanti; la ricerca e il soccorso in mare.
  Riguardo questo ultimo aspetto, vorrei sottolineare che, come stabiliscono le leggi internazionali e le consuetudini, il compito della ricerca e del soccorso in mare è di tutte le navi che stanno per mare. L'operazione di sicurezza marittima Mare Sicuro e la stessa EUNAVFOR-Med hanno altri compiti primari. Quando, però, c'è una richiesta di soccorso in mare che arriva alla nostra centrale delle Capitanerie di porto intervenire è un obbligo. Non si tratta, quindi, di un'attività specifica, ma è comunque un obbligo. A bordo delle unità che lavorano ci sono medici e infermieri. Per esempio, ci sono state 7-8 nascite a bordo delle navi della Marina Militare, tra cui Sophia. Ci sono medici della Marina, ma anche personale specializzato della Croce rossa, del sovrano ordine militare di Malta, delle organizzazioni non governative, come la Fondazione Rava, che ci mette a disposizione delle ostetriche e del personale medico preparato.
  Riguardo alla Libia – entriamo negli aspetti connessi con la domanda – il Mediterraneo è diviso in aree di responsabilità per la ricerca e il soccorso. Per esempio, Malta ha una sua responsabilità, come la Pag. 6Libia, l'Italia, la Spagna e la Grecia. Insomma, l'area è divisa in maniera tale che ci sia un'ottimizzazione di questi scopi. Purtroppo, nel caso in cui si verifica una richiesta di soccorso e il Paese che ha la responsabilità teorica internazionale di intervenire – per esempio, la Libia – non interviene, per regole internazionali colui che ha ricevuto la richiesta di soccorso è obbligato a intervenire con mezzi propri (ovvero delle capitanerie di porto, quindi motovedette ed altro) o chiedendo ai mezzi che sono in area per altre missioni (mercantili in transito, barche a vela, privati, unità militari italiane, spagnole, francesi, americane e così via, o anche navi di organizzazioni non governative).
  Su questo apro una parentesi perché le organizzazioni non governative hanno una presenza molto significativa. Per esempio, quest'estate nelle acque internazionali davanti alla Libia, anche 7-8 unità sono state interessate contemporaneamente da questo compito.

  PRESIDENTE. Per gli Stati che hanno l'area di responsabilità, ma non intervengono, non è prevista nessuna sanzione, nessuna conseguenza?

  VALTER GIRARDELLI, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare. È prevista la denuncia alla Corte dei diritti umani de L'Aja a livello internazionale, quindi si apre un percorso specifico. Difatti, quando qualche tempo fa Malta ha detto di non essere più in grado di accogliere nella sua area di responsabilità più di un certo numero di persone, c'è stato un accordo a livello internazionale per cui il port of safety è stato individuato negli hotspot italiani. Vi sono state, dunque, delle relazioni internazionali che hanno stabilito – ripeto – questo accordo per Malta, che prende solo una parte, lasciando il resto agli altri.
  Rispetto alla Libia si entra, giustamente, in un'altra tematica che è più connessa alla prima domanda, ovvero cosa sta facendo la comunità internazionale, in particolare l'Europa e l'Italia, per fare in modo che ci sia un controllo dei flussi migratori diretti in Europa attraverso la Libia. Ci sono le risoluzioni delle Nazioni Unite e l'operazione EUNAVFOR-Med, ma è chiaro che per risolvere la tematica occorrono delle iniziative strutturali di ampio profilo dal punto di vista temporale, secondo un percorso che replichi quello che è successo qualche anno fa con la Tunisia. La Tunisia era, infatti, il luogo da cui partivano i profughi e gli immigrati per venire in Italia. C'è stato un accordo bilaterale, quindi dei contatti, e sono stati dati gli strumenti al Governo tunisino per avere il controllo sul proprio territorio e poter esercitare effettivamente la propria sovranità nazionale sia sulla costa sia nelle acque internazionali. Ricordo che sono state fornite delle motovedette; è stato fatto l'addestramento ed è stato ristrutturato il sistema di comando e controllo della Marina a Tunisi. Il risultato è che da 3-4 anni il flusso dalla Tunisia è stato fermato. Viene, invece, dalla Libia. Le cause, però, non vanno ricercate in Libia, ma, riguardo ai migranti economici, nell'Africa subsahariana e nel Sahel, dove c'è il desiderio di trovare una vita migliore. Questo, del resto, è lo scopo, leggendo la storia delle migrazioni che venivano dalla Mongolia o dall'Est. Parlo di secoli fa, ma lo scopo è sempre lo stesso, per cui bisogna chiedersi quali sono le cause che generano i flussi migratori. Questo, però, è un piano di lungo termine. Non ci sono dubbi. Ci sarà un tavolo di intervento e di aumento del controllo del territorio degli Stati da cui partono i migranti.
  Il Governo libico non ha il controllo delle sue frontiere. C'è poi anche un business internazionale significativo perché dopo che la Libia ha cominciato a diminuire la produzione di petrolio per altre motivazioni, con il mercato nero del petrolio e quant'altro, secondo le ultime statistiche fatte dall'Europa, il traffico di migranti è circa il 16-17 per cento del PIL libico. Insomma, è una questione che ha un notevole significato. Peraltro, il governo di accordo nazionale di Sarraj, insediato a Tripoli, ha fatto delle richieste. Infatti, oltre ad avere fatto una richiesta di supporto per la parte medico-sanitaria, per cui la difesa ha realizzato un ospedale da campo, con medici e trasporto anche con navi, supporto, Pag. 7 protezione e quant'altro, ha chiesto di avere gli strumenti – personale addestrato, ma anche mezzi e procedure – per poter esercitare la propria sovranità. Ora, però, è chiaro che il governo di accordo nazionale di Sarraj è a Tripoli e ha una sua dimensione. C'è Haftar, che sta dall'altra parte e la parte di Misurata, che è collegata, ma non integrata.
  La comunità internazionale e l'Europa hanno iniziato un percorso che richiederà del tempo, il cui primo passo è stata la risoluzione per EUNAVFOR-Med e l'operazione Sophia citata poc'anzi, con compiti aggiuntivi rispetto alla iniziale decisione della Commissione europea, tra cui innanzitutto il controllo sull'embargo delle armi. A questo proposito da diversi anni c'è una risoluzione ONU. Questo può essere fatto in maniera congiunta da tutte le marine presenti a qualsiasi titolo nel Golfo della Sirte. C'è, infatti, un collegamento a livello internazionale sui traffici marittimi. Tra parentesi, l'Italia ha proposto uno scambio continuo con tutte le altre Marine del mondo per avere un tracciamento di questi mercantili. Il secondo compito è stato addestrare la Marina e la Guardia costiera libica, il che vuol dire mettere in condizione il Governo di accordo nazionale di esercitare la sua sovranità. Questo è un percorso che partirà a breve. In particolare, la Marina militare italiana ha offerto un'unità da sbarco e team di istruttori per addestrare i primi 80-90 ufficiali della Marina e della Guardia costiera libica alle procedure, alle verifiche, alle regole internazionali, al rispetto dei diritti umani e così via. Ci sono state anche altre nazioni (Malta, Grecia, Olanda, Regno Unito e Germania) che hanno mandato dei team di addestramento mobili.
  La prima fase avverrà nelle acque internazionali perché il Governo di accordo nazionale non ha il controllo sulla parte relativa al proprio mare territoriale, che deve acquisire. Sicuramente lo farà, ma c'è un percorso che dura già da qualche mese. A ogni modo, una prima parte è svolta in acque internazionali su un'unità da sbarco su cui si insegna la condotta della navigazione costiera d'altura, ovvero come si conducono le imbarcazioni e le motovedette, la parte delle telecomunicazioni, la parte marinaresca (ormeggio e disormeggio, come ci si avvicina a un'imbarcazione), quali sono le procedure di ricerca e soccorso in mare, le norme di pronto soccorso. Insomma, il sistema è significativo. L'addestramento dovrà, peraltro, continuare sulle attività della vigilanza pesca, sulle operazioni subacquee e su come si effettuano delle visite a bordo. Vi sono pacchetti svolti in una fase iniziale di formazione, poi verranno nei centri a terra sia in Italia sia in Grecia. Tutto questo è per dare loro gli strumenti per poter effettuare queste attività.
  Riguardo ai migranti, non possiamo – come spesso si dice – intervenire nelle loro acque territoriali. La cosa non è così semplice. Infatti, quando gli scafisti – poi vi darò qualche numero – vengono presi in acque internazionali, sono denunciati alla magistratura italiana, quindi alla procura di Palermo, di Catania o di Siracusa, in virtù di un accordo, secondo il luogo in cui è commesso il reato. In acque internazionali libiche, però, chi è il giudice naturale?

  PRESIDENTE. Ovviamente la Libia.

  VALTER GIRARDELLI, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare. Sì, ma al sistema giudiziario libico non si può affidare questo compito. Occorrerebbe, dunque, un accordo bilaterale, per cui bisognerebbe chiedere alle autorità libiche di rinunciare alla sovranità giudiziaria sulle proprie acque. Insomma, ci sono aspetti di particolare rilevanza che devono essere seguiti. Tutto questo si inquadra in questa tematica.
  Un'altra tematica che ho introdotto poc'anzi riguarda la presenza delle organizzazioni non governative. Oggi non accadrà perché il mare lì è tra forza 3 e 4, tuttavia tra qualche giorno c'è da attendersi una recrudescenza o comunque un incremento delle partenze dalla parte della Libia, quando il tempo sarà buono. Le organizzazioni non governative, come Medici Senza Frontiere, Save the children o MOAS (Migrant Offshore Aid Station) che ha sede a Malta, godendo di finanziamenti Pag. 8non statuali, intervengono per dare soccorso a queste persone. Questo aspetto deve essere messo in evidenza perché il coordinamento di tutti questi mezzi è particolarmente raffinato e richiede comunicazioni, presenza e sorveglianza, ovvero di agire in maniera sinergica. Ci sono due poli in cui si agisce in maniera sinergica quando si verificano gli eventi. Abbiamo il polo della centrale operativa della Guardia costiera che risponde alla richiesta di soccorso che, quindi, in relazione alla situazione, interessa i mezzi, e il coordinamento tattico sulla scena d'azione per fare in modo che non ci siano difformità o interventi per cui la cura è peggiore del male. Mi riferisco, in particolare, a eventuali imbarcazioni che si rovesciano o eventuali gommoni in cattive condizioni. Questo viene fatto generalmente dalle unità militari non solamente italiane.
  Per esempio, Reina Sofia, che è una fregata spagnola, ha fatto il coordinamento recuperando 1.500-1.600 migranti il 29 agosto, giorno in cui ci sono stati 45 eventi di soccorso. È stato, quindi, un giorno particolarmente impegnativo perché, appunto, ha avuto il maggior numero di eventi di soccorso a distanza 20, 30, 40 miglia dalla costa libica, interessando 6.500 persone. Peraltro, il Garibaldi, che è l'unità di bandiera dell'operazione Sophia, è dovuta intervenire anch'essa. Ecco, una portaeromobili che interviene è un fatto abbastanza inusitato perché generalmente intervengono le corvette, i pattugliatori o le unità della Guardia costiera. La Marina irlandese, per esempio, ha reso disponibile delle unità nel Mediterraneo per fare operazioni di soccorso. Ho citato il Garibaldi perché vorrei portare un altro esempio, per certi versi anche simpatico. Ho tre foto, che vi lascio, del Garibaldi che fa soccorso e si avvicina ai gommoni. Ecco, la prima migrante salvata dalla nave Garibaldi, secondo voi, come si chiamava? Anita Jadri. C'è la foto; si vede anche lo sguardo della poverina, quando era per mare.
  Ci sono, dunque, eventi di particolare rilevanza da coordinare. Riguardo ai mezzi utilizzati dagli scafisti, i pescherecci, come quello che è affondato lo scorso anno, sono sempre più rari perché richiedono una certa capacità costruttiva e delle azioni di controllo. Abbiamo i gommoni, prevalentemente di fabbricazione dell'est e di qualità non particolarmente elevata, su cui gli scafisti mettono dei fuoribordo di scarsa potenza (30, 40, 50 cavalli), con poca benzina, per cui non arriverebbero mai in Italia, avendo benzina per 30, 40, 50 miglia. Cercano, poi, di evitare personale della catena strutturale degli scafisti per non essere arrestati, quindi addestrano in maniera speditiva 2 o 3 migranti. Questo è l'altro aspetto da mettere in evidenza.
  Ho, poi, i dati di EUNAVFOR-Med missione Sophia, a cui partecipano 25 nazioni europee su 28. Questo è un elemento di particolare significato perché Sophia EUNAVFOR-Med è stata un successo da parte dell'Italia, essendo la prima missione europea con una tale livello di adesione. I 25 Paesi aderiscono con navi, sommergibili, aerei da pattugliamento, unità idrografiche. Mediamente la Germania ha due unità in questa operazione.

  PRESIDENTE. Faccio una brevissima interruzione per porle una domanda. Peraltro, mi scuso perché dobbiamo procedere velocemente per lasciare la parola colleghi. Può spiegarci come mai non c'è l'applicazione della regola internazionale per cui quando i soggetti sono recuperati dalle navi che hanno la bandiera di uno Stato si immagina che l'approdo sia, appunto, quello Stato? Nelle regole internazionali, infatti, la nave di bandiera di un Paese è quel Paese.

  VALTER GIRARDELLI, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare. C'è un accordo a livello europeo che, visto anche il numero di persone coinvolte ed altro, indica gli hotspot italiani. Dopodiché dovrebbe esserci la ridistribuzione negli altri Paesi europei. Non dico, però, da chi è stato fatto.

  PRESIDENTE. Non era un'osservazione politica. Era per capire.

  VALTER GIRARDELLI, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare. Questo è Pag. 9chiaramente stabilito. Ho portato l'esempio di Malta, ma c'è anche la Grecia, che ha avuto altri problemi dal punto di vista migratorio. C'è stato, poi, l'intervento dell'Unione europea, insieme alla NATO, sulla Turchia. Comunque, è un aspetto regolato da questo accordo. EUNAVFOR-Med Sophia ha salvato 26.400 persone; 89 sospetti criminali sono stati consegnati alle autorità giudiziarie; 301 imbarcazioni sono state distrutte. Sono, però, più interessanti i dati complessivi dell'ultimo anno, che interessano tutte le operazioni che si sono svolte, compreso, oltre a EUNAVFOR – Med, Mare Sicuro, le organizzazioni non governative, le unità mercantili e così via. Ci sono stati 1.700 eventi, che hanno interessato gommoni, pescherecci o piccole imbarcazioni che hanno dichiarato emergenza. In totale, nell'ambito di questa organizzazione, da un anno e mezzo, sono state salvate circa 240.000 persone. I dati del 2016 sono molto simili a quelli del 2015, ma sono diminuiti rispetto al 2014, secondo le statistiche rese disponibili dal Ministero dell'interno, che però sono articolate in maniera diversa. È interessante sapere che, di queste 240.000 persone, 70.000 sono state recuperate da unità militari, il che vuol dire che l'unità militare fa un'azione di concorso. Tutte le altre sono state recuperate o da unità di organizzazioni non governative oppure da mercantili in transito oppure da unità della Guardia costiera. Le unità militari hanno, infatti, un'altra missione primaria. Dopodiché, per il diritto internazionale nel caso devono intervenire. Sono stati arrestati 1.069 scafisti e catturato un'unità madre. Questo è accaduto due anni fa, con un'azione del sommergibile. Da parte della Marina Militare sono state rese inutilizzabili 608 imbarcazioni. Ora, se gli eventi SAR sono stati 1.700 e circa 700 imbarcazioni sono state rese inutilizzabili da parte della Marina Militare, siamo al 40 per cento circa. Tra queste, vi sono 104 barconi, 436 gommoni e 18 piccoli natanti. In quest'ultimo caso si tratta di piccole imbarcazioni che portano 7, 8, 10 persone, il che vuol dire che l'intervento di disarticolazione di questo traffico sistemico di migranti sta funzionando.
  L'altro aspetto connesso riguarda la NATO. Dopo l'11 settembre 2001, con l'attacco alle Torri gemelle, la NATO lancia l'operazione Active Endeavour, con finalità anti Al Qaeda. Si era posizionata con un sistema aeronavale ad est del Mediterraneo, vicino al Medioriente, territorio particolarmente caldo, per il controllo del traffico in uscita da Suez. Era un'operazione articolo 5, quindi di difesa collettiva, perché uno Stato appartenente all'Alleanza era stato attaccato. Ormai sono passati 15 anni, per cui la situazione è cambiata. Tre anni fa c'è stata la crisi ucraina, con una rivalutazione dei rapporti con la Russia da parte non italiana, ma dell'Unione europea e della NATO, per cui la NATO stessa si è concentrata su una minaccia o rischio proveniente da est. Difatti, il vertice di Varsavia ha deciso di attivare quattro Battle Group in Lituania, nei Paesi baltici, in Bulgaria e Romania. L'Italia, dopo aver insistito in Europa per EUNAVFOR-Med per le motivazioni che condividete, ha detto che il rischio per un'alleanza nel mondo moderno, che è sistemico, non può essere direzionale, ma deve essere onnidirezionale. In particolar modo, ha insistito molto sui rischi, le instabilità, le incertezze e anche le minacce che possono venire dal cosiddetto «fianco sud» della NATO. Abbiamo trovato la convergenza di altri Paesi, in primis la Francia e poi anche la Spagna. Dopo diversi interventi e pressioni, il vertice di Varsavia di luglio ha, dunque, stabilito che l'operazione Active Endeavour, che è un'operazione di antiterrorismo puro nel Mediterraneo, deve essere riconfigurata in un'operazione di sicurezza marittima, là dove c'è necessità. I primi passi che saranno fatti dal prossimo mese prevedono una presenza della NATO nell'area di instabilità tipica, quindi in Libia, Egitto e nel centro del Mediterraneo in generale. Questo potrà dare supporto anche a EUNAVFOR MED e ai suoi compiti perché quando le forze navali si trovano in mare, anche con missioni, responsabilità e sistemi di comando diversi – esse rappresentano una delle massime espressioni della sovranità nazionale, come gli aerei militari, i carrarmati e così via – condividono le Pag. 10informazioni, coordinano gli sforzi ed espongono una rappresentazione della situazione condivisa.
  La NATO ha, dunque, riorientato la sua visione. Sottolineo questo successo del Governo italiano che ha voluto segnalare che non esiste solo la parte est, ma esiste anche la parte sud. Ciò, peraltro, coinvolge anche aspetti economici perché significa aprire nuove basi, trovare finanziamenti a livello NATO e comunitario e preposizionare materiale. Ci sono, insomma, diversi aspetti che hanno delle implicazioni di valenza anche economica e sociale. La NATO ha, quindi, riorientato Active Endeavour, che si chiamerà Sea Guardian, guardiano del mare, e ha tre missioni fondamentali, attivate fin da adesso, nonché la possibilità di attivarne delle altre per contribuire a quanto stanno facendo, in maniera diversa, l'Europa e le singole nazioni. Le missioni sono il contrasto al terrorismo; il supporto alla Maritime situational awareness, ovvero a compilare la situazione dell’intelligence satellitare, dei mezzi aerei, dei mezzi navali e subacquei e così via, con informazioni che vengono compartecipate; infine il contributo alla costruzione di capacità in campo marittimo dei Paesi della regione. La NATO si è resa disponibile a dare il contributo, con mezzi, procedure e altro, per addestrare la Marina e la Guardia costiera libica. Ovviamente, la missione potrà evolvere perché, se i Paesi NATO lo decidono, potrà avere anche compiti connessi con l'assicurare la libertà di navigazione o l'attività di interdizione marittima, per esempio rispetto al traffico d'armi non consentito, quindi diretto a ISIS o gruppi terroristici e non a istituzioni statuali riconosciute. Potrà, per giunta, occuparsi del contrasto alla proliferazione di armi di distruzione di massa e la protezione di infrastrutture critiche (installazioni petrolifere, pipeline, perforazioni e quant'altro). Insomma, c'è stato un cambiamento anche da parte della NATO, che si è resa conto che era necessario aggiornare queste attività. Vi ringrazio dell'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, ammiraglio. È stato veramente illuminante. Allegheremo le sue bellissime foto, ma non Anita, per ragioni di privacy. Cedo subito la parola ai colleghi, che a breve sono impegnati in Aula.

  GIORGIO BRANDOLIN. Sarebbero tante le domande da fare. Lei ha parlato della polizia in alto mare e degli accordi importanti raggiunti in passato con la Tunisia che hanno bloccato quel traffico, che poi si è spostato in Libia. Non abbiamo, però, parlato dell'Egitto. In questi settimane, infatti, si è sentito dire che gli scafisti portano le persone partendo anche da porti dell'Egitto. Ecco, avete questa informazione? Lo dico perché si bloccano alcune partenze, ma non si riesce a fermare tutto. Si pensava soltanto alla Libia, invece adesso c'è anche l'Egitto. Per l'Algeria e il Marocco non si è mai parlato di partenze. Come Paesi di partenza restano, dunque, soltanto Libia ed Egitto o avete informazioni di altre situazioni?
  Ho un'altra domanda su un'osservazione in merito agli hotspot che l'Europa ha fatto proprio ieri. Non so se è sua competenza, ma le chiedo se sa se quelli che abbiamo costruito sono sufficienti o se ne stanno realizzando altri. Le chiedo se le risulta anche rispetto ad alcune polemiche che ho letto ieri o forse proprio questa mattina.

  RICCARDO CONTI. Mi deve scusare, ammiraglio. Sono uscito in tempo per arrivare qui alle 8,30, ma mi hanno fermato diverse persone per chiedermi del referendum, per cui ho tardato ad arrivare. Da giovane sono stato un europeista convinto. Nonostante tutto, lo sono ancora oggi. Per questo, ho sempre pensato che la difesa, l'economia e tutti gli altri settori avevano bisogno di una collaborazione sistemica più intensa. Quando sono entrato in Commissione difesa, parlando con degli esperti che lavorano per il Senato, ho pensato non dico a un esercito comune europeo, ma almeno a qualcosa di più strutturato. Una persona molto intelligente mi ha chiesto se credessi che il Regno Unito avrebbe potuto cedere qualcosa dalla sua supremazia nella Marina rispetto alle altre forze. Allora, la mia domanda – forse ha già risposto, ma Pag. 11non ero presente all'inizio – è se dopo la Brexit cambia qualcosa nella collaborazione tra le marine militari rispetto ai problemi che abbiamo nel sud.
  Passo alla seconda. Lei ha fatto l'esempio della giustizia libica, che non funziona. Questo vale anche per le forze armate libiche. In questi anni abbiamo fatto tante belle cose, ma anche alcune «operazioni cerotto». Tuttavia, se sotto la malattia non è ben curata, il cerotto serve a poco. In sostanza, se non funziona la giustizia e forse neppure le forze armate, noi li addestriamo, ma poi a chi rispondono queste persone? Il ragionamento è abbastanza complesso.
  In ogni caso, mi interesserebbe approfondire soprattutto l'aspetto della collaborazione con il Regno Unito.

  MICAELA CAMPANA. Vorrei rivolgerle un ringraziamento non solo per l'audizione, ma per il lavoro che svolgete e che ci rende orgogliosi di essere italiani. Vorrei chiederle se dal vostro osservatorio privilegiato le condizioni – ha accennato, per esempio, alle condizioni mediche dei migranti salvati in mare – sono peggiorate nel corso degli anni. I dati del ministero mostrano che cambiano le generalità dei migranti, non soltanto dal punto di vista dei Paesi di partenza, ma anche per l'aumento delle donne e dei bambini. Ecco, vi chiedo se, dal vostro osservatorio privilegiato, le condizioni dei migranti salvati sono peggiorate.
  L'altra domanda è sull'ultima parte della sua relazione, ossia sulla NATO. L'intervento della NATO, come ha detto, è stato possibile anche grazie all'intervento del Governo italiano e del Parlamento tutto, che spesso, in questi anni, si è espresso con voti unanimi. Ecco, questo come potrà cambiare, anche in termini numerici, l'aspetto della salvaguardia delle coste e dei salvataggi in mare dei migranti? Quello delle 240.000 persone è un dato che aumenta nel corso degli anni. Tutte le organizzazioni internazionali ci raccontano che è un fenomeno che non si fermerà, ma che è in via progressiva perché aumentano le difficoltà nel continente africano. La mia domanda – può anche non rispondere perché ha un profilo politico – è se pensa che occorra insistere sulla linea che l'Italia sta portando avanti in Europa sul tema dell'asilo politico europeo, con regole condivise e con il superamento di Dublino, e soprattutto cambiare la lista dei Paesi insicuri.
  Dico questo perché il tema vero è che la redistribuzione internazionale si basa su un elenco di Paesi insicuri che attualmente include ancora solo siriani ed eritrei, mentre le aree di insicurezza del continente africano aumentano. Ecco, lei è concorde con questa linea?

  VALTER GIRARDELLI, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare. Ringrazio per le domande, a cui cercherò di rispondere nell'ambito delle mie competenze. È chiaro che quello che compare è il flusso maggiore che viene dalla Libia. Ci sono, però, un certo numero di imbarcazioni (20 o 30) che ogni tanto compaiono sui giornali e che arrivano a Santa Maria di Leuca o in Sardegna. Due o tre giorni fa, un peschereccio è affondato davanti all'Egitto, per cui non si può escludere che ci siano. Alcuni, per esempio, noleggiano delle imbarcazioni a vela, degli yacht o imbarcazioni da diporto anche lussuose, che partono da alcuni porti. Ovviamente, il monitoraggio a livello delle Marine e delle Guardie costiere avviene sulle imbarcazioni superiori alle 500 tonnellate di stazza, come dice la norma internazionale. La barca a vela da 10-12 metri che può attraversare il Mediterraneo non viene monitorata, quindi può partire da qualsiasi porto.
  Personalmente, non escludo che ci siano delle partenze, che però sono minori proprio perché c'è sorveglianza. Posso anche rendere disponibili i numeri delle imbarcazioni che, negli ultimi periodi, sono arrivate in Sardegna o in Puglia con presunta partenza da Paesi diversi dalla Libia. Non escludo che siano partiti anche da Paesi appartenenti alla NATO. Faccio riferimento in particolar modo alla Turchia. In passato è già successo che una o due imbarcazioni siano partite da un porto particolare. Del resto, in Turchia ci sono 2,5-3 milioni di siriani il cui obiettivo è arrivare da un'altra parte, per cui, avendo disponibilità economiche, riescono a farlo. Pag. 12
  Riguardo agli hotspot, mi sembra che in Italia ne siano stati attivati quattro. Durante le operazioni di soccorso, vi sono in primo luogo le unità delle Capitanerie di Porto, le organizzazioni non governative e poi, per motivi umanitari, le navi mercantili o militari che vengono distolte dall'attività primaria. A quel punto, portano i migranti dove dice il Ministero dell'interno tramite il coordinamento delle Capitanerie di porto; non è il Comando in Capo della Squadra navale che dice di andare a Palermo, Augusta, Taranto oppure a Messina, dove non mi sembra ci sia un hotspot avviato, ma il 29 agosto, con 7.000 persone da mettere a posto, è stata interessata anche Messina. In quel caso, ho sentito personalmente il Capo della Polizia, il prefetto Gabrielli, per decidere cosa fare. C'è stato uno sforzo e un riorientamento di risorse da parte dei Vigili del fuoco, della Croce Rossa, dalla Polizia di Stato, quindi del questore e del prefetto, in maniera da effettuare le operazioni di identificazione in maniera speditiva. In particolare, a Messina erano 1.060, per cui dissero che avrebbero iniziato a identificarne sei all'ora. Tuttavia, un'unità navale della Marina Militare, che ha un altro compito, non può rimanere in quella zona per 4-5 giorni. Sono passati, quindi, a identificarne 30-40 all'ora, lavorando anche la notte. Dire se c'è necessita di altri hotspot è al di fuori delle mie competenze. Ho portato questo esempio per dire che l'operazione richiede un coordinamento molto raffinato interagenzia e internazionale anche con altri Paesi perché sono coinvolti tutti, a partire dal Ministero dell'interno, al Ministro delle finanze, con la Guardia di finanza, il Ministero della difesa, quello dei trasporti, quello della sanità. Insomma, si tratta di un'operazione veramente significativa.
  Riguardo alla Brexit, la scorsa settimana, a Newport, ho avuto un colloquio bilaterale con il First Sea Lord Philip Jones, che è il mio omologo inglese, con cui ho discusso delle implicazioni della Brexit sulla parte navale. Ebbene, ne aveva parlato anche con la nuova Primo Ministro e con il Ministro della difesa e mi ha confermato che il concorso navale che il governo inglese aveva garantito per l'operazione nel Mediterraneo continuerà. Peraltro, fanno parte della NATO, quindi dal punto di vista militare c'è sempre stato un coordinamento e un single basket di capacità, in base al principio della no duplication. Tuttavia, molto probabilmente gli inglesi non potranno più esercitare operazioni di comando all'interno dell'Unione europea, non facendone più parte. Per esempio, c'è il comando marittimo delle operazioni europee di Northwood, che è in capo alla squadra inglese, quindi si pone il problema di ricollocarlo da qualche parte. Vedo, dunque, anche un rafforzamento della parte italiana, che può proporsi. Anche la Germania vorrebbe avere questo comando. Questo riguarderà una previsione futura, quindi ci sarà una valutazione che sarà discussa nei prossimi mesi. Dal punto di vista della cooperazione, c'è un cambiamento a livello concettuale e politico, ma alcune Marine sono presenti nel Mediterraneo e hanno alcune unità navali sul campo, mantenendole sotto il loro comando nazionale, ma chiedendo alla Marina italiana di coordinarle e impiegarle per le attività che riteniamo opportuno. Questo è un altro sistema per mettere a disposizione delle risorse. Peraltro, è il vantaggio dell'alto mare, della libertà di navigazione e della sovranità che hanno le unità delle Marine militari.
  Le Forze armate libiche rappresentano uno dei compiti dell'inviato speciale dell'ONU, Martin Kobler. Non ci sono dubbi. C'è un processo – ho visto dei piani – per cercare di disarmare alcune milizie particolarmente pericolose e inglobarne altre, che, invece, sono più fedeli al capo di turno. Per esempio, quelle di Misurata vanno a costituire lo scheletro su cui costruire le forze armate libiche. Non mi riferisco solo alle forze di sicurezza, ma anche a quelle di forze di polizia ed altro. Sarà un processo lungo, ma c'è una specifica attività. Le nazioni europee possono fare attività di training, mentoring e advising, ovvero addestramento, supporto e preparazione anche nel campo giuridico. L'Europa, con Eurojust e altre attività, fornisce dati, ma anche indicazioni e supporto per riconfigurare Pag. 13 i processi e far funzionare la giustizia. Lo stesso accade nel campo finanziario, della sicurezza interna e in quello bancario e sanitario. Quindi, c'è un'attività importante che potrà svilupparsi in futuro. So che Sarraj sta scegliendo dei ministri; li sta condividendo e cambiando. Insomma, ha preso possesso di determinati ministeri per procedere nella costruzione della struttura di uno Stato, da cui può discendere il controllo del territorio e l'esercizio delle prerogative di uno Stato.

  PRESIDENTE. Secondo lei, la difesa comune europea è un sogno oppure potrà essere realizzata?

  VALTER GIRARDELLI, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare. Rimando alle dichiarazioni del Ministro della difesa al vertice informale. Secondo me, possono valere le cooperazioni rafforzate. Ci sono state diverse riunioni. A livello europeo, tra i Ministri della difesa è in corso una discussione tra Francia, Germania, Italia e anche Gran Bretagna, che rappresenteranno il core dell'Unione europea. A livello di Unione europea non esiste un foro dove i Ministri della difesa possano esprimere delle decisioni. Lo ha sottolineato anche il Ministro. Esistono i comitati delle azioni, con i Ministri degli esteri; quelli per l'agricoltura, per la pesca e per tutto il resto, ma non c'è un foro ufficiale in cui i ministri della difesa possano confrontarsi. Questo non è previsto dal Trattato sull'Unione europea. Come sapete, è una tematica dibattuta da molti anni. Implicitamente, è stata esposta anche da parte del Ministro. Forse converrebbe trovare un luogo dove i Ministri della difesa condividano determinate strategie. Se si trova quel luogo che ha un potere di indirizzo e orientamento politico, il tutto diventa più semplice. Bisogna, però, cambiare il Trattato sull'Unione europea. Il primo passo è la condivisione da parte dei 28 Paesi.
  Ci sono anche altri aspetti sulla difesa europea, che riguardano, per esempio, la base industriale comune, la ricerca tecnologica e la condivisione dei progetti. È chiaro che si può arrivare anche a condividere determinati programmi di acquisizione. Insomma, più che fare le forze armate europee, si potrebbe fare l'elicottero europeo o la fregata europea. Tuttavia, si apre una tematica di industria strategica e sociale e di interessi nazionali che ha una dimensione decisamente più ampia. Da questo punto di vista, l'Alto rappresentante Federica Mogherini svolge sicuramente un'azione di raccordo, di armonizzazione e di indicazione. A ogni modo, è un'alleanza, quindi si discute, si trova una soluzione e così via. L'esercito europeo, come viene comunemente detto, riguarda i comandi. Per esempio, il comando europeo di EUNAVFOR MED è multinazionale. L'ammiraglio Credendino comanda 60-70 persone che sono spagnole, tedesche, francesi e così via. A livello di comando, dunque, le strutture predisposte ci sono. A livello unità di impiego, la mia personale riflessione è che questo potrà funzionare quando i tempi saranno tali per cui un marinaio, un soldato o un aviatore accetterà di ricevere un comando in cui mette a rischio la propria vita e la propria incolumità da un francese o un tedesco o uno spagnolo. Insomma, quando i tempi saranno maturi potrà esserci un approccio diverso su significative pedine operative di manovra, non solo in combattimento, ma anche in operazioni di ordine pubblico.
  Due anni fa – non ricordo la data – un peschereccio italiano è stato sequestrato da parte di un fantomatico militare appartenente a una forza armata libica (non si capiva chi era, se della Marina o della Guardia costiera) che era rimasto a bordo. La Marina che era lì è intervenuta. È partito un gommone, hanno fatto un'azione, sono saliti a bordo e hanno liberato il peschereccio. Lo hanno preso e portato in Italia, dove è rimasto 20-25 giorni. Dopodiché, su ordine del magistrato è stato restituito alla Libia. Era una situazione pericolosa e di rischio. Ebbene, allora il comandante di questo team era italiano, come la lingua, le procedure e altro. Ecco, possiamo pensare che si possa riconfigurare tutto in maniera diversa. Credo sia possibile, ma quando i tempi saranno maturi, quindi non lo escludo. Pag. 14
  Sulla parte sanitaria, ho delle statistiche che riguardano le malattie più significative che sono state trovate a bordo negli anni 2014, 2015 e 2016 da parte della nostra Marina. C'è la scabbia, le gravidanze, i traumi, purtroppo qualche morto, problemi di attività respiratoria, febbre, disidratazione, infezione, ortopedia e così via. Più fondamentalmente, c'è la scabbia, che incide indipendentemente dalle nazionalità.
  Riguardo all'asilo politico europeo, al cambiamento della lista dei Paesi insicuri e altri aspetti pertinenti, devo dire che la Marina militare è un'organizzazione che applica e prende nota delle decisioni che competono ad altri. Competerà al Governo e al Ministero degli affari esteri fare la lista dei Paesi insicuri, come competerà a un'azione di governo italiano ed europeo definire l'asilo politico europeo, la destinazione dei migranti economici, i riconoscimenti e così via.

  PRESIDENTE. Grazie, ammiraglio. È stata una bellissima audizione. È stato molto generoso di informazioni con il Comitato. Tornerà da noi se ci saranno altri sviluppi con Sophia.
  Saluto anche il contrammiraglio Danilo Balzano, assistente del Capo di Stato Maggiore della Marina, che la accompagna. Voglio ringraziare anche i colleghi, che sono stati tutti i presenti, nonostante i lavori dell'Aula della Camera fossero terminati ieri.
  Dispongo che la documentazione prodotta nel corso dell'audizione venga allegata al resoconto della seduta odierna (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.45.

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