XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 28 di Mercoledì 25 maggio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE POLITICHE DEI PAESI ADERENTI RELATIVE AL CONTROLLO DELLE FRONTIERE ESTERNE E DEI CONFINI INTERNI

Audizione del Presidente di
Conftrasporto, Paolo Uggè.

Ravetto Laura , Presidente ... 3 
Uggè Paolo , Presidente di Conftrasporto ... 3 
Ravetto Laura , Presidente ... 4 
Uggè Paolo , Presidente di Conftrasporto ... 4 
Ravetto Laura , Presidente ... 5 
Uggè Paolo , Presidente di Conftrasporto ... 5 
Ravetto Laura , Presidente ... 6 
Uggè Paolo , Presidente di Conftrasporto ... 6 
Ravetto Laura , Presidente ... 7 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 7 
Uggè Paolo , Presidente di Conftrasporto ... 7 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 7 
Mazzoni Riccardo  ... 8 
Arrigoni Paolo  ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Uggè Paolo , Presidente di Conftrasporto ... 8 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 10 
Uggè Paolo , Presidente di Conftrasporto ... 10 
Arrigoni Paolo  ... 10 
Uggè Paolo , Presidente di Conftrasporto ... 10 
Mazzoni Riccardo  ... 10 
Uggè Paolo , Presidente di Conftrasporto ... 10 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 

ALLEGATO: Documentazione consegnata al Comitato nel corso dell'audizione ... 11

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione attraverso il circuito chiuso della Camera dei deputati. Non essendovi obiezioni, ne dispongo l'attivazione.

  (Così rimane stabilito)

Audizione del Presidente di
Conftrasporto, Paolo Uggè.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen, con particolare riferimento alle politiche dei Paesi aderenti relative al controllo delle frontiere esterne e dei confini interni, l'audizione del presidente di Conftrasporto, Paolo Uggè. Il presidente Uggè è accompagnato dal policy advisor Stefano Spennati. Ricordo al presidente Uggè che in qualsiasi momento, nel caso in cui volesse fare qualche commento che non desidera rendere pubblico, possiamo procedere in seduta segreta. La ringrazio di essere venuto, presidente. La nostra indagine è relativa alla cosiddetta «sospensione» di Schengen da parte di alcuni Paesi aderenti. Abbiamo già sentito un rappresentante della CGIA di Mestre, che ci ha dato delle valutazioni di impatto. Lei è stato il primo, insieme alla CGIA di Mestre, ad aver denunciato anche gli aspetti economici di questa sospensione e potenziale chiusura, che tutti auspichiamo non avverrà.
  In particolare, lo studio della CGIA ha parlato di un impatto sull'Italia tra i 5 e i 10 miliardi di euro, cioè tra lo 0,3 per cento e lo 0,6 per cento del PIL. Lei si è invece concentrato sul settore dell'autotrasporto e, se non erro, ha detto che l'impatto potrebbe essere di 170 milioni di euro all'anno, di cui addirittura 203 milioni direttamente sul comparto produttivo. Se ho capito bene la sua posizione, lei sostiene che ogni ora di ritardo dei nostri camion per eventuali controlli alle frontiere costa e che questo costo, a cascata, ricade sul prezzo dei beni, con una potenziale penalizzazione per il nostro Paese, il nostro consumatore e i nostri prodotti. Saremmo lieti di ascoltarla su questo tema. Ci spieghi in particolare che cosa effettivamente succederebbe e che cosa si sta discutendo attualmente rispetto ai controlli. Noi siamo andati al Brennero e abbiamo osservato in particolare lo snodo autostradale. Ci è parso di capire che, essendo a due corsie, se un domani qualcuno ritenesse di intensificare i controlli su una corsia, determinerebbe uno spostamento dei veicoli sull'altra e probabilmente anche un intasamento del trasporto in condizioni di reciprocità, non soltanto, quindi, da Italia verso Austria, ma anche viceversa. Le chiediamo di spiegarci questa dinamica e se siano state pensate, in caso di sospensione, corsie preferenziali per i camion accreditati che trasportano merci, come avviene negli aeroporti per i cittadini Schengen e i cittadini non Schengen, e in generale di parlarci del potenziale impatto economico di queste azioni.
  Do, quindi, la parola a Paolo Uggè, presidente di Conftrasporto.

  PAOLO UGGÈ, Presidente di Conftrasporto. Ringrazio la presidente e i membri Pag. 4della Commissione. Purtroppo, la nostra preoccupazione nasce dal lungo rapporto tra il governo italiano e i vicini austriaci. L'Austria da tempo non perde occasione per introdurre divieti di circolazione che, di fatto, impattano sulla mobilità delle merci che attraversano quel Paese. I motivi sono anche di natura ambientale. Applicando in modo un po’ estensivo il regolamento n. 542/2006, articolo 23 e seguenti, l'Austria ritiene che si determinino minacce o per l'ordine pubblico e la sicurezza interna, come nel caso dei migranti, o di disagio ambientale per il fatto che gli automezzi che attraversano il Paese possono produrre effetti negativi sull'ambiente. Per questi motivi introduce divieti.
  Questi divieti li contestiamo in sede comunitaria perché uno dei principi su cui si fonda l'accordo europeo è quello di non introdurre ostacoli, soprattutto per i Paesi periferici, nel tempo che le merci che essi producono o trasformano impiegano per raggiungere il centro dell'Europa. La Commissione europea avvia la procedura, che dopo sei o sette mesi solitamente si conclude con l'invito perentorio all'Austria a togliere i divieti che sono stati introdotti. Questo, però, produce una situazione estremamente pericolosa. L'economia europea e mondiale è passata ormai da tempo da una produzione a stock a una produzione a flussi. Se non viene garantito che le merci arrivino in un determinato momento, nelle condizioni desiderate e con il prezzo più vantaggioso per l'utente, è evidente che le merci cercheranno una strada più conveniente e più sicura, una strada che garantisca la consegna come prevista. È il rischio che noi vediamo e che abbiamo denunciato un paio di mesi fa. Conftrasporto è la federazione di sistema della Confcommercio e la settimana scorsa abbiamo presentato un'indagine, che oggi lascio a voi.

  PRESIDENTE. Possiamo acquisirla agli atti. Lo mettiamo a verbale, diventa pubblico, grazie. Dispongo che la documentazione prodotta nel corso dell'audizione sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna. (Vedi allegato).

  PAOLO UGGÈ, Presidente di Conftrasporto. L'Italia è già in difficoltà per quanto riguarda la possibilità di intercettare i traffici che entrano dal raddoppiato Canale di Suez, merci che potrebbero essere lavorate dal nostro Paese. Teniamo conto che, quando un container viene lavorato e manipolato, produce sul territorio un valore aggiunto di 2.300 euro a container, e non è poco. Ci sarebbero opportunità lavorative se l'Italia riuscisse a intercettare, attraverso porti di accoglienza, le merci che entrano dal Canale di Suez.
  Si è verificato un cambiamento epocale. Dopo 3.500 anni i flussi si sono spostati e il Mediterraneo è tornato a essere centrale. Perché questo funzioni, è necessario che i porti abbiano una funzionalità adeguata e una permeabilità che consenta alle merci, il più rapidamente possibile, di uscire, cambiare modalità di trasporto, passando su ferro o su gomma, e andare a destinazione. In alternativa, dovrebbe essere possibile l'intervento sui container. Purtroppo questo ancora non si verifica. Il Governo ha individuato una strategia per la portualità, ma dovrà passare ancora del tempo prima che si concretizzi. Ieri IlSole 24Ore pubblicava un interessante articolo di chi gestisce il porto di Rotterdam e che dimostrava come, nonostante i tempi di viaggio più lunghi per circumnavigare e bypassare l'Italia via mare, la funzionalità del porto di Rotterdam recupera questo gap di cinque o sei giorni. Le merci sono quindi orientate ad andare verso i porti del nord Europa.
  Questo produce un danno economico, visto che sono 900.000 i container che arrivano al porto di Rotterdam. I danni per minori dazi e minori imposte introitate dal nostro Stato sono stimati da Confcommercio in circa 4 miliardi di euro all'anno. Se a questo aggiungiamo la prossima apertura del tunnel del Gottardo e il fatto che nel nostro Paese i treni hanno ancora 450 o 500 moduli e una portata di 1.500 tonnellate, mentre da Rotterdam arriveranno treni di 750 moduli con una portata di 2.000 tonnellate, comprendiamo benissimo che la competitività dei porti del nord Tirreno e del nord Adriatico subirà un ulteriore colpo. Pag. 5Il costo del trasporto, infatti, è inferiore del 20 per cento.
  La questione dell'Austria rischia di determinare un altro aspetto e cioè che l'Italia sia bypassata anche da terra. Se seguiamo la rotta che dal Medio Oriente va verso il nord-est dell'Europa, scopriamo che, attraverso terra, il corridoio balcanico è lungo circa 1.000 chilometri in meno. Nel momento in cui non è certa la fluidità del corridoio che parte dalla Turchia e che dal porto di Ancona o di Trieste attraversa l'Italia via treno o su gomma, raggiungendo i punti di destinazione nel nord Europa, è evidente che la merce si posizionerà su una rotta più sicura. Il corridoio balcanico era stato abbandonato perché ci sono controlli ai confini ma, calcolando il fattore tempo, torna a essere competitivo. Questo significa che dal porto del Pireo, con l'attraversamento del corridoio balcanico, l'Italia si troverebbe bypassata sia via mare sia via terra. Per la nostra economia sarebbe un danno enorme. L'Italia, anziché essere la piattaforma logistica avanzata nel Mediterraneo, diventerebbe un'isola. La nostra preoccupazione è questa. Al Governo italiano chiediamo di affrontare con determinazione questo pericolo, portando a livello europeo il rischio dell'attraversamento alpino. Nel 2003-2004 il Governo di allora presentò uno studio a livello comunitario su quanto era costata all'economia nazionale la chiusura del Monte Bianco dal 1999 al 2001. Il dato che Palazzo Chigi – e non le associazioni dell'autotrasporto o del mondo del trasporto più in generale – denunciò in Europa era un danno di 3 miliardi di euro per l'economia nazionale.
  Tutto è a ricaduta. La logistica è lo strumento attraverso il quale le merci prodotte e trasformate arrivano al punto di consegna. Se la logistica si inceppa, i danni si ripercuotono anche sul sistema produttivo di un Paese come il nostro, che è un Paese di trasformazione oltre che di produzione. Noi chiediamo una forte presa di posizione che produca come risultato il fatto che i controlli vengano realizzati, oltre che all'ingresso nell'area Schengen, com'è ovvio in base alle norme, quando gli automezzi effettuano delle fermate e cioè quando le merci scendono dalla nave e vanno sul treno o quando scendono dal treno e vanno sul camion. Quello è il momento per intervenire e svolgere controlli mirati a verificare se si stiano trasferendo merci non propriamente adatte al consumo o armi o altro.

  PRESIDENTE. In quale punto geografico, ad esempio?

  PAOLO UGGÈ, Presidente di Conftrasporto. Tutti i punti dove c'è interscambio e tutti i nodi dove c'è il passaggio da una modalità di trasporto all'altra possono essere luoghi dove effettuare i controlli, senza perdere ulteriore tempo e senza far perdere competitività al sistema logistico.
  Abbiamo presentato questi dati la settimana scorsa durante un convegno in Confcommercio e siamo sembrati dei pazzi visionari. Qualcuno ci ha detto che, grazie all'accordo raggiunto con il Governo austriaco, il problema era risolto, ma ieri sera abbiamo avuto notizia di come invece, a livello austriaco, stiano andando avanti con la loro strategia. Forse non vogliono costruire un muro fisico. Basta che introducano una serie di controlli e verifiche per determinare il rallentamento. Il risultato sarebbe un allungamento dei tempi di passaggio delle merci. I dati a cui lei, presidente, ha fatto riferimento sono parziali. Noi abbiamo calcolato il danno legato alle merci che attraversano l'Austria. L'Austria non ha solo il Brennero; ha altri punti di confine. Si tratta di 80 milioni di euro e non di 40, come specificato in quell'indagine. Il valore complessivo del danno è di 80 milioni di euro. Duecento milioni di tonnellate, per un valore di 524 miliardi di euro, sono le merci che attraversano i valichi alpini complessivamente. Il 60 per cento di esse passa attraverso i valichi austriaci e nell'80 per cento dei casi la merce ha origine o destinazione in Italia. Il nostro Paese è particolarmente interessato da questo danno.
  Per l'autotrasporto i danni sono pari a 170 milioni di euro per ogni ora persa nell'efficientamento dalla catena logistica. La ricaduta sul sistema produttivo è di 203 Pag. 6milioni di euro perché il bene non è più competitivo. Se il bene non arriva, è sostituito da un altro prodotto, realizzato in un Paese che con noi compete. La preoccupazione che abbiamo voluto rappresentare l'abbiamo riassunta in uno slogan: «Da piattaforma logistica europea a isola spartitraffico del Mediterraneo». È quello che l'Italia diventerà, se non viene portato avanti questo disegno. Sono le ragioni del nostro intervento e ringrazio dell'attenzione e della sensibilità il presidente e i componenti della Commissione. Il rischio per noi è molto grave. Quando la decisione è assunta, passano cinque o sei mesi prima che la Commissione europea possa intervenire e perché si avvii la procedura. Intanto, le merci non passano.

  PRESIDENTE. Considerato che il timore dell'Austria è forse quello di essere un Paese cuscinetto stretto tra Germania e Italia, Conftrasporto ha un suggerimento per il Governo per evitare che l'Austria trovi alibi, fondati o non fondati che siano, per introdurre questi controlli? Lei ci sta dicendo che sono operativi. È già cambiato qualcosa per i nostri camion? La seconda domanda che le faccio è se il danno sarebbe anche per l'Austria o se è limitato al solo passaggio da Italia a Austria.

  PAOLO UGGÈ, Presidente di Conftrasporto. Se dicessimo che oggi si stanno registrando forti rallentamenti diremmo una bugia. Forti rallentamenti non si registrano. Hanno intensificato i controlli, ma non possiamo dire che si sia determinata questa evoluzione. Non c'è dubbio. Siamo convinti però – e il passato lo dimostra – che questo Paese stia facendo un tentativo identico a quello della Svizzera. La Svizzera ha fatto una politica intelligente per quanto riguarda la propria realtà, trasformandosi nell'elemento che gestisce la politica ferroviaria europea. Tutti coloro che vogliono attraversare l'Italia e utilizzare le opportunità via mare devono passare dalla Svizzera, tant'è vero che gli investimenti che hanno realizzato sul Gottardo e sull'Oeschberg e che presto realizzeranno sul Monte Ceneri determineranno, come giusto, lo spostamento delle merci dalla strada alla ferrovia.
  Il nostro mondo associativo è in linea con la necessità, soprattutto nelle lunghe distanze, di spostare le merci dalla strada alla ferrovia o al mare. È un punto che rientra anche nell'ultimo accordo che abbiamo siglato con il Governo. Siamo riusciti a trovare un'intesa che ha spostato risorse, date all'autotrasporto attraverso la compensazione delle accise, sulle modalità alternative, che sono le «autostrade del mare» e il ferrobonus. L'Unione europea, però, rallenta i tempi per consentire l'attuazione di questi interventi e il mondo dell'autotrasporto è agitato. La settimana prossima avremo un incontro perché abbiamo firmato un accordo a novembre, siamo ormai a giugno e non abbiamo avuto alcuna risposta nel senso desiderato e concordato. Il confronto sarà abbastanza serrato.
  Come ripeto, la Svizzera cerca di catalizzare su di sé tutti i passaggi ferroviari e ha deciso, infischiandosene dell'obbligo assunto a livello comunitario e con il governo italiano di notificare prima la decisione, di chiudere dodici punti di confine. Il traffico che attraversa la Svizzera verrà pertanto concentrato in un giorno in meno della settimana, il che significa rallentamento dei passaggi. Se aggiungiamo la politica dell'Austria, è evidente che il tentativo è quello di rendere meno competitivo non il trasporto italiano, ma l'economia nazionale. L'Austria punta a diventare il player dei trasporti che la attraversano, a gestirli e a portarli in tutto il resto d'Europa.
  Se Schengen ha un senso e se ha un senso l'economia europea, che si appresta a investire sul Brennero ora 16 miliardi di euro e 25 miliardi nei prossimi tre anni, non è pensabile che un Paese possa operare per gestire tutta la mobilità a livello di Unione. Vista questa nostra preoccupazione, chiediamo che la questione venga portata a livello comunitario e che si faccia capire quale danno si determina per l'economia nazionale. A Cernobbio in ottobre terremo il secondo Forum internazionale di Conftrasporto e presenteremo uno studio sui danni per l'economia nazionale che Pag. 7derivano dall'attraversamento dell'arco alpino in caso di rallentamenti e sono aggravati dall'introduzione di divieti, norme e controlli esasperati, gestiti dai Paesi che vogliono realizzare questo obiettivo. Noi la vediamo così.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIORGIO BRANDOLIN. Ho più cose da sottolineare. La sua audizione avviene il giorno dopo l'audizione, in Commissione trasporti, dell'ambasciatore svizzero, che ci ha ricordato come la galleria del Gottardo sia stata realizzata con dodici mesi di anticipo rispetto a quanto previsto. Dico ai colleghi e alla presidente, per far loro capire come vengono fatte le cose in quel Paese, che quest'opera e l'importo del finanziamento sono stati inseriti nella Costituzione svizzera. Negli anni Novanta c'è stato un referendum e quest'opera è stata messa in Costituzione. È chiarissimo l'interesse di quel popolo per questo investimento, realizzato con un aumento di due punti dell'IVA e con fondi dei cittadini svizzeri e non dell'Europa. Certamente, non avranno i tempi delle nostre leggi costituzionali, che vanno avanti e indietro cinque volte, ma hanno pagato anche loro con aumenti di tasse continui e temporanei. L'ambasciatore ci ha anche ricordato, bacchettandoci, il ritardo nell'adeguamento delle gallerie, delle sagome eccetera nella parte italiana e tedesca, a dir la verità. Quella galleria è sottoutilizzata rispetto alle potenzialità che ha.
  Lei è preoccupato, ma io vedo quest'opera e le altre due che saranno prossimamente realizzate, e a cui lei ha fatto riferimento, come una grande opportunità anche per i nostri porti, in particolare per i porti liguri. La preoccupazione che condividiamo è che questo, anziché incentivare i nostri porti per il trasporto delle merci dalla Liguria verso la Germania, faccia aumentare le merci che da Rotterdam arrivano nella pianura Padana direttamente dal nord. Vorrei sapere se avete sottoposto questo punto al Ministro Delrio affinché rientri tra gli obiettivi principali del piano dei porti e del prossimo accordo di programma tra le ferrovie e il Ministero, che stiamo discutendo in queste settimane in parlamento.
  La seconda domanda riguarda l'Austria. Lei ha parlato di controlli già avvenuti nel tempo, con i quali c'entra poco l'emergenza emigranti.

  PAOLO UGGÈ, Presidente di Conftrasporto. La strategia è economica.

  GIORGIO BRANDOLIN. Noi siamo il Comitato che segue le problematiche di gestione dell'area Schengen in relazione agli emigranti, e mi pare che la vostra preoccupazione sia anteriore alla questione delle migrazioni. Adesso è all'attenzione dell'opinione pubblica, ma il problema era precedente. Come ha detto lei, l'Austria e la Svizzera vogliono essere i player dei trasporti. Come vedete la realizzazione dei 64 chilometri della galleria del Brennero, per cui sono stati stanziati i 25 miliardi di cui ha parlato prima? C'è preoccupazione come per il Gottardo o vi sembra piuttosto un'opportunità?
  Lei ha fatto riferimento agli interporti, dicendo che lì si dovrebbero svolgere i controlli sulla merce. Nel nord est abbiamo quello di Padova e quello di Verona. Ce ne sono troppi in Italia, secondo lei? Dovremmo semplificare la rete degli interporti? Due anni fa abbiamo anche approvato una legge, che credo sia chiusa in un cassetto inutilizzata. Quali sono, secondo lei, le opportunità e le esigenze di tipo legislativo e normativo che potremmo portare avanti per evitare che le merci vengano bloccate più volte e far sì che siano controllate una volta sbarcate, per poi arrivare a destinazione senza altri controlli?
  Infine, il tentativo di modifica dell'organizzazione dei porti in Italia vi vede favorevoli o ci sono criticità? Meno autorità portuali e più semplificazione è una strada da percorrere? Qual è il vostro giudizio sul tentativo di semplificare e ottimizzare la nostra base logistica nel Mediterraneo, che, come lei ha detto, potrebbe diventare un’«isola spartitraffico»?

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  RICCARDO MAZZONI. Il vicepresidente Brandolin ha già posto tutte le domande. Io vorrei un chiarimento. Lei ha detto che ci vuole una presa di posizione forte affinché i controlli siano effettuati laddove le merci si fermano. Questo è in relazione ai problemi del Brennero o più in generale? I controlli nei porti italiani vengono fatti e, non a caso, il traffico dei falsi cinesi, una volta che i controlli in Italia sono aumentati, è stato dirottato sul porto di Rotterdam, al Pireo e negli hub spagnoli. Vorrei un chiarimento su questo. Qualche giorno fa ha detto che la situazione che si sta determinando attorno a Schengen e al Brennero potrebbe avere ripercussioni anche sugli investimenti nella rete TEN-T. Mi può spiegare la connessione tra le due cose?

  PAOLO ARRIGONI. Mi scuso per essere arrivato in ritardo e non aver potuto ascoltare l'intervento del presidente Uggè fin dall'inizio. Vorrei avere conferma del fatto che, per quanto riguarda l'impatto sul trasporto su gomma delle merci, la situazione, a oggi, non ha complicato la vita degli operatori. Mi pare anche di aver compreso che da parte vostra nulla osta alla presenza di controlli, purché siano a garanzia del sistema. La vera preoccupazione sarebbe la politica strategica che stanno facendo la Svizzera, da una parte, e l'Austria, dall'altra.
  Il vicepresidente Brandolin ha citato l'inaugurazione della galleria del Gottardo, che non è un'opera italiana, ma Svizzera. Io voglio citare invece la Mendrisio-Varese, il cui tronco in territorio svizzero è già stato realizzato. Il tratto Arcisate-Stabbia è, invece, ancora bloccato per problemi di varia natura, ivi compreso il superamento delle soglie di concentrazione di elementi inquinanti. Mi riferisco all'arsenico, la cui soglia in Svizzera è molto più alta, tant'è che lì hanno potuto realizzare l'opera. Più che una domanda, la mia è una riflessione. Il Ministro dell'economia e delle finanze dice che il ripristino dei controlli impatta sull'economia nazionale tra i 4 e i 18 miliardi di euro, ma è uno specchietto per le allodole. Un impatto molto più negativo sull'economia nazionale, come ha detto anche lei, c'è l'ha la carenza di infrastrutture del nostro Paese e una politica economica e strategica che non riesce a fronteggiare e contrastare quella di Austria, Svizzera e Germania, che in materia hanno certamente una visione più proiettata al futuro.

  PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.

  PAOLO UGGÈ, Presidente di Conftrasporto. Vado per ordine. La galleria del Brennero è sicuramente una grande opportunità, così come lo è il Gottardo. Riuscire a trasferire rapidamente le merci che dovrebbero essere lavorate o prodotte nel nostro Paese e raggiungere i mercati europei è la soluzione ottimale per un'economia europea che vuole competere con le altre economie del mondo. Non c'è dubbio che l'Italia, con il raddoppio del Canale di Suez, diventa strategica. Del resto, l'Unione europea ha sempre definito l'Italia la piattaforma logistica più avanzata del Mediterraneo, il primo punto di accoglienza dove si interviene sull'afflusso delle merci, si lavorano le merci e le si invia nel resto dell'Europa. Il problema è vedere questo aspetto secondo una logica economica europea che dia competitività al sistema europeo. Se, da un lato, riconosciamo questo principio e, dall'altro, operiamo per introdurre ostacoli, andiamo non solo contro lo spirito di Schengen e dell'accordo che è stato raggiunto, ma penalizziamo anche una parte dell'Europa. Penalizzando l'Italia, si penalizza una parte dell'Europa. Stiamo per realizzare il Brennero, ma non abbiamo ancora modificato le condizioni che oggi regolamentano il sistema ferroviario. Prima parlavo dei moduli: siamo ancora in attesa. C'è ancora la questione del doppio macchinista, all'estero no. Servono alcuni piccoli interventi e noi stiamo predisponendo la nostra proposta per il Ministro Delrio. Sono interventi che non hanno un costo economico di grande importanza ma, adeguando la rete ferroviaria della Liguria, ad esempio, avremmo come effetto non il collegamento di Genova a Rotterdam, lungo il famoso corridoio 24, ma esattamente il contrario.
  Come ripeto, ieri su IlSole 24Ore quelli del porto di Rotterdam hanno iniziato una Pag. 9campagna pubblicitaria, dicendo che gli italiani non riescono a fare gli interventi per aumentare il pescaggio delle navi mentre loro accolgono le grandi navi portacontainer e quindi è meglio approdare lì perché è più economico. In effetti, se non faremo questi interventi in tempo – e i tempi, ahimè, sono ristretti – sull'asse della Liguria, avremo la calata dal Gottardo e lo spostamento verso la pianura Padana e verso est. Di conseguenza, i porti della Liguria, e in particolare Genova, la Spezia e Savona, non riusciranno a essere competitivi. Il primo intervento da fare tra tutti quelli che «bucano» le bellissime Alpi è adeguare sia i collegamenti ferroviari sia i collegamenti autostradali. Oggi questo non esiste.
  Quanto ai porti, la riduzione effettuata dal Ministro Delrio è importante. Noi addirittura proponevamo di investire su cinque o sei porti di accoglienza per concentrare gli sforzi e renderli ancora più produttivi. È stata fatta una scelta e ci auguriamo un buon esito. Ieri abbiamo avviato un primo momento di confronto al Ministero dei trasporti per definire le forme di partenariato, ma non possiamo trovarci con venti o trenta soggetti intorno al tavolo. Si perde tempo a discutere e non si fa nulla. Devono essere individuate le realtà davvero rappresentative degli operatori. Il Governo deve scegliere e fare quello che ha intenzione di fare, ma un momento di confronto, secondo noi, sarebbe importante e all'incontro di ieri lo abbiamo detto. Questo si collega agli interporti. Non è che ogni paese e ogni città deve realizzare il suo interporto. Ci vuole una logica di sistema. Quando il Ministro Lupi annunciò la realizzazione del piano della logistica portuale, mi sono permesso di dire che era una contraddizione in termini perché non si fa un piano di logistica portuale. Si fa un piano di logistica generale, nel quale si inseriscono le specificità dei porti, degli interporti e dei collegamenti della retroportualità, realizzando un sistema semplice che funziona. Se ogni realtà vuole strutturarsi per conto proprio, lo può fare con propri investimenti. Credo che un Paese come il nostro debba partire da un piano nazionale della logistica dei trasporti. Ricordo che l'ultimo piano nazionale della logistica dei trasporti che ha avuto una validazione è quello approvato dal CIPE nel 2006. Dopo c'è stata una fase in cui si è pensato a un piano della mobilità. Quella fase è passata e si è tornati a parlare di un nuovo piano della logistica, ma quel piano non è neanche entrato per sbaglio al Consiglio dei ministri e non è mai stato portato avanti. Secondo noi, è stato un errore, che rischia di farci perdere tempo. Se non partiamo con una logica di questa natura, rischiamo veramente di non raggiungere gli obiettivi.
  Vengo ai controlli. In Germania si fanno 1,3 milioni di controlli all'anno. In Italia raggiungiamo, sì e no, i 250.000. Occorre realizzare una politica di controlli che abbia come obiettivo non solo quello di verificare il rispetto delle norme. La lotta alle disuguaglianze e alla concorrenza sleale ce la insegna ancora l'Austria. L'Austria, dal 1° gennaio 2011, ha introdotto una legge che impone alle aziende che devono attraversare il suo territorio di compilare, sette giorni prima della partenza, una serie di moduli – li ho portati perché possiate rendervi conto –, in cui bisogna dichiarare chi è l'azienda, che cosa trasporta, dove va, chi è l'autista eccetera. Altrimenti non danno il permesso di entrare in Austria. Tutto questo lo hanno giustificato con la volontà di impedire che vengano attuate norme di cabotaggio contrarie a quelle europee.
  Mi spiace tornare indietro, ma l'Austria aveva inventato un sistema di ecopunti che, in base a un accordo tra Ministri europei, avrebbe dovuto terminare entro una certa data. Quando si arrivò al «trilogo» a livello comunitario, che presiedetti io al posto del Ministro Lunardi, l'Austria si oppose e cercò alleanze per far saltare la conclusione di quel sistema. È un comportamento tipico dell'Austria quello di cercare di introdurre elementi che rallentano il flusso delle merci attraverso il Paese. I divieti riguardano gli automezzi che passano attraverso l'Austria, come se i trasportatori austriaci non rilasciassero sostanze inquinanti. È evidente che c'è una strategia. Se pensiamo al grande disegno della «via della seta», il corridoio Pag. 10balcanico e il porto del Pireo hanno una funzione rilevantissima. Guarda caso, se oggi si crea un intoppo a livello austriaco, il corridoio balcanico può diventare una grande alternativa all'attraversamento più funzionale, attraverso gomma, nave e treno, delle Alpi, il cui percorso è più lungo, ma ha sicuramente un impatto ecologico maggiore e una prospettiva più adeguata. Gli interporti devono quindi rispondere a una logica. Non devono essere n interporti, ma devono essere finalizzati a un disegno logistico.

  GIORGIO BRANDOLIN. La norma voleva proprio ridurre il numero degli interporti. Volevo sapere se ha funzionato o se è rimasta un libro dei sogni.

  PAOLO UGGÈ, Presidente di Conftrasporto. Mi pare che fosse l'osservazione del senatore Arrigoni.

  PAOLO ARRIGONI. Ero arrivato alla fine del suo intervento. Le chiedevo di confermare quanto avevo colto del suo ragionamento.

  PAOLO UGGÈ, Presidente di Conftrasporto. Ha capito perfettamente.

  RICCARDO MAZZONI. Mi scusi, io avevo chiesto se sono a rischio i finanziamenti per la rete TEN-T.

  PAOLO UGGÈ, Presidente di Conftrasporto. Io non credo sia possibile oggi. Mi pare oggettivamente che il Governo stia seguendo la linea giusta per evitare questo rischio, ma dobbiamo portare a livello europeo il problema della permeabilità dell'arco alpino e il problema del sistema trasportistico nazionale, che deve essere visto come un sistema funzionale alla competitività europea. Apro una parentesi. Non entro nel merito se sia giusto o no perché ognuno ha le sue idee e le sue le sue valutazioni, ma il ponte sullo stretto di Messina, a suo tempo pensato, non era un'idea del Governo italiano. Era un'idea della commissaria Loyola De Palacio, che riteneva la Sicilia la piattaforma logistica più avanzata, quella in grado di intercettare, meglio di ogni altra, i traffici. È stata fatta una scelta diversa, nella quale non entro nel merito. Personalmente ritengo che sia un'opera che aiuterebbe il sistema europeo, ma devo prendere atto di quello che è successo.
  Dobbiamo comprendere che, se la logistica italiana non funziona e produce un danno di 40 o 50 miliardi per le casse dello Stato italiano, il tema della logistica deve essere affrontato con grande determinazione. Mi pare che il Presidente del Consiglio e chi opera in Europa stia cercando di sostenere questo, ma noi siamo a disposizione per fornire le nostre sensazioni e aiutare il nostro Paese. Viceversa, corriamo il rischio di trovarci in difficoltà.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.25.

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ALLEGATO

Documentazione consegnata al Comitato
nel corso dell'audizione

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