XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 23 di Mercoledì 13 aprile 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE POLITICHE DEI PAESI ADERENTI RELATIVE AL CONTROLLO DELLE FRONTIERE ESTERNE E DEI CONFINI INTERNI

Audizione del Senior Military Advisor UNSMIL, generale C.A. Paolo Serra.
Ravetto Laura , Presidente ... 2 
Serra Paolo , Senior Military Advisor UNSMIL ... 4 
Ravetto Laura , Presidente ... 7 
Serra Paolo , Senior Military Advisor UNSMIL ... 7 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Artini Massimo (Misto-AL-P)  ... 8 
Mazzoni Riccardo  ... 9 
Esposito Giuseppe  ... 9 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 9 
Arrigoni Paolo  ... 10 
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 10 
Mazzoni Riccardo  ... 11 
Ravetto Laura , Presidente ... 11 
Serra Paolo , Senior Military Advisor UNSMIL ... 11 
Esposito Giuseppe  ... 11 
Serra Paolo , Senior Military Advisor UNSMIL ... 11 
Ravetto Laura , Presidente ... 12 
Serra Paolo , Senior Military Advisor UNSMIL ... 12 
Esposito Giuseppe  ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 12 
Serra Paolo , Senior Military Advisor UNSMIL ... 12 
Artini Massimo (Misto-AL-P)  ... 13 
Serra Paolo , Senior Military Advisor UNSMIL ... 13 
Ravetto Laura , Presidente ... 14 
Serra Paolo , Senior Military Advisor UNSMIL ... 14 
Ravetto Laura , Presidente ... 14 
Serra Paolo , Senior Military Advisor UNSMIL ... 14 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 15 
Serra Paolo , Senior Military Advisor UNSMIL ... 15 
Ravetto Laura , Presidente ... 15 
Serra Paolo , Senior Military Adviso UNSMIL ... 15 
Ravetto Laura , Presidente ... 15 
Serra Paolo , Senior Military Adviso UNSMIL ... 15 
Ravetto Laura , Presidente ... 15 
Serra Paolo , Senior Military Advisor UNSMIL ... 16 
Ravetto Laura , Presidente ... 16 
Serra Paolo , Senior Military Advisor UNSMIL ... 16 
Ravetto Laura , Presidente ... 16 

ALLEGATO: Documentazione prodotta nel corso dell'audizione ... 17

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 9.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Senior Military Advisor UNSMIL, generale C.A. Paolo Serra.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito della nostra indagine conoscitiva sulla gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen, l'audizione del Senior Military Advisor UNSMIL, generale C.A. Paolo Serra. Siamo onorati di averla qui, generale, come lei sa le nostre sedute sono pubbliche, ascolteremo la sua esposizione, se lo riterrà opportuno potrà chiedere di secretare parte dell'audizione. Al Comitato risulta che lei sia stato comandante della missione UNIFIL in Libano e che il 15 novembre 2015 sia stato nominato dal Segretario generale dell'ONU Ban Ki-Moon Senior Advisor del nuovo rappresentante speciale dell'ONU, Martin Kobler, per le questioni di sicurezza relative al dialogo in Libia. Dopo UNIFIL, di cui nel luglio 2014 ha lasciato il testimone ad altro italiano, generale Luciano Portolano, che aspettiamo in audizione da noi, risulta al Comitato che lei sia stato, da luglio 2014 fino all'assunzione del nuovo incarico, consigliere militare del Rappresentante permanente italiano alle Nazioni Unite a New York. Sappiamo che il suo è un compito particolarmente difficile in un momento cruciale per la situazione in Libia.
  Risulta al Comitato che nel Paese si contrappongono di fatto due entità, ciascuna con un proprio esercito, Parlamento e Governo. Dall'agosto del 2014 queste due entità politiche, la Camera dei Rappresentanti a Tobruk riconosciuta dalla comunità internazionale, il nuovo Congresso nazionale generale (CNG) sorto a Tripoli, rivendicano il Governo del Paese, sono entrambe sostenute da milizie armate affiliate a regioni, città, tribù di diversa provenienza. Risulta anche che Daesh, nelle cui file figurano stranieri e libici che hanno fatto ritorno in patria dopo aver combattuto in Iraq e Siria, ha approfittato del vuoto politico e dell'assenza di un Governo stabile (salvo gli sviluppi che sono certa oggi ci racconterà) e ha occupato a novembre 2014 la città di Derna a est di Bengasi. Da allora queste forze e i loro alleati sono attivi lungo quasi tutta la costa da Derna e Tripoli. Risulta infine al Comitato anche da notizie stampa (Agenzia Rai News 31 marzo 2016) che, dopo vari tentativi, i componenti del Consiglio presidenziale libico del premier designato Fayez al Sarraj sono giunti a Tripoli per insediare un nuovo Governo sostenuto dalla comunità internazionale. L'insediamento del Governo Sarraj a Tripoli potrebbe preludere a una possibile richiesta di una missione ONU a leadership italiana. Le chiediamo quindi, generale, di fornire al Comitato, nei limiti delle sue competenze, maggiori e più dettagliate informazioni sugli sviluppi della situazione in Libia, sulle azioni in corso per giungere a una stabilizzazione del Paese e sulle iniziative e gli strumenti all'esame delle Nazioni Unite per giungere a una risoluzione della crisi libica. Pag. 4
  Il secondo punto è se può darci una sua valutazione in relazione ai flussi migratori diretti in Europa attraverso la Libia. Secondo quanto dichiarato dal portavoce per l'OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni), il traffico di esseri umani in mare tra la Libia e l'Italia quest'anno è superiore del 15 per cento rispetto all'anno scorso, del 70 per cento rispetto al 2014. Risulta al Comitato che le autorità libiche non sono in grado di assicurare il controllo dei confini e contrastare l'attività di organizzazioni che sfruttano i flussi migratori, quindi vorremmo chiederle di darci una opinione su questo e sulle prospettive.
  Da ultimo, ci sono rumors in relazione alla possibile, drammatica apertura di una rotta dall'Albania a seguito della chiusura ai confini tra Grecia e Macedonia, si parla di numeri (il senatore Mazzoni mi ha inviato dei documenti molto interessanti) che potrebbero oscillare tra i 150.000 e gli oltre 300.000 arrivi, addirittura si parla in quell'area di un potenziale insediamento di ISIS, alcune indiscrezioni giornalistiche evidenziano la possibilità di aperture di centri di reclutamento. Le chiederemmo quindi dei commenti in merito.
  Le cedo immediatamente la parola e dopo la sua relazione i colleghi le faranno delle domande.

  PAOLO SERRA, Senior Military Advisor UNSMIL. Grazie, presidente, signore e signori, onorevoli e senatori, è un grande onore per me essere qui e sono un po’ imbarazzato per questo audience di altissimo livello, ma adesso prendo velocità e andiamo avanti. Ho preparato alcune slide che mi aiuteranno nella mia presentazione. Avrò una breve introduzione, parlerò della crisi politica che ha portato alla corrente situazione e poi ci focalizzeremo sul core della discussione, che è rappresentato dai flussi migratori. La prima slide mostra chi siamo e cosa è UNSMIL in Libia, questa missione che prende mandato da una prima risoluzione, quella dell'attività post-rivoluzionaria del 2011, e poi viene rilanciata con successive risoluzioni dell'ONU. Parliamo del Capitolo 7 dell'ONU che, come ben sapete, autorizza le forze internazionali a intervenire, ma in questo caso non siamo ancora all'articolo che prevede questo intervento, ma siamo sull'articolo 41, quello della preparazione dell'embargo. La risoluzione successiva, che è quella del 2015, è quella di dicembre che sancisce e riconosce il nuovo Governo di accordo nazionale del presidente Serraj, la persona in mezzo nella foto, fra il vicepresidente Shoaib con la cravatta azzurra e il vicepresidente Mazurk con la cravatta rossa. I punti salienti di questa nuova risoluzione sono la fiducia sul political agreement, la possibilità di sostenere questo Governo, la condanna della componente terroristica e il sostegno a riaffermare la presenza di UNSMIL sul terreno Libico.
  Questo political agreement nasce perché bisognava far convenire a soluzione due differenti predisposizioni politiche, una di Tripoli e una di Tobruk. La riluttanza dei vari presidenti a trovare una soluzione faceva sì che si dovesse lavorare sulla maggioranza dei boycotters, quindi è stato trovato un agreement che però mancava della parola «politica» e quindi i due rappresentanti principali continuavano a essere distanti. I punti sostenuti dall'accordo sono quelli riportati nella «lastrina»: assicurare i diritti umani, mantenere la separazione dei poteri e rafforzare le istituzioni statuali. La notte di Pasqua, con una missione a sorpresa, il Consiglio Presidenziale veniva portato a Tripoli dopo quindici giorni di tentativi di ingresso per via aerea, in quanto veniva chiuso lo spazio aereo a seguito di attività di contraerea lanciate nella notte, e quindi di giorno non si aveva l'autorizzazione all'atterraggio. Sono partiti da Sfax, una piccola cittadina in Tunisia, verso l'1.00 di notte e alle 13.00 del giorno successivo prendevano terra a Tripoli, accolti dal Temporary Security Committee, un gruppo di 18 rappresentanti di armi di polizia e di esercito, con i quali noi trattiamo.
  Come rappresentante della sicurezza ho tre funzioni principali: sostenere, aiutare e consigliare il Rappresentante del Segretario generale, Martin Kobler all'interno della missione; trattare la parte della sicurezza con tutte le varie milizie e quindi facilitare il compito del Governo di accordo nazionale; effettuare il collegamento con la comunità Pag. 5 internazionale. Cerco di sviluppare questi tre spunti. Tutta questa attività è stata fatta per il tramite del Security Committee. Bisogna tenere conto che esercito e polizia non hanno una funzione primaria oggi (stiamo parlando solo di Tripoli), a Tripoli ci sono 41 milizie e quindi abbiamo dovuto trattare con loro e ottenere supporto da loro, quindi l'80 per cento (circa 4.000 uomini) è passato dalla parte del futuro Governo, 2.000 continuano a sostenere il precedente. Abbiamo avuto 300 poliziotti e 200 elementi dell'esercito che hanno «saltato l'ostacolo» e si sono già schierati a favore di un futuro Governo, dimostrando grande coraggio, e per quattro giorni sono stati schierati sul terreno per facilitare l'arrivo del nuovo Governo senza averne la sicurezza certezza, perché con la difficoltà che il Governo incontrava nell'inserirsi questi personaggi hanno rischiato veramente tanto.
  Una delle varie funzioni sarà in futuro quella di creare un esercito e una polizia che siano veramente espressione statuale, quindi esiste un piano fatto di concerto con il Security Committee per creare delle aree in cui sviluppare l'addestramento delle future Forze Armate, riassorbire coloro che vorranno essere riassorbiti in Forze Armate normali e aprire una mobilitazione per facilitare l'ingresso di ragazzi e personale femminile che vogliano partecipare a una nuova Libia. Oggi la Libia è suddivisa in due entità, perché abbiamo ancora il Libyan National Army con il generale Haftar sulla parte di Tobruk, che sta combattendo anche a Bengasi, dall'altra abbiamo gli elementi di un esercito che ancora deve crescere, che sono quelli di Tripoli. Chiaramente in futuro la Libia avrà bisogno di un unico esercito, di un'unica forza che le garantisca sicurezza e controlli dei vari confini.
  La Libia è il quarto Paese africano per estensione e il diciassettesimo nel mondo, quindi è un Paese enorme, ha 6 milioni di abitanti, si vede la forza delle varie città costiere e si può suddividere, com'era suddivisa idealmente, in Tripolitania e la parte di Tobruk, la Cirenaica, e la parte fra Ghat e Sebha, il cosiddetto Fezzan, che non è totalmente sud. I Paesi confinanti hanno confini molto porosi, quindi Tunisia e Algeria sono parti confinanti ben controllate, l'Egitto è ben controllato, tutto il sud però è molto poroso, quindi dai triconfinali fra Algeria, Niger, Libia e Sudan, Ciad e Libia ci sono direttamente flussi di migranti che vanno verso il centro, verso Sebha e da lì verso nord.
  Nell'assenza di controllo centrale si è sviluppato ISIS, come ben diceva il presidente inizialmente. Fonti aperte statunitensi riportano un incremento della popolazione di ISIS dai 3.500 ai 5-6.000 elementi, ma comunque possiamo dare per scontata una popolazione ISIS intorno ai 3.000. In questa «lastrina» vedete le varie posizioni indicate in colore più scuro, che sono quelle dove l'ISIS è presente, quindi uscito da Derna, è nella zona centrale di Sirte, che peraltro era la cittadina della tribù Gheddafa e quindi si sono inseriti in un contesto sociale che manteneva la forza del precedente dittatore, dove è stato facile per loro trovare un appiglio. Quell'insieme di tracce nere che unisce la Tunisia con la zona di Sirte a sud dell'area di Tripoli non è una vera e propria strada o una via di facilitazione, ma è un insieme di villaggi che sono stati occupati oppure messi sotto pressione con degli attentati, quindi ISIS dimostra una capacità di muoversi lateralmente est-ovest, non soltanto nord-sud. Le posizioni sulla destra sono le attività svolte da ISIS sia come attacco terroristico, sia come il tentativo di impossessarsi dei campi petroliferi di Ras Lanuf. In questa battaglia l'ISIS è stato respinto dalle forze di protezione, che sono una guardiania petrolifera privata, però hanno causato dei danni. Uno dei problemi che poi andremo ad analizzare è che oggi l'estrazione del petrolio in Libia è scesa a 300.000 barili al giorno, mentre precedentemente era 1,8 milioni di barili al giorno. C'è molto lavoro da fare per ricostruire questa capacità di estrazione e quindi di gestione economica.
  Ho preparato questa presentazione basandomi su fonti sia dell'ONU sia esterne, quindi anche dell'Organizzazione per i migranti per quanto concerne le rotte verso il Mediterraneo. Una macrofotografia mostra Pag. 6come tutti convergano su Tripoli; abbiamo due aree di provenienza, quella dal Corno d'Africa e quella dalla parte occidentale dell'Africa, entrambe entrano in Libia dai punti triconfinali che vi citavo e si muovono verso nord. La prossima è più dettagliata, siamo nel 2015 e la «lastrina» in basso riporta la differenza negli anni, la fonte è una organizzazione non governativa e quindi dei 150.000 migranti che sono entrati in Europa nel 2015, 120.000 sono arrivati dalla Libia. Nella Libia non ci sono soltanto i migranti, ma ci sono anche i richiedenti asilo e i rifugiati interni, perché anni di guerra civile e quanto sta succedendo a Bengasi hanno provocato movimenti interni di displaced person che non hanno più la propria casa e quindi si muovono fra campi profughi all'interno dello stesso Paese. Questo è il punto che vi dicevo precedentemente, in riferimento al 2015 sui 150.000 che hanno cercato di raggiungere l'Europa, 120.000 provenivano dalla Libia. A gennaio 2015 abbiamo avuto circa 3.000 movimenti, nel gennaio del 2016 questi movimenti sono saliti a oltre 5.000, quindi in un anno praticamente raddoppiati, e andremo a studiare i vari movimenti nei mesi successivi.
  Questa è una «lastrina» complicata che potete vedere dalle fonti aperte. Vi lascio comunque il documento, perché c'è il totale degli arrivi in Italia dell'anno scorso e di quest'anno, la parte azzurra che è quella di quest'anno è molto più alta, e ora, con il miglioramento del tempo, se non viene fatta qualche attività di sostegno sia all'economia sia al controllo, il movimento potrà aumentare in maniera significativa. Nella «lastrina» vediamo la differenza delle nazionalità: circa il 20 per cento sono nigeriani, il 15 per cento provenienti dal Gambia, 10 per cento dal Senegal, minoritari Mali e Guinea. Tutti questi movimenti precedentemente si fermavano in Libia, perché la Libia assorbiva fino a 1 milione di migranti come forza lavoro, perché i libici non avevano bisogno di lavorare perché dei 6 milioni di libici 1,3 sono attualmente impiegati dello Stato o del terziario; quindi con le loro famiglie almeno 4 milioni di persone vivevano sui proventi del petrolio e la forza lavoro si basava sulla migrazione esterna.
  Stiamo parlando estensivamente della Libia perché ci sono dei fattori in Libia che hanno sicuramente facilitato questo movimento, quindi la sicurezza è la base, abbiamo tuttora un'assenza di controllo con bande di milizie prossime a diventare bande criminali, abbiamo una crisi umanitaria enorme, a Tripoli oggi c'è tutto ma è tutto a borsa nera e le banche sono chiuse perché non c'è più denaro contante, quindi il nuovo Governo si troverà anche ad affrontare questo grande problema, che è veramente una sfida. Abbiamo reti criminali perché la gestione del transito dei migranti diventa un business e, in assenza di altre attività, anche un buon lavoro per quelli che vogliono farlo, e poi abbiamo un movimento sull'Africa subsahariana che facilita il movimento di armi in uscita e di personale in ingresso.
  Nella post-rivoluzione del 2011 abbiamo sicuramente grandi problemi, perché abbiamo un'assenza di controllo, abbiamo la guerra civile, due Governi, il Governo di Tripoli e il Parlamento a Beida, e diventa impossibile per coloro che cercano di gestire una situazione così frammentata, di controllare anche il movimento dei migranti. A Tripoli il problema è ancora superiore perché per problemi di sicurezza c'è stata la chiusura delle ambasciate anche dei Paesi africani, quindi tutti i migranti arrivati nel frattempo sono detenuti a tempo indeterminato perché non hanno più la copertura diplomatica per tornare a casa in quanto non c'è più Consolato e quindi non c'è tutela diplomatica, quindi rimangono nei centri per i migranti che sono come dei centri di detenzione, dei campi. Prima venivano gestiti tutti da un'entità statuale, adesso vengono gestiti anche da milizie. Senza un Governo in carica diventa impossibile applicare la legge, non ci sono controlli alle frontiere, non ci sono relazioni diplomatiche, i diritti umani sono una lontana chimera, quindi lo sforzo che la comunità internazionale e che l'Italia hanno fatto nel sostenere il Governo di accordo nazionale mira a far fronte a tutte queste cose, non soltanto per avere un Governo Pag. 7che sia un interlocutore, ma per avere una stabilizzazione in Libia.
  Vi parlavo di questi centri di detenzione e questa è una «lastrina» che mette insieme l'era prerivoluzionaria con quella successiva. Precedentemente c'era questo Direttorato per il contrasto dell'immigrazione clandestina, che aveva organizzato dei centri di controllo e di detenzione, adesso, come vedete in giallo, 21 campi sono gestiti da milizie e 18 da questo vecchio Direttorato attraverso catene di comando con il Ministro degli interni e con un certo livello di legalità. Quelli gestiti da milizie invece sono aree dove le estorsioni, i ricatti e la violenza sono purtroppo alla base dell'attività. Queste sono le due frecce del movimento: il movimento dei due angoli trinazionali e i due movimenti che vengono dal Corno d'Africa e dall'Africa orientale; dal Corno d'Africa l'area si muove verso Ajdabiya, che è un punto di diramazione successiva, il confine con l'Egitto è un confine molto chiuso, controllato sia dall'Egitto, sia dalla parte interna dalle forze fedeli al Libyan National Army del generale Haftar; il confine dell'Algeria e il confine tunisino sono controllati quasi esclusivamente dalla parte esterna, mentre un confine si controlla da entrambe le parti altrimenti non può essere considerato controllato. Abbiamo poi queste tribù Tebu e Tuareg, che sono locali ed essendo tribù non tengono conto di un confine che per loro è stato imposto successivamente, quindi i Tebu sono anche in Ciad e in Sudan, i Tuareg sono in Algeria e al confine con il Mali. Vedete il flusso dei movimenti: entrano manovalanza e sfruttamento, ed escono armi, combustibili, farmaci, entra droga e questi sono i grandi numeri, per dare un'idea del movimento e della struttura tribale. Chiaramente ci sono dei network criminali che diventano transnazionali, soprattutto quello che viene dal Corno d'Africa verso la Libia ha sicuramente una funzione di corruzione sui vari funzionari e le milizie, e viene sfruttato dalle organizzazioni terroristiche.
  L'assenza dello Stato ha fatto sì che ci fosse un ritorno alla difesa della propria famiglia e della propria cerchia di sostegno e della tribù, quindi si è andati indietro nel tempo. Nelle aree a cavallo di questo confine, dove ci sono tribù dedite sia al contrabbando che all'attività commerciale, diventa molto facile avere entrambe le attività e non sentire la differenza fra importare manovalanza a basso costo, che poi diventa un movimento verso nord e può trasformarsi in una migrazione, o esportare armi o droga.
  La popolazione libica risente del potere economico che aveva precedentemente, quindi ha una gerarchia razziale...

  PRESIDENTE. Cosa vuol dire gerarchia razziale?

  PAOLO SERRA, Senior Military Advisor UNSMIL. Ci arriviamo subito. Il fatto anche che Gheddafi impiegasse mercenari di colore fa sì che il personale di colore africano non venga trattato alla pari degli arabi bianchi. La stessa posizione viene imposta sulle imbarcazioni: quindi il migrante di colore è quello che ha la posizione peggiore all'interno della barca, poi abbiamo gli arabi bianchi e poi abbiamo coloro che invece hanno il passaporto o il visto legale che comunque prendono il barcone perché per altri motivi non possono muoversi con un viaggio normale. Il triangolo dell'immigrazione clandestina è questo piccolo fra Zuwara, Sabratha e Zliten, 1.500 sono partiti dall'area occidentale vicino Tripoli contro 150 partiti da Bengasi o dall'area di Tobruk. Questa è una «lastrina» simile a quella che l'Ammiraglio Credendino nella sua presentazione aveva usato per evidenziare la differenza di impiego navale delle attività svolte dalla migrazione clandestina.
  La Libia quindi ha 6 milioni di abitanti, l'80 per cento lavorava nel terziario, mentre la forza lavoro sia industriale sia agricola era tutta una manovalanza esterna, che comunque veniva assorbita, quindi questo milione di persone che oggi non vengono più assorbite sono potenziali migranti, aiutando la Libia a ricostruire il proprio tessuto industriale e agricolo e a lavorare sicuramente queste persone non avrebbero più bisogno di muoversi oltre la loro prima area di afflusso. Pag. 8
  Uno spunto sui diritti umani: questa è una fotografia recente, all'ombra hanno messo le donne, al sole gli uomini. I centri di detenzione: 21 sono gestiti da milizie, gran parte sono detenuti africani che vengono trattati in maniera ancora più dura, 9.000 sono in strutture governative quindi per differenza circa 7.000 in quelli gestiti dalle milizie. Le condizioni sono terribili, come ONU abbiamo lo Human Rights all'interno del nostro Dipartimento che naturalmente cerca di sviluppare anche un'attività a sostegno di questa gente dal punto di vista umanitario. Ci sono non soltanto questi centri legali o illegali, ma anche violenza, stupri, illegalità in tutto l'itinerario lungo il deserto; quindi come Nazioni Unite siamo molto vicini a queste persone per il dramma che attraversano. Ajdabiya è uno dei centri di accoglienza e permanenza, dove gran parte dei migranti provenienti dal Corno d'Africa si appoggia prima di essere ritrasferita verso l'area di Sabratha oppure tentare il salto verso l'Europa. È un punto di smistamento, ci sono veri e propri magazzini di esseri umani trattati alla stregua di prigionieri mentre non hanno commesso nulla di male, se non essere dei poveretti alla ricerca di un mondo migliore. Questo è un campo profughi dell'UNHCR, quindi sostenuto dall'ONU, però nelle vicinanze c'è un caporalato che cerca di dare lavoro a queste persone, perché devono riguadagnare i soldi sufficienti per fare il successivo movimento. Da una parte c'è la burocrazia che richiede un bashish per andare avanti, dall'altra abbiamo traffici illeciti, organizzazioni criminali, situazioni devastanti per questa gente.
  Sfollati interni: non tutti i 400.000 dipendono dalla battaglia di Bengasi, però nelle varie battaglie della guerra civile abbiamo circa 400.000 sfollati interni che si spostano. La metà è stata spostata più volte, siamo andati a visitare un campo profughi all'interno di Tripoli della tribù Tawargha che è stata spinta via da dove si trovava, si spera di far tornare nelle loro case almeno le prime 800 famiglie entro la fine dell'anno. I numeri sono rilevanti, perché quando parliamo di tribù si parla di 300-800 famiglie, ogni famiglia avrà almeno 4 persone, quindi si tratta di 3.000 uomini, donne e bambini da movimentare, con conseguenti problemi di controllo e di sicurezza sia durante il tragitto, sia quando si arriva nella vecchia abitazione, dove bisogna effettuare un controllo per verificare che le aree non siano infestate da mine ed esplosivi, lavoro che richiede risorse economiche, tempo, forza e volontà. Come ONU vediamo una situazione umanitaria drammatica, laddove i profughi non sono un problema, ma sono quello che il problema della guerra ha creato. Abbiamo l'esigenza di una policy unitaria che sia una visione comune anche dell'Europa, perché l'Europa è sul Mediterraneo, quindi risente della responsabilità, c'è un problema di sicurezza dei confini e di politica estera, quindi devono mettersi in equilibrio queste due cose, c'è sicuramente una minaccia alla sicurezza, perché all'interno di questi flussi potrebbero esserci cellule dormienti, abbiamo bisogno di avere il rispetto dei diritti umani e delle leggi internazionali, ma questo non cancella l'esigenza di contrastare il traffico per ridurre il potere della criminalità e ridare una speranza a questo Paese.
  Vi ringrazio per l'attenzione e sono a disposizione per le domande. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, generale, della relazione veramente importante, illuminante. Acquisiamo le sue «lastrine». Concordo sulla responsabilità europea, però è anche una responsabilità della comunità internazionale, perché molte persone che arrivano in Libia attraversano Stati che hanno firmato la Carta dei diritti dei migranti, però si disinteressano del loro attraversamento. È vero che l'attenzione si sposta tutta sull'Europa quando arrivano da noi, però forse c'è una responsabilità della comunità internazionale anche prima di arrivare nel nostro mare.
  Lascio la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MASSIMO ARTINI. Grazie, presidente, grazie, generale, mi fa molto piacere rincontrarla e farle sinceramente i complimenti Pag. 9 per la presentazione molto chiara. Le volevo chiedere alcune cose (altre le riserverò all'altra audizione al Senato, in Commissione difesa) in particolare per quanto riguarda i flussi migratori. Mi preoccupa questa situazione di instabilità che anche dalla sua presentazione appare evidente. Cosa può comportare? È plausibile che nella zona di quel triangolo, dove è maggiore nel numero di partenze, si possa in maniera molto pragmatica definire un accordo per cui viene garantito un supporto al Governo di Tripoli, ma questo comporta un controllo più blando rispetto alle partenze? In quell'area l'unica fonte di reddito è il traffico di migranti, quindi quali sono anche le azioni da mettere in campo a supporto del Governo libico per sanare quella situazione? Qual è il supporto che ci può essere rispetto a EUNAVFOR Med, cioè qual è l'integrazione che da parte ONU ci può essere rispetto alla missione europea che dovrebbe trattare quella parte di scafisti?
  Per quanto riguarda l'ISIS lei ha detto che la parte sud dei confini è molto porosa. Dalle informazioni in mio possesso anche la parte che riguarda ISIS riesce a rafforzare le milizie da quel settore, oltre al collegamento molto interessante alla parte Tunisia e Algeria, che è un altro ambito che garantisce molta forza come foreign fighters. Quali sono le azioni da mettere in campo? L'area è gestita tendenzialmente da tribù nomadi che hanno un controllo relativo e comunque l'area è enorme, quindi non è che un controllo così sistematico del territorio sia facile.
  Come ho sentito dire a Kobler, deve essere una forza libica a contrastare ISIS, su questo mi trova perfettamente d'accordo. Grazie.

  RICCARDO MAZZONI. Grazie, generale, due cose. L'Alto rappresentante per la politica estera europea, Federica Mogherini, poche settimane fa ha detto che 500.000 profughi sono pronti a partire dalla Libia. Dove sono in questo momento? Dalle slide che lei ci ha mostrato 16.000 sono detenuti, 9.000 in strutture governative, quindi questo mezzo milione dove è disperso?
  In una cartina sembrava che la parte sud, tornata in possesso delle vecchie tribù e dei clan, fosse disegnata come area di influenza di Ansar al-Sharia. Che pericolo c'è che si saldino ISIS e gli altri Gruppi islamici per destabilizzare la Libia?

  GIUSEPPE ESPOSITO. Non voglio fare valutazioni politiche sulla Libia perché ce ne sono a bizzeffe in questi giorni, ma vorrei fare due domande specifiche.
  Il ruolo di Al Sisi e di Haftar: noi continuiamo a dire che il Governo della Libia è di Tripoli, quindi in questo momento vi è questa rigidità di Haftar che ancora non si è reso conto di questo e dei Fratelli Musulmani da cui il Governo di Tripoli è appoggiato, ma Al Sisi e Haftar non vogliono il Governo con i Fratelli Musulmani. Su questo cosa stiamo facendo?
  Per quanto riguarda gli immigrati, al di là dell'assenza dell'Europa in tutta la partita e dell'incapacità di colmare il vuoto creato dagli Stati Uniti, poiché oggi stiamo facendo un ragionamento tecnico sulla Libia, questo milione (non mezzo milione) vive all'interno del Ciad e del Sudan e attraverso delle famiglie del Fezzan sta rientrando verso la Libia, che negli ultimi due anni ha avuto un periodo di crisi di gestione e in particolare della banca centrale libica. Scendendo la produzione da 1,8 milioni a 900.000 barili al giorno dopo la rivoluzione (oggi 300.000) la stessa Banca centrale libica, che divideva i soldi tra i due Governi, oggi non è in grado di sostenere tutto questo. Questa crisi porta a un'immigrazione di ritorno, che non è un'immigrazione libica, e così come quella dei Balcani si sta spingendo in maniera forte da tutto il Medio Oriente, dal Maghreb e dal Sub-sahara. Come ONU in che modo riusciamo a gestire più campi per la mediazione dei rifugiati? Cosa riusciamo a creare? Da alcuni anni sto sostenendo che il nostro primo intervento dovrebbe consistere nella creazione di campi ai bordi del sud e del sud-est della Libia. Qual è l'intervento che l'ONU sta facendo su questo?

  GIORGIO BRANDOLIN. Grazie, generale, per le informazioni e la chiarezza con Pag. 10cui ci ha esposto cosa sta succedendo e cosa speriamo succederà positivamente in Libia.
  Prima domanda: l'aumento esponenziale delle partenze dalla Libia nei primi mesi del 2016 è dovuto forse anche al blocco della rotta balcanica o non c'entra niente, i due passaggi, rotta balcanica e Mediterraneo, sono tra di loro completamente differenti e l'uno non influisce sull'altro?
  Nel corso di un'audizione ci è stato ricordato che finalmente qualche campo profughi a sud della Libia è stato realizzato dall'ONU con fondi europei, si parlava di qualche migliaio di persone lì soccorse, bloccate, controllate (non so come definirle). Anche noi consideriamo assolutamente indispensabile avere questi campi per individuare ed effettuare uno screening di queste persone per capire se siano migranti economici o rifugiati. Chiedo quindi a che punto siamo a livello di ONU e di comunità internazionale nel fare questo lavoro di blocco e se questa sia la strategia giusta.
  Lei ha parlato di 3.000 miliziani ISIS, numero che sembrerebbe limitato, non essendo un militare ignoro se siano tanti o pochi, ma pensavo fossero di più, anche perché ho visto che la strisciolina ha impegnato un'area importante della Libia, quindi vorrei chiederle come si stia comportando l'ONU, che ha i suoi obiettivi di contrasto al terrorismo, e soprattutto, nel momento in cui il nostro Paese dovesse prendere il controllo di questo contingente, di questa forza che dovrebbe aiutare il nuovo Governo libico, con quali obiettivi anche militari arriviamo?
  L'ultima domanda è se sui flussi di migranti attraverso il Mediterraneo lei abbia evidenza o solo preoccupazione di presenze di miliziani ISIS dormienti. Come vi collegate con l'azione di EUNAVFOR Med-Sophia, diventa un deterrente per evitare questo flusso indiscriminato e non controllato sull'Italia e sull'Europa? Grazie, mi scuso per la lunghezza.

  PAOLO ARRIGONI. Grazie, generale. Avrei quattro domande, la prima sull'ISIS. Tre o quattro settimane fa ho avuto modo di confrontarmi con il Viceministro Giro, che evidenziava come l'ISIS si concentrasse in Sirte e poco più, invece dalla slide che lei ha mostrato si evince una presenza di ISIS molto più ampia e soprattutto un collegamento verso la parte ovest del Paese. Al di là della consistenza numerica degli uomini (lei ha parlato di 3.000), qual è il trend di ISIS, quello di diminuire questo contingente oppure di aumentarlo? La tendenza può dare o meno un segnale di preoccupazione.
  I dati di ieri dicono che in Italia sono arrivate 24.000 persone da inizio anno, più 100 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, 153.000 persone arrivate via mare. Lei ritiene che sia attendibile una proiezione entro fine anno di 300.000 persone?
  Terza domanda, che si riallaccia a quella della presidente Ravetto: ancorché nella sua relazione si occupa della migrazione da e per la Libia, se la sente di fare delle ipotesi per quanto riguarda una nuova rotta Albania-Italia? In Albania si sta muovendo qualcosa in ordine a un'organizzazione?
  La quarta richiama quella del vicepresidente Brandolin sui campi in cui valutare la sussistenza del diritto d'asilo. Ci sono delle sperimentazioni in Niger, ma in Libia ci sono le condizioni per realizzarli, visto che è un punto di convergenza di diverse rotte? Ci sono le condizioni per dire che a breve si potranno realizzare lì i campi in cui valutare la richiesta d'asilo e quindi evitare a decine di migliaia di persone di affrontare la rotta del Mediterraneo, che secondo le statistiche degli ultimi tre anni è la rotta della morte?

  MARIA CHIARA GADDA. Desidero ringraziarla anch'io per la presenza e soprattutto per la chiarezza con cui ci ha esposto una tematica assai complicata. Le domande sono state moltissime, ma ne aggiungo brevemente delle altre.
  Per quanto riguarda i miliziani ISIS vorrei capire quali siano le nazionalità di provenienza, cioè se si tratti di persone che si spostano da una nazione all'altra o di persone che magari cambiano casacca, quindi quale sia la percentuale di popolazione locale e quanti invece i soggetti provenienti Pag. 11 da altri Paesi che si spostano per destabilizzare queste aree.
  L'altra domanda riguarda i centri di raccolta gestiti dalle milizie. Avete notato una sorta di regia nella gestione di questi centri di raccolta? Anche in relazione a come si muovono le missioni internazionali nel Mediterraneo o anche via terra, avete notato se esista una regia, se nel momento in cui le missioni internazionali danno una risposta le uscite dai centri vengano coordinate anche in termini di zone?
  L'altra domanda riguarda il percorso successivo, quando queste persone escono dai centri di detenzione e arrivano sulla costa: da dove arrivano i natanti utilizzati per la rotta via mare?
  L'ultima domanda riguarda due temi specifici, le vittime di tratta di provenienza principalmente nigeriana e la tratta dei minori: è possibile nello stato di confusione in cui versa la Libia tracciare e seguire questi fenomeni, oppure riusciamo a seguirli soltanto nel momento in cui queste persone giunte sulle nostre coste devono essere identificate? Grazie.

  RICCARDO MAZZONI. Siccome l'attività dell'Aula del Senato è già iniziata, se potesse rispondere prima ai senatori...

  PRESIDENTE. Assolutamente. Abbiamo iniziato alle 9.00 perché il generale alle 8.30 non era disponibile, però i senatori hanno la verifica del numero legale, quindi se risponde prima ai senatori...

  PAOLO SERRA, Senior Military Advisor UNSMIL. Grazie per l'attenzione, sono veramente lusingato. Cerchiamo di andare di nuovo velocemente alle risposte per le domande, complesse, puntuali e molto attente.
  Senatore Mazzoni, il riferimento era quello all'Alto Rappresentante Mogherini e a dove siano i 500.000 pronti a partire. Abbiamo detto che sono diffusi nei centri di detenzione con i numeri che abbiamo riportato, ma gran parte sono fra le persone che sono displaced persons, quindi all'interno dei 400.000 che vagano al nord della Libia, 100.000 sono soltanto i fuoriusciti da Bengasi negli ultimi tre mesi. Bengasi adesso è infatti completamente distrutta, quindi la gran parte si sposta nelle vicinanze delle altre città e si attivano dei campi profughi naturali nel circondario di Tripoli, sfruttando delle milizie che sono amiche perché si oppongono a coloro che li hanno scacciati, poi all'inizio li sostengono, ma poi diventa una questione economica, perché il sostegno costa.
  Ansar al-Sharia e ISIS secondo me sono in competizione più che impegnati nel tentativo di associarsi per trovare uno sbocco comune, sono in competizione perché per la loro sopravvivenza hanno bisogno di reclutare nuovo personale che sia disponibile per i propri mandati, che sono differenti. I due gruppi possono quindi essere contigui e combattere insieme contro un terzo oppositore – questo sì – però mantengono le proprie differenze. A Bengasi avevamo delle cellule di ISIS e delle cellule di Ansar al-Sharia che venivano a trovarsi contro il National Army del generale Haftar, combattevano assieme però poi erano separati ideologicamente.
  Il senatore Esposito chiedeva del ruolo di Al Sisi, Haftar e il Governo del GNC che era sotto Muslim Brotherood: questo è un problema politico a cui la Libia deve trovare una soluzione. Il political agreement nel suo articolo 8 diceva che tutta la parte governativa assumeva il controllo della parte militare e diventava commander in chief e poi avrebbe avuto dei tempi per destinare le alte cariche. Rimane un problema alla base di questo accordo, il fatto che Tobruk debba sposare questa idea di Tripoli (Tripoli attuale, quindi con il Governo di accordo nazionale, non Tripoli precedente con il Governo sostenuto da Muslim Brotherood). Questo rimane il succo del problema, è un problema politico che devono risolvere i libici, perché la comunità internazionale può garantire sostegno per trovare delle soluzioni, ma è esclusivamente un problema libico.

  GIUSEPPE ESPOSITO. Com'è la situazione ad oggi?

  PAOLO SERRA, Senior Military Advisor UNSMIL. Oggi da una parte abbiamo il Pag. 12generale Haftar che si dichiara disponibile per avere delle cariche del futuro Governo, d'altra parte abbiamo i sostenitori di questo Governo che dicono che sarebbe meglio che il generale non le avesse, quindi la posizione del Governo che si trova fra queste due componenti deve essere ben bilanciata, in maniera da cercare comunque di mantenere un equilibrio, avere il sostegno di entrambe le parti.

  PRESIDENTE. Quindi Haftar è disponibile agli incarichi, ma la parte governativa è contraria al suo ingresso....

  PAOLO SERRA, Senior Military Advisor UNSMIL. Coloro che devono sostenere l'accordo di Tripoli hanno come elemento dirompente la presenza del generale Haftar, quindi dichiarano che, se il generale Haftar assumerà delle cariche all'interno di questo Governo, non potranno sostenerlo, quindi l'attuale Governo deve mantenere la capacità di gestire una situazione di grande crisi politica.
  Gli immigrati da Ciad e Sudan che arrivano in Libia, sì, sicuramente, questi campi creati nel percorso fra il Corno e il Niger per adesso sono pochi e sono campi di sostegno più che campi di filtro, sono campi umanitari di sostegno per il movimento. Probabilmente in futuro questi campi garantiranno non soltanto un rapporto umanitario, ma anche un controllo, quindi andiamo in questa direzione.
  Il senatore Arrigoni chiedeva del trend di ISIS. I dati sono vari, non abbiamo un dato puntuale su questo, perché fonti aperte sul sostegno provenienti dagli Stati Uniti riportano che il numero è cresciuto dai 3.000 iniziali ai 6.000 attuali, però non ci sono evidenze che ci possano confermare questo numero. Viceversa non abbiamo neanche l'opposto, che ISIS abbia mantenuto i 3.000 iniziali, ma il fatto che l'espansione intorno a Sirte non sia avvenuta in maniera così puntuale come invece poteva essere immaginata, fa presumere che il numero sia quello classico di cui si parlava sopra. Nel vuoto di controllo della Libia, l'area di Sirte era infatti quella ideale per far sì che i miliziani provenienti da Siria e Iraq trovassero un'area di tranquillità dove riposarsi e riacquisire capacità operative, per poi essere reimpiegati altrove. Quest'area di ristoro si è allargata alla ricerca di fonti energetiche per auto-sostenersi e quindi il tentativo di occupare campi petroliferi e di allargare la loro area di influenza è legato a un'esigenza economica. Non ci sono invece prove o evidenze che l'ISIS abbia o partecipi allo sfruttamento di questo traffico di migranti, sicuramente chi passa al checkpoint controllato da ISIS dovrà lasciare il bashish, però l'organizzazione criminale del movimento illegale non fa capo a ISIS.

  GIUSEPPE ESPOSITO. Possiamo avere poi la relazione?

  PRESIDENTE. Sì, dispongo che la documentazione prodotta nel corso dell'audizione sia allegata al resoconto stenografico della seduta (vedi allegato), e chiederò agli uffici di mandarvela via mail nella giornata odierna.

  PAOLO SERRA, Senior Military Advisor UNSMIL. C'era la proiezione 2016 e i numeri di ISIS. Il trend di ISIS, come abbiamo detto, è il raddoppio di 300.000 a crescere nell'anno. Cerchiamo di far sì che questo numero non venga raggiunto. Io avevo soltanto il primo mese, lei lo ha portato a tre mesi, ma il trend era quello del raddoppio, quindi a gennaio era 3.000, a gennaio 2016 è 5.200, quasi il doppio e l'hanno fatto anche sui mesi di febbraio e marzo, quindi il trend è sicuramente giusto.
  Se la comunità internazionale riesce a intervenire sia come attività di controllo, sia come attività di sostegno, questi numeri verranno gestiti, controllati, e mantenuti a livelli gestibili. L'attività di controllo deve essere fatta sul terreno, quando si potrà fare perché la Libia lo chiederà, sostenendo i vari campi sul loro lato, sostenendo l'economia in maniera da far ripartire l'attività economica, che possa assorbire i migranti che prima erano forza lavoro e invece oggi devono per forza trovare spazio in altre nazioni. L'apporto della comunità Pag. 13nazionale è molto importante in questa attività.
  Albania nuova rotta: a buonsenso si può dire che, avendo chiuso la parte dell'Egeo, ci sarà un aumento della migrazione dalla parte libica mediterranea, ove la parte libica mediterranea venisse nuovamente controllata o chiusa, l'attuale via di comunicazione rimane quella a nord, quella balcanica, che sfruttava la parte terrestre. Se dalla parte terrestre si debba ritornare a un'immigrazione tramite Albania è un lungo shot, un colpo lontano, però si può presumere che possa avvenire e si può intervenire in modo che, qualora questo problema venisse a presentarsi, si abbia la capacità di organizzarsi in anticipo.
  I campi in Africa e il controllo del diritto: ci sono alcuni campi dell'UNHCR sulla tratta dal Corno d'Africa verso il Sahel, ma sono campi di sostegno umanitario. Bisognerà far sì che questi campi abbiano anche una funzione superiore, quella del controllo e di vetting di chi effettua questo percorso.

  MASSIMO ARTINI. Solo un appunto per Arrigoni, se poi deve andare via, di controllare il riferimento al 2014, perché le migrazioni anche all'inizio furono più alte (per comprendere se siano sopportabili o meno), fu molto inferiore all'inizio del 2015, mentre nel 2014 era stata abbastanza elevata.

  PAOLO SERRA, Senior Military Advisor UNSMIL. Però il 2014 era l'anno della rivoluzione, quindi c'erano tanti problemi e la gente fuggiva, mentre il fatto che il nuovo Governo possa stabilizzare la situazione e controllare le coste fa sì che oggi, in assenza di questo controllo, chi può cerchi di muovere. Successivamente, con il Governo di Accordo Nazionale in carica che riesce a controllare i propri confini, ci sarà un'attività più controllata.
  Si può fare un accordo con il Governo di Tripoli? Assolutamente sì, più che un accordo immagino che il Governo di Tripoli vorrà tener conto di questo problema e quindi organizzerà il controllo.
  Cosa possiamo fare per supportare come comunità internazionale sia come attività fatta da EUNAVFOR-Med che dall'ONU: i nostri contatti sono sia formali che informali, sul lato formale la parte europea e la parte dell'ONU hanno una visione comune e uno scambio di informazioni sia di Intelligence, sia di confronto settimanale delle attività svolte. EUNAVFOR-Med oggi ha questa attività chiamata «fase 2 alpha» sino all'acqua internazionale; un'attività che potrà essere svolta e sarà di sostegno è l'addestramento della Guardia costiera libica, non appena si potranno destinare risorse e avremo un'efficace Guardia costiera libica, quindi le 12 miglia di coste saranno controllate anche da loro, non soltanto dal controllo fatto oltre le 12 miglia.
  Questa è un'attività che può essere fatta sia da EUNAVFOR-Med sia da forze di coalizione che possono fare il training della Guardia costiera, come facevamo in Libano, dove addestravo la Marina libanese che non aveva i propri vascelli, e quindi sfruttava le navi di UNIFIL della comunità internazionale. Cerchiamo quindi di pantografare la stessa idea.
  A sud i confini sono estremamente porosi, come controllarli? Anche qui abbiamo bisogno di una forza libica, che possa essere una Guardia di frontiera classica e possa impiegare tecnologie di avanguardia. Come in Congo, nella Missione Monusco dove sui confini il controllo viene fatto con gli UAV italiani della Selex, dobbiamo fare la stessa cosa (magari con altra ditta, non voglio fare pubblicità) e avere una capacità di gestione di un confine, che è enorme, per il tramite anche di tecnologie avanzate.
  È impensabile poterlo controllare con pattuglie sul terreno, perché quello lo farebbero soltanto le tribù Tuareg e Tebu che invece bisogna sostenere ma anche tenere sotto controllo.
  Il vicepresidente Brandolin chiedeva a cosa sia dovuto l'aumento del 2016. Il primo punto secondo la mia analisi è il timore che un futuro controllo della situazione possa inibire questa facilità di movimento. I campi profughi a sud fungeranno da filtro, è una delle opzioni, oggi non lo sono ancora, ma potrebbero farlo. Pag. 14
  Per quanto riguarda l'ISIS confermiamo i numeri stimati in 3.000 «fino a...», come dicono altre fonti aperte. Quali sono gli obiettivi dell'ONU per l'ISIS: il terrorismo è una delle forme da combattere e l'ONU in questo è molto chiaro, anche se il terrorismo è difficile da definire, quindi all'interno dell'ONU non c'è una chiarificazione. I gruppi nella lista dei terroristi sono Ansar al-Sharia, Al Qaeda e ISIS, quindi in questo caso questi sono i tre obiettivi.
  L'ONU non ha di per sé mandato di svolgere un'attività contro questi gruppi, però sicuramente per la stabilizzazione della Libia bisognerà sostenere la battaglia che i libici dovranno fare, come ha annunciato anche Kobler, ma è la faccia libica che deve attivare questa battaglia per liberare il proprio territorio.

  PRESIDENTE. Nella mia ignoranza, però, credo che il vicepresidente si riferisse al fatto che a noi profani 6.000 non sembra un numero eccezionale. Come è possibile che 6.000 persone si spostino con quella rapidità nei territori? Sembra un esercito contrastabile.

  PAOLO SERRA, Senior Military Advisor UNSMIL. Il modo in cui ISIS entra nei villaggi è particolare: loro si mantengono alla periferia dei villaggi, non hanno un impatto immediato sulla popolazione, che quindi risulta molto tranquilla: è nuova gente che arriva in un nuovo villaggio e sta lì tranquilla, poi i rappresentanti della polizia e delle varie milizie cominciano a sparire, quindi nel giro di quindici giorni tutti i leader della polizia e dell'esercito spariscono, vengono uccisi, non sono più presenti.
  Quindici giorni dopo incomincia la stessa attività con i capi religiosi estremisti della stessa area. A quel punto loro si presentano e prendono il controllo del villaggio in modo naturale perché altri referenti non ci sono più e di seguito i giovani si riconoscono nella loro attività. Quindici giorni dopo cominciano a diffondere la legge che non autorizza l'ascolto della musica, che le donne non possono più uscire di casa da sole e man mano diventa una questione naturale, e così si continua a vivere. Così hanno preso Sirte e tante altre cittadine...

  PRESIDENTE. Non è possibile che ONU e organizzazioni di questo tipo svolgano un'attività di vicinanza alle popolazioni per prepararle a questo approccio? I villaggi infatti vengono assorbiti perché non sono preparati. C'è questa attività?

  PAOLO SERRA, Senior Military Advisor UNSMIL. Quel poco che c'è va via o viene eliminato, quindi aumenta il numero dei displaced. È una cosa terribile e Sabratha ne è un esempio.
  Ho parlato con il sindaco di Sabratha quindici giorni prima dell’Air strike, gli avevo chiesto se vi fossero presenze di ISIS e mi aveva risposto che erano presenti 15-20 uomini che però controllavano, poi è successo quello che è successo: erano 50 che sono stati ingaggiati direttamente, circa 200 sono scappati, sono entrati in Tunisia e hanno attaccato il primo posto di polizia in cui si sono imbattuti. La Tunisia ha combattuto duramente, ha avuto 18 morti e ne ha uccisi 50, quindi erano presenze numerose anche se mantenevano un profilo bassissimo.
  Oggi a Sirte sono 3.000, ma, visto l'esempio precedente, possono essere un numero molto più alto, però molto silenziosi, e Sirte è una città perduta.
  Derna era una città sotto influenza di ISIS, però la Shura Council, quindi il Consiglio degli anziani della città, ha trovato la forza di combattere e sconfiggere ISIS. Sirte oggi è una città perduta, una città in cui ci sono esecuzioni giornaliere in piazza, con la gente che guarda e applaude, situazioni completamente fuori da ogni modo di vivere non soltanto per noi occidentali, ma anche per i locali.
  La comunità internazionale ha una grossa responsabilità in questo caso e quindi inizialmente, con un Governo di accordo nazionale, la Libia dovrà avere una capacità di contenimento del terrorismo, successivamente si combatte e alla fine si vince. Oggi è già tanto se si riesce a contenere, perché non avendo delle forze armate regolari, non avendo una polizia statuale, ma Pag. 15avendo solo milizie, bisogna muovere le milizie e far sì che riescano a contenere l'area intorno a Sirte, e non è facile.

  GIORGIO BRANDOLIN. Il ruolo dell'Italia?

  PAOLO SERRA, Senior Military Advisor UNSMIL. Il ruolo dell'Italia è un ruolo di grande importanza, anche ieri abbiamo avuto questo slancio umanitario patrocinato dal nostro Ministero degli esteri, che ha portato un primo aereo di aiuti umanitari a Tripoli. Praticamente erano medicine perché a Tripoli non c'è niente, anzi c'è tutto ma alla borsa nera, quindi, se non ho cash, non compro e se mio figlio ha bisogno di insulina, l'insulina non c'è ed è una tragedia.
  Quando sono andato ho fatto il pieno al Toyota con 4.000 di cilindrata: 92 litri 8 dinari, 0,8 centesimi al litro, però la benzina non si beve.
  Il ruolo dell'Italia quindi è ben riconosciuto dalla comunità internazionale, apprezzato, sostenuto localmente, da una parte può essere manipolato perché ci vedono come ex colonizzatori e quindi comunque anche la mia immagine tante volte viene associata a quella di altri generali del passato, io tengo a dire che oggi sono un generale italiano ma sono prestato all'ONU, sono esclusivamente dell'ONU, non comanderò mai forze di intervento future, quindi assolutamente la mia funzione è soltanto quella di consigliere dell'ONU.
  Le nazionalità dell'ISIS, onorevole Gadda: non abbiamo capacità di individuare le nazionalità presenti, però di coloro che avevano attaccato i campi petroliferi di Ras Lanuf abbiamo le nazionalità dei deceduti e dei prigionieri, e praticamente non c'era nessun libico, quindi erano provenienti dal sud, tanti tunisini (la Tunisia era quindi un bacino di esportazione di foreign fighters, chiaramente la vicinanza facilita, ma la Tunisia è molto attenta, ha chiuso le frontiere e cerca di essere efficace), tanti provenienti dal Mali e dal sud, quindi un'attività multi foreign fighters.
  La comunità tribale libica fa sì che sia difficile per i libici accedere all'ISIS, perché sono più legati alla propria famiglia, alla propria tribù che a una fazione esterna, viceversa viene immediatamente riconosciuto uno che non fa parte della mia cerchia di controllo e quindi questa è una protezione che viene naturale per loro.

  PRESIDENTE. Però non c'è collaborazione...

  PAOLO SERRA, Senior Military Adviso UNSMIL. In che senso, fra libici e ISIS? No.

  PRESIDENTE. Questi decapitano i capi religiosi e nessuno dice niente, li riconoscono il giorno dopo ma non c'è collaborazione?

  PAOLO SERRA, Senior Military Adviso UNSMIL. Cè paura. Se ci fosse una forza militare come a Derna o a Sabratha, poi ha combattuto contro l'ISIS, dove invece questa presenza non c'è è molto più facile, perché si tratta di gente normale che si trova dinanzi a delinquenti armati pesantemente e quindi non c'è speranza.
  Centri di raccolta, milizie, c'è una regia centrale? No, oggi non c'è regia centrale, le milizie che hanno la detenzione di questi campi raccolta ne hanno i proventi e quindi gestiscono come fosse un business. Anche su questo il Governo di accordo nazionale interviene sulla base dei capitoli (il capitolo 4 è quello dalla giustizia) e quindi queste cose verranno immediatamente affrontate.
  Da dove arrivano i natanti: mi diceva l'ammiraglio Credendino che i natanti sono di due tipi, i rubber boat e quelli di legno a chiglia fissa. Quelli a chiglia fissa provengono da nazioni viciniori, e Sophia quando riesce confisca questi natanti e li consegna a disposizione dell'autorità giudiziaria in Italia o dove deve essere, a seconda della nave che li prende, e poi dopo si vede se vengono affondati a mare se sono pericolosi per la navigazione.

  PRESIDENTE. Da Paesi limitrofi, Tunisia ed Egitto?

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  PAOLO SERRA, Senior Military Advisor UNSMIL. Sì, ma non è il Paese governativo: è il pescatore...

  PRESIDENTE. Però ci si aspetta dai Governi che controllino le organizzazioni criminali!

  PAOLO SERRA, Senior Military Advisor UNSMIL. Ma è il pescatore che dà la sua barca per fare questo mestiere che rende di più che uscire a pesca! Il fatto di non uscire a pesca fa sì che non ci sia più lavoro per il migrante che prima faceva la manovalanza sulla barca, quindi bisogna fermare questo circolo.
  La tratta dei minori dalla Nigeria: lo sfruttamento dell'elemento femminile e dei minori della componente nigeriana è sicuramente una cosa che colpisce l'ONU nei propri valori e quindi l'attenzione che viene posta dai nostri colleghi della Human Rights è al massimo livello. Penso di aver risposto a tutto.

  PRESIDENTE. Grazie, generale. L'abbiamo assediata, generale, ma era un'occasione per noi incredibile e, visto che naturalmente contiamo su di lei, sul suo futuro e sulla sua carriera, saremo onorati se vorrà tornare. Desidero salutare chi l'accompagna, cioè il generale di brigata Stefano Dal Col, vice capo di gabinetto del Ministro della Difesa, e il tenente colonnello Antonello Romani, aiutante di campo del generale Serra.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.20.

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ALLEGATO

Documentazione prodotta nel corso dell'audizione del Senior Military Advisor UNSMIL, generale C.A. Paolo Serra

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