XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Mercoledì 27 gennaio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE POLITICHE DEI PAESI ADERENTI RELATIVE AL CONTROLLO DELLE FRONTIERE ESTERNE E DEI CONFINI INTERNI

Audizione dell'Ambasciatore di Danimarca in Italia, S.E. Birger Riis-Jorgensen.
Ravetto Laura , Presidente ... 2 
Riis-Jorgensen Birger , Ambasciatore di Danimarca in Italia ... 3 
Ravetto Laura , Presidente ... 4 
Riis-Jorgensen Birger , Ambasciatore di Danimarca in Italia ... 4 
Ravetto Laura , Presidente ... 4 
Riis-Jorgensen Birger , Ambasciatore di Danimarca in Italia ... 4 
Ravetto Laura , Presidente ... 5 
Riis-Jorgensen Birger , Ambasciatore di Danimarca in Italia ... 5 
Ravetto Laura , Presidente ... 5 
Riis-Jorgensen Birger , Ambasciatore di Danimarca in Italia ... 5 
Ravetto Laura , Presidente ... 5 
Riis-Jorgensen Birger , Ambasciatore di Danimarca in Italia ... 5 
Ravetto Laura , Presidente ... 6 
Riis-Jorgensen Birger , Ambasciatore di Danimarca in Italia ... 6 
Ravetto Laura , Presidente ... 7 
Conti Riccardo  ... 7 
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Mazzoni Riccardo  ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Mazzoni Riccardo  ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 9 
Riis-Jorgensen Birger , Ambasciatore di Danimarca in Italia ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Riis-Jorgensen Birger , Ambasciatore di Danimarca in Italia ... 10 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Riis-Jorgensen Birger , Ambasciatore di Danimarca in Italia ... 10 
Ravetto Laura , Presidente ... 11 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 11 
Ravetto Laura , Presidente ... 11 
Riis-Jorgensen Birger , Ambasciatore di Danimarca in Italia ... 11 
Ravetto Laura , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione dell'Ambasciatore di Danimarca in Italia, S.E. Birger Riis-Jorgensen.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'ambasciatore di Danimarca in Italia, Sua Eccellenza Birger Riis-Jorgensen.
  Ambasciatore, molte grazie di essere qui presso il Comitato Schengen. Noi abbiamo avviato diverse indagini conoscitive. Una riguarda l'attualità di Schengen rispetto alla situazione alle frontiere dei Paesi coinvolti. Il suo Governo ieri ha approvato una legge che probabilmente farà anche discutere. So che lei parlerà in italiano. Mi permetto una breve introduzione, dandole dei punti a cui, se vorrà, risponderà. Poi lascerò la parola ai colleghi. Sappiamo che la sua replica probabilmente sarà in inglese, per agilità nella risposta.
  La prima domanda riguarda la legge che avete approvato ieri in Parlamento, cioè queste nuove norme sui richiedenti asilo. Risulterebbe da notizie stampa – in particolare ANSA di ieri – che ieri il Parlamento danese ha approvato una norma che prevederebbe, tra l'altro, l'autorizzazione per le autorità competenti a sequestrare denaro e oggetti di valore dei rifugiati oltre i 1.300 euro, affinché contribuiscano alle spese di soggiorno. Verrebbe altresì ritardato il diritto alla riunificazione familiare dei rifugiati in protezione temporanea. La proposta di legge sarebbe stata approvata da un'ampia maggioranza – 81 voti a favore, 27 contrari e un astenuto – e si sarebbe espresso a favore anche il principale partito d'opposizione, quello socialdemocratico. In proposito, risulta al Comitato che lunedì scorso 25 gennaio la Commissione libertà pubbliche del Parlamento europeo ha svolto un dibattito in presenza del Ministro danese per gli affari esteri Kristian Jensen e della Ministra responsabile per l'immigrazione Inger Stojberg sul progetto di legge proposto dal Governo danese. Le chiederemmo di spiegarci, su questa legge, di che cosa si tratta effettivamente, se e come siete riusciti a inquadrarla anche in un ambito di compatibilità con tutte le norme e i trattati riguardanti i richiedenti asilo e i rifugiati. A me risulta che ci sia un'immigrazione integrata in Danimarca, pari probabilmente alle percentuali che ci sono in Italia, circa il 10 per cento, però vorrei saperlo da lei. Sappiamo anche che ci sono dei costi di integrazione importanti in Danimarca, che probabilmente hanno giustificato anche questa legge, ma in Italia abbiamo costi di accoglienza altrettanto onerosi. Quindi, le chiedo un suo primo commento su questo tema.
  L'altra domanda che intendo porle riguarda la posizione del Governo danese sull'attuazione del principio della libera circolazione. Il Comitato ha già audito, in proposito, gli ambasciatori di Francia, Germania, Ungheria e Austria e la rappresentante del Governo regionale del Kurdistan iracheno, oltre che gli ambasciatori di Tunisia, Egitto, Marocco e Israele. Risulterebbe al Comitato che la Danimarca ha introdotto temporaneamente i controlli alle Pag. 3proprie frontiere interne dal 4 gennaio fino al 14 febbraio 2016. Attualmente sei dei Paesi Schengen hanno introdotto controlli alle rispettive frontiere interne: Danimarca, Francia, Germania, Austria, Norvegia e Svezia. Parigi li ha ripristinati a seguito degli attacchi terroristici. Risulterebbe anche al Comitato che Austria, Belgio, Svezia e Danimarca sarebbero pronti a un prolungamento della reintroduzione dei controlli. Anche su questo, ambasciatore, le chiedo un commento. In particolare, le chiedo se ha influito – e se sì, quanto – su questa reazione della Danimarca, da una parte il ripristino dei controlli della Svezia e dall'altra il cosiddetto «appello» che fece la Merkel sul milione e 800.000 siriani.
  L'ultima domanda che le pongo, ambasciatore, è relativa alla posizione del suo Governo nel corso del Consiglio informale degli affari interni del 25 gennaio scorso. Sappiamo che si è parlato di parecchie cose, tra cui anche gli hotspot che riguardano l'Italia. In particolare, però, vorrei chiederle qual è la posizione del Governo sull'operatività dell'articolo 26 del Codice di Schengen, cioè la possibilità di prolungare i controlli al di là del periodo previsto di sei mesi, e che posizione ha preso la Danimarca su questo.
  La ringrazio e le cedo la parola.

  BIRGER RIIS-JORGENSEN, Ambasciatore di Danimarca in Italia. Onorevole presidente, grazie per questo invito. Sono molto contento per la possibilità di questo scambio di opinioni con lei, presidente, e con i membri del Comitato. Nel mio intervento cercherò di contestualizzare la situazione dei rifugiati in Danimarca. Che cosa succede in una società di welfare come quella danese quando tante persone, rispetto alla popolazione, chiedono asilo da noi? In seguito parlerò della nostra politica riguardo a Schengen, in considerazione della nostra decisione di effettuare temporaneamente controlli a campione alla frontiera con la Germania. Infine, riferirò sulla posizione danese riguardo alla gestione a livello europeo della crisi dei rifugiati.
  Sono convinto che la maggior parte dei quesiti troveranno risposta in questi miei commenti, ma ovviamente sono pronto a risposte supplementari. Prima vorrei chiarire un aspetto importante: la Danimarca con il Trattato di Maastricht ha ottenuto alcuni opt-out che sono poi stati passati anche al Trattato di Lisbona. Uno di questi opt-out riguarda la cooperazione in materia di giustizia e di affari interni e significa che la Danimarca non partecipa alle politiche dell'Unione europea di asilo e di immigrazione. Partecipiamo, però, alle cooperazioni di Schengen e aderiamo al Trattato di Dublino.
  Ora passo al mio primo punto essenziale delle conseguenze per il sistema del welfare danese a causa del grande numero di richiedenti asilo. Durante i miei quasi cinque anni in Italia mi sono spesso meravigliato di come sia soprattutto la famiglia a prendersi cura di parenti in difficoltà. In Danimarca è diverso: lì è lo Stato che assiste, perché, secondo il cosiddetto «contratto» con la società danese, tutti devono contribuire lavorando e pagando le tasse. In compenso, l'istruzione è gratuita per bambini e studenti universitari e c'è la possibilità di una formazione continuata per adattarsi alle nuove condizioni del mercato del lavoro.
  La cura e il sostegno economico sono assicurati a chi è anziano, malato o disoccupato e non dispone di beni significativi. A prescindere dalla propria capacità economica è comunque garantito l'accesso a tutti a un ottimo servizio sanitario. Ma il contratto con la società è chiaro: un adulto in buona salute deve lavorare e pagare le tasse, in modo che la società si possa prendere cura di quelli che non ci riescono da soli. Per raggiungere questo modello di società c'è voluto più di un secolo e numerose battaglie. Nella società danese di oggi c'è un ampio consenso a voler proteggere questa società di welfare. Non vogliamo vederla travolta nemmeno da flussi migratori incontrollati che cercano di raggiungere il posto più vantaggioso per loro in Europa. E la Danimarca è uno dei Paesi migliori in Europa per i rifugiati. I numeri parlano chiaro. Per esempio, ci sono molti più siriani che hanno richiesto e ottenuto l'asilo in Danimarca rispetto all'Italia. Se guardiamo il numero di rifugiati in Danimarca Pag. 4 in confronto all'Europa in generale, la Danimarca è tra i primi dieci Paesi per il numero di richiedenti asilo pro capite nel 2015.

  PRESIDENTE. Scusi se la interrompo, ambasciatore. Sta dicendo solo siriani? Ha invece dei numeri in generale? Mi conferma il 10 per cento della popolazione sul totale di immigrati?

  BIRGER RIIS-JORGENSEN, Ambasciatore di Danimarca in Italia. Sì, assolutamente, ma questa è la situazione generale.

  PRESIDENTE. Come in Italia, però.

  BIRGER RIIS-JORGENSEN, Ambasciatore di Danimarca in Italia. Metà è di origine orientale, l'altra metà di origine non orientale. Faccio un'altra considerazione. La popolazione danese è di 5,6 milioni di abitanti, dunque undici volte minore di quella italiana. Immaginando i numeri danesi moltiplicati per undici, forse sarà più facile per gli italiani comprendere la grandezza della sfida che ci troviamo davanti. Se ci fossero state «condizioni danesi» in Italia, il numero di nuove richieste d'asilo nel 2015 in Italia sarebbe stato di 21 mila per undici, ossia 231 mila; nel 2014 ci sarebbero state 160 mila richieste d'asilo in Italia, se si fa questo paragone.
  Ci prendiamo cura delle persone che richiedono asilo in Danimarca. Secondo l'FMI in Danimarca la spesa pubblica destinata ai richiedenti asilo è stata dello 0,25 per cento del PIL nel 2014; nel 2016 l'FMI prevede che sarà dello 0,57 per cento del PIL, più che raddoppiata. Solo la Svezia avrà una spesa più alta. Secondo esperti indipendenti, il costo annuale per la società danese per una persona richiedente asilo è di 29.500 euro. Il costo medio per un rifugiato riconosciuto è di 53.000 euro. Perciò parliamo di somme significative quando arrivano più di 21.000 richiedenti asilo, come è successo nel 2015, dei quali si presume molti otterranno asilo.
  Sono soprattutto i siriani a ottenere asilo, ma anche molti eritrei, iracheni, iraniani e afgani richiedono asilo in Danimarca. La Danimarca è inoltre uno dei Paesi dell'Unione che riceve il numero più alto dei cosiddetti rifugiati «di quota», ossia dei rifugiati attraverso il programma di reinsediamento dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, non solo pro capite ma anche in termini assoluti. Le persone che ottengono lo status di rifugiato in Danimarca hanno il diritto di ricevere un contributo economico mensile: per una persona non coniugata sono 800 euro al mese; per una famiglia con genitori e figli sono 2.230 euro al mese. I comuni danesi hanno l'obbligo di assegnare un alloggio ai rifugiati. I comuni hanno anche l'obbligo di garantire che i bambini frequentino la scuola. Gli adulti devono imparare il danese e frequentare corsi di job training per un periodo di tre anni. Naturalmente hanno accesso al servizio sanitario gratuito come tutti i danesi. Pertanto, l'obiettivo finale è quello di integrare i rifugiati nella società danese, in modo che possano lavorare e prendersi cura di sé fino a quando non sarà possibile tornare ai loro Paesi di origine.
  Bisogna anche considerare questo contesto quando si parla delle recenti modifiche legislative in Danimarca in merito ai rifugiati, cioè la legge adottata ieri dal Parlamento danese, con grande maggioranza. Anche i rifugiati sono stati e saranno obbligati a finanziare la propria permanenza, se possibile. Si contribuisce se si può, altrimenti la società aiuta: questo vale per i danesi e questo varrà anche per i rifugiati. La novità è che le stesse regole che valgono per i danesi varranno anche per i richiedenti asilo. Se si possiedono più di 10.000 corone danesi (circa 1.300 euro, come lei ha detto, Presidente) si dovrà pagare per vitto e alloggio finché si potrà. Se si possiedono cose molto preziose, con un valore superiore a 1.300 euro, potranno essere usate per pagare vitto e alloggio prima di poter ricevere sussidi statali. Proprio l'altro ieri, nella cosiddetta Commissione LIBE del Parlamento europeo, il Ministro danese per l'immigrazione e l'integrazione ha sottolineato che oggetti con un particolare valore affettivo per quella persona Pag. 5 non saranno in nessun caso confiscati. Questo riguarda per esempio le fedi e gli anelli di fidanzamento.
  Se può interessare al Comitato approfondirò volentieri queste nuove leggi.

  PRESIDENTE. Sì, è la cosa che probabilmente ci interessa di più.

  BIRGER RIIS-JORGENSEN, Ambasciatore di Danimarca in Italia. Che cosa significa per l'economia danese che in questi anni arrivano in Danimarca flussi importanti di richiedenti asilo? Per gli economisti danesi il tasso di occupazione deve essere, in linea minima, il 75 per cento per finanziare la società di welfare. Allora, tre adulti su quattro, uomini e donne, devono lavorare per finanziare la nostra società. Per i rifugiati il tasso di occupazione è ovviamente molto più basso, perché l'integrazione non è una cosa facile. Guardando le statistiche, si vede chiaramente che gli emigranti dai Paesi non occidentali e i loro discendenti sono tra quelli che a lungo termine rappresentano una sfida per lo Stato e i comuni in Danimarca. Molti immigrati non contribuiscono mai alla società, nonostante abbiano goduto per diversi anni dei servizi danesi di welfare. Con questi numeri e considerazioni ho cercato di evidenziare la grandezza delle sfide che i flussi migratori pongono alla Danimarca, ma anche di illustrare la risposta positiva della popolazione e dei politici ai bisogni dei tanti rifugiati.
  Se il Comitato è interessato spiegherò volentieri più nel dettaglio alcuni dati concreti. Ora vorrei parlare della collaborazione Schengen.

  PRESIDENTE. Scusi, può darci qualche dettaglio in più sulla legge? Effettivamente che cosa succede? Quando si supera questa somma, come vengono disposti i sequestri? Materialmente che cosa succede? Circa i beni dei migranti che cosa avviene, che cosa è stato deciso dal Parlamento? Avete avuto posizioni dell'UNHCR su questo? Avete avuto un dibattito oppure è stata una legge che è passata tranquillamente anche nell'opinione pubblica?

  BIRGER RIIS-JORGENSEN, Ambasciatore di Danimarca in Italia. Chiaramente c'è stato un lungo dibattito nel Parlamento danese anche prima che arrivasse in Aula il provvedimento. La legge è stata adottata con un'ampia maggioranza, a dimostrazione del fatto che nonostante le eccezioni c'è stato un ampio consenso tra i politici sulla necessità di questo provvedimento, per fornire l'assistenza dovuta a chi ha bisogno ma allo stesso tempo garantire il funzionamento della società danese così com'è.
  In concreto la polizia, nel momento in cui effettua i controlli sui documenti di identità, esamina anche i beni in possesso dei richiedenti asilo. Se rileva la presenza di un quantitativo di denaro di valore superiore alle 10.000 corone danesi oppure oggetti preziosi che superino la stessa somma, quei beni vengono confiscati. Questo avviene attraverso un colloquio orale, ma il richiedente asilo può sempre presentare ricorso ad un tribunale contro il provvedimento adottato dalla polizia. La Danimarca è un Paese dove regna la legge.
  Esiste un'importante eccezione a questa norma che prevede la confisca: i beni che il richiedente asilo o il rifugiato ritiene abbiano un valore affettivo particolare, non possono essere sequestrati. Vi chiederete su quale base si possa prendere tale decisione, stabilire cosa abbia un valore affettivo particolare: la risposta è che spetta primariamente al rifugiato dirlo. Non è quindi la polizia a decidere arbitrariamente cosa abbia o non abbia un valore affettivo, senza tenere conto della situazione specifica del rifugiato: sarà una procedura che rispetta pienamente la dignità del singolo rifugiato.

  PRESIDENTE. Molte grazie. Stava dicendo della libertà di circolazione....

  BIRGER RIIS-JORGENSEN, Ambasciatore di Danimarca in Italia. Quindi parliamo un po’ della circolazione Schengen. Il 4 gennaio il Governo danese ha deciso di introdurre un controllo a campione temporaneo alla frontiera tra la Danimarca e la Germania. Questo è stato deciso alla luce della decisione della Svezia di reintrodurre Pag. 6un controllo della frontiera molto meticoloso. Si prevede che questo controllo danese per assicurare la sicurezza pubblica rimarrà in vigore fino al 3 febbraio. Questa – per rispondere alla sua domanda, presidente – è la situazione per il momento, ma secondo le regole di Schengen una proroga potrebbe essere una possibilità. Dipenderà dalla situazione nella prima parte di febbraio.
  È importante sottolineare che il Governo si è sentito costretto a intervenire in una situazione in cui la Svezia e gli altri Paesi nordici stanno adottando misure di controllo delle frontiere. Non ci deve essere alcun dubbio sul fatto che il Governo danese sia un sostenitore della libertà di circolazione in Europa, pertanto il Governo non manterrà i controlli alla frontiera con la Germania più a lungo del necessario. Allo stesso tempo abbiamo scelto una forma di controllo di frontiera meno rigorosa di quella adottata dalla Svezia. La Svezia ha introdotto i controlli alle sue frontiere con la Danimarca e la Germania e ha obbligato gli operatori del trasporto a garantire che le persone che stanno trasportando in Svezia siano in possesso di documenti di identità. Questo significa ad esempio che gli operatori ferroviari fanno scendere tutti i passeggeri all'ultima stazione in Danimarca, cioè alla stazione dell'aeroporto di Copenaghen che si affaccia sul ponte Oresund, per il controllo dei documenti, dopo il quale tutti coloro che hanno documenti validi possono salire su un altro treno che li porta in Svezia attraverso il ponte Oresund. La Danimarca ha introdotto controlli a campione alla frontiera con la Germania, in conformità con le procedure stabilite dal Regolamento Schengen. Sarà quindi negato l'ingresso nel Paese a coloro che non abbiano una base giuridica per il soggiorno in Danimarca o che non vogliano effettuare la richiesta di asilo. Verranno invece prese in esame le richieste di coloro che chiederanno asilo. In questo modo abbiamo deciso di dare la priorità alla libertà di circolazione. Molti danesi e tedeschi dipendono infatti dalla possibilità di attraversare quotidianamente la frontiera. Questo è quello che volevo dire su Schengen.

  PRESIDENTE. Scusi, le ho chiesto, se può dirmelo, quanto abbia influito su questo, oltre al rapporto con la Svezia, l'appello che ha fatto la Merkel al milione di migranti, se questo abbia avuto un effetto di pressione sulle frontiere e quindi questa reazione sia dovuta anche a questo appello, e quale posizione sull'attivazione dell'articolo 26 di Schengen abbia assunto la Danimarca in Consiglio.

  BIRGER RIIS-JORGENSEN, Ambasciatore di Danimarca in Italia. È la decisione della Svezia di introdurre dei controlli rigorosi dei documenti ad aver indotto il Governo danese a introdurre controlli a campione alla frontiera con la Germania. Abbiamo temuto di finire in una situazione in cui tante persone prive di documenti arrivassero nella parte orientale del nostro Paese desiderose di andare in Svezia e, nell'impossibilità di proseguire perché la Svezia non le faceva entrare, si dovessero fermare da noi, pur non volendo scegliere la Danimarca. Nel caso in cui ci sia qualcuno che arrivi al confine della Danimarca provenendo dalla Germania noi effettuiamo controlli a campione, quindi non vengono controllate tutte le singole persone, ma soltanto una piccola quantità. Se però arriva dalla Germania qualcuno che chiede di andare in Svezia e non ha i documenti in ordine, noi gli suggeriamo di far ritorno in Germania oppure di presentare richiesta d'asilo in Danimarca. La nostra decisione non ha avuto a che fare direttamente con l'appello della Cancelliera Merkel, ma è dovuta a un effetto domino e alla necessità di garantire la sicurezza in Danimarca.
  In merito all'articolo 26 di Schengen la posizione danese è che anche noi riteniamo che tutti dobbiamo lavorare insieme per giungere a una posizione comune all'interno dell'Unione europea sull'utilizzo dell'articolo 26 nei Paesi dell'area Schengen. Vorrei soffermarmi su una questione molto importante: come andrà avanti l'Europa. Per il Governo danese non c'è dubbio che in Europa ci troviamo dinanzi a una situazione che richiede soluzioni comuni, perché senza una risposta europea comune non possiamo risolvere la crisi di rifugiati e migranti. La Danimarca riconosce, i danesi Pag. 7 riconoscono certamente le grandi sfide che anche l'Italia si trova davanti, vediamo come l'Italia abbia dimostrato un impegno caritatevole per evitare nel Mediterraneo più tragedie di quelle che accadono nonostante l'eccellente azione della Guardia costiera e delle forze navali italiane.
  La Danimarca è convinta che occorra un controllo delle frontiere esterne dell'Unione europea, troviamo che la proposta della Commissione europea di un Pacchetto frontiere potrà contribuire a un rafforzamento della gestione delle frontiere esterne sia dal punto di vista della sicurezza UE, sia riguardo alla gestione dei flussi migratori. Come ho detto, la Danimarca non partecipa alla politica europea comune di asilo, ma partecipa alla cooperazione Schengen e Dublino. La Danimarca lavora per rafforzare il controllo alla frontiera esterna dell'UE e inoltre sostiene l'Agenzia per la gestione della frontiere esterne, Frontex, con esperti, capacità di sorveglianza aerea e altre forme di assistenza. La Danimarca supporta anche l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO) con esperti e ha offerto sostegno ai centri di registrazione di Italia e Grecia.
  Cercare di risolvere i problemi solo in Europa con un controllo efficiente delle frontiere esterne, con un'equilibrata ripartizione degli oneri naturalmente non basterà: all'interno della UE la Danimarca sta lavorando per il rafforzamento dell'assistenza ai Paesi limitrofi, una maggiore attenzione all'amministrazione della cooperazione allo sviluppo della UE, un migliore accesso ai mercati per i Paesi a basso e medio reddito in Africa e in Medio Oriente, migliori accordi per facilitare il rimpatrio dei migranti che non hanno ottenuto asilo nella UE. È molto importante assistere i Paesi limitrofi per garantire che i rifugiati possano rimanere il più vicino possibile ai loro Paesi di origine. Senza una ragionevole sicurezza alimentare, senza frequenza scolastica, senza servizi sanitari, i rifugiati si mettono in viaggio, come abbiamo visto più volte. Sarebbe importante anche un sostegno mirato ai Paesi da cui provengono i migranti dell'Africa occidentale, ma occorrono somme notevoli per finanziare questi bisogni. Qui tutti i Paesi europei hanno una responsabilità. In questi anni la Danimarca sta destinando una parte considerevole dei fondi per la cooperazione allo sviluppo, che ammontano allo 0,7 per cento del PIL, ai Paesi limitrofi e all'Africa. Se tutti i Paesi dell'Unione europea facessero lo stesso, la situazione sarebbe meno critica, ma solo pochissimi Paesi contribuiscono quanto la Danimarca.
  Sarà infine fondamentale lavorare per la pace nei Paesi di origine dei rifugiati. A questo riguardo sia l'Italia che la Danimarca si impegnano in modo apprezzabile.
  Presidente, onorevole membri della Commissione, ho cercato di attenermi il più possibile ai fatti, perché credo che sia meglio per tutti gli europei continuare a discuterne non screditandoci a vicenda, ma lavorando insieme a questa enorme sfida che possiamo sperare di risolvere.
  Grazie per avermi invitato qui, per me è veramente un onore e un piacere.

  PRESIDENTE. Grazie, ambasciatore, per il dettaglio. Lascio subito la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Lei ha parlato di ricollocazione, quindi le chiederei di dirci qualcosa sul tema dei ricorsi nella redistribuzione dei migranti da parte della Danimarca.

  RICCARDO CONTI. Grazie, presidente. Ambasciatore, il gruppo AL-A è un gruppo che vola, per darle un senso della nostra posizione nel Parlamento italiano. Le sono molto grato perché lei ha parlato da uomo serio e sincero e ha espresso delle posizioni, che non spetta a noi condividere o non condividere. Siamo infatti una Commissione che deve capire per poi formulare al Parlamento delle considerazioni sugli argomenti che competono a noi.
  Lei ha espresso una posizione molto interessante soprattutto per una persona anziana come me, abituata ad avere molti colleghi e compagni di scuola che vedevano sempre nei vostri Paesi un riferimento di civiltà avanzata, di modo di vivere, mentre oggi, ascoltando lei, chi ragionasse superficialmente direbbe che qualcosa non funziona, Pag. 8 perché le cose che ci dite, a pelle, dal punto di vista del politicamente corretto, non sembrerebbero condivisibili. Penso che lei abbia svolto bene il suo ruolo, abbia espresso la posizione del suo Governo, e mi interesserebbe capire una cosa. Siccome abbiamo tutti un sogno europeo e vogliamo essere parte del mondo che guarda al futuro in modo intelligente, però non abbiamo una politica di difesa comune, non abbiamo una politica fiscale comune, l'Europa è ancora tutta da costruire, questo dell'immigrazione è uno dei problemi che può far esplodere l'Europa. Sono quindi molto interessato in questo periodo a capire se dentro i Paesi europei vi sia la consapevolezza che arriverà un giorno nel quale si dovrà decidere una posizione comune e anche chi non è d'accordo dovrà attenersi alla posizione comune. Non è possibile pensare da parte di nessuno – l'Italia, la Danimarca e nessun Paese d'Europa – di risolvere i grandi problemi, come quello dell'immigrazione, da solo. C'è, secondo lei, nel suo Paese, nel popolo che lei rappresenta in questa sede, la consapevolezza di questo fatto, ossia che arriverà un momento nel quale gli italiani, i danesi, i tedeschi dovranno rendersi conto che tutti insieme devono risolvere la questione? Qualcuno sarà d'accordo e qualcuno meno, ma si dovrà imboccare una via, e sarà la via comune per tutti. Grazie.

  MARIA CHIARA GADDA. La ringrazio, ambasciatore, per la sua presenza oggi. Vorrei porre due domande di chiarimento e di approfondimento in merito ad alcune tematiche che ha toccato oggi.
  Vorrei capire la posizione del suo Paese in merito alla questione dei resettlement, ossia dei ricollocamenti. Vorrei capire se avete aderito a questo accordo cui hanno aderito altri Paesi e, se sì, quali sono i numeri relativi. In merito ai numeri vorrei sapere se è possibile capire quanti rifugiati e quanti richiedenti asilo sono presenti nel vostro Paese anche proporzionalmente al numero di abitanti.
  Vorrei poi un ulteriore approfondimento in merito alla questione della presa in carico, o anche confisca – chiamiamola così – dei beni delle persone che arrivano nel vostro Paese e che richiedono l'asilo. Lei ha fatto riferimento al tasso di occupazione dei migranti nel vostro Paese, che non corrisponde al tasso di occupazione dei cittadini danesi. I migranti non corrispondono, quindi, allo stesso modo, al sistema socio-assistenziale del vostro Paese. Quello che non mi è chiaro è in quale fase avviene questa confisca. Se la persona arriva nel vostro Paese e inoltra la richiesta d'asilo, non ha certo il tempo di permanenza nel vostro Paese. Se il bene viene requisito all'arrivo e la persona nel vostro Paese rimane un tempo che non è il tempo legato a una scelta di vita nel vostro Paese, perché questa persona dovrebbe contribuire nella totalità dei suoi beni alla presa in carico del servizio socio-assistenziale del vostro Paese? In relazione a questo, la domanda è se la confisca avviene al momento della richiesta o al momento dell'ottenimento dell'asilo. Se il bene viene confiscato e poi l'asilo non viene ottenuto, come può succedere in alcuni casi, che cosa succede? Il bene viene restituito oppure no? Sempre in relazione a questo, quali sono in generale – la domanda si amplia e non si limita soltanto alla questione della confisca – le modalità e le tempistiche che esistono in questo momento nel vostro Paese legate alle procedure di ottenimento dell'asilo e quali sono, anche in termini numerici, i rimpatri, ossia quante persone vengono rimpatriate dopo aver ottenuto un diniego?
  Grazie.

  PRESIDENTE. È una domanda stimolante. Verrebbe da pensare, quindi, che, se il migrante si integra, trova un lavoro e collabora, vengano restituiti i beni sequestrati. Quali sono le modalità?
  Do la parola al senatore Mazzoni, del gruppo AL-A.

  RICCARDO MAZZONI. Sì, volo anch'io. Mi scuso preventivamente, ma alle 9.30 abbiamo la verifica del numero legale al Senato. Mi scuso con l'ambasciatore.

  PRESIDENTE. Siamo l'unica Commissione che si riunisce alle 8.30. Mi spiace che Pag. 9non abbia agenzie, perché tutti arrivano alle 9. È per questo motivo.

  RICCARDO MAZZONI. Ambasciatore, grazie della sua franchezza. Le pongo tre domande brevi.
  La prima è molto scomoda, ma credo doverosa. La decisione del Parlamento danese è arrivata alla vigilia del Giorno della memoria. Su molti giornali un Paese di grande tradizione democratica come la Danimarca è stato accostato, con la confisca dei beni, alla confisca dei beni da parte dei nazisti agli ebrei. Che effetto ha fatto nel suo Paese questo tipo di accostamento, credo offensivo, ma anche inevitabile, purtroppo, per la decisione che è stata presa?
  A parte la confisca, il secondo punto della decisione del Parlamento danese che è stato molto criticato, soprattutto dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani, è l'allungamento da uno a tre anni dei tempi di ricongiungimento familiare. L'Agenzia ONU per i rifugiati ha avvertito che la norma viola la Convenzione europea sui diritti umani, la Convenzione ONU sui rifugiati e quella sui diritti dei bambini, perché i profughi si troveranno ora a prendere una decisione drammatica: o rinunciare a entrare in Danimarca, o stare lontani per molto tempo dai propri cari e addirittura dai propri figli. Che cosa rispondete a queste contestazioni?
  Passo all'ultima domanda. Proviamo a rovesciare l'Europa: l'Italia va sul Baltico e la Danimarca va nel Mediterraneo. Avreste fatto Mare Nostrum? Poiché si parla di controllo delle frontiere, ma sulle frontiere marine non si può mettere il filo spinato, voi che cosa contestate della politica italiana sul contenimento dei flussi migratori?
  Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola all'ambasciatore Riis-Jorgensen per la replica. Se vuole rispondere in inglese, può farlo.

  BIRGER RIIS-JORGENSEN, Ambasciatore di Danimarca in Italia. Per iniziare dal non così anziano senatore Conti, la situazione nella quale ci troviamo in Danimarca è che abbiamo al momento un sistema sociale che funziona, che riteniamo prezioso e che vale la pena proteggere. Dinanzi a flussi così massicci di migranti, se non usiamo la massima cautela, non riusciamo ad affrontare questa sfida che potrebbe destabilizzare un sistema che funziona bene. Questo vale, secondo noi, per la Danimarca e per molti altri Paesi dell'Unione europea.
  Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Gadda in merito ai reinsediamenti, noi crediamo fortemente nella necessità di fornire assistenza ai Paesi e alle organizzazioni che, a loro volta, forniscono assistenza ai Paesi e ai rifugiati nelle zone limitrofe a quelle dalle quali partono i rifugiati, i quali, nella maggior parte dei casi, scelgono comunque una destinazione il più possibile vicina a casa loro.
  Per quanto riguarda la situazione dei rifugiati pensiamo che, se non trovano cibo, se non hanno la possibilità di andare a scuola, se non hanno un futuro e non dispongono di servizi di base come l'assistenza sanitaria, le persone tendono a muoversi verso i nostri Paesi. Perciò riteniamo che basti semplicemente stanziare fondi sufficienti affinché i rifugiati siano aiutati vicino a casa loro, per evitare che debbano iniziare viaggi pericolosi verso i Paesi europei.
  In merito ai reinsediamenti, noi Paesi dell'Unione europea eroghiamo denaro per assistere coloro che arrivano in Europa come rifugiati, ma vengono poi spostati all'interno di campi o aree di ricollocamento in altri Paesi. In Medio Oriente o in Nord-Africa. Alcuni politici in Danimarca considerano questa come una grande possibilità, mentre la maggior parte dei nostri politici e il governo non la ritengono una realtà fattibile.
  Per quanto riguarda i numeri che ci ha chiesto, sulla quantità di rifugiati rispetto alla popolazione, non dispongo di cifre che vanno molto indietro nel tempo. Riteniamo che la maggior parte dei rifugiati ai quali è concesso l'asilo, negli anni debbano poi diventare bravi cittadini. Devono, quindi, trovare un lavoro e integrarsi nella società danese. Per rispondere alla Sua domanda, Pag. 10quindi, dovrei condurre una considerevole quantità di ricerche.
  Le cifre di cui dispongo sono relative agli ultimi due anni. Sono tre gli elementi importanti: sicuramente il numero di coloro che arrivano e chiedono asilo. A dicembre 2015 abbiamo registrato 21.300 richiedenti asilo. Il secondo elemento importante è dato dal numero di persone che hanno ottenuto asilo, ma anche in questo caso i dati possono variare perché la procedura di asilo può richiedere molto tempo, anche se in Danimarca è piuttosto veloce. Infine abbiamo l'importante elemento dei ricongiungimenti familiari e in questo caso i numeri sono molto alti.
  Per quanto riguarda la confisca dei beni, questo istituto è previsto nella prima fase. I migranti arrivano in Danimarca, chiedono asilo e vengono trasportati in un centro d'accoglienza, dove i loro beni vengono esaminati. Se i richiedenti asilo non hanno mezzi, vengono loro forniti un alloggio, del cibo e dei sussidi, se nella struttura nella quale si trovano cucinano da soli i prodotti alimentari. Nel caso di una famiglia di quattro persone il sussidio, per il cibo, è di circa 1.200 euro al mese. I beni confiscati devono essere utilizzati dai richiedenti asilo per pagare il vitto e l'alloggio. Una volta che il denaro confiscato sarà stato utilizzato per intero, allora sarà il governo danese a fornire il denaro per finanziare la loro permanenza in Danimarca.

  PRESIDENTE. Dall'asilante non credo. Chi usa i beni confiscati?

  BIRGER RIIS-JORGENSEN, Ambasciatore di Danimarca in Italia. Il denaro viene utilizzato dal migrante, che provvede, quindi, al proprio vitto e alloggio. Nel caso in cui al richiedente asilo non resti denaro, subentra poi lo Stato, che fornisce dei sussidi.

  PRESIDENTE. Qual è il soggetto che usa le risorse e i beni, il migrante stesso oppure un altro soggetto?

  BIRGER RIIS-JORGENSEN, Ambasciatore di Danimarca in Italia. È il migrante che usa i soldi per pagare il proprio vitto e alloggio. Nel caso in cui non disponga più di risorse subentra lo Stato. Non so rispondere esattamente in merito a dopo quanto tempo venga eventualmente restituito il denaro che viene confiscato. So comunque che si tratta di una procedura – questa della confisca dei beni – che è in vigore in Svizzera, per esempio, già da qualche anno, e lo stesso vale per la Germania.
  Per quanto riguarda i ricongiungimenti familiari, al momento la situazione è tale per cui, se arriva una persona alla quale viene concesso lo status di protezione temporanea, il ricongiungimento familiare non può avvenire per un anno. Per «protezione temporanea» intendiamo uno status che viene concesso a chi non è personalmente direttamente in pericolo nel caso di ritorno nel proprio Paese, a chi non è un oppositore politico che rischia la vita, a chi non rischia la tortura nel caso in cui ritorni nel proprio Paese. Si tratta per lo più di persone che arrivano come rifugiati perché c'è guerra nel loro Paese. La situazione era tale per cui lo status di protezione veniva dato per un anno e poteva essere prorogato per altri due anni e poi ancora per altri due. Adesso la situazione è tale per cui dopo un anno il caso può essere riesaminato, ci può essere una proroga dello status per un altro anno e per un altro ancora, fino a un massimo di tre anni. Al momento tra tutti i rifugiati presenti in Danimarca il 20 per cento ha lo status di protezione temporanea. Adesso Governo e Parlamento hanno deciso che il ricongiungimento familiare non può avvenire per tre anni, cioè per il primo, per il secondo e per il terzo. Ogni volta che viene riesaminato il caso, viene concesso lo status per altre due volte. A parte i ricongiungimenti familiari per chi ha lo status di protezione temporanea, il ricongiungimento familiare viene concesso sempre in tutti i casi previsti dagli obblighi internazionali assunti dalla Danimarca. Le autorità danesi esaminano ogni singolo caso. Nella circostanza in cui sia necessario applicare qualcuno degli obblighi internazionali assunti dalla Danimarca, che prevedono la concessione del ricongiungimento familiare, questo viene concesso. Pag. 11
  Per quanto riguarda la reazione dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati all'approvazione della nostra nuova norma, il Governo danese, con rammarico, ha preso atto di tutte le posizioni negative espresse da altri soggetti e ritiene comunque che il provvedimento approvato dal Parlamento sia perfettamente in linea con l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

  PRESIDENTE. Saluto il senatore Mazzoni. C'è ancora una domanda per lei, ambasciatore.

  GIORGIO BRANDOLIN. Ringrazio anch'io l'ambasciatore per la franchezza delle spiegazioni che ci ha dato rispetto a quello che sta succedendo in Europa. La preoccupazione che penso un po’ tutti abbiamo è che questo fenomeno dell'immigrazione possa far saltar per aria l'Europa. Credo che, se viene a mancare la possibilità di mobilità per le merci e per le persone all'interno dello spazio Schengen, il principio dell'Europa vada a farsi friggere, come diciamo noi.
  Faccio due considerazioni e una domanda. Lei ha parlato di percentuali pro capite di presenze di richieste d'asilo, che, se moltiplicate rispetto agli abitanti, diventano dieci volte quelle dell'Italia, ma noi sappiamo che ci sono anche altri elementi che incidono sulla capacità o meno di rispondere alle richieste di asilo, ad esempio la presenza di un tasso di disoccupazione in Italia più alto di quello che avete voi e la posizione economica. Pertanto, non è solo il parametro della popolazione che dobbiamo prendere in considerazione, ma anche altri parametri. Il discorso delle quote tiene conto anche di queste condizioni. Dico questo per ricordare lo sforzo che sta facendo il nostro Paese. Il collega Mazzoni poc'anzi le aveva chiesto come vedete voi in Danimarca lo sforzo che ha compiuto l'Italia negli ultimi tre anni, prima con Mare Nostrum, poi con Triton e infine con EUNAVFOR-Med, e se lo ritenete un comportamento importante, non solo dal punto di vista umanitario, ma anche dal punto di vista di un'impostazione culturale e valoriale che la nostra Europa dovrebbe avere.
  A questo proposito, le chiedo, in primo luogo, cosa intende lei per una protezione migliore delle frontiere esterne. Io, avendo testato dei problemi sedici anni fa sul nostro confine orientale, ho sempre ritenuto che non può esser il Paese che di volta in volta è il confine esterno – in questo caso la Slovenia e l'Ungheria – a garantire la sicurezza per tutti. Ritiene che una «polizia europea» potrebbe avere un senso? Siamo arrivati finalmente al tempo in cui dovremmo far questo, in modo tale che sul confine sloveno ci siano anche il tedesco, il danese, l'italiano e il francese, che garantiscano con la loro presenza? Dopo non ci sarebbero alibi rispetto a situazioni di rimpallo delle responsabilità.
  In secondo luogo, ci sono Paesi, come l'Italia e la Grecia, dove questi immigrati arrivano, ma non vogliono rimanere, non perché noi siamo cattivi, ma perché hanno altri obiettivi e altre destinazioni. Dunque, la rivisitazione del Trattato di Dublino è qualcosa di immediato da regolare, perché altrimenti ognuno pensa ai suoi piccoli problemi e rimpalla all'altro Paese, fino ad arrivare all'Italia e alla Grecia. Adesso arriveremo nel Nord Africa.
  Vorrei che rispondesse a queste due domande: polizia esterna e rivisitazione del Trattato di Dublino.

  PRESIDENTE. Vede, ambasciatore, l'Italia non vorrebbe essere considerata il CARA (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) dell'Europa. Lei giustamente diceva che vanno in campi – il termine «campi» non mi piace – di altri Stati, ma entrano in Europa. Il problema che hanno i Paesi come l'Italia e la Grecia è che queste persone vengono da noi per entrare in Europa, non per entrare in Italia o in Grecia. Che cosa succede? Noi diventiamo il filtro e il centro di accoglienza per tutti gli altri Paesi? Questo sarebbe inaccettabile.

  BIRGER RIIS-JORGENSEN, Ambasciatore di Danimarca in Italia. Faccio uno sforzo pedagogico per spiegarle la dimensione esatta della sfida di fronte alla quale ci troviamo. In relazione a ciò, riteniamo Pag. 12che ci siano molti parametri, ma la disoccupazione non è l'unico. Per quanto riguarda Mare Nostrum, ho sempre provato una grandissima ammirazione. Sono in Italia dal 2011, quindi sono stato in grado di seguire perfettamente tutto quel che è accaduto e ho sempre notato, con molta ammirazione, le reazioni di grande umanità che l'Italia ha avuto nei confronti delle tragedie nel Mediterraneo. La Danimarca ha sostenuto anche l'attività di Frontex, fornendo un proprio aereo per la sorveglianza e mettendo a disposizione i propri esperti. Abbiamo sempre sostenuto anche l'Italia.
  Per quanto concerne la sicurezza delle frontiere esterne, la riteniamo una responsabilità di noi tutti in Europa. Alla luce di ciò, riteniamo assolutamente degna di appoggio la proposta della Commissione, che prevede il rafforzamento delle frontiere esterne attraverso un potenziamento dell'attività di Frontex e un maggiore coinvolgimento della Commissione stessa. Riteniamo che il punto d'arrivo debba essere il diretto coinvolgimento e la diretta responsabilità nella protezione delle frontiere del Paese che ha queste frontiere, ma con il sostegno di tutta l'Unione europea.
  Per quanto riguarda Dublino, è chiaro che è stato messo in moto un processo, anche grazie all'attività dell'Italia. Sicuramente il dibattito è cambiato, per cui, dopo il secondo terribile naufragio del 2015, si è passati da una situazione in cui tutti sollecitavano l'Italia e la Grecia a registrare tutti, a un dibattito in cui la consapevolezza è diffusa ed è condivisa.
  Come finirà? Dobbiamo solo aspettare per dirlo. La Danimarca ha delle sfide da affrontare, ma dispone anche delle clausole di opt-out.

  PRESIDENTE. Grazie davvero, ambasciatore. L'abbiamo trattenuta parecchio. È stato esaustivo.
  Ringrazio i colleghi. Ci vediamo la prossima settimana. Abbiamo chiesto all'ambasciatore della Germania di tornare da noi.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.