XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Giovedì 5 novembre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE POLITICHE DEI PAESI ADERENTI RELATIVE AL CONTROLLO DELLE FRONTIERE ESTERNE E DEI CONFINI INTERNI

Audizione dell'ambasciatore di Gran Bretagna, S.E. Cristopher Prentice.
Ravetto Laura , Presidente ... 3 
Prentice Cristopher , Ambasciatore di Gran Bretagna ... 4 
Ravetto Laura , Presidente ... 7 
Mazzoni Riccardo  ... 7 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Prentice Cristopher , Ambasciatore di Gran Bretagna ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Prentice Cristopher , Ambasciatore di Gran Bretagna ... 8 
Arrigoni Paolo  ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 9 
Prentice Cristopher , Ambasciatore di Gran Bretagna ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Orellana Luis Alberto  ... 10 
Prentice Cristopher , Ambasciatore di Gran Bretagna ... 10 
Distaso Antonio (FI-PdL)  ... 11 
Ravetto Laura , Presidente ... 12 
Distaso Antonio (FI-PdL)  ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 12 
Distaso Antonio (FI-PdL)  ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 12 
Distaso Antonio (FI-PdL)  ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 12 
Distaso Antonio (FI-PdL)  ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 12 
Distaso Antonio (FI-PdL)  ... 13 
Prentice Cristopher , Ambasciatore di Gran Bretagna ... 13 
Ravetto Laura , Presidente ... 14 
Prentice Cristopher , Ambasciatore di Gran Bretagna ... 14 
Campana Micaela (PD)  ... 14 
Prentice Cristopher , Ambasciatore di Gran Bretagna ... 15 
Ravetto Laura , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione dell'ambasciatore di Gran Bretagna, S.E. Cristopher Prentice.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'ambasciatore di Gran Bretagna, sua eccellenza Christopher Prentice, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen, con particolare riferimento alle politiche dei Paesi aderenti relative al controllo delle frontiere esterne e dei confini interni.
  Io mi permetterò di leggere una breve traccia, ambasciatore. Naturalmente, per quanto le sarà possibile e per quanto vorrà, le chiedo di aderire a questa traccia. Dopo la sua relazione, lasceremo la parola ai colleghi senatori e deputati per delle domande.
  In primo luogo, ambasciatore, ci piacerebbe conoscere la posizione del Governo britannico sull'attuazione del principio della libera circolazione delle persone sul territorio dell'UE. Il Comitato ha già audito in proposito gli ambasciatori di Francia, Germania, Ungheria e Austria. Risulta al Comitato, anche da notizie di stampa (Il Sole 24 Ore del 1o settembre 2015), che il Ministro dell'interno del suo Paese, Theresa May, abbia annunciato la volontà del Governo britannico di rivedere le attuali norme che regolano la libera circolazione delle persone nell'Unione europea. Nei limiti delle sue competenze, le chiediamo maggiori e più dettagliate informazioni in proposito.
  Ambasciatore, so che lei comprende perfettamente l'italiano, per cui non chiedo la traduzione dell'interprete, però, ove necessario, mi fermi.
  In secondo luogo, ci piacerebbe conoscere la posizione del Governo britannico in relazione alle proposte che saranno presentate dalla Commissione UE per la gestione delle migrazioni al Consiglio europeo informale del 12 novembre prossimo. Il 22 settembre scorso il Consiglio straordinario dei ministri dell'interno e della giustizia europei, incentrato sulla crisi dei rifugiati, ha approvato a maggioranza qualificata le nuove proposte di gestione dell'immigrazione nell'Unione europea presentate dalla Commissione europea, tra cui il ricollocamento di 120.000 richiedenti asilo all'interno dell'UE, in aggiunta alla proposta del maggio 2015 sul ricollocamento di altri 40.000 richiedenti asilo. Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha convocato per il 12 novembre prossimo, ai margini del summit di La Valletta tra UE e Paesi africani, un vertice informale tra i capi di Stato e di governo dell'UE, per verificare lo stato di attuazione delle misure approvate finora in materia di collocamenti. Le chiediamo, nei limiti delle sue competenze, informazioni sulla posizione del Governo britannico in relazione alle modalità di accoglienza e, quindi, anche alla ricollocazione dei migranti.Pag. 4
  Un'altra questione che sta a cuore al Comitato e all'Italia tutta è quella del Regolamento di Dublino e del suo superamento. In particolare, la Merkel ha dichiarato che il Regolamento di Dublino è stato superato di fatto. Questo è stato ribadito anche ieri dal Ministro dell'interno italiano. Tuttavia, il Regolamento di Dublino legislativamente è ancora vivo e vegeto. Le chiediamo di riferirci la posizione del suo Governo in relazione a questo regolamento, che, come sappiamo, prevede il principio dello Stato di prima approdo, e alle possibilità di deroga. Il Comitato ha approvato una mozione in cui si chiede l'applicazione della clausola di sovranità nazionale prevista dal Regolamento di Dublino.
  Un altro punto su cui ci piacerebbe avere le sue delucidazioni è la questione dell'attraversamento della frontiera tra Francia e Regno Unito a Calais. Risulta al Comitato che, per affrontare il problema dei migranti provenienti da Paesi quali Eritrea, Siria e Afghanistan, che tentano di attraversare la frontiera tra Francia e Regno Unito a Calais, i ministri dell'interno di Francia e Gran Bretagna abbiano siglato il 20 agosto scorso un accordo di cooperazione, che prevede un centro di controllo congiunto e lo stanziamento di nuovi finanziamenti, per far fronte all'emergenza e garantire la sicurezza nel porto francese. Tale notizia è stata riportata da Il Sole 24 Ore del 21 agosto 2015. In particolare, i ministri avrebbero annunciato una collaborazione su due fronti. Il primo consiste nel fermare l'ondata di migranti che tentano di attraversare la Manica, con una maggiore sorveglianza all'imbocco dell'Eurotunnel che collega i due Paesi e più controlli sui mezzi di transito, con squadre di poliziotti che faranno perquisizioni 24 ore su 24 e sette giorni su sette.
  L'altro fronte riguarderebbe, invece, lo stanziamento di maggiori risorse per la gestione delle domande di asilo, fortemente aumentate dall'inizio dell'anno, e per la lotta al traffico di esseri umani. Vi sarebbe la consapevolezza, da parte del vostro Governo, del fatto che le nuove misure di sicurezza a Calais potrebbero spingere i migranti verso altri porti sulla costa europea. Per questo, Londra avrebbe già avviato colloqui con il Belgio e l'Olanda. Le chiediamo se può darci informazioni su questo.
  Da ultimo, le chiediamo se può dettagliare la posizione della Gran Bretagna nell'ambito delle missioni europee nel Mediterraneo centrale. Naturalmente mi riferisco a Triton e a Poseidon, ma soprattutto all'operazione navale denominata Eunavfor-Med o Sophia. Su questo la scorsa settimana abbiamo audito il Ministro della difesa, Pinotti.
  Avverto i colleghi che l'ambasciatore farà un'introduzione in italiano. In seguito, parlerà in inglese e sarà tradotto dall'interprete. Ambasciatore, naturalmente la seduta è pubblica. Se ritiene di secretare qualche sua dichiarazione, ce lo dica, e noi sospenderemo la pubblicità dei lavori.
  Do la parola all'ambasciatore Cristopher Prentice per lo svolgimento della sua relazione.

  CRISTOPHER PRENTICE, Ambasciatore di Gran Bretagna. Gentilissima signora presidente, gentilissimi onorevoli deputati e senatori, ringrazio sentitamente del cortese invito e della possibilità che mi è stata data di parlare a nome del Governo britannico su questioni fondamentali e delicate, come quelle analizzate nell'ambito dell'indagine che sta svolgendo il Comitato sulla gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen.
  Sono ormai più di 700.000 le persone che nel 2015 sono sbarcate in maniera irregolare sulle coste europee, in Grecia e in questo Paese, e più di 3.000 sono coloro che hanno tragicamente perso la vita in mare. Tuttavia, si tratta di un momento delicato non solamente per l'Europa. Come saprete, è un momento difficile soprattutto per Paesi come la Turchia, il Libano, la Giordania e l'Egitto, che ospitano più di 4 milioni di rifugiati fuggiti dal conflitto siriano.
  Il Regno Unito non resta indifferente di fronte alla crisi umanitaria vissuta da Pag. 5migliaia di rifugiati e alle difficoltà affrontate dai Paesi che sono maggiormente coinvolti dai flussi migratori odierni. Abbiamo la volontà e il dovere morale di offrire protezione a chi ne ha bisogno, come abbiamo fatto nel corso della nostra storia, e di condividere l'onere di un'adeguata risposta umanitaria. Nel fare ciò, il Governo britannico intende agire in maniera razionale, facendo una netta distinzione tra chi scappa da guerre e persecuzioni, e che per tali motivi merita protezione, e chi invece cerca di raggiungere l'Europa in modo irregolare per motivi prettamente economici. Possiamo offrire protezione a chi ne ha realmente bisogno, solo se impediamo ai migranti irregolari di penetrare in maniera incontrollata nel territorio europeo e abusare dei nostri sistemi di asilo.
  Come ben sapete, il Regno Unito non fa parte dello spazio Schengen e non è dunque membro di Frontex, l'Agenzia UE che supporta la gestione delle frontiere esterne dello spazio Schengen. Ad ogni modo, il Governo britannico non ignora le difficoltà vissute oggi dai Paesi dell'area Schengen e si impegna a fornire sostegno agli altri Paesi dell'Ue nella gestione delle frontiere esterne dell'Unione. Ciò viene effettuato attraverso un importante supporto operazionale fornito a Frontex e alle operazioni Triton e Eunavfor-Med. D'altronde, il funzionamento delle regole che governano Schengen può influenzare significativamente i movimenti migratori verso il Regno Unito. Riprenderò questo tema quando parleremo di Calais.
  Crediamo che in un momento difficile come questo sostenere una gestione rinforzata delle frontiere sia fondamentale, per inviare il messaggio che in Europa non può approdare chiunque, senza alcuna registrazione, per poi girovagare incontrollatamente per l'Europa. Se così fosse, i flussi di migrazione irregolare verso l'Europa sarebbero maggiormente incentivati. Per questo motivo, il Governo britannico accoglie con favore i passi in avanti che l'Italia sta facendo per l'attivazione dei cosiddetti hot spot. Riconosciamo la necessità che tutti gli hot spot siano resi rapidamente operativi. A tal scopo, il nostro Governo ha offerto il supporto per 60 mesi da parte della nostra task force contro il crimine organizzato in materia di immigrazione, per le attività di screening e di briefing di rifugiati e migranti che sbarcano in Europa.
  Oltre a ciò, si sta considerando un supporto ulteriore per l’European asylum support office (EASO) e per Frontex. Il Regno Unito, inoltre, negli ultimi tre anni è stato il Paese che più di ogni altro membro dell'UE ha fornito risorse attraverso l'EASO. Questo supporto è teso a garantire che gli hot spots siano in grado di distinguere immediatamente fra rifugiati e migranti economici e di attuare il rimpatrio immediato di chi non ha diritto a ottenere protezione e asilo in Europa. Si tratta di un elemento centrale della risposta olistica che richiede oggi il fenomeno migratorio, perché è lo strumento migliore che abbiamo per rompere il nesso tra le vie di immigrazione irregolare e la possibilità di soggiornare in Europa. Oltre a essere un deterrente per l'immigrazione irregolare, il rimpatrio immediato è l'unico modo che abbiamo per impedire gli abusi dei nostri sistemi di asilo, che invece dobbiamo usare al meglio per garantire protezione e accoglienza a chi ne ha veramente bisogno. Nell'ambito dei rimpatri, la cooperazione fra i nostri Paesi è fondamentale. Il Regno Unito è pronto a cooperare con l'Italia sulla base della forte partnership tra i nostri Paesi, confermata dalle parole d'intesa che hanno espresso il Premier Renzi e il nostro Primo ministro Cameron alla fine del loro incontro dello scorso giugno presso l'Expo di Milano.
  Posso aggiungere che l'Expo di Milano è stato un successo per l'Italia e per tutti i Paesi cooperanti.
  Onorevoli deputati e senatori, il Regno Unito ha scelto di seguire una linea politica chiara su come affrontare la crisi migratoria odierna. È necessario combattere alla radice le cause dell'immigrazione e non soltanto guardare alle conseguenze. Questo significa in primis sostenere la stabilizzazione dei Paesi da cui scappano i rifugiati, cercare una soluzione alla crisi Pag. 6siriana, supportare la formazione di un Governo di unità nazionale in Libia, abbattere le organizzazioni criminali che stanno traendo vantaggio dalle tragedie vissute dai rifugiati, ma anche ridurre tutti i fattori di spinta alle migrazioni irregolari verso i nostri Paesi, compresa la povertà economica e sociale dei Paesi di origine degli immigrati.
  Il Regno Unito apprezza l'impegno fondamentale che l'Italia ha lodevolmente profuso nelle attività di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo. D'altronde, abbiamo offerto la nostra collaborazione sia nell'ambito dell'operazione Triton che nell'ambito dell'operazione Sophia o Eunavfor-Med. Le nostre navi nel Mediterraneo hanno portato in salvo, sotto il comando dell'Italia, circa 8.000 persone. Riteniamo, però, che il nostro obiettivo principale sia quello di disincentivare a monte le partenze, eliminando i fattori di spinta alle migrazioni di cui parlavo. Per questo motivo, il Regno Unito continua a dare ai rifugiati che sono nelle zone di maggiore crisi la possibilità di raggiungere in maniera legale e sicura il nostro Paese, attraverso dei programmi di reinsediamento (in inglese resettlement) gestiti individualmente dal nostro Governo. Il nostro Paese da anni reinsedia circa 1.000 rifugiati all'anno.
  Data la situazione di particolare difficoltà vissuta dai rifugiati siriani nei Paesi confinanti con la Siria, il Governo britannico ha deciso di reinsediare 20.000 siriani dai Paesi che si trovano nella regione. Il reinsediamento è una misura mirata a offrire ai rifugiati una risposta alternativa all'immigrazione irregolare verso l'Europa e a ridurre l'onere sostenuto dai Paesi confinanti con zone di conflitto. Allo stesso tempo, è una scelta strategica che sostiene Paesi come l'Italia, dove sbarcano numerosi rifugiati che, non trovando alternative, decidono di provare la traversata del Mediterraneo.
  Come sapete, il reinsediamento è ben diverso dalla ricollocazione (relocation), che invece permette i trasferimenti intraeuropei dei richiedenti asilo che hanno già raggiunto il territorio dell'Unione europea. Il Regno Unito non partecipa e non parteciperà ai programmi di ricollocazione che sono stati proposti dalla Commissione europea, in virtù della particolare posizione di cui gode nei trattati il nostro Paese in relazione alle politiche di giustizia e affari interni.
  Non si tratta di una scelta tesa a ignorare le difficoltà dei Paesi di primo approdo, tutt'altro. Riconosciamo il fatto che l'Italia abbia dovuto affrontare una situazione di crisi nei mesi precedenti. Riconosciamo anche che l'Unione europea abbia sentito la necessità politica di dimostrare che l'Italia e gli altri Paesi di primo approdo non sono soli. Tuttavia, obiettivamente, la ricollocazione è una misura che guarda solo alle conseguenze e non alle cause del problema. In primo luogo, non risolve alcun problema collegato all'arrivo massiccio di richiedenti asilo e alle loro esigenze, ma semplicemente sposta la problematica in giro per l'Unione. In secondo luogo, non costituisce una risposta alla necessità di eliminare i fattori di spinta alle migrazioni irregolari, come invece fa il reinsediamento. Al contrario, potrebbe costituire un fattore di attrazione verso i nostri Paesi.
  Eliminare i fattori di spinta all'emigrazione verso l'Europa significa anche fornire un sostegno importante ai Paesi nelle regioni di origine e transito dei rifugiati. Si tratta di una condizione indispensabile affinché questi Paesi possano essere in grado di offrire delle condizioni di vita dignitose a chi scappa dai conflitti, per far sì che l'Europa non sia l'unica destinazione possibile per chi fugge da guerre e persecuzioni. Il Regno Unito, avendo offerto miliardi di sterline, è il secondo maggior donatore bilaterale per la crisi siriana dopo gli Stati Uniti.
  Ricordo che coloro che cercano di raggiungere in maniera irregolare l'Italia, la Gran Bretagna e l'Europa tutta non sono unicamente i rifugiati, ma anche i migranti economici, che secondo l'UNHCR sono il 40 per cento di coloro che arrivano in Italia. Per questo motivo, oltre a una politica di rimpatri immediati e efficaci, è fondamentale sostenere lo sviluppo dei Pag. 7Paesi di origine dei migranti economici, affinché questi ultimi possano trovare nei loro Paesi di origine la risposta alle loro esigenze economiche e non siano tentati di raggiungere irregolarmente l'Unione europea. Il nostro Paese adempie all'impegno assunto in sede internazionale di destinare lo 0,7 per cento del reddito nazionale lordo agli aiuti internazionali, per un valore di circa 14 miliardi di sterline all'anno. Ne siamo molto orgogliosi, ma siamo ancora gli unici a farlo insieme ad altri tre Stati membri dell'UE. Pertanto, incoraggiamo fortemente l'Italia e gli altri Paesi dell'UE che non l'abbiano ancora fatto a raggiungere presto questo obiettivo d'importanza primaria. È una condizione necessaria per poter avere una posizione di rilievo a livello internazionale ed europeo nella ricerca di una soluzione alla crisi migratoria globale.
  Per questo motivo, il nostro Primo ministro Cameron ha accolto con favore la promessa, fatta dal Premier Renzi in occasione del loro incontro di giugno, di aumentare i fondi che l'Italia destina agli aiuti internazionali. Ci felicitiamo dell'aumento del 40 per cento dei fondi italiani allo sviluppo che sta apportando la Legge di stabilità per l'anno prossimo. Ci auguriamo, tuttavia, che la ripresa dell'economia italiana sia accompagnata da ulteriori incrementi di fondi, che possano portare presto anche l'Italia a raggiungere l'obiettivo dello 0,7 per cento del suo reddito nazionale lordo, in linea con gli obblighi assunti a livello internazionale, rispetto all'attuale 0,1 per cento.
  Constato con sollievo che a partire dal Consiglio europeo di settembre si è andato sviluppando un riconoscimento generalizzato in Europa del bisogno di concentrarsi sulla cosiddetta «Upstream agenda», ovvero sulla necessità di affrontare le cause e non le conseguenze. Si stanno creando le basi di un'intesa progressiva fra l'Italia, il Regno Unito e gli altri Paesi Schengen e dell'Unione europea su questa politica.
  Avevamo assunto dall'inizio un approccio strategico verso i problemi legati all'immigrazione. Ho menzionato diversi elementi di questa decisione politica. Concludo questo mio intervento ricordandoli brevemente: sostenere la stabilizzazione dei Paesi da cui scappano i rifugiati; cercare una soluzione alla crisi siriana e sostenere la formazione di un Governo di unità nazionale in Libia (su questo l'Italia ha assunto un ruolo di leadership); distruggere il modello di business delle organizzazioni criminali dei trafficanti; realizzare efficientemente i rimpatri immediati degli irregolari; sostenere un miglioramento delle condizioni di vita dei rifugiati che si trovano nelle regioni immediatamente prossime ai loro Paesi d'origine, anche attraverso politiche di reinsediamento in Europa; supportare economicamente lo sviluppo globale con risorse significativamente maggiori. In tutti questi settori la cooperazione internazionale fra i nostri Paesi è fondamentale, soprattutto in vista del summit de La Valletta della prossima settimana. Sarà un'occasione importante per cercare un'intesa strategica anche con i nostri partner africani. Sono lieto di constatare che l'Italia e il Regno Unito sono sulla stessa linea d'onda anche su questo.
  Ringrazio nuovamente il Comitato per la possibilità che mi è stata data e resto a vostra completa disposizione per le eventuali domande che vorrete pormi.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  RICCARDO MAZZONI. La ringrazio, signor ambasciatore. Io riconosco che la Gran Bretagna ha compiuto buona parte del dovere comunitario: avete mandato una nave da guerra a supporto nel Mediterraneo e avete dato più di un miliardo di euro per la crisi siriana.
  Tuttavia, mi consenta di dire che lei semplifica quando afferma che bisogna aprire gli hot spot e renderli immediatamente operativi, distinguendo subito nei vari Paesi fra rifugiati, che hanno diritto alla protezione internazionale, e migranti economici. In Italia, per esempio, le pratiche sono state molto velocizzate. Tuttavia, un migrante economico che chiede la Pag. 8protezione internazionale ha diritto a tre gradi di ricorso prima di ricevere il diniego. Questo succede anche in Austria e in Germania. Come funziona da voi ? C’è possibilità di ricorsi, oppure un migrante economico viene immediatamente espulso ?
  La seconda domanda è un po’ più complessiva. Voi avete scelto l’hopting out sulla decisione di redistribuire prima 40.000 e poi 120.000 profughi. È chiaro che bisogna eliminare alla radice le cause che provocano le migrazioni, ma è anche vero che c’è una situazione emergenziale in atto. Questo non è un modo per dire ai Paesi in prima linea, come l'Italia e la Grecia, di arrangiarsi ? Se tutti i Paesi dell'Unione europea avessero la stessa vostra posizione, il Regolamento di Dublino resterebbe immutabile e immutato e tutto l'onere di una migrazione che sta assumendo caratteri biblici resterebbe sulle spalle dei Paesi di primo approdo. Non è un modo di lavarsene le mani ?

  PRESIDENTE. Ambasciatore, immagino che i ricorsi siano possibili. Le chiedo se può precisare al Comitato se i ricorsi sono destinati a dei tribunali specializzati o meno. Alla Camera abbiamo appena approvato delle mozioni in cui chiediamo l'istituzione di sezioni specializzate per i ricorsi.
  Do la parola all'ambasciatore Prentice per la replica.

  CRISTOPHER PRENTICE, Ambasciatore di Gran Bretagna. Preferisco rispondere subito, altrimenti dimentico. Parlerò in inglese.
  La prima domanda che mi è stata rivolta dalla presidente riguardava l'assetto e le procedure che noi seguiamo nel Regno Unito in materia di asilo. Il volume delle richieste d'asilo negli ultimi anni è aumentato in maniera esponenziale, quindi abbiamo adeguato il nostro sistema alle nuove circostanze. Nel 2014 abbiamo assunto pubblicamente l'impegno di risolvere e smaltire il carico pendente che si era accumulato e che era consistente. Pertanto, abbiamo deciso di trattare immediatamente tutte le richieste d'asilo che erano state presentate prima dell'aprile 2014. Il nostro impegno pubblico ha previsto che noi riuscissimo a risolvere tutte le domande pendenti entro il 31 marzo 2015, cosa che abbiamo fatto. L'impegno successivo è quello di risolvere e smaltire tutte le domande presentate dopo l'aprile 2014 nel giro di sei mesi.

  PRESIDENTE. Chi decide la fondatezza del ricorso ?

  CRISTOPHER PRENTICE, Ambasciatore di Gran Bretagna. Per quanto riguarda la possibilità di ricorso, abbiamo stabilito una procedura particolare che riguarda la certificazione dei casi. Non è previsto il diritto al ricorso nel caso in cui una domanda risulti certificata, il che vuol dire che risulta non fondata. In tal caso, la domanda viene respinta e non c’è possibilità di appello. Sono le autorità giudiziarie competenti a decidere l'infondatezza. Le nostre statistiche dimostrano che nell'anno che si è concluso nel giugno del 2015 soltanto il 14 per cento dei casi è stato respinto perché certificato, quindi è stato ritenuto infondato. Le restanti domande sono state accolte. Sarei lieto di condividere con voi alcuni dati statistici sul numero di domande presentate e accolte.
  Per quanto riguarda la seconda domanda sulla questione fondamentale del Regolamento di Dublino e sulla sensazione crescente che si tratti di una norma ormai superata, noi non condividiamo questo punto di vista. Per noi il Regolamento di Dublino è ancora intatto, non è superato, e rappresenta lo standard che deve essere ancora rispettato. Le proposte di rilocalizzazione sono misure di carattere eccezionale e rappresentano un emendamento straordinario a Dublino, che però non deve essere pregiudicato. La nostra posizione è che l'eccezione non debba diventare la regola e che non debbano crescere le aspettative secondo le quali le regole possono non essere applicate, perché in questo modo si incentiverebbero i flussi migratori.Pag. 9
  L'altro principio fondamentale è che asilo vuol dire protezione, non offrire la possibilità alla gente di migrare nei Paesi di propria scelta. Chi si è visto respingere la domanda in uno Stato membro non deve essere autorizzato a spostarsi in altri Stati membri, presentando domande di volta in volta.
  Presidente, lei citava la clausola di sovranità, che rappresenterebbe una sorta di deroga all'interno di Dublino. Il Regolamento di Dublino è scritto in una maniera che prevede possibili eccezioni. All'interno del Regolamento di Dublino, è prevista la possibilità per gli Stati membri di invocare circostanze eccezionali. Noi rispettiamo Dublino e rispettiamo anche l'esistenza di questa concessione agli Stati membri di invocare le circostanze eccezionali, il che non vuol dire, però, che l'eccezione debba diventare la regola.

  PAOLO ARRIGONI. Grazie, signor ambasciatore. Mi pare di capire che per la Gran Bretagna non ci siano spazi per modifiche al Regolamento di Dublino. Anche con riferimento al diritto di asilo europeo, mi pare di capire che ci sia una contrarietà.
  Lei ha lodato gli hot spot che si stanno per realizzare in Italia, ha sottolineato l'importanza dei rimpatri, ma ha completamente demolito – io lo condivido – il terzo pilastro, quello della ricollocazione. Lei ha detto, e io sottoscrivo, che questo rappresenta un elemento di attrazione. Infatti, nel nostro Paese, da un mese a questa parte, da quando sono stati avviati i ricollocamenti, se ne sono verificati una settantina e nei prossimi giorni ce ne saranno altri settanta; nel frattempo, sono arrivate centinaia, se non migliaia, di altri migranti. Lei ha sottolineato l'importanza dei reinserimenti, cosa che l'Agenda europea ha trascurato.
  La mia è una riflessione. Inoltre, vorrei una sua conferma sul diritto di asilo europeo.
  Mi associo alla domanda del collega Mazzoni in ordine al sistema di valutazione delle domande di asilo nel vostro Paese e al sistema di accoglienza. Giusto per integrare la statistica, vorrei sapere quante sono le domande di asilo nel vostro Paese, quali sono i tempi medi per la valutazione della domanda, quali sono le percentuali degli esiti e quali sono le tipologie di protezione riconosciute (sussidiaria, rifugiato, umanitaria e quant'altro).
  Se è possibile, vorrei capire come viene erogata l'assistenza a coloro che stanno aspettando l'esito della domanda di asilo e a coloro che l'hanno ottenuta. In Italia abbiamo i centri di accoglienza, i centri di accoglienza temporanea e altre strutture gestite in condivisione con i comuni. Vorrei capire come funziona da voi.

  PRESIDENTE. L'ambasciatore ha già dato la disponibilità a far acquisire al Comitato dei dati e dei documenti. La ringraziamo se può farceli avere. Naturalmente, li distribuirò ai colleghi.

  CRISTOPHER PRENTICE, Ambasciatore di Gran Bretagna. Non sono in grado di fornire adesso tutte le statistiche, però posso darvi alcuni elementi. Nell'anno che si è concluso nel giugno 2015 le decisioni assunte in merito alle domande di asilo presentate sono aumentate del 107 per cento e abbiamo trattato in totale 28.538 domande. Non dispongo ancora di tutti i dati statistici, perché in genere a Londra non si pubblicano i dati relativi alle medie dei periodi, ma aspettiamo la fine di ogni anno.
  Sicuramente posso citare brevemente alcune distinzioni che bisogna operare tra i criteri seguiti dai nostri giudici e quelli seguiti in altre giurisdizioni.
  Cito il Pakistan. I nostri giudici, se si trovano a esaminare una richiesta che viene presentata da una persona che è a rischio in una regione del Pakistan, considerano sicuro il rimpatrio di quella persona, non nell'area a rischio del Pakistan, ma in un'altra area dello stesso Paese. Il fatto che ci siano rischi in una zona del Paese non esclude la possibilità del rimpatrio in un'altra zona dello stesso. Un altro esempio che mi viene in mente è la Nigeria, dove c’è una minaccia pressante nei confronti di alcune specifiche categorie Pag. 10di persone da parte di Boko Haram, il che non significa però che quelle persone della Nigeria non possano essere rimpatriate ad Abuja. Questo genere di criteri ha sicuramente un impatto sul numero complessivo di domande accolte.
  Cito un altro dato: nell'anno che si è concluso a marzo 2015 abbiamo avuto un tasso di accoglienza delle domande del 37 per cento, rispetto al 43 per cento della Germania, al 9 per cento dell'Ungheria e al 75 per cento della Svezia. Queste variazioni percentuali non sono legate alla differenza dei criteri seguiti dai giudici, ma al mix di nazionalità delle persone che presentano domanda.
  Come accennava la presidente, in Italia avete un sistema che prevede tre gradi di ricorso. Probabilmente per voi dovrebbe essere possibile valutare se questo sistema abbia un impatto su una serie di conseguenze, che non sono legate soltanto all'esame della domanda, ma anche alla possibilità di trattenere sia i migranti economici sia i richiedenti asilo. La percezione che c’è stata nei Consigli di settembre e di ottobre dell'anno scorso è che ci sia stato un aumento della sensibilità in merito alla questione della detenzione, soprattutto in relazione alla direttiva che prevede la possibilità di detenzione fino a 18 mesi.

  PRESIDENTE. Ambasciatore, l'Italia ha già fatto una riflessione. Come le dicevo, in Aula abbiamo discusso delle mozioni che sono proprio volte a creare un sistema per lo meno specializzato di analisi dei ricorsi, con dei giudici specializzati. Quello che lei ci ha detto oggi mi conferma la bontà di queste mozioni. La conoscenza dei territori di provenienza e, quindi, la possibilità di comprendere bene in quali aree rimpatriare o no e soprattutto il carico che hanno i tribunali ordinari, oberati da cause, che non gli consente la focalizzazione totale solo sui ricorsi relativi all'immigrazione, mi fanno pensare che il Parlamento italiano abbia indicato una strada corretta.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Grazie, ambasciatore. Porrò qualche domanda e poi farò un commento generale. Vedo che il Regno Unito ha molto chiari i vari punti su cui si basa la sua strategia. Tuttavia, si tratta di interventi che produrranno effetti a medio-lungo termine. Mi riferisco alla stabilizzazione dei vari Paesi, alla lotta alle organizzazioni criminali, al miglioramento della situazione dei rifugiati nei Paesi vicini alle crisi eccetera. Forse l'unico intervento immediato è il rimpatrio delle persone, che però secondo me apre un problema molto grosso di rispetto dei diritti umani. Magari sono persone che hanno impiegato due anni della loro vita per partire da un Paese dell'Africa e per arrivare in Europa. Ben difficilmente li si mette su un aereo e li si rimanda in un Paese africano, a cui magari loro negano l'appartenenza, non avendo neanche i documenti. Vedo una difficoltà pratica e il rischio di non rispettare i diritti umani su questo punto. Ricordo che l'Italia già nel 2009, per dei rimpatri che effettuò verso la Libia in maniera troppo rapida, senza un giusto discrimine, fu condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Mi riferisco al caso Hirsi Jamaa del 2009. Pertanto, credo che dobbiamo stare molto attenti. Il rimpatrio immediato mi sembra un po’ una scorciatoia. Vorrei un suo commento su questo.
  Mi associo alla domanda della presidente sulla situazione a Calais. Vorrei sapere come è stata gestita e come è adesso la situazione.

  CRISTOPHER PRENTICE, Ambasciatore di Gran Bretagna. Grazie, senatore Orellana. Sono assolutamente d'accordo con lei sulla necessità di aumentare la sensibilità di tutti alle implicazioni in termini di diritti umani nei confronti di tutti coloro che arrivano nei nostri Paesi. Un migrante economico, pur non avendo diritto all'asilo, non per questo deve essere considerato un essere umano di categoria inferiore o non meritevole di un trattamento dignitoso. Sicuramente i nostri Governi hanno la responsabilità di dover assumere delle scelte molto difficili a nome dei loro cittadini. Tuttavia, sono consapevole anche del fatto che le nostre Pag. 11società potrebbero essere sottoposte a pressioni enormi a causa degli eccessivi flussi migratori. La responsabilità dei Governi di regolamentare la migrazione clandestina porta alla necessità di assumere delle decisioni molto difficili.
  In relazione ai migranti economici, ritengo che si debba partire dalla necessità di scoraggiare i flussi di migranti economici, partendo dall'assunto che il migrante economico non può pensare che, semplicemente sbarcando sulle coste dell'Europa o arrivando ai confini dell'Europa, possa non avere diritto all'asilo e nello stesso tempo circolare liberamente da un Paese all'altro. Il programma di rimpatri deve essere attuato in maniera efficace, il che presume la possibilità di stipulare intese con i Paesi d'origine, che creino incentivi a quegli stessi Paesi affinché diventino più ricettivi ai rimpatri e che rendano più facile per i migranti economici che siano stati trattenuti ai confini accettare l'idea di tornare nel loro Paese d'origine. Un programma di questo genere costa molto, ma deve essere comunque considerato una priorità, come concordato dai nostri due primi ministri. Il vertice di La Valletta deve prefiggersi l'obiettivo di stabilire delle intese con i partner africani, proprio perché possa essere data attuazione al programma di rimpatri.
  Per quanto riguarda Calais, sono rimasto davvero entusiasta del modo in cui la presidente del Comitato ha presentato la questione. Non sono in grado di andare oltre la sua perfetta descrizione. Sicuramente al centro della questione di Calais c’è l'intesa bilaterale tra il Governo britannico e il Governo francese. Le circostanze a Calais sono molto difficili. L'estate scorsa la situazione è degenerata, perché c’è stato un mix tra problemi migratori e proteste sindacali legate al fallimento di una società di spedizione. Chiaramente si è creato il caos totale. Comunque, la base della questione è la forte e solida cooperazione che noi abbiamo col Governo francese, per cui abbiamo stabilito di collaborare anche per i controlli alla frontiera. Il Regno Unito riconosce l'enorme pressione esercitata su Calais e sul Governo francese, anche in termini di sicurezza, e stiamo dando il nostro contributo, anche finanziario, oltre che in termini di risorse umane, per i controlli. Aggiungo una considerazione su Calais. La gran parte delle persone che da Calais cercano di entrare nel Regno Unito è rappresentata da migranti economici, che hanno già attraversato altri Stati dell'Unione europea, spesso senza essere registrati. Ciò conforta la nostra convinzione sulla necessità di un rafforzamento dei controlli alle frontiere, anche esterne, di una corretta detenzione delle persone che arrivano e di una corretta attuazione delle politiche di rimpatrio.

  ANTONIO DISTASO. Ringrazio la presidente per questa occasione di incontro. Saluto il signor ambasciatore. Considerando che siamo tra pochi intimi, per quanto in seduta pubblica, forse possiamo fare delle considerazioni in modo più aperto.
  Io condivido molto l'impostazione dell'ambasciatore, soprattutto quando enuncia che in ogni situazione bisogna partire dalla radice dei problemi e non agire sulle conseguenze.
  Il mio intervento sarà più di carattere generale e partirà dalla visione europea che hanno i nostri due Paesi, dai punti di contatto e dai punti di divergenza che abbiamo, anche perché le questioni specifiche sono state già egregiamente esposte dai colleghi che mi hanno preceduto.
  Per chiarezza, informo il signor ambasciatore che io sono un parlamentare di opposizione alla maggioranza di Governo nazionale. In Italia in questo momento vedo un'oscillazione tra due posizioni, secondo me ugualmente sbagliate, riguardo alla visione europea. La prima è quella della difesa dello status quo. Noi abbiamo le due grandi famiglie europee tradizionali, il PPE e il PSE. Secondo me, il Governo italiano attuale ha peccato troppo di adesione allo status quo, cioè alle politiche più intercorrenti su quello che io chiamo «asse Berlino-Bruxelles». Abbiamo poi un'altra posizione, che riguarda una parte dell'opposizione italiana, che ha Pag. 12un approccio distruttivo, dall'uscita dall'euro a tante altre cose, che io personalmente non condivido, perché secondo me non sono realmente fattibili.
  I nostri due Paesi e, di conseguenza, i nostri due Governi debbono avere posizioni differenti. Abbiamo una posizione geografica molto diversa e abbiamo ancora una moneta diversa. Pertanto, le nostre posizioni sono diverse, non solo sulle questioni migratorie, ma anche su altre. Io personalmente guardo con invidia al Regno Unito, vedendo il tasso di crescita e il livello di disoccupazione che esiste nel vostro Paese, ma è chiaro che partiamo da condizioni strutturali assolutamente diverse.
  Mi fa piacere questo incontro per noi utile, che potrebbe essere utile in prospettiva anche al nostro Paese. Per quanto io sia su posizioni politiche diverse, mi fa piacere anche che lei abbia enunciato dei punti di contatto tra il Premier Cameron e il nostro Premier Renzi negli ultimi tempi. A questo proposito – mi corregga se sbaglio – io ho letto che il Premier Cameron vuole dar vita a un processo di rinegoziazione sui trattati europei. Peraltro, credo che voi nel 2017 sarete interessati da un referendum popolare anche riguardo alla partecipazione...

  PRESIDENTE. Onorevole Distaso, mi permetto di dire che la sua disamina è interessantissima, però siamo nel Comitato Schengen. Arriviamo ai temi inerenti l'immigrazione.

  ANTONIO DISTASO. Chiedo scusa per la premessa. Il nostro tema, presidente, è compreso nella rinegoziazione dei trattati. Io credo che se noi, come Italia, insieme al Regno Unito, sposassimo sin dal prossimo Consiglio europeo una linea che io definirei «euroscettica» – che non significa demolire le fondamenta dell'Europa, ma rimettere in discussione alcune rigidità che oggi non ci consentono di muoverci in maniera comune, non solo per quanto riguarda il fenomeno migratorio – faremmo un passo in avanti. Io ho fatto riferimento al referendum, presidente, non a caso. Se noi oggi non affrontassimo questa fase propedeutica insieme alla Gran Bretagna e agli altri Paesi, cercando di avere un approccio costruttivo, ma che guardi anche alle debolezze di questa Europa, mi preoccuperebbe se un domani la Gran Bretagna decidesse...

  PRESIDENTE. Onorevole Distaso, qual è la domanda ? Ogni deputato vorrebbe fare una corretta disamina sulla sua posizione in Europa.

  ANTONIO DISTASO. Presidente, possiamo fare anche delle osservazioni.

  PRESIDENTE. Sì, però nel rispetto di tutti i colleghi. Siamo al Comitato Schengen...

  ANTONIO DISTASO. In Parlamento abbiamo diritto di parola.

  PRESIDENTE. Sì, però questa non è l'Aula. Questo è il Comitato Schengen e parliamo di immigrazione. Pertanto, le chiedo cortesemente di porre all'ambasciatore una domanda sulle questioni migratorie.

  ANTONIO DISTASO. Mi consenta, presidente. Io dico quello che ho in mente di dire.

  PRESIDENTE. Non voglio entrare in una polemica. L'ambasciatore è stato chiamato al Comitato Schengen. Non siamo in Commissione esteri e non siamo in Commissioni competenti per parlare di altri argomenti, ma siamo qui per parlare di immigrazione. Qui i commissari si rivolgono nell'ambito dell'indagine che abbiamo avviato. Ognuno di noi avrebbe piacere di parlare di qualunque cosa, però il tema è questo. Io, nel rispetto dei commissari, come presidente, ho il dovere di tenere i commissari sui temi. È molto interessante la sua posizione, ma le chiedo cortesemente di arrivare al punto sui temi migratori.

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  ANTONIO DISTASO. Se posso continuare la mia esposizione, chiudo immediatamente, invitando l'ambasciatore a cercare, nell'ambito dell'ipotesi di rinegoziazione dei trattati, punti di comune interesse con la posizione italiana, che ci portino a gestire il fenomeno migratorio, per quanto da posizioni diverse. In questo caso la politica che ci deve vedere uniti, al di là della giusta riflessione sulla divisione tra rifugiati per motivi umanitari e migranti economici irregolari, è la risoluzione dei conflitti nei Paesi di origine. Credo che su questo dovremmo muoverci insieme.

  CRISTOPHER PRENTICE, Ambasciatore di Gran Bretagna. La migrazione in quanto tale è un concetto che comprende, non solo gli spostamenti esterni verso l'Unione europea, ma anche gli spostamenti all'interno dell'Europa. Nel Regno Unito coloro che sono più ostili all'Unione europea hanno la tendenza a mescolare le acque, per fare della migrazione in generale una questione, senza operare alcuna distinzione tra i diversi tipi di migrazione. Nello scenario politico britannico si fa riferimento in generale a quella che viene chiamata «migrazione netta», cioè in soldoni al fatto che la nostra popolazione aumenta di anno in anno per l'arrivo di nuove persone. La cifra che viene considerata come indicativa del fenomeno della migrazione netta è 300.000 unità.
  La discussione che abbiamo avuto qui stamattina in merito a possibili strategie a lungo termine per affrontare il tema della migrazione esterna ci ha portato a constatare che di fatto c’è una visione comune, che noi abbiamo con vari Paesi, oltre che con l'Italia. Nel contesto del referendum nel nostro Paese, riteniamo fondamentale che l'Europa dia prova di capacità e di essere davvero in prima linea su questo argomento, che abbia una strategia, che abbia il controllo della situazione, che sia in grado di elaborare misure efficaci per affrontare il tema della migrazione esterna.
  È importante per il nostro Governo, nel quadro della rinegoziazione dei trattati, essere in grado di mostrare alla popolazione britannica che far parte dell'Unione europea non deve voler dire consentire che si verifichino degli abusi del principio della libera circolazione. I nostri ministri tengono molto a ribadire che la rinegoziazione dei trattati per noi non significa che vogliamo mettere in discussione il principio della libera circolazione. Riteniamo assolutamente un elemento positivo il principio della libera circolazione, perché siamo favorevoli al fatto che imprese e cittadini, che vogliano venire nel nostro Paese da altri Paesi europei per lavorare e per dare il loro contributo ad aumentare la prosperità del nostro Paese, possano farlo.
  Questo periodo di mandato qui in Italia mi ha consentito di parlare con tanti italiani e mi fa sempre molto piacere vedere quanti dei vostri giovani sono effettivamente in Gran Bretagna a lavorare, a crearsi una vita sicuramente positiva e vantaggiosa, sperando però di tornare un giorno in Italia. La questione non riguarda certamente gli italiani, che nel periodo più forte della crisi hanno rappresentato il terzo gruppo di cittadini europei che si sono spostati in Gran Bretagna. Il problema è legato alla presenza di coloro che vengono da noi solo per sfruttare il nostro sistema assistenziale e previdenziale. Abbiamo trovato dei modi per rendere più severo il nostro sistema, che è estremamente generoso, tanto generoso che consente a chi arriva e trova un lavoro, inizialmente magari con uno stipendio piuttosto basso, di ricevere immediatamente vantaggi e benefici di tipo sociale e assistenziale, per un totale che spesso arriva fino a 14.000 sterline. Quando parlo dell'obiettivo di rendere più severo il nostro sistema, mi riferisco alla necessità che ci siano, anche nella legislazione europea, una serie di cambiamenti. Il nostro Governo considera parte della rinegoziazione dei trattati il fatto che la normativa europea cambi in modo da scoraggiare una migrazione di cittadini europei nel nostro Paese, che è una migrazione solo a scopi di sfruttamento del nostro sistema assistenziale. Questo rappresenta uno dei Pag. 14quattro panieri sui quali si basa il nostro negoziato. Sono sicuramente di grande aiuto alcune sentenze della Corte europea. Abbiamo rilevato nei nostri partner europei, in particolare nell'Italia, un alto grado di comprensione della nostra posizione e una certa dose di buona volontà. Sicuramente il nodo cruciale è rappresentato dai dettagli, che sono legati alla necessità di emendare la normativa europea.
  Nel dibattito che abbiamo condotto qui oggi in quest'ultima fase mi sono riferito a movimenti interni europei, mentre stamattina abbiamo parlato della pressione esercitata dalla migrazione esterna. La sfida per le nostre società è innanzitutto quella di distinguere tra le categorie. Noto che soprattutto sui media e tra i cittadini comuni c’è una confusione anche nella terminologia che viene usata, per cui non si distingue più tra migranti, rifugiati e richiedenti asilo. Tutto questo genera paura, diffidenza e sospetto.

  PRESIDENTE. Le chiedo una precisazione, ambasciatore. Lei parla di rinegoziazione dei trattati e della mancata messa in discussione da parte della Gran Bretagna del principio di libertà di circolazione. Tenuto conto che la Gran Bretagna, come sappiamo, è extra Schengen, la posizione del vostro Paese sull'accordo di Schengen è che possa e debba rimanere così ?

  CRISTOPHER PRENTICE, Ambasciatore di Gran Bretagna. Come sapete, noi non facciamo parte dell'area Schengen. D'altra parte, non siamo l'unico Paese a non farne parte, come ha detto la presidente. Questo rappresenta sicuramente il punto nodale del nostro negoziato. Siamo parte di una geometria multipla, con Paesi che fanno parte di Schengen e altri che non ne fanno parte.
  I nostri cittadini considerano uno degli aspetti più affascinanti dell'Europa moderna la capacità di muoversi tutti liberamente. Come i cittadini di altri Paesi, anche i nostri si sentono parte dell'Europa e si spostano. Sarebbe un tragico passo indietro se questo venisse meno. Sicuramente il compromesso riguarda il passaggio dei nostri cittadini dall'area Schengen all'area non Schengen, secondo il saluto che è stata ribattezzato «van Eekelen wave», dal nome del commissario olandese che è stato l'autore di questo compromesso. Sulla base di questa perifrasi del saluto di van Eekelen, i nostri cittadini, passando dall'area Schengen all'area non Schengen, devono esibire il loro passaporto.
  L'importante è affrontare la pressione della migrazione esterna.

  MICAELA CAMPANA. Durante i lavori di questa Commissione, noi abbiamo ascoltato gli amministratori di tante città italiane e di tante regioni italiane e anche esponenti delle forze armate, che hanno affrontato l'emergenza immigrazione sul nostro territorio. È stato un lavoro articolato, che negli ultimi mesi si è concentrato molto sulle audizioni degli ambasciatori degli Stati che hanno affrontato il tema dell'immigrazione più da vicino, anche a causa del cambiamento dei flussi migratori. Le porte dell'Europa non sono più solo Lampedusa e la Sicilia, ma anche la Croazia e l'Ungheria. In alcuni Paesi abbiamo visto costruire dei muri, in altri minacciare di sospendere il trattato di Schengen. Come Partito Democratico, non nascondo che simili reazioni hanno destato preoccupazione per la stessa tenuta dell'Europa. Da un lato, le istituzioni europee hanno messo in campo una serie di misure di breve e di lungo periodo, che sono contenute nell'Agenda europea più volte richiamata anche da lei e che ultimamente, nei diciassette punti sul vertice, hanno riguardato la rotta balcanica. Dall'altro lato, nelle ultime settimane abbiamo visto emergere posizioni di alcuni Stati che, anche per difendere un consenso interno, hanno rischiato di far fallire una negoziazione europea.
  Ad agosto – lei ne ha parlato lungamente anche nell'ultimo intervento – era circolata la notizia che il Governo inglese volesse sospendere la possibilità per i cittadini europei di trasferirsi in Inghilterra. Dalle sue parole è evidente che questo è un tema ancora importante nel Pag. 15dibattito inglese. Mi chiedo quali siano le misure restrittive o di verifica per quanto riguarda chi entra dall'area Schengen nel suo Paese.
  Si è parlato del Regolamento di Dublino, a cui lei faceva riferimento. Nel Regolamento di Dublino esiste una norma che prevede la possibilità per gli Stati membri, davanti a flussi straordinari, di superare il regolamento stesso. Mi chiedo se il suo Paese non intenda utilizzare in nessun caso questa deroga.
  Nell'Agenda europea sono previsti hot spot nei Paesi di primo approdo. Tuttavia, dalla stessa agenda risulta evidente che gli hot spot sono legati al superamento di Dublino, a un asilo politico europeo e al mutuo riconoscimento. Se gli hot spot rimanessero l'unica misura, ciò significherebbe condannare l'Italia e la Grecia a farsi carico di tutta l'accoglienza europea.
  Lei ha parlato di procedure di rimpatrio. Mi piacerebbe sapere come si svolgono i rimpatri a seguito del diniego e quanti accordi bilaterali il suo Paese ha siglato a oggi con i Paesi di origine.
  Io sono d'accordo con lei sulla questione della cooperazione internazionale. L'Italia è uno dei Paesi che stanno aumentando il proprio impegno sulla cooperazione internazionale. Anche nella prossima Legge di stabilità il nostro impegno sarà consistente. Mi chiedo quale sia l'impegno economico dell'Inghilterra in tema di cooperazione internazionale.

  CRISTOPHER PRENTICE, Ambasciatore di Gran Bretagna. Non sono sicuro di aver capito la parte iniziale della sua domanda, quando lei afferma che noi stiamo pensando di introdurre restrizioni all'arrivo di cittadini europei nel nostro Paese. Non è sicuramente questa la nostra posizione. Quello di cui ho parlato è l'auspicio che ci sia un accordo a livello europeo, tale per cui a livello nazionale nei vari Paesi si renda più severa l'erogazione di versamenti sociali e assistenziali nell'ambito del sistema della libera circolazione, in modo che si scoraggi a livello nazionale l'erogazione dei versamenti sociali e, quindi, si scoraggi anche la cosiddetta «migrazione assistenziale», quella volta a sfruttare il sistema di un altro Paese. Tuttavia, non mettiamo assolutamente in discussione il principio della libera circolazione. So che altri Paesi stanno vivendo lo stesso genere di difficoltà. Abbiamo numerosi esempi di persone molto qualificate, provenienti per lo più da Paesi dell'Europa orientale, che arrivano nel Regno Unito, non allo scopo di cercare un lavoro per la qualifica di cui dispongono, ma per trovare qualunque tipo di lavoro subito, anche poco pagato, per accedere immediatamente ai benefici sociali che il nostro sistema prevede. Noi vorremmo tagliare questi incentivi.
  Per quanto riguarda il suo riferimento alle clausole straordinarie del Regolamento di Dublino, noi, come Stato membro che aderisce al Regolamento di Dublino, vogliamo trarre vantaggio dai suoi contenuti, vogliamo restare all'interno del sistema di Dublino e rispettarne tutte le disposizioni. Il fatto che ci stiamo concentrando sul reinsediamento, accogliendo le categorie più vulnerabili di rifugiati (gli orfani, le persone ferite, le persone disabili, quelle che non avrebbero chance di sopravvivere se non fossero reinsediate come rifugiati) significa che noi diamo attuazione alle norme di carattere straordinario, adottando misure eccezionali.
  Per rispondere alla sua domanda sulle politiche di rimpatrio e sugli eventuali accordi bilaterali che abbiamo con i Paesi di origine, posso dirle che ne abbiamo tantissimi e potrei citarne davvero una lunga lista. Abbiamo una lunga esperienza in questo settore e possiamo vantare uno dei più efficaci sistemi di collegamento con altri Paesi di accoglienza. Mettiamo sempre a disposizione la nostra esperienza e la condividiamo. La stiamo mettendo a disposizione anche in vista dei negoziati di preparazione al vertice di La Valletta. Sappiamo che i francesi fanno lo stesso con tanti Paesi africani. Noi vogliamo effettivamente far uso dell'Europa come entità collegiale, in vista del vertice di La Valletta. Noi siamo favorevoli agli accordi bilaterali, perché Pag. 16ne abbiamo già tanti, ma vogliamo spingere l'Europa a creare essa stessa una rete efficace di accordi bilaterali.
  Il mio collega ha trovato riscontro alla sua domanda in una risposta data in sede di interrogazione parlamentare. Abbiamo tre diverse categorie di accordi: quattordici accordi di riammissione stilati dall'Unione europea a cui partecipiamo come associati; accordi bilaterali di riammissione con Algeria, Corea del Sud e Svizzera; quindici memorandum d'intesa per il rimpatrio dei cittadini di questi quindici Paesi trovati illegalmente in territorio britannico.

  PRESIDENTE. Grazie molte, ambasciatore. La sua relazione è stata più che completa. La lasciamo subito andare, perché sappiamo che ha un impegno.
  Ringrazio chi l'accompagna: Greg Houston, consigliere politico dell'Ambasciata, e Nicola Delvino, addetto affari interni e giustizia dell'ambasciata. Ringrazio anche l'interprete della Camera, la dottoressa Paola Borrelli.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.20.