XVII Legislatura

Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 38 di Giovedì 7 aprile 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Di Gioia Lello , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL RISPARMIO PREVIDENZIALE DA PARTE DEI FONDI PENSIONE E CASSE PROFESSIONALI, CON RIFERIMENTO AGLI INVESTIMENTI MOBILIARI E IMMOBILIARI, E TIPOLOGIA DELLE PRESTAZIONI FORNITE, ANCHE NEL SETTORE ASSISTENZIALE

Audizione del direttore dell'ufficio IV della Direzione sistema bancario e finanziario del Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro, Gian Paolo Ruggiero.
Di Gioia Lello , Presidente ... 3 ,
Ruggiero Gian Paolo , Direttore dell'ufficio IV della Direzione sistema bancario e finanziario del Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro ... 3 ,
Di Gioia Lello , Presidente ... 8 ,
D'Adda Erica  ... 8 ,
Galati Giuseppe (Misto-ALA-MAIE)  ... 9 ,
Santini Giorgio  ... 9 ,
Di Salvo Titti (PD)  ... 9 ,
Di Gioia Lello , Presidente ... 10 ,
Ruggiero Gian Paolo , Direttore dell'ufficio IV della Direzione sistema bancario e finanziario del Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro ... 10 ,
Di Gioia Lello , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LELLO DI GIOIA

  La seduta comincia alle 14.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del direttore dell'ufficio IV della Direzione sistema bancario e finanziario del Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro, Gian Paolo Ruggiero.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla gestione del risparmio previdenziale da parte dei fondi pensione e casse professionali, con riferimento agli investimenti mobiliari e immobiliari, e tipologia delle prestazioni fornite, anche nel settore assistenziale, l'audizione del dottor Gian Paolo Ruggiero, direttore dell'ufficio IV della Direzione sistema bancario e finanziario del Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro.
  Con il dottor Ruggero vogliamo discutere del decreto riguardante gli investimenti delle casse. Le chiediamo un'ampia delucidazione su questo tema.
  Do quindi la parola al dottor Ruggiero per lo svolgimento della sua relazione.

  GIAN PAOLO RUGGIERO, Direttore dell'ufficio IV della Direzione sistema bancario e finanziario del Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro. Grazie, signor presidente. Per il suo tramite, desidero ringraziare tutti i commissari per questa opportunità di poter illustrare alla Commissione parlamentare i lavori, prossimi alla conclusione, riguardanti l'emanazione del decreto che l'articolo 14, comma 3, del decreto-legge n. 98 del 2011 demanda al Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito degli investimenti delle risorse finanziarie delle casse previdenziali – scusatemi se uso questo termine colloquiale, che ripeterò nel corso dell'audizione – di soggetto depositario e di conflitti d'interesse.
  Il Ministero dell'economia e delle finanze è stato audito su questo provvedimento già due volte. In quelle due precedenti occasioni io e il dottor Rivera, che si scusa per non poter essere presente oggi per concomitanti impegni istituzionali all'estero, abbiamo indicato le ragioni che avevano indotto il legislatore primario a demandare alla regolamentazione secondaria l'emanazione di questo decreto, l'impostazione di fondo e i contenuti del decreto stesso, che allora era in corso di preparazione.
  L'ultima di queste audizioni risale al 10 giugno 2015. Io vorrei riprendere le fila da quell'audizione, in cui illustrammo il decreto nella sua interezza, evidenziando alcune riflessioni su tre punti principali, che da allora mi sembrano rilevanti.
  In quell'occasione, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP), l'autorità di vigilanza del settore, aveva appena reso il previsto parere di legge sull'emanazione di quel provvedimento, mentre non Pag. 4era stato ancora acquisito il parere del Consiglio di Stato.
  Da questi due pareri, resi da ultimo anche dal Consiglio di Stato a febbraio, possono evidenziarsi tre tematiche che meritano l'attenzione di questa Commissione rispetto a quanto già detto nelle precedenti audizioni.
  La prima, che è forse quella più rilevante nell'ambito dell'indagine conoscitiva che la Commissione sta svolgendo, è la disciplina degli investimenti immobiliari, in particolare per rendere questo tipo di investimenti compatibili sia con una sana e prudente gestione delle risorse delle casse sia con l'investimento in attività a supporto dell'economia reale.
  In secondo luogo, vi era la questione pendente, che già illustrammo in termini dubitativi nelle precedenti occasioni, circa le procedure di selezione dei gestori e dei depositari, che è stata sciolta grazie al parere del Consiglio di Stato, che a sua volta ha chiesto un suffragio da parte dell'Autorità nazionale contro la corruzione (ANAC).
  Inoltre, farò alcune considerazioni su un aspetto che è stato evidenziato nel parere interlocutorio del Consiglio di Stato riguardo all'utilizzo degli strumenti derivati. In seguito alle spiegazioni e alle delucidazioni fornite dal Ministero dell'economia e delle finanze e dalla COVIP e al parere interlocutorio del Consiglio di Stato, le controdeduzioni sono state ritenute satisfattive e, quindi, non si sono toccati i contenuti del provvedimento che è stato illustrato nella precedente audizione.
  Infine, vi darò le ultime notizie circa il provvedimento, che dovrebbe essere in pubblicazione a brevissimo termine, una volta conclusi gli ultimi passaggi procedurali.
  Direi due parole, anche se ribadiscono quanto già precedentemente detto nelle due audizioni, circa l'impianto complessivo dell'intervento normativo secondario.
  Credo che in questa sede, piuttosto che descrivere dettagliatamente le misure, valga la pena semplicemente descrivere l'impianto su cui si fonda il provvedimento, che è quello della cosiddetta «persona prudente».
  Il regolamento tende ad assicurare la sana e prudente gestione delle risorse da parte di questi enti, in base ai criteri di diligenza professionale, che vanno addirittura al di là di quelli del buon padre di famiglia. Si tratta di criteri di professionalità che vanno al di là della semplice prudenza.
  Da questo impianto deriva il fatto che il provvedimento consente una libertà di gestione abbastanza ampia da parte degli enti gestori, a patto che siano rispettati una serie di presìdi prudenziali e che ci siano commisurate capacità e articolazioni organizzative nel monitoraggio, nella gestione e nel controllo dei rischi e delle procedure d'investimento.
  A fianco a questi aspetti di carattere qualitativo, vi sono alcuni aspetti di carattere più cogente e prescrittivo, a partire dai limiti di investimento di questi enti, che in più di un caso sono vincolanti e devono essere rispettati, salvo il regime transitorio di cui parlerò, dagli enti gestori.
  La trasparenza è un criterio che abbiamo seguito lungo tutta la stesura del provvedimento, perché riteniamo che sia un elemento fondamentale nella gestione delle risorse finanziarie e dei conflitti di interesse.
  Passo ora a discutere della disciplina degli investimenti immobiliari e della loro compatibilità regolamentare con gli investimenti nell'economia reale.
  Discuto di questo perché nelle precedenti audizioni vi avevamo illustrato i motivi che imponevano un regime particolare per questo tipo di investimento, che, per ragioni storiche, ha un peso preponderante nell'attivo delle casse, in alcuni casi superiore al 50 per cento del patrimonio.
  Questo ci era stato evidenziato già nella consultazione pubblica svolta alla fine del 2014 da parte degli stessi enti previdenziali, motivo per cui già nella precedente audizione vi avevamo illustrato le linee guida per modificare il testo che era andato in consultazione.
  Questo tipo di esigenze ci sono state fatte presenti anche da parte della COVIP, Pag. 5che ha aggiunto un elemento di riflessione secondo me molto importante e molto utile, cioè la relazione che esiste tra l'investimento in attivi immobiliari e l'investimento in attività a supporto dell'economia reale. Infatti, entrambi questi tipi di investimento si denotano per una scarsa liquidità e per rientrare in quella categoria di attivi che solitamente viene limitata da parte degli enti di previdenza e da parte dei fondi pensione.
  Pertanto, se non ci fossero stati gli accorgimenti tecnici che ora mi accingo a descrivere, ci sarebbe stato l'indesiderato effetto che il sovrainvestimento in attivi immobiliari avrebbe precluso investimenti in altri attivi non quotati a vantaggio dell'economia reale.
  Non mi dilungo sul fatto che un regime speciale per l'attivo immobiliare fosse necessario, perché è una tematica già nota.
  In esito alla consultazione e a queste riflessioni sia interne sia posteci da parte della COVIP, abbiamo ritenuto innanzitutto di evitare differenziazioni tra investimenti immobiliari di tipo diretto e indiretto, ritenendo che la classe degli attivi degli investimenti immobiliari fosse di per sé omogenea e che caso mai l'investimento diretto o indiretto avesse una ricaduta sulla struttura organizzativa, che pure è disciplinata nel decreto che sta per essere emanato.
  Vista la preponderanza degli attivi delle casse in questo tipo di attività, in qualche caso superiore al 50 per cento, abbiamo ritenuto di fissare il limite complessivo per gli investimenti immobiliari al 30 per cento, che è un modo prudente per cercare di contemperare diverse esigenze.
  A fianco a questa prescrizione, c'è una norma transitoria, che afferma che alla data di entrata in vigore del decreto, per quei casi in cui l'investimento supera la soglia consentita del 30 per cento, è necessario da parte degli enti interessati sottoporre un piano di rientro nell'arco di dieci anni rispetto alla soglia prefissata.
  In consultazione, questo periodo transitorio era fissato a cinque anni, ma, visto l'andamento del mercato immobiliare e vista la rilevanza del fenomeno, una riflessione ulteriore ci ha fatto capire che sarebbe stato necessario più tempo, per tutelare gli iscritti e per evitare che uno smobilizzo troppo rapido degli immobili provocasse perdite in conto capitale.
  A fianco a questa, ci sono altre deroghe per l'investimento immobiliare, che derivano dal fatto che gli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) hanno certe caratteristiche. I limiti di partecipazione agli OICR immobiliari sono in qualche modo derogati rispetto alla disciplina tipica.
  Il problema dell'investimento in economia reale deriva dal fatto che nel diritto comunitario esiste una ripartizione tra attivi prontamente liquidabili e quotati nei mercati regolamentati e attivi che non lo sono. Questa ripartizione è stata fissata dalla direttiva che si occupa del secondo pilastro pensionistico dei fondi pensione al 70 per cento per gli attivi quotati e al 30 per cento per gli attivi non quotati.
  La riflessione che abbiamo fatto è la seguente: se avessimo rispettato rigidamente questo limite del 70-30, l'investimento immobiliare in molti casi avrebbe assorbito quasi interamente e in qualche caso avrebbe superato il 30 per cento che è consentito investire in attività non quotate.
  D'altro canto, la struttura dell'economia italiana è imperniata sulle piccole e medie imprese. Tipicamente gli strumenti di debito delle imprese non sono quotati nei mercati regolamentati e, quindi, un investimento a supporto dell'economia reale richiede uno spazio regolamentare nell'ambito di questo 30 per cento che la direttiva comunitaria fissa e che nella disciplina dei fondi pensione abbiamo recepito.
  Per consentire un extra-margine da destinare a investimenti di questo tipo in strumenti finanziari non quotati, abbiamo ritenuto di fissare il limite di investimento in attività non quotate al 35 per cento. In tal modo, anche ove gli enti previdenziali abbiano investimenti immobiliari molto elevati, che dovrebbero avere un tetto del 30 per cento, si lascerebbe in ogni caso un margine del 5 per cento per investimenti a supporto dell'economia reale.
  A fianco a questa norma, c'è un'ulteriore deroga. Come dicevo, ci sono alcune Pag. 6casse che hanno investimenti superiori al 50 per cento. Anche in questi casi, è comunque consentito un investimento in attivi che usufruiscono del credito d'imposta per infrastrutture e un investimento in piccole e medie imprese fino alla misura del 5 per cento.
  Cosa vuol dire? Un ente previdenziale che avesse il 50 per cento del proprio attivo investito in attività immobiliari all'entrata in vigore di questo decreto dovrà innanzitutto presentare un piano di rientro per ricadere nel 30 per cento. Nel frattempo, quand'anche i suoi attivi immobiliari superassero la quota destinabile a investimenti non quotati, avrebbe comunque la deroga che gli concederebbe di investire fino al 5 per cento in attività non quotate che usufruiscono del credito d'imposta ai sensi del decreto emanato, in funzione dell'articolo 1, comma 91, della Legge di stabilità 2015.
  Questo è l'impianto al quale siamo addivenuti per contemperare le diverse esigenze: innanzitutto l'esigenza di piena tutela degli iscritti per un investimento prudente, in secondo luogo l'esigenza di far assorbire questo sovra-investimento in attivi immobiliari e in terzo luogo la necessità di rendere compatibile questo regime con gli investimenti a favore dell'economia reale.
  Vengo ora alla seconda questione, che pure ci aveva afflitto nell'iter di preparazione di questo provvedimento, ossia l'applicabilità del Codice dei contratti pubblici alle procedure di selezione dei soggetti gestori e dei depositari.
  Mi preme sottolineare che non c'è stato mai nessun dubbio di carattere soggettivo a questo proposito. È pacifico che gli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria come quelli di cui stiamo parlando ricadano nell'ambito soggettivo del Codice degli appalti. Questo avviene in forza della disciplina di legge a cui sono assoggettati coloro che ricevono contributi obbligatori, ovvero gli enti gestori, che peraltro sono considerati nel novero delle amministrazioni pubbliche nell'ambito degli elenchi ISTAT, secondo una serie di problematiche che sicuramente conoscete.
  Il dubbio non era di carattere soggettivo, bensì di carattere oggettivo, perché il Codice degli appalti contiene al suo interno delle deroghe alle procedure di evidenza pubblica. Queste deroghe attengono a una serie di servizi e strumenti finanziari.
  Il dubbio era se il mandato per la gestione delle attività e il contratto per la custodia e il deposito delle attività investite ricadessero nell'ambito dei servizi esclusi dalla disciplina del Codice dei contratti.
  In consultazione avevamo ipotizzato che la deroga fosse applicata, in forza di un parere resoci dall'Avvocatura dello Stato, che comunque scontava dei dubbi interpretativi e chiariva che solamente il supremo plesso amministrativo del Consiglio di Stato avrebbe potuto sciogliere questi dubbi in sede giurisdizionale.
  Noi avevamo il vantaggio che questo provvedimento doveva essere comunque avallato dal Consiglio di Stato. Pertanto, nel sottoporre il provvedimento al parere del Consiglio di Stato, abbiamo colto l'opportunità per chiarire che questo era un punto dirimente sul quale sarebbe stata estremamente utile una pronuncia di quest'ultimo.
  Nel provvedimento sottoposto al parere del Consiglio di Stato abbiamo richiamato il Codice dei contratti, perché soggettivamente si applica, ma vi era una certa alea e ambiguità nelle ricadute operative per gli enti previdenziali.
  Il Consiglio di Stato ha reso un primo parere interlocutorio nell'autunno dello scorso anno, in cui rispetto a questa questione faceva trasparire chiaramente un orientamento a favore dell'approccio che prevedeva la sottoposizione di queste fattispecie al Codice dei contratti in maniera piena. Aveva comunque rimandato la decisione, chiedendo che nel frattempo si acquisisse un parere dell'ANAC.
  Tale parere è stato poi acquisito dalla mia amministrazione e ha confermato l'approccio preliminare espresso dal Consiglio di Stato, affermando che il mandato di gestione è di una complessità tale che non si configura e non può essere ricondotto tra i servizi finanziari esclusi dall'ambito di applicazione del Codice. Pag. 7
  Rispetto a questo punto, in esito al parere definitivo del Consiglio di Stato reso un paio di mesi fa, oltre al richiamo al Codice dei contratti pubblici nell'ambito del provvedimento, abbiamo chiarito che devono essere applicate le procedure di evidenza pubblica per la selezione del gestore e del depositario.
  Vengo ora all'ultimo argomento che il parere interlocutorio del Consiglio di Stato aveva sollevato. Il Consiglio di Stato chiedeva al Ministero dell'economia e delle finanze di riconsiderare la disciplina dell'investimento in strumenti derivati, sul presupposto che questi fossero strumenti molto rischiosi e, come tali, inappropriati all'investimento e alla gestione delle risorse delle casse.
  Devo dire che questa tematica non ci è nuova, perché la disciplina del provvedimento sulle casse ricalca in maniera quasi pedissequa la disciplina dell'investimento in strumenti derivati da parte dei fondi pensione.
  La disciplina è tale per cui gli investimenti in derivati sono ammessi solamente per fini di copertura e per fini di efficiente gestione. A fianco a questo, ci sono una serie di altri presìdi prudenziali che ne circoscrivono il rischio, come il fatto che questi debbano essere parametrati alla struttura organizzativa dell'ente.
  Forse l'elemento più importante è il divieto di investimento in leva. Come sapete, l'investimento in strumenti finanziari derivati può avere una leva finanziaria molto elevata, che è molto pericolosa, perché, a fronte di un investimento pari a dieci, ci possono essere perdite o guadagni per n multipli di dieci.
  Un presidio prudenziale, quindi, è il divieto di investimento in leva: l'investimento in derivato deve portare al massimo a un'esposizione pari a quella che si sarebbe avuta se si fosse investito nello strumento finanziario sottostante.
  Questa è la disciplina dell'investimento in strumenti finanziari derivati presente nel decreto ministeriale n. 166 sui fondi pensione, che è stata ricalcata nel provvedimento sulle casse.
  A fronte delle richieste di chiarimento del Consiglio di Stato, abbiamo illustrato delle riflessioni, che avevamo già svolto al nostro interno.
  In primo luogo, non è del tutto appropriato generalizzare e demonizzare gli investimenti derivati in quanto tali, perché gli strumenti derivati, se opportunamente usati, possono consentire il risparmio di costi di transazione, quando vengono utilizzati per acquisire un'esposizione rispetto ad alcune classi di attivi. Pensate, ad esempio, all'acquisto di un titolo di Stato che avviene, non attraverso l'investimento in titolo di Stato, ma attraverso l'investimento in un future, che è uno dei più semplici tra i derivati.
  Oltre ai costi di transazione, gli strumenti derivati consentono soprattutto di perseguire attività di copertura del rischio su altri attivi. Per esempio, se io detengo un'azione in una primaria impresa quotata sul mercato regolamentato, per coprirmi dal rischio che ci siano variazioni eccessive di prezzo, posso investire in un derivato che mi dia la facoltà di vendere quell'azione a un certo prezzo. In questa maniera, le eventuali variazioni dell'attivo sul titolo azionario vengono compensate dalle variazioni di valore dello strumento finanziario derivato.
  Le attività di copertura del rischio e di efficiente gestione del portafoglio ci hanno portato a ritenere che i derivati sottoposti a tutti i presìdi prudenziali che ho illustrato prima potessero dare delle opportunità altrimenti non sfruttabili.
  Sono vietati i derivati per uso speculativo, ossia semplicemente per acquisire un'esposizione rispetto a una determinata classe di rischio.
  Inoltre, la considerazione che abbiamo fatto è che, visto che i derivati sono strumenti comunemente usati nella gestione dei portafogli, se avessimo proibito tout-court l'utilizzo dei derivati, avremmo potuto farlo solamente per quanto riguarda l'investimento diretto.
  In quel caso, avremmo potuto assistere a un'elusione della norma, perché un ente gestore avrebbe potuto investire in un veicolo di investimento che a sua volta fa Pag. 8utilizzo dei derivati, e ne sarebbe risultata una vanificazione del divieto originario. In alternativa, volendo vietare anche l'utilizzo indiretto dei derivati, avremmo dovuto precludere una serie di classi di attivo che sono comunemente utilizzate nell'universo investibile da parte degli investitori previdenziali, ovvero i fondi comuni, gli OICR e così via, che comunque soggiacciono alle stesse regole prudenziali che ho illustrato prima.
  Queste sono le motivazioni che ci hanno indotto a ritenere che vi sia derivato e derivato e che, quindi, fosse più saggio prevedere, piuttosto che un divieto tout court, una disciplina prudenziale estremamente attenta, che sarà soggetta all'attività di vigilanza della COVIP, per evitare che si faccia un uso inappropriato di questi strumenti.
  La COVIP, in esito al parere interlocutorio del Consiglio di Stato, che ventilava la possibilità di vietare tout court i derivati, è stata interpellata per iscritto e ha risposto sempre per iscritto con argomentazioni simili alle nostre, affermando che, per motivi di efficiente gestione e di copertura del rischio, con gli opportuni presidi prudenziali, l'investimento in strumenti finanziari derivati potesse essere ammesso.
  Nel suo parere definitivo il Consiglio di Stato ha ritenuto dunque superate, alla luce di queste considerazioni, le perplessità prima descritte, motivo per il quale nella stesura definitiva del provvedimento non abbiamo toccato questa disciplina.
  A che punto siamo? Il parere definitivo del Consiglio di Stato è stato reso un paio di mesi fa. Noi abbiamo subito operato per effettuare tutti gli aggiustamenti che ci sono stati suggeriti o che comunque derivavano da quel parere.
  Il testo definitivo è stato inviato agli uffici di supporto e di diretta collaborazione del ministro, che a loro volta lo hanno inviato alla Presidenza del Consiglio dei ministri per il previsto nullaosta. Questo è avvenuto poco prima delle festività pasquali.
  Adesso siamo in attesa del previsto nullaosta da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, in esito al quale il regolamento dovrà essere sottoposto al visto e alla registrazione presso la Corte dei conti e, conseguentemente, essere pubblicato in Gazzetta ufficiale.
  Signor presidente, onorevoli deputati e senatori, io spero che questa volta ci siamo veramente.

  PRESIDENTE. Grazie, dottore. Ci rendiamo conto dell’iter che si è avuto per quanto riguarda questo provvedimento. Lei ci ha spiegato alcune questioni.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ERICA D'ADDA. Parto dai derivati. Prendiamo come punto di riferimento questo argomento, che mi interessa. Prendo atto che il Consiglio di Stato ha fatto una serie di valutazioni e che il COVIP ha risposto in merito. Concordo che evidentemente esiste derivato e derivato e mi fa piacere che ci siano delle misure prudenziali.
  Tuttavia, continuo a rimanere convinta che non sia una buona decisione quella di averli previsti per quanto riguarda le casse previdenziali, innanzitutto perché abbiamo cercato di eliminarli prima. Ci sarà una ragione per cui prima si sono fatti, quando c'era un po’ la moda del derivato, e poi si è cercato di eliminarli, cercando di limitare i danni. Sono stati fatti moltissimi danni anche negli enti locali rispetto al derivato.
  Nonostante tutte le misure prudenziali e il fatto che i derivati consentono in ogni caso di muoversi rispetto al mercato finanziario in determinati modi che altrimenti non sarebbero raggiungibili, c'è un'obiezione che le pongo: uscire da un derivato è la situazione più difficile e più costosa rispetto a qualunque altro strumento finanziario. Peraltro, anche il migliore dei derivati è comunque influenzato dall'andamento del mercato.
  È comprensibile che chi si occupa di finanza possa fare utilizzo di questi strumenti, però, prima di utilizzare lo stesso all'interno delle casse previdenziali e, quindi, di un settore come quello delle pensioni, io ci penserei ancora, non una ma Pag. 9dieci volte. Dopodiché, se sarà adottato, sarà adottato.
  Quando sento dire che ogni tre anni si monitorerà la situazione e l'andamento, questo mi fa piacere. Tuttavia, nel momento in cui dovessimo vedere – io mi auguro che non avverrà – che un derivato non funziona, non sarà possibile lasciarlo immediatamente perché, come chiunque ci abbia avuto a che fare sa, chiudere un derivato è oggettivamente una situazione molto costosa e molto difficile.
  Di conseguenza, io esprimo ancora un forte dubbio rispetto alla scelta adottata.

  GIUSEPPE GALATI. Io vorrei chiedere due cose, che credo siano essenziali alla fine di questo percorso. In che misura il ministero ritiene che questa regolamentazione sarà in grado di garantire il famoso binomio, che è essenziale per le casse, della sicurezza e del rendimento degli investimenti?
  In relazione a questo ragionamento, quali sono i meccanismi regolamentari che, secondo lei, possono assicurare la stabilità finanziaria dei patrimoni?

  GIORGIO SANTINI. Io vorrei innanzitutto ringraziare per l'esposizione, che è stata esaustiva, soprattutto nella parte finale, quando si auspica che finalmente questo strumento possa essere fruibile.
  Le chiedo se può tornare sul tema della soglia (30-35), perché non ho colto alcuni passaggi o forse non riesco a capire il rapporto con l'economia reale. Io tenderei a essere un po’ più attento agli spazi che ci sono nell'economia reale. Naturalmente, questa è un'opinione, ma visto che bisogna salvaguardare gli spazi e che qualcosa si sta muovendo nel campo dell'economia reale rispetto sia ai fondi pensione sia alle casse private, a mio avviso sarebbe interessante, da un lato, comprendere meglio il ragionamento che fate su questo tema e, dall'altro, capire se questi margini sono immodificabili.
  Rispetto al Codice dei contratti pubblici, mi sembra di aver capito che sostanzialmente il parere dell'ANAC è simile al vostro.
  Sulla vicenda dei derivati, il problema che poneva la collega, come sappiamo, è una sorta di punctum dolens. A me pare che l'esclusione dell'investimento in leva possa essere sufficientemente garantista, insieme a tutte le altre misure. Possono essere utilizzati, quindi, solo per copertura e non per effetti moltiplicativi.
  Tuttavia, credo che anche su questo punto sia sempre meglio avere una cautela in più, visto quello che è successo nel mondo della finanza in questi anni.
  Tornando al primo punto, come sappiamo, l'altro elemento è il credito d'imposta per i fondi pensione sugli investimenti, che ha bisogno di essere ulteriormente rafforzato. Ci sono anche parecchie osservazioni dei fondi che andranno riprese.
  Io penso che, se su questo tema non c'è un po’ più di coraggio, ci priviamo di una possibilità di investimenti nell'economia reale, che potrebbero essere particolarmente utili e che dovrebbero dare naturalmente tutte le garanzie al sistema previdenziale e ai fondi per poterli effettuare.

  TITTI DI SALVO. Vorrei semplicemente sottolineare la mia condivisione e portare una riflessione analoga all'ultimo intervento del senatore Santini. Condivido anche gli altri interventi, ma mi urge sottolineare questo punto.
  Tuttavia, in verità, io non ho ben capito quale sia il punto fondamentale in cui può essere portata questa nostra osservazione, che io condivido: strumenti utili o no e quanto utili a incentivare gli investimenti del risparmio previdenziale nell'economia reale. Dove la dobbiamo fare?
  In realtà, uno dei problemi è che i punti di osservazione e anche di decisione sull'argomento sono diversi. Occorrerebbe un punto di raccordo intorno a una decisione politica forte, che in via teorica è stata assunta, se non altro perché l'esperienza di altri Paesi ci dice che il risparmio previdenziale ha un ruolo importante nell'economia reale.
  Peraltro, l'esperienza del nostro Paese ci dice che noi abbiamo bisogno come il pane – uso un'espressione colorita – di investimenti privati e pubblici per aiutare la crescita Pag. 10 e, quindi, anche di una politica industriale che indirizzi questi investimenti verso le leve economiche con cui si decide di agire.
  Mi unisco all'osservazione che veniva fatta sulla funzionalità del decreto di cui stiamo parlando rispetto a questo obiettivo. Mi domando se e come le scelte che sono state prese aiutino in questa direzione o se in realtà non siano sufficienti.

  PRESIDENTE. Do la parola al direttore Ruggiero per la replica.

  GIAN PAOLO RUGGIERO, Direttore dell'ufficio IV della Direzione sistema bancario e finanziario del Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro. Vi ringrazio per le vostre domande, alle quali cercherò di rispondere nella maniera più esaustiva possibile.
  Io partirei innanzitutto dalla domanda di carattere più generale, anche perché mi consente di fare delle considerazioni a seguire sulla questione dei derivati e sulla questione degli investimenti nell'economia reale.
  Mi si pone il quesito di come questa regolamentazione possa garantire, da un lato, la sicurezza e, dall'altro, il rendimento delle casse previdenziali, contribuendo peraltro alla stabilità finanziaria.
  Vorrei riprendere le fila del discorso che facevo prima riguardo al concetto di persona prudente. Come premessa, secondo me è importante ricordare che noi ci muoviamo in un ambito in cui il legislatore ha reso privati alcuni enti e ha consentito la creazione di altri enti privati, aventi però naturalmente delle funzioni di carattere pubblicistico. Pertanto, l'impostazione è quella di responsabilizzare comunque l'investimento.
  Nella traccia di questo approccio del legislatore, noi abbiamo costruito una disciplina che, come il legislatore ci ha chiesto, ricalca più o meno esattamente quella dei fondi pensione, che sono il secondo pilastro, in maniera tale che nell'ambito delle scelte di investimento ritenute ottimali si perseguissero una serie di criteri di contenimento del rischio, contenimento dei costi di transazione e ottimizzazione della combinazione rischio-rendimento. Questi sono i princìpi che declinano l'assunto più generale della persona prudente.
  Abbiamo affiancato a tutte queste regole dei limiti quantitativi e soprattutto dei presìdi organizzativi. L'attività di vigilanza da parte dei ministeri vigilanti e della COVIP dovrà occuparsi anche di quanto le strutture organizzative di questi enti sono in grado di sostenere una certa complessità degli investimenti effettuati.
  A fronte di una maggiore rischiosità o di una maggiore complessità degli investimenti previdenziali, come ad esempio nel caso dell'investimento in strumenti derivati, sarà necessario avere una struttura organizzativa commisurata per la funzione di investimento e per la funzione di controllo e gestione del rischio.
  Oltretutto, il regolamento, imponendo una politica per la gestione dei conflitti di interesse e una trasparenza nelle attività in cui sono investite le risorse di questi enti, consente di avere una serie di strati che assicurano una prudente gestione delle risorse stesse.
  Questi strati sono innanzitutto gli enti stessi, che, attraverso le loro strutture, investono e monitorano gli investimenti che fanno, e in secondo luogo, mediante la trasparenza e le segnalazioni di vigilanza, le autorità di vigilanza, che svolgono uno scrutinio su queste attività di investimento.
  Naturalmente, essendo effettuati da soggetti privati, pur con tutta la funzione pubblicistica che svolgono, questi investimenti sono autonomi e, quindi, non possono essere oggetto di indirizzamenti cogenti da parte delle autorità.
  In questo quadro, l'utilizzo dei derivati, come vi dicevo, è consentito a ben precise condizioni e andrà naturalmente monitorato in maniera molto attenta da parte delle autorità di vigilanza.
  Torno a dire che anche l'investimento in qualsiasi strumento finanziario comunemente quotato nel mercato regolamentato, come un'azione, sicuramente espone l'investitore a una volatilità del rischio. Ci sono azioni e azioni; ci sono anche azioni di società che magari sono oggetto di frode Pag. 11e, quindi, portano a un'evanescenza dell'investimento.
  Ciò vale, fatte le dovute proporzioni, anche per l'investimento in derivati. C'è il derivato cosiddetto «plain vanilla», che è molto semplice. Ci sono il future e l'opzione che, come dicevo, consente di acquisire un'esposizione con moderati costi di transazione oppure di coprire il rischio di un'attività che si detiene. Questi derivati sono tutto sommato abbastanza facilmente gestibili e non possono nemmeno essere chiamati «strumenti innovativi», perché sono parte dello strumentario finanziario sin dagli anni 1970, quando furono introdotti nei mercati finanziari.
  Ci sono poi i derivati strutturati, che ovviamente, come diceva lei, pongono dei problemi di gestione e anche di valutazione del rischio estremamente importanti.
  Ovviamente una distinzione va fatta tra quello che è già in pancia agli enti e quello che potranno acquisire. Comunque, in questo caso io credo che sia estremamente importante l'azione di vigilanza, che dovrà fare in modo che gli organi di amministrazione e gli organi di funzionamento degli enti siano perfettamente consapevoli del rischio e dell'opportunità a cui si sottomettono nel momento in cui acquisiscono certi derivati complessi, sia al momento della sottoscrizione sia in una fase successiva.
  Vorrei ricordare che questa attività è svolta giorno per giorno in maniera continuativa dall'autorità di vigilanza. Quando lei parlava di cadenza triennale, credo si riferisse al cosiddetto «documento per la politica di investimento» che noi proponiamo venga redatto dagli enti previdenziali, che è un documento di ampio respiro che descrive la strategia di investimento e le strutture organizzative e che va redatto una volta e aggiornato almeno ogni tre anni.
  Tuttavia, ovviamente, rispetto all'attività di investimento l'azione di vigilanza non si ferma tra la redazione del documento e la sua successiva revisione, anzi, proprio per la delicatezza dell'investimento previdenziale, l'attività di vigilanza della COVIP è già adesso molto egregia nel monitorare quello che avviene nel mondo delle casse.
  Io mi rendo conto della delicatezza dell'argomento. Forse potrebbe essere utile che, insieme al documento che ho seguito nell'esposizione, depositassimo anche la nota che abbiamo mandato al Consiglio di Stato per spiegare l'approccio che ci ha guidato nella disciplina degli strumenti derivati e che il Consiglio di Stato ha ritenuto essere soddisfacente.
  Vengo al discorso sull'incentivazione degli investimenti e sulla soglia del 30-35 per cento. Purtroppo devo fare ammenda del fatto che rappresento il Ministero dell'economia e delle finanze riguardo a questa specifica fetta della politica previdenziale del Governo.
  Il decreto che la legge del 2011 ci chiede di emanare è un decreto di salvaguardia e presidio dell'investimento prudenziale delle risorse.
  Torno al concetto che esprimevo poc'anzi: essendoci nel regime giuridico italiano dei soggetti di diritto privato che hanno una loro autonomia di investimento, l'approccio che abbiamo seguito non può essere eccessivamente dirigistico. Il Ministero dell'economia e delle finanze e il Governo hanno ritenuto di incentivare l'investimento a supporto dell'economia reale in maniera primaria attraverso il decreto emanato il 19 giugno 2015 che prevede nell'ambito di un plafond annuale di 80 milioni di euro la corresponsione di un credito di imposta. Noi però ci muoviamo in un ambito in cui discipliniamo dei soggetti di diritto privato che hanno una loro autonomia e, quindi, non possiamo e non dobbiamo, secondo me, «costringerli» a fare certi investimenti, ma dobbiamo creare le condizioni, sia regolamentari che economico-finanziarie, per indirizzare questi investimenti in attività a supporto dell'economia reale.
  Peraltro, va ricordato che questi enti previdenziali, per il ruolo che svolgono e per tutelare gli iscritti, hanno la funzione di conseguire il massimo rendimento possibile aggiustato per il rischio, in un'ottica sostenibile di lungo periodo.
  Da ultimo, vengo alla questione della soglia del 30-35 per cento. Chiedo scusa se nella mia esposizione forse ho fatto un po’ Pag. 12di confusione. Qual è il discorso? Parliamo dei fondi pensione, il secondo pilastro. A livello prudenziale, il legislatore europeo e quello italiano hanno deciso che fosse una condotta prudente limitare l'investimento in strumenti finanziari non quotati nei mercati regolamentati, perché gli strumenti quotati nei mercati regolamentati offrono una serie di garanzie di trasparenza, di funzionamento del mercato e di liquidità dell'investimento. Ciò consente ai soggetti che fanno questi investimenti di avere una serie di garanzie, naturalmente non sul rendimento, ma sulla correttezza delle procedure e sulla capacità di liquidarli prontamente. È per questo che c'è questo limite.
  Il fatto che il limite sia di 70 per gli strumenti finanziari quotati e di 30 per gli strumenti finanziari non quotati non è arbitrario, ma comunque non deriva da nessuna ricetta economica o medica. È un limite che, come regola del pollice, si è utilizzato per dire: «Limitate questo tipo di investimenti e privilegiate l'investimento in strumenti finanziari quotati».
  Gli investimenti immobiliari sono, per le loro caratteristiche e per la loro natura, investimenti poco liquidi, assimilabili agli strumenti finanziari non quotati, e quindi rientrano nel limite del 30 per cento.
  Vista l'esposizione delle casse previdenziali in investimenti immobiliari, se avessimo semplicemente fissato il limite per gli strumenti finanziari non quotati al 30 per cento, questo 30 per cento sarebbe stato mangiato interamente dall'investimento immobiliare. Ciò avrebbe precluso, ad esempio, l'investimento in veicoli di private equity, in OICR alternativi che investono in piccole e medie imprese e quant'altro, che sono il tipo di investimento che tipicamente supporta le nostre piccole e medie imprese.
  È da qui che siamo arrivati a questa distinzione del 30 per cento come limite per gli investimenti immobiliari e del 35 per cento generico in attività finanziarie non quotate, che includono questo tipo di investimento, che noi riteniamo sia utile a supporto dell'economia reale
  Il limite è del 35 per cento e nulla esclude che una cassa possa usare questo 35 per cento più sull'economia reale che non sugli immobili. Noi dovevamo tutelare quelle situazioni in cui ci sono delle casse previdenziali che hanno un patrimonio immobiliare molto elevato. Questa è la logica. Nel documento che depositeremo probabilmente sarà più chiara.

  PRESIDENTE. Siccome ci sono state delle considerazioni dei colleghi estremamente interessanti e puntuali, noi riteniamo di inviarvi una nota chiara su tutte le osservazioni e rilievi che abbiamo fatto, perché ci sembra opportuno che sia il Ministero dell'economia e delle finanze sia il Consiglio dei ministri conoscano la nostra posizione, sperando che la possano prendere in considerazione.
  Noi prendiamo atto delle cose che lei ci ha riferito. Ovviamente gli interventi sono stati talmente chiari che mi paiono inequivocabili. Effettivamente, ci dispiace che alcune osservazioni che abbiamo fatto anche nelle audizioni passate non siano state prese in considerazione ed è questo il motivo per cui invieremo tale nota.
  Ringrazio ancora il dottor Ruggiero per la sua partecipazione e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.15.